— Cipí... cipí... — piagnucolò, — ... mi fa male qua, mi fa male qui! Mamma passera lo riportò dentro. — Vedi che cosa succede ai disubbidienti? — Mi
, si liberò dalle unghie e fuggì. — Ah, canaglia, mi sei scappato! — urlò il gatto infuriato tenendo fra gli artigli la coda di Cipí. L'uccello
ho fame! — Anch'io! — gridò Cipí, — ma ragiono. Se mi ubbidite forse riusciamo a mangiare tutti senza farci prendere. — Come si fa? — chiese Beccodolce
raggi e con i suoi bellissimi occhi mi accompagna per le vie del cielo e mi fa le serenate. Perché dovrei tradirlo? Rivolgetevi a Palla di fuoco che è
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! — Oh, Mamí... mi fa male qui, — pigolò Cipí cercando di strappare la cordicella che gli faceva sanguinare la zampa. A quel punto, i bambini litigarono
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entrarono nel grande albero fiorito, si posarono su un ramo e una vocina disse: — Ahi! mi fai male! — e subito un fiorellino si staccò e cadde a terra
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: — Tu fai osservazioni a un uccello? Come ti chiami? — Mi chiamano... Margherí, — rispose aprendo un poco i petali per far sentire la voce. — E tu
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stato? — dicevano. — È stato quell'antipatico animale coi baffi, — spiegò Cipí, — fingeva di dormire, pareva morto, io mi sono avvicinato per vedere se
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con vivaci colori, l'uccellino aprí gli occhi e sus- surrò: — Cipí, non abbandonarmi... l'ala mi fa ancora tanto male, ma voglio guarire, voglio
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l'argento del nastro serpeggiante, e a te? — A me il giallo dei chicchi di granoturco. — E mi piacciono i mille occhi violetti di una piantina che vive
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che lui abbia un grosso becco uncinato soltanto per parlare... mi sbaglierò, ma qui sotto c'è un mistero... e se c'è lo voglio scoprire!...
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racconta storielle a chi è nei guai, ma credo che non faccia male a nessuno. — Quel tipo non mi piace affatto! — brontolò Cipí. — Perché di giorno non si
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tutt'intorno le cose. — Uno è figlio di Cippicippi e l'altro mi pare il figlio di Chiccolaggiú. — Avvertiamoli! — disse Cipí. Ma non fece a tempo ad
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titubante sopra un comignolo. La mamma frugava in ogni buco e intanto piangeva sommessa: — Mio piccolo tesoro, se mi senti... se sei ancora vivo... vieni
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. — Allora spiegatemi, — disse Cippicippi, — perché le altre volte quando sono andata da lui, i suoi occhi luminosi mi dissero parole buone, le sole
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: — Ehi, voi! Cipí e i figlioli si voltarono e si trovarono accanto un passero arrabbiato che disse a Cipí: — Io sono del castello antico. Mi hanno detto
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certo procedere più celermente... Io rimango là poche ore, a causa del riposo che mi è necessario, e devo spesso interrompere il lavoro... Temo dunque che
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sovrano, Allah mantenga la sua vita, mi ha inviato presso di te, perché con voce e mano di donna renda più lieto il tuo tempo, e piú fondo il tuo riposo
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tante figure sui libri che il burban, mio padre, mi ha donato. Possiedo quasi cento libri, e molti sono colorati, e non c'è una sola figura che io non
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forse mi ferirò le mani! » All'improvviso il Sultano, correndo con il coltello, si fermò, e gridò: «Io sono il Sultano, tu devi correre: tu sei il
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non parli, straniero, — disse Amilah, — ti dirò come ti ho sorpreso: è stato a causa del modo in cui questa mattina, al cancello del giardino, tu mi
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parlare della tua bellezza, favola dell'Oriente, e ne sono divenuto curioso. La mia vita mi sarebbe sembrata stupida e buia, se non avessi potuto vedere
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Sultano, per non rivelare richieste, complicità o intesa: restarono sulla donna, come se solo da lei dipendesse il destino. — Mi hai chiamato, dolce
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trasformato in un riccio furente, mi dilanierebbe da dentro, e mi farebbe morire. Posò la mano accanto all'altra, sulla seta bianca della veste, nella
