codesta seconda storicizzazione, sotto cui viene a cadere l’opera d’arte dopo quel suo ingresso nel mondo, in cui coincide la sua prima storicità; ma
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fenomenologica di quel processo, dall’origine al suo compimento. Denominammo queste due fasi costituzione d’oggetto e formulazione d’immagine.
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varie arti fino a quel tempo, lo spettatore potesse assumere un ruolo diverso nei confronti dell’opera, ed essere previsto dall’autore stesso con una
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solo in quel senso si può accedervi, cioè riconoscendovi una intenzionalità non transeunte ma fissata nell’oggetto.
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poesia stessa, per cui se non si conosce una lingua non si può, attraverso i soli suoni, senza la conoscenza di quel determinato «codice», accedere alla
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quel che si esprime in termini economici. Ma l’economia è proprio quanto, nella serrata meccanica della soddisfazione dei bisogni, riporta la coscienza
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come essenza capace di rivelarsi. In quel momento stesso la coscienza storicamente determinata, che s’istituisce tramite, si riconosce anche come uno
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, smarrimento assoluto, e non vale socialità e progresso a salvare l’architettura di quel secolo. Né il Liberty o Jugend Stil o Art Nouveau segnò una
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’oggetto in serie, ha finito per costituire proprio una delle antitesi a quel desiderio di integrazione che l’uomo moderno chiede alle arti figurative
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capacità all’integrazione per l’opera d’arte: anche questa doveva essere tolta da quel regno dell’assoluto corrispondente, nei limiti dell’esistente
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tempo, nella gravitazione ontologica che di quel tempo è propria.
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, tra concezione pianificata e libera accettazione di quel che avverrà, ma avverrà secondo precise linee formative predisposte, che non negano la
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pensiero hegeliano, e tutti i tentativi per universalizzarlo fuori di quel contesto rappresentano un’indebita sollecitazione, sia che avvenisse col Bosanquet
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futuro è la sua dimensione temporale propria: le basta certo «quel tanto che diviene — come scrivevamo già nel 1949 — nella pianificazione, un
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mondo della vita. In quel medesimo momento, e proprio in tale riconoscimento, noi possediamo l’opera d’arte nella sua peculiarità fenomenologica
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Perciò qualsiasi ricognizione si faccia, in quel secolo fatidico per la fotografia e per la pittura che fu l’Ottocento, fotografia e pittura si
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caratterizzata per la pittura dalla soppressione del primo momento della costituzione di oggetto. Quel che accomuna astrattismo e informale, oltre al rapporto di
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fotografia quel che si è detto, e cioè un modo di fermare a vista senza formularlo, l’oggetto, intenzionato in certa maniera nel flusso esistenziale (e da
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come qualcuno che intende appropriarselo in quel certo modo, ma anche come uno spettatore che deve astringersi a subirlo in quel certo modo: non può
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sarà l'immagine di quel modello esterno. Si scopre quindi che da questa rata ma non consumata interiorizzazione, con la quale si giunge ad agire solo
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Quando la coscienza riconosce in un oggetto un’opera dell’uomo, eccettua in quel momento stesso, dal contesto dei dati del mondo della vita, un
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che cava fuori dalla tuba, così il fotografo soggettivo non può aggiungere post factum alla fotografia quel che questa non possiede ab origine, senza
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non è un inganno lo spazio tridimensionale suggerito dalla prospettiva. Quel che si vuol dare, in quei rilievi e nella prospettiva usata a giusto fine
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’avvoltoio. Ma dove si tocca l’incertezza e l’ambiguità indissolubile della interpretazione psicoanalitica è nel fatto che, in quel presunto ricordo non si
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collimazione reciproca, che, all’atto della recezione, avviene fra l’opera e la coscienza ricevente, perché, proprio in quel momento, la coscienza
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ricevente, non apparirà arbitrario presupporre che l’opera d’arte difficilmente verrà intenzionata solo in quel modo, l’unico legittimo, che si è descritto
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deducibile dall’esistente. È proprio l’esistente che viene a trovarsi refutato dall’opera nell'esclusività della sua realtà. Quel che è fondato dall
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opere d’arte, lo schema provvisorio invece anticipa le opere d’arte in quanto tali, che, senza quell’ipotesi, rappresentano solo quel che risultano
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’interpretazione da dare all’inatteso incontro: ma questo che sarà il messaggio volontario o involontario che quel presentarsi inopinato porterà in sé, non entrerà
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Così il poeta si serve di una lingua, in cui proprio consiste il repertorio (codice) che offre quel gruppo definito, ordinato, di elementi di
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messaggio è ciò che serve a modificare il comportamento di chi lo riceve 23, e perciò, nel messaggio, quel che conta, non è la sua lunghezza, ma quel che
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Senonché avviene qui un capovolgimento, perché quel tasso di disordine che caratterizza l’entropia di un fenomeno diventa, nell’informazione, l
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Infine, comunicazione si ha solo per quel che non si produce in presenza o, pur se si produce in presenza, deve essere interpretato, riferendosi
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messaggio deve trasmettere, che è di cosa che non si produce in presenza, deriva il carattere meramente strumentale di quel «gruppo di elementi»: l
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asserisca che qualcosa si comunica, voglia o no l’artista, ci si può credere [...] ma quel che si comunica, allora, dipende da quello che il ricevente
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importante mostrare come le asserzioni del Dewey apparivano intenibili anche su quel terreno. Ma l’ultimo rilievo vale in accezione generale: il punto di
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generis. Quanto conta, per l’uomo, sta allora in quel sui generis, dove si cela la differenza specifica fra l’uomo e la scimmia. Così, asserire che l’arte
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può esplicitare quel sui generis con asserzioni, dovrà contentarsi di espressioni, di significanze e non di meaning.
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‘ forzosa ’ connotazione) avrà per scopo di sottrarre ‘ a vista ’ per così dire, dall’immagine connotata in quel certo modo, la denotatività del reale
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foglie gialle e della neve, come un indice che interpreterò in quel dato modo.
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staccare la corrente che unisce il percepito all’oggetto. In quel momento stesso inizia allora il processo di semiosi. La possibilità del linguaggio si
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campo della coscienza, sicché venga solo udito per quel tanto che realizzi un’unità distintiva nella formazione delle unità significative (le parole
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e semiosi si presentificano alla coscienza stessa. In modo particolare, per quel che riguarda l’opera d’arte, e cioè la pura astanza alla coscienza
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possesso di questa lingua come codice. Pure è indubbio che, nella poesia, la trasmissione di messaggi in quel determinato codice è strumentale: la poesia
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Volgiamoci infine ad un’altra categoria di opere d’arte, anch’esse non-significanti o appena latamente significanti; le architetture. In realtà, quel
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Palladio sia dovuta a quel codice; la fisionomia, ma non l’astanza. Il décalage dal Palladio allo Scamozzi, che pure si serviva di un eguale codice
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caratteristica insormontabile della fisica atomica. Pertanto è inevitabile ridimensionare il principio di causalità a principio che regge quel campo
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storia è quella causale: ed è qui allora che si ripresenta la possibilità di configurare l’una e l’altra sotto specie di quel principio di
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, assumere come fondamento di tutta la storia la forma di relazioni che è connessa con quel modo di produzione e che da esso è generata, dunque la
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di Masaccio, e quel che ne estrae Masaccio, in contrapposto al chiaroscuro descrittivo di Gentile, è un chiaroscuro plastico, che rappresenta la
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