raffigurazione ad absurdum. Oggi, divenuto meno imperativo l’aspetto iconologico, assistiamo all’avvento di numerose forme espressive in cui si ricerca piuttosto
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«aistheta» in rapporto col «corpo proprio aisthetico» (anche se non sempre si identifica con l’«esteticità» quale comunemente è intesa! ) quanto meno
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quasi liberty) mi porterà ai maestri dell’ultima generazione, non posso far a meno di avvertire l’insufficienza di questa distribuzione spaziale: la
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a che punto questa impostazione dei problemi critici abbia o meno inciso sulla loro qualità e sulla loro efficacia.
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Burri, l’uccello impagliato di Rauschenberg, erano, dopotutto, elementi che «stavano al posto di», surroganti una realtà più o meno individuabile; per
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Forse, la buona riescita degli artisti cinetici era, tra tutte, quella più facilmente prevedibile, e difatti risultò anche quella che offriva meno
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consueti parametri della spazialità euclidea. E, ancora l’ambiente - questo forse il meno raggiunto, per un’eccessiva complessità delle strutture lignee
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considerate come unità in senso semiotico; e se il representamen iconico (in senso peirciano) possieda o meno qualità di segno indipendente, dall
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preconizzata da tanti studiosi e filosofi moderni (Empson) e ora - consapevolmente o meno - applicata dagli artisti alle loro poesie o alle loro
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quello del comune design, con la differenza che l’oggetto d’uso industriale copre un’area meno frivola e edonistica di quello artistico «fatto in
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ricerche (e che è facile trovare qua e là soprattutto nei padiglioni dei paesi meno aggiornati) per accorgersi che l’informale, il materico, sono
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naturaliste. In una società che disgraziatamente non può che essere tecnologica (a meno che la «bomba» abbia distrutto ogni nostra conoscenza
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edonistiche dell’italiano Marzot, quelle più grossolane dell’austriaco), dall’altro un persistere di motivi più o meno derivanti dalla pop art, o quanto meno
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riscuotessero le diverse imitazioni più o meno pedisseque tentate dagli epigoni delle varie nazioni.
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che era una situazione transeunte ma efficace, si tramuta in feticizzazione ancora meno plausibile e giustificabile di quella dell’unicum d’un’opera
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figurativi che, quanto meno, risultano più fantasiosi in questo regime di monotonia inventiva, e che in alcuni casi - come nelle recenti affermazioni di
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come piedistallo per forme artistiche come quelle pittoriche e plastiche. A meno che anche queste siano intese solo come un complemento e un
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non soffocare ogni tentativo di ribellione europea; e si dovrà attendere il presentarsi in Europa di artisti diversi, meno robusti, ma più raffinati e
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futuro artistico meno tormentato ed effimero.
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Meno originali le operazioni di alcuni «comportamentisti» romani (De Dominicis, Vettor Pisani) che si valgono soprattutto della manipolazione dei
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Il peso che la critica più giovane ha avuto nell’evidenziare e nel favorire queste nuove tendenze è, a mio avviso, meno decisivo di quanto di solito
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A questo punto, peraltro, qualcuno non potrà far a meno di obiettare che le molte copie tirate dagli scultori dalle loro statue, o le moltissime
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, più o meno modificati, di arte informale; non sarebbe mai arrivato a inserire una bottiglietta di Coca Cola entro un dipinto.
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’avvenire. Parlare di «artisticità» d’un computer o d’un bevatrone non ha senso a meno che non si consideri l’aspetto esterno d’una grossa centrale nucleare
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scientifico, sia invocando antiche «verità» più o meno misteriche (le Piramidi dell’Egitto, gli osservatori astronomici indiani o aztechi), sia
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sempre nuove forme espressive, non ancora codificate e che, ciò non di meno, devono e possono essere accolte, comprese e valutate, se si fa uso, nei
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assaporato il gusto dolciastro e zuccheroso di questo frutto è difficile al grosso pubblico rifarsi a cibi più genuini o meno facilmente assaporabili.
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una crisi dell’oggetto, tanto nel campo dell’estetica industriale che in quello delle arti plastiche, era evidente; ma era meno logico che tutti si
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Per quanto riguarda il rapporto tra arte e gusto e quindi tra critica impostata sul problema del gusto o meno, la faccenda non cessa di complicarsi
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possibilità di trasgredire il «buon gusto corrente», hanno fatto si che l’artista si sia - coscientemente o meno - impadronito del feticcio-Kitsch
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«ornamento» agli spettatori-attori, più o meno memori di consimili riti neri alla Buchenwald.
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«epochizzare» il nostro giudizio assiologico almeno rispetto ad alcuni dei prodotti (più o meno) artistici dei nostri giorni.
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La storia dell’arte dovrebbe consentire una fruizione più completa di quella basata su puri dati istintuali, su più o meno «congenite» facoltà
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Questa tripartizione delle opere odierne in base ad un giudizio critico più o meno impostato sul gusto non vuol certo essere assiomatico. Come, del
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particolarissima (ma non perciò meno alienabile) merce che è l’arte. Ed ecco, allora, che la critica non può non appuntarsi, da un lato, sull’effetto
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genuina, meno alienata, può - nonostante tutto - realizzarsi controcorrente1.
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pittoriche che certo hanno la loro prima nascita in Estremo Oriente, ma di cui ormai la nostra arte occidentale non potrebbe più fare a meno. E che poi codesti
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’astrazione drammatica. La prima, che, come dice il nome, si vale d’una ripartizione spaziale basata su più o meno esatte scansioni geometriche, è seguita
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, collezionisti, direttori di musei, letterati più o meno ingenui. Queste accuse sono in parte giustificate: non c’è dubbio alcuno che mai come in questi
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Non si può che prendere atto di ciò e considerarla come una necessità immanente nell’uomo d’ogni tempo, venuta meno soltanto per colpa del disgusto
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A noi, qui, non preme di sapere se si debba far risalire o meno al 1928 la «nascita» dei primi dipinti «informali» di Fautrier. Abbiamo il forte
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tosto si converte in un insieme di magma colorati, dove galleggiano grumi più o meno densi di colore, dove fanno spicco zone d’ombra e brevi
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, a considerare oltre alle attività propriamente pittoriche, quelle, non meno importanti per la nostra civiltà, dell’arte «applicata» all’industria
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Eppure non ritengo che sia giusto di far partire dal futurismo (e, tanto meno, da altri movimenti europei coevi come il cubismo o il rayonnismo) i
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meno mobili accompagnati da un — in parte scherzoso — «manifesto del macchinismo» sempre sotto il patrocinio del Gruppo Mac.
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non può che rallegrarci. Ricordo ancora quante lotte fu necessario promuovere, una ventina d’anni or sono e anche meno, per persuadere (o non
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descrivere. Quella di Berni, comunque, è una delle poche esperienze neofigurative di questa Biennale che riesca a colpire nel segno. A meno che non
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Come dovremo allora considerare gli odierni «oggetti trovati» più o meno modificati, integrati, rettificati, dell’arte pop? In maniera molto, se non
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gusto (meno pittorico, più fieristico, più surreale) è rinvenibile in Oldenburg (e negli altri pop americani qui non presentati: come Warhol, Wesselman
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’un bel ricettario preso a prestito a qualche altra disciplina (letteraria, scientifica, psicologica, ecc.) trasferita più o meno abilmente alle cose
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