una specie di nicchia nella parete di fondo. Forse era quello l'ingresso del condotto. - Palpitante! - disse Ippolita: era una parola delle sue. (Di
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lampadina anche a me. - I franc...! - Mi fermai a metà parola, presa da un dubbio: - Ma sono usati, varranno lo stesso? - Sí, se sono vecchi e rari. Lo
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cognata insomma, e quel fatto della cognata, della zia cioè, che non ne diceva una parola alla figlia, voglio dire alla nipote, uffa queste parentele
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? Non mi venne da ridere. Era la nostra parola avventurosa, ma detta sul serio, stavolta, nel momento di imbarcarsi in un'avventura seria e vera. Cosí
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benissimo anche questo. Lanciai un urlo: - La botola dello schel...! Non finii la parola, per non fare una figura da cretina. Loro mica lo sapevano che la
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anch'io, un po' piú al ral - lentatore perché non ero tanto convinta. Leggevo qualche parola, dove mi cadeva l'occhio e dove la calligrafia si capiva
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che aveva molti ammiratori? Ma Ippolita a quella mia domanda era diventata un galletto. - Macché male! Non dire stupidaggini! Se dici una parola contro
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una nostra parola segreta per dire quel misto di formicolio nella pancia e di brividino lungo la schiena che si prova nei momenti avventurosi. - Guic
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dato per fare questa schifezza, perché lo era proprio, una schifezza, nessun'altra parola si adattava al caso. Finii col dire solo: - Dài, non ti
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