giustificare un certo ritmo affrettato offerto dal lavoro degli ultimi anni, durante i quali l’artista cercò di «rifarsi» di tutto il tempo impiegato in
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Damisch al I Congresso internazionale di semiotica)1 che in un certo senso riassume molto del lavoro compiuto sin qui dagli studiosi delle arti visive che
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Dunque: nessun artista, o quasi, aveva creato l’opera solo per un «intima esigenza». Sicché il lavoro artistico appariva sempre di più uniformarsi a
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lavoro preparatorio molto più disinteressato e paziente, e non, come oggi, con un lavoro che è quasi totalmente asservito - già in partenza - a fini
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limitati da ben precise esigenze economiche, nel caso dell’artista «puro», il telos del suo lavoro appare il più delle volte come dettato non dalla fantasia
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stilistica e «contenutistica». (Basti rimandare qui al lavoro di Panofsky Meaning in the Visual Arts1). Comunque, anche a volersi rifare all’approccio
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territorio; si assiste, per contro, ad un altrettanto sterile dilagare di ipotesi di lavoro, di tentativi utopistici, che possono avere un interesse solo
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era solo il valore d’uso a dominare, non permettendo perciò quell’alienazione [degli oggetti, degli individui, del lavoro, e dell’arte] che ben
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che dal «valore» delle singole opere - dall’impostazione del lavoro e dall’apertura di intenti del gruppo milanese; nonché dalla sua precoce
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tecnologizzazione del mondo presente). Arte e gioco, lavoro e loisir, invenzione artistica e invenzione scientifica... tutte le forme di attività
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falegnameria che è tipica dei popoli anglosassoni. Questo fatto gli ha permesso di eseguire le sue opere mediante un prezioso, abilissimo, lavoro
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