giardino in cui cupo passeggiava, o nel chiuso delle sue stanze, metteva di frequente le mani a conca davanti al volto e lamentosamente vi alitava
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bestie, si rimettessero in piedi. Quanto a Blabante, dopo la fuga era rimasto nel bosco, indeciso su cosa fare e temere. Poi, per essere di soccorso
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passo, e un terzo: e non scomparve. E si guardava, e si toccava, come chi si pensava morto e si ritrova vivo. Narco le aprì le braccia, e nel salato dei
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, come qualcuno crede, ma di tremendo fetore. Perché non Blabante era venuto nel buio serale, avvolto nella sciarpa, ma come qualcuno ha immaginato lo
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riconoscenza verso il suo signore. Alla fine, finito di grufolare, uno dei comparacci tirò un calcio al cavallo di Blabante, che sparì nitrendo nel
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lo dicono che quei bufali d'Africa, dove sono i leoni, quando gli va la mosca nel cervello girano in tondo finché cadono, scemi e morti per il girare
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arrivava fino ai piedi. Era di una bellezza pallida e forse triste, e con lo sguardo vagava oltre le cime dei pioppi, nel cielo volato di nuvole
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domandò: «Come va?» «Dio ci aiuti, mio signore» rispose Blabante, e si avvolse più stretta la sciarpa al volto. Così preparati entrarono nel castello della
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spostò di un capello. Narco spingeva, spingeva. Sudore e tremore aveva nel corpo: ma il braccio dell'albero sembrava dipinto nel
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contemplare nel gran sole le montagne imperlate di neve. Ed ecco dall'altra parte, come due volte era accaduto, si vede quella donna stupenda dai lunghi capelli
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, fuori di vista, ciuffi di canapa fina imbevuti d'anice. Però, quando il conte gli alitò nel naso a occhi spalancati, il medico cominciò a piangere
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