Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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A FERMARE  SER  GAMBA!
 SER  SOLFEGGIO E I SUOI SCORDATI! GROAN!
ALTRI TURISTI,  SER  GAMBA JAMBEDEBOIS!
PUÒ BASTARE,  SER  SOLFEGGIO... ULP!
 SER  GAMBA JAMEDEBOIS. RICERCATO PER BRIGANTAGGI ASSORTITI
 SER  SOLFEGGIO VUOLE RUBARE IL TESORO REALE!
NON INTERVENIAMO,  SER  GAMBA RUBERÀ IL TESORO E VINCERÀ LA GARA!
Polenta, per la grande porta del cortile, in compagnia di  ser  Toldo Berardengo.
A VOI  SER  SOLFEGGIO E I SUOI SCORDATI IN... EHM... “ARRAFFATA E
TUTTI!  SER  GAMBA È UN IMPOSTORE E I SUOI COMPARI STAVANO RUBANDO IL
un dolce veramente sopraffino e che non richiede, per es  ser  fatto, un solo centimetro cubo di gas.
un altro mezzo litro di latte, portate all’ebollizione e  ser  vite caldo.
d'acqua; fatele bollire finchè ridotte a sciroppo e  ser  vitele.
una volta un lontano parente dei Guidi di Poppi, per nome  ser  Alamanno. I suoi genitori erano morti quand'era in fasce,
scoppi d'ira eran da villano e non da signore suo pari.  Ser  Alamanno si morse le labbra, ma non fiatò. Però il suo
in mezzo alla via, in modo da impedire al cavallo di  ser  Alamanno di andar oltre. - Che cosa vuoi da me, villano? -
aveva viso altero e piglio di comando, - ma io ti conosco,  ser  Alamanno, e come tu puoi giovare a me, io posso molto
- Non paleso al primo venuto i miei sentimenti; - rispose  ser  Alamanno, - e tu sarai molto bravo se saprai indovinarli. -
- Addio; fra tre giorni avrai la mia risposta, - disse  ser  Alamanno. E spronato il cavallo tornò a Poppi, pensando
si allestissero loro tutte le camere attigue a quella di  ser  Alamanno, compresa quella di lui. Così, giungendo, il
abiti, armi, tutto alla rinfusa. - Che fate? - domandò  ser  Alamanno turbato. - Eseguiamo gli ordini del Conte, -
trasporto di codesta roba, se no me la pagherete, - ordinò  ser  Alamanno. E corse a chieder spiegazione del fatto al suo
in alto, va' al piano, e vai lontano! Il volto pallido di  ser  Alamanno si fece livido a quell'ingiuria, ma egli non
sera, a causa degli ospiti di riguardo giunti al castello,  ser  Alamanno si trovò, a cena, relegato in fondo alla tavola,
da un'infermità nella propria camera. Durante la cena,  ser  Alamanno, fremente, ruminava pensieri di vendetta, e,
compagnia prendeva diletto alle buffonate del giullare,  ser  Alamanno si allontanò come un'ombra e, ridottosi nella
stesse scritto a lettere d'oro: "Premio della vendetta!".  Ser  Alamanno aprì gli occhi, sbalordito da quella visione, e si
apparire così bianche, come se la neve le avesse ricoperte.  Ser  Alamanno s'era affacciato alla finestra, e in quel chiarore
L'uccello piantò i suoi occhietti gialli in faccia a  ser  Alamanno, e, battendo le ali, disse con voce distinta: -
un avvertimento diabolico; e io voglio seguirlo, - disse  ser  Alamanno, che rivedevasi ancora al posto d'onore nella sala
nel dì seguente, era tutto in festa per onorare gli ospiti,  ser  Alamanno stava chiuso nella sua soffitta, e nessuno si
che gli si rispecchiavano sul volto truce e accigliato,  ser  Alamanno udì bussare lievemente all'uscio di camera sua.
