Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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 La  Direzione centrale è in via Santa Margherita num. 18, ed è
sede della Questura. _ V' hanno sei Sezioni distribuite per  la  città: la prima., via Pontaccio n. 19 _ la seconda, via
Questura. _ V' hanno sei Sezioni distribuite per la città:  la  prima., via Pontaccio n. 19 _ la seconda, via Santa
distribuite per la città: la prima., via Pontaccio n. 19 _  la  seconda, via Santa Margherita n. 10 _ la terza, via Cerva
Pontaccio n. 19 _ la seconda, via Santa Margherita n. 10 _  la  terza, via Cerva n. 14 _ la quarta Corso di Porta Romana n.
via Santa Margherita n. 10 _ la terza, via Cerva n. 14 _  la  quarta Corso di Porta Romana n. 98 _ la quinta, via San
via Cerva n. 14 _ la quarta Corso di Porta Romana n. 98 _  la  quinta, via San Simone n. 12 _ la sesta, via Terraggio n.
di Porta Romana n. 98 _ la quinta, via San Simone n. 12 _  la  sesta, via Terraggio n. 4.
e Piombofino Il Re Porcaro Il Reuccio Gamberino  La  danza degli Gnomi I tre talismani La fiaccola dei desideri
Il Reuccio Gamberino La danza degli Gnomi I tre talismani  La  fiaccola dei desideri La lepre d'argento Nonsò La leggenda
danza degli Gnomi I tre talismani La fiaccola dei desideri  La  lepre d'argento Nonsò La leggenda dei sei compagni La
talismani La fiaccola dei desideri La lepre d'argento Nonsò  La  leggenda dei sei compagni La camicia della trisavola La
La lepre d'argento Nonsò La leggenda dei sei compagni  La  camicia della trisavola La cavallina del negromante Nevina
La leggenda dei sei compagni La camicia della trisavola  La  cavallina del negromante Nevina e Fiordaprile
una volta un barbiere che faceva  la  barba alla povera gente. Scorticava le facce con un vecchio
di umore allegro, rispondeva: - Per un soldino, vi faccio  la  barba e una braciola; e brontolate? Una braciola costa di
per stagnare il sangue. Quando non aveva da fare, prendeva  la  chitarra e sedeva davanti la bottega, strimpellando e
non aveva da fare, prendeva la chitarra e sedeva davanti  la  bottega, strimpellando e cantando: - Chi la vuol cruda, chi
sedeva davanti la bottega, strimpellando e cantando: - Chi  la  vuol cruda, chi la vuol cotta E c'è chi vuole la Reginotta.
bottega, strimpellando e cantando: - Chi la vuol cruda, chi  la  vuol cotta E c'è chi vuole la Reginotta. Chi la vuol cotta,
- Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta E c'è chi vuole  la  Reginotta. Chi la vuol cotta, chi la vuol cruda; Ma io
cruda, chi la vuol cotta E c'è chi vuole la Reginotta. Chi  la  vuol cotta, chi la vuol cruda; Ma io vorrei ... E si
cotta E c'è chi vuole la Reginotta. Chi la vuol cotta, chi  la  vuol cruda; Ma io vorrei ... E si fermava. Gli domandavano:
lo so io! Un giorno, mentr'egli cantava, passò il Re. - Chi  la  vuol cotta, chi la vuol cruda; Ma io vorrei ... - Ebbene?
mentr'egli cantava, passò il Re. - Chi la vuol cotta, chi  la  vuol cruda; Ma io vorrei ... - Ebbene? Che vorresti? -
- domandò il Re. - Maestà, è inutile ve lo dica; non me  la  potreste dare neppur voi. - Voglio saperlo. - Se ve lo
voi. - Voglio saperlo. - Se ve lo dico, Maestà, vi verrà  la  voglia come a me. - Dimmelo. Chi la vuol cotta, chi la vuol
dico, Maestà, vi verrà la voglia come a me. - Dimmelo. Chi  la  vuol cotta, chi la vuol cruda; Ma io vorrei ... tanto di
la voglia come a me. - Dimmelo. Chi la vuol cotta, chi  la  vuol cruda; Ma io vorrei ... tanto di coda! ... Tanto di
- Cantala un'altra volta. Il barbiere cominciò daccapo: Chi  la  vuol cruda, chi la vuol cotta, E c'è chi vuole la
volta. Il barbiere cominciò daccapo: Chi la vuol cruda, chi  la  vuol cotta, E c'è chi vuole la Reginotta. - E tu non
Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta, E c'è chi vuole  la  Reginotta. - E tu non vorresti la Reginotta? Preferisci la
cotta, E c'è chi vuole la Reginotta. - E tu non vorresti  la  Reginotta? Preferisci la coda? Sarai servito. Arrestatelo,
la Reginotta. - E tu non vorresti la Reginotta? Preferisci  la  coda? Sarai servito. Arrestatelo, e conducetelo a palazzo.
coda a un cavallo e preparassero un paiolo da struggervi  la  pece. - La vuoi? Eccola qui. E con le proprie mani intinse
cavallo e preparassero un paiolo da struggervi la pece. -  La  vuoi? Eccola qui. E con le proprie mani intinse la base
pece. - La vuoi? Eccola qui. E con le proprie mani intinse  la  base della coda nella pece bollente e l'appiccicò al
stanno le code. Il barbiere non disse né ahi né bahi, quasi  la  pece bollente non lo avesse scottato. Anzi, prima di
bollente non lo avesse scottato. Anzi, prima di nasconder  la  coda nei calzoni, si voltò verso il Re, la inarcò e
di nasconder la coda nei calzoni, si voltò verso il Re,  la  inarcò e l'agitò, come soglion fare i cavalli quando sono
il Re. Gli fecero un buco nei calzoni, ne cavarono fuori  la  coda e lo lasciarono andare. La gente correva dietro al
calzoni, ne cavarono fuori la coda e lo lasciarono andare.  La  gente correva dietro al barbiere, ridendo, fischiando,
dietro al barbiere, ridendo, fischiando, urlando: - Oh,  la  coda! Oh, la coda! Il barbiere se n'andò difilato in
barbiere, ridendo, fischiando, urlando: - Oh, la coda! Oh,  la  coda! Il barbiere se n'andò difilato in bottega, senza
neppure voltarsi, scodinzolando. Quando aveva finito di far  la  barba agli avventori, prendeva, al solito, la chitarra e si
finito di far la barba agli avventori, prendeva, al solito,  la  chitarra e si sedeva davanti la bottega, a strimpellare e a
prendeva, al solito, la chitarra e si sedeva davanti  la  bottega, a strimpellare e a cantare: - Chi la vuol cotta,
davanti la bottega, a strimpellare e a cantare: - Chi  la  vuol cotta, chi la vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno
a strimpellare e a cantare: - Chi la vuol cotta, chi  la  vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno la coda! Chi la vuol
vuol cotta, chi la vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno  la  coda! Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta, E ora aspetto
chi la vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno la coda! Chi  la  vuol cruda, chi la vuol cotta, E ora aspetto ... E si
Non tutti gli uomini hanno la coda! Chi la vuol cruda, chi  la  vuol cotta, E ora aspetto ... E si fermava. Gli
Trin, trin! - Impertinente! Dategli cento nerbate sotto  la  coda. Le guardie fecero per afferrare il barbiere; ma
fatto? - gli disse un Ministro: - Ora che il barbiere ha  la  coda, nessuno ce la può con lui. Il Re pensò: - Se me
un Ministro: - Ora che il barbiere ha la coda, nessuno ce  la  può con lui. Il Re pensò: - Se me n'appiccicassi due io?
ai migliori cavalli della sua scuderia, e da sé, perché  la  cosa non si risapesse, strusse la pece nel paiolo, ve le
scuderia, e da sé, perché la cosa non si risapesse, strusse  la  pece nel paiolo, ve le intinse alla base e cercò di
e cercò di appiccicarsele nel posto dove stanno le code.  La  pece bollente scottava. Sua Maestà cominciò a strillare e
scottava. Sua Maestà cominciò a strillare e saltare per  la  stanza, mandando accidenti al barbiere. Le code non gli si
a cantare un'altra canzonetta: - E una, e due, e tre, Vuol  la  coda come me! Con le code ci vuol Fortuna, Ne vuol due e
Con le code ci vuol Fortuna, Ne vuol due e non n'ha una.  La  gente si domandava: - Chi ne vuol due e non ne ha una? - E
ne ha una? - E una, e due, e tre, Lo so io e lo sa il Re.  La  gente scrollava il capo: - Il barbiere è ammattito. Il Re
foco e fiamme contro di lui; ma doveva frenarsi. Chi ce  la  poteva con quel demonio da che aveva la coda? E cercava
frenarsi. Chi ce la poteva con quel demonio da che aveva  la  coda? E cercava un'occasione, per fargliele pagare tutte a
fa a cacciarlo? - Nessuno gli dia pane, acqua e foco, pena  la  vita: dovrà andarsene coi suoi piedi, se non vuol morire di
e di freddo. - Ben pensata! E il Re fece il decreto: - Pena  la  vita, nessuno dia pane, acqua e foco al barbiere. Il
dia pane, acqua e foco al barbiere. Il barbiere chiuse  la  bottega, e con la chitarra a tracolla, andò a presentarsi
e foco al barbiere. Il barbiere chiuse la bottega, e con  la  chitarra a tracolla, andò a presentarsi al Re:. - Me ne
una canzonetta al cospetto di Vostra Maestà e di tutta  la  corte.. - Ti sia concesso. Il barbiere accordò la chitarra
di tutta la corte.. - Ti sia concesso. Il barbiere accordò  la  chitarra e si mise a cantare: - Chi la vuol cotta, chi la
Il barbiere accordò la chitarra e si mise a cantare: - Chi  la  vuol cotta, chi la vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno
la chitarra e si mise a cantare: - Chi la vuol cotta, chi  la  vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno la coda! Chi la vuol
vuol cotta, chi la vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno  la  coda! Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta, E ora aspetto
chi la vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno la coda! Chi  la  vuol cruda, chi la vuol cotta, E ora aspetto ... la
Non tutti gli uomini hanno la coda! Chi la vuol cruda, chi  la  vuol cotta, E ora aspetto ... la Reginotta! La Reginotta!
Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta, E ora aspetto ...  la  Reginotta! La Reginotta! La Reginotta! - Levati di torno,
cruda, chi la vuol cotta, E ora aspetto ... la Reginotta!  La  Reginotta! La Reginotta! - Levati di torno, mascalzone! Il
vuol cotta, E ora aspetto ... la Reginotta! La Reginotta!  La  Reginotta! - Levati di torno, mascalzone! Il barbiere voltò
Il barbiere voltò le spalle a Sua Maestà, inarcò; agitò  la  coda, come fanno i cavalli quando sono allegri, si curvò
di Portogallo? Ti hanno chiesto tutti e tre, e attendono  la  tua risposta. - Chi debbo sposar io, deve dirlo radichetta.
radichetta. - E chi mai è cotesta radichetta? - Eccola qui.  La  Reginotta cavò di tasca una radichetta scura, bitorzoluta.
- Quando avrò vicino chi dovrà essere il mio sposo,  la  radichetta germoglierà. Me l'ha data una Fata. Dice: Se
E invitò i tre Reucci per vedere chi di loro avrebbe,avuto  la  virtù di far germogliare la radichetta. Arrivò primo il
chi di loro avrebbe,avuto la virtù di far germogliare  la  radichetta. Arrivò primo il Reuccio di Francia.
Francia. Presuntuoso, superbo, disse: - Vedrete, Reginotta;  la  faccio fiorire di botto. Cavatela fuori. La radichetta,
Reginotta; la faccio fiorire di botto. Cavatela fuori.  La  radichetta, scura e bitorzoluta essa era, scura e
di Francia non l'avesse fatta fiorire alla prima. Ma più  la  toccava, e più scura e bitorzoluta diventava. - L'avete
diventava. - L'avete fatto a posta, per onta! Maestà, me  la  pagherete! E andò via, senza salutare nessuno, minaccioso.
pieno di gentilezze: - Vi piacerebbe, Reginotta, se  la  bella sorte toccasse a me? - Mi piacerebbe. E cavò di tasca
bella sorte toccasse a me? - Mi piacerebbe. E cavò di tasca  la  radichetta. Scura e bitorzoluta essa era, scura e
essa era, scura e bitorzoluta rimase. Il Reuccio  la  toccava, la strofinava delicatamente, mortificato che un
era, scura e bitorzoluta rimase. Il Reuccio la toccava,  la  strofinava delicatamente, mortificato che un Reuccio di
di Spagna non fosse riuscito a farla fiorire. Ma più  la  toccava e strofinava, e più scura e bitorzoluta diventava.
diventava. - L'avete fatto a posta, per onta! Maestà, me  la  pagherete! E andò via impettito e gonfio, senza salutare
un sorrisetto di soddisfazione sulle labbra, aspettando che  la  Reginotta cavasse fuori la radichetta. Gli pareva che già
sulle labbra, aspettando che la Reginotta cavasse fuori  la  radichetta. Gli pareva che già dovesse cavarla di tasca
rimase. - L'avete fatto a posta, per onta! Maestà, me  la  pagherete! E andò via, anche lui, senza salutare nessuno. I
di Spagna e di Portogallo fecero lega tra loro e intimarono  la  guerra al povero Re, che non c'entrava per niente. Alle
molto forte. Il Re dovette scappare a cavallo per salvare  la  vita. - Ah, se fosse qui il barbiere! - esclamò. - Maestà,
per una radica maledetta! Dammela qua; voglio buttarla via.  La  Reginotta la cavò di tasca e gliela porse piangendo: -
maledetta! Dammela qua; voglio buttarla via. La Reginotta  la  cavò di tasca e gliela porse piangendo: - Maestà, voi
tasca e gliela porse piangendo: - Maestà, voi buttate via  la  mia Fortuna. - Butterei via anche te, in questo momento! Il
te, in questo momento! Il Re era su tutte le furie. Aperse  la  finestra e scagliò fuori la radichetta con la maggior forza
era su tutte le furie. Aperse la finestra e scagliò fuori  la  radichetta con la maggior forza che poté. - Ora, di nuovo
furie. Aperse la finestra e scagliò fuori la radichetta con  la  maggior forza che poté. - Ora, di nuovo alla guerra! Fate
Questa volta vinceremo. Gli pareva che, buttando via  la  radichetta, si fosse già levato il malaugurio di dosso.
Entrò tutt'a un tratto il Ministro: - Maestà! Maestà!  La  radichetta è fiorita! É cascata in testa a uno che passava
É cascata in testa a uno che passava per caso sotto  la  finestra. Appena la raccolse, gli fiorì in mano. Questo è
testa a uno che passava per caso sotto la finestra. Appena  la  raccolse, gli fiorì in mano. Questo è buon segno. - Chi
quello dalla coda, che veniva avanti facendo inchini, con  la  chitarra a tracolla e la radichetta fiorita in mano. E
veniva avanti facendo inchini, con la chitarra a tracolla e  la  radichetta fiorita in mano. E prima che il Re, sbalordito,
una parola, egli si mette a suonare e a cantare: - Chi  la  vuol cotta, chi la vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno
si mette a suonare e a cantare: - Chi la vuol cotta, chi  la  vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno la coda! Chi la vuol
vuol cotta, chi la vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno  la  coda! Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta, Ora mi spetta
chi la vuol cruda; Non tutti gli uomini hanno la coda! Chi  la  vuol cruda, chi la vuol cotta, Ora mi spetta la Reginotta.
Non tutti gli uomini hanno la coda! Chi la vuol cruda, chi  la  vuol cotta, Ora mi spetta la Reginotta. Se non son Reuccio,
coda! Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta, Ora mi spetta  la  Reginotta. Se non son Reuccio, sono Principe, e posso
col Re. E vi farò vedere che prodezze può far fare  la  coda. Al Re non parve vero. Lo mise a capo dell'esercito, e
Lo mise a capo dell'esercito, e fu un taglia, taglia. Con  la  coda all'aria, e la chitarra afferrata a due mani pel
e fu un taglia, taglia. Con la coda all'aria, e  la  chitarra afferrata a due mani pel manico - non volle
a capo d'esso c'era il barbiere, cioè il Principe, con  la  coda all'aria e la chitarra al fianco, che andava sonando e
c'era il barbiere, cioè il Principe, con la coda all'aria e  la  chitarra al fianco, che andava sonando e cantando: - Chi la
la chitarra al fianco, che andava sonando e cantando: - Chi  la  vuol cruda, chi la vuol cotta, Ora mi spetta la Reginotta.
che andava sonando e cantando: - Chi la vuol cruda, chi  la  vuol cotta, Ora mi spetta la Reginotta. Alla Reginotta però
- Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta, Ora mi spetta  la  Reginotta. Alla Reginotta però quell'uomo con la coda non
mi spetta la Reginotta. Alla Reginotta però quell'uomo con  la  coda non andava; le faceva schifo e paura insieme, e non
per nulla sposarlo; ma non diceva il perché. Figuratevi  la  rabbia di Sua Maestà, che aveva tanto sofferto appunto per
Sua Maestà, che aveva tanto sofferto appunto per lei e per  la  sua radichetta. - E perché non vuoi sposarlo? É nobile, è
perché non vuoi sposarlo? É nobile, è giovane. - Perché ha  la  coda. - Non è nulla - disse il Principe. - Me la faccio
Perché ha la coda. - Non è nulla - disse il Principe. - Me  la  faccio tagliare. Non c'era verso né di tagliarla, né di
palazzo reale pareva un inferno, col Re che urlava contro  la  Reginotta, col Principe che strepitava e cantava da mattina
Principe che strepitava e cantava da mattina a sera: - Chi  la  vuol cruda, chi la vuol cotta; ora mi spetta la Reginotta
e cantava da mattina a sera: - Chi la vuol cruda, chi  la  vuol cotta; ora mi spetta la Reginotta -; con la Reginotta
sera: - Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta; ora mi spetta  la  Reginotta -; con la Reginotta che piangeva notte e giorno,
cruda, chi la vuol cotta; ora mi spetta la Reginotta -; con  la  Reginotta che piangeva notte e giorno, e intisichiva dal
e giorno, e intisichiva dal dispiacere di quello sposo con  la  coda. Si presentò una vecchina; voleva parlare con la
con la coda. Si presentò una vecchina; voleva parlare con  la  Reginotta. - Mi riconosci? - Non vi ho mai vista! - Mi
- Mi riconosci? S'era trasfigurata. Pareva un sole. -  La  mia buona Fata! Quella della radichetta! E le si gettò ai
- Per pietà, buona Fata; salvatemi voi. Il Principe con  la  coda non lo voglio! Meglio morta. - Non t'angustiare.
Ripareremo. Le disse quel che doveva fare e sparì.  La  Reginotta, tutta contenta, andò di là, dove erano il Re e
là, dove erano il Re e lo sposo. - Maestà, prendete in mano  la  radichetta germogliata. Voi appiccicaste la coda e voi
in mano la radichetta germogliata. Voi appiccicaste  la  coda e voi dovete farla sparire. Infatti di mano in mano
in mano che il Re strappava le foglie della radichetta,  la  coda del principe si accorciava, si accorciava. Strappata
accorciava, si accorciava. Strappata l'ultima fogliolina,  la  coda sparì interamente; non se ne vedeva neppure il segno.
coda sparì interamente; non se ne vedeva neppure il segno.  La  Reginotta e il Principe si sposarono, e vissero fino alla
alla vecchiezza, con gran numero di figli attorno. Stretta  la  foglia sia, larga la via, Dite la vostra, ché ho detto la
gran numero di figli attorno. Stretta la foglia sia, larga  la  via, Dite la vostra, ché ho detto la mia.
di figli attorno. Stretta la foglia sia, larga la via, Dite  la  vostra, ché ho detto la mia.
la foglia sia, larga la via, Dite la vostra, ché ho detto  la  mia.
 La  gratitudine della Regina e la mia!
gratitudine della Regina e  la  mia!
E frulla! E frulla! E frulla! E frulla! (Il Reuccio e  la  Reginotta, intanto, brancicano sul tronco dove la Fata ha
Reuccio e la Reginotta, intanto, brancicano sul tronco dove  la  Fata ha posato le loro teste. La Reginotta prende la testa
brancicano sul tronco dove la Fata ha posato le loro teste.  La  Reginotta prende la testa del fratello; questi la testa di
dove la Fata ha posato le loro teste. La Reginotta prende  la  testa del fratello; questi la testa di lei. Se le adattano
teste. La Reginotta prende la testa del fratello; questi  la  testa di lei. Se le adattano sul collo.)
volte il bene bisogna farlo con  la  forza ... (La Fata stende un braccio, stacca la testa di
farlo con la forza ... (La Fata stende un braccio, stacca  la  testa di rapa del Reuccio e la posa sopra uno dei tronchi
stende un braccio, stacca la testa di rapa del Reuccio e  la  posa sopra uno dei tronchi stesi per terra; fa la stessa
Reuccio e la posa sopra uno dei tronchi stesi per terra; fa  la  stessa operazione alla Reginotta, e da un albero stacca
mestolo. Il paiolo messo sui fornello comincia a bollire, e  la  Fata agita forte col mestolo le foglie che vi ha gettato
col mestolo le foglie che vi ha gettato dentro. Il Re,  la  Regina e il Ministro guardano intenti, spaventati.)
 la  tempesta viene la calma! Tre giorni fa il cielo era cupo,
la tempesta viene  la  calma! Tre giorni fa il cielo era cupo, ora invece è
Tre giorni fa il cielo era cupo, ora invece è sereno.  La  pace è conclusa, l'assedio è levato. Stamani, dal buco
e di esser buono. Così l'onore è stato salvo... e anche  la  mobilia e lo specchio grande, perché ho levato la barricata
e anche la mobilia e lo specchio grande, perché ho levato  la  barricata e sono uscito di camera. Viva la libertà!
perché ho levato la barricata e sono uscito di camera. Viva  la  libertà!
 la  sera dopo la preghiera e dopo innumerevoli meriti
la sera dopo  la  preghiera e dopo innumerevoli meriti acquistati, sono da me
innumerevoli meriti acquistati, sono da me benedetti con  la  papale benedizione che V. S. mi concedette di largire nel
 La  signora Ernesta Villa era andata dalla Marulli a un'ora
verso le undici di mattina: - Devo parlarti a quattr'occhi.  La  signora Teresa credette si trattasse d'uno dei soliti
Oh, gravissima! - Insomma? ... Piú di un migliaio di lire?  La  signora Villa rise, alla sua volta; ma si ricompose subito:
sapermi risolvere. Non mi riesce neppur ora di trovare  la  via! La Marulli stava muta: - Quelle moine di gattina la
risolvere. Non mi riesce neppur ora di trovare la via!  La  Marulli stava muta: - Quelle moine di gattina la mettevano
la via! La Marulli stava muta: - Quelle moine di gattina  la  mettevano in sospetto. Dove andavano a parare? E la signora
gattina la mettevano in sospetto. Dove andavano a parare? E  la  signora Villa riprendeva: - Una cosa, certamente, da non
non credersi; un'infamità, non c'è dubbio! Lo abbiamo detto  la  sera scorsa colla Giulia Maiocchi, in teatro. Ma che
ha i suoi doveri; non voglio mancarvi. Però non è facile. -  La  signora Maiocchi - annunciò la cameriera. - Oh, giusto lei!
Però non è facile. - La signora Maiocchi - annunciò  la  cameriera. - Oh, giusto lei! La Maiocchi entrava
signora Maiocchi - annunciò la cameriera. - Oh, giusto lei!  La  Maiocchi entrava frettolosamente, facendo frusciare pel
arrivati di fresco da Parigi, ma cosí salati! ... E  la  contessa? - Grazie, sta bene - rispose la Marulli. - O
salati! ... E la contessa? - Grazie, sta bene - rispose  la  Marulli. - O siedi, un momentino! ... E la signora Villa la
bene - rispose la Marulli. - O siedi, un momentino! ... E  la  signora Villa la forzava, afferrandola pel braccio: - ...
la Marulli. - O siedi, un momentino! ... E la signora Villa  la  forzava, afferrandola pel braccio: - ... Capiti a proposito
a proposito - Parlavate di me? - Sono d'intesa - pensò  la  Marulli, vedendole cosí facilmente dimenticare la sua
- pensò la Marulli, vedendole cosí facilmente dimenticare  la  sua fretta. - Dicevo, come tu sai ... - incominciò la
la sua fretta. - Dicevo, come tu sai ... - incominciò  la  signora Villa. - Ah! ... - fece la Maiocchi, con aria
tu sai ... - incominciò la signora Villa. - Ah! ... - fece  la  Maiocchi, con aria compunta - Un'infamia! - Un'infamia! Bel
quel Gerace non mi va! - Si tratta di Gerace? - domandò  la  signora Teresa, un po' intrigata. - E ... della contessa.
signora Teresa, un po' intrigata. - E ... della contessa.  La  Villa aveva rapidamente soffiato quel titolo nell'orecchio;
e tentennando il capo, con le labbra strette,  la  fissava in viso. - Una vanteria di lui - soggiunse la
la fissava in viso. - Una vanteria di lui - soggiunse  la  Maiocchi. - Gentaccia quei napolitani! Gentaccia senza
sballoni di prima forza. Non gli ho potuti mai soffrire.  La  Marulli taceva continuando a sorridere e a guardare ora
e a guardare ora l'una ora l'altra. - Non ci credi? - disse  la  signora Villa. - Oh, non si parla d'altro, mia cara! La
la signora Villa. - Oh, non si parla d'altro, mia cara!  La  Maiocchi alzava le pupille al soffitto, era invasata
- Sí, sí, credo tutto; crederei anche peggio - rispondeva  la  signora Marulli tranquillamente. - Vi ringrazio, vi sono
nel cuore ... Ma che volete che faccia? Non si tappa  la  bocca ai maldicenti. - Capisco - diceva la Maiocchi. - Però
Non si tappa la bocca ai maldicenti. - Capisco - diceva  la  Maiocchi. - Però scusa, la contessa ... - No, il seccatore
maldicenti. - Capisco - diceva la Maiocchi. - Però scusa,  la  contessa ... - No, il seccatore è lui - la interruppe la
- Però scusa, la contessa ... - No, il seccatore è lui -  la  interruppe la signora Villa. - Le sta sempre tra' piedi!
la contessa ... - No, il seccatore è lui - la interruppe  la  signora Villa. - Le sta sempre tra' piedi! Vuoi che lo
Vuoi che lo mandi via? Siamo giuste! - Capisco - riprese  la  Maiocchi. - Però la reputazione d'una signora non va
via? Siamo giuste! - Capisco - riprese la Maiocchi. - Però  la  reputazione d'una signora non va sacrificata a uno sciocco
a uno sciocco ... Non si parla d'altro, ti ripeto!  La  signora Marulli si mordeva le labbra. Tanta carità nel
Marulli si mordeva le labbra. Tanta carità nel prossimo  la  indispettiva. Quel titolo di contessa, sbattutole in viso
Col prendersela, che s'ottiene? I calunniatori rincarano  la  dose, per fare piú effetto ... Un bel risultato!
... Non voglio scomodarmi. - Forse hai ragione! - disse  la  signora Villa, piccata. - Da' retta a un'amica - soggiunse
signora Villa, piccata. - Da' retta a un'amica - soggiunse  la  Maiocchi. - Bada un po' a quel pulcinella! - Sai che mi
Marulli mogie mogie, invelenite. - Stupide! - conchiuse  la  signora Villa. - Dovevamo figurarcelo: la mamma regge il
- conchiuse la signora Villa. - Dovevamo figurarcelo:  la  mamma regge il sacco alla figliuola. Se la veggano loro!
figurarcelo: la mamma regge il sacco alla figliuola. Se  la  veggano loro! ... La signora Marulli era rimasta scossa: -
regge il sacco alla figliuola. Se la veggano loro! ...  La  signora Marulli era rimasta scossa: - Possibile? Sua figlia
Non ci mancava altro che questa! ... E lei che già sognava  la  vita tranquilla di chi è arrivato alla meta e vuol godersi
fino allora nessun senso per lei ... - Ah! ... È vero! E  la  figurina di porcellana, ch'ella teneva fra due dita, volò a
contro il muro. - Era vero! ... E quando? Quando lei, dopo  la  fuga del Savani, metteva una pietra sul suo passato! Quando
in alto! ... Ma voglio vederla! ... L'han da fare con me! E  la  sera stessa rimase da sola a sola colla Giacinta: - Quel
- disse. - È un buon giovane ... - Buonissimo! Ma pare che  la  gente non la intenda cosí ... Giacinta alzò la testa: -
un buon giovane ... - Buonissimo! Ma pare che la gente non  la  intenda cosí ... Giacinta alzò la testa: - Come la intende?
Ma pare che la gente non la intenda cosí ... Giacinta alzò  la  testa: - Come la intende? - Con una persona che non si sa
non la intenda cosí ... Giacinta alzò la testa: - Come  la  intende? - Con una persona che non si sa precisamente chi
no. Già te lo affibbiano ... per amante. - Che sciocchezza!  La  signora Teresa abbassò gli occhi e non aggiunse piú nulla.
malattia del sonno. Appena si siede ... eccolo là! ...  La  Regina, meno male, dormiglia! ... E poi, la sventura di
eccolo là! ... La Regina, meno male, dormiglia! ... E poi,  la  sventura di quei due figli! ... (Girando lo sguardo
attorno) Dove sono andati? Dovrebbero essere qui. Uno con  la  testa di rapa! L'altra con la testa di mela! Quasi due
essere qui. Uno con la testa di rapa! L'altra con  la  testa di mela! Quasi due cretini ... Che famiglia reale
Prendetela! (Le due Cameriere tentano di afferrare  la  rana che saltella qua e là, ma non vi riescono. Il Reuccio
che saltella qua e là, ma non vi riescono. Il Reuccio e  la  Reginotta si divertono e ridono. Le Cameriere, stizzite,
stizzite, afferrano alcuni sassi e li tirano contro  la  rana che non vuol lasciarsi prendere.)
estate senza temporale... NARCISO: In quanto a temporale  la  mia Marianna l'è ona tronada sola ; ma è una donna
Ha visto quel ritratto a olio nella sua stanza? quella è  la  mia prima moglie. MARIANNA: Un'espressione dolce,
dà pace... NARCISO: Fragilità delle cose umane... MARIANNA:  La  seconda signora Ballanzini deve aver avuta una grande
deve aver avuta una grande attrattiva per vincere  la  memoria di una donna così bella e ideale... NARCISO: Non mi
... scarligon ... MARIANNA: Qui c'è della musica? Suona  la  signora Ballanzini? NARCISO: Sarebbe una buona suonatrice
MARIANNA: Questa è vecchia musica da canto... NARCISO:  La  povera Carolina aveva una bella voce e qualche volta la
La povera Carolina aveva una bella voce e qualche volta  la  sera d'inverno, quando el fioccava, la se metteva lì,
voce e qualche volta la sera d'inverno, quando el fioccava,  la  se metteva lì, povera veggia, e intanto che io dava
veggia, e intanto che io dava un'occhiata alla gazzetta  la  si divertiva colla Sonnambula e col Trovatore ... Anche lei
divertiva colla Sonnambula e col Trovatore ... Anche lei sa  la  musica? MARIANNA: È il mio maggior divertimento. Che cosa è
Che cosa è questa: Serenata valacca ? NARCISO: L'era  la  sua romanza favorita... MARIANNA ( suona e canta ) NARCISO
MARIANNA ( suona e canta ) NARCISO ( siede e accompagna  la  musica con una controscena ): La par la soa vôs che vegna
( siede e accompagna la musica con una controscena ):  La  par la soa vôs che vegna dal ciel... T'è lì, t'è lì... che
siede e accompagna la musica con una controscena ): La par  la  soa vôs che vegna dal ciel... T'è lì, t'è lì... che me ven
parla in del coeur... Cosa l'è che vola per l'aria? Finita  la  romanza Marianna si alza e si avvicina alla sedia dove sta
di sorridere ): Dolci, cari... MARIANNA: Ho forse evocata  la  voce d'una povera morta... NARCISO: Ha fatto vivere a un
vivere a un morto un minuto di... di... di... Che ciallon,  la  dirà... Ma sont on omm insci... Me commoevi per pocch...
