Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: mastro

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 mastro  Antonio?
Suddetti, meno  Mastro  Trabuco.
anch'io,  mastro  Antonio, per sorvegliare i vendemmiatori...
Suddetti, meno  Mastro  Trabuco.
a Caterina,  Mastro  Nunzio.
suddetti, meno  Mastro  Trabuco.
l'Ats-34 (usato da  Mastro  Livi)e l'S60V.
gran libro d'ore di  mastro  Geoffroy
Marinai e Mozzi. Il Nostromo, il  Mastro  delle vele, il Pilota.
 mastro  Taddarita! Se vi chiamo così, non vi offendete.
 Mastro  Nunzio! Non voglio pensarvi, se no!... Vecchia strega !...
 mastro  che l'ha cucito ne cucirà un altro, se mai.
orzo addosso agli sposi gridando: Salute e figli maschi! -  MASTRO  NUNZIO spalanca il portone. Entrano COLA, MASSAIO PAOLO,
accompagnano. I ragazzi affollano, spingendosi, urtandosi.  MASTRO  NUNZIO e gli altri sonatori distribuiscono pugni e
Marinai e Mozzi. Il Nostromo, il  Mastro  delle vele, il Pilota.
Marinai e Mozzi. Il Nostromo, il  Mastro  delle vele, il Pilota.
pel dispiacere di restar sola in casa. Giudizio,  Mastro  Nunzio! Non vi reggerà il braccio a sonare.
vecchie; per questo gli avevano appiccicato il nomignolo di  Mastro  Acconcia-e-guasta. Guastava un uscio e rimediava una cassa,
e i chiodi dovevano comprarli gli avventori. - Perché,  Mastro  Acconcia-e-guasta? - Perché sì. I chiodi che avanzavano li
li rendeva, la colla no; la metteva da parte. - Perché,  Mastro  Acconcia-e-guasta? - Perché sì. Era la sua risposta; e
filetto di bue quanto costa? - Non è per la vostra bocca,  Mastro  Acconcia-e-guasta; è per la tavola del Re. - Ho la bocca
per fargli rispondere così. E tutti ridevano: - Bravo,  Mastro  Acconcia-e-guasta! - Pesciaiolo, quello storione quanto
quello storione quanto costa? - Non è per la vostra bocca,  Mastro  Acconcia-e-guasta; è per la tavola del Re. - Ho la bocca
del Re. - Ho la bocca come lui! E tutti ridevano: - Bravo  Mastro  Acconcia-e-guasta! Comprava un monte di roba, carne, pesce,
le meglio cose. - Chi se la mangia tutta cotesta roba,  Mastro  Acconcia-e-guasta? - Io e i miei figliuoli. - O che avete
è il minore. E la gente rideva: - Buon appetito a tutti,  Mastro  Acconcia-e-guasta! Tornato a bottega, riponeva in un canto
fino a tardi, finché vi si vedeva. - E il desinare,  Mastro  Acconcia-e-guasta? - Lo preparano, in cucina. A un'ora di
- Lo preparano, in cucina. A un'ora di notte,  Mastro  Acconcia-e-guasta si chiudeva in bottega e metteva tanto di
una gran tavola. E, poco dopo, risate, strilli, e  Mastro  Acconcia-e-guasta che gridava: - Sta' buona, Seghina! ...
stavano a sentire, stupiti. La mattina: - Gran pranzo, eh,  Mastro  Acconcia-e-guasta? I figliuoli vi fanno disperare. - Eccoli
non sapevano che almanaccare per scoprire il mistero di  Mastro  Acconcia-e-guasta; e perdevano il tempo inutilmente. Di
che potesse arrivare a penetrarlo. - Che legno è questo,  Mastro  Acconcia-e-guasta! - Legno-ricotta. - Allora perché non ve
- La ricotta non mi piace. - Non ce la date a intendere,  Mastro  Acconcia-e-guasta! Egli alzava le spalle e tirava su una
del Re: - Ah! dice: Ho la bocca come lui? E ordinò che a  Mastro  Acconcia-e-guasta i venditori dessero la peggiore roba che
la peggiore roba che avevano, pena la vita. Quella mattina,  Mastro  Acconcia-e-guasta dovette rassegnarsi a portar via certa
formaggio inverminito, frutta mézza. - Siete contento,  Mastro  Acconcia-e-guasta? - Se son contento io, non saran contenti
altrimenti sarebbero morti di fame. - Questo è un tiro di  Mastro  Acconcia-e-guasta! - disse uno dei Ministri. - Vo' andare a
vecchia, per pretesto. - Acconciatemi questa cassa,  Mastro  Acconcia-e-guasta. - Posatela lì. Andate a comprare i
tanta! - Quella serve per me. - Che buon odore di vivande,  Mastro  Acconcia-e-guasta! - Sono i resti del desinare; eccoli là.
