della sua non breve carriera: una villa piena di luce a pochi chilometri da Parigi, un pian terreno tutto per l’artista, una giornata ordinatissima
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picchiare. Con lui andò per bettole, fece il giro di tutti i bistrots della periferia. La moglie mobilitò la polizia, chiamò i pompieri. Tutta Parigi si
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vissuto oltre il tempo giusto per morire) appartiene ormai ai pochissimi parenti che lo amano così com’è? Le calunnie che circolavano a Parigi qualche
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Parigi più civile e viva del secolo XIX, dalla tuba di Toulouse Lautrec alla più fluente barba del vecchissimo Monet, da Ambroise Vollard, mecenate
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stabili a Parigi, aveva appena vent’anni: i maestri impressionisti avevano già persuaso i primi mercanti e non era lontano il momento in cui un
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quale nasce impressionista e fa nel primo decennio della sua attività artistica scene di vita cittadina, disegna febbrilmente figure e strade della Parigi
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costume, una civiltà, anche nei suoi aspetti di cronaca. Certo nelle litografie sugli «aspetti di Parigi», pubblicate da Vollard nel 1899 il mondo di
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, quindi direttore di orchestra all’Opera di Parigi, poi a Londra, dove sposò una inglese. Il Maestro Cesare Pugni peregrinò poi verso Pietroburgo. Suo
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Verso quell’epoca, infatti, egli compì il suo primo viaggio a Parigi, dove ebbe modo di approfondire questa lezione all’Académie Jiulian e
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galleria «Der Sturm», e conobbe in quel tempo lo stato maggiore dada tra cui Schwitters. Verso il 1923 si stabili a Parigi (ricevette la cittadinanza
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pittore norvegese, per la prima volta intorno al 1885, e la seconda volta dal 1889 al 1892, con gli Impressionisti nei suoi viaggi a Parigi; non v’è
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’artista l’autonomia che gli spetta. E così, punti di contatto con Scanavino ritroviamo nel cinese della «scuola di Parigi» Zao Wou Ki, i cui quadri
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quelli di Prampolini, Carrà, Soffici, Severini, che lo conobbero a Parigi o in Italia nei primi decenni del secolo — merita attenzione particolare
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parte, l’artista appartenga con tutte le sue eccezionali qualità, al gruppo dei manieristi della scuola di Parigi in chiave astratta, un manierista
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Sembra davvero impossibile che il mago raffinatissimo della pittura contemporanea, per conoscere il quale a Parigi è necessario prendere accordi
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Nel 1900 circa Braque fece il gran viaggio a Parigi: il viaggio di tanti altri giovani intraprendenti, chi prima, chi dopo: Chagall, Modigliani
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dei coniugi Stein, dettero insieme con Braque una nuova dimensione alla «scuola di Parigi», crearono il movimento di avanguardia più ricco di
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fraternità, con Leger, nel quadro «Angoli accentuati» (1923) dove gli schemi cubisti, immobili e preordinati, della scuola di Parigi assumono una
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incontro coi modi della scuola di Parigi e particolarmente con Brancusi, fino alla sua avventura surrealista, mai del tutto accettata, fino alla fase
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dopo. Benché a Parigi continuassero a crescere maestri isolati della grandezza di Matisse, Braque, Picasso, il movimento estetico più seguito era
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Dicevamo «per via umanistica erudita»: in effetti la grande lezione della «scuola di Parigi», prima dei fauves e poi dei cubisti analitici e
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una grandiosa mostra retrospettiva di Nicolas de Staël, il pittore astrattista di origine russa formatosi alla scuola di Parigi, passato negli ultimi
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«scuola di Parigi» e i primi forsennati dell’ottimismo grafico architettonico della Bauhaus si dettero la mano dentro la coscienza dell’artista, per nulla
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È vero, si, che l’arte di Giacometti non si motiverebbe senza il nutrimento della «scuola di Parigi» negli anni Venti, e che la grande lezione di
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Pittore colto, indubbiamente, e scaltrito, per la lezione imparata a Parigi dagli Impressionisti di tre generazioni, non patì mai il complesso di
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quasi visivo della immagine che lo commosse; eppure la Venezia di De Pisis pare Parigi, e Parigi Roma, tanto poco il pittore si preoccupa di documentarsi
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Parigi e di Venezia, capace — diceva De Pisis — perfino di mentire. E quando Cocò fu ucciso, sembra, da uno dei giovinastri dei quali il pittore era amico
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Poi, come succedeva a tutti gli inquieti e i curiosi del tempo che per i concittadini «imbrattavano le tele», andò a Parigi. In una zona dove era
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», «Il filosofo», «Impressioni di Parigi», poco ci manca perché diventino vignette; ma è proprio quel poco che ci manca, che è di Viani: la sobrietà delle
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pietra, i bovi di Fattori sulla riva, a respirare quello strano salmastro che odora di Parigi e di Monaco; eppure è li, tra Viareggio e Pietrasanta.
