immaginare; e, nelle figure, l’ardore correggesco è contenuto, quasi castigato nella sobrietà delle pose, dei gesti, dei colori, delle luci. Ludovico
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l’architettura (seguitando le strutture reali nelle immaginarie, o finte), imita la scultura (nelle cariatidi, nelle erme, nei medaglioni), imita
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chiusa nelle sue mura e vi sono le greggi al pascolo, la vita urbana e la vita agreste; v’è il fatto storico religioso, ma ambientato nella natura, legato
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rivelarsi del divino nelle persone, nelle cose più umili: è chiaro che il Caravaggio, in polemica contro il manierismo e l’ufficialità religiosa romana
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della povera gente. Già nelle due versioni della Cena in Emmaus il Caravaggio aveva fatto sedere Cristo alla tavola di una taverna; e l’oste era il
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contenuto fervore, dal ritmo serrato di quel darsi da fare, dall’interna allegrezza che accompagna l’opera caritativa. Più che mai, in quest’opera e nelle
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, e non solo quella visiva, è strepitosa, senza pari; ha l’opportunità di conoscere e studiare le opere conservate nelle collezioni gonzaghesche
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tendenza naturalistica si manifesta anche nell’intimo legame tra figure e paesaggio nelle composizioni sacre, e nel marcato interesse alla visione
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struttura formale, attendono, sulle nuvole, le palme del martirio ben evidenti nelle mani. Il fondo non è di paesaggio, ma di architettura: il
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’ideale è dovere: la questione si traspone così sul piano morale. E il conflitto che ritroveremo nelle tragedie di Corneille.
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nelle armoniche cadenze compositive e negli atteggiamenti patetici dei personaggi, ma nella scelta squisita, nelle infinite trasparenze e sfumature dei
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provinciale, con BARTOLOMEO SCHEDONI (1578-1615), che aveva rinsaldato, nelle ultime opere, con un forte luminismo plastico il colorismo sfumato e il
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plastica che l’illuminazione caravaggesca consente: il colore si addensa nelle ombre, e dà un risalto inedito alle forme, la composizione si
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Tornato a Roma, cercherà invano di emulare il Bernini nella Veronica di San Pietro; gli sarà più facile contraddirlo nelle lunghe, patite, spirituali
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Alessandro, suggerisce un movimento in avanti col contrapposto quasi geometrico di una curva e un’obliqua nelle zampe anteriori del cavallo; e lo, bilancia
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naturalismo ellenistico. Si rifà «alle forme estrose e corpose dell’ellenismo, nelle sue specie rodia, pergamena e alessandrina» (Faldi): una delle sue
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sprofonda nelle cappelle radiali o si espande in chiaroscuri sfumati nella cavità della cupola: indefinito come uno sfondo di cielo dietro il solido primo
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si dissolve la figura nelle più alte sculture del Bernini: come l’Estasi di Santa Teresa, la Beata Ludovica Albertoni, gli Angeli ora in Sant’Andrea
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scanalate per scandire la luce fin nelle minime gradazioni. Ormai la definizione dello spazio è tutta affidata alla modellazione della parete e alla
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ha dimostrato Lorrain; conserva nelle sue forme il mito o il «genio» del passato: è quasi un’Arcadia. Il sogno del Fontana è di fondere i due elementi
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Anche la religione non è sentimentalismo, languide estasi di sante o truculenti supplizi di martiri da esibire ai fedeli nelle pale d'altare: è
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(pur tanto mondana) per costruire nelle volte delle chiese macchine pittoriche gigantesche, in cui la prospettiva dalle regole sempre più complicate
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’angelo, fa brillare l’elmo del soldato, suscita un'ombra che serve a tornire i volumi, a renderli turgidi, quasi scultorei, come nelle contemporanee
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valutare, più che nelle singole opere, nella continuità e nella massa della sua produzione d’immagini.
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» (un termine che avrà una grande importanza nelle poetiche figurative europee del Settecento) e che discende dagli olandesi con gusto degli aspetti
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luministici una struttura d’immagine tardo-manierisìa; GIOVANNI DA SAN GIOVANNI (1592- 1636) è un piacevole decoratore, che nelle scene allegoriche della
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ritrattista ufficiale dell’aristocrazia genovese. A Genova, del resto, la pittura dei Paesi Bassi era già nota ed apprezzata; nelle raccolte patrizie
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Il Liss fa una pittura più concitata e teatrale, più contrastata nelle luci e nelle ombre, nei riscontri coloristici.
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certe architetture di giardino. E fatta perché dalla piazza, nelle serate di gala, si vedano almeno le luci e lo sfavillare dei costumi. Dietro la
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costrutture, pieno di spirito pratico: si propone di ridurre la tecnica estrosa del Juvarra ad una solida prassi costruttiva e finisce per fissare, nelle
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statuario ufficiale. Nelle sue opere napoleoniche non v’è ombra di oratoria; Napoleone sarà magari l’Alessandro Magno moderno, ma il Canova non serve
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