Ma sont on omm insci... Me commoevi per pocch... Che  la  mi suoni qualche cosa d'allegro: una polketta, un galopp...
suoni qualche cosa d'allegro: una polketta, un galopp... (  la  conduce al piano ). MARIANNA: ( canterà una romanza allegra
( canterà una romanza allegra ) NARCISO: ( si muove per  la  stanza in preda a un dolce orgasmo ) Chissà come l'è fa sto
della romanza: non si accorge che dietro di lui è entrata  la  Ballanzini che dopo aver contemplato un istante la scena si
entrata la Ballanzini che dopo aver contemplato un istante  la  scena si fa a battere sulla schiena del marito ) LA
istante la scena si fa a battere sulla schiena del marito )  LA  BALLANZINI: Uno due e tre... galeotto infame! NARCISO: Oh
BALLANZINI: Uno due e tre... galeotto infame! NARCISO: Oh  la  mia Marianna! ( l'abbraccia ) LA SPAZZOLETTI ( Cessa di
infame! NARCISO: Oh la mia Marianna! ( l'abbraccia )  LA  SPAZZOLETTI ( Cessa di suonare e vede Luigi ): Luigi, sei
Cessa di suonare e vede Luigi ): Luigi, sei qui? LUIGI: Oh  la  mia Marianna ( si abbracciano ) pausa LUIGI: Oh la mia
Oh la mia Marianna ( si abbracciano ) pausa LUIGI: Oh  la  mia povera Marianna! NARCISO ( imitando con caricatura ):
povera Marianna! NARCISO ( imitando con caricatura ): Oh  la  mia povera Marianna! LA SPAZZOLETTI: Oh il mio Luigi...! LA
( imitando con caricatura ): Oh la mia povera Marianna!  LA  SPAZZOLETTI: Oh il mio Luigi...! LA BALLANZINI: Oh el me
la mia povera Marianna! LA SPAZZOLETTI: Oh il mio Luigi...!  LA  BALLANZINI: Oh el me baloss! NARCISO: Ma donde siete
Oh el me baloss! NARCISO: Ma donde siete sbucati?  la  corsa non è ancora arrivata. LUIGI: La signora Ballanzini
donde siete sbucati? la corsa non è ancora arrivata. LUIGI:  La  signora Ballanzini era così impaziente che questa mattina
che questa mattina ha voluto prendere una carrozza.  LA  BALLANZINI: Per rivà a temp a batt la musica! LA
una carrozza. LA BALLANZINI: Per rivà a temp a batt  la  musica! LA SPAZZOLETTI: Come avete potuto passare la notte?
carrozza. LA BALLANZINI: Per rivà a temp a batt la musica!  LA  SPAZZOLETTI: Come avete potuto passare la notte? LUIGI: La
a batt la musica! LA SPAZZOLETTI: Come avete potuto passare  la  notte? LUIGI: La signora Ballanzini ha voluto presentarmi
LA SPAZZOLETTI: Come avete potuto passare la notte? LUIGI:  La  signora Ballanzini ha voluto presentarmi ad alcuni suoi
ad alcuni suoi amici che mi accolsero con molta cortesia.  LA  SPAZZOLETTI: La quale non potrà mai essere superata dalla
amici che mi accolsero con molta cortesia. LA SPAZZOLETTI:  La  quale non potrà mai essere superata dalla cortesia con cui
con cui mi ha ospitato in casa sua il signor Ballanzini.  LA  BALLANZINI: Oh el sem che l'è bravo monsù de fa i
che lasciassi una povera creatura di Dio su una strada?  La  carità cristiana... LA BALLANZINI: Fa minga la dottrina del
creatura di Dio su una strada? La carità cristiana...  LA  BALLANZINI: Fa minga la dottrina del diavolo... Se
una strada? La carità cristiana... LA BALLANZINI: Fa minga  la  dottrina del diavolo... Se permetten parli mì. Il signor
e sem vegnù apposta in carrozza perché sta bella sciora  la  pudess ciappà la prima corsa che va in giò... NARCISO:
in carrozza perché sta bella sciora la pudess ciappà  la  prima corsa che va in giò... NARCISO: Come? io speravo che
Come? io speravo che restassero almeno a far colazione.  LA  BALLANZINI: Mangiaran con pussee appetitt a Milan... Quindi
Milan... Quindi disaria che gh'è minga temp de perd. LUIGI:  La  signora Ballanzini ha ragione: avrei dovuto essere a Milano
tutte le premurose gentilezze che ha usate a mia moglie...  LA  BALLANZINI: El s'è pagaa de mornee, ch'el vaga là. LUIGI: E
quest'avventura sarà il principio della nostra amicizia.  LA  SPAZZOLETTI ( alla Ballanzini ): Io chiedo perdono alla
): Io chiedo perdono alla signora Ballanzini d'aver invasa  la  sua casa... LA BALLANZINI: Che la se figura cara el me
alla signora Ballanzini d'aver invasa la sua casa...  LA  BALLANZINI: Che la se figura cara el me tesor... LA
Ballanzini d'aver invasa la sua casa... LA BALLANZINI: Che  la  se figura cara el me tesor... LA SPAZZOLETTI: E spero che
casa... LA BALLANZINI: Che la se figura cara el me tesor...  LA  SPAZZOLETTI: E spero che ella verrà qualche volta a Milano
che ella verrà qualche volta a Milano con suo marito...  LA  BALLANZINI: Immaginas! Mènica portem el bicocchin...
almeno un caffè e latte, una cioccolatta, ona barbajada...  LA  BALLANZINI ( mentre si spoglia ): Un risott alla milanese,
MENICA ( reca un arcolaio con su un'ascia ingarbugliata )  LA  BALLANZINI: T'è minga nancamò finii de sgarbialla? MENICA:
finii de sgarbialla? MENICA: Pussee se lavora pussee se  la  ingarbia. ( siede a svolgere la matassa ) LA BALLANZINI: A
Pussee se lavora pussee se la ingarbia. ( siede a svolgere  la  matassa ) LA BALLANZINI: A che ora l'è vegnuda ier sira
pussee se la ingarbia. ( siede a svolgere la matassa )  LA  BALLANZINI: A che ora l'è vegnuda ier sira quella sciora
vegnuda ier sira quella sciora lì? MENICA: Coll'ultima...  LA  BALLANZINI: Dove l'à dormì? MENICA: Nella stanza della sora
Dove l'à dormì? MENICA: Nella stanza della sora Carolina...  LA  BALLANZINI: Anh... a che ora l'è levada su...? MENICA: Poc
Anh... a che ora l'è levada su...? MENICA: Poc fa...  LA  BALLANZINI: Vo de là a mettere in sorieura. Finiss de
de là a mettere in sorieura. Finiss de sgarbialla. MENICA:  La  gh'à un diavol gelos per cavel. Pover sor Narcis, l'è sta
MENICA: Bravo martor... bevi GAITAN: Te credet no? te voeut  la  proeva? MENICA: Dammela sta preuva... GAITAN: Dil no al
martor. De che acqua el parla? de che miracol el discor?  LA  BALLANZINI ( esce in giubboncino leggiero un po' simile a
chì, te set intrega come ona settimana. Va a mett in orden  la  stanza de quella sciora... Met feura tutt coss all'aria.
quella sciora... Met feura tutt coss all'aria. Menica esce.  LA  BALLANZINI: E adess el sor Ballanzini el giusterà i cunt
scappà via colla sciorina. GAITAN ( tra sè ): Eccola chi  la  miracolosa botteglia... Adess ghe la foo alla Menica... Ghe
( tra sè ): Eccola chi la miracolosa botteglia... Adess ghe  la  foo alla Menica... Ghe ne voja in testa un sidellin... LA
la foo alla Menica... Ghe ne voja in testa un sidellin...  LA  BALLANZINI: E minga content de vess scappaa, el troevi chi
miracolo per me... ( versa l'acqua in testa alla padrona )  LA  BALLANZINI ( strilla ): Ohi, ohi... cosa l'è... cosa l'è...
contadino che aveva una figliuola. Egli andava a giornata;  la  figliuola filava stoppa o tesseva tela per conto delle
o tesseva tela per conto delle vicine: così campavano  la  vita. Avvenne una gran siccità: nei campi non nacque un
pane e acqua. Il padre sospirava pensando all'avvenire; ma  la  ragazza, gioviale anche nella miseria, canticchiava da
da mattina a sera, come quand'era al telaio e con  la  rocca al fianco e lo stomaco pieno. Il padre la
e con la rocca al fianco e lo stomaco pieno. Il padre  la  rabbrontolava: - Con che cuore tu canti? Ci rimane da
sarò morta, non canterò più. Mentre parlavano, comparve su  la  soglia una donna scarna, allampanata, che pareva il
allampanata, che pareva il ritratto della fame. - Fate  la  carità, buona gente! - Siamo più miseri di voi - rispose il
miseri di voi - rispose il padre. - Rivolgetevi altrove.  La  ragazza invece prese la pagnottella, che doveva essere il
il padre. - Rivolgetevi altrove. La ragazza invece prese  la  pagnottella, che doveva essere il suo desinare di quel
che doveva essere il suo desinare di quel giorno, e  la  porse alla vecchia: - Mangiatela voi per me. - Grazie,
- Mangiatela voi per me. - Grazie, figliuola. Intascata  la  pagnottella, la vecchina cavò di sotto lo scialle unto e
voi per me. - Grazie, figliuola. Intascata la pagnottella,  la  vecchina cavò di sotto lo scialle unto e stracciato una
figliuola; non ho altro; forse ti servirà. E andò via.  La  ragazza si rimise a canterellare, picchiando con le nocche
a canterellare, picchiando con le nocche delle dita su  la  padellina che dava un bel suono; poi, per chiasso, la posò
su la padellina che dava un bel suono; poi, per chiasso,  la  posò sul focolare spento e, ridendo, disse al padre: - Che
ancora finito di parlare, che una fiammata si accese, e  la  padellina cominciò a friggere, spandendo attorno un odore
le vicine più povere di loro. L'odore si sentiva per tutta  la  via. D'allora in poi, a ogni mezzogiorno, la ragazza
per tutta la via. D'allora in poi, a ogni mezzogiorno,  la  ragazza metteva la padellina sul focolare spento e
D'allora in poi, a ogni mezzogiorno, la ragazza metteva  la  padellina sul focolare spento e domandava al padre: - Che
Una costoletta? Una frittata? - Una frittata. E poco dopo  la  frittata era bell'e cotta da poter bastare fino per otto
le vicine più povere di loro. L'odore si sentiva per tutta  la  via. La cosa fece senso. Le stesse vicine che ricevevano la
più povere di loro. L'odore si sentiva per tutta la via.  La  cosa fece senso. Le stesse vicine che ricevevano la carità,
la via. La cosa fece senso. Le stesse vicine che ricevevano  la  carità, cominciarono a ciarlare: - Come mai padre e figlia,
e figlia, con quella miseria, senza guadagno alcuno, se  la  scialavano a quel modo? Le ciarle giunsero fino
giunsero fino all'orecchio del Re. Giusto in quei giorni  la  Regina s'era ammalata con un'inappetenza che non le
nessun cibo, e i medici non sapevano come rimediarvi.  La  Regina avrebbe voluto qualcosa da ristorarla col solo
per contentarla. Ma davanti alle pietanze più squisite,  la  Regina torceva il capo nauseata: - Portatele via; mi si
far preparare il pranzo della Regina da costoro. Forse, per  la  stranezza, lo gradirà. E mandò a chiamare la ragazza. -
Forse, per la stranezza, lo gradirà. E mandò a chiamare  la  ragazza. - Vuoi essere la cuoca della Regina? - Come piace
lo gradirà. E mandò a chiamare la ragazza. - Vuoi essere  la  cuoca della Regina? - Come piace a Vostra Maestà. - Vieni
mio padre. - Soltanto tuo padre. Giunta l'ora del desinare,  la  ragazza si presentò alla Regina: - Maestà, che volete? Una
che volete? Una costoletta? Una frittata? - Una costoletta.  La  ragazza mandò via di cucina tutte le persone ch'erano a
si chiuse a chiave di dentro insieme col padre, e mise  la  padellina sul focolare spento: - Padellina, una costoletta!
padellina sul focolare spento: - Padellina, una costoletta!  La  Regina all'odore della costoletta fumante nel piatto, si
rimedio o d'una costoletta o d'una frittata, giacché  la  padellina non dava altro. Un giorno il Reuccio entrò in
Sempre; ma ogni volta hanno un sapore diverso. - E come fa  la  vostra cuoca? - Se lo sa lei. Il Reuccio entrò in grande
e io. - Io sono il Reuccio! - Reuccio o non Reuccio, ho  la  parola di Sua Maestà; in cucina dobbiamo starci soltanto
soltanto mio padre e io. Il Reuccio, indispettito, afferrò  la  padellina ch'era lì tutta affumicata e gliela strofinò
come quella d'una mora. Ma da quel giorno in poi,  la  padellina non frisse più; e il nero del fumo rimase su la
la padellina non frisse più; e il nero del fumo rimase su  la  faccia della ragazza, quasi fosse stato il color naturale
pelle; né acqua né sapone riuscirono mai a mandarlo via.  La  Regina, non potendo più mangiare la solita costoletta o la
mai a mandarlo via. La Regina, non potendo più mangiare  la  solita costoletta o la solita frittata, tornò a peggiorare
La Regina, non potendo più mangiare la solita costoletta o  la  solita frittata, tornò a peggiorare e si ridusse in fin di
propri occhi, montò in furore, e per poco non fece tagliar  la  testa al Reuccio. Alle preghiere della Regina, si contentò
dal regno coi soli vestiti che si trovava indosso.  La  ragazza, non avendo più nulla da fare nel palazzo reale,
reale, tornò a casa col padre, e tutti e due ripresero  la  vita consueta: egli andava a giornata, ella filava stoppa o
vicine; ma non cantava più, né si faceva più vedere su  la  porta, di casa per via della faccia impiastricciata di
temeva d'esser schernita, e spesso esclamava: - Maledetta  la  padellina e chi me la diè! - Non dire così, non dire così!
e spesso esclamava: - Maledetta la padellina e chi me  la  diè! - Non dire così, non dire così! - sentì rispondersi un
voce fioca, fioca, che veniva dal fondo della stanza,  la  ragazza si voltò, ma non vide nessuno; e, più arrabbiata,
ma non vide nessuno; e, più arrabbiata, ripeté: - Maledetta  la  padellina e chi me la diè! - Non dire così, non dire così!
più arrabbiata, ripeté: - Maledetta la padellina e chi me  la  diè! - Non dire così, non dire così! - Chi siete che
non dire così! - Chi siete che parlate? Mi fate paura.  La  voce fioca fioca rispose per l'ultima volta
per l'ultima volta lentissimamente: - Non dire così!  La  sera tornato il padre dal lavoro, ella gli raccontò tutto:
Per quel giorno il padre non andò a lavorare; e poiché  la  ragazza, dalla paura di quella voce fioca fioca, non aveva
quella voce fioca fioca, non aveva il coraggio di ripetere  la  sua maledizione, il padre, che voleva accertarsi se mai non
Fantasia alterata della figliuola, esclamò lui: - Maledetta  la  padellina e chi ce la diè! - Ahi! In risposta aveva
figliuola, esclamò lui: - Maledetta la padellina e chi ce  la  diè! - Ahi! In risposta aveva ricevuto uno schiaffo. Disse
ci accadranno, se restiamo ancora qui! Fanno per aprire  la  porta e non possono smuovere il paletto della toppa; fanno
possono smuovere il paletto della toppa; fanno per aprire  la  finestra e chiamare aiuto, e il lucchetto della finestra è
da mangiare. Il giorno dopo però cominciarono a provar  la  fame. Erano come murati in casa e non potevano nemmeno
gridare al soccorso! - Ah, poverini a noi! Morremo di fame.  La  padellina stava appesa a un chiodo, pulita e luccicante
rimasta dal momento che il Reuccio l'aveva strofinata su  la  faccia della ragazza. La ragazza la guardava in cagnesco,
il Reuccio l'aveva strofinata su la faccia della ragazza.  La  ragazza la guardava in cagnesco, con gli occhi pieni di
l'aveva strofinata su la faccia della ragazza. La ragazza  la  guardava in cagnesco, con gli occhi pieni di lagrime, e si
di lagrime, e si sentiva gorgogliare in gola: Maledetta  la  padellina e chi me la diè! La vide smuoversi e la sentì
gorgogliare in gola: Maledetta la padellina e chi me  la  diè! La vide smuoversi e la sentì risonare come quando la
in gola: Maledetta la padellina e chi me la diè!  La  vide smuoversi e la sentì risonare come quando la prima
Maledetta la padellina e chi me la diè! La vide smuoversi e  la  sentì risonare come quando la prima volta ella vi aveva
la diè! La vide smuoversi e la sentì risonare come quando  la  prima volta ella vi aveva picchiato su con le nocche delle
volta ella vi aveva picchiato su con le nocche delle dita.  La  staccò dal chiodo, la posò sul focolare spento, e disse al
su con le nocche delle dita. La staccò dal chiodo,  la  posò sul focolare spento, e disse al padre: - Che volete?
Non avea finito di parlare, che una fiammata si accese, e  la  padellina cominciò a friggere, spandendo attorno un odore
morto. Padre e figlia, a una voce, esclamarono: - Benedetta  la  padellina e chi ce la diè! Corsero alla porta, ma il
a una voce, esclamarono: - Benedetta la padellina e chi ce  la  diè! Corsero alla porta, ma il paletto non si poteva
odore delle pietanze si sentiva dalla via. Il Re, saputa  la  cosa, mandò subito per la ragazza. - Aprite, vi vuole Sua
sentiva dalla via. Il Re, saputa la cosa, mandò subito per  la  ragazza. - Aprite, vi vuole Sua Maestà. - Non possiamo
aprire; aprite voi. Il Re manda i magnani per forzare  la  serratura o sfondare la porta; i magnani tentano,
Il Re manda i magnani per forzare la serratura o sfondare  la  porta; i magnani tentano, ritentano, ma inutilmente. Manda
dei muratori si spuntano, il muro par fatto di bronzo.  La  Regina agonizzava. Il Re avrebbe dato la metà del regno pur
fatto di bronzo. La Regina agonizzava. Il Re avrebbe dato  la  metà del regno pur di vederla risanare con le costolette e
con quel muro che resistevano a tutto? Un giorno finalmente  la  Regina chiude gli occhi e rimane immobile: la credono
finalmente la Regina chiude gli occhi e rimane immobile:  la  credono morta, e si leva un gran pianto per tutto il
e dal dolore, si strappava i capelli. A un tratto  la  Regina riapre gli occhi e dice: - Ho fatto un sogno. Mi
Ho fatto un sogno. Mi pareva d'essere stata portata dietro  la  porta di quella casa, e che il solo odore delle pietanze
I servitori presero il letto come una barella e portarono  la  Regina dietro la porta che non poteva aprirsi. - Regina
il letto come una barella e portarono la Regina dietro  la  porta che non poteva aprirsi. - Regina delle cuoche, fammi
Si sentì subito un odore delizioso che si sparse per tutta  la  via. La Regina annusava e rinasceva da morte a vita.
subito un odore delizioso che si sparse per tutta la via.  La  Regina annusava e rinasceva da morte a vita. Annusavano il
a vita. Annusavano il Re, i Ministri, il séguito di corte,  la  folla pigiata nella via attorno al letto della Regina, e
a fare spesa e ad accendere un fornello. Aspettavano che  la  Regina fosse portata col letto dietro la porta di quella
Aspettavano che la Regina fosse portata col letto dietro  la  porta di quella casa, e appena l'odore delle pietanze
Re e della Regina che non era ancora ristabilita in salute.  La  gente, preso gusto a quel genere di desinare così buono e
gli pareva vero tornare Reuccio, anche a patto di sposare  la  Regina delle cuoche. Appena arrivato, andò a picchiare alla
aprire. - Sono il Reuccio. Invece della porta si aperse  la  finestra, e comparve la ragazza con la faccia nera e la
Invece della porta si aperse la finestra, e comparve  la  ragazza con la faccia nera e la padellina in mano; la
porta si aperse la finestra, e comparve la ragazza con  la  faccia nera e la padellina in mano; la padellina era
la finestra, e comparve la ragazza con la faccia nera e  la  padellina in mano; la padellina era affumicata. - Questa è
la ragazza con la faccia nera e la padellina in mano;  la  padellina era affumicata. - Questa è la mia dote. Chi mi
padellina in mano; la padellina era affumicata. - Questa è  la  mia dote. Chi mi vuole per mogliera Dee farsi la faccia
- Questa è la mia dote. Chi mi vuole per mogliera Dee farsi  la  faccia nera. E se nera non se la fa, D'onde viene se
per mogliera Dee farsi la faccia nera. E se nera non se  la  fa, D'onde viene se n'andrà. Il Reuccio esitava; gli sapeva
dell'arrivo di lui. Poi si strinse nelle spalle, prese  la  padellina e, chiusi gli occhi, se la strofinò su la faccia,
nelle spalle, prese la padellina e, chiusi gli occhi, se  la  strofinò su la faccia, tingendosi peggio di un moro. E
prese la padellina e, chiusi gli occhi, se la strofinò su  la  faccia, tingendosi peggio di un moro. E mentre la sua
su la faccia, tingendosi peggio di un moro. E mentre  la  sua anneriva, quella della ragazza ridiventava bianca come
sua anneriva, quella della ragazza ridiventava bianca come  la  cera. - Ora potete entrare. Infatti la porta si spalancò da
bianca come la cera. - Ora potete entrare. Infatti  la  porta si spalancò da sé, e il Reuccio trovò su la soglia la
Infatti la porta si spalancò da sé, e il Reuccio trovò su  la  soglia la ragazza vestita come una Regina, con la collana,
la porta si spalancò da sé, e il Reuccio trovò su la soglia  la  ragazza vestita come una Regina, con la collana, lo
trovò su la soglia la ragazza vestita come una Regina, con  la  collana, lo spillone, gli orecchini e i braccialetti
gli orecchini e i braccialetti regalatile quando faceva  la  cuoca; sembrava una Regina nata, tanto era bella e
tanto era bella e dignitosa. Il popolo applaudiva: - Viva  la  Reginotta! Viva il Reuccio! E nello stesso tempo rideva,
costui tutto impiastricciato a quel modo; ma rise per poco.  La  ragazza prese il grembiule, lo passò su la faccia del
rise per poco. La ragazza prese il grembiule, lo passò su  la  faccia del Reuccio, e in men che non si dice gliela ripulì.
men che non si dice gliela ripulì. Prima che si sposassero,  la  Regina era già bell'e guarita. Le feste delle nozze
Figuriamoci che cuccagna! Pareva tutti i giorni un festino.  La  gente si dava bel tempo, e all'ora del desinare mettevano
Padellina, una frittata! E tutte le padelline friggevano;  la  gente mangiava a ufo. Frittate e costolette avevano ogni
a brontolare. - Sempre costolette! Sempre frittate!  La  Fata che aveva regalato la padellina portentosa alla
costolette! Sempre frittate! La Fata che aveva regalato  la  padellina portentosa alla ragazza, in premio della carità
 La  chiesa di Sant'Eufemia è antichissima; fu fondata verso il
verso il 478 da San Senatore, vescovo di Milano, presso  la  casa di sua abitazione. Venne rifabbricata nel XIV secolo
gotica forma all'ordine corintio sul principio del XVII.  La  facciata ha un bel pronao d' ordine fonico; grande ne è il
un bel pronao d' ordine fonico; grande ne è il pregio per  la  sua elegante semplicità; il restante al di sopra è di
il restante al di sopra è di ordine composito. Possiede  la  chiesa pitture del Tiziano, di Marco da Oggiono, la più
la chiesa pitture del Tiziano, di Marco da Oggiono,  la  più stimabile di questo pittore su tavola, rappresentante
lavori su disegno dell'architetto Enrico Terzaghi per  la  rivendicazione dell'antica gotica forma.
periodo di grandezza e di gloria durante il quale  la  capitale del mondo maggiormente rifulse si chiuse colla
mondo maggiormente rifulse si chiuse colla Repubblica, e  la  maestà del sistema Repubblicano con gli Scipioni. Dopo la
e la maestà del sistema Repubblicano con gli Scipioni. Dopo  la  battaglia di Zama,
una volta una bambina, figlia d'un calzolaio.  La  madre, cullandola, le cantava sempre: - Dormi, figlia
per ridere: Dormi, il Reuccio arriva! Dormi, figlia Regina!  La  madre, dopo pochi mesi, morì e il calzolaio riprese subito
e il calzolaio riprese subito moglie. Da prima, parve che  la  matrigna volesse bene alla figliastra. Spesso,
che non c'era nessuna speranza di avere un figliuolo,  la  matrigna, indispettita, cominciò a prendersela con la
la matrigna, indispettita, cominciò a prendersela con  la  bambina. La maltrattava senza ragione, la picchiava, le
indispettita, cominciò a prendersela con la bambina.  La  maltrattava senza ragione, la picchiava, le faceva patire
a prendersela con la bambina. La maltrattava senza ragione,  la  picchiava, le faceva patire la fame. Il suo babbo le voleva
maltrattava senza ragione, la picchiava, le faceva patire  la  fame. Il suo babbo le voleva bene, ma si lasciava menare
donna. - Babbo, vostra moglie m'ha picchiato! - Perché non  la  chiami mamma? Chiamala mamma. - La mia mamma non è più qui.
picchiato! - Perché non la chiami mamma? Chiamala mamma. -  La  mia mamma non è più qui. - Allora, fa bene a picchiarti,
a picchiarti, figlia Regina! Soleva dirle così. Una volta  la  poverina era stata lasciata languire di fame un'intera
era stata lasciata languire di fame un'intera giornata, e  la  matrigna voleva che le stesse davanti, a guardarla, mentre
due palmenti. - Ogni boccone, uno stranguglione! - borbottò  la  bambina. - Figlia di tua madre, via di qua! Non ti voglio
voglio più tra' piedi. Via di qua! E, a pugni e a pedate,  la  cacciò fuori di casa. Il marito era andato a consegnare un
a un avventore. Tornato in bottega, domandò: - Dov'è  la  bambina? - A fare il chiasso, la fannullona! Viene la
bottega, domandò: - Dov'è la bambina? - A fare il chiasso,  la  fannullona! Viene la notte, e la bambina non si vede. - Oh
Dov'è la bambina? - A fare il chiasso, la fannullona! Viene  la  notte, e la bambina non si vede. - Oh Dio! Le sarà accaduto
- A fare il chiasso, la fannullona! Viene la notte, e  la  bambina non si vede. - Oh Dio! Le sarà accaduto un malanno!
torna, se ne va a letto. Il calzolaio, che faceva sempre  la  volontà della moglie, non insistette. La mattina però,
che faceva sempre la volontà della moglie, non insistette.  La  mattina però, levatosi per tempo, il suo primo pensiero fu
però, levatosi per tempo, il suo primo pensiero fu per  la  bambina. Il letto era ancora intatto, e l'uscio socchiuso.
mia! Dove sarà mai? Vado a cercarla. - Vuoi perdere  la  giornata? - disse quella donnaccia - Tu resta a lavorare;
- Tu resta a lavorare; vado io. Vedi com'è cattiva! Se  la  trovo, la picchio di santa ragione. E uscì fuori. - Vicine,
resta a lavorare; vado io. Vedi com'è cattiva! Se la trovo,  la  picchio di santa ragione. E uscì fuori. - Vicine, avete
E le buttò addosso un catino d'acqua. Di donna che era,  la  matrigna diventò lupa; ma lei non se n'accorgeva. Credeva
ma lei non se n'accorgeva. Credeva di parlare e abbaiava.  La  gente fuggiva al solo vederla comparire. Torna a casa e
io, marito mio! Credeva di parlare e abbaiava. Colui, che  la  vedeva in forma di lupa con tanto di bocca spalancata,
morsicato; e perciò dava botte che rompevano le ossa.  La  donna, vista la mala parata, scappò a gambe levate. Per le
e perciò dava botte che rompevano le ossa. La donna, vista  la  mala parata, scappò a gambe levate. Per le vie, la gente le
vista la mala parata, scappò a gambe levate. Per le vie,  la  gente le correva appresso con pali, forconi, spiedi e armi
Dàgli alla lupa! Dàgli! Tornarono addietro soltanto quando  la  perdettero di vista. S'era rifugiata in una tana. E la
la perdettero di vista. S'era rifugiata in una tana. E  la  bambina? Messasi a camminare sempre diritto davanti a sé,
una vecchietta. - Bambina, perché piangi? Dove vai? -  La  matrigna mi ha scacciata di casa a pugni e a pedate. Vo
lasciatemi andare! - Se t'incontrano i lupi, ti sbranano. -  La  mia matrigna è assai peggio dei lupi; lasciatemi andare. -
- Dormi con me questa notte; domani all'alba andrai via.  La  buona vecchietta la fece entrare in casa, le diè da
notte; domani all'alba andrai via. La buona vecchietta  la  fece entrare in casa, le diè da mangiare e da bere, e la
la fece entrare in casa, le diè da mangiare e da bere, e  la  mise a letto. La mattina, prima che partisse, le regalò un
in casa, le diè da mangiare e da bere, e la mise a letto.  La  mattina, prima che partisse, le regalò un anellino: -
le regalò un anellino: - Tienlo sempre in dito; sarà  la  tua Fortuna. Quando ti trovi in qualche pericolo, di':
qualche pericolo, di': "Anellino, aiutami tu!". Ti aiuterà.  La  vecchia era una Fata, e l'anellino era fatato. Poco dopo
una Fata, e l'anellino era fatato. Poco dopo sopraggiunse  la  matrigna. La Fata le buttò addosso il catino d'acqua e la
l'anellino era fatato. Poco dopo sopraggiunse la matrigna.  La  Fata le buttò addosso il catino d'acqua e la cambiò in
la matrigna. La Fata le buttò addosso il catino d'acqua e  la  cambiò in lupa. Cammina, cammina, cammina, la povera
d'acqua e la cambiò in lupa. Cammina, cammina, cammina,  la  povera bambina si smarrì in mezzo a un bosco. Cominciava a
gli urli delle bestie feroci. - Ora mi mangiano viva!  La  poverina piangeva, col viso tra le mani, seduta per terra.
tra le erbe e le macchie: - Oh, che buon odore! Uh! Uh!  La  poverina, le si accapponava la pelle. Si rannicchiò,
Oh, che buon odore! Uh! Uh! La poverina, le si accapponava  la  pelle. Si rannicchiò, dicendo sottovoce: - Anellino,
Quella forma nera nera le si aggirava dattorno fiutando: -  La  sento e non la trovo! Uh! Uh! Frugava rabbiosamente tra le
nera le si aggirava dattorno fiutando: - La sento e non  la  trovo! Uh! Uh! Frugava rabbiosamente tra le macchie e le
tra le macchie e le erbe, e tornava a fiutare. Una volta  la  bambina si sentì quel fiato grosso proprio su la faccia, e
Una volta la bambina si sentì quel fiato grosso proprio su  la  faccia, e le si gelò il sangue per la paura. - Anellino,
grosso proprio su la faccia, e le si gelò il sangue per  la  paura. - Anellino, aiutami tu! · - La sento e non la trovo!
si gelò il sangue per la paura. - Anellino, aiutami tu! · -  La  sento e non la trovo! É andata via; ha lasciato qui l'odore
per la paura. - Anellino, aiutami tu! · - La sento e non  la  trovo! É andata via; ha lasciato qui l'odore soltanto. E il
allontanò tra le macchie e gli alberi folti. Fatto giorno,  la  bambina si rimise in cammino. - Ho fame, anellino; aiutami
finalmente fuori dal bosco e si sentì allargare il cuore.  La  campagna era tutta verde; fiori di qua, fiori di là al due
con le piume di mille colori. - Uccello, è questa  la  strada che mena lassù? - Sì, è questa. Là finisce ogni
un albero all'altro. Un po' impaurita, domandò: - É questa  la  strada che mena lassù? - Sì, è questa. Là finisce ogni
T'aspettavo. - Mi conoscete? - Ti conosco, E nel baciarla,  la  tastava tutta. - Che carni fresche! Che bel boccone! Vieni,
Vieni, vieni: questa è casa tua. E si leccava le labbra con  la  lingua. La bambina entrò in sospetto: - Perché dice: Che
questa è casa tua. E si leccava le labbra con la lingua.  La  bambina entrò in sospetto: - Perché dice: Che bel boccone?
serpentelli alle dita a mo' d'anelli: e non più  la  veste di seta e ricami d'oro, ma di strane pelli di bestie
che si nutriva di bambini. Figuriamoci che cuore fece  la  poverina a quella vista! - Anellino, aiutami tu! - Uh! Uh!
vista! - Anellino, aiutami tu! - Uh! Uh! Che buon odore!  La  Mammadraga la fiutava tutta, ma non poteva toccarla per via
aiutami tu! - Uh! Uh! Che buon odore! La Mammadraga  la  fiutava tutta, ma non poteva toccarla per via dell'anellino
Che ci hai addosso? Fammi vedere. Perché nascondi le mani?  La  bambina, tremante, le mostrò le mani. - Oh, che brutto
rame. Te ne darò uno d'oro. - Questo mi piace e mi basta.  La  Mammadraga le voltò le spalle e la lasciò sola. Di fuori,
mi piace e mi basta. La Mammadraga le voltò le spalle e  la  lasciò sola. Di fuori, il palazzo della Mammadraga era
luccicanti e il becco insanguinato. - Anellino, aiutami tu!  La  bambina, rabbrividita, si mise a girare per tutte quelle
chiasso. Picchiò e l'uscio s'aperse da sé. Ogni notte  la  Mammadraga andava a rubar bambini per farsi la provvista, e
Ogni notte la Mammadraga andava a rubar bambini per farsi  la  provvista, e li teneva chiusi lì a fine d'ingrassarli e
due, talvolta tre e ne mancava sempre uno. Appena videro  la  bambina, le furono attorno: - Come ti chiami? - Caterina. -
il chiasso! Fa' il chiasso con noi! - Ah, poveretti!  La  Mammadraga ci mangerà! I bambini si misero a strillare e si
e si attaccarono ai panni di lei. - Quando viene qui  la  Mammadraga, teniamoci forte per le mani. L'anellino ci
mani. L'anellino ci aiuterà. Infatti, a mezzogiorno, entrò  la  Mammadraga per scegliere il bambino da divorarsi a pranzo.
E, presi per mano, si strinsero tutti attorno a Caterina.  La  Mammadraga dalla rabbia si mordeva le labbra, si storceva
non poteva toccarla, per via dell'anellino. E andò via, con  la  spuma alla bocca, minacciando. L'anellino faceva miracoli.
dolci d'ogni sorta. Ora che erano avvisati, appena entrava  la  Mammadraga, si prendevano per la mano e si afferravano ai
avvisati, appena entrava la Mammadraga, si prendevano per  la  mano e si afferravano ai panni della bambina. - Scellerata,
bambina. - Scellerata, sei tu! Vuoi farmi morire di fame! E  la  Mammadraga andava via, con la spuma alla bocca,
Vuoi farmi morire di fame! E la Mammadraga andava via, con  la  spuma alla bocca, minacciando. Scappare però non potevano.
minacciando. Scappare però non potevano. Una mattina,  la  Mammadraga tornò alla sua spelonca, seguita da una lupa e
Mammadraga tornò alla sua spelonca, seguita da una lupa e  la  mise di guardia all'uscio della grotta dov'erano chiusi i
all'uscio della grotta dov'erano chiusi i bambini. Era  la  matrigna di Caterina. La lupa la riconobbe, e disse alla
dov'erano chiusi i bambini. Era la matrigna di Caterina.  La  lupa la riconobbe, e disse alla Mammadraga: - Volete
chiusi i bambini. Era la matrigna di Caterina. La lupa  la  riconobbe, e disse alla Mammadraga: - Volete l'anellino?
tutti a morire lì. Così passarono molti mesi. Una notte  la  bambina si mise a chiamare: - Vecchina mia, dove tu sei? -
mise a chiamare: - Vecchina mia, dove tu sei? - Eccomi. -  La  lupa vuole quest'anellino per lasciarci scappare. - Dalle
- Dalle quest'altro. Le spiegò come doveva fare e disparve.  La  mattina: - Lupa, lupetta, lasciaci scappare! - Che mi dà!?
