agli allettamenti onde l'arte ci attira, avrei mirato ad un’abbondante e circospetta analisi delle opere, e nella dicitura stessa sarei stato più severo
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speciale del loro genio prescrive di limitar nettamente l’orbita dell’ideale, tanto che s’abituano a non intendere più ciò che sta fuori di
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oltre il muro di cinta al di là dal quale la critica non vede più nulla, e in quei posti essa ha lasciato opportunamente qualche pertugio, poichè le
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’avvenire un capitale prezioso di fatti accertati, dei quali toccherà ai futuri far la selezione e una sintesi più sapiente che non sia stata fatta sin
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Guido Reni, come quegli che la fama avea sollevato di più fra tutti i secentisti d’Italia e di cui l'influenza s’era più o meno prolungata quasi a
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maniera più dolce e più diligente conveniva più ai suoi gusti fiamminghi, Dionisio Calvart (è il nome di questo giovane) fece onore ai fausti presagi
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Ho detto che il Francia è il più insigne pittore che Bologna vanti; ma, se taluno mi domandasse: “ è veramente tra i pittori bolognesi quello che ha
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, fu rivista appassionata ed assimilazione di quanto le arti italiane aveano prodotto di più fulgido; fu ritorno al buon senso ed alla vita in quel ch
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Guido non scordò il Calvart mai del tutto, anzi se ne rammentò dipingendo, molto più tardi, una delle sue opere più. perfette. Chi di voi ha veduto il
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nella copia di Giovanni Viani un magro compenso. E la sua fama saliva, saliva. La caduta di Fetonte nelle case degli Zani e molto più l’Assunta pel
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quale fece sua una tecnica indicibilmente poderosa, che lo trasse più tardi a singolarissime meraviglie, quando del Caravaggio s’era scordato affatto. Ma
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non rappresenta che un aspetto della natura e non dei più frequenti a vedersi. Chi alla sua maniera ne opponesse un’altra, ch’è egualmente nella
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più brevemente che mi sarà possibile, alcune parole.
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Vitale, trascurato da Jacopo Avanzi, da Simone, da Cristoforo, da Giovanni, da Andrea di Bologna, e merita più tardi la tenera ammirazione di tre
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passione non si scordò mai più: i lineamenti della sventuratissima madre eternata nel marmo di Paro gli dominarono sempre la fantasia, e gli ricorsero
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L’altro tipo femminile di Guido è più etereo, più sereno e più originale, tanto che sarebbe impresa forse disperata il cercarne le fonti. Raffaello
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indeterminatezza che simula per noi un’alta idealità, Guido li escludeva per proposito. Ma certo più utili, benchè la storia non ce ne avverta, gli furono
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membra pure; due angeli, come a guardia del cadavere, lo fisano commossi, e la Madonna nel centro erge la grande figura dolorosa. Nulla di più grandioso
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, folleggiale e troppo mosso nell’ebbrezza del suo trionfo, ma che è pittura tuttavia sì robusta da doverne tenere il più alto conto, ora specialmente che
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metà del nostro secolo ne ha avuto dei più feroci nella setta dei preraffaellisti inglesi: Rusckin lo ha addentato caninamente; c’è stata esitazione
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asprezze poteano i piani esser fusi più dolcemente, le linee secondarie esser dissimulate a vantaggio delle essenziali, lo stile acquistare più
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acquista più garbo e vaghezza, non palesa alcuna parentela immediata coll’arte di Marco Zoppo. E pare anche ragionevole supporre che, datosi a dipingere
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tutti avea fatto questa supposizione. Ma, senza negar la parte che il Costa deve aver avuto nell’insegnamento, la verità più compiuta forse è chiusa in
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modestia propria diveniva più facile quand’ei sapea che il pittore era stato formato da azione concorde di parecchi, compresa l’azione sua. L’umiltà, del
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, colle mani giunte, in atto di protendere il collo gentile e di guardar lo spettatore con tal fissità pensierosa, che quello sguardo non si dimentica più
