stenterai a pigliar sonno la notte, ti darò a leggere le bozze di stampa d'un certo mio "Saggio sull'Idealismo dell'avvenire", che ebbe, se non lo sai
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partire dal nostro Ronchetto senza prima salutarvi, com'era desiderio mio vivissimo: ma il rigor del verno e questo cuore, che da qualche tempo mi
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superiorità, il mio cane abbaia. Ma abbi pazienza, Blitz: ancora una cartella e poi ho finito. Mentre Giacomo leggeva, e mentre l'acqua del caffè
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è impresa da pigliarsi a gabbo, e io ho questo mio cuore benedetto che mi travaglia e non mi lascia sempre lavorare quando voglio. Ecco perché vi ho
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digestioni pesanti . - Questo è del materialismo, caro mio. - Come ci sono i malati di denutrizione, cosí ci sono gli esuberanti e i pletorici. Il conte
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sprofondato in inchini e in giustificazioni, sforzandosi di dimostrarmi che non aveva nessuna colpa nel disastro, che a mio padre voleva un gran bene, che di
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?" domandò mentalmente, senza alzare la testa. - Oh il mio Giacomo, sono io . - Sei tu? Dio, Dio, è lei - disse a voce alta mettendosi a sedere sul
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mio Federico Borromeo, - fu pronto a ribattere il conte, che in queste battagliuccie diplomatiche era un piccolo Machiavelli in guanti inglesi. E non
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io non ho mancato al mio dovere. Ah che castigo, che castigo tremendo! - Raccontami - sussurrò la di Breno, facendosi più vicina e girando un braccio
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? come ho potuto perdere il mio tempo a occuparmi dei fatti suoi, mentre l'oste della Fraschetta divorava il mio pane e l'usuraio della Rivalta
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che all'umano consorzio le virtú del passato non giovin meno di quel che giovin le forze del presente, non essendo, a parer mio, null'altro il
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posso fare per te; abbi confidenza in lei e lasciati guidare, mio caro Orlando paladino. Siamo tutti interessati a proteggerti, ma bisogna che tu faccia
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deve sapere come si soffre e perché si soffre a questo modo. Se potessi dare tutto il mio sangue, perché non fosse avvenuto quel che è avvenuto, fino
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giovinotto grasso, per non saper lí per lí che cosa rispondere. - A me tu non mi hai fatto proprio niente, mio caro punto e virgola! Era questo un
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mamma. Al veder la coltre in disordine e il malato cogli occhi aperti, la buona donna si accostò frettolosamente al letto. - O Giacomo, o mio povero
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ho quasi da comperarle un paio di scarpe - O caro il mio pà, se lo dite un po' piú forte, vengono a cercarmi i tre re magi - protestò la Lisa
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meglio cosí. Non andiamo a investigare la volontà di Dio, ma lasciamola passare. Puoi venir di sopra? - Le avete detto il mio pensiero? - chiese il
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il conte. - Saremo quasi in famiglia e potremo discorrere un poco delle nostre faccende. Di quel mio Discorso preliminare mi sono venute dieci
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questo dottore non è senza qualche apprensione. Nel mio egoismo non so piú che cosa augurare a me stessa e agli altri. Mi pare che, prima d'ora, non
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nell'animo un acerbo risentimento. - Fu appunto per educare mio figlio a sentimenti elevati di virtú e di dignità che ho combattuto tutta la vita. La
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piú prete per me tu saresti sempre stato il mio padrone e io la tua serva. Essa aveva allora poco piú di quattordici anni; ma quando, qualche anno dopo
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vostro inferno, dopo essere stata la vostra tentazione. Lasciatemi andare per il mio destino e voi andate per il vostro. Troverete cento buone ragazze
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altro sorriso, le aveva chiesto già più volte: - Ma che cosa hai, amor mio? Ti senti male? Ti senti stanca? Vuoi forse riposarti per qualche giorno