- Quell'anellino. Gli altri bambini s'erano già presi per  la  mano e si tenevano attaccati forte ai panni della compagna.
ai panni della compagna. - Tieni qui - disse Caterina.  La  lupa stese la zampa e la bambina le infilò l'altro anellino
della compagna. - Tieni qui - disse Caterina. La lupa stese  la  zampa e la bambina le infilò l'altro anellino in un dito. E
- Tieni qui - disse Caterina. La lupa stese la zampa e  la  bambina le infilò l'altro anellino in un dito. E che
e tutti gli altri bambini tanti lupacchiotti, l'uno con  la  coda dell'altro fra i denti; il primo teneva fra i denti la
la coda dell'altro fra i denti; il primo teneva fra i denti  la  coda di Caterina. La lupa invece ridivenne donna, e la
i denti; il primo teneva fra i denti la coda di Caterina.  La  lupa invece ridivenne donna, e la bambina, lupa com'era,
la coda di Caterina. La lupa invece ridivenne donna, e  la  bambina, lupa com'era, riconobbe in lei la matrigna. -
donna, e la bambina, lupa com'era, riconobbe in lei  la  matrigna. - Scellerata, che m'hai fatto! Ora la Mammadraga
in lei la matrigna. - Scellerata, che m'hai fatto! Ora  la  Mammadraga mi mangerà! E andò a rannicchiarsi nell'angolo
a rannicchiarsi nell'angolo più oscuro della grotta. Venne  la  Mammadraga: - Lupa, e questi lupacchiotti? - Sono miei
stanotte. - E i bambini? - Se li è divorati quella lì.  La  Mammadraga si slanciò addosso alla donna e ne fece quattro
- É carne avvelenata! Muoio! Muoio! Si voltarono e videro  la  Mammadraga che si rotolava per terra e dava gli ultimi
presero allegramente per le mani e fecero un ballo attorno  la  Mammadraga morta, saltando e cantando: - Qua finisce ogni
dov'erano ammonticchiate tutte le ossa dei bambini che  la  Mammadraga s'era spolpati e videro un brulichio di ossa che
Mammadraga l'è finita! Mammadraga l'è finita! Partiti loro,  la  bambina stette ad aspettare. La Fata le aveva detto quel
l'è finita! Partiti loro, la bambina stette ad aspettare.  La  Fata le aveva detto quel che sarebbe avvenuto. A un tratto,
quel che sarebbe avvenuto. A un tratto, gran rumore, quasi  la  spelonca crollasse. Invece la spelonca diventava un palazzo
un tratto, gran rumore, quasi la spelonca crollasse. Invece  la  spelonca diventava un palazzo così magnifico, che lo stesso
dalle piume di mille colori. - Padrona, comandate. Ora  la  padrona siete voi. Venne la scimmia, saltellando, facendo
- Padrona, comandate. Ora la padrona siete voi. Venne  la  scimmia, saltellando, facendo mosse buffe: - Padrona,
saltellando, facendo mosse buffe: - Padrona, comandate. Ora  la  padrona siete voi. E Caterina veniva servita come una
ma, sola sola, in quel palazzo cominciava ad annoiarsi.  La  Fata le aveva detto: - Devi attendere il Reuccio di
arrivasse. Una mattina, ecco un uomo laggiù che prendeva  la  strada della collina: - Sarà il Reuccio. Indossò i più
le lagrime agli occhi. - Mangiate, bevete, e riposatevi.  La  vostra figliuola non è lontana di qui. - Come lo, sapete,
partire. - Non vo' chiudere quest'occhi, prima di ritrovare  la  mia figliuola. - É qui vicina. L'ho mandata a chiamare.
vi servo a tavola io stessa. Poteva mai immaginare che  la  sua figliuola avesse quel palazzo e fosse così straricca?
di malumore. Una zingara gli aveva predetto: - Sposerete  la  figlia d'un calzolaio! - Ti si secchi la lingua! E, per
- Sposerete la figlia d'un calzolaio! - Ti si secchi  la  lingua! E, per distrarsi del brutto presagio, andava a
Reuccio. - Che cosa siete? - Quel che vuole il Reuccio. -  La  mia Reginotta, qua la mano. - Di là c'è mio padre; chiedete
siete? - Quel che vuole il Reuccio. - La mia Reginotta, qua  la  mano. - Di là c'è mio padre; chiedete il suo consenso.
povero vecchio! Mia figlia è perduta e non so dove sia.  La  cerco invano da tant'anni. - Che commedia è questa! -
- Dite, buon vecchio: dopo tant'anni come riconoscereste  la  figliuola? - Ha tre nèi sotto la nuca. - Come questi qui? E
come riconoscereste la figliuola? - Ha tre nèi sotto  la  nuca. - Come questi qui? E si chinò per farglieli vedere. -
- Ora manca soltanto il vostro consenso. - E sposereste  la  figliuola d'un calzolaio? Il Reuccio stupì! La zingara
E sposereste la figliuola d'un calzolaio? Il Reuccio stupì!  La  zingara aveva predetto il vero. La giovane però era così
Il Reuccio stupì! La zingara aveva predetto il vero.  La  giovane però era così bella che non c'era Reginotta al
 La  massaia quella sera aveva detto: - La tacchina non si è
massaia quella sera aveva detto: -  La  tacchina non si è smarrita; è stata presa. Sospettava della
corsa fino alla mezzadria di Poggio Don Croce. Davanti a  la  porta della casa, una ragazzina, figlia del mezzadro,
mangiare grufolando; glieli buttava a uno a uno. - Dammi  la  tacchina! - le disse brusco brusco. - Quale tacchina? -
- le disse brusco brusco. - Quale tacchina? - rispose  la  ragazza rizzando la testa spettinata, e cacciando indietro
brusco. - Quale tacchina? - rispose la ragazza rizzando  la  testa spettinata, e cacciando indietro le ciocche dei
che vi siete presa ieri. - Sei pazzo? - Sì, se l'è presa  la  tua mamma che la voleva per chioccia; l'ha detto la
ieri. - Sei pazzo? - Sì, se l'è presa la tua mamma che  la  voleva per chioccia; l'ha detto la massaia. Dammi la
presa la tua mamma che la voleva per chioccia; l'ha detto  la  massaia. Dammi la tacchina! - Va a farti benedire! Sei
che la voleva per chioccia; l'ha detto la massaia. Dammi  la  tacchina! - Va a farti benedire! Sei pazzo? - Dammi la
la tacchina! - Va a farti benedire! Sei pazzo? - Dammi  la  tacchina! - replicò Scurpiddu con aria minacciosa. - Mamma!
- replicò Scurpiddu con aria minacciosa. - Mamma! - chiamò  la  ragazza. E alla chiamata, comparve su la soglia la
- Mamma! - chiamò la ragazza. E alla chiamata, comparve su  la  soglia la mezzadra. - Dice che gli abbiamo preso una
- chiamò la ragazza. E alla chiamata, comparve su la soglia  la  mezzadra. - Dice che gli abbiamo preso una tacchina, per
- Dice che gli abbiamo preso una tacchina, per chioccia.  La  mezzadra cominciò a sbraitare: - Se l'è sognato la tua
La mezzadra cominciò a sbraitare: - Se l'è sognato  la  tua massaia? Verrò a dirglielo sul muso. Per chi ci
rizzò infuriato e prese una zolla per lanciargliela. Lesta,  la  mezzadra gli corse addosso e gli rattenne il braccio: -
vado io dalla tua massaia. Mi sentirà! Vedendola prendere  la  viottola, Scurpiddu tornò mogio mogio tra i tacchini; e di
mogio mogio tra i tacchini; e di là seguì con gli occhi  la  mezzadra che andava di furia, brontolando. Poco dopo
brontolando. Poco dopo s'udivano le strida del diverbio tra  la  massaia e lei davanti la masseria. Scurpiddu credeva di
le strida del diverbio tra la massaia e lei davanti  la  masseria. Scurpiddu credeva di aver fatto una bella cosa,
credeva di aver fatto una bella cosa, andando a chiedere  la  tacchina; e per dispetto di quella strega che voleva
più verdi alle viti. Tiù! Tiù ! Anche Paola svolazzava per  la  vigna a beccare qualche racìmolo, e andava e veniva, quasi
Scurpiddu tirò loro due sassolini. richiamandoli con  la  voce. E quando ebbe tutto il branco davanti a sè: Marcia!
aggiungeva. Li aveva visti poco prima scendere per  la  strada del Monte. Cercavano gli amici . Ma non li avevano
sul dorso di Capobanda , e gli beccava delicatamente  la  pelle grinzosa e bitorzoluta della testa. Il tacchino la
la pelle grinzosa e bitorzoluta della testa. Il tacchino  la  lasciava fare. - E sessantuno!- finì di contare la massaia.
tacchino la lasciava fare. - E sessantuno!- finì di contare  la  massaia. Scurpiddu , che questa volta non se l'aspettava
- Ma che fai? Dove le conduci queste bestie? - gli domandò  la  massaia un po' stizzita, Scurpiddu non sapeva che
tra gli ulivi non si era vista anima viva in tutta  la  giornata; e lui non si era mosso da sedere su un masso per
e lui non si era mosso da sedere su un masso per far meglio  la  guardia. In quei pochi minuti che era andato a leticare con
guardia. In quei pochi minuti che era andato a leticare con  la  mezzadra? - Hai fatto male, - lo sgridò la massaia. - E
a leticare con la mezzadra? - Hai fatto male, - lo sgridò  la  massaia. - E un'altra volta, quando nella masseria vien
che gli vuol male a questo povero orfanello! - piagnucolò  la  mamma di Scurpiddu per difenderlo. - No, si distrae con
Seduto su un mucchio di sassi, coi gomiti su le ginocchia e  la  testa tra le mani, singhiozzava di rabbia, senza poter
massaio Turi: - Manca un'altra tacchina, - gli disse  la  moglie. Massaio Turi stette un po' a riflettere, e domandò
Calcapaglia , a cui ha preso tre galline. Deve aver  la  tana nella vallata sotto la roccia; le fanno già la posta,
ha preso tre galline. Deve aver la tana nella vallata sotto  la  roccia; le fanno già la posta, lui e suo genero. E hanno
aver la tana nella vallata sotto la roccia; le fanno già  la  posta, lui e suo genero. E hanno visto anche i
suo genero. E hanno visto anche i volpacchiotti. Se trovano  la  tana, ve li affumicano dentro. Ma le volpi sono maliziose.
fresca nel prato vicino alla fontana, muterai pascolo.  La  volpe non verrà fin là, specie di giorno! - Ecco!- esclamò
lassù, senza Paola , gli sembrava di essere dimezzato.  La  massaia avea chiuso la tàccola in una stanza nel momento
, gli sembrava di essere dimezzato. La massaia avea chiuso  la  tàccola in una stanza nel momento che Scurpiddu conduceva
E Scurpiddu era partito con un po' di broncio, perchè  la  coscienza gli diceva di non meritare quel castigo. Lassù,
delle ulive, dentro lo stanzone del frantoio, che quando  la  mula con gli occhi bendati faceva girare la màcina, era
che quando la mula con gli occhi bendati faceva girare  la  màcina, era assai incomodo salire e scendere; mancava lo
salire e scendere; mancava lo spazio, ogni volta che  la  mula rasentava lo scalino. Colà però la persona malata
ogni volta che la mula rasentava lo scalino. Colà però  la  persona malata poteva riposare tranquilla. Di tanto in
malata poteva riposare tranquilla. Di tanto in tanto,  la  massaia andava a visitarla, a portarle una tazza di brodo,
coraggio. - Vi raccomando quella creatura, massaia! Quasi  la  povera donna si vedesse proprio in punto di morte.
donna si vedesse proprio in punto di morte. Scurpiddu  la  vedeva la mattina, appena alzàtosi da letto; e la sera,
si vedesse proprio in punto di morte. Scurpiddu la vedeva  la  mattina, appena alzàtosi da letto; e la sera, fino a che la
Scurpiddu la vedeva la mattina, appena alzàtosi da letto; e  la  sera, fino a che la povera donna non si sentiva chiudere le
la mattina, appena alzàtosi da letto; e la sera, fino a che  la  povera donna non si sentiva chiudere le pupille dalla
mio! E quella mattina, nel prato, Scurpiddu brontolava: -  La  mamma a letto… e Paola carcerata! Rimaneva a lungo con gli
 La  chiesa di San Raffaele riconosce la sua erezione dal re
chiesa di San Raffaele riconosce  la  sua erezione dal re Berengario; in seguito fu ricostrutta
in seguito fu ricostrutta con disegno del Pellegrini:  la  grandiosa facciata non è ancora finita. Contiene qualche
il querciuolo... già tutta, in un solo superbo monologo,  la  selva stormì! Gli augelli si destano cantando alleluia, le
augelli si destano cantando alleluia, le vette si indorano,  la  valle è men buia, lontani comignoli la nebbia disvela,
vette si indorano, la valle è men buia, lontani comignoli  la  nebbia disvela, comincia a far vela, nel tremulo spazio, la
la nebbia disvela, comincia a far vela, nel tremulo spazio,  la  nave del dì!
ad assicurare ogni oggetto contro  la  violenza del mare. La Clelia proseguì colle mure alla
ad assicurare ogni oggetto contro la violenza del mare.  La  Clelia proseguì colle mure alla sinistra
di perverso dominio colla stessa ipocrisia con cui  la  tenne schiava, liberò la Niobe delle nazioni, la vecchia
colla stessa ipocrisia con cui la tenne schiava, liberò  la  Niobe delle nazioni, la vecchia metropoli del mondo, la
con cui la tenne schiava, liberò la Niobe delle nazioni,  la  vecchia metropoli del mondo, la dominatrice, la martire, la
la Niobe delle nazioni, la vecchia metropoli del mondo,  la  dominatrice, la martire, la più grande delle glorie umane!
nazioni, la vecchia metropoli del mondo, la dominatrice,  la  martire, la più grande delle glorie umane! Egli fu il
la vecchia metropoli del mondo, la dominatrice, la martire,  la  più grande delle glorie umane! Egli fu il continuatore
Totila alla testa delle feroci sue orde conquistava Roma,  la  distruggeva, ne sterminava la popolazione ed era questa
sue orde conquistava Roma, la distruggeva, ne sterminava  la  popolazione ed era questa giustizia di Dio! «Morrà di ferro
facile preda e palpitò di gioia il fallace suo cuore mentre  la  stringeva tra le ugne! Che bell’appannaggio al crescente
Regina! Io, intanto, mangio  la  frutta. (Torna a sedersi a tavola, e sbuccia e mangia
pere, pesche, vuotando presto una fruttiera. Vedendo che  la  Regina non parla, le ripete:) Regina, raccontate ... (E si
le ripete:) Regina, raccontate ... (E si rimette a mangiare  la  frutta.)
 La  mattina che la signora Villa e le Maiocchi, mamma e figlia,
mattina che  la  signora Villa e le Maiocchi, mamma e figlia, eran venute in
infossati, pareva avesse pianto. - Che hai? - le domandò  la  signora Villa. - Nulla. Sto bene. - Bene? ... Ma se non ti
- Nulla. Sto bene. - Bene? ... Ma se non ti si riconosce!  La  Maiocchi aveva tirata la signora Teresa verso la finestra,
... Ma se non ti si riconosce! La Maiocchi aveva tirata  la  signora Teresa verso la finestra, mentre Elisa e la Villa
riconosce! La Maiocchi aveva tirata la signora Teresa verso  la  finestra, mentre Elisa e la Villa mettevano sossopra mucchi
tirata la signora Teresa verso la finestra, mentre Elisa e  la  Villa mettevano sossopra mucchi di biancheria: - Bada,
matrimonio ... , non vedi? ... - È lei che l'ha voluto!  La  signora Teresa s'irritava: - Ve la prendete con me! Credete
- È lei che l'ha voluto! La signora Teresa s'irritava: - Ve  la  prendete con me! Credete dunque che io menta? - È proprio
inesplicabile! - Giulia, vieni qui; guarda che bellezza!  La  signora Villa era in estasi davanti a certe camicie di
Villa era in estasi davanti a certe camicie di Vienna. E  la  Maiocchi lodava, ammirava anche lei, facendo delle
sua madre? - Bellissimo! Elegantissimo! Una magnificenza! E  la  signora Villa faceva passare in mano dell'Elisa o della sua
per far meglio apprezzare il merletto, un ricamo o  la  qualità di una stoffa. Giacinta stava zitta. E quando la
o la qualità di una stoffa. Giacinta stava zitta. E quando  la  signora Villa rivolgevasi a lei, rispondeva con un sorriso
sensazione di liscio che le faceva correre dei brividi per  la  schiena, come se quelle lenzuola di tela di Olanda
degli sposi ... - Una cosa provvisoria - diceva  la  signora Teresa, conducendole a traverso le impalcature e
di gonne che sollevavano della polvere dappertutto.  La  signora Villa saltellava, di qua e di là, sugli arnesi
dei piccoli gridi, ridendo, facendo delle moine per  la  paura di conciarsi il vestito o di vedersi cascar addosso
diventava un gioiello. - Una cosa provvisoria - ripeteva  la  Marulli - Giacinta si è innamorata della palazzina qui
sciocca da farlo capire. I proprietarii, naturalmente, ora  la  prendono per la gola. - Lascia andare! Qui starai da
capire. I proprietarii, naturalmente, ora la prendono per  la  gola. - Lascia andare! Qui starai da regina! Ma per le
Qui starai da regina! Ma per le scale, nell'andar via,  la  Maiocchi diceva, in un orecchio alla Villa, che le Marulli
te n'avvredai, come diceva quello! - Dio! Mi son conciata!  La  signora Maiocchi voleva montar subito in casa per ripulire
signora Maiocchi voleva montar subito in casa per ripulire  la  coda della veste da parecchi schizzi di calce e di tinta -
schizzi di calce e di tinta - Un abito rovinato! - Ma  la  Villa la trattenne. - Che ne diceva lei? Dovevasi credere
di calce e di tinta - Un abito rovinato! - Ma la Villa  la  trattenne. - Che ne diceva lei? Dovevasi credere alle
arrivare al battente. Allora pensò di alzare da terra  la  so- rellina, la quale bussò lungamente. Tutt’e due, udendo
battente. Allora pensò di alzare da terra la so- rellina,  la  quale bussò lungamente. Tutt’e due, udendo quel lungo mar-
tellìo, dissero: - Che cosa ci diranno quando apri- ranno  la  porta? - E la porta di cristallo si spalancò e comparve una
- Che cosa ci diranno quando apri- ranno la porta? - E  la  porta di cristallo si spalancò e comparve una vecchia con
spalancò e comparve una vecchia con una lanterna in mano.  La  donna era vestita del colore de- gli scogli ed il vestito
per gli scogli. Essi giunsero a casa pieni di spavento.  La  barca del babbo tor- nava appunto in porto in quel momento
del babbo tor- nava appunto in porto in quel momento e  la  mamma aveva preparato una buona ce- netta. I bimbi, ancora
- I bambini, nei giorni seguenti, cerca- rono e ricercarono  la  porta di cristallo, ma non poterono trovare nemmeno la
la porta di cristallo, ma non poterono trovare nemmeno  la  caverna. Dopo qualche tempo, mentre un dì Nennella si
ad un tratto un voce dolce, che cantava: - Io del mare son  la  figlia, Fendo l'acqua come chiglia; Alle stelle so cantare;
Alle stelle so cantare; Sono amata in fondo al mare.  La  Medusa luminosa Mi fa scorta come a sposa; Alle stelle so
a casa, e do- vette farsi aiutare dalla moglie e dai figli.  La  testa del pesce era simile a quella di una bella ragazza,
ar- gentee squame; e il corpo terminava in una lunga coda.  La  moglie del pescatore disse: - Che bel pesce! Deve essere
bel pesce! Deve essere eccellente di sapore, ma io temo che  la  caldaia sia troppo piccola per potervelo cuocere. - Non
prima di tagliarlo, il pesce cantasse. - Ed io, - disse  la  bimba - vorrei che il povero pesce tornasse nell’acqua. -
pesce, che era stato posato sulla tavola di cucina, alzò  la  testa ornata da lunghi capelli color d'oro, agitò la coda e
alzò la testa ornata da lunghi capelli color d'oro, agitò  la  coda e si mise a cantare: - Io del mare son la figlia, Son
d'oro, agitò la coda e si mise a cantare: - Io del mare son  la  figlia, Son sorella alla conchiglia; Or chi ignora le mie
Non più fender posso l'onda, Nè cantare sulla sponda, Con  la  rete fui pescata; Oh! la sorte è ben cangiata. - Ma questa
Nè cantare sulla sponda, Con la rete fui pescata; Oh!  la  sorte è ben cangiata. - Ma questa è una sirena! - disse il
- Ma questa è una sirena! - disse il pescatore. E lui e  la  sua famiglia ne ebbero tanta compassione che si misero a
tanta compassione che si misero a piangere; il pescatore  la  prese per la testa, la moglie per la cintura e i bimbi per
che si misero a piangere; il pescatore la prese per  la  testa, la moglie per la cintura e i bimbi per la coda e la
si misero a piangere; il pescatore la prese per la testa,  la  moglie per la cintura e i bimbi per la coda e la
piangere; il pescatore la prese per la testa, la moglie per  la  cintura e i bimbi per la coda e la riportarono in riva al
prese per la testa, la moglie per la cintura e i bimbi per  la  coda e la riportarono in riva al mare. Colà giunti
la testa, la moglie per la cintura e i bimbi per la coda e  la  riportarono in riva al mare. Colà giunti s'inginocchiarono
tutti sulla riva per non farle male e, uno, due e tre,  la  lanciarono nell'acqua. La Sirena si mise a nuotare
non farle male e, uno, due e tre, la lanciarono nell'acqua.  La  Sirena si mise a nuotare cantando: - Tre passi in alto
e allor mi trovi. Di cristalli in sulla porta Bussa pur  la  terza volta. Su' miei doni può contare Chi mi rese al mio
doni può contare Chi mi rese al mio bel mare. - Intanto che  la  Sirena nuotava al largo, l’acqua si apriva e scintillava
d'argento. Il pescatore, che si affrettò a caricare tanto  la  barca di monete, vide sommergere la Sirena con dolore; e
a caricare tanto la barca di monete, vide sommergere  la  Sirena con dolore; e più tardi, quando ebbe spese le poche
più misero di prima. Un giorno Felice disse: - Dove sarà  la  porta di cristallo? - E allora Nennella si rammentò dei tre
scogli; poi, seguendo l'indicazione della Sirena, trovarono  la  porta di cristallo dalla quale partiva molta luce. Felice
dalla quale partiva molta luce. Felice alzò Nennella,  la  quale bussò tre volte col battente che era d'argento. La
la quale bussò tre volte col battente che era d'argento.  La  vecchia coi capelli di alghe e l'a- bito coperto di musco
capelli di alghe e l'a- bito coperto di musco marino, aprì  la  porta e domandò loro che cosa volevano. - Scusi, - rispose
i doni che ci ha promesso una sirena. - Entrate, - ordinò  la  vecchia. Ciò detto li precedè in un corridoio scavato nella
devano gli stallattiti scintillanti al par di diamanti.  La  vecchia disse: - Io voglio molto bene alle sirene. Esse
vengono qui a rifugiarsi dalla tempe- sta.... Ora vi darò  la  merenda. - E tirò fuori dalla roccia una tavola rotonda. Su
di mare. - Grazie! - disse Nennella rifiutando il vino che  la  vecchia le porgeva. - Perchè? - domandò la vecchia.
il vino che la vecchia le porgeva. - Perchè? - domandò  la  vecchia. Nennella non poteva rispondere dallo spavento;
Nennella non poteva rispondere dallo spavento; Felice prese  la  parola per lei. - Le dirò, la mia sorellina teme che il
dallo spavento; Felice prese la parola per lei. - Le dirò,  la  mia sorellina teme che il vino sappia di pesce. - Ma è
è eccellente quando ci si è - fatto l'abitudine; - rispose  la  vecchia del mare empiendo le conchiglie. Il vino aveva,
alla pioggia! - Diamanti! raccattateli, bambini! - disse  la  vecchia. I magnifici cristalli bianchi che pen- devano
cadere i dia- manti per terra a guisa di gocce. Allora  la  vecchia disse: - Quei che lasciò la Sirena partire, Prenda
guisa di gocce. Allora la vecchia disse: - Quei che lasciò  la  Sirena partire, Prenda i diamanti o si affretti a fuggire.
si empì le tasche, Nennella il grembiule, e, ringraziata  la  vecchia, fug- girono tutt'e due dalla porta di cristallo.
giunsero al villaggio, dopo aver smarrita per tre volte  la  via. Trovarono delle case che prima non c'erano, e
guardando a traverso i ve- tri della loro casuccia, videro  la  zuppa del babbo bell’e pronta, e la mamma che aveva i
loro casuccia, videro la zuppa del babbo bell’e pronta, e  la  mamma che aveva i capelli canuti e guardava una barchettina
una barchettina e una bambola posate sul tavolino. -  La  mamma stamattina aveva i ca- pelli neri, ed ora perchè è
i nostri balocchi? - Essi alzarono il saliscendi e aprirono  la  porta. - Mamma cara, piangi forse perchè abbiamo fatto
Abbiamo le tasche piene di dia- manti, - aggiunse Nennella.  La  madre si alzò e li guardò come se non li conoscesse. Il
siamo stati assenti soltanto alcune ore. - Il babbo e  la  mamma li abbracciarono piangendo dalla gioia. La sera
Il babbo e la mamma li abbracciarono piangendo dalla gioia.  La  sera passata nella caverna era durata vent'anni, e il
nella caverna era durata vent'anni, e il pesca- tore e  la  moglie, per vent'anni continui, avevano pianto per morti i
i loro bambini. Essi venderono i diamanti e lasciarono  la  casupola per stabilirsi in un palazzo dì marmo. Ma poco
in un palazzo dì marmo. Ma poco dopo rimpiangevano  la  vita passata, perchè erano ricchi senza es- sere felici.
alla porta di cristallo con il battente d'argento.  La  vecchia aprì e domandò che cosa voleva il signore, che cosa
aprì e domandò che cosa voleva il signore, che cosa voleva  la  si- gnora. - Desideriamo che il babbo e la mamma tornino
che cosa voleva la si- gnora. - Desideriamo che il babbo e  la  mamma tornino felici come prima. - Entrate subito, purchè
avete preso vent'anni di vita in ricompensa di aver ridato  la  libertà alla Sirena? - No, signore; - disse la vecchia - no
aver ridato la libertà alla Sirena? - No, signore; - disse  la  vecchia - no davvero, signora. Ho voluto dimostrarvi che i
durezza. Nennella e Felice, ciò nono- stante ringraziarono  la  vecchia e si affret- tarono ad uscire. La porta di
ringraziarono la vecchia e si affret- tarono ad uscire.  La  porta di cristallo si chiuse subito dietro a loro, ed essi
verso casa, felici di esser ritornati bambini. Il babbo e  la  mamma li aspettavano sulla porta della loro casupola; essi
della loro casupola; essi non erano più canuti; avevano  la  faccia alle- gra e felice, e sulla tavola c'era la bar-
avevano la faccia alle- gra e felice, e sulla tavola c'era  la  bar- chettina e la vecchia bambola.
alle- gra e felice, e sulla tavola c'era la bar- chettina e  la  vecchia bambola.
è  la  prima volta che la sento nominare! Giacché è Fata ... sarà
è la prima volta che  la  sento nominare! Giacché è Fata ... sarà buona come tutte le
rapidamente nella via di Riparazione, toccando terra presso  la  casa che gli era stata indicata. Il giovane balzò dai
Questi riprese l'alto colla sua gondola, e ristette sopra  la  porta ad aspettare che quegli uscisse. L'Albani attraversò
che quegli uscisse. L'Albani attraversò rapidamente  la  galleria terrena, o piuttosto un viale di rose d'ogni
e di topazi, splendenti come foglie irrorate dal mattino.  La  tunica, chiusa sul petto da una croce di diamanti, scendeva
il vermiglio delle labbra, l'ebano delle chiome, rivelavano  la  donna sotto la effige dell'angelo. - Che cercate, o
labbra, l'ebano delle chiome, rivelavano la donna sotto  la  effige dell'angelo. - Che cercate, o fratello, nella casa
cercate, o fratello, nella casa di benedizione? - chiese  la  donna all'Albani con soavissimo accento. - Io cerco -
di fratello consolatore. - Il ministro è assente - disse  la  donna - ma egli sarà di ritorno fra poco. Noi dobbiamo
... - Fidelia! ... Il nome che voi profferite - disse  la  donna - mi dà a conoscere il vostro ... Voi siete l'Albani
perocché sulla terra i dolori sono sempre imminenti ...  La  vostra fidanzata è là, nell'intimo sacrario del ministro,
avete prevenuta coll'impaziente desiderio. Così parlando,  la  sposa del ministro prese per mano l'Albani e lo introdusse
dove, sovra un divano coperto di bianchi drappi, sedeva  la  figlia del Gran Proposto. L'Albani, al primo vederla, la
la figlia del Gran Proposto. L'Albani, al primo vederla,  la  credette una statua. Ma le candide forme erano animate, la
la credette una statua. Ma le candide forme erano animate,  la  statua levossi in piedi, e sciolse la voce: - Amico!
forme erano animate, la statua levossi in piedi, e sciolse  la  voce: - Amico! fratello! - esclamò Fidelia coll'accento
della più viva commozione. - E tu pure hai indovinato  la  strada più breve per toccare la meta! I nostri cuori si
- E tu pure hai indovinato la strada più breve per toccare  la  meta! I nostri cuori si attraggono! L'Albani non potè
del bene vi ha qui riuniti innanzi l'ora prefissa - parlò  la  sposa del ministro - noi compiremo la cerimonia in questo
prefissa - parlò la sposa del ministro - noi compiremo  la  cerimonia in questo luogo. Fratello Consolatore sarà qui
benefico sono preziosi agli infelici, e noi che respiriamo  la  gioia, non dobbiamo usurpare i diritti del dolore. Prima
un attestato di reciproca fiducia necessaria a guarentire  la  vostra pace avvenire; io vi lascio, o figliuoli! Quando la
la vostra pace avvenire; io vi lascio, o figliuoli! Quando  la  vostra confessione sarà compiuta, io verrò qui, col
qui, col ministro, a benedire i vostri legami di spirito!  La  sacerdotessa pose la mano di Fidelia in quella del suo
a benedire i vostri legami di spirito! La sacerdotessa pose  la  mano di Fidelia in quella del suo giovane fidanzato, e uscì
uscì dalla rotonda. Allora l'Albani, rimanendo genuflesso,  la  mano di Fidelia stretta alle labbra, cominciò la sua
la mano di Fidelia stretta alle labbra, cominciò  la  sua confessione: - Oh sì! Una santa istituzione è codesta,
si conoscano. Miserabile quell'uomo che pretende affermare  la  fede della sua compagna colla dissimulazione e
sua compagna colla dissimulazione e coll'inganno! Ed era  la  mia una immensa stoltezza di affidarmi ai rigori delle
il divino istinto del perdono; a te, che assumendo  la  missione dell'angelo, hai steso la mano al caduto per
a te, che assumendo la missione dell'angelo, hai steso  la  mano al caduto per redimerlo dalla vergogna e dai rimorsi,
- interruppe Fidelia con un leggiero brivido di terrore -  la  confessione non è obbligatoria. Io posso dispensarti
dall'accusare le tue colpe, prevenendoti col mio perdono.  La  donna che si consacra ad un uomo per tutta la vita, non
mio perdono. La donna che si consacra ad un uomo per tutta  la  vita, non solo deve assolvere il di lui passato, ma anche
il di lui passato, ma anche il di lui avvenire. In ciò  la  donna è più sublime di Dio! Così parlando, Fidelia chinò le
io ti prego di acconsentirmi questo sfogo dell'anima che  la  legge mi impone, perocché io sappia che l'uomo non può
non può gustare, nelle braccia di una donna, tutta intera  la  voluttà dell'amore, quand'egli non sia ben certo che questa
della tua illibatezza? - esclamò l'Albani trattenendo  la  giovinetta con dolce violenza. - Tutta la tua vita si
trattenendo la giovinetta con dolce violenza. - Tutta  la  tua vita si riflette nel tuo purissimo sguardo. Nella
pieghe dei lini che disegnano le tue membra, io respiro  la  vergine, indovino una limpida fonte, a cui nessuno ha mai
una limpida fonte, a cui nessuno ha mai portato le labbra!  La  legge mi comanda di proferire a mia volta la parola
le labbra! La legge mi comanda di proferire a mia volta  la  parola perdono; ed io, per obbedire a questa legge, ti
perdono; ed io, per obbedire a questa legge, ti perdono  la  sola colpa che in te riconosco, quella di aver amato un
di un lungo abbracciamento, non si accorsero che  la  porta si era aperta, che non erano più soli. Speranza e
rotonda. Il ministro si accostò al due amanti per compiere  la  cerimonia dell'unione spirituale colla formola prescritta
amerò sempre! - disse l'Albani - mentre il sacerdote univa  la  sua mano a quella di Fidelia. La giovinetta replicò la
mentre il sacerdote univa la sua mano a quella di Fidelia.  La  giovinetta replicò la promessa con tremula voce. E mentre
la sua mano a quella di Fidelia. La giovinetta replicò  la  promessa con tremula voce. E mentre il ministro baciava in
partirono i primi squilli del richiamo delle vergini  La  cerimonia era compiuta. I due giovani si levarono in piedi.
cerimonia era compiuta. I due giovani si levarono in piedi.  La  sposa del ministro offerse il braccio a Fidelia, e tutti
dal sacrario. Appena sboccati nella via, l'Albani scosse  la  funicella che pendeva dalla sua gondola, e il conduttore,
potentissimo Mago! Abbiate pazienza. Ecco il Reuccio e  la  Reginotta. (Scuote il Re e la Regina) Maestà! Maestà!
pazienza. Ecco il Reuccio e la Reginotta. (Scuote il Re e  la  Regina) Maestà! Maestà!
molto giovane, che voleva prender moglie, ma voleva sposare  la  più bella ragazza del mondo. - E se non è di sangue reale?
- Non me n'importa nulla. - Allora sappiate, Maestà, che  la  più bella ragazza del mondo è la figliuola di un ciaba. Ma
sappiate, Maestà, che la più bella ragazza del mondo è  la  figliuola di un ciaba. Ma il popolo, che è maligno,
un ciaba. Ma il popolo, che è maligno, potrebbe chiamarla:  la  Regina Ciabatta ... Maestà, non sta bene: rifletteteci
Maestà, non sta bene: rifletteteci meglio. Il Re rispose: -  La  figliuola del ciaba è la più bella ragazza del mondo? La
meglio. Il Re rispose: - La figliuola del ciaba è  la  più bella ragazza del mondo? La figliuola del ciaba sarà
- La figliuola del ciaba è la più bella ragazza del mondo?  La  figliuola del ciaba sarà dunque mia sposa e Regina. Andrò a
incontrarono una vecchia che domandava l'elemosina: - Fate  la  carità! Fate la carità! Il Re non se ne dava per inteso. La
vecchia che domandava l'elemosina: - Fate la carità! Fate  la  carità! Il Re non se ne dava per inteso. La vecchina
la carità! Fate la carità! Il Re non se ne dava per inteso.  La  vecchina arrancava dietro il cavallo. - Fate la carità!
per inteso. La vecchina arrancava dietro il cavallo. - Fate  la  carità! Fate la carità! Il cavallo del Re s'adombrò, e urtò
arrancava dietro il cavallo. - Fate la carità! Fate  la  carità! Il cavallo del Re s'adombrò, e urtò la vecchina che
carità! Fate la carità! Il cavallo del Re s'adombrò, e urtò  la  vecchina che cadde per terra. Il Re, senza punto curarsene,
innanzi; ma il servitore, impietosito, scese da cavallo,  la  sollevò, e visto che non s'era fatta nulla di male, cavò di
Accetta in ricambio questo anellino e portalo al dito; sarà  la  tua fortuna. Arrivati in quel paese, il Re accompagnato dal
il Re accompagnato dal servitore passò e ripassò davanti  la  bottega del ciaba, finché non gli riuscì di vedere la bella
la bottega del ciaba, finché non gli riuscì di vedere  la  bella ragazza, che era la più bella del mondo. Rimase
finché non gli riuscì di vedere la bella ragazza, che era  la  più bella del mondo. Rimase abbagliato! E, senza por tempo
por tempo in mezzo, disse al ciaba: - Io sono il Re: vo'  la  tua figliuola per moglie. - Maestà, c'è un intoppo. La mia
vo' la tua figliuola per moglie. - Maestà, c'è un intoppo.  La  mia figliuola ha una malìa: chi le parlerà la prima volta e
un intoppo. La mia figliuola ha una malìa: chi le parlerà  la  prima volta e le farà provare una puntura al dito mignolo,
rimase un po' turbato; ma poi pensò: - Se questa malìa è  la  sua buona Sorte, costei dev'essere destinata a sposare un
tutto allegro, disse al ciaba: - Proviamo. Il ciaba chiamò  la  figliuola, senza dirle del Re; e come questi se la vide
chiamò la figliuola, senza dirle del Re; e come questi se  la  vide dinanzi, restò più abbagliato di prima. - Buon giorno,
alla ragazza: - Badate, è Sua Maestà! - Ahi! Ahi! Ahi!  La  ragazza si sentiva un'atroce puntura al dito mignolo, e
si sentiva un'atroce puntura al dito mignolo, e scoteva  la  mano: - Ahi! Ahi! Ahi! Figuriamoci il viso del Re, come
Figuriamoci il viso del Re, come capì che quella ragazza,  la  più bella del mondo, era destinata a quel tanghero del suo
Prese in disparte il ciaba e gli disse: - Lascia fare a me;  la  tua figliuola sarà Regina. Tornato al palazzo reale, chiamò
al palazzo reale, chiamò il servitore: - Prima che tu sposi  la  figliuola del ciaba, devi rendermi un servigio: mi fido
di te. Portami questa lettera al Re di Spagna, e attendi  la  risposta; ma nessuno deve sapere dove tu vada e perché. -
sapere dove tu vada e perché. - Maestà, sarà fatto. Prese  la  lettera e partì. A metà di strada incontrò quella vecchina:
quel che ti aspetta. Quella lettera è un tradimento! Se tu  la  presenti al Re, sarai subito ammazzato. Portagli questa,
questa, invece: farà un altro effetto. Allora lui prese  la  lettera della vecchina, e quella del Re la buttò via.
