Poiché, come al n. prec., intendiamo considerare il moto soltanto a partire dall’istante t = 0, dobbiamo anche qui distinguere due casi secondo il
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Ma fra codeste infinite possibili decomposizioni ve ne sono talune di uso corrente, che qui conviene accennare.
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Di qui derivando rispetto a t si deduce
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40. Riprendiamo qui da ultimo le (42) del n. 37
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e di qui risulta per l’accelerazione radiale l’espressione
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Di qui si ricava successivamente
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e di qui si conclude appunto ecc.
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dove lo scalare r è indipendente dal tempo. Di qui, per derivazione rispetto a t, si deduce
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Di qui, derivando successivamente due volte rispetto a t, e tenendo conto delle equazioni stesse, si ottengono per la velocità e per l‘accelerazione
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Valgono invece, come qui ci proponiamo di dimostrare, le identità, per qualsiasi numero reale a,
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dove la velocità (costante) v 0 di O ha la stessa direzione della velocità angolare. Di qui per la velocità assoluta risulta l'espressione
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Di qui, integrando, si deduce che le equazioni della precessione regolare sono
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che qui si tratterebbe di integrare.
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Per brevità ci limiteremo qui a stabilire alcune proposizioni sulla cicloide ordinaria che trovano utile applicazione in Dinamica.
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Di qui sviluppando i secondi membri, sottraendo membro a membro le (2) e trascurando gli infinitesimi di ordine superiore al primo, si deduce
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Di qui, sviluppando i primi membri, sottraendo membro a membro le corrispondenti (4') e trascurando gli infinitesimi di ordine superiore al primo
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Appare di qui senz’altro come più in generale possano intervenire, accanto a vincoli di mobilità bilaterali, espressi da equazioni del tipo
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Di qui apparisce che il prodotto scalare
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Scende di qui che, se il trinomio invariante T è nullo, è nullo il momento risultante rispetto ai punti dell’asse centrale.
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ed anche qui le superficie equipotenziali sono i piani ortogonali alla direzione fissa della forza.
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Di qui, integrando, si deduce
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Di qui risulta, a meno di infinitesimi di ordine superiore,
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Qui è necessario fermarsi un momento su questo importante risultato e prima ancora sulla grandezza scalare che abbiamo indicato con T.
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Di qui scaturisce la seguente definizione precisa di stabilità dell’equilibrio (in senso statico) Vedremo in Dinamica come lo studio della stabilità
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e di qui, si deduce
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Si vede di qui che, se le masse dei punti del sistema si fanno variare tutte in un medesimo rapporto, il baricentro non cambia.
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Anche qui la posizione di C sulla retta A l A 2 , dipende soltanto dalla posizione delle origini A l,A 2 e dal rapporto rimane cioè sempre la stessa
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Per questo abbiamo voluto rammentarla, pur non potendo qui soffermarci ad illustrarne le conseguenze.
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e di qui risulta appunto
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e di qui e dalla (6) consegue intanto che per l'equilibrio del nostro solido è necessario che le forze attive soddisfacciano alla condizione
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Risulta di qui che in ogni caso si sarà condotti a tener conto esclusivamente di condizioni della specie b) del n. 2.
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Va notato che anche qui vale la formula
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Di qui si conclude che le coordinate x i y i di ogni singolo punto P i (i = l, 2,…, e) soddisfano all’equazione
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e di qui, ove si faccia tendere all’infinito il numero n - 1 dei tiranti (supposti sempre equidistanti a due a due) risulta
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e di qui, ricordando la formola elementare di integrazione
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Di qui, tenendo conto della identità
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Diamo qui un rapido cenno sul modo di impostare l’accennato problema statico, quando si tenga conto anche di codesti momenti sollecitanti.
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Di qui integrando lungo la direttrice da P' a P'' si deduce l’equazione
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Varranno per l'equilibrio di una verga le equazioni (40)-(42) del n. 42, di cui, per comodità riscriviamo qui le indefinite
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Qui appare opportuno l'accennare la geniale giustificazione intuitiva che della proposizione del n. prec. diede il Lagrange nella sua Meccanica
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Di qui, poiché, in base alla osservazione b) del n. 4, si ha già δΛ = 0, si conclude, secondo il primitivo nostro asserto
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e di qui, differenziando, si trae
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Poiché qui ogni spostamento virtuale
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Qui ci proponiamo di mostrare come il metodo dei moltiplicatori risponda in modo esauriente a queste esigenze.
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Risulta di qui che le posizioni di equilibrio relativo dipendono dalla forma geometrica della superficie e dalla velocità angolare, non dalla massa
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2. Qui subito convien fissare chiaramente una osservazione generale, altrettanto ovvia quanto importante.
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9. Sin qui non abbiamo fatta alcuna ipotesi sul segno di v. Ora dalla
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Qui, viceversa, osserviamo che, se un moto è a velocità costante v, dalla equazione
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Il caso che qui resta dubbio, va discusso considerando le derivate successive di s; ma per il seguito ciò non è necessario.
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Questa espressione di v 2 mette in luce una decomposizione della velocità vettoriale in due componenti fra loro ortogonali, che qui convien definire
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