ESSERE OSPITI 111 Andare in visita 111 Visite agli ammalati 112 lnvitare 113 Accettare un invito 115 Autoinviti 116 Inviti formali 117 Come mi vesto
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/troppo poco cotto?», «Questo piatto non mi è venuto bene... »). Se costringiamo gli ospiti a declinare continuamente cortesissime offerte, ad accettare
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chiacchiere? Mi dica a che ora non disturbo». Mai telefonare dicendo: «Sono davanti al portone, aprimi»: tanto vale suonare direttamente il citofono
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, inviteremo a pranzo, a cena, a merenda, ma mai «a mangiare». Ecco un esempio di invito chiaro: «Mi piacerebbe che tu e Mariella veniste a cena a casa
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eventuale rifiuto, che sarà formulato peraltro molto semplicemente: «No, grazie, mi sono già organizzato/a». Sia un rifiuto, sia il rimandare la
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porre dei limiti («Abbi pazienza, non mi va che fumi in camera da letto»), ma si astenga dal fare prediche salutiste. Anche in caso di altri «vizi
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questa sedia mi porta male», non sia troppo concentrato, accetti con un sorriso che altri al tavolo si concedano ogni tanto due chiacchiere, o
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divertente giocare con il denaro... Tutti motivi sacrosanti, per cui mi schiero senza esitare dalla parte di chi detesta ogni consumismo svuotato di
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abbraccio ai congiunti del defunto. Chissà perché, la fatidica domanda «che cosa mi metto?» non viene mai alla mente prima di un funerale, eppure è
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anni mi dà?» nel qual caso ci meritiamo che l'interpellato, per non sbagliare, abbondi... Non usiamo I'età come alibi per distrazione, pigrizia
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esprimere il nostro gradimento («È proprio il mio colore preferito», «Sono certa che questo libro mi piacerà»); solo se il pacchetto ci viene consegnato in
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personali («Quanto hai pagato...», «Perchè hai divorziato?») e se le fanno a noi, impariamo a sottrarci con garbo: «Poco, mi pare»; «È una lunga storia». Con
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«Lei sbaglia», «Hai torto», «Non ha capito» diciamo: «Non sono d'accordo», «C'è un equivoco» e «Forse non mi sono spiegato bene». Siamo franchi nel
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imparare: «Mi scusi, ma questo è un brutto momento per parlare: sta iniziando una riunione; può richiamare domani?»; «Ora è in corso una riunione, per cui
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buon umore e non con l'aria del Guarda che cosa mi tocca fare». Accettiamo il posto a sedere che ci viene assegnato (o in cui capitiamo, nella baraonda
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sincero il piacere della nuova conoscenza («Non vedevo I'ora di conoscerla, Luigi mi ha tanto parlato di lei») rinunciando senza rimpianti agli stantii
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casi mi sembra poco spontaneo, perché rimanda a un'intimità in realtà inesistente. Come il «Ciao, cosa vuoi?» indiscriminato di certi commessi di
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: «Posso aiutarla? Mi dica che cosa posso fare». E poi lasciamoci guidare: ogni handicap ha difficoltà specifiche. Facciamolo con un sorriso, con
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- e lasciamo spazio agli altri. Il che non significa esordire con un «Cosa mi racconta di bello?», la classica domanda che mette k.o. i timidi e gli
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volgare adulazione. Chi ha garbo (e furbizia) si morde la lingua ma non sollecita complimenti: un «Ormai non c'è più nulla che mi doni davvero» oppure
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(se dite a un brasiliano «Non mi interessa» si offenderà moltissimo), dal concetto di privacy ai rapporti con gli amici e i parenti, visto che per
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«Lavoro/studio tutto il giorno, e almeno quando sono a casa voglio fare ciò che mi fa comodo!» è la tipica obiezione di chi si vede raccomandare un
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bibite analcoliche, e poi? In merito agli alcolici, ogni famiglia ha le sue regole, da far rispettare. Io mi limito a osservare che uno sparkling
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lamenta a sua volta: «Mi tratti come se fossi un bambino») la differenza tra una padella e un ferro da stiro. Non chiediamo ai membri anziani di
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recapitasse. E mi sembra sempre doveroso far notare alle persone gentili che non le consideriamo alla stregua di schiavetti, o di elettrodomestici.
