coi Maestri dell’Impressionismo, esprime quasi fisicamente la distanza che intercorre tra lui e loro: come se l’impressionismo della grande scuola sia
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, infatti, operò in lui più tardi e anche con scarsi risultati, nel senso che i non molti dipinti di Pougny più tipicamente orientati alla «scuola di
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, contraddicendo così spesso alla ortodossia della scuola.
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’arte 1960 esposta a Venezia. Il padiglione spagnolo presenta addirittura una scuola di materici ossessivi, capitanata da Luis Feito, che noi saremmo
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parte, l’artista appartenga con tutte le sue eccezionali qualità, al gruppo dei manieristi della scuola di Parigi in chiave astratta, un manierista
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dei coniugi Stein, dettero insieme con Braque una nuova dimensione alla «scuola di Parigi», crearono il movimento di avanguardia più ricco di
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fraternità, con Leger, nel quadro «Angoli accentuati» (1923) dove gli schemi cubisti, immobili e preordinati, della scuola di Parigi assumono una
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incontro coi modi della scuola di Parigi e particolarmente con Brancusi, fino alla sua avventura surrealista, mai del tutto accettata, fino alla fase
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Dicevamo «per via umanistica erudita»: in effetti la grande lezione della «scuola di Parigi», prima dei fauves e poi dei cubisti analitici e
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una grandiosa mostra retrospettiva di Nicolas de Staël, il pittore astrattista di origine russa formatosi alla scuola di Parigi, passato negli ultimi
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sempre interpretare e vagliare la grande eredità della scuola parigina; seppe sempre guardare le forme altrui con quella riserva mentale astratta che è
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«scuola di Parigi» e i primi forsennati dell’ottimismo grafico architettonico della Bauhaus si dettero la mano dentro la coscienza dell’artista, per nulla
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È vero, si, che l’arte di Giacometti non si motiverebbe senza il nutrimento della «scuola di Parigi» negli anni Venti, e che la grande lezione di
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» di Torino, i «Tre» della scuola romana di Via Cavour, e, più tardi, i «romantici» espressionisti di «Corrente».
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a Monaco cogli espressionisti e la scuola di Kandinskij, più tardi a Parigi aveva compreso in radice la lezione del cubismo analitico, inserendosi
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cinquantenne numero uno della «scuola romana», presenta alla Galleria «La Tartaruga», con uno scritto in catalogo del poeta Attilio Bertolucci; il quale così
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cosìddetta «scuola romana» i primi passi nelle figure di Scipione e Mafai dovrà tener presente il contributo singolare che questa donna portò alla «scuola
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della «scuola romana».
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Rosai e le intuizioni della «scuola romana», che ci pare prosegua la lezione di Rosai e che sia, quanto a novità e urgènza, assai meno «fuori» del clima
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premesse. L’antinovecentismo novecentista di Scipione (come più tardi quello di «Corrente» o come, contemporaneamente alla «scuola romana», quello dei
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Scipione e, conseguentemente, della paesistica — almeno — della «scuola romana di Via Cavour». Per esempio nel quadro «Casa toscana» (1919-20) della
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, almeno a Roma, la scuola di via Cavour (Scipione, Raphel, Mafai) all’epoca in cui gli ultimissimi portati dell’informale (Burri vive a Roma) pongono
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, aveva conosciuto tutti i più grandi nomi della «scuola di Parigi», non come figure di leggenda dieci o quindici anni dopo, ma ad uno ad uno attraverso la
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dedica il giusto spazio, al fatto che la Scuola romana debba davvero qualche cosa al maestro, quella dolce e intensa arrossatura e indoratura di
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coi modi del Novecento; ma perché, piuttosto, Carlo Levi si rifaceva ad una recente tradizione europea, alla «scuola di Parigi» soprattutto, ignorando
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protagonisti della Scuola romana? E quale scultore senti di aver da spartire qualche cosa, come realista del 1945, con Mirko, per esempio o con la
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operosamente critico, riabilitativo di certi valori e di certi risultati: tanto più che vicino alla scuola romana, ai «Sei» di Torino, e, più tardi, al
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di questi contrasti, una vera carica di drammaticità: dal Pirandello del 1935-43, tra pittura napoletana e scuola di Parigi, al Guttuso del 1937-44
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tempi, in extremis, lo stesso Mafai, — per limitarci ai protagonisti della scuola romana — hanno operato un radicale mutamento del loro stile, arrivando
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Vili Quadriennale d’arte di Roma. E non solo perché dallo «sguardo alla giovane scuola romana dal 1930 al 1945» si ricava con soddisfazione quanto
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e limitanti (la scuola romana al posto d’onore, la scuoia romana e non, insieme ad essa, la preistoria dell’astrattismo in Italia, per esempio) fosse
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La Mostra della «scuola romana» non viene seconda nell’ordine degli scandali di questo tipo: diremo appresso in che modo il fronte astratto prese
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scuola romana con Scipione e Mafai...». Sacrilegio! Confondere — tuonarono gli astrattisti — Licini e Soldati con i chiaristi, mettere sul medesimo piano
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eccellente scelta di alcuni altri, poneva intanto quasi provocatoriamente la ipotesi di una aggiunta: quella della «scuola romana», non come una svolta
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Certo, se non sono accettabili le ipotesi di accostamento fra il Novecento e la scuola romana prospettate dal Crispolti per liquidare negli anti
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iniziale della scuola romana, ma assai energico nella determinazione psicologica e morale: tutti artisti, i Pirandello, gli Stradone, i Guttuso, i
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Veniamo ora più da presso alle opere e agli artisti della scuola romana, pupilla di questa ultima edizione della Quadriennale d’arte di Roma
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Non è stato altresì tentato il raggruppamento vicino alla «scuola romana di via Cavour», come la chiamò Roberto Longhi (Scipione, Mafai e Raphael
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pittore romano (che intorno al 1930 aveva visto a Parigi le opere della famosa «scuola» senza poterne connettere un discorso, ma aveva invece — al pari
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Il critico si manifesta molto scettico sul tonalismo, inteso questo sia come peculiarità o caratteristica della scuola romana, ruotante intorno a
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Giorgio Castelfranco ha poi voluto — e ci pare Un saggio proposito, questo suo — interrompere al 1945 lo sviluppo, o la vita, della «scuola romana
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Stradone: i suoi colossei, le sue marine notturne, i suoi stravolti personaggi in maschera e in stracci, sono il compimento più lirico di quella scuola
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saggio su «Raccolta» del 1941 — non dimenticato bontà sua, dal Durbé nella bibliografia da lui compilata sulla scuola romana —«la pittura romana dopo
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» rispetto a quelli della tarda o, seconda, scuola romana.
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astratto delle «premesse» sue remote, come ben si vede nel «Notturno sulla Salaria» e nel «Colosseo», opere esposte nella antologia della «giovane scuola
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scuola di grazia e di armonia; tanto che la situazione di passività dolorosa e populistica in cui versavano le sue contadine di ieri, oggi si riscatta in
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di scultrice adulta, è Antonietta Raphael Mafai, la Ninfa Egeria della «scuola romana», un tempo eccezionale pittrice e successivamente sacrificante al
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un Picasso, di un Gris o di Leger, avevano dietro le spalle, bruciata con una intensità e una fisionomia tipica di scuola e di gusto comuni, la
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francese, il giro allarmante e matematico della scuola di Parigi dagli Impressionisti in poi: rivalse simbolistiche della Se cessione, naturalismo e
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formò la «scuola di Parigi»: giovani artisti stranieri dalla espressione affamata e stupefatta, capitarono a Parigi dalle più lontane parti del mondo
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