Un lenzuolo di nebbia avvolge il cielo, e la pioggia minuta e lenta cade; le colline lontane han messo il velo, e di fango si coprono le strade
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Amo sedermi, quando spunta il sole, tra queste blande aiuole, nel silenzio infinito, nella pace profonda che il buio orbe circonda. Le perle di
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, al vostro ginocchio cadranno i miei versi; parlate, e le imagini verran dalle stelle per farsi più belle tra i vostri doppier
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il rantolo, vi scroscia il riso; tutte le aureole del paradiso, tutte le furie del folle inferno vi cantan l'epica del Padre Eterno! Madre
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mio pensier le imagini funeste ho cancellate; sono larve obliate, sogni ed ubbie e d'allor! "A Bacco e all'amicizia!" dicea l'augusto prete, quando le
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. La timida lucertola; che lambe i muri infranti si arresta a udir dei canti e a contemplar i fior. Le nuvole sorvolano tutte color di rosa, e la
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dalla siepe che cinge le aiuole più non sparissse il sole? Il vignaiuol più non verrìa cantando la sua dolce canzone la canzon che, esulando, dice
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Mi chiaman pazzo le vicine, e infatti fra tanti matti posso esser matto anch'io. Ma, affé d'Iddio, io le sento russar, le donnicciuole; oppur, da
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È l'ora in cui gli augelli accovacciati la testolina ascondon sotto l'ala; le lucciolette ricamano i prati, e canta a vespro la fulva cicala
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sole le pupille serene! E allor non mi dirai che senti cose da gran tempo obliate; e le rime, castissime mimose, non ci saranno ingrate; e i bianchi
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sotto le spire della sua danza folle insuperbirsi i petali, schiudersi le corolle: rose, geranii, mammole, anemoni e giacinti, come da un vago
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altamente cercate, di prepotenti affetti e di visioni nell'invocato Avvenir divinate o in le sante illusioni, la bella fronte rifulgea. Non disse parola mai
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garriti e fischïate fesse… fin le tegole anch'esse, forse per l'abitudine dei nidi, si credon rondinelle e volan via. Fra le spighe gli steli e gli
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; né attenderò giammai che il cimiter si schiuda alle canzoni per amarle e sposare a' vacui lai le balde ammirazioni. Però nel giorno che un tonfo di
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le brughiere; incertamente le sembianze nere sotto il ciel sconsolato osserva il viaggiator dallo sportello, e si chiude più e più nel suo mantello
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mio, molte sciagure di cui farai tesoro: esse valgono - sai? - nell'ore oscure oh! molto più dell'oro! Ti lascio i sogni e le illusïoni, mille imagini
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nuda assomiglio, mia carne ideale, al legno d'un feretro che avesse le ale. Oh!... I mistici effluvii che hai tu nella gonna!... Talvolta fantastico
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brami. Qui vendemmian. Bei giorni, allegre notti. Tripudiano le valli e le pendici; si arrotondan nel gaudio, al par di botti, mille pancie felici. Son
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tu verresti a fermar spesso alle grate il più tranquillo dei morelli tuoi, e, per le vaghe arcate, mediteremmo insiem messale ed arpa, cilizio e
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!... Oh! vi potrei strappar, maschere oscene! Vi spezzerei scudi e freccie da nolo!... E sapreste che sian quaggiù le pene che all'onestà fan la perfidia
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guardava il pendolo; e dicea le orazioni. Vuoi che sul focolare ti ravvivi i tizzoni ?... Il tuo libro ti aspetta... * * E tu, fratello mio, non hai tu
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vanno i grilli a spasso. La sempiterna Venere rigonfiava d'amor le foglie tenere, e il giardino olezzava, e le mandre belavano nei prati. - Che
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bimbo lo sgomento e la gioia. Mi inchinerò dei serafini al nimbo sulla madonna chino, e ginocchioni e con giunte le mani!... E dalle pinte finestre i
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? Ahi l'aratro, il congegno diletto, che diventa al confronto fatale? Veh! Coll'oro si fabbrican l'ale! Veh, se i ricchi le sanno pensar! E, tornando
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, fulgido come i cherubi felici, tutto il cielo eran le vergini, tutto il mondo eran gli amici! Corse ai monti e sull'Oceano, fantasie di pellegrino
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, di cui siam casti amanti. Penna e pennello, un dio v'agita allora!... su, facciam le valige, Enrico, è l'ora di diventare erranti. Aprile 1875
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e di coralli e cieli di zaffir; e sarà tanto il gaudio che ti parrà morir! Udrai la greca Diana e l'Ondina Ossïana gridarti : " Endimïon! "; le
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mio balcone, e mi addormenta. Sogno allor le scarpette esposte al vento, i magi in viaggio ancor sui dromedari, e il gioir delle madri, e lo sgomento
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indora! L'ellera, amica agli ermi, ha incoronata la tua vetusta fronte, e tu rammenti, o campanile, un monte e una calma dimora! Come t'aman le rondini
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Era in legno di cedro all'Asia tolto, e in porpora di Tiro e in vaghe piume di colibrì avvolto. Le gemme, a mille e mille, quelle dei glauchi oceani
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E or già comincia ad esser bianco il crine, e più spessa sul core cade la neve... - Svaniron le larve, il sogno sparve. Quante stoltezze in questa
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, per veder le beltà dell’Ellesponte, dell’Egitto e del Lazio! E’ Frine: il guardo, se lo fa parlare, com’ella sa per infortunio mio, non l’Areopago
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