gli studj, fermò il domicilio, e operò. Che che ne sia, la patria serba di lui poche cose. Ricordiamo tra queste il quadro ov’è espressa santa
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prima sua opera, quella che allora gli valse la fama, il martirio di San Donato per la cattedrale d’Arezzo. Esposto il quadro agli occhi del pubblico
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pregi di disegno; l’amplia tela per la galleria fiorentina de’ principi Corsini, esprimente Priamo trascinato a morte da Pirro, quadro di assai bella
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amarono di molto affetto; e quando fu commesso al primo il quadro della Giuditta per la cappella d'Arezzo, volle ad ogni modo che fosse allogato l’altro
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disegno di composizione, Saffo ed Alceo agli Elisi; la seconda (1809) col quadro a olio, Zenobia raccolta dal fiume Arasse. Pensionato a Roma, ivi
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, poi il ritrovamento del corpo di Manfredi dopo la battaglia di Benevento pel principe Demidoff, e dopo il 1840, il maraviglioso quadro pel Borgo San
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esecuzione, e il quadro storico Amadeo VI di Savoia che presenta il patriarca di Costantinopoli a papa Urbano V, ambedue dipinti pel re Carlo Alberto
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costretto a indietreggiare. Da Venezia recò una copia dell’Assunta di Tiziano, che si conserva nel palazzo dei Pitti. Fece quindi il bozzetto di un quadro
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quelli de’ suoi coetanei. Nel 1800 ottenne il premio di pittura pel concorso del quadro a olio nell’accademia di Belle Arti di Firenze, col soggetto
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Traballesi, cavato dal quadro del Domenichino in Forlì; — SANTI Pacini che adoperava il pennello e il bulino, senza però levarsi dalla mediocrità; e
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meglio di mille cinquecento: ricorderemo prima il più famoso, la Clizia abbandonata da Apollo, dal quadro di Annibale Caracci (1772); ma non meritano
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caccia di Diana, dal famoso quadro del Domenichino nel palazzo Borghesi a Roma, l’Aurora seguita da Apollo e dalle Ore, fresco di Guido Reni nel
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terzo. Tra le sue stampe si ricorda anche con lode Cefalo e Procri tratta da un quadro del Benvenuti. — NICCOLÒ PALMERINI genovese (n. 1779, m. 14
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. 8 maggio 1792). Nel 1825 espose all’Accademia di Milano, Gesù bambino presentato al tempio, da un quadro di fra Bartolommeo da San Marco, e n’ebbe il
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da Raffaello, e il ritratto di Re Vittorio Emanuele II dal quadro di Luigi Mussini, sono due delle principali incisioni da lui eseguite. Nè vuoisi
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