mercato. - So che c'è ordine reale di non darvi roba buona.  Mastro  Acconcia-e-guasta alzò le spalle e tirò su una presa di
Ministro rapportò tutto al Re. Tennero consiglio. - Questo  Mastro  Acconcia-e-guasta dev'essere un Mago! Leviamogli tutti gli
mi conci! Tu mi strappi! Tu mi inzuppi. Un portento. - Oh,  Mastro  Acconcia-e-guasta dev'essere un Mago! Il Re spedì le
le guardie e se lo fece condurre davanti: - Che è questo,  Mastro  Acconcia-e-guasta? I vostri arnesi parlano e mangiano; come
di non dire più: Ho la bocca come lui! Ve ne pentirete.  Mastro  Acconcia-e-guasta riprese a lavorare. Ma gli avventori
attorno per le vie, gridando a ogni quattro passi: - C'è  Mastro  Acconcia-e-guasta! Chi ha roba da guastare e da acconciare!
e da acconciare! Nessuno lo chiamava. - E ora come farete,  Mastro  Acconcia-e-guasta? - Finché c'è colla, s'ingolla! Infatti
mangia domani, colla non ce ne fu più. - E ora come farete,  Mastro  Acconcia-e-guasta? Mastro Acconcia-e-guasta alzava le
ne fu più. - E ora come farete, Mastro Acconcia-e-guasta?  Mastro  Acconcia-e-guasta alzava le spalle e tirava su grandi prese
maggiore morì. Mentre la portavano a seppellire, ecco  Mastro  Acconcia-e-guasta, con una cassettina da morto su la spalla
che andava dietro l'accompagnamento: - Chi vi è morto,  Mastro  Acconcia-e-guasta? - Mi è morta Seghina! Il giorno dopo
morì uno dei maschi; e mentre lo portano a seppellire, ecco  Mastro  Acconcia-e-guasta, con una cassettina da morto su la
che andava dietro l'accompagnamento: - Chi vi è morto  Mastro  Acconcia-e-guasta? - Mi è morto Martellino! Così, ogni
ora moriva un figliuolo, ora una figliuola del Re, e  Mastro  Acconcia-e-guasta appariva dietro l'accompagnamento con una
con una cassettina da morto su la spalla: - Chi vi è morto,  Mastro  Acconcia-e-guasta? - Mi è morto Scalpellino! Mi è morta
Mi è morta Piallina! Il Ministro, che era furbo, saputo che  Mastro  Acconcia-e-guasta era stato veduto ogni volta con una
volete morti tutti i vostri figliuoli, mandate a chiamare  Mastro  Acconcia-e-guasta. La disgrazia vi viene da lui. Oramai
una sola figliuola del Re, ed era già all'agonia. - Ah,  Mastro  Acconcia-e-guasta, salvate la mia cara figliuola! - Ah,
stimò giusto acconsentire: - Poi, gliela farò vedere io, a  Mastro  Acconcia-e-guasta! - disse fra sé. La Principessa, che era
altri figliuoli, in pochi giorni guarì. Il Re disse a  Mastro  Acconcia-e-guasta: - Conducete Succhiellino a palazzo. -
a Vostra Maestà. Di tratto in tratto, il Re domandava a  Mastro  Acconcia-e-guasta: - É ancora succhiello il giorno e la
andasse per le lunghe, e si divertiva a canzonare  Mastro  Acconcia-e-guasta: - Questo è latte che non rappiglia! E
- Questo è latte che non rappiglia! E voi che Fate,  Mastro  Acconcia-e-guasta? Ora non avete più arresi e vi rimane
una bella assai. Volete sentirla, Maestà? - Sentiamola,  Mastro  Acconcia-e-guasta! - C'era una volta un Re che aveva due
corona! Non mi far male! Sii Re! - Né tu, né io! - rispose  Mastro  Acconcia-e-guasta. - Il Re sarà Succhiellino e la tua
- Il Re sarà Succhiellino e la tua figliuola Regina.  Mastro  Acconcia-e-guasta indossò abiti principeschi; non sembrava
si baciarono; e colui che poco prima aveva il nome di  Mastro  Acconcia-e-guasta raccontò la propria storia: in che
uno Studente,  Mastro  Trabuco, Mulattieri, Paesani, Famigli, Paesane, ecc. Tre
figura interessante! Si direbbe una madonna di  Mastro  Luca. La mattina passa spesso di qui guidando due ponney.