Mentre parlava, il vecchio aveva tratto di seno un pugnale.  Ser  Alamanno vi gettò un'occhiata e vide che sulla lama
aggiungere parola, era chetamente uscito dalla stanza, e  ser  Alamanno non pensò a richiamarlo, tutto assorto com'era nei
in terra, lo calpestò gridando: - Amore! Amore! Amore!  Ser  Alamanno si destò di soprassalto; l'immagine cara era
nessuno domandasse neppure se era morto o vivo. E allora  ser  Alamanno balzò dal letto ed esaminò alla luce incerta del
- Sì, vendetta, a costo della eterna dannazione! - esclamò  ser  Alamanno. In quello stesso momento gli comparve il
mi prova che hai riflettuto. - Ho riflettuto: - rispose  ser  Alamanno, - sono stanco di questa vita di servo; voglio
diritto di vita e di morte; ma ... - Spiègati, - ordinò  ser  Alamanno. - Ma col pugnale che porti infilato alla cintola
rapido della gamba gettò via una scarpa e mostrò a  ser  Alamanno il piede biforcuto di capra. - Riconosco la tua
ambisci. Dette queste parole, il Diavolo sparì nel bosco e  ser  Alamanno riprese la via del castello. Quando fu giunto nel
rotolarono sulle lastre di pietra del severo cortile, e  ser  Alamanno, brandendo il pugnale, senza temere i servi che,
vesti, ma adorno di abiti ricchi, e inchinandosi dinanzi a  ser  Alamanno, disse: - Vi saluto, o conte di Poppi! I miei
signore, che guardò impavido le sue vittime, e quindi seguì  ser  Alamanno nella grande sala del castello. Nell'oltrepassare
dimentichi già di quello ucciso poco prima, e il cuore di  ser  Alamanno era gonfio dalla gioia vedendosi riverire da tutti
tu mi paghi? Che tu sia maledetto! - Arrestatela! - gridò  ser  Alamanno alle guardie. E quelle, vedendo il piglio torvo
di Popiano, di Montemignaio e di Stia. Ma intanto che  ser  Alamanno affogava nelle orgie e nel vino il ricordo del suo
quell'Alamanno, quel serpe che mi sono cresciuta in seno! -  Ser  Alamanno morrà! - esclamò il conte di Romena. - Ma
- giungono fino a noi le grida e i canti avvinazzati di  ser  Alamanno e dei suoi. Salite, penetrate nella sala, e fate
la vecchia Contessa entrò nella sala, e vedendo il corpo di  ser  Alamanno disteso sui gradini del trono, gli tolse il
notte in cui ricorre l'anniversario della uccisione di  ser  Alamanno, il sangue accagliato sulla lama del pugnale si
collocate i carciofi in una casseruola in cui rimangano ben  ser  rati l’uno all’altro con due spicchi d’aglio, deponete su
vento, sentì dire: - Resta qui! Resta qui! Resta qui! Ma  ser  Cione percosse l'albero col bastone che aveva in mano e
vicini, scoccò la mezzanotte. Un altro sarebbe scappato;  ser  Cione invece, per dar prova di coraggio, si mise a cantare
parte o ti metto sotto! Tirati da parte o ti metto sotto!  Ser  Cione si scansò, ma senza turbarsi. - Che fai qui, madonna
- Sei dunque una ladra e una traditrice? - continuò  ser  Cione. - Sono quella che colpisce senza sguardo e senza
l'oste di Poppi. Addio! Ciò detto frustò i cavalli, e via.  Ser  Cione si mise a ridere e non si turbò per questo. Nel
- Messer Cione, l'oste di Poppi, - risposero le donne.  Ser  Cione rise più forte della prima volta quando aveva inteso
- Non si rifiuta mai un piccolo servigio ... - rispose  ser  Cione. - Ma aspettate un momento, perché non ho altro che
poi una terza e molte altre ancora, e tutte circondarono  ser  Cione pregandolo di aiutarle. Fra tutte quelle donne
lascia patire i suoi nel Purgatorio! Maledetto in eterno!  Ser  Cione si sentì rizzare tutti i capelli sulla testa, ma
a imbiancare il cielo, le morte sparirono a una a una, e  ser  Cione, spossato da tanto terrore, cadde in terra e dormì
terrore, cadde in terra e dormì come un ciocco. Credete che  ser  Cione nel destarsi fosse pentito? Neppur per idea! Si
e ascoltavano messe per i loro defunti. E anche quell'anno  ser  Cione commise un sacco di ribalderie insieme con altri
affinché fossero sollevati dalle pene del Purgatorio.  Ser  Cione, fin dalla mattina, si mise sulla porta dell'osteria
Paradiso! Tutto il paese era scandalizzato dalle parole di  ser  Cione, il quale, avendo invitato come di solito a far
a ridosso di un vecchio muro. Appena la fiamma divampò,  ser  Cione vide un fantasma bianco, rinvoltato in un sudicio
lenzuolo a brandelli, accostarsi a lui. - Vattene! - disse  ser  Cione, - non permetto che altri si scaldi alla mia fiamma.