Allora lui prese la lettera della vecchina, e quella del Re  la  buttò via. Ringraziò e proseguì il viaggio. Era già passato
quando fu quel giorno, andò insieme coi ministri a rilevare  la  sposa con la carrozza di gala. In casa del ciaba trovarono
giorno, andò insieme coi ministri a rilevare la sposa con  la  carrozza di gala. In casa del ciaba trovarono una granata
alla stanza, e il Re disse ai ministri: - Ecco Sua Maestà  la  Regina! I ministri, stupefatti, si guardarono in viso senza
- Maestà, è una granata! Il Re in quella granata ci vedeva  la  figliuola del ciaba, la più bella ragazza del mondo; e,
Il Re in quella granata ci vedeva la figliuola del ciaba,  la  più bella ragazza del mondo; e, presala pel manico (lui
mondo; e, presala pel manico (lui credeva di prenderla per  la  mano) la portò in carrozza e cominciò a dirle tante belle
presala pel manico (lui credeva di prenderla per la mano)  la  portò in carrozza e cominciò a dirle tante belle cose. I
Ma questa qui è una granata! Il Re montò sulle furie;  la  prese per un'offesa alla Regina. Fece fermar la carrozza e
furie; la prese per un'offesa alla Regina. Fece fermar  la  carrozza e ordinò ai soldati che legassero
lo trascinassero fino al palazzo reale. Gli altri, vista  la  mala parata, stettero zitti. E il Re, giunto al palazzo
reale, si affacciò alla finestra per mostrare al popolo  la  Regina: - Ecco la vostra Regina! Non avea finito di dirlo,
alla finestra per mostrare al popolo la Regina: - Ecco  la  vostra Regina! Non avea finito di dirlo, che gli cadde come
Maestà pareva proprio uno spazzino. Con chi prendersela?  La  colpa era della sua cattiva stella, e di quella malìa della
raccontò ogni cosa: - Come va questa faccenda? - Maestà,  la  faccenda è piana. Quell'Uomo possiede l'anello incantato
Bisogna trovare un'astuzia per portargli via quell'anello:  la  forza non vale. Pensa e ripensa, un giorno il Re, visto che
del ciaba: - Buon giorno, bella ragazza! - Ahi! Ahi! Ahi!  La  ragazza sentiva un'atroce puntura al dito mignolo e
sentiva un'atroce puntura al dito mignolo e scuoteva  la  mano! - Ahi! Ahi! Ahi! Ora la cosa andava bene, e il Re
al dito mignolo e scuoteva la mano! - Ahi! Ahi! Ahi! Ora  la  cosa andava bene, e il Re ordinò di bel nuovo i preparativi
per le nozze. E quando fu quel giorno, andò a rilevare  la  sposa colla carrozza di gala. Giunti al palazzo reale,
sui muri: Fai, fai, fai, Non l'hai avuta e non l'avrai.  La  Regina veniva ai ricevimenti di Corte, veniva nella sala da
rubato l'anello, ed era uscito dal palazzo reale, piangendo  la  sua sventura. Fuori le porte della città avea trovato la
la sua sventura. Fuori le porte della città avea trovato  la  vecchina: - Ah, vecchina mia! Mi han rubato l'anello. - Non
diSperare, non è nulla. Quando il Re avrà sposato, appena  la  Regina sarà entrata nel suo appartamento, pianta questo
in segreto ogni cosa. - Come va questa faccenda? - Maestà,  la  faccenda è piana. Quell'Uomo ha avuto un chiodo incantato
- Ma che offesa ho io fatto a codesta fata Regina? Non  la  conosco neppur di vista! - No, Maestà. Vi rammentate d'una
che vi domandò l'elemosina il giorno che voi andavate  la  prima volta dal ciaba? Vi ricordate che la urtaste col
che voi andavate la prima volta dal ciaba? Vi ricordate che  la  urtaste col cavallo e cadde per terra? - Sì. - Era lei, la
la urtaste col cavallo e cadde per terra? - Sì. - Era lei,  la  fata Regina. Il Re dovette persuadersi che era inutile
Fata, e si rassegnò a sposare una bella ragazza, sì, ma non  la  più bella del mondo. Sposò la Reginotta di Francia. Il
una bella ragazza, sì, ma non la più bella del mondo. Sposò  la  Reginotta di Francia. Il servitore sposò la figliuola del
mondo. Sposò la Reginotta di Francia. Il servitore sposò  la  figliuola del ciaba; e il Re gli diè una ricca dote e lo
povero padre pensò d'andarsene in una pianura e chiamare  la  Sorte: - Sorte, o Sorte! Gli apparve una vecchia, colla
mie figliuole. - Menale qui ad una ad una; si sceglieranno  la  Sorte colle loro mani. Il buon Uomo, tornato a casa tutto
tornato a casa tutto contento, disse alle figliuole: -  La  vostra fortuna è trovata! E raccontò ogni cosa. Allora la
- La vostra fortuna è trovata! E raccontò ogni cosa. Allora  la  maggiore si fece avanti, ringalluzzita: - La prima scelta
cosa. Allora la maggiore si fece avanti, ringalluzzita: -  La  prima scelta tocca a me. Sceglierò il meglio! Il giorno
conocchia e col fuso: - Perché m'hai tu chiamata? - Ecco  la  mia figliuola maggiore. La vecchia cavò di tasca tre
Perché m'hai tu chiamata? - Ecco la mia figliuola maggiore.  La  vecchia cavò di tasca tre anelli, uno d'oro, uno d'argento,
Naturalmente prese l'anello d'oro. - Maestà, vi saluto!  La  vecchia le fece un inchino e sparì. Tornati a casa, la
La vecchia le fece un inchino e sparì. Tornati a casa,  la  sorella maggiore, pavoneggiandosi, disse alle altre due: -
Il giorno dopo andò col padre l'altra figlia. Comparve  la  vecchia colla conocchia e col fuso, e cavò di tasca due
s'intende, prese quello d'argento. - Principessa vi saluto!  La  vecchia le fece un inchino e sparì. Tornata a casa, quella
io sarò Principessa! E tutt'e due si diedero a canzonare  la  sorella minore: - Che volete? Chi tardi arriva male
al mondo prima. Lei zitta. Il giorno dopo andò col padre  la  figliuola minore. Comparve la vecchia colla conocchia e col
Il giorno dopo andò col padre la figliuola minore. Comparve  la  vecchia colla conocchia e col fuso e cavò di tasca, come la
la vecchia colla conocchia e col fuso e cavò di tasca, come  la  prima volta, tre anelli, uno d'oro, uno d'argento e uno di
Con gran rabbia di suo padre, avea preso quello di ferro.  La  vecchia non le disse nulla, e sparì. Per la strada il sarto
di ferro. La vecchia non le disse nulla, e sparì. Per  la  strada il sarto continuò a brontolare: - Perché non quello
Come videro l'anello di ferro, si contorcevano dalle risa e  la  canzonavano. Saputo poi che lo avea scelto fra uno d'oro e
lo avea scelto fra uno d'oro e uno d'argento, per grulla  la  presero e per grulla la lasciarono. E lei, zitta. Intanto
d'oro e uno d'argento, per grulla la presero e per grulla  la  lasciarono. E lei, zitta. Intanto si sparse la voce che le
e per grulla la lasciarono. E lei, zitta. Intanto si sparse  la  voce che le tre belle figliuole del sarto avevano gli
ammaliato dalla maggiore: - Siate Regina del Portogallo!  La  sposò con grandi feste e la menò via. Poco dopo venne un
- Siate Regina del Portogallo! La sposò con grandi feste e  la  menò via. Poco dopo venne un Principe. Rimase ammaliato
Rimase ammaliato dalla seconda. - Siate Principessa!  La  sposò con grandi feste e la menò via. Restava l'ultima. Non
seconda. - Siate Principessa! La sposò con grandi feste e  la  menò via. Restava l'ultima. Non la chiedeva nessuno. Un
sposò con grandi feste e la menò via. Restava l'ultima. Non  la  chiedeva nessuno. Un giorno, finalmente, si presentò un
noi per ora ce l'abbiamo. Stava per passare un altr'anno.  La  minore restava sempre in casa, e il padre non faceva altro
si merita altro! Si sposarono, senza feste e senza nulla, e  la  menò via. Allora il sarto disse: - Voglio andar a visitare
menò via. Allora il sarto disse: - Voglio andar a visitare  la  mia figliuola Regina. La trovò che piangeva. - Che cos'hai,
disse: - Voglio andar a visitare la mia figliuola Regina.  La  trovò che piangeva. - Che cos'hai, figliuola mia? - Sono
guai a te!". Son certa, babbo mio, che mi farà tagliar  la  testa. Quel povero padre, come potea rimediare? E partì per
E partì per far visita alla figliuola Principessa.  La  trovò che piangeva. - Che cos'hai, figliuola mia? - Sono
finestra: - Mercante, se portate bella roba, montate su.  La  Regina vuol comprare. Montò su, e chi era mai la Regina? La
su. La Regina vuol comprare. Montò su, e chi era mai  la  Regina? La sua figliuola minore, la moglie del pecoraio.
La Regina vuol comprare. Montò su, e chi era mai la Regina?  La  sua figliuola minore, la moglie del pecoraio. Quello rimase
Montò su, e chi era mai la Regina? La sua figliuola minore,  la  moglie del pecoraio. Quello rimase di sasso; non potea
da vendere. - Vi sentite male, poverino? - gli disse  la  Regina. - Figliuola mia, sono tuo padre! E ti chiedo
incenerito. Dopo che quello ebbe mangiato e bevuto,  la  figliuola gli disse: - Questi doni son per voi. Questa
disse: - Questi doni son per voi. Questa nocciuola è per  la  sorella maggiore: questa boccettina di acqua per l'altra.
sorella maggiore: questa boccettina di acqua per l'altra.  La  nocciuola, dee inghiottirsela col guscio; l'acqua, dee
più. E che badino, babbo! Quando le due sorelle intesero  la  bella fortuna toccata alla minore e videro quella sorta di
Si beffava di loro con quella nocciuola e con quell'acqua!  La  maggiore buttò la nocciuola in terra, e la pestò col
con quella nocciuola e con quell'acqua! La maggiore buttò  la  nocciuola in terra, e la pestò col calcagno. La nocciuola
con quell'acqua! La maggiore buttò la nocciuola in terra, e  la  pestò col calcagno. La nocciuola schizzò sangue. C'era
buttò la nocciuola in terra, e la pestò col calcagno.  La  nocciuola schizzò sangue. C'era dentro un bambino piccino
un bambino piccino piccino: lei gli aveva schiacciata  la  testa! Il Re, visto quell'atto di superbia e il bambino
mozzatele il capo! E, senza pietà né misericordia,  la  fece mettere a morte. L'altra, nello stesso tempo, avea
a una finestra, n'avea versata tutta l'acqua. Sotto  la  finestra passavano dei ragazzi che trascinavano un gatto
- Ah, scellerata! - urlò il Principe. - Hai tolto  la  Sorte ai nostri figliuoli! E in quel momento di furore, la
la Sorte ai nostri figliuoli! E in quel momento di furore,  la  strangolò colle sue mani. Il babbo tornò dalla figliuola
Appena avrò buone notizie, vi manderò a chiamare.  La  sera tornò re Sole, e lei gli domandò: - Maestà, che cosa
che cosa avete visto nel vostro viaggio? - Ho visto tagliar  la  testa a una Regina e strangolare una Principessa. Se lo
giorno dopo, appena fu giunto nel luogo dov'era seppellita  la  Regina, picchiò sulla fossa e disse: - Tu che stai sotto
sulla fossa e disse: - Tu che stai sotto terra, Mi manda  la  tua sorella; Se dal buio volessi uscire, Del mal fatto ti
Sto bene sotto terra. Dio gli dia male e malanno! Vo'  la  nuova avanti l'anno! - Resta lì, donnaccia infame! E il re
continuò il suo viaggio. Arrivato dov'era stata sepolta  la  Principessa, picchiò sulla fossa e disse: - Tu che stai
sulla fossa e disse: - Tu che stai sotto terra, Mi manda  la  tua sorella; Se vuoi tornare da morte a vita, Del mal fatto
Sto bene sotto terra. Male occulto o mal palese, Vo'  la  nuova avanti un mese! Resta lì, donnaccia infame! Re Sole
e quelle due sorelle se le mangiarono i vermi. Stretta è  la  foglia, larga è la via. Dite la vostra, ché ho detto la
se le mangiarono i vermi. Stretta è la foglia, larga è  la  via. Dite la vostra, ché ho detto la mia.
i vermi. Stretta è la foglia, larga è la via. Dite  la  vostra, ché ho detto la mia.
è la foglia, larga è la via. Dite la vostra, ché ho detto  la  mia.
un Manovale povero, ma povero, che aveva tre figliuoli.  La  notte che gli nacque il maggiore, in casa non c'era neppure
in casa non c'era neppure un pochino di olio per empire  la  lucerna; e lui se ne stava al buio, in cucina, a sedere, e
che era, si trovò in ginocchio. - Alzati, - gli ordinò  la  Fata, con una voce squillante come un campanello - alzati e
ho bisogno di te. - Il Manovale si alzò sbalordito e seguì  la  Fata, la quale, entrata nella stanza dove dormivano la
di te. - Il Manovale si alzò sbalordito e seguì la Fata,  la  quale, entrata nella stanza dove dormivano la moglie e il
la Fata, la quale, entrata nella stanza dove dormivano  la  moglie e il bambino, si avvicinò a questo e gli aprì
di luce e portata dalle nuvole luminose, la- sciò  la  stanza e uscì dalla stamberga fa- cendo segno al Manovale
segno al Manovale di seguirla. Era una notte buia come  la  gola del lupo, e il Manovale, prima di passare la so- glia
buia come la gola del lupo, e il Manovale, prima di passare  la  so- glia di casa, si fermò e si voltò addietro. Gli
fermò e si voltò addietro. Gli dispiaceva di lasciar sola  la  moglie e il bambino. La Fata se ne accòrse. - Non temere;
Gli dispiaceva di lasciar sola la moglie e il bambino.  La  Fata se ne accòrse. - Non temere; non si desteranno fin-
e vuoto come una canna secca. Era il tredicesimo.  La  Fata si fermò e gli dette una chia- vicina d'oro,
vedrai una porta; cerca il buco della serratura, mettici  la  chiave, e girala piano piano, perché se svegli il Nano, che
che cura tutte le ferite; l'anello dell'invisibilità, e  la  tromba fatata. Il balsamo e l'anello sono per me; la tromba
e la tromba fatata. Il balsamo e l'anello sono per me;  la  tromba puoi tenerla e ti gio- verà. - Il Manovale non fece
il guanciale, acchiappò i tre oggetti, e poi risalì su.  La  Fata lo aspettava ansiosa. - Senti, conserva questa tromba
e nei momenti di grande angoscia soffiaci dentro. Io sono  la  Fata della notte e viag- gio per l'emisfero; ma in
convincermi che anche i ricchi sono molto infelici. - E  la  Fata della notte si allontanò, sol- levata dalle nuvole
Manovale, rimasto solo nel bosco, si pentì di aver lasciato  la  moglie e il bam- bino, che avevano forse bisogno di lui,
dirgli: - Serbala e riponila; ma riponila bene che nessuno  la  trovi; quella tromba è preziosa. - Il Manovale fece una
è preziosa. - Il Manovale fece una spallata e si mise  la  tromba sotto il braccio. Arrivò a casa: la moglie e il
e si mise la tromba sotto il braccio. Arrivò a casa:  la  moglie e il bambino dormivano sempre. Dove doveva riporla
era stanco morto, ma sen- tendosi dire e ripetere che  la  serbasse, scavò una buca fonda nell'impiantito della
scavò una buca fonda nell'impiantito della cucina, ce  la  nascose e poi la ricoprì; ma fede nella tromba non ne aveva
fonda nell'impiantito della cucina, ce la nascose e poi  la  ricoprì; ma fede nella tromba non ne aveva davvero. L'anno
giorno, al Manovale nacque un altro figliuolo ma- schio, e  la  sera gli comparve la stessa Fata dalla cappa del camino;
nacque un altro figliuolo ma- schio, e la sera gli comparve  la  stessa Fata dalla cappa del camino; costei guardò e
era una femmina e il Manovale, sgomento, vedendosi crescere  la  famiglia, la chiamò Miseria. Alla tromba non ci pensò
e il Manovale, sgomento, vedendosi crescere la famiglia,  la  chiamò Miseria. Alla tromba non ci pensò neppure, ma si
ci pensò neppure, ma si mise in cucina al buio ad aspettare  la  Fata: la Fata quella volta non venne. Il Manovale andò in
neppure, ma si mise in cucina al buio ad aspettare la Fata:  la  Fata quella volta non venne. Il Manovale andò in cerca del
più. Passò le notti a ciel sereno per vedere se scorgeva  la  Fata nei suoi viaggi nel firmamento. La Fata non passò mai.
vedere se scorgeva la Fata nei suoi viaggi nel firmamento.  La  Fata non passò mai. Intanto la famiglia cresceva e le
suoi viaggi nel firmamento. La Fata non passò mai. Intanto  la  famiglia cresceva e le tribola- zioni aumentavano. La sera
la famiglia cresceva e le tribola- zioni aumentavano.  La  sera della Befana i tre bambini lo avevano pregato e
—piagnuco- lavano. Il Manovale si ricordò della tromba. Se  la  Fata aveva voglia di aiutarlo, egli pensava, non aveva
voglia di aiutarlo, egli pensava, non aveva bisogno che  la  chiamasse. Doveva essere un inganno: era meglio che con la
la chiamasse. Doveva essere un inganno: era meglio che con  la  tromba contentasse i bambini. Difatti li mandò a letto,
mandò a letto, quindi scavò nel luogo dove aveva nascosta  la  tromba e la trasse fuori lucida come uno specchio. La
quindi scavò nel luogo dove aveva nascosta la tromba e  la  trasse fuori lucida come uno specchio. La guardò, la
la tromba e la trasse fuori lucida come uno specchio.  La  guardò, la rigirò, ebbe per un momento la tentazione di
e la trasse fuori lucida come uno specchio. La guardò,  la  rigirò, ebbe per un momento la tentazione di mettersela
uno specchio. La guardò, la rigirò, ebbe per un momento  la  tentazione di mettersela alla bocca; ma. si vinse, e posò
tentazione di mettersela alla bocca; ma. si vinse, e posò  la  tromba sul letto dei suoi bambini che dormivano. In quella
che dormivano. In quella notte però ebbe un sogno. Vide  la  Fata che lo guardava in atto mi- naccioso, e si allontanava
allontanava lasciando sulla sua casa una striscia di fuoco.  La  mattina dipoi dormì a lungo, e quando si alzò era pentito;
dormì a lungo, e quando si alzò era pentito; voleva provare  la  virtù della tromba. La Fata aveva ragione d'essere in col-
si alzò era pentito; voleva provare la virtù della tromba.  La  Fata aveva ragione d'essere in col- lera. Perchè l'accusava
un turco nano, brutto quanto mai, e aveva portato via  la  bimba insieme con la tromba. Il Manovale si mise a
brutto quanto mai, e aveva portato via la bimba insieme con  la  tromba. Il Manovale si mise a piangere, la mo- glie si mise
insieme con la tromba. Il Manovale si mise a piangere,  la  mo- glie si mise a piangere, i ragazzi piange- vano:
ma un chiarore così forte che gli permetteva di vedere  la  ghiaia nel letto del fiume, e i pesci che guizzavano
che guizzavano nell'acqua. Avvolta in quel chiarore c'era  la  Fata, non più bella e sorridente come l'aveva veduta le
lo sguardo severo come eragli comparsa in sogno. Lentamente  la  Fata s'innalzò sopra le acque. - Non mi hai creduto, - gli
ti trovi! - Il pover'uomo si raccomandava. Giurava che ora  la  credeva; che sa- rebbe andato chissà dove per ritrovare la
la credeva; che sa- rebbe andato chissà dove per ritrovare  la  sua Miseria. La Fata, vedendolo piangere e suppli- care a
sa- rebbe andato chissà dove per ritrovare la sua Miseria.  La  Fata, vedendolo piangere e suppli- care a quel modo, si
il Nano dopo che gli aveva rubato il balsamo, l'anello e  la  tromba; lì dentro c'era la sua Miseria, ma l'unico ingresso
rubato il balsamo, l'anello e la tromba; lì dentro c'era  la  sua Miseria, ma l'unico ingresso a quella fortezza era di-
era di- feso da una porta tutta di ferro, per aprir  la  quale occorreva una chiave d'oro, e la forza di dieci
di ferro, per aprir la quale occorreva una chiave d'oro, e  la  forza di dieci giganti per farla girare sui cardini. Egli
farla girare sui cardini. Egli le rispose che se gli dava  la  chiave d'oro, la forza di dieci giganti l'a- vrebbe avuta,
cardini. Egli le rispose che se gli dava la chiave d'oro,  la  forza di dieci giganti l'a- vrebbe avuta, pur di riportarsi
dieci giganti l'a- vrebbe avuta, pur di riportarsi a casa  la  sua Miseria. La Fata si trasse dalla cintura la chia-
l'a- vrebbe avuta, pur di riportarsi a casa la sua Miseria.  La  Fata si trasse dalla cintura la chia- vicina d'oro e ordinò
a casa la sua Miseria. La Fata si trasse dalla cintura  la  chia- vicina d'oro e ordinò alle nuvole di trasportare il
informò che sulla sponda avrebbe trovato una grotta; dentro  la  grotta ci era un vestiario da turco; doveva in- dossarlo
dal Nano, che vegliava sempre da un finestrino. Per  la  strada avrebbe incontrato un altro turco: dovevano
dovevano camminare in compagnia e aspettare che battesse  la  mezzanotte per girare la chiave. Il Manovale ringraziò la
compagnia e aspettare che battesse la mezzanotte per girare  la  chiave. Il Manovale ringraziò la Fata e fece come gli aveva
la mezzanotte per girare la chiave. Il Manovale ringraziò  la  Fata e fece come gli aveva detto. Alla porta della
ter- ribile nascosta sotto il mantello. Quando suonò  la  mezzanotte, il Manovale mise la chiave nella serratura, ma
il mantello. Quando suonò la mezzanotte, il Manovale mise  la  chiave nella serratura, ma appena andò per girarla, cento
ad abbaiare, e gli si scatenarono addosso. Il turco, con  la  scimitarra, tagliò la testa a tutti. Erano i cani del Nano.
si scatenarono addosso. Il turco, con la scimitarra, tagliò  la  testa a tutti. Erano i cani del Nano. Dopo poco il
Dopo poco il Manovale, facendo uno sforzo terribile, spinse  la  porta, lasciando il compagno a guardia. Entrò dentro la
la porta, lasciando il compagno a guardia. Entrò dentro  la  fortezza. Camminava a tastoni per le stanze; c'era un buio
come in gola al lupo, e il Manovale disperava di trovare  la  sua Miseria, quando dai larghi finestroni vide entrare un
letto. In quel letto dormiva Mi- seria. Sognava e chiamava  la  mamma, il babbo e i fratellini. Il Manovale se la prese in
chiamava la mamma, il babbo e i fratellini. Il Manovale se  la  prese in collo, l'av- volse nel suo lungo mantello bianco,
in collo, l'av- volse nel suo lungo mantello bianco, e  la  portò via addormentata, uscendo con lei sano e salvo dal
palazzo del Nano. Il suo compagno era sparito. Egli portò  la  bambina nella grotta dove si era vestito da turco, per
vestito da turco, per riprendere i suoi panni, e ci trovò  la  Fata, alla quale espresse tutta la sua gratitudine, e
i suoi panni, e ci trovò la Fata, alla quale espresse tutta  la  sua gratitudine, e restituì la chiave. La Fata fu commossa
alla quale espresse tutta la sua gratitudine, e restituì  la  chiave. La Fata fu commossa dall'affetto che aveva quel
espresse tutta la sua gratitudine, e restituì la chiave.  La  Fata fu commossa dall'affetto che aveva quel pover'uomo per
Fata fu commossa dall'affetto che aveva quel pover'uomo per  la  sua bam- bina. - Miseria non conoscerà la miseria - disse
pover'uomo per la sua bam- bina. - Miseria non conoscerà  la  miseria - disse dandogli la chiave. - Questa ti servirà ad
bina. - Miseria non conoscerà la miseria - disse dandogli  la  chiave. - Questa ti servirà ad aprire una cassetta piena
non te ne valere al- tro che quando ti manca il lavoro. -  La  Fata sparì dopo aver ordinato alle nuvole di trasportarlo
tenero padre tornò a casa con- tento come una pasqua con  la  sua cara Miseria, che si svegliò nel suo letto e credè
 La  chiesa di San Sebastiano, di proprietà del Comune, è opera
di proprietà del Comune, è opera del Pellegrini, e devesi  la  sua erezione al voto fatto dai Milanesi durante la peste
e devesi la sua erezione al voto fatto dai Milanesi durante  la  peste dell'anno 1576. La prima pietra fu posta da San
al voto fatto dai Milanesi durante la peste dell'anno 1576.  La  prima pietra fu posta da San Carlo. E di forma circolare,
ed una delle più belle che vanti Milano. Magnifica è  la  parte esterna, ornata di lesene binate, d' ordine dorico,
jonico si vede superiormente all'attico praticabile.  La  cupola torreggia sopra questo secondo ordine. Tre porte,
all'interno, il quale corrisponde alla bellezza esterna per  la  sua semplicità ed eleganza; un ordine di lesene disposte in
pitture: il San Sebastiano è del Bramante. _ Sotto  la  Repubblica Cisalpina essa servì di Circolo costituzionale.
badava a Paola che lo seguiva con larghe volate lungo  la  strada, mentre egli conduceva i tacchini alla pastura. La
la strada, mentre egli conduceva i tacchini alla pastura.  La  notte avea sognato sua madre e glien'era rimasto un vivo
al sole su lo scalino della porta di casa, tenendogli  la  testa fra le ginocchia, dopo avergli lavato la faccia. Ora,
tenendogli la testa fra le ginocchia, dopo avergli lavato  la  faccia. Ora, se sua madre fosse in paese, egli andrebbe a
e di Pasqua. Egli invece non andava in paese nemmeno per  la  festa della Patrona. Quella sera restava quasi solo alla
si udiva, ora sì, ora no, lo scoppio delle bombe.  La  domenica dell'ottavàrio però vedeva lassù, lassù, la
bombe. La domenica dell'ottavàrio però vedeva lassù, lassù,  la  luminaria della processione, e distingueva, dai molti lumi,
luminaria della processione, e distingueva, dai molti lumi,  la  bara di santa Agrippina portata dai devoti per lo stradone
che sua madre, una volta lo aveva condotto per mano dietro  la  processione; e rivedeva i confrati, la banda impennacchiata
per mano dietro la processione; e rivedeva i confrati,  la  banda impennacchiata che suonava, i preti con le torce, e
banda impennacchiata che suonava, i preti con le torce, e  la  folla che recitava il rosario, tra il polverio sollevato
fette di giuggiolena col miele, che portavano attorno tra  la  folla il loro banco con su la tenda di tela e i lumi, e si
che portavano attorno tra la folla il loro banco con su  la  tenda di tela e i lumi, e si fermavano di tratto in tratto,
Torrone! Gli veniva, l'acquolina in bocca ricordando. -  La  massaia mi regalerà un pezzo di torrone! - pensava. Ma non
di rado. Se un uccellino fosse venuto a dirgli dov'era  la  sua mamma, egli sarebbe andato a trovarla, lasciando là
E si sarebbe messo il cuore in pace. Una mattina, per  la  strada dell'Arcura, si era incontrato con lo zi' Girolamo
Montedoro - soggiunse lo zi' Girolamo, toccando il bue su  la  schiena con la punta del bastone. Il bue si mosse a
lo zi' Girolamo, toccando il bue su la schiena con  la  punta del bastone. Il bue si mosse a saltelloni, e la carne
con la punta del bastone. Il bue si mosse a saltelloni, e  la  carne gli ballava sotto i fianchi. - E tua madre? - domandò
non aggiunse altro. Scurpiddu lo vide allontanarsi per  la  viottola, a sinistra, e stette un pezzetto a guardarlo
curava di aizzare Massaio e Don Pietro che si azzuffavano.  La  tàccola saltava, con brevi volatine, da un tacchino
scorgere, un po' maravigliata che quel giorno egli non  la  invitasse a posarglisi su la spalla come al solito.
che quel giorno egli non la invitasse a posarglisi su  la  spalla come al solito. All'ultimo, dopo un lungo giro, andò
All'ultimo, dopo un lungo giro, andò a posarglisi su  la  testa, beccandogli il berretto. Scurpiddu allora la prese,
su la testa, beccandogli il berretto. Scurpiddu allora  la  prese, e pòstala su l'indice di una mano, con l'altra la
la prese, e pòstala su l'indice di una mano, con l'altra  la  lisciava, le dava buffettini sul becco per irritarla. - Hai
irritarla. - Hai sentito, Paola ? Lo zi' Girolamo dice che  la  mia mamma tornerà. Paola rispose con un gracchio, e a lui
canto di un merlo tra i mandorli di Rossignolo gli rammentò  la  nidiata di merli scoperta un anno addietro tra i rovi della
. I merli non avrebbe potuto addestrarli in libertà come  la  tàccola. E tornava a ripensare il sogno della notte avanti.
pianto. Ritornando, ora non piangeva più; gli accennava con  la  testa di andarle incontro: e visto che egli non si era
saliva dall'altra parte della collina dell'Arcura, prima  la  testa, poi il busto, poi tutta la persona di una donna con
dell'Arcura, prima la testa, poi il busto, poi tutta  la  persona di una donna con la mantellina addosso, che si
testa, poi il busto, poi tutta la persona di una donna con  la  mantellina addosso, che si avvicinava guardandolo con
dormicchiasse in piedi. Scurpiddu seguì con gli occhi  la  povera donna; e siccome colei non sapeva in che modo
dal ciglione per andare fino a quel cristiano, egli  la  richiamò. - Scendete di qui: laggiù c'è il viottolo. Lo zi'
il viottolo. Lo zi' Girolamo dapprima aveva indicato con  la  mano la via da prendere, poi si era messo a interrogare la
Lo zi' Girolamo dapprima aveva indicato con la mano  la  via da prendere, poi si era messo a interrogare la donna.
la mano la via da prendere, poi si era messo a interrogare  la  donna. Che dicevano? La poveretta doveva raccontare cose
poi si era messo a interrogare la donna. Che dicevano?  La  poveretta doveva raccontare cose tristi, giacchè lo zi'
le mani, alzava gli occhi al cielo per dire: - Sia fatta  la  volontà di Dio - e tornava a crollare il capo.
di Dio - e tornava a crollare il capo. Improvvisamente  la  donna si rivolse verso il ragazzo e si diè a correre pel
e si diè a correre pel viottolo, lasciandosi cascare  la  mantellina su le spalle, gridando: - Mommo! ... Mommo! La
la mantellina su le spalle, gridando: - Mommo! ... Mommo!  La  voce della poveretta era così arrochita che neppure a quel
poveretta era così arrochita che neppure a quel grido Mommo  la  riconobbe. E quando si vide abbracciato e baciato, e le
abbracciato e baciato, e le lagrime di lei gli bagnarono  la  faccia, egli la guardò stupito e le domandò: - Chi siete
baciato, e le lagrime di lei gli bagnarono la faccia, egli  la  guardò stupito e le domandò: - Chi siete voi? - Non mi
- Chi siete voi? - Non mi riconosce! - esclamò, desolata,  la  meschina. - Sono la tua mamma! Figliuolo mio! Mommo mio!
Non mi riconosce! - esclamò, desolata, la meschina. - Sono  la  tua mamma! Figliuolo mio! Mommo mio! Sono la tua mamma!
- Sono la tua mamma! Figliuolo mio! Mommo mio! Sono  la  tua mamma! Scurpiddu era così sbalordito, che non sapeva
mamma. Ma non rinveniva dallo stupore, e sembrava avesse su  la  faccia un'espressione di rancore pel lungo abbandono; per
un'espressione di rancore pel lungo abbandono; per ciò  la  poveretta credè opportuno di giustificarsi: - Ho pensato
mesi all'ospedale. Credevo di morire senza vederti! ... Ora  la  Bella Madre Santissima mi ha fatto la grazia! Questo è
vederti! ... Ora la Bella Madre Santissima mi ha fatto  la  grazia! Questo è miracolo di Gesù Cristo! Trovarti qui! ...
morto ... - balbettò Scurpiddu . - Lo so, lo so! Ed è stata  la  mia mala sorte. Ti racconterò poi. Come sei cresciuto! Ti
... Altrettanto Paradiso ai tuoi benefattori, quant'è  la  carità che ti hanno fatto! - Andate alla masseria, -
rispondere altrimenti che mettendo in grembo alla mamma  la  tàccola che era venuta a posarglisi su la spalla.
grembo alla mamma la tàccola che era venuta a posarglisi su  la  spalla. Sorrideva, quasi non credesse ancora ai suoi occhi
piena di tristezza, che lo zi' Girolamo, capito quel che  la  poveretta voleva dire, la consolò esclamando: - Gesù Cristo
lo zi' Girolamo, capito quel che la poveretta voleva dire,  la  consolò esclamando: - Gesù Cristo vi darà la salute! Quella
voleva dire, la consolò esclamando: - Gesù Cristo vi darà  la  salute! Quella sera, all'arrivo, davanti al pollaio dove la
la salute! Quella sera, all'arrivo, davanti al pollaio dove  la  massaia lo attendeva, secondo il solito, per fare la
dove la massaia lo attendeva, secondo il solito, per fare  la  rassegna dei tacchini, Scurpiddu parve impazzito dalla
dei tacchini, Scurpiddu parve impazzito dalla gioia. -  La  mia mamma! La mia mamma! - gridava. E faceva salti e
Scurpiddu parve impazzito dalla gioia. - La mia mamma!  La  mia mamma! - gridava. E faceva salti e capriole.
una volta due sorelle rimaste orfane sin dall'infanzia:  la  maggiore bella quanto il Sole, diritta come un fuso, con
diritta come un fuso, con una gran chioma che pareva d'oro;  la  minore così così, né bella né brutta, piccina, magrolina e
né brutta, piccina, magrolina e Zoppina da un piede. Per  la  sorella, non aveva nome: era semplicemente la Zoppina. La
un piede. Per la sorella, non aveva nome: era semplicemente  la  Zoppina. La vecchia nonna, da cui erano state raccolte in
la sorella, non aveva nome: era semplicemente la Zoppina.  La  vecchia nonna, da cui erano state raccolte in casa, non
erano state raccolte in casa, non avrebbe voluto che costei  la  chiamasse sempre con quel nomignolo: - Che colpa n'ha, la
la chiamasse sempre con quel nomignolo: - Che colpa n'ha,  la  poverina? É mancanza di carità rammentarle il suo difetto.