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suo Paolo: - Paolo mio, se muoio prima di te, io desidero che tu non mi faccia nè disciogliere nell'acido nitrico, nè cremare, nè molto meno
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singhiozzare, chiedendo ai medici: - Non potrebbe una cura opportuna dare al mio bambino una buona salute? - No, - risposero tre voci ad un tempo. E
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consenso di tutti, Roma fu scelta a capitale. - Paolo mio, tu mi fai troppo superba di essere romana! E di nuovo i due fidanzati tacquero, mentre il
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: - Paolo mio, mi pare di sentire in questo tempio un gran freddo. - Lo sento anch'io, Maria. Io intendo benissimo gli adoratori della Speranza
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, Paolo mio, noi siamo venuti in una gabbia di matti! Andiamo via e presto. - Ma no, Mariuccia mia! Questo regno dell'Eguaglianza mi par curioso assai e
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neolitica, che saziava la sua fame omerica con un pasto selvaggio, ma saporito. - Vedi, Maria, - disse Paolo, - io mi servo subito del mio estesiometro
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macchia nera, che sta disegnata sull'ultimo periodo del secolo XIX. - E che cos'è, Paolo mio, quella macchia? - È una vergogna dell'antica arte italiana, ma
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questi membri dell'Accademia di belle arti, insieme al mio consiglio avrei mandato ben volentieri e telegraficamente uno schiaffo. Dovete sapere, che
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somigliare un poco a un ritratto di Goldoni; ma un Goldoni burbero. - Dice davvero, signor Caccia? Come lo sa? - Ho avuto notizie da mio cognato che
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la si fa venire. Passa sempre la sera con mio marito, al caffè, ed è stato parecchie volte anche in casa nostra ... è facile mettersi d'accordo
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sotto una cuffia di tullo nero a nastri arancione, la consolava alla meglio, girando per la camera, facendo dei preparativi. - E mio marito che ha
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riprese, affievolita, tenendosi una mano sul cuore: - Ho raccomandato all'Orlandi di dargli dei buoni consigli … che posso fare, mio Dio, che
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. Mio Dio, lui! No, non era lui. Le gemelle si stavano svestendo, la signora Soave aspettava il ritorno del marito. Teresina, come un'anima in pena
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verbo amare in tutti i tempi. La sua maggiore gioia consisteva nello scrivere: "Mio dilettissimo Egidio" in alto - e sotto: "fedele Teresina". La
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anzitutto i saluti di suo figlio. - Mio figlio! ... Avrebbe ben meglio a fare che mandarmi dei saluti. Tuttavia s'accomodi. Spero non avrà altri incarichi
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promesse. Al mio ritorno saprò dirti qualche cosa di positivo. Starò assente otto, dieci giorni, secondo le circostanze. Scrivimi fermo in posta. Ti amo e
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vendetta contro Orlandi che egli detestava sempre piú. Ripeté con grande convinzione: - Giammai! - Il mio diritto si arresta a togliere lo scandalo; non
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giornali; ma questo discorso noioso le avrebbe portato via tanti baci; e poi voleva ascoltare da lui altre parole: mio tesoro, mia vita, cara la mia
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allora tutto mio". Tentava qualche volta di prendere una rivincita su quelle arie di protezione sprezzante; e rispondeva con alterigia, o non rispondeva
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occorre, è nell'ultimo tiretto del mio cassettone. - Sì, sì. - Ti scriverò, mamma. La signora Soave non poté piú rispondere; appoggiata allo stipite della
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d'Ida da rotolare per benino, non la voce burbera del padre: "Che nessuno tocchi le carte del mio studio!" Tutta la camera per lei, vuota; una ampiezza
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gonne, accarezzandola, frugandola, a tal punto che scoprirono nella tasca, il grosso confetto. Allora non si fermarono piú. - Rendetemi il mio confetto
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Accademia della crusca