ciurma scende sotto il ponte. Intanto il  Mastro  delle vele alza con una corda il fanale sull’albero
uno Studente,  Mastro  Trabuco, Mulattieri, Paesani, Famigli, Paesane, ecc. Tre
uno Studente,  Mastro  Trabuco, Mulattieri, Paesani, Famigli, Paesane, ec. ec. tre
un asino, e ve lo provo. Per la figlia di  mastro  Giovanni il cordaio non diceva lo stesso? E chi l' ha
all'anima di chi ci mise la cooperazione! Parlo bene,  Mastro  Nunzio?
ai consigli dei vecchi che hanno piú esperienza di noi!  Mastro  Simone, il ciabattino, gliel'aveva predetto: - Se tu sposi
- Me lo dirai poi quel che ti nascerà ... - conchiuse  mastro  Simone, tornando a battere la suola. Nino, alle prediche
internamente s'arrabbiava; specie se quella linguaccia di  mastro  Simone gli ripeteva il suo latino, appreso in sacrestia nel
del ciabattino. Ce n'era sempre un bel crocchio, perché  mastro  Simone aveva continuamente la barzelletta su le labbra e
per niente. All'ultimo, Nino glielo disse: - Zio  mastro  Simone, con me, a quattr'occhi, sputate pure sentenze a
larghe e il berretto a barca calcato quasi sugli occhi,  mastro  Simone spinse in alto gli occhiali a capestro, che teneva
povero santo! e tuttavia gli accadde quel che gli accadde.  Mastro  Simone lo raccontava spesso e faceva ridere alle spalle del
cosa. La Magàra lo sapeva bene quel che lei aveva fatto a  mastro  Simone quand'erano giovani tutti e due e dovevano sposarsi.
era scappata di casa, lasciando con tanto di naso il povero  mastro  Simone, che pianse come un bambino e voleva ammazzare il
vecchia! Oramai chi se la ricordava piú all'infuori di  mastro  Simone e di lei? L'anno dopo, il figlio del barone,
Costui, accollatisi gli arretrati, - come disse allora  mastro  Simone - era stato nominato portastendardo della
stato fatto san Silvestro come il primo. Povero santo!  Mastro  Simone il ciabattino lo tirava in ballo a ogni momento
senza spalliera. Se qualcuno gli domandava: - Che fate,  mastro  Simone? Non si lavora oggi? - No, compare, - rispondeva; -
Silvestri dello stesso san Silvestro, parecchi! Per costoro  mastro  Simone calcava su quel nostro santo in maniera cosí
San Silvestro glorioso! - E fu profeta quel diavolo di  mastro  Simone. Picchia oggi, picchia domani, il povero Nino si era
- egli conchiuse. - Che altro posso dirvi? - Parlo per  mastro  Simone - rispose la Magàra, rabbonita. - Non fa che dir
accorto. Intanto, con la pulce del cattivo prognostico di  mastro  Simone nell'orecchio, non lasciava d'un passo la moglie,
seguiva a piedi, trasalí e diventò rossa rossa scorgendo là  mastro  Giovanni il misuratore di grano, che forse l'attendeva al
il marito: - Buona sera, compare Nino. - Buona sera,  mastro  Giovanni. Pigliate il fresco? - Piglio il fresco, compare
né bere un dito di vino; e mise su tanto di muso allorché  mastro  Giovanni il misuratore, passando per caso davanti
sull'uscio, e non lo salutavano neppure. Passava anche  mastro  Giovanni, col tumulo in una mano e il legnetto da livellare
da livellare il grano nell'altra. - Da queste parti,  mastro  Giovanni? - Pel mio mestiere, compare Nino -. Qualche volta
quel posto fuori mano fosse da passeggiata. - A quest'ora,  mastro  Giovanni? - Quella sera mastro Giovanni lo aveva tirato in
passeggiata. - A quest'ora, mastro Giovanni? - Quella sera  mastro  Giovanni lo aveva tirato in disparte, perché Nunzia non
le falde della mantellina; e dopo un pezzetto, al solito,  mastro  Giovanni che tirandolo in disparte, se Nunzia trovavasi
visto. - Va bene, compare -. Doveva forse far la spia a  mastro  Giovanni? Che glien'importava dei pasticci degli altri?