- O se è vero ch'ella è Zoppina! Non me lo invento io. E  la  cattiva rideva, per giunta. Si fosse pure contentata di
quel nomignolo soltanto! Non sarebbe stato niente, perché  la  Zoppina non se ne faceva, come se non dicesse a lei. Il
se ne faceva, come se non dicesse a lei. Il peggio era che  la  maltrattava anche coi fatti, quasi non fosse stata dello
manine, o pure allo specchio o alla finestra, quantunque  la  nonna spesso la sgridasse: - Chi aspetti lì, a quella
allo specchio o alla finestra, quantunque la nonna spesso  la  sgridasse: - Chi aspetti lì, a quella finestra? - Aspetto
chiasso. Si era messa in testa che il Reuccio, passando per  la  strada, dovesse restare incantato dalle bellezze di lei e
incantato dalle bellezze di lei e farla Reginotta. E  la  mattina, quando il Reuccio andava a caccia, seguito da
sporgeva fuori dalla finestra, facendosi quasi sventolare  la  sua gran chioma d'oro per attirarne gli sguardi. Il Reuccio
domani. Se mi guarda, è fatta: sarò Reginotta. E sfogava  la  sua rabbia contro la sorella. Arrivava fino a picchiarla,
è fatta: sarò Reginotta. E sfogava la sua rabbia contro  la  sorella. Arrivava fino a picchiarla, se le pareva di non
di essersi fatta più bella, lavata, pettinata, e con  la  biancheria di bucato. Un giorno, che s'era alzata dal letto
- Zoppina, va' a comprarmi il latte: e sia fresco, Zoppina!  La  povera Zoppina era scesa in istrada, e, ciampicando,
era scesa in istrada, e, ciampicando, s'avviava verso  la  bottega del lattaio, quando, dalla svolta della cantonata,
il Reuccio poté frenare a tempo il suo cavallo e salvarle  la  vita. Scese subito di sella, l'aiutò a rizzarsi in piedi,
Allora le porse il braccio, l'accompagnò dal lattaio e poi  la  ricondusse fino alla porta di casa. La sorella maggiore già
dal lattaio e poi la ricondusse fino alla porta di casa.  La  sorella maggiore già s'affrettava a scender le scale per
giorno parve ch'ella avesse un diavolo per capello: niente  la  contentò, niente le andò a verso: - Zoppina! Zoppinaccia!
le andò a verso: - Zoppina! Zoppinaccia! Brutta Zoppaccia!  La  poverina si mise a piangere. - Fa' la volontà di Dio - le
Brutta Zoppaccia! La poverina si mise a piangere. - Fa'  la  volontà di Dio - le disse la nonna. - Dio ti aiuterà. La
si mise a piangere. - Fa' la volontà di Dio - le disse  la  nonna. - Dio ti aiuterà. La nonna, ch'era molto vecchia, si
la volontà di Dio - le disse la nonna. - Dio ti aiuterà.  La  nonna, ch'era molto vecchia, si ridusse in fin di vita.
non si merita punto i maltrattamenti che tu le fai. E non  la  chiamare più Zoppina! - O se è vero ch'ella è Zoppina - fu
chiamare più Zoppina! - O se è vero ch'ella è Zoppina - fu  la  risposta di lei. - Non me lo invento io. - Senti: verrà un
invento io. - Senti: verrà un giorno che vorresti esser tu  la  Zoppina! E la vecchia morì. Rimaste sole, la sorella
Senti: verrà un giorno che vorresti esser tu la Zoppina! E  la  vecchia morì. Rimaste sole, la sorella maggiore si tenne
esser tu la Zoppina! E la vecchia morì. Rimaste sole,  la  sorella maggiore si tenne per padrona addirittura. Se la
la sorella maggiore si tenne per padrona addirittura. Se  la  nonna le avesse raccomandato di far peggio di prima, quella
quella cattiva ragazza non avrebbe potuto far peggio.  La  povera Zoppina piangeva giorno e notte. Colei sfoggiava
abiti di seta, collane, e anelli, e orecchini di brillanti:  la  Zoppina, doveva indossare un vestituccio di stoffa
i giorni: - Zoppina! Zoppinaccia! Zoppina del diavolo!  La  poverina faceva la volontà, di Dio, come le aveva detto la
Zoppinaccia! Zoppina del diavolo! La poverina faceva  la  volontà, di Dio, come le aveva detto la nonna; ma la notte,
La poverina faceva la volontà, di Dio, come le aveva detto  la  nonna; ma la notte, nella sua misera cameretta, si metteva
faceva la volontà, di Dio, come le aveva detto la nonna; ma  la  notte, nella sua misera cameretta, si metteva a piangere,
con l'acqua, il Fiorellino parve risuscitato, e riempiva  la  camera del suo profumo. Quando la sorella la sgridava: -
risuscitato, e riempiva la camera del suo profumo. Quando  la  sorella la sgridava: - Zoppina! Zoppinaccia ... Zoppaccia
e riempiva la camera del suo profumo. Quando la sorella  la  sgridava: - Zoppina! Zoppinaccia ... Zoppaccia del diavolo!
e si sentiva consolata. Verso mezzanotte, entrata in letto,  la  poverina s'era messa a piangere: - Nonnina mia, nonnina
il lume. Nella camera non c'era nessuno: né quella era  la  voce della sua nonna. - Mi sarà parso! Spense il lume e si
osò domandare: - In nome del Signore, chi sei? ... Sei tu  la  mia nonnina? Passato un mese, il Fiore era sempre così
da potersi credere spiccato allora allora dalla pianta.  La  Zoppina n'era meravigliata, e cominciò a sospettare che
e che fosse sua quella voce da lei udita ogni notte. Perciò  la  notte appresso, appena sentì dire: - Ci penserò io - subito
- In nome del Signore, tu chi sei? Ma non ebbe risposta.  La  mattina si sveglia, cerca tastoni la veste, e al tatto si
Ma non ebbe risposta. La mattina si sveglia, cerca tastoni  la  veste, e al tatto si accorge che la stoffa era un'altra.
sveglia, cerca tastoni la veste, e al tatto si accorge che  la  stoffa era un'altra. Apre gli scuretti della finestra, e
un'altra. Apre gli scuretti della finestra, e che vede? Su  la  seggiola a piè del letto, vede steso un vestito nuovo, così
della sorella. Il giorno dipoi si sveglia, cerca tastoni  la  veste, e al tatto si accorge che la stoffa era un'altra.
sveglia, cerca tastoni la veste, e al tatto si accorge che  la  stoffa era un'altra. Apre gli scuretti della finestra, e
un'altra. Apre gli scuretti della finestra, e che vede? Su  la  seggiola, a piè del letto, vede steso un secondo vestito
nascose quell'altro nell'armadio, per via della sorella.  La  sorella che non le aveva badato il giorno avanti, vedendola
notato che il Reuccio, passando, alzava gli occhi verso  la  facciata della casa loro, come sé cercasse qualche persona
il cavallo e tirò via. Quel giorno ella fu così cattiva con  la  Zoppina, che la poveretta piangendo si mise a gridare: - Ah
via. Quel giorno ella fu così cattiva con la Zoppina, che  la  poveretta piangendo si mise a gridare: - Ah nonnina,
gridare: - Ah nonnina, nonnina, vi siete scordata di me! E  la  sorella, inviperita: - Te la do io la nonnina! E picchia.
vi siete scordata di me! E la sorella, inviperita: - Te  la  do io la nonnina! E picchia. .... - Te la do io la nonnina!
scordata di me! E la sorella, inviperita: - Te la do io  la  nonnina! E picchia. .... - Te la do io la nonnina! E
inviperita: - Te la do io la nonnina! E picchia. .... - Te  la  do io la nonnina! E picchia. Le lasciò le lividure. La
- Te la do io la nonnina! E picchia. .... - Te la do io  la  nonnina! E picchia. Le lasciò le lividure. La notte, la
- Te la do io la nonnina! E picchia. Le lasciò le lividure.  La  notte, la Zoppina: - Nonnina mia, nonnina mia, pensateci
io la nonnina! E picchia. Le lasciò le lividure. La notte,  la  Zoppina: - Nonnina mia, nonnina mia, pensateci voi per me.
- Ci penserò io! Ci penserò io! Svegliatasi, cerca tastoni  la  veste, e al tatto si accorge che la stoffa era un'altra.
cerca tastoni la veste, e al tatto si accorge che  la  stoffa era un'altra. Apre gli scuretti della finestra, e
un'altra. Apre gli scuretti della finestra, e che vede? Su  la  seggiola, a piè del letto, vede steso un terzo vestito
tutto ricamato d'oro, tempestato di pietre preziose: neppur  la  Regina doveva averne uno pari. Questa volta era inutile
Non sapeva risolversi ad indossare uno di quelli: intanto  la  sorella, di là, gridava: - Zoppina! Zoppinaccia! Non senti
da indossare: me l'han portati via. - Zoppaccia, non me  la  dài ad intendere. Per acchetare la sorella, la poverina,
via. - Zoppaccia, non me la dài ad intendere. Per acchetare  la  sorella, la poverina, mezzo sbalordita, le raccontò tutto:
non me la dài ad intendere. Per acchetare la sorella,  la  poverina, mezzo sbalordita, le raccontò tutto: del
della voce udita di notte, degli altri vestiti trovati su  la  seggiola: e glieli fece vedere. Colei non voleva crederle.
fece vedere. Colei non voleva crederle. - Zoppaccia, non me  la  dài ad intendere. Prese i vestiti e il vasetto col Fiore e
i vestiti e il vasetto col Fiore e li portò in camera sua.  La  Zoppina dovette indossare un abito vecchio della sorella.
e pareva più buffa che non era. - Vo' provar io! - disse  la  sorella maggiore. E la notte appresso, spento il lume,
non era. - Vo' provar io! - disse la sorella maggiore. E  la  notte appresso, spento il lume, cominciò a dire: - Nonnina
- Ci penserò io! Ci penserò io! Rimase stupita. - Dunque  la  Zoppina non aveva mentito! E la mattina, svegliatasi, cercò
Rimase stupita. - Dunque la Zoppina non aveva mentito! E  la  mattina, svegliatasi, cercò tastoni la veste; al tasto
non aveva mentito! E la mattina, svegliatasi, cercò tastoni  la  veste; al tasto s'accorse che la stoffa non era quella.
svegliatasi, cercò tastoni la veste; al tasto s'accorse che  la  stoffa non era quella. Aperse gli scuretti della finestra,
che si facesse giorno, per vedere se le accadeva come  la  mattina avanti. Le accadde peggio. Su la seggiola a piè del
le accadeva come la mattina avanti. Le accadde peggio. Su  la  seggiola a piè del letto trovò steso un vestito fatto di
Le lasciò le lividure, Caparbia, volle ritentare; ma  la  mattina seguente, non solo non trovò nulla né sulla
ripicchia! Le lasciò le lividure. Il giorno dopo si sparse  la  notizia ch'era stato scoperto un furto nella guardaroba
tre abiti di gala, abiti di un valore inestimabile; tutta  la  corte era sossopra; il Re e la Regina su le furie; i
valore inestimabile; tutta la corte era sossopra; il Re e  la  Regina su le furie; i Ministri spaventati della collera
furie; i Ministri spaventati della collera reale perdevano  la  testa. Il Re li aveva radunati a consiglio. - Se fra tre
ricerca, fruga, rifruga non trovarono niente neppur lì.  La  sorella maggiore intanto, di nascosto dalle guardie,
ladra! Zoppaccia ladra! Che tradimento volevi farmi!  La  povera Zoppina, atterrita di veder tanti brutti ceffi, non
Una guardia, più sospettosa dei compagni, tastata  la  materassa del letto della sorella maggiore, disse: -
sorella maggiore, disse: - Scucite qui. Scuciono e fra  la  lana eccoti gli abiti regali di gala, proprio quelli
regali di gala, proprio quelli trovati dalla Zoppina su  la  seggiola in camera sua. - La ladra è lei! La ladra è lei! -
trovati dalla Zoppina su la seggiola in camera sua. -  La  ladra è lei! La ladra è lei! - urlava la sorella maggiore.
Zoppina su la seggiola in camera sua. - La ladra è lei!  La  ladra è lei! - urlava la sorella maggiore. Ma le guardie le
in camera sua. - La ladra è lei! La ladra è lei! - urlava  la  sorella maggiore. Ma le guardie le acciuffarono tutte e
le acciuffarono tutte e due, e le condussero in carcere,  La  Zoppina neppure piangeva; guardava attorno, stupefatta.
guardava attorno, stupefatta. L'altra pareva impazzita: -  La  ladra è lei! La ladra è lei! Nella prigione, le chiusero in
stupefatta. L'altra pareva impazzita: - La ladra è lei!  La  ladra è lei! Nella prigione, le chiusero in due stanze
è lei! Nella prigione, le chiusero in due stanze separate.  La  Zoppina, al buio, pregava a mani giunte: - Ah nonnina,
- Ci penserò io! Ci penserò io! Si volse dalla parte d'onde  la  voce veniva e, nel buio, vide il Fiorellino rosso che
A poco a poco quel luccichio crebbe, crebbe, illuminò tutta  la  stanza, e fra lo splendore comparve una bellissima donna
penare. Ora son qua io per te! E detto questo, scomparve.  La  mattina il Reuccio, nel punto di montar a cavallo, vide per
mandava; un odore di paradiso. Subito gli venne in mente  la  Zoppina, a cui aveva molto pensato dal giorno che la
mente la Zoppina, a cui aveva molto pensato dal giorno che  la  raccattò da terra come quel Fiore: gli era parsa tanto
l'acqua, in camera sua; lo chiamò il Fiore della Zoppina.  La  notte, sul punto di addormentarsi, a un tratto ode: - Psi!
dirò: ma non accendere il lume. E Fata Fiore gli raccontò  la  dolorosa storia della Zoppina. Verso la fine il Reuccio
Fiore gli raccontò la dolorosa storia della Zoppina. Verso  la  fine il Reuccio piangeva. Non attese che fosse giorno, e
al piedi del Re: - Maestà, Fatemi sposare questa Zoppina!  La  Reginotta dev'esser lei. Il Re non disse di sì né di no. Ma
non sembrava più lei; pareva una Strega. L'ammanettarono e  la  introdussero al cospetto del Re. Aperto l'uscio della
del Re. Aperto l'uscio della prigione dov'era rinchiusa  la  Zoppina, le guardie si arrestarono meravigliate su la
la Zoppina, le guardie si arrestarono meravigliate su  la  soglia. La nera stanzaccia s'era trasformata in un
le guardie si arrestarono meravigliate su la soglia.  La  nera stanzaccia s'era trasformata in un magnifico giardino
s'era trasformata in un magnifico giardino fiorito, e  la  Zoppina, così bella da non riconoscersi, con indosso un
e ne faceva tanti bei mazzi. - Questo pel Re, questo per  la  Regina, e questo pel Reuccio che sospira. Subito il Re e la
la Regina, e questo pel Reuccio che sospira. Subito il Re e  la  corte andarono alla prigione per condur via la Zoppina con
il Re e la corte andarono alla prigione per condur via  la  Zoppina con tutti gli onori di Reginotta. La sorella
per condur via la Zoppina con tutti gli onori di Reginotta.  La  sorella maggiore, appena la vide, diede in ismanie e
tutti gli onori di Reginotta. La sorella maggiore, appena  la  vide, diede in ismanie e furori: - Ah! Zoppina ladra! Mi
farle grazia, vedendola così cattiva fino all'ultimo contro  la  sua buona sorella, che implorava per essa il perdono reale.
implorava per essa il perdono reale. Diventata Reginotta,  la  Zoppina che per virtù di Fata Fiore non era più Zoppina, a
... Sono così debole che ho perduto  la  memoria. Un po' di quel pasticcio, Maestà, forse me la
la memoria. Un po' di quel pasticcio, Maestà, forse me  la  farebbe tornare!
trasalito! Vuole restare. Ecco:  la  rimetto nell'acqua. (Esegue. Si sente un piccolo tonfo e
nell'acqua. (Esegue. Si sente un piccolo tonfo e poi  la  parola: Grazie!)
il Re! Viva il Re! (La Regina osserva, stupìta,  la  trasformazione del Re che sembra un otre sgonfiato.)
lavoro della donna fuori casa —  La  madre operaia — La necessità del lavoro femminile —
lavoro della donna fuori casa — La madre operaia —  La  necessità del lavoro femminile — L'ideale — La donna negli
operaia — La necessità del lavoro femminile — L'ideale —  La  donna negli stabilimenti industriali — Il progresso dei
evoluzione della famiglia) si può dire che sia diminuita  la  recondita simpatia morale , che siano rallentati gli
siano rallentati gli affetti, per mancanza d' intimità. E  la  causa della poco intimità in molte famiglie, è, mi pare, la
la causa della poco intimità in molte famiglie, è, mi pare,  la  necessità della donna di lavorare fuori di casa. Il lavoro
della famiglia fossero obbligati a vivere fuori di casa,  la  maggior parte del giorno, e spesso la sera. Vediamo
vivere fuori di casa, la maggior parte del giorno, e spesso  la  sera. Vediamo l'operaia dei grandi stabilimenti
e i ragazzi e le giovinette da mattina a sera. E  la  sera, tornando dal lavoro , dopo di essere passata a
deve darsi intorno a preparare l'unico pasto che raduna  la  famiglia. Ed è quella, ordinariamente la sola ora in cui i
pasto che raduna la famiglia. Ed è quella, ordinariamente  la  sola ora in cui i vari membri della famiglia si trovano;
in cui i vari membri della famiglia si trovano; ora, in cui  la  stanchezza, che non può avere un pronto conforto di riposo
commesse o maestre ? ... A che si riduce per esse  la  famiglia ? ... Al ritrovo di qualche ora, la sera; ora
per esse la famiglia ? ... Al ritrovo di qualche ora,  la  sera; ora stanca, nella quale non desiderano che il riposo,
nella quale non desiderano che il riposo, necessario a  la  fatica del domani. E pure bisogna benedire al progresso
benedire al progresso sociale, che offre un lavoro onesto a  la  madre, a la fanciulla, e con il lavoro rende possibile
progresso sociale, che offre un lavoro onesto a la madre, a  la  fanciulla, e con il lavoro rende possibile l'indipendenza e
possibile l'indipendenza e spesso il mantenersi oneste.  La  donna che lavora fuori delle mura domestiche, che può
secolo alcuno che idealizza l'imagine della donna, che  la  trasporta al di là del con-tatto della vita materiale. Per
al di là del con-tatto della vita materiale. Per costoro  la  donna amante, vergine, angelo, giovine, bella, un essere
vergine, angelo, giovine, bella, un essere che a pena tocca  la  terra; i suoi piedi non rasentano la polvere, le sue mani
che a pena tocca la terra; i suoi piedi non rasentano  la  polvere, le sue mani non lavorano; e questa adorazione è un
sue mani non lavorano; e questa adorazione è un omaggio a  la  delicatezza del suo cuore, una pietosa cura della debolezza
e i più rozzi dei nostri montanari, possono condannare  la  donna al duro lavoro. C'è chi pensa, che il titolo di sposa
a camminar nelle fangose vie delle città; un far discendere  la  vergine dal suo piedestallo ed esporla agli sguardi di
suo piedestallo ed esporla agli sguardi di tutti. Imporre a  la  donna le fatiche della vita, obbligare la sposa a la dura
tutti. Imporre a la donna le fatiche della vita, obbligare  la  sposa a la dura lotta della realtà, rapire la grazia a
a la donna le fatiche della vita, obbligare la sposa a  la  dura lotta della realtà, rapire la grazia a quella, a
obbligare la sposa a la dura lotta della realtà, rapire  la  grazia a quella, a questa il fascino ideale del pudore, che
che qualità squisita e armamento. Ma chi ancora idealizza  la  donna in questa maniera, dimentica una cosa: che la donna
la donna in questa maniera, dimentica una cosa: che  la  donna deve vivere , provvedere a se stessa e spesso anche a
donna deve vivere , provvedere a se stessa e spesso anche a  la  sua famiglia. Dimentica, che poche sono le donne alle quali
che poche sono le donne alle quali è concesso attraversare  la  vita senza lavoro; che anzi, per la maggior parte, le donne
è concesso attraversare la vita senza lavoro; che anzi, per  la  maggior parte, le donne reclamano come un beneficio, come
le donne reclamano come un beneficio, come una necessità  la  sovrana legge del lavoro. Spesso è la stessa condizione di
come una necessità la sovrana legge del lavoro. Spesso è  la  stessa condizione di madre di famiglia che loro impone un
che le toglie a le mortificazioni di essere d'aggravio a  la  famiglia. Sicuro; la donna dovrebbe essere l'angelo della
mortificazioni di essere d'aggravio a la famiglia. Sicuro;  la  donna dovrebbe essere l'angelo della casa e non occuparsi
a taluni può parere bello, avrebbe per fine di ripiombare  la  donna nell'antico stato dal quale si è elevata con tanto
linguaggio inspirato dalla pietà e da generoso desiderio,  la  condizione della donna operaia , esposta a lavoro spesso
della donna operaia , esposta a lavoro spesso dannoso a  la  salute , quasi sempre faticoso per un compenso
o quasi inferiore a quello dell'operaio. Dal 1847 in poi  la  condizione della operaia e specie dell'operaia dei grandi
di malattia , di gravidanza, ecc. Ora, se per l'operaio  la  miseria vuol dire fame, per l'operaia vuol dire fame e
inasprite dal bisogno, avvilite, disperate, perduta  la  fiducia in sè, nella società, nella Provvidenza, maledicono
lavoro che non basta a sostentarle, che manca spesso, che  la  concorrenza loro strappa di mano, e ricordano di essere
! … Nel secolo XIX si è fatto il possibile di assircurare  la  condizione degli operai per mezzo di società di mutuo
è ancora in pieno vigore e se più non dice indigenza, dice  la  condizione delle classi operaie che non ha altra risorsa se
non le braccia e vive a giornata. Quando il lavoro abbonda,  la  condizione dell'operaio non è cattiva; qualche volta
presenta anche qualche agiatezza. Ma se il lavoro manca, è  la  ruina. La mancanza del lavoro toglie a la famiglia pane e
anche qualche agiatezza. Ma se il lavoro manca, è la ruina.  La  mancanza del lavoro toglie a la famiglia pane e tetto.
lavoro manca, è la ruina. La mancanza del lavoro toglie a  la  famiglia pane e tetto. L'operaio, e sopra tutto l'operaio
degli stabilimenti, non è mai sicuro del domani. Per lui  la  fortuna di migliorare lo stato della famiglia è rara è
lo stato della famiglia è rara è invece spessissima  la  probalità della miseria. Il pauperismo non è conseguenza
da parecchi; non è punto vero che nel tempo andato  la  condizione dell'operaio fosse migliore e più sicura. Al
isolati e dispersi e soffrivano e morivano senza che  la  società badasse a loro. Oggi gli operai formano una classe
una classe considerevole. Una crisi industriale vuol dire  la  miseria di migliaia e migliaia d' uomini , donne e
d' uomini , donne e fanciulli , di intere famiglie. E  la  stampa se ne occupa, la carità si desta, il governo si
e fanciulli , di intere famiglie. E la stampa se ne occupa,  la  carità si desta, il governo si inquieta e provvede se può e
E l' interesse generale per il povero che soffre, dice che  la  società moderna ha per i diseredati una sollecitudine che
indifferenti e qualche volta crudeli per ignoranza. Come  la  famiglia é la base della società , così il matrimonio è la
e qualche volta crudeli per ignoranza. Come la famiglia é  la  base della società , così il matrimonio è la base della
la famiglia é la base della società , così il matrimonio è  la  base della famiglia. Non si può parlare della famiglia
come quello del principio del secolo. Dice Letourneau: «  La  peur du mariage et de la famille, est le trait particulier
del secolo. Dice Letourneau: « La peur du mariage et de  la  famille, est le trait particulier de la matrimonialitè
du mariage et de la famille, est le trait particulier de  la  matrimonialitè d'aujourdhui ». D. A. Bartillon scrive che
ai venticinque anni per l'uomo, dai diciannove ai venti per  la  donna. E osserva che in Inghilterra la maggior parte dei
ai venti per la donna. E osserva che in Inghilterra  la  maggior parte dei matrimoni si fanno fra uomini e donne
232 Si ammogliano prima dei venticinque anni. A Parigi, ove  la  lotta per la vita è più aspra e la passione del danaro più
prima dei venticinque anni. A Parigi, ove la lotta per  la  vita è più aspra e la passione del danaro più dominante,
anni. A Parigi, ove la lotta per la vita è più aspra e  la  passione del danaro più dominante, abbondano i matrimoni in
quantum iù scarso di nascite per ogni matrimonio. Quale è  la  causa di ciò ? Le crescenti difficoltà della vita, dicono
? Le crescenti difficoltà della vita, dicono gli studiosi;  la  paura, che va sempre aumentando, dei crucci e dei disagi;
paura, che va sempre aumentando, dei crucci e dei disagi;  la  previdenza spinta al punto da diventare timidezza; un
i matrimoni sono meno frequenti che per il passato « d'où  la  pire, la plus honteuse des sèlcction, la rèlaction par
sono meno frequenti che per il passato « d'où la pire,  la  plus honteuse des sèlcction, la rèlaction par l'argent ».
il passato « d'où la pire, la plus honteuse des sèlcction,  la  rèlaction par l'argent ». Un altro grande moralista
ove, per certo, vi si ricorse in principio per emancipare  la  donna patrizia dalla dura schiavitù coniugale. Ma il
surement, continua il moralista francese « à l'amour de  la  dot, plus généralment aux beaux yeux de la. cassette u'il
tempi, non sono sempre considerati nel matrimonio. Spesso  la  donna si sposa per avere una posizione, per acquistare
per acquistare indipendenza, qualche volta anche per  la  smania degli agi materiali e perfino dei divertimenti e del
tratto al matrimonio dal calcolo materiale. In generale poi  la  brutale realtà mostra che anche nei matrimoni così detti di
Non è certo raro lo spettacolo di matrimoni infelici, per  la  sproporzione che vi si trova fra il dovere e la volontà e
per la sproporzione che vi si trova fra il dovere e  la  volontà e la possibilità di compirlo. Il professore Lorenz
sproporzione che vi si trova fra il dovere e la volontà e  la  possibilità di compirlo. Il professore Lorenz von Stein, fa
pittura tutta poetica, anzi fantastica e tale che ritorna  la  donna allo stato di schiava volontaria. Ecco quanto dice
abbia altro desiderio, altro piacere di quello di rendergli  la  casa bella e cara; una specie di paradiso, fulgido di luce,
dalla corsa sfrenata al lavoro che mantiene e procura  la  ricchezza. La madre è tolta alle cure di madre e di
sfrenata al lavoro che mantiene e procura la ricchezza.  La  madre è tolta alle cure di madre e di massaia, da mille
da mille impegni che sono diventati altrettanti doveri.  La  non facile occupazione di conservare nella casa il lusso
l'abbigliamento, gli spettacoli, le conferenze di moda,  la  lettura dei romanzi ; tutta una vita affannosa. E i figli ?
dei pasti; e non c'è tempo nè voglia e nè pure si sente  la  necessità di una mutua continua sorveglianza, d' uno
E quante impreviste e improvvise vicende sorgono a turbare  la  pace del matrimonio fra i poveri ! Vi sono le crisi
e tolgono il lavoro del padre di famiglia e mettono  la  madre nell'impossibilità di occuparsi fuori di casa. E
ciò inasprisce il carattere e influisce tristamente su  la  vita domestica, dove la cruda necessità entra per scacciare
e influisce tristamente su la vita domestica, dove  la  cruda necessità entra per scacciare la modesta agiatezza,
vita domestica, dove la cruda necessità entra per scacciare  la  modesta agiatezza, la mutua tolleranza, la generosità e
cruda necessità entra per scacciare la modesta agiatezza,  la  mutua tolleranza, la generosità e spesso la virtù. Non di
per scacciare la modesta agiatezza, la mutua tolleranza,  la  generosità e spesso la virtù. Non di rado allora l'uomo
agiatezza, la mutua tolleranza, la generosità e spesso  la  virtù. Non di rado allora l'uomo disperato cerca conforto e
e nei liquori; a l' osteria finiscono gli ultimi risparmi;  la  casa diventa un doloroso luogo di querele, pianti,
diventa un doloroso luogo di querele, pianti, rimproveri. E  la  ruina del matrimonio e della vita di famiglia si compie.
fra operai che resistono agli urti della male sorte e con  la  forza della volontà, l' economia, il buon senso e l'amore,
salvano dalla ruina. E quando il lavoro c'è, e il padre e  la  madre possono guadagnare la loro giornata ? I figli
il lavoro c'è, e il padre e la madre possono guadagnare  la  loro giornata ? I figli piccoletti che non possono ancora
sorelle più grandicelli, che non li possono educare per  la  ragione che non sono educati. Padre e madre tornano a
per necessità di tempo. Il pasto solo della sera riunisce  la  famiglia. La madre non ha che la serata per accudire alle
di tempo. Il pasto solo della sera riunisce la famiglia.  La  madre non ha che la serata per accudire alle faccende
solo della sera riunisce la famiglia. La madre non ha che  la  serata per accudire alle faccende domestiche, per badare ai
accudire alle faccende domestiche, per badare ai vestiti, a  la  biancheria, a l'ordine della casa. E il da fare la rende
a la biancheria, a l'ordine della casa. E il da fare  la  rende inquieta, irascibile, attrabiliare. I fanciulli fanno
intanto disfoga in mal umore, in lagnanze e in maledizioni,  la  sua vitaccia faticosa e grama. Il marito, che ha sgobbato
momenti di grande lavoro, l'operaio non ha libera neppure  la  festa; anche quel giorno è tolto a la vita della famiglia !
non ha libera neppure la festa; anche quel giorno è tolto a  la  vita della famiglia ! Spesso deve lavorare delle ore in più
assentandosi da casa il poco tempo che di solito vi passa.  La  sua abitazione è lontana dall'officina ? Si alza il mattino
il mattino quando i figli dormono ancora sodamente, e torna  la  sera quando già sono a letto. Alle volte l'officina è così
è così lontana, che l'operaio è costretto a starvi tutta  la  settimana, non tornando a casa che il sabato sera. Il
l'intera giornata lontani dalla famiglia. A Colmar verso  la  fine del novembre 1873, sopra 8109 operai impiegati
disotto dei 13 anni, e 115,391 uomini. Quale doveva essere  la  vita di famiglia di quella povera gente ? Qual è la vita di
essere la vita di famiglia di quella povera gente ? Qual è  la  vita di famiglia di molti operai e operaie della nostra
Italia Nei centri industriali il padre è a l'officina,  la  madre nelle filande, nei filatoi nelle fabbriche tessili; i
non manca, e nè pure il companatico; quello che manca è  la  vita della famiglia. Scrive Herbert Spencer: « Quando con
vita della famiglia. Scrive Herbert Spencer: « Quando con  la  legge sui poveri i provvide pubblicamente ai bambini che
non potevano o non volevano sostentare adeguatamente ,  la  società assunse funzioni familiari, come fece pure.
in qualche modo cura dei genitori non aiutati dai figli.  La  legislazione ha di recente rallentati i legami famigliari
dei figliuoli e sostituendo l'educazione pubblica a  la  paterna. Ed ha sostituita maggiormente la responsabilità
pubblica a la paterna. Ed ha sostituita maggiormente  la  responsabilità dei genitori con quella nazionale, quando le
riconoscere come unità sociale l'individuo piuttosto che  la  famiglia, è davvero giunto adesso al punto che i doveri
famiglia, nel secolo XIX, contribuisce anche l'emigrazione.  La  popolazione dei paesi inciviliti, nel nostro secolo, si è
pochissimi gli emigranti; solamente nel secolo XIX cominciò  la  grande emigrazione che porta ciascun anno gli Europei a
migliaia nei paesi tuttora deserti del Nuovo Mondo. Durante  la  carestia dell'Irlanda, causata dalla malattia nelle patate,
genitori ; le donne staccandosi dalla loro famiglia. E  la  lontananza illanguidisce i ricordi e scema o annulla gli
tutto il gradito spettacolo della famiglia come il cuore e  la  ragione la vorrebbero. Ma sono ancora le famiglie ideali.
spettacolo della famiglia come il cuore e la ragione  la  vorrebbero. Ma sono ancora le famiglie ideali. Si trovano
Ma sono ancora le famiglie ideali. Si trovano là dove  la  ricchezza non ha introdotto fra le mura domestiche troppe
padre di famiglia guadagna abbastanza con il suo impiego e  la  madre può darsi tutta alle cure domestiche, a l'educazione
fra i campaguoli agiati, fra i contadini che lavorano  la  terra propria; fra i piccoli commercianti; fra gli operai
propria. Queste famiglie che il bisogno non disgiunge, che  la  smania dell'apparire non tocca, che l'emigrazione non
del secolo XIX.? Nel secolo XIX tutto è stato trasformato.  La  società moderna più non riconosce il diritto d'un uomo
modo di vivere; libertà di industria e di commercio;  la  società contemporanea riposa su la libertà individuale.
e di commercio; la società contemporanea riposa su  la  libertà individuale. Dell'antico non sussistono che la
su la libertà individuale. Dell'antico non sussistono che  la  famiglia e la proprietà. Ma la famiglia sussiste in modo
individuale. Dell'antico non sussistono che la famiglia e  la  proprietà. Ma la famiglia sussiste in modo differente
non sussistono che la famiglia e la proprietà. Ma  la  famiglia sussiste in modo differente dall'antico. Siamo noi
dei nostri avi ? Chi potrebbe affermarlo. ? Per certo  la  nostra vita è meglio organizzata di quella dei nostri padri
prodotti dell'industria e del commercio sono adesso a  la  portata di tutti e in ogni casa è entrato il bisogno di un
ha maggiori esigenze di un gran signore dei tempi andati.  La  vita materiale, l'intellettuale, la sociale : tutto è
dei tempi andati. La vita materiale, l'intellettuale,  la  sociale : tutto è cambiato. Più la civiltà progredisce e
l'intellettuale, la sociale : tutto è cambiato. Più  la  civiltà progredisce e più la sua corsa si fa rapida.
: tutto è cambiato. Più la civiltà progredisce e più  la  sua corsa si fa rapida. Dobbiamo sgomentarci per ciò ?
che manco si sarebbero immaginate, e non ha perito.  La  storia della civiltà insegna ad avere confidenza
che bella notte!  La  luna è argento fino, le nuvolette invece son zaffiro e
come tutto riposa! Oh l'antica repubblica come dorme!  La  sposa dell'Oceano stanotte si rifiuta all'amplesso, e il
s'è addormentato anch'esso. Però veglian gli amanti ; odi  la  serenata ? Già sospirato ha il fiauto, la ghitarra è
gli amanti ; odi la serenata ? Già sospirato ha il fiauto,  la  ghitarra è intonata, e la gondola, nido d'affetto e di
? Già sospirato ha il fiauto, la ghitarra è intonata, e  la  gondola, nido d'affetto e di armonia, lungo il buio canale
Senti il dolce motivo e le dolci parole: " Io son come  la  zànzera intorno al candelabro: mi struggo a un vago raggio
a un vago raggio di neve e di cinabro! ". " Sporgi al veron  la  candida faccia che m'innamora, quelle due labbra rosee fa'
labbra rosee fa' ch'io le vegga ancora! ". " Io son come  la  nuvola che assorbe il sol d'estate: dileguerò guardandoti,
le stelle del Signore se mi farai, schiudendola,  la  carità di un fiore! " " Io son come il famelico che muor
di un fiore! " " Io son come il famelico che muor sotto  la  reggia... ". L'una, mentre la musica, sull'acqua che
il famelico che muor sotto la reggia... ". L'una, mentre  la  musica, sull'acqua che nereggia, lenta lenta svanisce, il
è il vento che move dall'azzurro ove siedi... si dirìa che  la  statua trema dal capo ai piedi.
delle vette alpine che si profilano alle sue spalle e  la  bella maschera sembra un volto giovane, modellato in una
un volto giovane, modellato in una creta rossigna dove  la  stecca d'uno scultore maestro abbia segnato poche rughe
hanno un bagliore giovanissimo, ironico, vigilante.  La  figlia, la nipote, il nipotino, che sfaccendano nella
un bagliore giovanissimo, ironico, vigilante. La figlia,  la  nipote, il nipotino, che sfaccendano nella grande cucina,
seduto ai suoi piedi sopra uno sgabello basso le ripeto per  la  decima volta la mia profferta supplichevole: - Aggiungo
sopra uno sgabello basso le ripeto per la decima volta  la  mia profferta supplichevole: - Aggiungo dieci lire ... ne
- Aggiungo dieci lire ... ne aggiungo quindici.  La  vecchia non ha capito. La nipote s'avvicina, le sillaba
lire ... ne aggiungo quindici. La vecchia non ha capito.  La  nipote s'avvicina, le sillaba forte all'orecchio: "aggiunge
le sillaba forte all'orecchio: "aggiunge quindici lire".  La  vecchia esita. Poi s'alza, si volge alle donne con un
Esulto. Ho sentito in quella contumelia il consenso.  La  vecchia incarta in una pagina del nipotino il robert
sfuggito non so come alle razzie degli antiquari. E  la  mia gioia è tale che quasi non sento che la vecchia canta,
antiquari. E la mia gioia è tale che quasi non sento che  la  vecchia canta, certo per consolarsi del distacco da quella
non appartenerle, sembra giungere da un'altra stanza:  La  bela madamin la völo maridè, al Düca di Sassònia i so la
sembra giungere da un'altra stanza: La bela madamin  la  völo maridè, al Düca di Sassònia i so la völo dè. Ma come?