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dire un breve «Scusate» -«Buon appetito» -«Prosit, cin cin» durante i brindisi -«Non ha capito» meglio «Non mi sono spiegato bene», «Non sono stato
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e le orecchie aperte mi sembra il modo perfetto per definire il commensale garbato! -non è mai elegante fare «scarpetta» col pane per raccogliere il
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di aprire bocca, per esempio: «Mi dica, che cosa avete in programma per le prossime vacanze?». Una volta i complimenti sul cibo erano vietatissimi dal
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modo corretto. - Prima di dire non mi piace, si assaggia. - Non si dice: «Che schifo!» - Non ci si alza da tavola se non si è finito di mangiare
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vi dice: «Non guido e non ho la minima idea di dove sia questo posto. Se pioviggina, poi, i capelli mi diventano crespi e mi secca prendere un taxi
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mi sono resa conto della curiosità che la cosa suscitava, così ho cominciato a prendere nota. Infine ho postato su Facebook la questione beneficiando
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. Il cibo si nutre della ritualità del gesto. E non mi riferisco alla mancanza di nozioni nutrizionali o dietetiche, ma al comportamento in sé, a
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che finiva male, in fondo lei mi ha ceduto la prima sera». Personalmente credo che il periodo del puro corteggiamento sia tanto breve, quanto
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peggiori commensali al mondo mi rispose: «Molte regole sono culturali. Basti pensare che nel mondo arabo per esprimere il proprio gradimento a fine pasto
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libri sono un ottimo strumento. Una delle prime affermazioni che mi ha stupito è che i Pease, dopo aver eseguito vari esperimenti attraverso la risonanza
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molle. Stringere la mano è un'arte, e sapete bene quanta importanza abbia ai colloqui di lavoro. Quando ho letto questo dato mi sono sorpresa: alcuni
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di fuori dell'ambito conviviale. Se i piedi di lei sono rivolti all'interno, un po' come fanno i bambini, vi sta dicendo: mi sento fragile come una
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italiani a tavola spesso sono maleducati, diamo un'occhiata al resto del mondo. Solito pericolo: generalizzare, ma io mi limiterò a darvi qualche consiglio
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, semplicemente ci permette di notare come gli esseri umani tendano nei secoli a perseverare nei difetti conviviali. E mi sembra divertente riportarne qualche
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A che cosa serve questo libro? 7 1. Mi passi lo stuzzicadenti? 9 2. Dimmi come mangi e ti dirò chi sei 13 3. Il Galateo e Monsignor Della Casa. Le
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me l'invito per eccellenza. Un'amica che si ostinava a organizzare party noiosissimi, dopo aver ricevuto decine di «Mi dispiace, ma non posso», si
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senta escluso. Basterebbe non trasgredire a questa semplice, ma spesso dimenticata norma. Mi è capitato spesso di vedere giovani e baldanzosi adolescenti
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adesso quale posata uso?» Ecco, avevo deciso di iniziare così questo capitolo. Poi, proprio mentre lo stavo scrivendo, mi sono resa conto
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altri commensali. La regola è: a tavola stai al tuo posto. Sottotesto: se con il tuo corpo infrangi la mia «bolla» spaziale io mi infastidisco perché
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panettone. A eccezione dello champagne, che è l'amico ideale a tutto pasto. Chi mi conosce sa che ho un debole per le «bollicine»: lo abbinerei anche a uno
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messo ben in mostra ai tavoli centrali. Mi ero riproposta di non fare alcun caso al comportamento dei miei commensali, ma di godermi la cena e la
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bicchiere. La sequenza perfetta è: adagio le posate alle 19.20 (perché sto interrompendo il mio pasto, ma non ho finito), prendo il tovagliolo, mi
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almeno l'80 per cento di coloro con i quali mi sono trovata a tavola ignora gran parte delle regole sotto descritte. Ma c'è di più. Capita spesso
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vinto'». A Mary; in taxi: «Sei così bella che faccio fatica a tenere gli occhi sul tassametro». Infine a Jill, l'ex moglie: «Il mio analista mi aveva
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bene, non hanno poi molto in comune. Mi capita più spesso di vedere scodinzolare sotto i tavoli, con gran pena dei camerieri, maleducati mocciosi
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