Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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sola voce altrettanto salda  ma  priva di parole ti assomiglia e credo che mi avverta,
spegne la luce e chiama al posto mio, come una volta  ma  da sempre più lontano.
piombo  ma  aria sul fiume.
sollievo venuto da non so dove  ma  reale.
Amor ci suscita,  ma  come, e donde?- Le razze intrecciansi, nessun risponde.
sui nostri amori, il suol ci germina serti di fiori,  ma  tutto è tenebre pria della culla, e dopo il feretro vediam
Gino che illuminandosi mi redarguì dicendo: «Dante sì,  ma  dopo Sant'Agostino».
 Ma  era davvero necessario che la raccolta si concludesse con
parlare di questi sassi,  ma  non della loro forma o del loro colore, e nemmeno della
sostanza o del loro peso. Vorrei parlare di questi sassi,  ma  prima vorrei essere sicuro di non essere frainteso. Per
sembrato un gesto teatrale, magari fatto male, senza stile,  ma  pur sempre con dentro qualcosa di simbolico. Invece io non
nella pancia, perciò è disperata. Dice che non e cancro,  ma  gravidanza.
e doloroso - gli passi accanto e non lo senti amare.  Ma  ancor fra gli altri uomini t'aggiri, con questo parli ed a
lor, s'anco a nessuno dai la tua speme intera e la fiducia.  Ma  fra l'oggi e il domani e questo e quello ti dissolvi, e
giovane e di quello cui lo sguardo concedi o la parola,  ma  d'ogni cosa che ti sia vicina, ma del sole, dell'aria, ma
concedi o la parola, ma d'ogni cosa che ti sia vicina,  ma  del sole, dell'aria, ma del pane, ché di loro ti nutri e a
ma d'ogni cosa che ti sia vicina, ma del sole, dell'aria,  ma  del pane, ché di loro ti nutri e a me sei tolta; gelosia
il mondo intero, che la vita stessa vorrei esser per te -  ma  tu l'ignori.
 Ma  è adesso che vengono Hitler (31 gennaio, un giorno di San
Park il vecchio indovino insiste sulle sue origini povere,  ma  lei s'indigna. S'azzitta quando la definisce ambigua.
so perché  ma  sento il bisogno di parlarti, a te proprio a te che da anni
del magazzino, tra le scansie alte fin quasi al soffitto.  Ma  un piccione non s'era ancora visto. Fino a sera sperammo
in cielo da solo, com'era stato per gli altri pennuti,  ma  quando non bastarono le urla di incitamento né il lancio di
Forse perché così trova il suo cibo, come le rondini,  ma  perché sempre solo su due dimensioni, senza usare lo
treccie nerissime, e occhietti fini, ed assassini!  Ma  sparve dietro un tremulo bosco di antichi olivi, e la
cammino, oh torna, e sèguita la canzonetta, o forosetta!  Ma  là, sul lido candido, ahi! forse, o bricconcella, ti
fanciulla bella; egli sarà pittore, ed io sarò nocchiero,  ma  ti amerò davvero, e sull'oceano ci culleremo, con vela e
 Ma  chi di voi parlerà… degnamente, osterie che i pittor
stanza puzzolente ... Della cantina ohimè non ne parlate!  Ma  quando tapezzata è la stanzetta di tele, e qualche amabile
mio giocondo, canta, ridi tra il verde, all'aura fresca;  ma  poi non ti rincresca pensare ch'io non veggo il tuo crin
ch'io non veggo il tuo crin biondo, bambino mio giocondo!  Ma  poi non ti rincresca pensar che questi tuoi giorni beati
a me rubati; fa' che un sospiro al tuo gioir si mesca,  ma  poi non ti rincresca. aprile 1867.