La bela madamin la völo maridè, al Düca di Sassònia i so  la  völo dè. Ma come? Si canta, dunque ancora sui nostri colli
Ma come? Si canta, dunque ancora sui nostri colli torinesi  La  bela madamin la canzone di Carolina di Savoia? Avevo dovuto
dunque ancora sui nostri colli torinesi La bela madamin  la  canzone di Carolina di Savoia? Avevo dovuto occuparmene per
dovuto occuparmene per certi studi di folklore subalpino,  la  conoscevo attraverso le versioni del Nigra, ma la credevo
la conoscevo attraverso le versioni del Nigra, ma  la  credevo un fossile ormai della letteratura popolare e
ad un tratto dinnanzi viva e fresca nella luce del sole  la  bella specie creduta estinta. Ed eccomi seduto ancora sullo
i versi sul dorso del piccolo pendolo già incartato:  La  bela madamin la völo maridè, che al Düca di Sassònia i so
dorso del piccolo pendolo già incartato: La bela madamin  la  völo maridè, che al Düca di Sassònia i so la völo dè. - O
bela madamin la völo maridè, che al Düca di Sassònia i so  la  völo dè. - O s'a m'è bin pi car ün pover paisan che 'l Düca
onur! 'l Düca di Sassònia a l'è ün gran signur. 'l re cön  la  Regina l'an piàla bin për man, a San Giuan l'an mnàla, en
- Da già che a l'è cusì, da già ch'a l'è destin, faruma  la  girada anturn a tüt Türin. - Cara la mia cügnà, perchè che
l'è destin, faruma la girada anturn a tüt Türin. - Cara  la  mia cügnà, perchè che piuri tant? Mi sun venüa da'n Fransa
in Casa di Savoia, ch'a l'è 'n t'in bel giardin. - Cara  la  mia cügnà andè pür volontè, che drinta a la Sassònia a fa
giardin. - Cara la mia cügnà andè pür volontè, che drinta a  la  Sassònia a fa tanto bel stè! - Cara la mia cügnà tuchè-me'n
che drinta a la Sassònia a fa tanto bel stè! - Cara  la  mia cügnà tuchè-me'n po' la man: Tüt lon che v'racomandö
a fa tanto bel stè! - Cara la mia cügnà tuchè-me'n po'  la  man: Tüt lon che v'racomandö s'à l'è la mia maman.
tuchè-me'n po' la man: Tüt lon che v'racomandö s'à l'è  la  mia maman. Tuchè-me'n po' la man, me cari sitadin, Për vive
lon che v'racomandö s'à l'è la mia maman. Tuchè-me'n po'  la  man, me cari sitadin, Për vive che mi viva vëdrö mai pi
Për vive che mi viva vëdrö mai pi Türin! E sapete chi era  la  bela madamin La figlia del re. - Quale re? - Il re di
viva vëdrö mai pi Türin! E sapete chi era la bela madamin  La  figlia del re. - Quale re? - Il re di Savoia. - E la
La figlia del re. - Quale re? - Il re di Savoia. - E  la  cognata? e il duca di Sassonia? La vecchia, le donne non
- Il re di Savoia. - E la cognata? e il duca di Sassonia?  La  vecchia, le donne non sanno altro. È forse necessario
È forse necessario sapere? Nulla nuoce alla poesia come  la  cosa certa, nessuna cosa le è favorevole come la perfetta
come la cosa certa, nessuna cosa le è favorevole come  la  perfetta ignoranza. *** Esco, scendo verso Torino che
delle Alpi. Sono felice. Zufolo, canto. Ho sotto il braccio  la  bella cosa di bronzo. Ho nell'orecchio la bella cosa di
sotto il braccio la bella cosa di bronzo. Ho nell'orecchio  la  bella cosa di parole; e penso che l'una e l'altra risalgono
è più viva, è più fresca di quella fatta di metallo ...  La  bela madamin la principessa Maria Carolina Antonietta di
è più fresca di quella fatta di metallo ... La bela madamin  la  principessa Maria Carolina Antonietta di Savoia, figlia di
E ancora una volta chiederò al sogno, al sogno soltanto  la  cosa impossibile a tutti (anche impossibile a Dio) di
impossibile a Dio) di resuscitare il passato. *** Ed ecco  la  Torino d'oggi scompare. Scendo al piano. Dove sono? Non
queste nubi, queste querce, questi olmi che confondono  la  ramaglia in alto formando un corridoio sulla strada mal
sulla verzura selvaggia il Monte dei Cappuccini, a destra  la  Basilica di Superga - Superga: siamo dunque dopo la metà
destra la Basilica di Superga - Superga: siamo dunque dopo  la  metà del 1700. Cammino lungo il fiume: è bene il Po, lo
le cose familiari stranamente deformate dall'incubo. Ecco  la  città. Torino? Sulla sponda opposta s'innalza un baluardo
tetti, le cupole, i campanili, le torri ... Ma Torino? Sì.  La  cupola della Metropolitana, il campanile di San Lorenzo, i
rialzato dalla parte della coccarda bianca; e sotto  la  parrucca candida i sopraccigli, gli occhi, i mustacchi
porta dalla favolosa architettura barocca: Porta Padana:  la  Porta di Po! Troverò dunque Piazza Vittorio. Entro, ma
ma Piazza Vittorio non esiste più, non esiste ancora.  La  città comincia dove termina oggi Via Po. Ecco Via Po
forse l'assenza di lastrico, di selciato, di rotaie, e  la  Dora, quel ruscello che scorre nel mezzo, e la scarsità, la
di rotaie, e la Dora, quel ruscello che scorre nel mezzo, e  la  scarsità, la povertà dei negozi le danno quell'aspetto
la Dora, quel ruscello che scorre nel mezzo, e la scarsità,  la  povertà dei negozi le danno quell'aspetto sinistro di fame
nel mezzo l'anagramma in corsivo sotto lo stemma sabaudo; e  la  folla è fittissima e gaia; Gianduia e Giromette; contadini
e un tal cavaliere Mattè macchinista deplorano " ...  la  fatal pioggia importuna che ieri sera nocque al
... Prima della partenza il Nuziale Corteggio attraverserà  la  città di Torino uscendo di Palazzo a Piazza San Giovanni
Via Nuova, Porta Nuova, Porta di Po, volendo il Re e  la  Regina assecondare così la pubblica brama di vedere ancora
Porta di Po, volendo il Re e la Regina assecondare così  la  pubblica brama di vedere ancora una volta in essa l'Amata
... " "29 Settembre dell'anno 1781". Leggo anch'io  la  lista delle "sontuose Nutiali allegrezze per l'eccelso
Ieri al Castello di Moncalieri ebbero luogo le nozze. Oggi  la  nuova Duchessa di Sassonia partirà per Dresda e farà per
... Da già ch'a l'è cusì, da già ch'a l'è destin faruma  la  girada anturn a tüt Türin ... La bela Carulina ... la bela
già ch'a l'è destin faruma la girada anturn a tüt Türin ...  La  bela Carulina ... la bela madamin ... Si parlava intorno, a
la girada anturn a tüt Türin ... La bela Carulina ...  la  bela madamin ... Si parlava intorno, a mezza voce, di non
ieri si sperava di vederla a Moncalieri. - Non ho ricevuta  la  carta d'accoglienza. - Ma non è possibile! - Proprio così,
Erano in molti? - Non molti. Forse cento invitati. Il Re,  la  Regina, la Principessa Carlotta di Carignano, il Cardinale
molti? - Non molti. Forse cento invitati. Il Re, la Regina,  la  Principessa Carlotta di Carignano, il Cardinale Marcolini,
mai ... - Ha smaniato? - No, no. Ha significato come dire  la  sua rassegnazione. Nel momento del sì ha capito che si
ed inchinato al Re e alla Regina, fece agli sposi  la  consueta interrogazione. Il Principe di Piemonte rispose
Il Principe di Piemonte rispose immantinente; ma  la  Principessa fu vista impallidire, alzarsi, vacillare,
inginocchiati alle sue spalle; lo sguardo di Sua Maestà  la  dominò, la piegò, la fece inginocchiare, prorompere non in
alle sue spalle; lo sguardo di Sua Maestà la dominò,  la  piegò, la fece inginocchiare, prorompere non in uno ma in
sue spalle; lo sguardo di Sua Maestà la dominò, la piegò,  la  fece inginocchiare, prorompere non in uno ma in tre sì
non in uno ma in tre sì consecutivi che fecero ridere tutta  la  Corte ... Sia detto tra noi, Monsignore, io non vorrei
del Conte Lamarmora. - Perchè? - Perchè s'è presa tutta  la  responsabilità di fronte al Re di questa gita d'addio per
di fronte al Re di questa gita d'addio per compiacere  la  Regina e la Principessa. Lei sa che ancora sabato scorso
al Re di questa gita d'addio per compiacere la Regina e  la  Principessa. Lei sa che ancora sabato scorso era stabilito
dove i Commissari del Re di Savoia avrebbero consegnata  la  sposa ai Commissari del Duca di Sassonia. Sarebbe stato il
del Duca di Sassonia. Sarebbe stato il partito migliore. Ma  la  Principessa, povera bimba, cerca ogni pretesto per
povera bimba, cerca ogni pretesto per prolungare di un'ora  la  sua partenza. Ha supplicato, ha smaniato per passare a
ha smaniato per passare a Torino un giorno ancora e  la  Regina ha avuto l'idea di una passeggiata d'addio per la
e la Regina ha avuto l'idea di una passeggiata d'addio per  la  città con relativa esposizione della Santissima Sindone
Non vorrei essere cattivo profeta, ma non mi stupirei che  la  Principessa Carolina desse in convulsioni nel bel mezzo di
... - Povra masnà! Siamo in Piazza del Castello,  la  Piazza Castello settecentesca quasi simile a quella d'oggi
quasi simile a quella d'oggi e pure tanto diversa.  La  illumina un sole non vero: il sole che illumina le vecchie
barocco si prolungano ai lati di Palazzo Madama dividendo  la  Piazza per metà; e l'assenza di lastrico e di rotaie, di
in rame e dalle stoviglie di Savona (non l'arte imita  la  vita, ma la vita l'arte; le cose non esistono se prima non
e dalle stoviglie di Savona (non l'arte imita la vita, ma  la  vita l'arte; le cose non esistono se prima non le rivelano
non esistono se prima non le rivelano gli artisti) e v'è  la  berlina dai quattro cavalli recalcitranti raffrenati dal
cavalli recalcitranti raffrenati dal postiglione; v'è  la  portantina ducale, il servo che conduce il cane al
al guinzaglio, i due abati che s'incontrano e si stringono  la  mano, la madre che ammonisce il bambino, i comici nella
i due abati che s'incontrano e si stringono la mano,  la  madre che ammonisce il bambino, i comici nella loro
baracca, il cerretano che vende l' elisir di lunga vita,  la  sibilla che predice le sorti. E la folla è disposta secondo
l' elisir di lunga vita, la sibilla che predice le sorti. E  la  folla è disposta secondo il gusto convenuto che importarono
e sulla folla ondeggia con un ritmo vago, insistente,  la  canzone del giorno. Ma oltre Palazzo Madama, che preclude
canzone del giorno. Ma oltre Palazzo Madama, che preclude  la  vista dell'altra metà della Piazza, s'alza un mormorìo
Portici e resto immobile, rapito dal quadro più solenne che  la  fede intatta abbia offerto mai ad occhi mortali. Tutta la
la fede intatta abbia offerto mai ad occhi mortali. Tutta  la  Piazza fluttua d'una moltitudine indescrivibile ed è
in un tempio che ha per cupola il cielo. In fondo s'eleva  la  loggia che divide Piazza Castello dalla Piazza del Palazzo
protetta da un baldacchino vermiglio pende ben tesa  la  Santissima Sindone, la reliquia esposta alla folla per
baldacchino vermiglio pende ben tesa la Santissima Sindone,  la  reliquia esposta alla folla per poche ore, il tesoro unico
E mille labbra cantano il Te Deum e mille occhi fissano  la  duplice immagine del Corpo Divino. Dal mattino si officia
nella luce del sole; tutto il popolo prega ad alta voce per  la  giovinetta sabauda che partirà tra poche ore per la terra
per la giovinetta sabauda che partirà tra poche ore per  la  terra lontana. Tra i colonnati barocchi dell'alta loggia
i Mazzieri, i Caudatari, i Sindaci, i Decurioni ... Ma  la  bela madamin della canzone? Il baldacchino reale è deserto.
bela madamin della canzone? Il baldacchino reale è deserto.  La  Corte s'è ritirata da poco per le ultime cerimonie di
per le ultime cerimonie di Palazzo e le udienze di congedo.  La  bela madamin! ... Voglio vederla ... Entro nella Reggia.
riesco nella Cappella del SS. Sudario, salgo lungo  la  grande scala di marmo nero alla sala degli Svizzeri,
scala di marmo nero alla sala degli Svizzeri, attraverso  la  sala degli Staffieri, la sala dei Paggi, la sala del Trono,
sala degli Svizzeri, attraverso la sala degli Staffieri,  la  sala dei Paggi, la sala del Trono, la sala delle Udienze,
attraverso la sala degli Staffieri, la sala dei Paggi,  la  sala del Trono, la sala delle Udienze, la sala del Gran
sala degli Staffieri, la sala dei Paggi, la sala del Trono,  la  sala delle Udienze, la sala del Gran Consiglio. Dame e
sala dei Paggi, la sala del Trono, la sala delle Udienze,  la  sala del Gran Consiglio. Dame e cavalieri - i più bei nomi
vanno, ridono, parlano, con le loro labbra di carne ... Ma  la  bela madamin ... dov'è? dov'è il delicato fantasma delle
il delicato fantasma delle mie allucinazioni? Attraverso  la  lunga Galleria del Danieli passo sotto i cieli favolosi del
lampadari avanzo, apro una porta socchiusa. Odo una voce.  La  bela madamin No. Non è lei. Allibisco. In mezzo alla sala
troppo corruscante di pacifico guerriero settecentesco,  la  porpora crociata di bianco del mantello cesareo avvolta con
dalle grazie di Watteau. Sua Maestà rilegge una lettera;  la  carta pergamenata gli garrisce tra i pollici nervosi scossi
Cavaliere d'onore, l'Uditore Borsetti, Segretario di Stato,  la  Marchesa di Cinzano, Dama d'onore, la Contessa di Salmour e
Segretario di Stato, la Marchesa di Cinzano, Dama d'onore,  la  Contessa di Salmour e la Marchesa di Verolengo, Dame di
Marchesa di Cinzano, Dama d'onore, la Contessa di Salmour e  la  Marchesa di Verolengo, Dame di Palazzo" ... - E souma
ma dsôura a tüt gnüne masnôiade, gnün tapage an facia a  la  pôpôlassiôn ... Oh il mio dolce dialetto così vivo fra
conclude Sua Maestà senza alzare gli occhi dalla lettera. E  la  lettera è del genero lontano, Antonio Clemente Duca di
è dello sconosciuto signore che attende in terra barbarica  la  giovinetta soave. Dice: " ... il en coûtera sans doute à la
la giovinetta soave. Dice: " ... il en coûtera sans doute à  la  sensibilité de Madame la Princesse de s'éloigner de ses
" ... il en coûtera sans doute à la sensibilité de Madame  la  Princesse de s'éloigner de ses illustres parents et d'une
de lui adoucir l'amertume de cette séparation ... ". *** Ma  la  bela madamin Passo nel Gabinetto Cinese, attraverso le sale
delicata interpretazione vivente che mai sia stata fatta de  la  toilette de la Mariée Maria Carolina Antonietta di Savoia
vivente che mai sia stata fatta de la toilette de  la  Mariée Maria Carolina Antonietta di Savoia Duchessa di
cameriere chine o ginocchioni intente all'opera delicata.  La  cognata, che presiede da parigina esperta, le ha tolto lo
incipriata, bianco il viso passato alla cerussa bianca,  la  veste di raso splendente dal guardinfante mostruoso,
labbra e delle gote, il nero degli occhi e dei sopraccigli.  La  cognata stessa Adelaide di Francia, nipote di Luigi XV, ha
con gl'immensi capelli biondi il Palazzo Madama o  la  galera capitana degli Stati Sardi; ma la Regina, la
Palazzo Madama o la galera capitana degli Stati Sardi; ma  la  Regina, la Principessa, si sono opposte e l'artista ha
o la galera capitana degli Stati Sardi; ma la Regina,  la  Principessa, si sono opposte e l'artista ha costrutto con
Principessa, si sono opposte e l'artista ha costrutto con  la  chioma densa un edificio a tre piani coronato da un nido
assistita dal compagno. - Ravissante! Ravissante! - mormora  la  cognata che le sta alle spalle puntandole di sua mano un
carità! Vieni, vieni a vederti e non piangerai più. Prende  la  sposa per mano, la conduce dinnanzi al grande specchio
a vederti e non piangerai più. Prende la sposa per mano,  la  conduce dinnanzi al grande specchio ovale della parete. Le
ovale della parete. Le lacrime s'arrestano d'improvviso.  La  bimba, che ieri ancora giocava alle dame in visita,
della polvere l'ultima traccia di lagrime. - Sua Maestà  la  Regina! - annunzia un servo. Camerieri, parrucchieri, servi
servi balzano in piedi, rigidi, addossati alle pareti.  La  madre sosta sulla soglia, sorride, tende le braccia alla
soglia, sorride, tende le braccia alla figlia, l'abbraccia,  la  bacia, ma con delicatezza trepidante, come si odora un
*** ... Da già ch'a l'è cusì, da già ch'a l'è destin faruma  la  girada anturn a tüt Türin ... Oh, l'interminabile fila di
capovolti, sculpite, dorate, sovraccariche di tutta  la  mitologia e di tutto il simbolismo pazzesco del barocco;
impennacchiati, con non altro di libero che le zampe e  la  coda prolissa, cocchieri e staffieri a codino rigidi come
regina, ma tutte le belle dame della nobiltà subalpina,  la  Marchesa di San Damiano, la Marchesa d'Ormea, la Contessa
dame della nobiltà subalpina, la Marchesa di San Damiano,  la  Marchesa d'Ormea, la Contessa Morozzo, la Contessa Della
subalpina, la Marchesa di San Damiano, la Marchesa d'Ormea,  la  Contessa Morozzo, la Contessa Della Rocca, la Marchesa di
di San Damiano, la Marchesa d'Ormea, la Contessa Morozzo,  la  Contessa Della Rocca, la Marchesa di San Germano, la
d'Ormea, la Contessa Morozzo, la Contessa Della Rocca,  la  Marchesa di San Germano, la Marchesa di Cinzano, la
la Contessa Della Rocca, la Marchesa di San Germano,  la  Marchesa di Cinzano, la Contessa di Salmour, la Marchesa di
Rocca, la Marchesa di San Germano, la Marchesa di Cinzano,  la  Contessa di Salmour, la Marchesa di Verolengo ... E fra
Germano, la Marchesa di Cinzano, la Contessa di Salmour,  la  Marchesa di Verolengo ... E fra tutte, bellissima, come la
la Marchesa di Verolengo ... E fra tutte, bellissima, come  la  Principessa della favola, come la Figlia del Re,
tutte, bellissima, come la Principessa della favola, come  la  Figlia del Re, leggendaria, è la sposa tutta bianca, tutta
della favola, come la Figlia del Re, leggendaria, è  la  sposa tutta bianca, tutta d'argento ... - La bela Carôlin!
leggendaria, è la sposa tutta bianca, tutta d'argento ... -  La  bela Carôlin! La folla che stipa Piazza Castello, i
sposa tutta bianca, tutta d'argento ... - La bela Carôlin!  La  folla che stipa Piazza Castello, i portici, i colonnati,
brulica sugli alberi, sulle ringhiere, sui tetti, acclama  la  sposa con un fremito che parte dal cuore. Il popolo ama
del Re, l'ama come una delicata bimbetta sua,  la  bela Carôlin è popolare ovunque, dai parchi della Venaria
dove non sdegna di interrompere i suoi giochi per rivolgere  la  parola a un giardiniere che pota, a una lavandaia che
che pota, a una lavandaia che piange. - Madama Carôlin!  la  bela Carôlin! Mai il popolo ha sentito così forte la sua
la bela Carôlin! Mai il popolo ha sentito così forte  la  sua tenerezza commossa come in quest'ora dell'ultimo addio.
... Da già ch'a l'è cusì, da già ch'a l'è destin faruma  la  girada anturn a tüt Türin ... Il lungo corteo d'equipaggi
e banda intarsiata pure d'argento e d'azzurro, spicca  la  Compagnia Colonnella con le Corporazioni dei Mercanti e dei
e dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Tutti formano tra  la  folla varia un disegno ordinato a colori vivacissimi dove
passa come tra una doppia siepe di divise smaglianti.  La  sposa diciassettenne non ha mai visto tanto fasto nella sua
clangore esultante di tutte le campane di tutte le chiese:  la  Metropolitana, Santa Teresa, la Consolata, i Santi Martiri
campane di tutte le chiese: la Metropolitana, Santa Teresa,  la  Consolata, i Santi Martiri Tebei, tutti i provincialeschi
nuziali, i grossi confetti settecenteschi detti giüraje E  la  folla s'accalca, fluttua, acclama. La sposa protende le
detti giüraje E la folla s'accalca, fluttua, acclama.  La  sposa protende le mani e mille mani si protendono
si protendono affettuose in una stretta d'ultimo addio. -  La  bela Carôlin! La piazza San Carlo è convertita in una sala
in una stretta d'ultimo addio. - La bela Carôlin!  La  piazza San Carlo è convertita in una sala immensa: "sta una
in una sala immensa: "sta una tavola ivi disposta  la  quale fa vedere un corpo di bacili di confetti canditi e di
le Altezze Reali dell'apparato più con gli occhi che con  la  bocca e prendono gran piacere in vedere a dare il sacco di
piacere in vedere a dare il sacco di detta tavola e dare  la  scalata alla piramide fruttata e inzuccherata". La sposa
e dare la scalata alla piramide fruttata e inzuccherata".  La  sposa giovinetta ride a quel gioco, ride fino alle lagrime
lagrime della folla che corre, sale, rotola, schiamazza.  La  sposa ha tutto dimenticato e pensa che la vita prosegua
schiamazza. La sposa ha tutto dimenticato e pensa che  la  vita prosegua così in un corteo dorato e infiorato tra una
calice della medicina troppo amara. Fuori di Porta Nuova  la  folla si estende fino al Parco del Valentino. Dinnanzi al
in versi dove il Po dimostra alla Dora sconsolata per  la  dipartita della Principessa la necessità che lo splendore
alla Dora sconsolata per la dipartita della Principessa  la  necessità che lo splendore della Casa Sabauda s'estenda
ogni confine ... Di che bell'astro il nostro ciel si priva!  La  bela Carôlin s'annoia mortalmente alle interminabili ottave
dalla madre e dalla cognata. E l'amarezza del distacco,  la  realtà dell'ora triste la riprendono ancora e le stringono
E l'amarezza del distacco, la realtà dell'ora triste  la  riprendono ancora e le stringono il cuore distratto per
carrozze fosche e disadorne. Il corteo s'arresta presso  la  Porta. Bisogna scendere con la Marchesa di Cinzano, con la
Il corteo s'arresta presso la Porta. Bisogna scendere con  la  Marchesa di Cinzano, con la Contessa di Salmour, con il
la Porta. Bisogna scendere con la Marchesa di Cinzano, con  la  Contessa di Salmour, con il Marchese di Bianzé, bisogna
gala. Un tappeto infiorato segna il breve percorso ... Ma  la  bela Carôlin che tormenta da mezz'ora la mano della Regina,
percorso ... Ma la bela Carôlin che tormenta da mezz'ora  la  mano della Regina, s'è ora afferrata al braccio di lei e
il Conte Lamarmora apre lo sportello e l'invita a scendere,  la  piccola si getta al collo della madre, disperata, folle. Il
braccia di lei a forza come si spezza una catena; a forza  la  fanno scendere, le fanno attraversare il breve spazio
quasi di peso nella carrozza da viaggio. E là dentro  la  bimba si vede perduta. - Maman! maman! - grida
sportelli mentre le quattro carrozze s'aprono il varco tra  la  folla. - Maman! maman! Oimè, la madre, gli amici restano
s'aprono il varco tra la folla. - Maman! maman! Oimè,  la  madre, gli amici restano indietro, ritornano nelle berline
restano indietro, ritornano nelle berline dorate verso  la  Reggia, ch'ella ha dovuto lasciare per sempre. Allora la
la Reggia, ch'ella ha dovuto lasciare per sempre. Allora  la  piccola è presa dal panico folle come chi è trascinato alla
panico folle come chi è trascinato alla morte. Ha di fronte  la  severa Marchesa di Salmour, l'arcigno Ambasciatore di
Si vede sola, perduta, si protende forsennata verso  la  folla invocando soccorso. - Maman! maman! E nella folla
sferzano i cavalli: il convoglio s'affretta, fende  la  folla, procede di corsa, è sul ponte, è oltre il fiume,
dispare ... *** Il Duca di Sassonia fu ottimo sposo per  la  bela Carôlin Il 17 marzo scriveva alla Regina
dighe des bontés d'une princesse qui réunit aux charmes de  la  plus aimable figure, toutes les vertus de ses augustes
les vertus de ses augustes parents". Il 28 dicembre 1782  la  bela Carôlin moriva in Dresda, poco più di un anno dopo le
e a diciannove anni non ancora compiuti. Tuchè-me'n po'  la  man, me cari sitadin, Për vive che mi viva vëdrö mai pi
che una cosa a questo mondo: avere un figlio maschio; e  la  Regina gli fece un figlio maschio. Ma il Re appena lo vide
figlio maschio. Ma il Re appena lo vide rimase di sasso, e  la  Regina pianse dirottamente. Il bambino aveva intorno al
e voglio che tutti gli astrologhi del mio regno, pena  la  testa, vengano subito a palazzo. - Gli astrologhi andarono,
l'avevano mai veduto. Il Re era diventato malinconico, e  la  Regina non si poteva dar pace d'aver messo al mondo quel
rosso dal collo del Principe reale, venga a palazzo, pena  la  testa. Chi m'in- gannerà sarà frustato; chi mi consolerà
chi mi consolerà sarà ricompensato. - Tutti venivano a dir  la  sua, e le guar- die avevano la frusta in mano dalla mat-
- Tutti venivano a dir la sua, e le guar- die avevano  la  frusta in mano dalla mat- tina alla sera. Un giorno arrivò
vostro figliuolo, bisogna che mi cediate il potere. - Il Re  la  guardò meravigliato. Nes- suno gli aveva mai parlato in
meravigliato. Nes- suno gli aveva mai parlato in quel modo.  La  vecchina non fiatò, ma il collare color sangue sparì per un
come per incanto dal collo del bambino. Il Re si levò  la  corona e la mise in testa alla vecchina, si levò il manto e
incanto dal collo del bambino. Il Re si levò la corona e  la  mise in testa alla vecchina, si levò il manto e glielo mise
e glielo mise sulle spalle, in mano le dette lo scettro,  la  fece seder sul trono e poi emanò un terzo bando. - Comando
- I sudditi mormoravano e dicevano che il Re era ammattito.  La  vecchina ordinò che fossero ab- battuti tutti gli alberi
vano continuamente i boschi; i cani erano sempre in moto, e  la  cerbiatta col collare di rose non si trovava. Intanto il
di sangue del figlio del Re diventava sempre più grande;  la  Regina si struggeva in pianto, il Re in- cominciava a
in- cominciava a temere un inganno. Un giorno fece chiamare  la  vecchina e glielo disse; ma costei rispose: - Sacra Real
rispose: - Sacra Real Maestà, se prima della luna nuova  la  cerbiatta col collare di rose non è a palazzo, fatemi pure
era mal di poco. Passano sette, passano otto giorni, e  la  cerbiatta non si vede. Alla fine dell'ottavo giorno il Re
Alla fine dell'ottavo giorno il Re fece chiamare di nuovo  la  vecchina, le strappò la corona, il manto, le tolse lo
giorno il Re fece chiamare di nuovo la vecchina, le strappò  la  corona, il manto, le tolse lo scettro e la fece legare
le strappò la corona, il manto, le tolse lo scettro e  la  fece legare dalle guardie. L'aveva ingannato, aveva
L'aveva ingannato, aveva devastato le sue foreste, meritava  la  morte e l'a- vrebbe. La mattina seguente ordinò che le
devastato le sue foreste, meritava la morte e l'a- vrebbe.  La  mattina seguente ordinò che le fosse tagliata la testa. La
vrebbe. La mattina seguente ordinò che le fosse tagliata  la  testa. La vecchina fu messa in una prigione sotterranea; ma
La mattina seguente ordinò che le fosse tagliata la testa.  La  vecchina fu messa in una prigione sotterranea; ma essa non
tutti i servi, i cortigiani e le guardie, e ordinò che  la  vecchina fosse condotta in sua presenza. Appena la vide le
che la vecchina fosse condotta in sua presenza. Appena  la  vide le raccontò il sogno e voleva che essa glielo
in libertà, datemi un cavallo, e avanti domattina  la  cerbiatta sarà qui. - Nessuno però la doveva pedinare per
e avanti domattina la cerbiatta sarà qui. - Nessuno però  la  doveva pedinare per veder dove andava. Il Re dubitava della
vecchina; ma costei tanto fece e tanto disse; che egli  la  lasciò in libertà e le permise di sce- gliere un cavallo
di sce- gliere un cavallo fra quelli delle sue scu- derie.  La  vecchina si fece sellare un ca- vallo bianco, veloce come
forcò e via di galoppo. Il cavallo, appena ebbe in groppa  la  vecchina, pareva che sapesse da se la strada e avesse le
appena ebbe in groppa la vecchina, pareva che sapesse da se  la  strada e avesse le ali. Saliva i monti, scen- deva nelle
udì quel lamento rizzò le orecchie, sbuffò, e riprese  la  corsa, schivando i tronchi d'albero e i rami che
e si fermò di botto. In mezzo a quella radura, giaceva  la  bella cerbiatta ansante, e grondava sangue da una larga
a co- ricarsi accanto alla povera bestia e le lec- cava  la  ferita. La vecchina, intanto, cavò di tasca una boccetta
accanto alla povera bestia e le lec- cava la ferita.  La  vecchina, intanto, cavò di tasca una boccetta d'unguento e
intanto, cavò di tasca una boccetta d'unguento e le spalmò  la  ferita, che si richiuse subito. Ma la cerbiatta ap- pena
e le spalmò la ferita, che si richiuse subito. Ma  la  cerbiatta ap- pena guarita si alzò e in due salti fu
fu lontana. Il cavallo nitriva che faceva compas- sione,  la  vecchina la chiamava, ma lei non ascoltava nulla e correva
Il cavallo nitriva che faceva compas- sione, la vecchina  la  chiamava, ma lei non ascoltava nulla e correva come il
in una valle profonda. In mezzo scorreva un torrente.  La  cerbiatta, sentendosi inseguìta da vicino, stava per
quando si fermò un istante a specchiarsi. In quell'istante  la  vecchina la rag- giunse, l'afferrò per il collare di rose,
un istante a specchiarsi. In quell'istante la vecchina  la  rag- giunse, l'afferrò per il collare di rose, e così
l'afferrò per il collare di rose, e così prigioniera  la  condusse al castello. Il Re non si muoveva dalla finestra
castello. Il Re non si muoveva dalla finestra per veder se  la  vecchina arrivava. Appena la vide fece suonare le trombe, e
dalla finestra per veder se la vecchina arrivava. Appena  la  vide fece suonare le trombe, e la vecchina insieme con la
vecchina arrivava. Appena la vide fece suonare le trombe, e  la  vecchina insieme con la cerbiatta en- trarono nel cortile
la vide fece suonare le trombe, e la vecchina insieme con  la  cerbiatta en- trarono nel cortile della reggia, in mezzo
cortile della reggia, in mezzo alle allegre fanfare. Subito  la  cerbiatta fu portata alla pre- senza del Re, della Regina,
pre- senza del Re, della Regina, del loro figlio e di tutta  la  Corte. La vecchina colse una rosa dal collare fiorito, la
del Re, della Regina, del loro figlio e di tutta la Corte.  La  vecchina colse una rosa dal collare fiorito, la passò tre
la Corte. La vecchina colse una rosa dal collare fiorito,  la  passò tre volte sul collare di san- gue del figliuolo del
di sangue, ma lacrime limpide come gocce d'acqua. Il Re e  la  Regina abbracciarono il fi- glio, piangendo e ridendo dalla
glio, piangendo e ridendo dalla gioia. Quan- do rialzarono  la  testa, cercarono la vecchi- na; ma cerca che ti cerco, la
dalla gioia. Quan- do rialzarono la testa, cercarono  la  vecchi- na; ma cerca che ti cerco, la vecchina non c'era
la testa, cercarono la vecchi- na; ma cerca che ti cerco,  la  vecchina non c'era più. La cerbiatta, invece, s'era
na; ma cerca che ti cerco, la vecchina non c'era più.  La  cerbiatta, invece, s'era accucciata ai piedi del figliuolo
mai gli occhi dal viso. Il Re voleva rivedere ad ogni costo  la  vecchina. Con quel gran debito di rico- noscenza nel cuore,
non poteva stare. Ma per quanto desse ordine a chiunque  la  vedeva di ricondurgliela, non riuscì a sa- perne nulla.
dai suoi cortigiani, in una pianura immensa, solo con  la  cerbiatta. Era tardi, aveva fame e bussò alla porta di una
c'era un trono tutto d'oro, e su questo trono stava seduta  la  vecchina più grinzosa che mai. Costei sorrise al figliuolo
che mai. Costei sorrise al figliuolo del Re e ac- carezzò  la  cerbiatta domandando loro che cosa erano venuti a
vigliato che non si rammentava neppure che aveva fame.  La  vecchina lo fece sedere e gli disse che essa voleva dargli
prender moglie, perché nessuna donna avrebbe tollerato  la  cerbiatta, e lui non acconsentirebbe mai a separarsi da
alla quale voleva tutto il bene del mondo! E chinan- dosi  la  baciò sulla fronte. In quel momento cadde il collare di
e una carnagione di latte e sangue. Il figliuolo del Re  la  guardava esta- tico, e lei lo fissava sempre senza proferir
esta- tico, e lei lo fissava sempre senza proferir parola.  La  vecchina spiegò tutto, raccontando che una Fata cattiva e
per salvarla. Il Principe reale, promise di sposare  la  bella ragazza, e insieme ad essa e alla vecchina fece
e furono felici e contenti; e quando mori- rono il Re e  la  Regina, i due Principi ere- ditarono tutto il reame e
ditarono tutto il reame e camparono quanto Matusalemme. E  la  vecchina? Essa è sempre nella sua capanna pic- cina
Regina! Voglio accertarmi ... (Cerca in tutte le sue tasche  la  chiave della cella dov'è rinchiusa la Reginotta e non la
tutte le sue tasche la chiave della cella dov'è rinchiusa  la  Reginotta e non la trova. Al Ministro) Eccellenza, andate a
la chiave della cella dov'è rinchiusa la Reginotta e non  la  trova. Al Ministro) Eccellenza, andate a cercare la chiave
e non la trova. Al Ministro) Eccellenza, andate a cercare  la  chiave in tutti i cassetti della mia camera ...