sbrandellato di quello dell'altro. - Vattene! - gli disse  ser  Cione, - non voglio tanta marmaglia d'intorno a me. - So
giorno sacro a noi, e non ha un pensiero per i suoi morti.  Ser  Cione, seccato da quei discorsi, si era già alzato per
nostra famiglia, e spero che t'impediranno di andartene.  Ser  Cione, di riffa o di raffa, dovette star dov'era, e i due
piangendo di gioia: - Ecco i nostri figli, - diss'ella a  ser  Cione. - Come vedi non hanno bisogno delle tue preghiere,
ti era così facile far cessare la nostra separazione.  Ser  Cione non parlava e neppure osava avvicinarsi ai due
e alla loro voce si univa quella delle sorelle di  ser  Cione, sopraggiunte allora e anch'esse avvolte in lenzuoli
nessuno. Intanto il vecchio, la vecchia e le sorelle di  ser  Cione gridavano: - Maledetto colui che non ha pietà dei
una volta l'anno, di tornare in terra. A un tratto  ser  Cione scoppiò in singhiozzi. - Son dannato, - diceva, - chi
addio! - E per me non c'è neppure un saluto? - domandò  ser  Cione ai figli. - Per ora no; ma torneremo presto,
erano sparse nel firmamento. I fantasmi, adunati intorno a  ser  Cione, non cessavano di lagnarsi di lui, ma egli non li
i suoi due angioletti, che erano andati messaggieri a Dio.  Ser  Cione accostò la bocca all'orecchio della moglie, e le
ho sentito che cos'è rimorso e pentimento. In quell'istante  ser  Cione vide una striscia luminosa solcare lo spazio, e pochi
pentiti! - Senti, - disse il fantasma della moglie di  ser  Cione, - sono i nostri figli che tornano dal Cielo e ti
L'alba incominciava a imbiancare il cielo, e i defunti di  ser  Cione sparirono a uno a uno, gridandogli: - Maledetto colui
saremo uniti, uniti per sempre. Il sole, nel levarsi, trovò  ser  Cione allo stesso posto nel quale lo avevano lasciato i
che lo videro in chiesa, andarono a sparger la voce che  ser  Cione s'era ravveduto, che ser Cione voleva diventar santo.
a sparger la voce che ser Cione s'era ravveduto, che  ser  Cione voleva diventar santo. Quel giorno egli non aprì
alleviare le fatiche di quelli che erano deboli o vecchi,  ser  Cione visse un anno ancora, e la notte dei Morti spirò
dopo che il beneficio è cessato. Si dice che l'anima di  ser  Cione, che sconta ancora in Purgatorio una parte dei
e che da quell'anima hanno saputo la storia della vita di  ser  Cione e della sua morte, che altrimenti sarebbe da lunghi e
sua patria, fosse fuggito un nobile cittadino, per nome  ser  Bindo de' Bindi, il quale era il più grande e gentile poeta
partì per il castello di Nipozzano sulla Sieve, ove  ser  Bindo si tratteneva da alcuni giorni. Soltanto lasciò
e due muli onde caricare le valigie dell'ospite desiderato.  Ser  Bindo, vedendo giungere quel signore, lo accolse con ogni
mule e partì per il castello di Staggia. Bisogna sapere che  ser  Bindo, prima che gli capitasse fra capo e collo tutto quel
di essi era bastata perché tutta Firenze sapesse che  ser  Bindo aveva scritto una cosa tanto pregevole da vincere
a sua volta in una certa valigia più piccola delle altre.  Ser  Bindo, volendosi assicurare che quella valigia era ben
imitato l'esempio del loro signore, quindi non v'era che  ser  Bindo che si ostinasse a rimaner nel mezzo della via
fulmine scoppiò con grandissimo fracasso a pochi passi da  ser  Bindo, il cavallo s'impennò, e il cavaliere, per non cader
imbizzarritosi pure, si diede a correre per la scesa, e  ser  Bindo, per quanto lo inseguisse, non riuscì a
coprivano la sua voce e i compagni non potevano udirlo.  Ser  Bindo, spaventato nel vedersi avvolto in un turbine di
nuovo con i suoi sulla via, si diede a chiamare e a cercare  ser  Bindo. Egli lo trovò a riparo di un macigno, ritto accanto
mentre i valletti si guardavano fra di loro ammiccando  ser  Bindo e ridendo, poiché supponevano che piangesse dalla
il quale non avrebbe saputo continuare l'opera intrapresa.  Ser  Bindo giunse, dunque, molto a malincuore a Staggia; il
