le piume per difendersi dalle punte di spillo del freddo: — Quest'anno Palla di fuoco si è ammalato presto. — Il cielo è pieno ormai, l'ora è vicina
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! — Che c'è ancora? — Chi è che fa tum tum, tum tum? La mamma sorrise: — E il mio cuore. Ma ora dormi e tutto passerà. Me lo prometti? — Cipí! — rispose
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vita. Quell'inverno fu terribile; il freddo, la fame e il mistero del signore della notte, che ora vi racconterò, uccisero quasi la metà dei passeri
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lui. — Stai qui, ora ti copro con le mie piume calde, — gli sussurrava la mamma mentre lo scaldava con l'ala. Gli altri due si addormentavano subito
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passeretta. — Ora non posso perché ho molto da fare ma appena finito il mio lavoro vi prometto che vi aiuterò —. Poi si buttò nel cortile per vedere se era
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cosí disse: — Amici, le parole di offesa non servono a nulla. Ora che abbiamo la prova e che abbiamo individuato il nostro nemico, dobbiamo trovare il
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! — disse Cipí raggiante di felicità, — sei contenta ora? — Si... sí... tanto... — ripeté Mamí singhiozzando di piacere, — tu sei davvero il piú caro... il
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esplorare il mondo. — Mamí, vieni a vedere: che cosa c'è qui? che c'è là? — Ora andremo a vedere tutto, — rispose la mamma. E il volo proseguì. Appena
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aprendo arditamente i petali. — Verrò, — promise Cipí, — ma ora devo andare: la mia mamma e i fratelli hanno finito il bagno. — Ciao Cipí, — sussurrò il
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andarono in fondo al campo. — Dove andate? — disse Cipí, guardandosi attorno incuriosito. I passeri non si vedevano piú, ora: ma si vedeva avanzare in mezzo
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aprendo il becco arso dalla febbre. — Ora ti porto l'acqua, — rispose Cipí, — hai paura a star sola? Essa disse di no col capo. Allora Cipí usci dal
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dentro! — gli raccomandò Passerí, — e stiamo quieti. Ma cosa fanno? — Litigano, non senti? — Ma perché? — Non lo so. Ora si udiva, confuso ai sibili
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per dimostrare che era ancora in vita; ma ben presto le forze gli mancarono e spari in mezzo alle nebbie. Ora lavorava forte il vento che, tornato dal
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entrare. — Dio mio, — gemeva Passeri, — ora si fanno prendere. E Cipí gridava: — Entrate uno alla volta, non tutti assieme! Attenti! Ma i passeri
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farfalletta vagava nel cielo, ormai moribonda, sospirando: — Come sono sfortunata! Ho voluto aspettare a scendere ed ora nessuno gioca con me! Cipí e
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regno della felicità senza fine... — Li conosci? — chiese Cipí alla compagna. Le due luci mandavano ora bagliori vivissimi ed era facile riconoscere
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triste. Disse: — Poveretto... ora odierà me e non capirà piú chi è il suo nemico... Una passera chiacchierona che aveva visto la lotta da lontano, andò da
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ponte, comportandosi, nella quieta allegria del pasto, da buon compagno di viaggio. Ora Gentile non guardava piú il sole: ancora basso sull'orizzonte
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. Dopo quasi un'ora di fresca silenziosa solitudine siderale, la mente di Gentile si sgombrò: vi rimase soltanto, come una limpida voce presente, la
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aveva lavorato poco piú di un'ora davanti ad un Imperatore silenzioso ed immobile, che solo attraverso Kama Katuray riceveva le comunicazioni del pittore
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: anche se ora, meno oppresso dall'urgenza del riposo, di piú ne approfitterò. Il Sultano si allontanò. Gentile rientrò nel suo alloggio turbato e contento
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: accostati senza timore. Sarà l'ora in cui le donne dell'harem escono a giocare fra i fiori. Sono giovani, le incuriosirai: sapranno che, se sei lí, non
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come se la gioia mi entrasse nel pensiero, e lo riempisse interamente. Sakumat ascoltava, faceva domande, chiedeva particolari. — Ora so abbastanza
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importa del nome? Essa ha gli occhi piú belli», diceva il Sultano. «E che devo fare, luminoso signore?» Ora Gentile non aveva piú liuto, ma le mani
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calci e pugni, perché aveva scacciato la bella danza e la bella canzone. Ora a Gentile picchiava il cuore come allora. Vide volteggiare stoffe chiare