a passare, insieme con sua moglie, davanti la bottega di  mastro  Simone che - messe forme, gambali, trincetti e lesine al
burletta. Nino sarebbe tornato volentieri addietro, se  mastro  Simone non l'avesse scoperto da lontano e non gli avesse
Non c'è intoppi, per grazia di Dio! - Lasciami vedere -. E  mastro  Simone gli si era accostato per osservargli bene la fronte,
- disse Nino, ridendo anche lui con qualche sforzo mentre  mastro  Simone gli gridava dietro: - San Silvestro ti prosperi! - E
... A questo modo compare Nino aveva introdotto in casa sua  mastro  Giovanni che pareva agonizzasse, sanguinante quasi gli si
C'è di mezzo l'onore d'una donna ... - Fidatevi di me,  mastro  Giovanni -. E Nino, povero grullo, era corso pel medico
sfiatato dalla paura che il ferito non gli morisse in casa.  Mastro  Simone quella sera, presa una sbornia coi fiocchi, aveva
arrampicato per la scala quatto quatto, senza che Nunzia e  mastro  Giovanni se n'accorgessero. Mastro Giovanni rideva, rideva,
senza che Nunzia e mastro Giovanni se n'accorgessero.  Mastro  Giovanni rideva, rideva, abbracciando Nunzia (fidando nel
vi faccio uscire il vino dalle narici! Avete inteso? - E  mastro  Simone, briaco fradicio, intese cosí bene che non fiatò, né
che la moglie di  mastro  Cosimo faceva da portinaia del monastero del Santissimo
comare Paola che filava al sole. - E non è vero - replicò  mastro  Cosimo, lasciando di piallare. - Ve lo dico in un orecchio:
tornata: - Se la madre badessa vuole qualcosa ... - Bravo,  mastro  Cosimo! Voglio il cappellano -. E mastro Cosimo s'infilava
... - Bravo, mastro Cosimo! Voglio il cappellano -. E  mastro  Cosimo s'infilava lesto lesto la giacchetta e correva a
e gli rispondeva: - Vengo, vengo! - senza rizzarsi mai.  Mastro  Cosimo gli diceva di tanto in tanto: - Padre cappellano, la
Giove in mano, avea sbagliato la giuocata; e si scordava di  mastro  Cosimo, della badessa, di tutti. Si sarebbe scordato fin di
pane e minestra tutti i giorni ... Con che viso ti lagni? -  Mastro  Cosimo non fiatava piú a queste lavate di capo. Sua moglie
- La gente cominciò a divertirsi col farlo stizzire: -  Mastro  Cosimo, guardatevi dal cappellano nuovo! - Mastro Cosimo,
- Mastro Cosimo, guardatevi dal cappellano nuovo! -  Mastro  Cosimo, guardatevi da don Ignazio il sagrestano! Glielo
dove volete, ma dal cappellano nuovo, no! - Perché,  mastro  Cosimo? - Dal cappellano nuovo, no! - Ma, infine, direte
chiesa a metter su il parato per la festa del Cuor di Gesú.  Mastro  Cosimo brusco brusco, gli disse: - Sentite, don Ignazio: se
d'ascia! - La sera marito e moglie leticarono fino a tardi.  Mastro  Cosimo, questa volta, non cedeva: - Dal cappellano nuovo,
Ora che gli aveano messo quella pulce nell'orecchio,  mastro  Cosimo lavorava di malavoglia. Spesso abbandonava la
torve, che pareva volessero mangiarselo vivo vivo: -  Mastro  ubbriacone! - vi chiamerò dopo col vostro nome - volete
nome - volete finirla, sí o no, con questa commedia? -  Mastro  Cosimo, preso alla sprovveduta, non seppe che rispondere, e
di prenderlo a schiaffi, come si meritava. Il povero  mastro  Cosimo era rimasto interdetto, anche un po' per rispetto
viscere di padre? - Mi contento crepar di fame - rispose  mastro  Cosimo. - Non voglio esser becco! La scure, vedi? ora
al tuo bel padre cappellano. - Scomunicato! Scomunicato! -  Mastro  Cosimo brandiva la scure che riluccicava come uno specchio.