... (Il Ministro esce di corsa.) Lo fate apposta. Ed ecco,  la  collera mi ha smosso di nuovo l'appetito ... Qualcosa da
una volta un sarto, che campava  la  vita mettendo toppe e rivoltando vestiti usati. Nella sua
ci si vedeva appena; per ciò lavorava sempre davanti  la  porta, con gli occhiali sul naso; e, tirando l'ago,
figliuola bella quanto il sole, ma senza braccia, ed era  la  sua disperazione. Le vicine lo aiutavano: oggi una, domani
oggi una, domani un'altra, si prestavano a vestire  la  ragazza, a pettinarla, a lavarle la faccia; egli doveva
si prestavano a vestire la ragazza, a pettinarla, a lavarle  la  faccia; egli doveva imboccarla. A ogni boccone, brontolava:
brontolava: - Chi non ha braccia, non dovrebbe aver bocca!  La  ragazza, invece di arrabbiarsi per questo continuo
a ridere e rispondeva: - Dovevate farmi le braccia e non  la  bocca. La colpa è vostra. - Hai ragione. E il vecchio
e rispondeva: - Dovevate farmi le braccia e non la bocca.  La  colpa è vostra. - Hai ragione. E il vecchio riprendeva a
Zun! Zun! Invece il cattivo tempo peggiorò: gli venne meno  la  vista, gli occhiali non lo aiutarono più; e gli avventori
e del suo lavoro. - Figliuola mia, come faremo? - Faremo  la  volontà di Dio. Il bel tempo dee venire. Per abitudine,
dee venire. Per abitudine, ogni mattina il sarto, aperta  la  botteguccia, si metteva a sedere davanti la porta con le
sarto, aperta la botteguccia, si metteva a sedere davanti  la  porta con le mani in mano, aspettando gli avventori che non
uomo. - Grazie. Che debbo farne? A cucire non ci vedo più.  La  ragazza, sentendo parlare, s'era affacciata alla porta. -
se n'è andato, Il bel tempo è già arrivato. Zun! Zun! Zun!  La  signora, ridendo, scantonò e sparì. Poco dopo, ecco un
Andò subito a fare un po' di spesa, e poi si mise a cuocere  la  minestra, rimuginando le parole dello sconosciuto: Verrò a
- Da qui a domani c'è ventiquattr'ore. Finito di desinare,  la  ragazza guarda per caso la giacca e dà un grido di
Finito di desinare, la ragazza guarda per caso  la  giacca e dà un grido di sorpresa: la giacca era già bell'e
guarda per caso la giacca e dà un grido di sorpresa:  la  giacca era già bell'e rattoppata, e così bene, che pareva
della signora! Infatti l'ago non era più al posto dove  la  signora lo aveva messo. - Zitta, figliuola; quest'ago è la
la signora lo aveva messo. - Zitta, figliuola; quest'ago è  la  nostra Fortuna. Il padrone della giacca venne a
il cenciaiolo li avrebbe voluti. Il sarto se ne stava tutta  la  giornata seduto davanti la porta con le mani in mano
Il sarto se ne stava tutta la giornata seduto davanti  la  porta con le mani in mano canterellando: - Il mal tempo se
passando a cavallo insieme con uno scudiero davanti  la  bottega del sarto, vide la ragazza che stava a sedere
insieme con uno scudiero davanti la bottega del sarto, vide  la  ragazza che stava a sedere accanto al padre, e rimase
- Ma è senza braccia, Reuccio! - Peccato! Ci ripensò tutta  la  notte, e il giorno appresso volle rivederla. Passò a
da Regina. Peccato non abbia le braccia! Ci ripensò tutta  la  notte, e il giorno appresso volle rivederla. Giunto davanti
notte, e il giorno appresso volle rivederla. Giunto davanti  la  bottega, sentendo canterellare il sarto, fermò il cavallo:
Zun! Zun! Zun! Il Reuccio intanto teneva fissi gli occhi su  la  ragazza. Il sarto, che non sapeva chi egli fosse, lo
cieco a palazzo, e raccontò quello ch'era accaduto. Il Re e  la  Regina montarono in furore contro il sarto: - Vecchio
- Maestà, io non ci ho colpa! - Vecchio stregone! O rendi  la  vista al Reuccio, o ti fo arrostire vivo vivo! Il povero
e dallo sportellino dell'uscio gli diceva: - O rendi  la  vista al Reuccio, o ti fo arrostire vivo vivo. É passato un
o ti fo arrostire vivo vivo. É passato un giorno. - O rendi  la  vista al Reuccio, o ti fo arrostire vivo vivo. Son passati
E il Re, dallo sportellino dell'uscio: - O rendi  la  vista al Reuccio, o ti fo arrostire vivo vivo. Sono passati
Grazia, Maestà! Almeno, prima di morire, Fatemi rivedere  la  figliuola! La grazia gli fu concessa. Il Re e la Regina,
Almeno, prima di morire, Fatemi rivedere la figliuola!  La  grazia gli fu concessa. Il Re e la Regina, che avevano
rivedere la figliuola! La grazia gli fu concessa. Il Re e  la  Regina, che avevano sentito magnificare dal Reuccio la
Re e la Regina, che avevano sentito magnificare dal Reuccio  la  grande bellezza di costei, vollero vederla quand'ella venne
battendo le mani dall'allegrezza, si mise a gridare: -  La  vedo! La vedo! Accanto a lei c'è una signora. Il Re e la
le mani dall'allegrezza, si mise a gridare: - La vedo!  La  vedo! Accanto a lei c'è una signora. Il Re e la Regina
- La vedo! La vedo! Accanto a lei c'è una signora. Il Re e  la  Regina credettero che il Reuccio fosse ammattito. Dov'era
ammattito. Dov'era quella signora? - É lì, accanto a lei, e  la  tiene per la mano. - Per la mano? Se non ha braccia! - Io
quella signora? - É lì, accanto a lei, e la tiene per  la  mano. - Per la mano? Se non ha braccia! - Io la vedo con le
- É lì, accanto a lei, e la tiene per la mano. - Per  la  mano? Se non ha braccia! - Io la vedo con le braccia; ma
tiene per la mano. - Per la mano? Se non ha braccia! - Io  la  vedo con le braccia; ma non vedo voialtri. Il Re e la
- Io la vedo con le braccia; ma non vedo voialtri. Il Re e  la  Regina, per accertarsi se il Reuccio la vedeva davvero,
voialtri. Il Re e la Regina, per accertarsi se il Reuccio  la  vedeva davvero, facevano muovere la ragazza, in punta di
se il Reuccio la vedeva davvero, facevano muovere  la  ragazza, in punta di piedi, pel salone; e il Reuccio la
la ragazza, in punta di piedi, pel salone; e il Reuccio  la  seguiva con gli occhi inariditi: - É lì ... Ora si affaccia
... Ora fa così col capo ... Ora si siede per terra; e  la  signora che l'accompagna fa pure quel che fa lei. Il Re e
signora che l'accompagna fa pure quel che fa lei. Il Re e  la  Regina, stupiti, non sapevano che pensare di quel miracolo.
che pensare di quel miracolo. - Chi è, bella ragazza,  la  signora invisibile che vi accompagna? - Maestà, non lo so;
Maestà, non lo so; son venuta sola a palazzo ... Ahi! Ahi!  La  ragazza sentiva acuti dolori nel punto dove avrebbero
le braccia. - Ahi! Ahi! Ed ecco venirle fuori prima  la  punta delle dita, poi le mani, poi i polsi, poi gli
e bianche come l'alabastro. Il Reuccio, urtando il Re e  la  Regina, si precipita verso la ragazza, le prende
Il Reuccio, urtando il Re e la Regina, si precipita verso  la  ragazza, le prende ansiosamente le mani e comincia a
Ma strofinava inutilmente. - Zitti - fece il Reuccio. -  La  signora parla. Il Re e la Regina, dopo tutto quello che
- Zitti - fece il Reuccio. - La signora parla. Il Re e  la  Regina, dopo tutto quello che avevano visto, erano proprio
diventare. Era chiaro: se il Reuccio voleva ricuperare  la  vista, doveva sposare quella ragazza. La Regina si sdegnò:
voleva ricuperare la vista, doveva sposare quella ragazza.  La  Regina si sdegnò: - Sposare la figlia d'un sarto! Ma il Re,
sposare quella ragazza. La Regina si sdegnò: - Sposare  la  figlia d'un sarto! Ma il Re, che voleva molto bene al
cominciarono subito i preparativi delle nozze del Reuccio.  La  ragazza, vestita con gli abiti da Reginotta, pareva davvero
vestita con gli abiti da Reginotta, pareva davvero un sole.  La  Regina non sapeva darsene pace, e le faceva ogni giorno
darsene pace, e le faceva ogni giorno mille dispetti.  La  mattina stessa delle nozze, per avvilirla al cospetto di
stessa delle nozze, per avvilirla al cospetto di tutta  la  corte, le disse: - Reginotta, ho uno strappo nel manto
nel manto reale; nessuno può rammendarlo meglio di voi.  La  ragazza, senza scomporsi, andò di là, prese l'ago datole
cominciò umilmente il rammendo del manto della Regina.  La  Regina, vedendola così rassegnata, diventò una vipera: -
E le strappò di mano il manto reale. - Infatti, - rispose  la  ragazza - non ho mai dato un punto in vita mia. L'ago
L'ago intanto era rimasto attaccato alla stoffa, e durante  la  cerimonia degli sponsali la Regina si sentiva cucire,
alla stoffa, e durante la cerimonia degli sponsali  la  Regina si sentiva cucire, cucire tutti i panni addosso,
i suoi strilli! Tentava di strapparsi le vesti ma  la  cucitura era così forte, che ci voleva ben altro per
ben altro per disfarla. E l'ago cuciva, cuciva, cuciva; e  la  Regina strillava come una pazza, sentendosi trapassare le
piedi della Reginotta: - Reginotta, perdono! Salvatemi voi!  La  Reginotta, che aveva già capito di esser protetta da una
appetito! Vi faccio compagnia. Che buon odore! ... (Il Re  la  guarda, stupìto, e la lascia fare. La vecchia si serve dei
compagnia. Che buon odore! ... (Il Re la guarda, stupìto, e  la  lascia fare. La vecchia si serve dei meglio bocconi e
odore! ... (Il Re la guarda, stupìto, e la lascia fare.  La  vecchia si serve dei meglio bocconi e mangia
e contraffatta nella persona, e non se ne davano pace.  La  tenevan rinchiusa, sola sola, in una camera appartata e, un
sola, in una camera appartata e, un giorno il Re, un giorno  la  Regina, le portavan da mangiare in una cesta. Quando erano
andar pel mondo. Il cuore mi presagisce che troverò  la  mia fortuna. Il Re non voleva acconsentire: - Dove sarebbe
il Re non seppe resistere: - Figliuola mia, parti pure!  La  diè quattrini a sufficienza, e una notte, mentre tutti nel
e una notte, mentre tutti nel palazzo reale dormivano,  la  Reginotta si messe in via. Cammina, cammina, arrivò in una
modo. - Che cosa è stato, lucertolina? - Mi hanno rotto  la  coda e non ritrovo il pezzettino. O, se tu me lo trovassi,
O, se tu me lo trovassi, ti farei un gran regalo.  La  Reginotta, impietosita, si dié a frugare: e fruga e rifruga
mia. Pel tuo regalo, scava qui sotto. Scavato un tantino,  la  Reginotta tirò fuori una cipolla poco più grossa d'una
debbo farne? - Tienla cara. Un giorno, forse, ti servirà.  La  Reginotta se la mise in tasca. Strada facendo, incontrò una
Tienla cara. Un giorno, forse, ti servirà. La Reginotta se  la  mise in tasca. Strada facendo, incontrò una povera vecchia
tratto si rompe il sacco, e tutto il grano le va per terra.  La  vecchia cominciò a pelarsi dalla stizza. - Non è nulla
cominciò a pelarsi dalla stizza. - Non è nulla disse  la  Reginotta. Ve lo raccatterò io. - Ah, i chicchi son
Se ne mancasse uno solo, mio marito mi ammazzerebbe! E  la  Reginotta, con una santa pazienza, glielo raccattò tutto,
che ne faccia? - Tienlo caro. Un giorno, forse, ti servirà.  La  Reginotta se lo mise in tasca. Cammina, cammina, arrivò
cascata nel fosso e mi son rotta una gamba. Scese laggiù,  la  prese in collo, e poi la fasciò così bene con un
son rotta una gamba. Scese laggiù, la prese in collo, e poi  la  fasciò così bene con un fazzoletto, che quella, alla
me ne faccia? - Tienlo caro. Un giorno, forse, ti servirà.  La  Reginotta le staccò dal collare il sonaglino e se lo mise
dal collare il sonaglino e se lo mise in tasca, insieme con  la  cipolletta e il coltellino da due soldi. Cammina, cammina,
mano. - Anime cristiane, datemi alloggio per questa notte!  La  padrona pareva una buona donna, e si misero a ragionare in
una buona donna, e si misero a ragionare in cucina, mentre  la  pentola bolliva. - Chi siete? Dove andate? La Reginotta
mentre la pentola bolliva. - Chi siete? Dove andate?  La  Reginotta cominciò a raccontarle la sua storia. - Zitta,
Chi siete? Dove andate? La Reginotta cominciò a raccontarle  la  sua storia. - Zitta, zitta, chiacchierona! Zitta, zitta!
storia. - Zitta, zitta, chiacchierona! Zitta, zitta! Era  la  pentola che brontolava; ma la sentiva lei sola. Non le diè
Zitta, zitta! Era la pentola che brontolava; ma  la  sentiva lei sola. Non le diè retta e continuò un altro
reale. - Zitta, zitta, chiacchierona! Zitta, zitta! Era  la  pentola che brontolava; ma la sentiva lei sola. Rimase
Zitta, zitta! Era la pentola che brontolava; ma  la  sentiva lei sola. Rimase colpita; e si fermò. - E dopo? -
lei sola. Rimase colpita; e si fermò. - E dopo? - domandò  la  donna. - Eccomi qui. Quando giunse il marito, quella donna
che è un sole: conduciamola dal Re. Gli diremo che è  la  sua figliuola, resa così bella da una Fata. La Reginotta la
diremo che è la sua figliuola, resa così bella da una Fata.  La  Reginotta la chiuderemo nel granaio e ve la lasceremo
la sua figliuola, resa così bella da una Fata. La Reginotta  la  chiuderemo nel granaio e ve la lasceremo morire. - Ma il Re
da una Fata. La Reginotta la chiuderemo nel granaio e ve  la  lasceremo morire. - Ma il Re come potrà crederlo? - Ci ho
i segnali. Così fecero. Nel mezzo della notte, afferrarono  la  povera Reginotta, la chiusero in un granaio, e il giorno
Nel mezzo della notte, afferrarono la povera Reginotta,  la  chiusero in un granaio, e il giorno dopo condussero la loro
la chiusero in un granaio, e il giorno dopo condussero  la  loro figliuola al palazzo reale. Il Re e la Regina, sentita
dopo condussero la loro figliuola al palazzo reale. Il Re e  la  Regina, sentita quella storia della Fata, rimanevano ancora
quella storia della Fata, rimanevano ancora incerti. Allora  la  ragazza, indettata, disse: - Maestà, non vi ricordate di
sei nata Regina e non puoi godere della tua Sorte"? Il Re e  la  Regina rimasero. Quelle parole non potea saperle nessun
rimasero. Quelle parole non potea saperle nessun altro, che  la  loro figliuola! Abbracciarono la ragazza, e bandirono feste
saperle nessun altro, che la loro figliuola! Abbracciarono  la  ragazza, e bandirono feste reali. Ai due che l'avean
condotta regalarono un monte di monete d'oro. Intanto  la  povera Reginotta, dopo essersi per tre giorni stemperata in
della cipolletta: - Poteva ingannare un po' lo stomaco! E  la  cavò di tasca. - Comanda! Comanda! - Da mangiare! Ed ecco
le vigne, gli alberi di quella fattoria eran distrutti.  La  Reginotta partì e arrivò in una città, dove c'era un Re che
i più dotti, i più valenti, non n'avean saputo conoscere  la  malattia. Dicevano ch'era matto: ma egli ragionava
affacciato a una finestra del palazzo reale, e vide passar  la  Reginotta. - Oh! Com'è brutta! La voglio qui! La voglio
reale, e vide passar la Reginotta. - Oh! Com'è brutta!  La  voglio qui! La voglio qui! Il Re la fece chiamare: -
passar la Reginotta. - Oh! Com'è brutta! La voglio qui!  La  voglio qui! Il Re la fece chiamare: - Ragazza, vorresti
- Oh! Com'è brutta! La voglio qui! La voglio qui! Il Re  la  fece chiamare: - Ragazza, vorresti entrare a servizio? -
Bruttona, fai questo! Bruttona, fai quello. Il Reuccio non  la  comandava altrimenti: volea perfino che rigovernasse i
che rigovernasse i piatti. Una volta al Reuccio gli venne  la  voglia dei bacelli; ed era d'autunno! Dove andare a
mangiare. Il Re avrebbe pagato quei bacelli a peso d'oro.  La  Reginotta rammentossi della cipolletta e la cavò di tasca.
a peso d'oro. La Reginotta rammentossi della cipolletta e  la  cavò di tasca. - Comanda! Comanda! - Un bel piatto di
gli venne voglia d'un pasticcio di lumache. Ma non era  la  stagione. - Pasticcino di lumache! Pasticcino di lumache!
mangiare. Il Re avrebbe pagato quelle lumache a peso d'oro.  La  Reginotta corse di bel nuovo alla cipolletta. - Comanda!
un po' in carne. Un'altra volta finalmente gli venne  la  voglia delle polpettine di rondine. Non era la stagione.
gli venne la voglia delle polpettine di rondine. Non era  la  stagione. Dove andare a pescarle? - Polpettine di rondine!
Il Re quelle rondini le avrebbe pagate a peso d'oro.  La  Reginotta, al solito, cavò di tasca la cipolletta. -
pagate a peso d'oro. La Reginotta, al solito, cavò di tasca  la  cipolletta. - Comanda! Comanda! - Polpettine di rondine! Il
neppure d'essere stato malato. E, un giorno, vista  la  Reginotta: - Oh, come è brutta! - esclamò. - Ma chi è
è brutta! - esclamò. - Ma chi è costei? Cacciatela via!  La  Reginotta andò via piangendo: - La sua stella voleva così!
costei? Cacciatela via! La Reginotta andò via piangendo: -  La  sua stella voleva così! E incontrò la vecchia, quella del
andò via piangendo: - La sua stella voleva così! E incontrò  la  vecchia, quella del grano. - Che cosa è accaduto,
Sta' allegra, figliuola mia! Ti aiuterò io. Vieni con me. E  la  condusse davanti a una grotta. - Ascolta: lì dentro c'è la
la condusse davanti a una grotta. - Ascolta: lì dentro c'è  la  fontana della bellezza. Chi può tuffarvisi a un tratto,
quattro stanze. Nella prima c'è un drago: buttagli in gola  la  cipolletta, e ti lascerà passare. Nella seconda c'è un
d'acciaio, con una mazza di ferro brandita: mostragli  la  lama del coltellino, e ti lascerà passare. Nella terza c'è
paura; se no, addio; sei spacciata. Nella quarta stanza c'è  la  fontana. Appena entrata lì, senza esitare un momento,
un momento, tùffati dentro l'acqua con tutte le vesti.  La  Reginotta entrò. Ed ecco il drago con tanto di bocca, che
che stendeva il collo per inghiottirsela. Gli butta in gola  la  cipolletta, e quello si ritira, si attorciglia chetamente,
tutto coperto d'acciaio, che si slancia incontro brandendo  la  mazza, cacciando terribili urli. Gli mostra la lama del
brandendo la mazza, cacciando terribili urli. Gli mostra  la  lama del coltellino, e il gigante va a rannicchiarsi in un
coltellino, e il gigante va a rannicchiarsi in un canto.  La  Reginotta passa oltre nella terza stanza. Ed ecco il leone,
di esse, le sbrana e se le divora. E lei passa oltre. Vede  la  fontana, e vi si tuffa dentro con tutte le vesti. Si sentì
Oh, che bellezza! Oh, che bellezza! Se fosse sangue reale,  la  prenderei per moglie. Il Re, che voleva bene al figliuolo
dovrà farmi tre regali. - Che regali dovrebbe fare? -  La  cresta del gallo d'oro, la pelle del re Moro, il pesce
- Che regali dovrebbe fare? - La cresta del gallo d'oro,  la  pelle del re Moro, il pesce senza fiele. Gli do tempo tre
fu tutt'una. E tornò trionfante. - Va bene - disse  la  Reginotta. - Mettetelo lì. Aspetto la pelle del re Moro. Il
- Va bene - disse la Reginotta. - Mettetelo lì. Aspetto  la  pelle del re Moro. Il re Moro era terribile. Con lui, fin
nessun guerriero. Il Reuccio mandò a sfidarlo: ne voleva  la  pelle. - Venga a prendersela. Si combatterono colle spade,
- Son morto! Il Reuccio lo scorticò con diligenza e portò  la  pelle alla Reginotta. - Va bene: mettetela là. Aspetto il
giorno, tirò fuori un Pesciolino di meschina apparenza.  La  fortuna lo aveva aiutato: era il pesce senza fiele. - Va
aveva aiutato: era il pesce senza fiele. - Va bene - disse  la  Reginotta; - mettetelo lì. Ora si mandi dal Re mio padre.
l'ambasciatore tornò presto: - Quello dice che siamo matti.  La  sua figliuola l'ha lì, chi volesse vederla. - Dunque tu ci
lì, chi volesse vederla. - Dunque tu ci hai corbellati! E  la  misero in prigione. Le rimaneva in tasca il sonaglino.
Disperata, si diè a sonarlo furiosamente. Accorse  la  capretta. - Ah, capretta, capretta! Guarda a che sono
bene e trattienila in bocca. E intanto che masticava,  la  Reginotta ritornava bruttissima e contraffatta nella
senza che le guardie e i carcerieri se n'accorgessero, e  la  Reginotta in quattro salti andò a presentarsi ai suoi
in quattro salti andò a presentarsi ai suoi genitori. Come  la  videro, il Re e la Regina capiron subito l'inganno. E
a presentarsi ai suoi genitori. Come la videro, il Re e  la  Regina capiron subito l'inganno. E sentito il tradimento di
e quella moglie, li mandarono ad arrestare e, insieme con  la  loro figliuola, li fecero buttare in prigione. La Reginotta
con la loro figliuola, li fecero buttare in prigione.  La  Reginotta sputò fuori l'erba e ridiventò bellissima. Da che
occhi di giorno, con le dita di notte. Continuava a palpare  la  pietra, dal pavimento fin dove arrivavano le sue braccia,
e del resto non aveva altro da leggere. Era stata proprio  la  sua arte a condurlo al carcere. La corporazione era forte,
Era stata proprio la sua arte a condurlo al carcere.  La  corporazione era forte, rigida nella sua ortodossia,
riconosciuta dall' Imperatore, e il suo dettato era chiaro:  la  materia era infinitamente divisibile. La sua immagine era
era chiaro: la materia era infinitamente divisibile.  La  sua immagine era l' acqua, non la sabbia; sostenere che ci
infinitamente divisibile. La sua immagine era l' acqua, non  la  sabbia; sostenere che ci fossero quei granelli ultimi, gli
granelli ultimi, gli atomi, era eresia. Forse chi spendesse  la  vita a dividere l' acqua incontrerebbe alla fine una
Non poteva ritrattare. L' occhio della mente gli diceva che  la  materia era vacua e rada, come il cielo stellato; granelli
lo avevano murato vivo: affinché parlasse a confutarlo  la  spietata durezza e impenetrabilità della pietra; ma Memnone
e impenetrabilità della pietra; ma Memnone sapeva che  la  pietra mentiva, e sapeva che questo era il nocciolo dell'
capace di attraversare l' argilla indurita, il bronzo, e  la  pietra che lo seppelliva; e che il suo stesso corpo avrebbe
stesso corpo avrebbe potuto assottigliarsi fino a penetrare  la  pietra. Come? "Homo est quod est", l' uomo è ciò che
che solo lui ed Ecate conoscevano. Da allora, filtrò  la  broda scartandone le parti più spesse. Dopo qualche mese, o
debolezza, ma poi notò, alla luce della finestrella, che  la  sua mano si faceva sempre più diafana, finché ne distinse
anch' esse. Si accinse alla prova. Puntò un dito contro  la  pietra e spinse. Provò un formicolio, e vide che il dito
e vide che il dito penetrava. Era una doppia vittoria:  la  conferma della sua visione, e la porta verso la libertà.
Era una doppia vittoria: la conferma della sua visione, e  la  porta verso la libertà. Attese una notte illune, poi
vittoria: la conferma della sua visione, e la porta verso  la  libertà. Attese una notte illune, poi premette le due palme
una notte illune, poi premette le due palme con tutta  la  sua forza. Entravano, anche se a stento; entrarono anche le
anche se a stento; entrarono anche le braccia. Spinse con  la  fronte, la sentì fondersi con la pietra, progredire
a stento; entrarono anche le braccia. Spinse con la fronte,  la  sentì fondersi con la pietra, progredire lentissima, e
le braccia. Spinse con la fronte, la sentì fondersi con  la  pietra, progredire lentissima, e nello stesso tempo fu
sentì i piedi staccarsi dal pavimento. Quanto era spessa  la  parete? Forse una tesa: la superficie esterna non poteva
dal pavimento. Quanto era spessa la parete? Forse una tesa:  la  superficie esterna non poteva essere lontana. S' accorse
esterna non poteva essere lontana. S' accorse presto che  la  sua destra era emersa: la sentiva muovere libera nell'
lontana. S' accorse presto che la sua destra era emersa:  la  sentiva muovere libera nell' aria, ma stentò a sciogliere
della pietra. Non poteva premere dal di fuori contro  la  parete: le mani tornavano a invischiarsi. Si sentiva come
nascondersi, subito. Camminava a stento, ma non solo per  la  debolezza e la fatica del tragitto. Bastava il peso del suo
subito. Camminava a stento, ma non solo per la debolezza e  la  fatica del tragitto. Bastava il peso del suo corpo, benché
correre, senza fermarsi mai. Fino a quando? Era questa  la  libertà? Questo il suo prezzo? Trovò Ecate. Lo aveva
meglio aspettare, per sconfiggere i suoi avversari con  la  testimonianza del fatto? La materia, anche la sua, era
i suoi avversari con la testimonianza del fatto?  La  materia, anche la sua, era penetrabile, dunque discreta,
avversari con la testimonianza del fatto? La materia, anche  la  sua, era penetrabile, dunque discreta, dunque fatta d'
lo avrebbe potuto contraddire senza contraddirsi. Prevalse  la  fame. Ecate porse cibo a Memnone giacente: spalla di
si enucleassero. Dovette aiutarlo Ecate, facendo leva con  la  punta del coltello. Meglio, per ora, latte, uova e
corpo estenuato non sopportava pressioni, tuttavia, dopo  la  lunga astinenza, si stava gonfiando di voglia. Memnone
astinenza, si stava gonfiando di voglia. Memnone attirò  la  donna nel letto, la spogliò, e come, poche ore prima, aveva
gonfiando di voglia. Memnone attirò la donna nel letto,  la  spogliò, e come, poche ore prima, aveva esplorato la pietra
letto, la spogliò, e come, poche ore prima, aveva esplorato  la  pietra del carcere, ne esplorò la pelle: era rimasta
prima, aveva esplorato la pietra del carcere, ne esplorò  la  pelle: era rimasta giovane, la sentì morbida, tesa e
del carcere, ne esplorò la pelle: era rimasta giovane,  la  sentì morbida, tesa e profumata. Abbracciò la donna,
giovane, la sentì morbida, tesa e profumata. Abbracciò  la  donna, allegro di quel vigore ridestato: era un effetto
non vinto. Travolto dal desiderio, aveva dimenticato  la  sua nuova condizione. Strinse a sé la donna, e sentì il
aveva dimenticato la sua nuova condizione. Strinse a sé  la  donna, e sentì il proprio confine diluirsi nel suo, le due
Ecate, troppo più forti delle sue, si rinserrarono. Riprovò  la  vertigine che lo aveva invaso mentre migrava attraverso la
la vertigine che lo aveva invaso mentre migrava attraverso  la  pietra: non più fastidiosa adesso, ma deliziosa e mortale.
non più fastidiosa adesso, ma deliziosa e mortale. Trascinò  la  donna con sé nella notte perpetua dell' impossibile.
- Ne dubito. Ho l'anima percossa da sinistri presentimenti.  La  lettera dello sfortunato Malthus ha scosso la mia fede ...
La lettera dello sfortunato Malthus ha scosso  la  mia fede ... Temo che ogni sforzo della scienza per
le sorti dell'umanità sia opera vana. Forse provvederà  la  ... natura. I due primati si separarano, e ciascuno prese
... natura. I due primati si separarano, e ciascuno prese  la  sua via negli spazii dell'aria.
che una gallina piccina piccina, che le teneva compagnia.  La  gallina faceva certe ovina piccine come ceci, ma con una
ceci, ma con una frittatina fatta con una di quelle ovina,  la  vecchina si sfamava. Un giorno la frittatina era pronta,
con una di quelle ovina, la vecchina si sfamava. Un giorno  la  frittatina era pronta, fu- mante, sulla tavola, quando
le parti, poi si fermò sull'orlo del piatto, prese in bocca  la  frittatina e volò via. La vecchina rimase brutta, più
del piatto, prese in bocca la frittatina e volò via.  La  vecchina rimase brutta, più brutta del solito, e per quel
pensò di farsi un panettino. Ci diventò rossa a lavorare  la  pasta,a scaldare il forno; ma quando il panettino fu sulla
il moscone dalle ali d'oro che se lo prese, e volò via.  La  vecchina, che aveva visto il mo- scone col panettino in
in bocca, piangeva da intenerire i sassi, ma nessuno  la  sentiva su quel monte alto e deserto. Soltanto la sua
nessuno la sentiva su quel monte alto e deserto. Soltanto  la  sua gallina la compativa e faceva: coccodè! coc- codè! La
su quel monte alto e deserto. Soltanto la sua gallina  la  compativa e faceva: coccodè! coc- codè! La vecchina,
la sua gallina la compativa e faceva: coccodè! coc- codè!  La  vecchina, allora, non sapendo come sfamarsi, prese alcuni
pappina con l'olio. Ma quando stava per mettersi in bocca  la  prima cucchiaiata, capitò il solito moscone e portò via la
la prima cucchiaiata, capitò il solito moscone e portò via  la  pappa con la sco- della e tutto. La vecchina si mise a
capitò il solito moscone e portò via la pappa con  la  sco- della e tutto. La vecchina si mise a piangere ed a
moscone e portò via la pappa con la sco- della e tutto.  La  vecchina si mise a piangere ed a strapparsi i capelli. -
e una vocina che diceva: - Apritemi per carità! -  La  vecchina, che da anni e anni non sentiva più una voce
una bambinuccia pic- cina piccina. - Chi sei? - le domandò  la  vec- china. - Sono Miserina. - E che cosa vieni a fare
- Sono venuta a cercare l'erba me- ravigliosa per guarire  la  mia mamma, che spasima in un fondo di letto.. - O chi ti
mamma, che spasima in un fondo di letto.. - O chi ti indicò  la  strada fra que- sti sassi? - Il moscone dalle ali d'oro,
il moscone va in giro e mi porta sempre da mangiare. -  La  vecchina fremeva; le ballava la scuffia, le tremava la
porta sempre da mangiare. - La vecchina fremeva; le ballava  la  scuffia, le tremava la bazza. - Il tuo moscone dalle ali
- La vecchina fremeva; le ballava la scuffia, le tremava  la  bazza. - Il tuo moscone dalle ali d'oro è un ladro! - Come
mia, e tutte e tre le volte mi ha rubato il de- sinare.  La  bimba si turbò. - Non credevo che il moscone dalle ali
facesse certe cose per darmi da mangiare. Non aprirò più  la  mela.... Ma sa- preste indicarmi dove potrei trovare l'erba
indicarmi dove potrei trovare l'erba meravigliosa per  la  mamma, che è amma- lata? - La vecchina esitó. Sai che
l'erba meravigliosa per la mamma, che è amma- lata? -  La  vecchina esitó. Sai che l'erba meravigliosa non si lascia
tre prove. - Le farò, - rispose Miserina - pur di guarire  la  mia mamma. - La prima prova è di andare di notte a prender
farò, - rispose Miserina - pur di guarire la mia mamma. -  La  prima prova è di andare di notte a prender la chiave della
mia mamma. - La prima prova è di andare di notte a prender  la  chiave della grotta dove cresce l'erba meravigliosa, nel
- ci andrò stanotte e mi farò guidare dal mo- scone. -  La  notte, infatti, Miserina partì e dette la via al moscone
dal mo- scone. - La notte, infatti, Miserina partì e dette  la  via al moscone dalle ali d'oro. Quelle ali, al buio,
lupo. Miserina capì che doveva met- tergli una mano sotto  la  pancia per pi- gliare la chiave. Vi potete figurare se
doveva met- tergli una mano sotto la pancia per pi- gliare  la  chiave. Vi potete figurare se quella piccinuccia tremasse!
un piccolo movimento, ma non si svegliò, e Miserina, con  la  sua brava chiave in mano, rifece la strada, e quando fu
e Miserina, con la sua brava chiave in mano, rifece  la  strada, e quando fu all'imboccatura della tana mandò un
della tana mandò un gran sospiro. Il moscone  la  ricondusse dalla vec- china alla quale Miserina raccontò
alla quale Miserina raccontò tutto. - Stanotte, - le disse  la  vecchina - devi metterti in cammino ben provvista, perché
- devi metterti in cammino ben provvista, perché dietro  la  porta della grotta dove cresce l'erba meravigliosa, c'è un
e ne facessi delle schiacciate per buttarle al drago?... -  La  vecchina le disse che facesse pure, e Miserina stette tutto
gliere canestre di ghiande, a cuocerle e ad impastarle.  La  sera non ne poteva più, ma aveva fatto due schiacciatone da
da sfamare dieci draghi. E anche quella sera dette  la  via al moscone e si avviò dietro a lui. Il moscone dalle
moscone e si avviò dietro a lui. Il moscone dalle ali d'oro  la  menò in riva a un lago e si fermò all'imboccatura di una
e si fermò all'imboccatura di una grotta. Miserina mise  la  chiave nella serratura e aprì. - Che vuoi? - domandò una
- Sono Miserina, e vengo a prender l'erba meravigliosa per  la  mamma malata. - Allora non porti altro che miseria, e te ne
e roba buona. - Il drago guardó subito se Miserina di- ceva  la  verità. Le schiacciate gli fecero gola e la lasciò passare,
di- ceva la verità. Le schiacciate gli fecero gola e  la  lasciò passare, ma l’avvertì che se gli pestava una
dove mettere i piedini per arrivare in fondo, dove c'era  la  fontana presso la quale cre- sceva l'erba meravigliosa.