buono e quel tratto di sentiero è scuro come tutto attorno,  ma  non è un pozzo e non e buio. Allora mi accorgo che dall
del buco, non ci sono più rottami, rimesse, tane di conigli  ma  il cimitero, Vecchio e Nuovo appena separati da un muretto:
lingua, ed è così che ho scritto una poesia dimostrativa.  Ma  io sono preoccupato soprattutto in questo momento, ed è un
se ciò che sto facendo sia vecchio o nuovo, bello o brutto,  ma  mi dispiacerebbe se fosse inteso come falso, e sto
scrivo delle cose che mi sono abituato a chiamare poesie,  ma  se questa cosa di questo momento non dovesse funzionare,
effluvi di fior. Un serto facciamogli del nostro pensiero,  ma  casto, ma placido, ma bello e leggero; ci basti il suo
fior. Un serto facciamogli del nostro pensiero, ma casto,  ma  placido, ma bello e leggero; ci basti il suo bacio per
facciamogli del nostro pensiero, ma casto, ma placido,  ma  bello e leggero; ci basti il suo bacio per leggere i fati,
età che son morte; del dolce, del forte, del santo cantar!  Ma  meglio, assai meglio se invece lo aspetta, la pace, il
preciso dici di aver freddo, che vuoi tornare indietro.  Ma  è proprio lì che guardo meglio e pochissimo più avanti
assoluto. E da quel buco viene gente, molta che non vedo  ma  che avverto e neanche per sbaglio ci salto, io stasera lì
di bianco, è assenza, mi dicevo, è vuoto d'assenza,  ma  era un bianco che innevava i pensieri, un abisso di bianco
mi dicevo, il silenzio dell'origine, o della fine,  ma  era solo un immenso lenzuolo bianco sotto cui dormivano
pensieri, è il nulla, mi dicevo, il bianco del nulla,  ma  era soltanto un sogno di bianco che generava bianco, così
 Ma  bello è quando parlano, seguendo del pennello la corsa
corallo! - Ve', ve', il giardino qui dell'Intendente! - Oh  ma  non scriva, no, quel muro giallo: vi sta un ricco che mai
del vecchierello ; amo tutta la musica che ho intesa,  ma  non amo la musica di chiesa. Ah per l'uom sventurato appeso
del vecchierello; amo tutta la musica che ho intesa,  ma  non amo la musica di chiesa.
nel mio giardino Ascolta ... a festa suona la campana ...  ma  che fa qui in un angolo il becchino? Deh, profumami, madre,
colli, e la sottana dammi ch'io vi ricami un fiorellino ...  ma  il vecchierello ov'è che mi risana? Oh non più, madre,
di per sé, e non perché siano un simbolo di qualcosa,  ma  proprio perché sono una cosa come un'altra: sassi.
sulle labbra e sul corpo, tu che mangi di malavoglia:  ma  non ricordo cosa. Io devo partire il giorno dopo, sud,
l'ira del Signore: non è incenso o latin che lo diletta,  ma  il profumo, ma l'estasi del core! E il mio cor, che quaggiù
non è incenso o latin che lo diletta, ma il profumo,  ma  l'estasi del core! E il mio cor, che quaggiù pensa a voi
in testa, lasciandomi più solo, non dico tramortito  ma  piuttosto perplesso. Non avevo alla fine che sonno, e
chino. Assorta, non ai suoni suscitati dalle dita,  ma  al suono, inudibile, da cui scaturiscono quei suoni.