il vino - come gli disse il brigadiere dei carabinieri -  mastro  Cosimo dovette dormire in caserma, sul tavolato; e, la
scusa. - Bella legge! Cornuto e bastonato! - brontolava  mastro  Cosimo camminando a capo chino. Il padre cappellano gli
Però, prima di ragionare di questo, prendete un boccone -.  Mastro  Cosimo non disse di no, quantunque un po' insospettito di
voi risponderete: "Amen"! Vi insegnerò in quattro giorni -.  Mastro  Cosimo, all'idea di vedersi col collare e con la cotta,
la chierica al cappellano con la scure arrotata a posta,  mastro  Cosimo prese anche il "don" allorché si attaccò il collare
la bocca -. - Ed è anche lui servo di Dio! - pensava  mastro  Cosimo. - Parla per invidia, perché non lo hanno voluto per
non voleva metterci le mani, per amor della pace, disse a  mastro  Cosimo: - Lasciate vostra moglie alle monache e mettete
tutti; non dovete farvi giustizia con le vostre mani -. E  mastro  Cosimo andò via come un cane bastonato. - Dov'è la legge
era stato fatto cappellano invece dell'altro! - rifletteva  mastro  Cosimo. - Dovreste andare da monsignore, quando verrà per
può conciarlo per le feste il vostro padre cappellano -.  Mastro  Cosimo scrollava la testa; non sperava neppure in
con la pipa in bocca, aspettando monsignore che non veniva,  mastro  Cosimo, dalla fame, dimagrava. I quattrini non potevano
non mi fa giustizia! ... Monsignore finalmente venne, e  mastro  Cosimo aspettò che fosse arrivato davanti la Collegiata
- Zitto, zitto! - E accadde una gran confusione, perché  mastro  Cosimo, che voleva giustizia a ogni costo, si dibatteva,
guarirete dai fumi del vino! - In quelle ventiquattr'ore,  mastro  Cosimo era invecchiato di dieci anni. Aveva la febbre,
e consultava a voce alta gli astrologhi delle torri. -  Mastro  Simone! Che vedi, che vedi all'orizzonte? - Nulla,
che torna di Terra Santa. E Piombofino affondava sempre. -  Mastro  Simone, che vedi?... - Nulla, Maestà... Uno stormo d'aironi
- Nulla, Maestà... Uno stormo d'aironi migratori... -  Mastro  Simone, che vedi?... - Nulla, Maestà... Una galea veneziana
bambina - sarai Regina. S'udì, a un tratto, la voce di  mastro  Simone: - Maestà!... Una stella cometa all'orizzonte! Una
di capitelli classici, quale gli avrebbe consigliato  mastro  Ferramola, viene a turbare i calmi volumi dell'architettura
tassello di colore. Ne' due pennacchi dell'arco, là dove  mastro  Floriano avrebbe, più che dipinto, cesellato con qualche
fingono di segare una tavola, ripetendo: "Séga, séga,  Mastro  Tilta, ’Na pagnotta e ’na sarciccia; Un’a mme, un’a tte,
prendere l'incantesimo della Grotta dalle sette porte ,  mastro  Rocco aveva abbandonato la sua bottega di pizzicagnolo; e
da secoli la fortunata creatura che doveva impadronirsene.  Mastro  Rocco ne ragionava quasi lo avesse visto proprio con que'
con cui non si poteva comprare neppure un soldo di pane.  Mastro  Rocco rideva sotto il naso di quei tangheri di contadini
la solita burletta: - Sapete dove c'è una trovatura,  mastro  Rocco? - Dove? - Nella vostra gobba. - La trovatura tu
che, cornuto pacifico, non voleva intanto sentirselo dire.  Mastro  Rocco però non la perdonava a quell'asino calzato e vestito
rompere l'incantesimo occorrevano i libri di Rutilio. E se  mastro  Rocco lo tastava su questo soggetto, dalla lontana, sape
Minchionerie! - Ma persone con tanto di barba, - insisteva  mastro  Rocco - il decano Vita, padre Mariano d'Itria, il dottor
attorno il falsificato e non valeva uno spicchio d'aglio! -  mastro  Rocco avrebbe dato tutta la sua pizzicheria e l'asino e le
fosse la pena della vita e la scomunica della santa chiesa!  Mastro  Rocco se ne sarebbe infischiato della scomunica, quantunque
o lagrimatori da nulla. Anche al tempo dei saraceni - e per  mastro  Rocco voleva dire al principio dei secoli - la società era