si sentì ribollire il sangue nelle vene. È bene dire che  ser  Bindo aveva una speciale avversione per la ciurmaglia di
vicino al signore, stavano le persone di riguardo, come  ser  Bindo; in fondo, la gente di nessun conto, come i
dello smarrimento della mula, e udì le lamentazioni di  ser  Bindo sulla perdita de' suoi canti. - Io non potrò più
Uno di essi, quello appunto che avea più livore contro  ser  Bindo per essere stato sloggiato per dato e fatto di lui
vi scese con molta precauzione, rinvenne la valigia che  ser  Bindo aveva descritta, e, aprendola, trovò in essa la busta
essere andata a caccia, invece che alla ricerca della mula.  Ser  Bindo e il suo ospite risentivano troppo gli strapazzi del
Poi andò a cena, e gongolava vedendo l'abbattimento di  ser  Bindo e la desolazione che gli cagionava la perdita dei
sopra una barella. Il Conte, avvertito, scese, e scese pure  ser  Bindo: il primo bramava di leggere i sette famosi canti,
e altri amminnicoli. - Sono rovinato! Sono morto! - urlò  ser  Bindo, sgranando sui terrazzani, che avevano recato la
e sotterranea, finché non avessero confessato il misfatto.  Ser  Bindo avrebbe voluto intercedere per loro, ma era più morto
salvezza eterna, devi restituire i setti canti del poema di  ser  Bindo, affinché quell'infelice poeta, quel disgraziato
a fine di cattivarsi l'animo del Conte stesso. Quel giorno  ser  Bindo non comparve a pranzo. Egli era così debole da non
farsetto, nel quale il poetastro teneva riposti i canti di  ser  Bindo. - Cavallo mio, salvami! - esclamò Ciapo. - Se
occhio umano avrebbe potuto trovarne traccia. Intanto  ser  Bindo, desolato per la perdita fatta, si struggeva come una
preghiera. Quella visione lo colpì, e nel momento istesso  ser  Bindo, con voce fievolissima, gli disse: - Messere il
libertà. Intanto Ciapo ingrassava per il dispetto fatto a  ser  Bindo, e, strada facendo per recarsi a Spoleto, ripeteva: -
ma neppur lui, poiché li custodisce il Diavolo. Ora, mentre  ser  Bindo languiva nel castello di Staggia, capitò colà un
che su quelle carte erano scritti i sette canti rimati da  ser  Bindo. La notte parve lunghissima al frate, perché non
la settimana seguente poté alzarsi, e un mese dopo che  ser  Bindo era di nuovo in possesso dei sette canti del poema,
e senza interruzione portava a termine l'opera grandiosa. E  ser  Ciapo? Si dice che la sua anima irrequieta abbia abitato
pure che a Firenze, i monelli dessero la baia al povero  ser  Bandino, il quale, per sottrarsi ai loro motteggi, aveva
da rosso che era, divenne paonazzo. I ragazzi, vedendo che  ser  Bandino si arrabbiava, rincararono la dose degli urli e
era preceduto da una turba schiamazzante. Non ho detto che  ser  Bandino Corsi, oltre ad avere il naso rosso e quel tale
pioggia di motteggi, tutti preceduti dall'esse. Il naso di  ser  Bandino arrossì maggiormente, il fungo nero incominciò a
Spodestà! Svogliamo slo sdiscorso sdallo Spodestà! Ma sì,  ser  Bandino aveva altra voglia che parlare dopo quello che era
smeglio; snon sfaccia scomplimenti, sfrigga slo snaso!  Ser  Bandino non ci vide più, e, afferrato il primo monello che
e improperî d'ogni genere contro l'infelice Podestà.  Ser  Bandino non sapeva più che cosa fare; la sua dignità non
rompevano con fracasso i vetri delle finestre del palazzo,  ser  Bandino si buttò in ginocchio davanti all'immagine,
fungo nero! Vogliamo il Podestà! Nonostante lo schiamazzo,  ser  Bandino si guardò bene dal mostrarsi; anzi, sentendo
che gli era così funesto. Dopo aver pregato a lungo,  ser  Bandino si sentì più calmo e, distesosi sulla nuda terra,
di aiutarvi. Venite a casa mia, - aggiunse la vecchia.  Ser  Bandino la seguì di buona voglia, e la vecchina, curva sul
e una secchia d'acqua, bagnò più volte il naso di  ser  Bandino e lo coprì di foglie: poi gli disse di masticarne
squei sbirbanti smi strovano ... - mormorò tutto afflitto  ser  Bandino. La vecchia rise facendo vedere le gengive spoglie