Nubil'e brev'e freddo e pien di noia, die pò bella parer  ma  nulla vale. PETRARCA, Triumphus Temporis Il brivido
ed ai profili neri degli alberi dei monti si congiungono.  Ma  nel cielo e nel piano, ma nell'aria, ma nello sguardo della
alberi dei monti si congiungono. Ma nel cielo e nel piano,  ma  nell'aria, ma nello sguardo della tua compagna e nel
si congiungono. Ma nel cielo e nel piano, ma nell'aria,  ma  nello sguardo della tua compagna e nel pallido viso, ma nel
ma nello sguardo della tua compagna e nel pallido viso,  ma  nel tuo corpo, ma per la tua bocca canta ciò che non sai:
della tua compagna e nel pallido viso, ma nel tuo corpo,  ma  per la tua bocca canta ciò che non sai: la primavera. Così
da me sì ch'io non possa saziar la mia fame ora qui tutta?  Ma  solo e miserabile mi struggo lontano e solo, anco s'a te
vive e chi ti gode che per te nasce e vive ed ama e muore?  Ma  ogni cosa sospingi senza posa che la tua fame tiene, e che
spero senza fede. Ahi, non c'è sole a romper questa nebbia,  ma  senza fine e senza mutamento sta in ogni tempo intero ed
carretto che si perde nei vicoli lontani, tutto è quiete...  Ma  un canto ecco s'innalza, e un uomo, al muro brancicando,
- Chi è, chi non è ? Oh povero me!... Il prete lo giura,  ma  nulla io ne so: chi dice di sì, chi dice di no... Gli è il
i dì: andrem nella luna, negli astri, o nel sol? Non so,  ma  però mi esercito al vol ché il vino le aluccie prestarmi
esercito al vol ché il vino le aluccie prestarmi può sol.  Ma  vedi lassù... Che avvenne, che fu ? Oh domine!... un gatto
caccia via, e ti manda a buscarti i sacramenti all'osteria.  Ma  or rincasa ; gelato è il primo albore ; torna, torna
tu ? - Non ricordo...- E il domicilio ?... - Sulla terra! -  Ma  dove ? - É il mio segreto! E di seguirmi vi faccio divieto;
faccia barbuta del povero vecchio biancheggiano al sol...  Ma  il vecchio la luce del dì non saluta, e brontola : "
forte è il sogno della vita - se la morte a vivere ci aita  ma  la vita la vita non è vita se la morte la morte è nella
morte morte non è finita se più forte per lei vive la vita.  Ma  se vita sarà la nostra morte nella vita viviam solo la
forma di lupo. Non erano le immagini che facevano spavento,  ma  la loro cadenza, il loro ritmo spento. Non dico tutto.
- Eh, che mai fa ? - Dipingo. - Oh bello, oh bello! ... -  Ma  come ? - Come posso. - E cosa ? - L'onda. - L'onda del mar?
- Il tuo, no, il mio che azzurri ha remi e sponda. -  Ma  del quadro che fa, lassù a Milano? - Al prossimo di buona
A quet'ultimo i compagni portano sigarette e cioccolato,  ma  continua a disperarsi, pretende di vedere l'amico.
automatico l'uomo lo guarda posando una mano fugace  ma  ferma sul ferro. Poi se ne va puntando avanti e nella testa
perfettamente sufficienti, indifferenti in apparenza  ma  vive del suo sguardo, morte del suo splendore, del male che
sogni la strana visione tornerà nuovi enigmi a fischiar.  Ma  le vispe fanciulle dei campi, che cullato ancor bimbi non
tutti gli stenti non sanno che si sposano ai cenci quaggiù;  ma  i garzoni che guardano i lampi quando tuona, con ciglia
che guardano i lampi quando tuona, con ciglia inarcate,  ma  le donne, filando invecchiate, cinto il cuore di arcigne
quasi estatici il corso brontolando : " No, fumo non è! ".  Ma  i più furbi bisbigliano invece " Sì, che è fumo, e ai
mio volto quel dì non vedrai insolente il sorriso spuntar.  Ma  deposto il mio caro bagaglio io verrò ne' tuoi crocchi
tuoi crocchi festivi, non più in traccia di baci furtivi,  ma  coi maschi da senno a parlar. E dirò: " Questo fischio
siete più mandre indifese, voi famiglie dei solchi dìlette,  ma  dal vostro vessillo protette, ma da legge che ingiusta non
