Quando mi sei lontano il cuor mio non sa più perché sia vivo, fanciullo mio giulivo, e mi sento infelice in modo strano, quando mi sei lontano
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- Giovinettina pallida, deh mostrami, se il sai, mostrami il mio sentier! - Come potrei mostrartelo, se ignoro ove te 'n vai, leggiadro cavalier
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Nella mia stanza squallida, nell'asil mio negletto, oh! quante volte ho detto : sono tranquilli i dì! Son solitario e povero, non ho sorrisi intorno
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. Raccogliti, cor mio, l'ora è solenne! Le rondini più e più stringon le spire dei vispi voli in cui beâr le penne, e le assal delle gronde il sovvenire. Così
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mio, molte sciagure di cui farai tesoro: esse valgono - sai? - nell'ore oscure oh! molto più dell'oro! Ti lascio i sogni e le illusïoni, mille imagini
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suicidio mi ha dannato Iddio, errarmi intorno mi parea sentire l'alito della morte. O mia ricchezza unica, o bimbo mio, lo sai tu chi son io? Sono il
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castello, o mole strana! * * * Ti contemplo quaggiù dalla vallata dell'erbe in sullo smalto, o mio bel campanile, o chiesa, o spalto, che il sole
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affanni. Oh! quei dì!... quand 'era un subito apparir di giovinetta, nel mio cor - tempesta candida- il baleno e la saetta! Quando inconscio, ardente
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di rosa come sa a me di ambrosia l'esser solo sotto un povero tetto; ma non soggetto tranne che al mio soffitto e al mio lenzuolo. Brilla limpido e
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AD ARRIGO BOITO S'anco accoglier dovesse indifferente un sorriso o una celia il verso mio, (giacché sta tra il passato ed il presente o il disdegno o
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, pensa ch'io sarei forse un fraticello di tavole e di dogmi indagatore, e che vivrei contento scordando l'ora e contemplando il poi! Però del mio convento
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chino sul mio destino! Tu ancor mi adduci, solitario e mesto, alla chiesetta, all'ermo del colle, alle fontane, ai boschi queti, sacri ai poeti. Mi
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ALLA DUCHESSA E. L. Terror et Pietas. Duchessa, l'epigrafe del vostro blasone par scritta da un angelo mutato in leone... il motto al mio genio Dio
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guardava il pendolo; e dicea le orazioni. Vuoi che sul focolare ti ravvivi i tizzoni ?... Il tuo libro ti aspetta... * * E tu, fratello mio, non hai tu
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una rugosa sua vicina dicea: " Monna Ghiandosa, rammentate il seicento? Fu in maggio, se non erro, di quell'annata, la maggior tempesta. Un mio ganzo
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... l'illusïon baciandoti per man ti prenderà. Vedrai l'Iside austera, fatta mite e ciarliera, inchinarsi al tuo piè, e dirti: " Ogni mio simbolo vo' rivelar per
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mio balcone, e mi addormenta. Sogno allor le scarpette esposte al vento, i magi in viaggio ancor sui dromedari, e il gioir delle madri, e lo sgomento
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bara scote il torpore del mio suol natìo, fra i tardi inchini della folla avara posso prostrarmi anch'io! Eravam giovinetti, eravam belli; il frutto
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almeno il Signor ce lo die' ". Razza mesta, alle celie bersaglio della plebe, cui sopra tu stai, sul mio volto quel dì non vedrai insolente il sorriso
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cantando! Andiam nei prati. E intorno a noi si susurri: "...Giuliva coppia di innamorati! ". - Deh! resta, resta, o santa Musa, il mio immacolato
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tenere... Perché affrontar lo spillo e la fiala, il droghiere e l'entomologo?- ……………………………………… Ma, sordo al mio monologo, il nomade doglioso
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