all'allòr delle tue bianche chiome, del nostro pianto asperso, e profumato sul nostro cuore! Inno, inno mio, vola per l'ampio oceano! L'amor che ti conduce
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di fior. Un serto facciamogli del nostro pensiero, ma casto, ma placido, ma bello e leggero; ci basti il suo bacio per leggere i fati, per viver beati
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spettacoli del nostro cimitero! Un muricciuolo squallido, un campo grasso e nero, ed una danza assidua di tibie innominate, e smorfie, e ghigni, e occhiate
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lieto grillo era il nostro compare: o pace, o solitudine, o dolcezze! Chi, chi di noi più puri e più beati in quei giorni d'affetto e di mistero? Ti
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fatal che la rinserra non sorgerà mai più: prole di ignoti profanò la casa che fu sua casa, e nostro tempio fu. Ma non tutto esulò nel cataletto l'idolo
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nostra gioia, il nostro salmo il secolo delle macchine annoia; cantiamo in ritmo algebrico del Cenisio le porte, cantiamo: o Roma o morte Tribuni o
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diluvia, che immensa è la natura; che è scintille la polvere scossa dal nostro piede, e che talor si vede qualche fiammella errar; ei ti dirà che
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