, non si moveva; di modo che la contessa ripeteva a' suoi ragazzi, i quali ridevano come matti, che quello lì aveva l' intelligenza d' un topo
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d'ingresso ad aspettare l' arrivo dei topi. La mamma li aveva raggiunti. Qualche istante dopo, guidato da Letizia, spuntò dalle scale l' individuo col
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intendeva, Dio liberi! abbandonare per sempre li luogo della sua nascita, nè i suoi cari parenti; ma un po' di svago voleva pure goderselo. Con tutti
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' autunno, era piuttosto fresco. A momenti, de' nuvoloni neri si accavallavano oscurando il cielo; a momenti il sole li traforava, scintillando come
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filo d' erba che cresceva lì vicino. Oibò! com' era scipita! Non somigliava davvero a quella bella cicorietta aromatica, che la Letizia aveva ordine
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arnese, in paragone di sè stesso, non lo avrebbe nè anche degnato d'una risposta, se le circostanze fossero state diverse. Ma lì, in quel tristo luogo
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. Ormai aveva corso tanto, che non udiva più que' gridi disperati, ma li aveva sempre nel cuore, nel cuore che gli tremava. Stremato di forze, s'abbandonò
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peggio era che il pelo non gli sarebbe cresciuto prima d' un par di mesi!... Rimase lì fino a sera, quando la Letizia lo sorprese e lo portò a tavola. - Oh
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- E sai come Dodò fa la sentinella col fucile! - Davvero? - - Guarda! - Dodò, serio, grave, afferrava la sua piccola arma di legno, e restava lì
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stava lì ferma dinanzi a que' piattelli, dove ogni poco Vittorio ammucchiava frutti, chicche, ogni sorta di ghiottonerie, sperando d' invogliar di
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. Facendosi strada tra la gente lì raccolta, raccattò, tremando, la sua topina, e la riportò in casa. Un filo di sangue colava di tra' dentini ambrati della
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chiamavano i topini a colazione o a desinare; anche se li chia- mavano per metterli a dormire, la sera. - O dove può cacciarsi quella spensierata della Lilia
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' era fatta pallida la punta del naso; la Lilia tremava per paura che suo fratello non assalisse quell' altro con tanti morsi, da lasciarlo lì mezzo
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- ciotta dalla gabbia, e li consegnò a' suoi novi padroncini. Chi sa di quei cuori di bimbi e di quei cuori di topi quali battevano più forte in quel
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- propose la contessa. - Voi, bimbi, li conoscete i gusti dei topini. -
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. Finalmente si arrivò alla felice serata del Natale. I saloni de' Sernici eran tutti splendidamente illuminati; gruppi di piante fiorite li decoravano
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i pezzi di tela fina che i padroncini mettevan loro lì dentro a mo' di materasse. E lì dentro schiacciavano dei sonni di ore e ore, mentre Rita e
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come cagnolini da una stanza al- l' altra, a prendere il cibo dalla bocca, come due piccioni, e altri simili garbi. Con gli antichi esercizi non li
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domandò alla padrona: - Perdoni, signora contessa: li ha presi lei i tovaglioli per il caffè e latte? - Io, no, - rispose la signora. E soggiunse: - O che
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poppare; e s' addormentavano assieme l' uno su l' altro come un mucchiettino di carne. Ogni poco, quando eran liberi, i loro padroncini li andavano a
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tutto la mezz' ombra di quella libreria, che gli dava modo di dormire in pace; poi lì stava tra un profumo vago di pelli e in mezzo al molle contatto
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, che l' aveva preso sotto la sua protezione, lo portava a tavola. Lì mangiucchiava qualcosa, massime il dolce, poi risaliva su la spalla di Rita e
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mattine, dopo aver preso il caffè con gli altri, Dodò, a furia di cenni, si faceva metter per terra, e correva nello studio del conte. Lì s' arrampicava
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i creditori del conte da' modi sgarbati con cui entravano in casa; e bisogna dire che, non ostante la sua grande pazienza, proprio non li poteva
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