a nessuno sapreste levar di capo che io non sia una strega.  Ser  Bandino fu rassicurato in parte da queste parole e si mise
un can da pastori con una lunghissima coda, che scappava.  Ser  Bandino si portò subito la mano al naso e si accòrse con
venuto il cane verrà la biscia; abbiate pazienza e pregate.  Ser  Bandino si rimise in orazione, ma snocciolando sempre
si lasciò cadere in ginocchio e pregò a lungo.  Ser  Bandino fece lo stesso, e quando ebbero terminato, la
ricrescere il fungo e che ritorni più scilinguato di prima.  Ser  Bandino, tutto allegro, scese il monte, e ogni tanto si
non apriamo a nessuno. - Il Podestà sono io! - rispondeva  ser  Bandino. - Non ce lo date ad intendere, imbroglione. Il
bocca, si conosce subito. - Son guarito! - badava a dire  ser  Bandino. - Di certi mali non si guarisce; andate in pace,
per vedere chi bussava. - Sono il Podestà, aprite! - ordinò  ser  Bandino; ma a quel comando si sentì rispondere con una
una delle guardie. - Sono il Podestà, aprite! - ordinò  ser  Bandino. - Se vuoi venire in gattabuia, peggio per te, -
del palazzo si aprì, quattro braccia robuste afferrarono  ser  Bandino e quasi di peso lo portarono nella stessa prigione
del disordine. Non valsero né le preghiere né le minacce di  ser  Bandino per farsi riporre in libertà. Tutto il giorno udiva
giorni, così passò un mese. Quando quel termine fu spirato,  ser  Bandino, una mattina, nel destarsi, si vide dintorno tutti
accosto al naso ed è ritornato scilinguato. È lui! è lui!  Ser  Bandino si sentì morire. Non aveva potuto mantener la
Alessandro Vitelli, temuto condottiero di quel tempo.  Ser  Bandino fece preparare per lui le più belle stanze, e dette
dette una di quelle guardatacce, come egli sapeva dare, e  ser  Bandino, tutto confuso, si sentì la lingua inchiodata al
suoi, ma in tono abbastanza alto da farsi sentire anche da  ser  Bandino. - Non è un rappresentante che le faccia onore.
accanto. Se il primo incontro era stato amaro per  ser  Bandino, la permanenza di Alessandro Vitelli a Stia, fu un
non esistesse, come se il Podestà fosse un fantoccio.  Ser  Bandino vedeva tutto e fremeva. Inoltre v'era una continua
gente gli rimproverava acerbamente la sua debolezza; ma  ser  Bandino non osava parlare ad Alessandro Vitelli. Un giorno,
Questo atto magnanimo lo rese popolarissimo a Stia, dove  ser  Bandino terminò in pace la vita. Qui la Regina tacque ed
madonna Bice, giovane e amabile, era bellissima e  ser  Bindo era brutto come il diavolo nonostante i giustacori di
di drappo foderato di pelliccia. Quando la Repubblica inviò  ser  Bindo a Poppi, egli aveva da poco menato in moglie la bella
imprigionamenti, impiccagioni, furono gli atti con i quali  ser  Bindo inaugurò la sua vicarìa; madonna Bice, per conto
pietà della bella donna frenava le ire dei malcontenti, e  ser  Bindo avrebbe dovuto ringraziarla dalla mattina alla sera
seno, il bambino nacque con un piede rivoltato in dentro.  Ser  Bindo, appena lo vide, invece di consolare la madre
che ti pare; per me sarà sempre lo storpio, - rispose  ser  Bindo. La nascita del primo figlio, che è sempre una gioia,
questo aveva una gamba storpia. Figuriamoci le furie di  ser  Bindo! Diventò una iena e coprì di vituperî la moglie, che
pure come ti pare; per me sarà sempre lo storpio, - rispose  ser  Bindo irato. E se dopo la nascita del primo figlio era
castello. La povera madre correva su da loro appena vedeva  ser  Bindo uscire a cavallo, e allora si sfogava a baciarli e a
costui lo era da tutte e due. - Questo è troppo! - esclamò  ser  Bindo quando vide il suo terzo figlio, - questo è un
andata a rimpiattarsi in qualche luogo selvatico, affinché  ser  Bindo non vedesse più né lei né i tre storpi. Così egli non
e, sedutasi accanto al fuoco, attese pazientemente. Intanto  ser  Bindo, pentito di aver lasciato partire la moglie e temendo
nella capanna; almeno lì non sentiva le aspre parole di  ser  Bindo, non udiva i lamenti della gente oppressa da lui, non