piedini per arrivare in fondo, dove c'era la fontana presso  la  quale cre- sceva l'erba meravigliosa. Finalmente potè
ma il drago, che aveva divorate le schiacciate, non  la  vo- leva lasciare andare se non le prometteva di tornar la
la vo- leva lasciare andare se non le prometteva di tornar  la  sera dopo da lui con altre due schiacciate. Miserina glielo
Miserina glielo promise. Bada bene, se non mantieni  la  pro- messa, io non t'insegno dov'è la fontana della Salute,
bene, se non mantieni la pro- messa, io non t'insegno dov'è  la  fontana della Salute, nella quale bisogna tuffare 1'erba
le ghiande, cuocerle, impastarle, stanca come era?  La  vecchina la consolò. - Prova: se ne vedon tanti dei mi-
ghiande, cuocerle, impastarle, stanca come era? La vecchina  la  consolò. - Prova: se ne vedon tanti dei mi- racoli. -
il drago e andò alla fontana. Questa volta non aprì neppur  la  mela di legno dov’era il moscone, perché la strada la
non aprì neppur la mela di legno dov’era il moscone, perché  la  strada la sapeva da sè, e in poco tempo tornò gloriosa e
la mela di legno dov’era il moscone, perché la strada  la  sapeva da sè, e in poco tempo tornò gloriosa e trionfante
dalla vecchina col ramo in mano, gocciolante d'acqua.  La  vecchina l’abbracciò e le dette una spilla d'oro, dicendole
quando aveva bisogno di lei bastava che ficcasse in terra  la  spilla e le sarebbe apparsa. Miserina dette la via al
in terra la spilla e le sarebbe apparsa. Miserina dette  la  via al moscone, per- ché le insegnasse la strada più corta,
Miserina dette la via al moscone, per- ché le insegnasse  la  strada più corta, e tra- versando la valle degli
per- ché le insegnasse la strada più corta, e tra- versando  la  valle degli Incantesimi tornò dalla sua mamma. Ella stava
il ramo del- l’erba meravigliosa, si riebbe, abbracciò  la  bimba, si fece raccontare quel che aveva fatto per
dalla consola- zione. Miserina campò felice e contenta con  la  sua mamma, e non ebbe mai bisogno di ficcar lo spillo d'oro
bisogno di ficcar lo spillo d'oro in terra per chia- mare  la  vecchina. E il moscone dalle ali d'oro? È rimasto nella
simi ad aspettare un'altra bambina affet- tuosa per  la  mamma sua, come Miserina.
levatosi, secondo il solito alle sette albe, metteva  la  casa a rumore. Aveva tirato pei piedi la servotta che
albe, metteva la casa a rumore. Aveva tirato pei piedi  la  servotta che dormiva, nello stanzino accanto alla cucina,
cima alla scala, aveva dato una voce al ragazzo coricato su  la  ticchiena della stalla: - Dà l'orzo alla mula e cava
Non ti son parse sufficienti dieci ore di sonno? - Prèsia,  la  servotta, si stirava tutta, sbadigliava, niente persuasa
fare. - Non lo sai? Sangue di ... ! Volete farmi disperare!  La  semente del grano dovrò andare a buttarla al diavolo forse
donna Carmela. Don Michele stette zitto, aggirandosi per  la  camera, brontolando parole mozze, scostando una sedia,
sedia, appendendo una chiave al suo chiodo, stizzito che  la  semente fosse all'ordine e cosí gli mancasse un pretesto di
serviva per lui solo, don Michele scendeva giú in istalla.  La  mula non voleva bere; e il ragazzo, sapendo che le mani e
gli lasciavano il segno per un paio di giorni quando  la  mula non voleva bere, s'era messo a piangere: - Sono io
forse che le dico di non bere? ... Ehíi! ... Ehíi! ... - E  la  stimolava col fischio. La mula annusava l'acqua
bere? ... Ehíi! ... Ehíi! ... - E la stimolava col fischio.  La  mula annusava l'acqua svogliatamente, agitando le orecchie
le orecchie stracche stracche; e intingendo nel catino  la  punta delle labbra, scuoteva la testa, sbuffava, faceva
e intingendo nel catino la punta delle labbra, scuoteva  la  testa, sbuffava, faceva versacci col muso all'aria,
Don Michele diè una pedata al ragazzo e gli strappò di mano  la  fune della cavezza. - T'ingegni, eh? di farmi patire
avrò scorticato vivo con le mie proprie mani! E accarezzava  la  mula, palpandole la pancia, accomodandole il ciuffo sulla
con le mie proprie mani! E accarezzava la mula, palpandole  la  pancia, accomodandole il ciuffo sulla fronte, passandole la
la pancia, accomodandole il ciuffo sulla fronte, passandole  la  mano sulla schiena. - Che hai, bella bellina? Perché non
bellina? Perché non vuoi bere? Ehíi! Ehíi, bella! - Ma  la  mula si tirava indietro, sorda alle carezze e al fischio
e a invocare nello stesso tempo, le anime del Purgatorio,  la  Madonna e sant'Alòi protettore dei cavalli, degli asini e
con le mani ciondoloni e le gambe larghe, guardava  la  mula che, attaccata alla mangiatoia, nemmeno fiutava l'orzo
che, attaccata alla mangiatoia, nemmeno fiutava l'orzo o  la  paglia, e voltava la testa verso di lui, quasi domandasse
mangiatoia, nemmeno fiutava l'orzo o la paglia, e voltava  la  testa verso di lui, quasi domandasse aiuto, poverina, con
quegli occhi dolenti. - Quarant'onze di mula! Un tegolo su  la  testa! Quest'anno, dovrò chieder l'elemosina con una canna
si voltò come un arrabbiato: - Che avete? - Niente, forse  la  febbre. Badate alla mula -. La povera donna non poteva star
- Che avete? - Niente, forse la febbre. Badate alla mula -.  La  povera donna non poteva star ritta e si appoggiava al muro,
aveva appena trent'anni. Don Michele continuava a guardare  la  mula, quasi avesse voluto risanarla con gli occhi e col
moglie disse soltanto - Cercate d'ammalarvi pure voi! Cosí  la  festa sarà completa -. Donna Carmela, che aveva fatto il
don Michele, potete disporvi a far conciare questo cuoio;  la  mula è ita! Don Michele tornava a prendersela coi santi e
è ita! Don Michele tornava a prendersela coi santi e con  la  Madonna, e non si accorgeva della moglie che tremava in un
come una moribonda. - Ah, Signore, Signore! Sia fatta  la  vostra santa volontà! - Eran dodici anni che la poveretta
Sia fatta la vostra santa volontà! - Eran dodici anni che  la  poveretta faceva, a quel modo, la santa volontà di Dio;
- Eran dodici anni che la poveretta faceva, a quel modo,  la  santa volontà di Dio; senza un giorno lieto e tranquillo,
che non aveva mai avuto una buona parola per lei, e che  la  teneva quasi senza scarpe ai piedi, quantunque ella gli
gli avesse portato piú di ottocent'onze di dote! E tutta  la  giornata stette là e in cucina a preparare beveroni di
insieme con Prèsia, o a fare suffumigi di nepitella sotto  la  froge della mula, mentre don Michele, tenendola per la
la froge della mula, mentre don Michele, tenendola per  la  cavezza accanto alla mangiatoia, le parlava come a una
accanto alla mangiatoia, le parlava come a una cristiana; e  la  mula alzava la testa e lo guardava quasi capisse quei
le parlava come a una cristiana; e la mula alzava  la  testa e lo guardava quasi capisse quei discorsi. La povera
alzava la testa e lo guardava quasi capisse quei discorsi.  La  povera donna si sentiva rotte schiena e gambe dal salire e
potuto mettere fra i denti neanco uno spicchio di fava;  la  bocca dello stomaco le si era serrata. Quell'odor di
le si era serrata. Quell'odor di nepitella che invadeva  la  casa le dava nausea; e don Michele inoltre, mangiando,
se pure sant'Alòi lo benedice -. Di chiamare il medico per  la  moglie non se ne discorreva neppure. Anzi, in quegli otto
replicato piú volte: - Cercate di ammalarvi anche voi; cosí  la  festa sarà completa! - E la voce pareva minacciasse. Per
di ammalarvi anche voi; cosí la festa sarà completa! - E  la  voce pareva minacciasse. Per non fargli fare altri peccati,
puzzo di setone e di nepitella che le mozzava il fiato. E  la  notte, appena don Michele, che dormiva vestito, si levava
che dormiva vestito, si levava per visitare e assistere  la  povera bestia, ella gli andava dietro, mezza discinta; e
al muro per non cadere, tanto stentava a reggersi in piedi.  La  mattina che non ebbe piú forza di levarsi, don Michele
mia rovina! Siete sempre stata una buona a niente e per ciò  la  casa è al tracollo! E Cristo, di lassú, vede la mula e non
e per ciò la casa è al tracollo! E Cristo, di lassú, vede  la  mula e non vede voi, non vede! - State zitto - gli disse la
la mula e non vede voi, non vede! - State zitto - gli disse  la  poveretta. - Questa volta il Signore vi ascolterà! - Don
- Don Michele fece un'alzata di spalla e andò presso  la  mula, ch'era diventata uno scheletro e si strascinava tra
mula, ch'era diventata uno scheletro e si strascinava tra  la  vita e la morte. Quarant'onze di mula! E ora nessuno
diventata uno scheletro e si strascinava tra la vita e  la  morte. Quarant'onze di mula! E ora nessuno l'avrebbe pagata
di venire a dirgli che mentre lui si confondeva con  la  mula, la povera signora moriva, don Michele rispose: - Va a
venire a dirgli che mentre lui si confondeva con la mula,  la  povera signora moriva, don Michele rispose: - Va a farti
moriva, don Michele rispose: - Va a farti friggere tu e  la  tua signora! Prèsia insistette: - Se passa don Antonio, gli
dirò di salire. - Zitta! - E fece atto di volerle dare con  la  fune della cavezza. Prèsia alzò la voce: - Già la povera
atto di volerle dare con la fune della cavezza. Prèsia alzò  la  voce: - Già la povera signora morrà prima della mula; e voi
dare con la fune della cavezza. Prèsia alzò la voce: - Già  la  povera signora morrà prima della mula; e voi l'avrete su la
la povera signora morrà prima della mula; e voi l'avrete su  la  coscienza! Neppure una cagna si lascia in abbandono a
vita! Per questo ora Dio non vi aiuta! - Zitta!!! -  La  mula morrà; il Signore è giusto! Ma voi meritereste anche
le viste di non sentirla, e col capo della fune strofinava  la  fronte della mula che teneva giú la testa e pareva volesse
della fune strofinava la fronte della mula che teneva giú  la  testa e pareva volesse baciare la terra. Quando la gna'
della mula che teneva giú la testa e pareva volesse baciare  la  terra. Quando la gna' Rosa, una vicina, venne a dirgli: -
giú la testa e pareva volesse baciare la terra. Quando  la  gna' Rosa, una vicina, venne a dirgli: - C'è il dottore -
rovesciar giú dal cielo angioli, santi, serafini, e Gesú e  la  Madonna ... - Anima dannata! - La gna Rosa scappò via,
santi, serafini, e Gesú e la Madonna ... - Anima dannata! -  La  gna Rosa scappò via, facendosi il segno della santa croce:
il segno della santa croce: - È proprio miracolo, se  la  casa non subissa dalle fondamenta! - Don Michele trovò don
già scritto qualcosa su d'un pezzettino di carta. - Ma è  la  prima mattina ch'ella resta a letto! - E non sapeva
della sedia e il capo fra le mani. - Non c'è figliuoli, e  la  roba torna alla parentela - dicevano tra loro le comari del
penare dodici anni quella santa creatura. Finalmente, se  la  leva di torno! - La povera donna era stesa sul letto, col
quella santa creatura. Finalmente, se la leva di torno! -  La  povera donna era stesa sul letto, col capo affondato nei
gli occhi infossati, il naso filigginoso e un affanno che  la  faceva smaniare. Appena il viatico andò via, ella fe' cenno
bene? Ora rimango in mezzo a una strada; devo rendere  la  dote. E se muore anche la mula, è meglio impiccarmi! Ci ho
mezzo a una strada; devo rendere la dote. E se muore anche  la  mula, è meglio impiccarmi! Ci ho già pensato. Faccio un
a una trave del tetto. - Scellerato! Ne sareste capace! -  La  poveretta lo rimproverava dolcemente, guardandolo con occhi
di perdono. Ma colui continuava, e le lagrime gli lavavano  la  faccia: - Sí, sí! Se accade la disgrazia, com'è vero che
e le lagrime gli lavavano la faccia: - Sí, sí! Se accade  la  disgrazia, com'è vero che c'è Dio, subito m'impicco! ... Ma
disgrazia, com'è vero che c'è Dio, subito m'impicco! ... Ma  la  bella Madre dei malati farà il miracolo! ... Se no, prima
... Se no, prima che i vostri parenti vengano a spogliarmi  la  casa per riprendere la dote, un nodo scorsoio alla fune
vostri parenti vengano a spogliarmi la casa per riprendere  la  dote, un nodo scorsoio alla fune della cavezza ... Cosí
a stento una mano. Don Michele pareva volesse sbattere  la  testa ai muri dalla desolazione. Allora donna Carmela,
e scarmigliata, si asciugava gli occhi col grembiule,  la  chiamò e le disse una parola che dovette replicare perché
sentendo dalla sua stessa bocca ch'ella voleva lasciare  la  propria roba al marito, con l'obbligo di quattro messe nei
a tanto strazio, era andato giú in istalla; e accarezzava  la  mula, e le lavava le froge con acqua di nepitella. - Se non
di stenti; chi se ne cura? Povera bestia! Lo sai che ora  la  padrona non scenderà piú a portarti con le sue mani la
ora la padrona non scenderà piú a portarti con le sue mani  la  misurina dell'orzo? La mula, per l'acqua di nepitella che
piú a portarti con le sue mani la misurina dell'orzo?  La  mula, per l'acqua di nepitella che le entrava nelle narici,
l'acqua di nepitella che le entrava nelle narici, scuoteva  la  testa e pareva rispondesse che piú non le importava di
istalla, sedeva da piè del letto, con le braccia in croce e  la  testa bassa, tutto compunto; e sua moglie non migliorava né
non migliorava né peggiorava, sempre con quell'affanno che  la  faceva smaniare. - Se la bella Madre dei malati non vuol
sempre con quell'affanno che la faceva smaniare. - Se  la  bella Madre dei malati non vuol farle il miracolo, perché
bella Madre dei malati non vuol farle il miracolo, perché  la  lascia qui, a penare, questa santa creatura? È uno strazio!
strazio! Dovrebbe portarsela in paradiso. - Già! Ora che  la  signora ha fatto testamento, la Madonna dovrebbe portarsela
in paradiso. - Già! Ora che la signora ha fatto testamento,  la  Madonna dovrebbe portarsela in paradiso -. E Prèsia andò a
stare a sentirle; ribolliva tutta dentro, e si mordeva  la  lingua che non sapeva piú tenere in freno. Il dottore
cosí lo zi' Decu, che una mattina disse chiaro e tondo che  la  mula non sarebbe arrivata fino a sera: - Mandatela a
dava pace: - Quarant'onze di mula! ... Ah, in casa mia c'è  la  maledizione di Dio! Voglio farla ribenedire da cima a
e ha avuto tutti i sacramenti della chiesa, costei campa! E  la  mula che pareva dovesse guarire, se la mangeranno i cani
costei campa! E la mula che pareva dovesse guarire, se  la  mangeranno i cani dietro il Castello! Ah, c'è qualcuno
tre figliuole: le due maggiori eran superbe e cattive,  la  minore, invece, era la più bella e buona creatura che ci
due maggiori eran superbe e cattive, la minore, invece, era  la  più bella e buona creatura che ci fosse al mondo. Non
creatura che ci fosse al mondo. Non soltanto il padre e  la  madre anda- vano orgogliosi di lei, ma anche tutti i sud-
avrebbero sposato. - Io non sposerò se non un Re, - disse  la  maggiore. - E io almeno almeno un Granduca, - disse la
la maggiore. - E io almeno almeno un Granduca, - disse  la  secondogenita. - Come siete ambiziose! - osservò la minore
- disse la secondogenita. - Come siete ambiziose! - osservò  la  minore ridendo. - Io mi contenterei anche del Bue Rosso di
- Io mi contenterei anche del Bue Rosso di Narroway. -  La  mattina dopo, essa non pensava già più a quel che aveva
dopo, essa non pensava già più a quel che aveva detto  la  sera prima; se ne dicon tante delle cose senza riflettere!
alla porta di casa. Era il Bue Rosso, che veniva a prendere  la  sua sposa. Vi potete figurare come tutti al pa- lazzo si
delle bestie più orribili che vi fossero al mondo. Il Re e  la  Regina non sapevano come fare a salvar la figliuola.
al mondo. Il Re e la Regina non sapevano come fare a salvar  la  figliuola. Finalmente, pensa e ripensa, stabilirono
stabilirono d'ingannare il Bue Rosso e di mandarlo via con  la  balia, che era una vecchiona, brutta e grinzosa. Infatti,
un bosco folto, ma aiutatemi a dir folto, fece un salto, e  la  vecchia cascò per terra. Allora il Bue Rosso tornò
tornò addietro, mugghiando più forte di prima. Il Re e  la  Regina gli misero in groppa a una a una tutte le serve; e
loro furono meglio trattate della balia. Allora il Re e  la  Regina furono costretti a mettergli in groppa la figliuola
il Re e la Regina furono costretti a mettergli in groppa  la  figliuola minore. La Principessa e il Bue traversarono
furono costretti a mettergli in groppa la figliuola minore.  La  Principessa e il Bue traversarono tante e tante foreste
pagnia. Quando furono in mezzo agli ospiti del castello,  la  Principessa scòrse uno spillo conficcato nel cuoio del Bue,
glielo tolse, e tutti restarono a bocca aperta, vedendo  la  bestia spaventosa convertirsi in un gio- vane e bellissimo
e bellissimo Principe. Figuratevi un po' come fosse felice  la  Principessa ve- dendolo cadere ai suoi piedi, ringrazian-
e per quanto lo cercassero non poterono più trovarlo.  La  Principessa risolse di visitare tutto il mondo per
attraversò un bosco foltissimo, e avendo smarrita  la  via mentre annottava, essa era certa di dover morire di
abitava una vecchie- rella, che le dette cibo ed alloggio.  La  mattina la vecchierella le consegnò tre noci, dicendole che
vecchie- rella, che le dette cibo ed alloggio. La mattina  la  vecchierella le consegnò tre noci, dicendole che non le
non si sentiva schiantare il cuore dal dolore. Le insegnò  la  strada e la mandò in pace con Dio, e la Principessa riprese
schiantare il cuore dal dolore. Le insegnò la strada e  la  mandò in pace con Dio, e la Principessa riprese il faticoso
dolore. Le insegnò la strada e la mandò in pace con Dio, e  la  Principessa riprese il faticoso viaggio. Non aveva fatto
e di belle cose per lo sposalizio del Duca. Finalmente  la  bella Principessa giunse in vista di un castello che non
dame, cavalieri, paggi e valletti. Potete essere sicuri che  la  Principessa a quella vista si sentì schiantare il cuore dal
ne scappò fuori una vecchina piccina pic- cina, che cardava  la  lana. La Principessa andò subito al castello e chiese di
fuori una vecchina piccina pic- cina, che cardava la lana.  La  Principessa andò subito al castello e chiese di vedere la
La Principessa andò subito al castello e chiese di vedere  la  signora, la quale, appena scòrse la don- nina, piccina
andò subito al castello e chiese di vedere la signora,  la  quale, appena scòrse la don- nina, piccina piccina, che
e chiese di vedere la signora, la quale, appena scòrse  la  don- nina, piccina piccina, che cardava senza fermarsi mai,
don- nina, piccina piccina, che cardava senza fermarsi mai,  la  chiese alla Principessa, e le offrì in cambio di scegliere
in cambio di scegliere qualche cosa nel castello. - Ve  la  darò soltanto col patto che ritardiate di un giorno il
sta- notte sulla terrazza davanti alla camera di lui. -  La  signora desiderava tanto la don- nina, che concesse alla
davanti alla camera di lui. - La signora desiderava tanto  la  don- nina, che concesse alla Principessa quanto chiedeva.
chiedeva. Quando fu buio e il Duca fu bene addormentato,  la  ragazza andò sulla terrazza, e con voce dolce e monotona
e monotona co- minciò a cantare. Cantò e ricantò tutta  la  notte, ma il Duca non si svegliò mai, e la mattina la
e ricantò tutta la notte, ma il Duca non si svegliò mai, e  la  mattina la innamorata scese desolata dalla terrazza senza
tutta la notte, ma il Duca non si svegliò mai, e la mattina  la  innamorata scese desolata dalla terrazza senza sapere se
senza sapere se era stata udita o no. Ella schiacciò  la  seconda noce dalla quale scappò fuori una donnina, piccina
quale scappò fuori una donnina, piccina piccina, che filava  la  canapa. Essa piac- que tanto alla signora che, dietro
acconsentì a protrarre di un altro giorno le nozze. Ma  la  Principessa non fu più fortu- nata la seconda notte della
giorno le nozze. Ma la Principessa non fu più fortu- nata  la  seconda notte della prima. Dispe- rata, schiacciò l’ultima
e ne uscì fuori una donnina, piccina piccina, che dipanava  la  seta. Allo stesso patto la cede alla signora. La mattina,
piccina piccina, che dipanava la seta. Allo stesso patto  la  cede alla signora. La mattina, allorchè il Duca si ve-
dipanava la seta. Allo stesso patto la cede alla signora.  La  mattina, allorchè il Duca si ve- stiva, il servo gli
di seguito. - Il Duca si coricò, fece finta di dor- mire, e  la  Principessa, entrando nella ter- razza, si mise a cantare
che mai, pensando che era l'ultima volta che tentava  la  prova. Il Duca udendo la voce della bella e cara
che era l'ultima volta che tentava la prova. Il Duca udendo  la  voce della bella e cara Principessa, si alzò. Corse subito
una maga, i cui incantesimi sarebbero cessati soltanto dopo  la  loro unione. La Principessa, felicissima di poterlo
incantesimi sarebbero cessati soltanto dopo la loro unione.  La  Principessa, felicissima di poterlo liberare, acconsentì a
felicissima di poterlo liberare, acconsentì a sposarlo, e  la  maga fuggì dal paese spaventata dalla collera del Duca, e
aveva paura di morire prima di aver trovato pel suo Reuccio  la  più bella, la più ricca, la più buona Reginotta del mondo.
morire prima di aver trovato pel suo Reuccio la più bella,  la  più ricca, la più buona Reginotta del mondo. La Regina gli
di aver trovato pel suo Reuccio la più bella, la più ricca,  la  più buona Reginotta del mondo. La Regina gli diceva: - La
più bella, la più ricca, la più buona Reginotta del mondo.  La  Regina gli diceva: - La più buona, sì; è l'importante. Ma
la più buona Reginotta del mondo. La Regina gli diceva: -  La  più buona, sì; è l'importante. Ma ... - Ma che cosa? - Non
... - Ma che cosa? - Non vorrebbe dir niente se non fosse  la  più bella; la bellezza dura poco. E poi ... - E poi che
cosa? - Non vorrebbe dir niente se non fosse la più bella;  la  bellezza dura poco. E poi ... - E poi che cosa? - Non
contento di quel che gli era stato rivelato. Quantunque  la  Regina avesse detto: - Non voglio saper niente! - nel suo
saper niente! - nel suo interno si struggeva di conoscere  la  risposta del Mago. Il Re, dall'altro canto, era smanioso di
Mago. Il Re, dall'altro canto, era smanioso di parteciparle  la  triste notizia, per avere almeno una persona con cui
per avere almeno una persona con cui sfogarsi a lamentare  la  cattiva sorte del Reuccio. Ma nessuno dei due voleva essere
Ma nessuno dei due voleva essere il primo a disdirsi.  La  Regina, a un gesto equivoco del Re, si affrettava a
dirvi qualcosa? - rispondeva il Re impermalito. Un giorno,  la  Regina disse al Re: - Maestà, voi avete una gran voglia di
Re: - Maestà, voi avete una gran voglia di farmi conoscere  la  risposta del Mago. - Io? - rispose il Re. - Maestà, voi
muore! - Dice il Gran Mago - replicò il Re alzando  la  voce - che il Reuccio sposerà una cagnetta zoppa! Zoppa,
Avevan finito, come sempre, con scambiarsi insolenze.  La  Regina, piccosa, andò a trovare il Gran Mago, e per
chiaro: non capisco. - Non è colpa mia, se non capite!  La  Regina tornò, mortificatissima, al palazzo reale. Il Re
il Consiglio della Corona. - Maestà, mandiamo a chiedere  la  Reginotta di Spagna? Fu interrogato il Reuccio: - Reuccio,
di Spagna? Fu interrogato il Reuccio: - Reuccio, sposereste  la  Reginotta di Spagna? - È nera come il pepe e gobbina per
Si accostò, e dai solchi delle ruote sul terreno, capì che  la  povera cagnetta era stata travolta sotto le ruote di un
di un carro e ne aveva avuto stritolata una zampa. Perciò  la  poverina guaiva, guaiva! Pareva che chiedesse aiuto.
guaiva! Pareva che chiedesse aiuto. Impietosito il Reuccio  la  raccolse, l'affidò a uno del suo seguito, e tornò indietro
a uno del suo seguito, e tornò indietro per medicarla.  La  cagnetta guardava con certi occhi pieni di gratitudine,
mentre il Reuccio le avvolgeva con empiastri e bambagia  la  zampa e gliela fasciava strettamente. Poi, accarezzandola,
fasciava strettamente. Poi, accarezzandola, lisciandole  la  testina, egli la coricava colle sue mani in un morbido
Poi, accarezzandola, lisciandole la testina, egli  la  coricava colle sue mani in un morbido giaciglio e le
colle sue mani in un morbido giaciglio e le rivolgeva  la  parola, quasi la cagnetta fosse capace d'intenderlo: - Sta
in un morbido giaciglio e le rivolgeva la parola, quasi  la  cagnetta fosse capace d'intenderlo: - Sta tranquilla, non
dalla Regina: - Avete visto, Maestà? Già abbiamo in casa  la  cagnetta zoppa! Il Reuccio le sta attorno per curarla; non
sposare quella cagnetta zoppa? - Tutto è possibile, Maestà.  La  follia umana non ha confini! - Ci vuol poco a sbarazzarsi
giardino, vicino alla vasca, lo stesso Re prese pel collo  la  cagnetta, la buttò nell'acqua. In quel momento, nei viali
alla vasca, lo stesso Re prese pel collo la cagnetta,  la  buttò nell'acqua. In quel momento, nei viali non c'era
nell'acqua. In quel momento, nei viali non c'era nessuno.  La  cagnetta si dibatteva per nuotare, non ostante la zampa
nessuno. La cagnetta si dibatteva per nuotare, non ostante  la  zampa ancora fasciata; abbaiava, guaiva, ma le ondate la
la zampa ancora fasciata; abbaiava, guaiva, ma le ondate  la  ributtavano indietro dalla sponda. I suoi guaiti divenivano
buttarsi vestito, nella vasca, fu tutt'uno. Sollevò in alto  la  cagnetta estenuata, e la posò su l'erba, in pieno sole. Tre
fu tutt'uno. Sollevò in alto la cagnetta estenuata, e  la  posò su l'erba, in pieno sole. Tre quarti d'ora dopo, essa
dal dispetto apprendendo che il Reuccio aveva salvato  la  cagnetta; e corse dalla Regina: - Maestà! Abbiamo
e corse dalla Regina: - Maestà! Abbiamo nuovamente  la  zoppetta in casa! Il Gran Mago non si è ingannato! - Ma
che il Reuccio vorrà sposarla? - Tutto è possibile, Maestà!  La  follia umana non ha confini! - E allora io farei ... così e
una delle guardie del palazzo reale, le ordinò: - Pena  la  testa, porterai con te, in fondo al bosco, questa cagnetta,
con te, in fondo al bosco, questa cagnetta, l'ammazzerai e  la  seppellirai sotto un albero. Nessuno dovrà saperne mai
albero. Nessuno dovrà saperne mai niente. - L'ammazzerò e  la  seppellirò sotto un albero. Nessuno ne saprà mai niente! Il
atterrito dall'idea di non giungere in tempo a salvare  la  persona in pericolo. Tutto ad un tratto, nel centro di una
davanti alla guardia reale che teneva afferrata pel collo  la  cagnetta e impugnava con l'altra mano la spada sguainata.
pel collo la cagnetta e impugnava con l'altra mano  la  spada sguainata. La faccia della guardia era sconvolta. Il
cagnetta e impugnava con l'altra mano la spada sguainata.  La  faccia della guardia era sconvolta. Il braccio che
della guardia era sconvolta. Il braccio che impugnava  la  spada le si era irrigidito in alto: non poteva colpire. -
Ferma! - gridò il Reuccio. Non occorreva. Gli tolse di mano  la  cagnetta che cominciò ad abbaiare, a saltare dalla
a saltare dalla contentezza, a dimenare allegramente  la  coda; mentre la guardia balbettava: - Ordine di Sua Maestà!
dalla contentezza, a dimenare allegramente la coda; mentre  la  guardia balbettava: - Ordine di Sua Maestà! Dovevo
- Sarà fatto, Reuccio! E, appena pronunciate queste parole,  la  rigidezza del braccio sparì. Il Reuccio andò a trovare un
presentare quel mazzolino alla Reginotta. - Ma qui non c'è  la  Reginotta! - C'è! C'è! - Qui c'è il Reuccio: eccolo. -
Ogni mattina alla stessa ora, il Reuccio trovava al portone  la  bambina scalza e cenciosa, con un mazzolino di violette in
cenciosa, con un mazzolino di violette in mano. - Sono per  la  Reginotta. - Grazie! - e le regalava due soldi. Quei
lo sai che qui non c'è Reginotta? - C'è! C'è! - rispondeva  la  bambina. Neppure questo era naturale. Si decise anche lui
Dunque non si era ingannato! Quella cagnetta zoppa era  la  sua Reginetta! Per togliere il maleficio buttatole addosso
di re Corvo, occorrevano dieci stille del sangue di lui.  La  moglie di re Corvo voleva far sposare la Reginotta con suo
del sangue di lui. La moglie di re Corvo voleva far sposare  la  Reginotta con suo figlio, il reuccio Corvino, nero come il
e che si nutriva di carogne. Per vendicarsi del rifiuto,  la  moglie di re Corvo, una potentissima Strega, aveva
una potentissima Strega, aveva trasformato in cagnetta  la  bella figliola del Re di Portogallo, e più non se n'era
aveva domandato al Gran Mago il Reuccio. - Quanto il sole e  la  luna. - È buona? - Più del pane. Non domandate se è ricca,
le dieci gocce di sangue occorrenti a disfare il maleficio.  La  sfida era pericolosa; ma il Reuccio l'affrontava con gran
egli si esercitava al bersaglio con l'arco. Il Re e  la  Regina erano contenti di non sentirgli neppur nominare la
e la Regina erano contenti di non sentirgli neppur nominare  la  cagnetta zoppa e di vederlo distratto in quel modo. Ma la
la cagnetta zoppa e di vederlo distratto in quel modo. Ma  la  mattina che il Reuccio, armato di tutto punto, con arco e
annunziare che andava a combattere contro re Corvo, il Re e  la  Regina allibirono. - Non andate, Reuccio! re Corvo è
Quel giorno re Corvo aleggiava, quasi per minaccia, sopra  la  casa rustica del contadino che aveva in consegna la
sopra la casa rustica del contadino che aveva in consegna  la  cagnetta. Crà! Crà! Crà! - La cagnetta, impaurita, si era
che aveva in consegna la cagnetta. Crà! Crà! Crà! -  La  cagnetta, impaurita, si era rincantucciata vicino al
nell'aria, tanto stava fermo, molto in alto, sopra  la  casetta del vecchio contadino. Arriva il Reuccio, incocca
Arriva il Reuccio, incocca l'arco e lascia scappare  la  prima freccia. - Crà! Crà! Crà! - Re Corvo non si mosse. La
la prima freccia. - Crà! Crà! Crà! - Re Corvo non si mosse.  La  freccia era passata, senza ferirlo, tra le penne di un'ala.
di un'ala. Il Reuccio tornò ad incoccare l'arco e, presa  la  mira, lasciò scappare il secondo colpo! Re Corvo non si
Crà! - Quasi dicesse: - Sei giovane! Mi fai compassione! -  La  freccia era passata, senza ferirlo, tra le penne della
ferirlo, tra le penne della coda. Il Reuccio incoccò per  la  terza volta l'arco. E anche questa volta la freccia passò,
incoccò per la terza volta l'arco. E anche questa volta  la  freccia passò, inoffensiva, tra le penne dell'altra ala di
Il Reuccio, imperterrito, fu più lesto di lui. Prese  la  mira, e la freccia andò a piantarsi, diritta, nel centro
imperterrito, fu più lesto di lui. Prese la mira, e  la  freccia andò a piantarsi, diritta, nel centro del cuore del
a stille dalla ferita da cui il Reuccio aveva strappato  la  freccia. Egli lo raccolse in una boccettina di oro. Senza
le ali e le zampe, corse a prendere in braccio  la  cagnetta, e baciandola e accarezzandola la portò dal Gran
in braccio la cagnetta, e baciandola e accarezzandola  la  portò dal Gran Mago. Il Re e la Regina, intanto, erano in
baciandola e accarezzandola la portò dal Gran Mago. Il Re e  la  Regina, intanto, erano in angoscia per la sorte toccata al
Mago. Il Re e la Regina, intanto, erano in angoscia per  la  sorte toccata al Reuccio; non sapevano spiegarsi come mai
In questo frattempo, chi arriva a palazzo reale? Il Re e  la  Regina del Portogallo! Con gran seguito di carrozze, di
gran seguito di carrozze, di carri, di cavalieri. - Dov'è  la  Reginotta mia figlia? - Dov'è la Reginotta? Piangevano e
di cavalieri. - Dov'è la Reginotta mia figlia? - Dov'è  la  Reginotta? Piangevano e sembravano ammattiti, perché
nessuno sapeva niente della Reginotta loro figlia. - Dov'è  la  Reginotta mia figlia? - Dov'è la Reginotta? Chi può dire
loro figlia. - Dov'è la Reginotta mia figlia? - Dov'è  la  Reginotta? Chi può dire quel che accadde al presentarsi del
su le spalle, più biondi dell'oro, bella quanto il sole e  la  luna, e che sorrideva, commovente di bontà? Il maleficio
con suoni e con canti. C'è chi arriva e chi va via ... Dite  la  vostra che ho detto la mia.
C'è chi arriva e chi va via ... Dite la vostra che ho detto  la  mia.