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Il romanzo della bambola

222178
Contessa Lara 23 occorrenze
  • 1896
  • Ulrico Hoepli editore libraio
  • Milano
  • paraletteratura - romanzi
  • UNICT
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sempre qualche parolina, assicurandolo che anch'ella pensava a lui; e gli mandava dei baci e lo pregava di benedirla. A quel bravo signore, come alla

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segatura, le si rasserenò a poco a poco come per incanto. Che le importava adesso lo squallore del luogo dove l'avevano imprigionata, e la poca luce che

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Ma dove andavano e quanto lontano, così sballottati ora qua or là? Per quali vie passavano? Nè la Giulia nè il suo buon amico lo potevano indovinare

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la gloria - rumore sempre vano - che lo aveva accompagnato. Adesso, certo, erano presso a cambiar vita l'uno e l'altra; e peggio di quel ch'era loro

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maraviglia. - Sì, ascolta. E, sotto le coltri, tirò lo spago che faceva dire alla pupattola: Mamma! La Marietta mise un grido, e rizzatasi a seder sul letto

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accudivano a tutte le faccende di casa: spazzavano e spolveravano la camera da letto dei loro genitori, lo stanzino mezzo buio dove dormiva il fratello

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che mettevano in cuore un gran benessere. Una sera, dopo cena, la massaia, volse intorno lo sguardo, e nel veder Orlando e la Giulia accosto uno

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non lo maneggiavano; le palpebre le si erano chiuse da loro, come le si chiudevano sempre quando la coricavano supina; e così muta, immobile, pareva

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Marietta non avea capito lo strazio, s'era spezzata una molla: la bambola non poteva ormai pronunziare il più dolce dei nomi: Mamma! e qualche cosa

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così bello e gradito: anche perchè, tanto per la buona condotta quanto per gli studi, non se lo sarebbe meritato: lo capiva ella stessa. Ma il suo

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scelta, per non offendere la miseria della signora Cerchi. - Questo non lo prendo, sai - diceva la signora Amalia alla sorella, tenendo in mano un

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non era più abituata da tanto tempo, fissò lo sguardo negli occhi buoni e affettuosi di Camilla; e di dentro al vetro dovette parlare, implorando

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polvere sopra i mobili; il letto piano come un dado: perchè Camilla stessa se lo rifaceva ogni mattina, appena alzata, non tralasciando di spazzare

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quest'altro. Poi non ha soltanto questo vestito; ha un ricco guardaroba; adesso glie lo mostro. Vede? Un abito da corse, di seta scozzese, col cappello grande

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fiore sotto il grembiule, perchè nessuno glie lo vedesse. - Ecco, Giulia - diss'ella, con un sorriso felice, prendendo in braccio la sua bambola. - Questo

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rumore, perchè aveva bisogno d'udire una dolce parola. - T'amo! - disse la Giulia. E lo disse con tale accento d'amore da credere ch'ella fosse

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pensare che si maltratti una bambina, e per di più, malata - interpose la maestra, - solamente, glie lo dico con tutta franchezza, Camilla è d'una

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volte in fronte la creatura. - Camilla! Millina mia! - disse, rasciugandosi gli occhi. - Che cosa è stato? Come ti sei ammalata così? - Non lo so

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sempre aver bisogno. - O allora, che cosa? - chiese lo sconosciuto con voce nasale e accento strascicato. - Il cassettone, la tavola, magari le sedie

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uno spago ciondolarle dal ventre, lo aveva tagliato, non passandole, certo, per la mente che una pupattola potesse parlare, e che appunto per mezzo

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corazza e di gambali, aveva l'elmo levato, onde veniva fuori un volto acceso con due gran baffi; in una mano teneva uno spadone e nell'altra lo scudo

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Quanto a me, niente paura! persino la camicia avevo di ferro. È vero che il pubblico, davanti a cui si dava lo spettacolo, mi batteva le mani e mi

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, lo so purtroppo: che ci si fa? Bisogna rassegnarsi a' decreti della Provvidenza. Di lì a qualche tempo il padrone fallì, e dovette vendere, è il

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