SCURPIDDU
tratto, gridando a squarciagola: - Torrone di mandorle! Torrone! Gli veniva, l'acquolina in bocca ricordando. - La massaia mi regalerà un pezzo di
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steccolino. Mommo, le prime volte aveva protestato: - Mi chiamo Mommo io! E non voleva rispondere a chi gli diceva Scurpiddu . Poi si era rassegnato
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davanti, domandandogli: - Dove vai? Che fai qui? Il ragazzo lo guardò sbigottito, grattandosi il capo. - Come ti chiami? Di chi sei figlio? - Mi chiamo
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mamma per rassicurarsi. - Làscialo cantare! - Domandatelo voi al massaio, - insisteva. - A me, mi ha risposto: "Sì, sì, asino! Sono tuoi!". Ma poi si è
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armi di fanteria . - Nient'altro? - soggiunse don Corrado, ridendo per quell' Istruzione per le armi di fanteria accoppiata al sillabario. - Chi mi
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mezzadro di Poggio Don Croce mi ha gridato: - Ooh! Ooh! Lasci indietro la tacchina coi pulcini! - Mi pareva che canzonasse ... Invece. Li ha covati la
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! Vàttene! Se no, ti concio per le feste! Lo prese per le spalle, gli fece fare un giro e lo respinse. - Ora vado io dalla tua massaia. Mi sentirà
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caserma. Era stanco. Mai Scurpiddu aveva fatto tanta strada a quel modo. - Così, - pensava, - farò marciare i tacchini! E mi farò un bel cappello! I galli
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aveva fatto il notaio. Avrebbe mandato via anche la mamma insieme con lui! Invece la massaia lo confortò: - Sciocco! perchè piangi? - Ora il massaio mi
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. - Niente. Mi servono. E quella sera, mentre gli uomini mangiavano la minestra, egli era sgusciato fuori zitto zitto. Si udiva un muggito lungo
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le aveva detto così, dopo aver udito le tristi avventure di quella donna. - Ho voluto venire a morir qui! Almeno mio figlio mi chiuderà gli occhi
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terra una delle cassette, spiegava: - Si nasce ceraulo ; e allora non c'è animale velenoso che possa farci male. Io mi rido delle vipere, degli