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Procedendo innanzi nell’esercizio, il Francia acquistò più scioltezza e disinvoltura di mano, non mai vera larghezza di stile. Egli è di quelli che
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nel modo il più appassionato la bellezza femminile in quel ch’essa ha di più sano, rispetto alla materia, in quel che ha di più squisitamente connesso
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infatti gli scudetti delle due famiglie), e fu data alla chiesa della Misericordia; r altra, forse posteriore e certo più perfetta fu ordinata da Giovanni
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oreficeria, su ne lo salone, com’egli scrisse nei suoi Registri, scuola di pittura. Più di dugento giovani s’onorarono di tal maestro. Pochi artisti
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l’altra composta di quelli che, dopo la breve ora della maturità, idoleggiarono un’arte tutta a ricetta, vizza e floscia quanto più volte sembrar
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; studiava il disegno e apprendeva l'oreficeria; e certo negli slanci più audaci della speranza pensava che un dì potesse prender posto nel superbo palazzo
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’Italia, poi irradiato direttamente dalla gloria di Raffaello, che giudicò aver trovato nel bulino del bolognese l’interpretazione più perfetta delle
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Nel periodo dunque che segue al Francia il carattere della pittura bolognese, più o meno, è l’imitazione di Raffaello. E può dirsi che in nessuna
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tempo erano più lente che adesso, più tenaci le abitudini date dalle scuole, le quali erano un complesso armonioso di tradizioni, di precetti e di
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’Italia, salvo la veneta e la ferrarese, avrebbe, come Vestale prediletta dal Nume, mantenuto il fuoco sacro dell’arte, e i Caracci più tardi non avrebbero
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purtroppo anche in essi, ma più flessibile, più suscettiva di modificazioni, capace ancora di associarsi alla varietà dei tipi umani quali della
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Gli eredi del Francia furono raffaellisti tutti? No; ma quelli che si serbarono più fedeli al maestro contribuiscono poco alla fisonomia di quel
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logicamente approdano ad una convenzione delle più scarne e impersonali e miserabili che mai si possano vedere. Ma la stima di questo artista si rialza molto
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Ad ogni modo, il primo periodo di Giacomo Francia è il più corretto. Protraendo la vita fino al 1557, egli passò noncurante, pigro, in mezzo ai
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commetta una profanazione. Ma la bellezza (intendo dire con questa parola quel che di più squisitamente estetico può avere l’aspetto umano, e che s
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mente si è depositato della perfezione altrui. Senza dire che questo concetto è più o meno buono, più o meno compiuto, secondo la naturale capacità
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, tutt’al più, alcuni brandelli superficiali, sostituire l'erudizione, il calcolo, la pratica al genio, è qualche cosa, ma non è il processo psicologico
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Ho detto che è facile distinguere l’un dall’altro questi due artisti. Il Bagnacavallo è coloritore più succoso, più armonioso. C’è un suo quadro d
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Avea ventitrè anni. Era stato, nove anni prima, ad instantia del Felesini e del Gombruti, accolto nella scuola del Francia; può anche darsi che più
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nessuna gloria è mai assodata sì saldamente, che il flutto di nuove idee non la urti brusco e minacci di sommergerla. E questa rivelazione è più
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, fu persona assai modesta e buona. Affaticandosi più di quello che potevano le forze site, ammalandosi d'anni cinquantasei (ossia nel 1550) di febbre
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Innocenzo e con Amico Aspertini; ma, dice il Vasari, la maniera del Bagnacavallo fu giudicata la più dolce e sicura. Sfigurati dal restauro (meglio sarebbe
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Francia. Artista frettoloso, avido di guadagni, rifuggente dal riflettere, amante della musica e della vita lieta, destro nell’allearsi ad operare coi più
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nostra immaginazione si perde solo coll’arretrare nella storia di poco più che un decennio tutto quel complesso di uomini e di fatti. Solo essa vede in
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compressa; ed ha tanto più potere quanto più si connette con quei sentimenti sì delicati e verecondi che al pubblico non vogliono essere manifestati
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