aveva mai goduto una pace più grande dacché era moglie di  ser  Bindo, e dal suo cuore partiva a ogni ora del giorno un
e riportarsi sui bimbi, che erano per lei il mondo intero.  Ser  Bindo, invece, tormentato da una terribile malattia, era
Bice; ma la vista di quella donna era un tormento per  ser  Bindo, poiché ella invocava di continuo la buona padrona, e
condizioni sarebbero costati la vita alla imprudente donna,  ser  Bindo faceva a meno di farsi assistere da lei, e preferiva
la virtù delle piante, non lo volevano curare; e  ser  Bindo, in mezzo ad atroci spasimi, si vedeva davanti la
si offriva di curarlo. - Fatelo entrar subito, - ordinò  ser  Bindo. Il frate fu introdotto. Era un vecchio con la lunga
tempo di pentirti della vita che hai menato. Anche infermo,  ser  Bindo conservava la violenza dell'animo. Perciò divenne
Tu potresti anche minacciarmi di morte, ma io rimarrei!  Ser  Bindo, non potendosi muovere, urlò, sbraitò, senza che
a bassa voce una preghiera. Dopo poco lo spasimo cessò, e  ser  Bindo, il quale non sapeva più che cosa fosse sonno, dormì
lo credo. Fra' Celestino non rispose e continuò a pregare.  Ser  Bindo, invece, si addormentò, ma poco dopo si destò,
per rintracciarla, - disse il Santo, e sparì. Quella volta  ser  Bindo si destò senza gridare, senza spasimare, e vedendo
in capo a tre giorni le gambe ritornarono sane come prima,  ser  Bindo disse al frate: - Ora che il corpo è guarito,
ordine di averlo scelto per istrumento della conversione di  ser  Bindo. Appena il vicario si fu alleggerito la coscienza da
Fra' Celestino lo accompagnò con le sue preghiere, e quando  ser  Bindo ebbe sceso il monte di Poppi, vide avverarsi la
alle gambe, quasi lo volesse trattenere. Era già notte, e  ser  Bindo capì che doveva pernottare in quel luogo, forse per
il nuovo sole, lo destarono al far del giorno. Allora  ser  Bindo rimontò a cavallo, e questa volta il cane non si
a casa la infelice madre e i tre bimbi. E allora  ser  Bindo riprendeva coraggio e tagliava con più energia i
di latte e ridevano delle capriole della bestiolina.  Ser  Bindo, senza pensare ai pruni, fece uno strappo alla
gli lavò le ferite. Il sangue si stagnò improvvisamente, e  ser  Bindo, commosso da tanta dolcezza, s'inginocchiò dinanzi
ma gli prese la mano e la bagnò di lacrime. Poche ore dopo  ser  Bindo faceva salire a cavallo madonna Bice, le poneva fra
a quel modo. - Salute, fratelli! Salute, sorelle! - diceva  ser  Bindo passando accanto alla gente. - Pregate per l'anima
qualità fisiche e morali di lei. - Fatecela vedere, - disse  ser  Or- lando, uno dei tre cavalieri - e se real- mente è bella
il mondo, ma la guariremo. - Fatecela vedere, - disse  ser  Ber- nardo - e se realmente è buona quanto dite, la
è buona quanto dite, la guarigione di lei è sicura. -  Ser  Marco non disse nulla, ma pensava che se Rosalba era
ciascuno per nome. Questo fatto li scosse profondamente.  Ser  Orlando, al quale per primo si rivolse la donna, tremava
disse che bramava parlarle da solo a sola. Appena  ser  Orlando fu penetrato in una stanza appartata, dove lo
la lingua di lei, e Ro- salba parlerà. - Venne il turno di  ser  Marco, e a que- sti la donna disse: - Se le ricchezze
quindi continuarono il viaggio, ciascuno per conto proprio.  Ser  Orlando s'imbarcò per il primo e giunse al paese dove
più preziose che c’invii il Levante. Per ultimo giunse  ser  Marco, carico d'oro, e subito andò da tutti i medici e da
si celebra- rono con gran pompa, e in quel giorno stesso  ser  Marco, povero e scorbacchiato, imbarcavasi per tornare in
e scorbacchiato, imbarcavasi per tornare in patria, e  ser  Orlando piangeva nella sua caverna, ama- ramente, sulla
si legano ad opere sicure sono, fra gli altri, Francesco di  Ser  Gregorio da Gravedona, i fratelli Rocchi, G. P. da Lierna,
Corte di Poppi c'era un emigrato di Ravenna, che aveva nome  ser  Grifo. Quest'uomo, di nobile famiglia, era stato cacciato