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Parigi intorno agli anni Venti.
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a Monaco cogli espressionisti e la scuola di Kandinskij, più tardi a Parigi aveva compreso in radice la lezione del cubismo analitico, inserendosi
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, aveva conosciuto tutti i più grandi nomi della «scuola di Parigi», non come figure di leggenda dieci o quindici anni dopo, ma ad uno ad uno attraverso la
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l’ambiente della Bauhaus e diventò amico di Gropius, Klee, Schlemmer. Dal 1925 si stabili a Parigi e due anni dopo conobbe Mondrian, Vontongerloo.
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Michelangelo e dei Greci. A ritorno, non potendo più resistere alla necessità di dipingere e dì scolpire, partii per Parigi, con l’intenzione di rimanervi a
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coi modi del Novecento; ma perché, piuttosto, Carlo Levi si rifaceva ad una recente tradizione europea, alla «scuola di Parigi» soprattutto, ignorando
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fuoco di Scipione; e pure in quel fluire di oggetti de «Il pane di Parigi» (1931), in quel chiaroscurare in una morbosità tenera, responsabile, del «Nudo
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di questi contrasti, una vera carica di drammaticità: dal Pirandello del 1935-43, tra pittura napoletana e scuola di Parigi, al Guttuso del 1937-44
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pittore romano (che intorno al 1930 aveva visto a Parigi le opere della famosa «scuola» senza poterne connettere un discorso, ma aveva invece — al pari
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, perché sembra davvero nato a Parigi; tanto che anche in questa partenza divisionista (Severini andò in Francia nel 1906) egli appare piuttosto come un
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astrazione, tra Ottocento e «scuola di Parigi», ha oggi un equivalente? Oppure il «Pirandello conciliante» d’oggi, in queste sue crisalidi di immagini vere
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francese, il giro allarmante e matematico della scuola di Parigi dagli Impressionisti in poi: rivalse simbolistiche della Se cessione, naturalismo e
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queste preoccupazioni (ripetute in altro tono anche al pittore italo-rumeno Eugenio Dragutescu, capitato a Parigi per lo stesso motivo) non furono
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quella del Museo d’arte moderna di Parigi, di opere quasi tutte appartenenti all’artista. Per di più nel 1939 Brancusi aveva compiuto un viaggio negli
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formò la «scuola di Parigi»: giovani artisti stranieri dalla espressione affamata e stupefatta, capitarono a Parigi dalle più lontane parti del mondo
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amministrata con serenità, non per mania, ma per una ideale scelta; chi poteva dunque rappresentare nella Parigi del mercato artistico, diventato una
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Giunto a Parigi in un clima post-impressionista dove imperavano Rodin e Maillol, l’artista intuì per primo la forma pura, avvalendosi solo
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rinunciato a nessuna delle sollecitazioni della realtà e delle fonti culturali: il contadino rumeno è tutt’uno col raffinatissimo anarchico di Parigi
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condizione, appartiene a un numero ristretto di persone, che da Zurigo a New York, da Colonia a Parigi ad Hannover si riconobbero come appartenenti alla
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