materia al contatto dello spazio e della luce. Trapassa, quella forza, in una materia che in sé non ha nulla di prezioso o di raro: se il costruire è un
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La tecnica del Bernini è guidata dall’immaginazione del possibile, quella del Borromini dalla fantasia dell’assurdo: il Bernini può chiamarla
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San Pietro, La basilica lateranense, anche per la sua storia connessa a quella che si riteneva la lunga parentesi dei secoli «oscuri», non potrà mai
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giusto identificare la ricostruzione della basilica vaticana con l’opera berniniana, che si riduceva in sostanza (a quella data) all’apparato decorativo
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, non potendosi inibire ai pellegrini (e furono, nel 1650, più di settecentomila) la visita di quella che era, dopo San Pietro, la più insigne e
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» siano stati gli stessi fedeli. Altro che monumentum aere perennius: l’immagine che si fa presente non è quella dell’eternità, ma di un giorno.
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«contenzioso» o tormentato del Borromini, fosse quella del professionista studioso è confermato anche dalla carica, che ricoprì a partire dal '34, di principe
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urbanistica dell’architettura del Cortona, nettamente diversa da quella del Bernini e del Borromini. Il Bernini tende a sovrapporre in modo
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In Santa Maria della Pace, quella che nei Santi Luca e Martina era una coesistenza ed una interrelazione dialettica di due schemi compositivi
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’elezione al di là della vita; e poiché il cielo implica la morte fisica, l’esistenza spirituale è quella che si vive nella contemplazione e nel
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. L’opera è quella che ha per tema fondamentale la morte: la tomba di Giulio II. Essa occupa, con le sue agitate vicende, i quarant’anni della piena
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, molto più illuministico che classicistico e giustificato piuttosto con l'ideale di un’astratta virtù razionale che con la comprovata identità di quella
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Pace, iniziata nel ’56, che sviluppa il tema del portico in curva, e quella di S, Maria in via Lata, iniziata nel ’58, nella quale la superficie include
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la penombra leggera della nave e quella più fonda, ma rotta dai bagliori della «gloria» dorata dell'abside. Poiché l’interpolazione del nuovo vano
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S. Pietro), assume come forma-base la colonna, disegna la cupola, gli archi, le cornici con quella castigata purezza, che gli merita l’indulgenza, se
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Architettura come discorso vuol dite anche superamento di quella che potremmo chiamare, per analogia alla pittura contemporanea, «architettura di
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quella sua faccia da mascherone, s’è messa in posa la nana; e anche il cane, e il nano lo spinge col piede per persuaderlo a levarsi di mezzo. È uno
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non visto, in penombra: è la posizione di chi non vuol copiare ma sorprendere il vero. Quella dell’artista non è finzione; fingono le bambine e i nani
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Da questo momento l’interesse di Michelangiolo per quella che doveva essere l’opera suprema della sua vita va sempre più declinando. Nel 1524, quando
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necessità della prassi si congiungono ed identificano in quella che è la sola, vera attività dell’architetto: la progettazione. Perciò il significato
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La società che si vuole influenzare per condurla alla salvezza è quella e non altra: bisogna prenderla com’è, non disgustarla, adularla. L
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guariniana dell’architettura continua nello spazio continuo porti necessariamente alla più profonda delle «metamorfosi del Barocco»: quella della forma
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’urbanistica borrominiana che a quella berniniana); quanto alla cupola, la sua forma chiusa è compensata da quella, capricciosamente aperta, dei campanili
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moderni». Come si vede in quella sua «bizzarra» chiesa di Carignano, fatta a foggia di ventaglio.
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Il repentino formarsi e il rapido svilupparsi della scuola pittorica inglese del Settecento si spiegano appunto con la critica di quella cultura e
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filosofica; ha ospitato artisti come Holbein e, poi, Van Dyck; ha veduto formarsi raccolte cospicue, come quella di Carlo I; ha uniformato la propria
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un’educazione signorile. Quando Webb risponde a quella domanda dicendo che il gusto dei ritratti ha ostacolato la nascita di una pittura di storia
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Quando la domanda, poi, se la pone Hogarth, la risposta è quella che può uscire da una mentalità non soltanto borghese, ma mercantile: il
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finalità pratica di quella critica, non meraviglia che i suoi oggetti appaiano come scaglionati in una prospettiva anche più politica che storica. Tutti
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ristretti, la pittura ostentatamente, tematicamente borghese di Hogarth; non lo fu quella di Gainsborough, interessata al «demi-monde», alla «café-society
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maestri italiani, si presta a quella delicata operazione di separar la forma dal contenuto (forse perché la sua forma già tradisce la perduta fiducia
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Con il concetto d’ispirazione non cade soltanto l’idea della fondamentale religiosità dell’arte, ma anche quella del suo necessario rapporto con la
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. Non diversamente, quando Reynolds «combina» l’immagine di questa o quella dama dell’alta società inglese con l’evocazione cli un tema mitologico o
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sulla diversità dei casi umani, compone in chiave di varietà; e quando, con intenzione satirica, accosta l’immagine di due sposi a quella di due cani
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fenomeni, una struttura razionale, una logica matematica in tutto simile a quella della mente umana, mentre il giardino «all’inglese» nasce dal
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’arte, ogni differenza che non fosse la pratica dell’operazione pittorica: l’uno e l’altro esercitavano infatti un’attività estetica, come quella che
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identificabile attraverso gli antichissimi simboli creati dall’umanità, né a rigore può dirsi se la sua essenza sia quella del bene o del male, quel
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non basta a spiegare il passaggio, non tanto dall’idea di società a quella di umanità (un passaggio già compiuto dal pensiero illuministico), ma dalla
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’artista si separa da quella società e la disprezza: di fatto è, o si sente, l’anima, la coscienza di quella società, che odia e ama ad un tempo. È solo, ma
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fare della loro critica un incentivo e una guida alla produzione dell’arte, proprio con loro nasce quella critica di «tendenza» o, come dirà
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natura, Ruskin erige a teoria della forma una poetica nata, come quella del «pittoresco», in netta contraddizione ad ogni preesistente teoria della
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Avrebbe potuto essere, quella pittura, il primo atto dell’arte moderna; ma ne rimane tuttavia una fonte, e la fonte essenziale. Come tale, crediamo
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indubbiamente grave di proclamare dalla cattedra di Burlington House, in un’occasione così solenne e con accenti così patetici, l’eccellenza di quella ch’era
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a quella sprezzante aristocrazia intellettuale, che giustifica l’interpretazione marxista che Antal ha dato della sua opera, come prima espressione di
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scrittura della linea di Fuseli è dura e incisa, ma la qualità di quella linea è, di fatto, tutt’altra: conosce tensioni e languori, durezze e dissolvimenti
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, dell’antico e dell’attuale, e non è una condizione naturale, ma abnorme e in qualche modo artificiale come quella dell’invasato e del folle. Fuseli
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vivente. In quella teca traslucida, appare ingrandita, mostruosa, satanica come una pulce nel tondo della lente, ed i suoi movimenti, legati a quella
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, l’ode che Vincenzo Monti dedicherà nel 1784 al signor di Montgolfier, con la differenza che, prima di quella sensazionale ascesa in pallone, la tesi
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rigida o, più probabilmente, di cuoio. È dunque il modello, lo schema ideale di quella forma, e non di essa soltanto perché il girare del perizoma
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quello dell’antiquario Svayer, dipinto in quegli stessi anni, dimostra che conosceva benissimo la ritrattistica inglese, e più ancora quella dello Hogarth
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