dai conti Guidi, che lo conoscevano da molti anni.  Ser  Grifo non era un uomo amante di guerre, né di giostre. Era
con gentil modo, prendeva a difenderlo. Soffriva assai  ser  Grifo sentendosi dar la baia dalla nobile compagnia; ma
Uno dei convitati domandò al Conte come mai quella sera  ser  Grifo non assistesse alla cena. - Il pover'uomo, - rispose
si staccò dalla parete e stese le braccia per afferrarlo. -  Ser  Grifo è allucinato! - esclamò il conte di Porciano. - Ser
- Ser Grifo è allucinato! - esclamò il conte di Porciano. -  Ser  Grifo è pazzo! - disse il conte di Romena. - Cugino, perché
mi pare atroce, - disse il conte Bandino di Porciano. -  Ser  Grifo è capace di morir di paura. - Non credere, - rispose
far rumore e quindi aprì l'uscio della camera dove stava  ser  Grifo. Il conte Bandino e il signor di Poppi s'erano
accanto al letto posò la mano coperta di ferro sul collo di  ser  Grifo; poi, contraffacendo la voce, disse lentamente: -
felloni pari tuoi abbia inghiottiti! - Pietà! - supplicava  ser  Grifo con un fil di voce. Il conte Oberto, camuffato della
il quale dormiva in una stanza poco distante da quella di  ser  Grifo, udendolo gridare nella notte era accorso, e lo aveva
contro lo spirito maligno; ma tutto era stato inutile.  Ser  Grifo urlava più che mai e si trascinava bocconi sul
rimase perplesso e domandò al servo: - E ora come sta  ser  Grifo? - Al solito; ma il cerusico lo ha lasciato perché le
questa notizia, villano che non sei altro! Che m'importa di  ser  Grifo quando madonna Margherita è ammalata! E terminando di
vollero veder con i propri occhi in che stato fosse  ser  Grifo. Essi salirono nella camera di lui e seppero
verseggiatore! I due signori non pensavano più a  ser  Grifo dopo quella breve visita. La malattia della contessa
bruciava la contessa ogni giorno più. In questo frattempo  ser  Grifo era stato avvolto in un lenzuolo, messo in una cassa
sempre rivolto alla sua carissima, non si accòrse che  ser  Grifo mancava, ma quando giunse l'ora di chiudere
nell'avello di famiglia, il Conte disse: - Chiamatemi  ser  Grifo; da lui voglio sia vergata una pergamena da porsi in
bella, più cortese e più virtuosa fra le donne. - Signore,  ser  Grifo non può venire, - rispose uno dei servi. - È vero! -
facendogli nascere nell'anima il rimorso che il povero  ser  Grifo fosse morto in seguito a quell'atroce burla; e poi,
sua dilettissima, e non potendo valersi più dell'opera di  ser  Grifo, chiamò un suo cancelliere dal quale fece scrivere la
quel che vide era cosa da mettere spavento a chiunque.  Ser  Grifo, pallido come un morto, con gli occhi infossati
salma della mia diletta. - Parli a me, Conte? - domandò  ser  Grifo. Nell'udire quella voce, Oberto, cui il cugino non
più il passo, risalì in chiesa preceduto da Bandino.  Ser  Grifo allora narrò al Conte che, destatosi dopo un
Il conte Oberto e il conte Bandino avevano già narrato che  ser  Grifo era risuscitato, e la gente che empiva la chiesa
accolto da un mormorìo di soddisfazione; ma quando comparve  ser  Grifo, con quel viso di cadavere e avvolto nel lenzuolo
incessantemente. Ogni volta che usciva, lo accompagnava  ser  Grifo, che la gente del contado non chiamava più col suo
dare, qualche giorno avanti, la minuta di ciò che vuole  ser  vire, affinchè si provveda in tempo a quanto abbisogna.
di leggi, ma solo hanno bisogno per esser risolute di  ser  cimento di giustizia. Date a ciascuno il suo ed avrete
di  ser  Giovanni detto Masaccio nacque a San Giovanni Valdarno nel
ed operare. Anche suo fratello minore, Giovanni di  ser  Giovanni detto lo Scheggia, si dedicò al medesimo mestiere,
per Palla Strozzi e i Quaratesi e Masaccio per il notaio  Ser  Giuliano di Colino degli Scarsi, proprio non si sa dove
anch'esso il più delle volte; il solo a menare trionfo è  ser  Imbroglia; mentre la giustizia, poveretta, obbligata a
finire i suoi giorni, e si mostrò molto riconoscente a  ser  Berto per averla salvata da quella sepoltura di donne vive.