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prima volta che entri qui. Ora capisco l'origine di certi odori che, nonostante il profumo dei fiori e delle essenze, io avvertivo al mattino: erano le
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conservano al tuo servizio e alla tua dolcezza, abbiamo visto l'uomo che ora qui vedi, e che dice di essere il pittore veneziano che hai chiamato per
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poco fa pure ho desiderato guardare, contiene l'anima eterna della mia bellezza. Io invecchierò, luminoso signore: anzi sono già ora, e non di poco
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finì poi per concedergli tempo e comodità, che imparasse a dipingere, dicendogli da buon padre davvero: — Filippo, Dio t'ha fatto un bel dono: ora
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dicevo, — spiegava Filippo, con movimenti di mani a rinforzare. — Anche ora, che non sono piú pittore di scarabocchi, davanti all'una o all'altra
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migliore da guardare che un volto di donna. Ora v'è chi crede che un uomo da donne, nel senso in cui Filippo era, di quelle senta e prenda comunque e
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venirne sconfitto. — Dunque ora sei deciso, frate Filippo? — disse la monaca. — Buona madre, sì: troppo rimandare è peggio che non fare. Se, come il sogno
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, non prevenuto dal suggerimento, ha potuto stendersi liberamente sul volto di tutte: e la mia scelta, insieme alla tua segreta, ci appare ora dunque
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cagnetto del borgo che, un'ora prima, si era allegramente associato alla passeggiata, e li aveva osservati da lontano mentre conversavano, sdraiato al
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silenzio tumultuoso: poi si fissarono all'angolo della tela. — Ora, suor Caterina, — continuò pacato il pittore cominciando a toccare col pennello, — ora
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provvedevano a quel lavoro, il burban fece chiamare il pittore, e cosí parlò: — Ti ho chiamato nella mia casa per fare a mio figlio un dono insolito... Ora
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la vedeva: confidava che lo sguardo avrebbe completato le parole, e valso molto di piú. Ma ora non si accontentava di quella speranza: non perché al
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, e colore copre colore. Però ora bisogna cominciare. Se non cominciamo non possiamo fare le cose giuste, e nemmeno quelle sbagliate. — Sí, — disse il
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vederne sgorgare sangue come da una brocca rotta... Tuttavia, per ora, il piccione era là, puro e chiaro nei primi metri del volo: e da lassú, sporta
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: e avremo dunque guadagnato tempo. Ora fai la tua richiesta, signore, perché dal modo in cui si annuncia mi sembra diversa da quelle che di solito
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sonni quieti, in cui passava quasi metà del giorno, riprese i suoi colloqui con il pittore. — Ora c'è da dipingere la terza stanza, Sakumat... — Sí
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mezzo. Di essere dentro. — Cosí dipingeremo un prato, Madurer. — Ma c'è una cosa. C'è una cosa che ti devo dire... Però ora ho molto sonno. Te la dico
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che non mi ha permesso di diventare sordo mentre pronunciavano le parole, che ora non mi lascia impazzire per il tormento, sta abbandonando la sua
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altri cani non si fida. — Ed è molto vecchio, ora, Mutkul? — Non vecchissimo, padre. Però è piuttosto vecchio. — Come me? — No. È piú vecchio di te. Ed
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15. — Padre, vedi? Il prato si addormenta, — disse Madurer. Erano trascorsi nove mesi dalla crisi decisiva. Ora il bambino giaceva nella terza stanza
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16. Quando Madurer fu morto, e la casa e il villaggio ebbero pianto per molti giorni, il burban chiamò Sakumat. — Ora sei mio fratello, — disse, — la
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moltiplicasse il piacere. Ora la tua festa è prossima. L'uomo che mi accompagna è Sakumat, un pittore molto capace che vive a Malatya, verso il sud. Io
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Doge, muovendo il capo avanti e indietro in un assenso solenne. — Ma è il momento ora di parlarvi della ragione per cui io e gli Anziani della
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decisione la carne della coscia, sotto la veste, per lottare contro l'abbandono. Dopo un'ora il vecchio dignitario cessò di parlare: e benché il pittore
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città sotto di lui e nei piccoli villaggi lontani al di là dello stretto, luci di fiamma si accendevano, come frammenti di sole che solo ora, nell'ombra
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