allora allora dal conio, o qualche braccialetto di bronzo,  mastro  Rocco non capiva nella pelle. Si fregava le mani
d'India ... Ma, zitto! - Venite a prendere un boccone -.  Mastro  Rocco lo condusse nella grotta per essere al sicuro da
a ogni scoppio di saetta. - Coraggio! coraggio! - ripeteva  mastro  Rocco. La voce però gli tremava e le braccia gli
pagarli a peso d'oro. - Siamo stati tante carogne! - disse  mastro  Rocco il giorno dopo, mordendosi le mani nell'osservare la
Dio! ... Ma può darsi che c'inganniamo -. Dal canto suo,  mastro  Rocco stava in guardia contro don Tino, don Micio il
tre burloni che, avuto vento degli scongiuri fatti da  mastro  Rocco con don Tino, don Micio il crivellatore e la
Micio il crivellatore e la sonnambula, volevano divertirsi.  Mastro  Rocco se li vide arrivare lassú una mattina, Zangàra col
Tino, - aggiunse Passolone - ora che possiede il Rutilio -.  Mastro  Rocco alzò la gobba, tentennando il capo, mostrando
di oro massiccio; cosí è arricchito massaio Ravagna -.  Mastro  Rocco lo guardava in viso con tanto di occhi, pensando allo
le parti, stringendolo in un cerchio, e le fiammate pure: e  mastro  Rocco si sentí diventare piccino piccino quando scorse, al
lo vide arrivare piú spesso, insieme con un vecchietto che  mastro  Rocco diceva compagno di scavi. Visto però che essi
prime, tutte sporche di terra, un giorno il barone disse a  mastro  Rocco: - Trovate qualcosa altro, o risparmiatevi di venire.
lucerne, bronzi e monete antiche d'ogni grandezza ...  Mastro  Rocco stette un bel pezzo senza farsi vedere. Quando gli si
bocca, invece di restare incantato cominciò a urlare: - Ah,  mastro  Rocco ladro! Ah, mastro ladro! - E avrebbe, con una
incantato cominciò a urlare: - Ah, mastro Rocco ladro! Ah,  mastro  ladro! - E avrebbe, con una pistolettata, sfracellato il
senza neppur badare che potevano rompersi il collo.  Mastro  Rocco si ruppe soltanto un braccio; e fece dire una messa
che aveva ingannato il barone Padullo? - D'allora in poi,  mastro  Rocco si contentò soltanto di scavare e scavare. E se don
- La vera grazia sarebbe stata un buon Rutilio! - esclamò  mastro  Rocco con voce mezza spenta. E gli voltò la gobba.
puro li fiji, perché je servissi d’esempio. E quanno  Mastro  Titta tirava ggiù la mannara, ar temp’istesso, er padre
quelle canaglie di policemen vengano a trovarci quaggiù.  Mastro  Taverna è la perla degli albergatori. Saprò ricompensarlo.
- Magnificamente bene! - rispose il bretone. - Se fossi  mastro  Taverna, ci metterei cocomeri. Come si mangerebbero
deve dipendere dai suoi occhi di bue. La voce sonora di  mastro  Taverna risuonò in quel momento dentro il pozzo come un
vada meglio - disse il bretone. Qui staremo benissimo, se  mastro  Taverna ci manderà tutto questo ben di Dio ogni giorno!
nel pozzo. Questo vino si deve bere sempre gelato. Il  mastro  fece onore a tutto quel ben di Dio. Piccolo Flocco,
il loro comandante e la sua fidanzata: ma quando il  mastro  ebbe bevuto un paio di bicchieri del suo vino preferito ed
Bevi un altro bicchiere di Medoc. - Hai ragione. Il  mastro  si riempi il bicchiere, lo vuotò lentamente, guardandovi
avrebbero dormito, se qualche ora dopo l'alba la voce di  mastro  Taverna, non avesse destato l'eco della piccola camera. Il
hanno fatto vestire il tedesco, finalmente desto - rispose  mastro  Taverna. - E la signora? - Non è stata disturbata, ed è già
attesa d'un'altra chiamata. Non era trascorsa un'ora quando  mastro  Taverna si mise a gridare. - La miss! la miss! - Rimani
Era il comandante che lo preoccupava. Le ore passavano, e  mastro  Taverna non si faceva più vivo. Cominciava ad annottare
di Batz! - esclamò il mastro. - Non odo nessun rumore: che  mastro  Taverna sia stato ucciso o portato via? - Mah! - rispose il
pretesto ti presenterai? - Lascia fare a me - rispose il  mastro  - Quelli di Batz sono furbi.