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giudizio sull'opera che ho compiuto: io la presenterò sigillata al Doge di Venezia, e quella sarà, oltre alla collana, quanto ritengo mi sia dovuto. Quella
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averne pietà, e farle in disegno, giacché mi sembrerebbe poco generoso, e anzi gran peccato, lasciarle li a piangere, tutte trasparenti... Il priore
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figura che sto facendo mi prende una frenesia, un'inquietudine del completamento... E non come a cavar fuori un'immagine pensata, mia, cui la mano
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: di quel tipo assai raro, che sa e vuole conoscere e vedere in ogni cosa il buono, — diceva Filippo. — Ma pure mi spiace d'esserti capitato io per
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preferivo altre: anzi tardavo per un motivo contrario. Mi accade infatti, qualche volta, di fare certi sogni, a cui credo come Iddio stesso me li mandasse
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preciso bel gusto. Ma questo ha poca importanza, frate Filippo... Confesso che, quando decidemmo di procedere alla scelta del volto, a stento mi trattenni
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mi perdoni Iddio, perché non ti volti a guardare ogni donna, come sempre fai, a tua gran colpa. — Una malattia forse ce l'ho, mio buon fratello
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di poca sapienza, e non so altro latino che quello delle preghiere: ma se tu non parlerai in latino, mi piacerà sentir le storie di ogni cosa, che
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, mi accorgo, sta diventando un dono miracoloso. Confesso che dopo alcuni giorni, non vedendo nulla apparire sulle pareti, la mia impazienza di padre mi
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tocco mi occorre un po' d'olio, di quello puro... Mentre esco a respirare nel chiostro, potresti tu, che sai a chi e dove chiedere, portarmene una
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. — Sei tu Sakumat, il pittore? — E questa è la mia casa, uomo delle montagne. Chi sei? E perché mi cerchi? — Io sono Kumdy, uomo di bastone del burban
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attacchi di febbre, dicono i medici, lo purificano. — Mi chiedo, signore, — disse Sakumat a testa bassa, — se non siano di danno le polveri e i colori
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, — perché il mare è grandissimo, e non ce n'è mai abbastanza. Pensavo che ci avremmo messo qualche isola, e altre navi: era un progetto che mi piaceva
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il fiore giallo sulla pergamena. Cosí potrai sbagliare, e non ci sarà danno. Quando i tuoi fiori andranno bene, mi aiuterai a fare quelli del prato
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che non mi ha permesso di diventare sordo mentre pronunciavano le parole, che ora non mi lascia impazzire per il tormento, sta abbandonando la sua
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ancora sui nostri paesaggi. Dobbiamo aggiungere il resto della vita. Il burban tacque, guardando il figlio. — Forse non mi spiego bene, padre mio
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cosa mi hai risposto? — Ho risposto: «Va molto lontano, Sakumat». — Anche la nave va molto lontano. — Però, Sakumat, tu mi hai chiesto: «Ma va verso la
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! — disse il mercante, aprendo le mani. — Forse, — continuò Gentile, — quello che mi taci, pensando ai tuoi doveri di ospite, riguarda ciò che mi aspetta se
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moltiplicasse il piacere. Ora la tua festa è prossima. L'uomo che mi accompagna è Sakumat, un pittore molto capace che vive a Malatya, verso il sud. Io
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. Il Doge tacque. Senza guardare il fratello, Giovanni prese la parola. — Illustre Signore, e voi nobili Anziani, non mi occorre consultare mio
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. — Mi cogli impreparato, Signore, — disse. — Qui ogni cosa è tua, né io conosco questa casa abbastanza da saperti offrire qualcosa, come ad un ospite
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contiene una richiesta per te. Se per qualche ragione o timore tu non vuoi essere posto davanti a una scelta, io me ne andrò dalle tue stanze, e tu mi
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