dei solchi dìlette, ma dal vostro vessillo protette,  ma  da legge che ingiusta non è. * * * O Musa mia, perdonami se
Musa mia, perdonami se ti ho costretta a far da moralista!  Ma  sai quanto mi strazii dei miseri la vista! E poiché sì
parola onesta: la mission sacrosanta, o Musa, è questa!  Ma  poi pagato l'obolo, chi niegherà, mia cara, al tuo pittore
la morte,  ma  i morti mi raggiungono oggi e mi abitano, come padroni
i dì! Son solitario e povero, non ho sorrisi intorno...  ma  mi sorride il giorno, ma la mia musa è qui! È ver: son
povero, non ho sorrisi intorno... ma mi sorride il giorno,  ma  la mia musa è qui! È ver: son solitario. Vivo una vita
musa è qui! È ver: son solitario. Vivo una vita grama...  ma  so che al mondo m'ama qualche buon'alma ancor. Dal mio
d'altre cose memorando mi parlano con voce indifferente,  ma  nel loro sorriso, ma negli occhi mi par d'intravedere
mi parlano con voce indifferente, ma nel loro sorriso,  ma  negli occhi mi par d'intravedere ch'altra cosa vogliono
o alla mia stanza solitaria e solo tutto in me mi raccolgo;  ma  nell'aria, nel canto degli uccelli e nell'uguale mormorare
che nasce palpitante, la «storia» che non soffre le parole  ma  vuol esser vissuta, il più profondo e caro senso della
ancor ch'io fossi d'ogni certa speranza privo al tutto;  ma  da quello una vena mi fluiva di forza che nel mezzo delle
fatti - che sia per gli altri nuova vita; non disperare,  ma  rinuncia ai vani aspetti della vita, e nel deserto sarai
nella notte e consumare quella fiamma mi parve la mia vita.  Ma  per più lunga strada il mio destino mi volse a far cammino:
a far cammino: e vivo ancora mi trovai nel fittizio riposo,  ma  a te vicino per più forte andare; in te concreta vidi la
a me vicina io t'ho sentita siccome nel sogno. - Non Argia  ma  Senia io t'ho chiamata, per non sostar nel facile riposo, e
nostro mare è Milano, l'Italia, e non ci sta davanti  ma  intorno. La nostra casa è una casa di Milano.
nonostante la seconda pastiglia (notturna, di sicurezza),  ma  nessuna adrenalina da corse, è stata una serata come tante,
più pura inverso l'alba rivela il sogno le cose lontane.  Ma  ripiegata in piccolo sedile, come un uccello che ferito a
occhi t'eran fatti cavi. Io ti parlavo e tu non rispondevi,  ma  pur col bianco vel t'adoperavi di riparare l'ultimo calore.
riparare l'ultimo calore. T'ero vicino e tu non mi vedevi,  ma  nella morte già eri raccolta ed alla morte come ad un
la vita sol dolore, poiché in te la passione era svanita,  ma  sulla faccia il pallido terrore t'era dipinto e t'era
dalla nascita il riposo finge nel tempo eterno e tenebroso,  ma  la giovane morte che sorride a chi per la sua cura non la
compagna e il compagno e non li preme con l'oscuro dolore -  ma  che insieme li accoglie nel suo seno, come il porto di pace
ghirlanda di sposa: non vola, no, libera in mezzo al cielo,  ma  preme il suolo, e a colmo di sventura, la madre ha accanto
solae adre, narrartela vorrei la storia,  ma  è fumo, è nebbia nella memoria. Storia di grandini e di
del Padre Eterno! Madre, narrartela vorrei la storia,  ma  è fumo, è nebbia nella memoria!... …………………… Però ritessimi
ripetere che la mia storia è fumo, é nebbia nella memoria,  ma  che l'aureola del tuo sorriso la muta in estasi, ne fa un
in piedi con le laraccia aperte e sembriamo due statue,  ma  sorridenti, e non ci sono domande, solo il gioco della luce
raccolta che la fiamma nel tempo stesso vela e manifesta.  Ma  se l'occhio distolgo dalla strada arida e sola che percorro
m'invade, non per me se nella notte solo io soccomba,  ma  per te, o compagna forte e sicura - che pel mio piacer, per
sofferenza inerte. Perciò se freddo e ruvido io ti sembri,  ma  tu lo sai: è per vieppiù andare, è per nutrir più vivida la