del sipario,TADDARITA e COMARE PINAstendono una tovaglia.  MASTRO  NUNZIO, il secondo violino e il contrabasso, in fondo alla
e dei Sovrano marchese gen. Asmari di Bernezzo, il primo  mastro  delle cerimonie conte di Sant'Elia, deputati e senatori, il
un paio di bicchieri di questo Medoc. Poi, volgendosi verso  mastro  Taverna gli disse: - Sei un pessimo taverniere. Hai del
Antonietta, e non ce l'hai mai offerto. - Medoc! - esclamò  mastro  Taverna. - Che cos'è? - Anche questo l'ha comperato tuo
- Non mi sento affatto sicuro nemmeno qui. - Dubitereste di  mastro  Taverna? Se è così, scendo subito in cantina e gli taglio
credo che faremmo bene a chiudere nel nostro magazzino ...  Mastro  Taverna! Viene sì o no questo Medoc? Vogliamo andare a
diedero lestamente fondo alla seconda, poi raggiunsero  mastro  Taverna che stava preparando loro i letti. - Se la signora
mano vigorosa lo scosse. Aprì gli occhi e vide sopra di sé  mastro  Taverna. - Chi ti ha detto di svegliarmi così presto? -
mangiando buone bistecche e bevendo Bordeaux. C'è qui  mastro  Taverna che possiede ancora qualche dozzina di bottiglie.
tedesco sorrise, facendo col capo un cenno affermativo. -  Mastro  Taverna, - disse il bretone, volgendosi verso l'albergatore
quattro salsicciottì e non so quante pagnotte ...  Mastro  Taverna, bada che non cada. Testa di Pietra si slanciò
tiro; ma anche lui poteva bere un po' meno. Che te ne pare,  mastro  Taverna? L'albergatore scosse il capo, poi rispose - Non
stagecoachs, e cani e bracchieri. Chi dirige la caccia è il  mastro  dietro il segnale del quale, cavalieri e amazzoni si
avrebbe voluto metterlo a imparare un mestiere, presso  mastro  Antonio il calzolaio o presso don Pietro il sarto, come
don Pietro il sarto, come meglio gli fosse piaciuto. -  Mastro  Antonio ti prende volentieri; me l'ha detto più volte.
- Che pensi di fare? Ti trascinerò per un orecchio o da  mastro  Antonio o da don Pietro. E una mattina lo prese proprio per
per un orecchio e poi per un braccio, e lo presentò a  mastro  Antonio, che batteva col martello, sur un sasso liscio
Gli farò venire la voglia io! - Prendetelo con le buone,  mastro  Antonio. - Come vuol esser preso; deve dirlo lui. Con le
in piedi! - Tu non vuoi far niente! - gli aveva detto  mastro  Antonio; e aveva ragione. Egli voleva seguitare ad andare
Studente presso la tavola. Alquanti Mulattieri, fra’ quali  Mastro  Trabuco, ch’è al dinanzi sopra un suo basto. Due Contadini,
gabbiere. - Stura e cambia tazza - comandò il lupo di mare.  Mastro  Taverna (dobbiamo chiamarlo così) fu lesto a obbedire, ed
gorgogliando giocondamente. - Capperi! Spuma! - esclamò il  mastro  L'assaggiò avidamente e subito batté sulla tavola un pugno
dopo non è cattivo e fingiamo di essere a Batz. Ma bada,  mastro  Taverna, che non ti pago questa bottiglia più di cinque
un moto di stupore e di gioia. - Piacciono le sterline a  mastro  Taverna, eh? - disse il bretone ironicamente. - Risparmia i
- dovresti portare un soldato del castello a bere ... - Da  mastro  Taverna? Subito fatto, mio comandante, - rispose il
mare che paga. - Prendimene dunque uno, e portalo pure da  mastro  Taverna. - A fare colazione? - Anche due pranzi se vuoi:
- Ja, ja: puon fratello. Dove condurmi? - Come? non conosci  mastro  Taverna, quello che ha per insegna trenta corna? - Trenta
- Scorpionato? Cosa essere? - Una specialità di  mastro  Taverna. - Penissimo. - Vieni, figliuolo. - E tu pacare? -
quanto aveva in mano. - Che cosa significa questo fracasso,  mastro  Taverna? - chiese il bretone severamente. - È caduta una
anche sei bottiglie. Ma non di quelle del Reno, bada,  mastro  Taverna. - Vini di Francia autentici. - Comprati da
affatto. - Non trovarsi spie in Boston. - Vedremo.  Mastro  Taverna risalì portando due panieri, uno pieno di bottiglie
Flocco, per poco non lasciò cadere tutto. - In gamba,  mastro  Taverna! - fu pronto a gridargli il bretone - e non badare
Un lusso inaudito in una città assediata. Questo  mastro  Taverna è un uomo veramente meraviglioso. Si direbbe che ci
- Te l'ho già detto: io pacare anche tutta la cantina di  mastro  Taverna. Non ho speso un soldo in dieci mesi di
marina beve sempre Bordeaux o del gin. - Gin! Pono, pono! -  Mastro  Taverna, Portaci una bottiglia di gin, di quello che tuo
gli occhi ed ascoltami attentamente, buon figliuolo; e tu,  mastro  Taverna, portaci quattro bottiglie di vino più generoso del
Studente presso la tavola. Alquanti Mulattieri, fra’ quali  Mastro  Trabuco, ch’è al dinanzi sopra un suo basto. Due Contadini,
Sa che la dote ce l'avete, ed è tranquilla, poveretta.  Mastro  Brasi è certo che vi sposa.