Gentile era parente con i Guidi di Porciano e di Romena, e  ser  Berto sperava che tutte queste aderenze fossero per il
prima che Gentile fosse in età di appagare le sue speranze,  ser  Berto morì a un tratto, lasciando i suoi privi di mezzi e
come esempio da seguirsi e non cessava dal dirgli: -  Ser  Gentile, voi sarete un giorno un forte cavaliere! Queste
cavaliere! Queste parole facevano digrignare i denti a  ser  Guido e a ser Salvatico, e li spingevano a odiare il
Queste parole facevano digrignare i denti a ser Guido e a  ser  Salvatico, e li spingevano a odiare il cugino, il quale non
vecchio. - La spiegazione è facile. Il mio cavallo dice che  ser  Gentile avrà il dominio di questo castello. Queste parole
aspetta, era giunto il meriggio, s'era fatto notte, e  ser  Gentile né il cavallo si vedevano tornare. La madre del
Gentile. A Rimini, dov'egli era rimasto tutto quel tempo,  ser  Gentile aveva conquistato il cuore del conte Malatesta, che
in camera di lui e si nascose sotto il letto. Quando  ser  Lapo ebbe sfogato ben bene la voglia di cantare, chiuse la
i vestiti volavano come pipistrelli, battendo nel viso di  ser  Lapo: pareva il finimondo, e l'infelice non osava aprir gli
nella sala del castello in presenza de' signori.  Ser  Lapo aveva un viso giallo da far pietà e certi occhi tutti
le hanno dato. - Dunque li hai sentiti anche tu? - domandò  ser  Lapo sgranando gli occhi. - Se li ho sentiti? Non mi hanno
cordino, li spinse giù. Questi si abbatterono sul viso di  ser  Lapo e con le grandi ali sbatacchiavano sulle coltri, sul
moccolino sulla schiena, e poi li portò davanti l'uscio di  ser  Lapo, e, accesi che ebbe i moccolini, spinse gli scarafaggi
sulle carni, mi entrano in bocca, sono indiavolato anch'io!  Ser  Lapo non parlava per non aprir la bocca e non esporsi alla
gridare e a smaniare, e quando fu giorno andò in camera di  ser  Lapo, facendo gesti di ossesso e boccacce e sgambetti, come
se avesse davvero avuto cento e non dieci diavoli in corpo.  Ser  Lapo era più morto che vivo, e questa volta, senza vedere
anni fa, viveva ad Arezzo un celebre armaiolo, nominato  ser  Baldo. Quest'uomo era tanto abile nell'arte sua, che i re,
ricciuto che era un piacere a vederlo. Ora avvenne che  ser  Baldo aveva avuto commissione da un certo Forese degli
che era a fasce d'azzurro in campo bianco. Quando  ser  Baldo accettò il lavoro e la caparra, tacevano per un
di messi l'armaiuolo per avere la spada e lo scudo.  Ser  Baldo, che era uomo onesto, aveva terminato già da molto
passare dal Casentino, quelle armi sarebbero state prese, e  ser  Baldo stesso ne avrebbe risentito non solo il danno di
da traditore e di venir rinchiuso forse in carcere.  Ser  Baldo non era uomo di sentimenti guerreschi e non capiva le
la spada per messer Forese, il canto moriva sulle labbra di  ser  Baldo, e il figlio suo, che lavorava accanto a lui,
mio, e domani il carro e il fieno saranno provveduti.  Ser  Baldo mandò subito per un suo contadino, che stava poco
lamine di sottil metallo o forbendo armature, mentre  ser  Baldo lasciava la briglia alla fantasia e cantava le belle
ha parlato infatti, e mi ha detto che esce dalla bottega di  ser  Baldo d'Arezzo, il più abile armaiuolo che io conosca. Non
ogni volta che faceva cadere il discorso su questo tasto,  ser  Bernardo Tosinghi gli rispondeva: - Messer il Conte, non
con tutta la pompa degna della famiglia; ma di dote,  ser  Bernardo non ne parlava. Se il Conte fosse stato meno
portare il corredo della giovine Contessa, comparve  ser  Bernardo nel cortile del castello, e dietro a lui veniva un
sappiatela custodire e non avrete penuria di nulla, - disse  ser  Bernardo. E abbracciata la figlia e il genero, assisté alla
nella stanza del tesoro, dove, con la chiave datagli da  ser  Bernardo, aprì la cassa. Questa ne conteneva una seconda di
finamente lavorata. - Questa è una burla che mi ha fatto  ser  Bernardo per indurmi a credere che la dote era grossa; ma
e moglie sciolsero il rotolo e lessero quanto segue: "Io,  ser  Bernardo de' Tosinghi, giuro sull'anima mia che è vero
della Canonica. Erano Arnolfo di Cambio e Filippo di  ser  Brunellesco, i famosi architetti di quella sacra mole
in cuor loro contro « ....la viltà tranquilla Di quel  ser  vaggio che non ha rimorsi, » pure, non offrendosi al
scroccarvi un giudizio tanto indulgente. La santità di  ser  Ciappelletto mi ripugna. La sua modestia era tanto sincera