pizzicando la chitarra. Alquanti Mulattieri, fra’ quali  Mastro  Trabuco, ch’è al dinanzi sopra un suo basto. Due Contadini,
 Mastro  Bill, dove siamo? - In piena Malesia, mio caro Kammamuri. -
molta fretta e mi pare che la Young-India cammini adagio.  Mastro  Bill, un marinaio sui quarant'anni, alto più di cinque
Questo è un insulto, maharatto mio. - Per chi ha fretta,  mastro  Bill, anche un incrociatore che fila quindici nodi all'ora
vento fresco che fece gemere i tre alberi. - Oh! oh! - fece  mastro  Bill alzando vivamente la testa. - Fra poco si ballerà
mare. Orsù, alla manovra; la gran tazza comincia a bollire.  Mastro  Bill non s'ingannava. Il mare della Malesia, sino allora
a picco, mi capite. A Sarawak ho una persona che ... - Olà,  mastro  Bill, levatemi dai piedi quest'uomo. Non è questo il
era nelle acque di Mompracem. Malgrado tutti gli sforzi di  mastro  Bill, che rompevasi le mani sulla ribolla del timone, la
dall'isola. - Che il buon Dio ci salvi! - esclamò  mastro  Bill, che aveva pure scorto quell'uomo. - Quello era la
di quelli di Mompracem. - Attenti a virare! - urlò egli.  Mastro  Bill, unendo tutte le forze, tirò vivamente a sé la
chiedo da ora di non farmi neppure cavaliere. Fammi invece  mastro  legnaio e mastro campanaro, perché come legnaio piallerò e
non farmi neppure cavaliere. Fammi invece mastro legnaio e  mastro  campanaro, perché come legnaio piallerò e taglierò con
e del lieto, della festa e del buon riposo». «Così sia,  mastro  Blabante! Davanti a mago Antolfo, sotto l'occhio di Dio,
«Ah, comare Pina! Chi lo avrebbe mai sospettato!», esclamò  mastro  Vito, ancora un po' imbarazzato dal sonno. «No! Lasciatemi
C'è un letto nell'altra stanza ... » «Lasciatemi stare qui,  mastro  Vito.» «Comare», egli disse, esitante, «ora è inutile
... Voi già lo sapevate ... di Rocco! ... » «Ve lo giuro,  mastro  Vito! Niente! ... Neppure un sospetto! ... Avevo anzi
... Ora non sarebbe in questo stato! ... Che strazio,  mastro  Vito!» «Potete vantarvelo! ... Vi ha voluto bene!» «È vero!
come un cane, alle mani di gente prezzolata, di Titta e di  mastro  Vito! ... Questo, ah! non vi sembra uno scandalo! E poi
capelli nerissimi, alta e snella. E parlando di lei con  mastro  Vito, Titta dichiarava che, secondo lui, la prima pazzia il
«Dovete capirlo», le disse, «non potete restare più qui.  Mastro  Vito, pensateci voi ... Poveretta!». Ella gli sfuggì per
«Figlio! figlio mio!» E si lasciò trascinar via da  mastro  Vito, senza opporre resistenza, umile, rassegnata com'era
solo se avremo il vento in poppa». Fu dunque dato ordine a  mastro  Eudaveo, il fabbro, di forgiare un elmo nuovo al signore: