Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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 Io  voglio parlarvi dei vostri doveri. Voglio parlarvi, come il
anni di dolori e di osservazioni e di studi. I doveri che  io  vi indicherò, io cerco e cercherò, finché io viva,
e di osservazioni e di studi. I doveri che io vi indicherò,  io  cerco e cercherò, finché io viva, adempierli quanto le mie
I doveri che io vi indicherò, io cerco e cercherò, finché  io  viva, adempierli quanto le mie forze concedono. Posso
giudicate liberamente tra voi medesimi, se vi pare che  io  vi dica la verità: abbandonatemi se vi pare che io predichi
pare che io vi dica la verità: abbandonatemi se vi pare che  io  predichi errore; ma seguitemi e operate a seconda dei miei
è delitto che cielo e terra condannano. Perché vi parlo  io  dei vostri doveri prima di parlarvi dei vostri diritti?
felicità è per gli uomini dell'altre classi, vi parlo  io  di sacrificio e non di conquista? di virtù, di
e peggiora in quasi tutti i paesi. Specialmente qui, dove  io  scrivo, il prezzo delle cose necessarie alla vita è andato
fratelli! Cos'è la Patria, per l'opinione della quale  io  parlo, se non quel luogo in cui i nostri diritti
fine di non porre un muro di separazione fra loro e noi,  io  amerei, che voi otteneste da Monsignore la grazia di essere
che si darà luogo alla verità e che mi darete il mezzo onde  io  possa regolar meglio questa lontana parte del minimo nostro
per la bocca o per la conosciuta volontà del Superiore. Ed  io  credo, che l' esito della vostra missione d' Inghilterra
l' umanità. Sì, a questa vostra virtù dell' ubbidienza,  io  penso che sieno legate le grazie che Iddio ha disposto di
anime in cotesto paese; alla vostra perfetta ubbidienza  io  credo legato il buon esito dell' Istituto costà. Sì, di
di questa ubbidienza perfetta, a cui siete chiamati, credo  io  che vi sarà dimandato conto dall' eterno Giudice, e per
merito, e il fa materia di celeste rimunerazione. E tenendo  io  questo punto dell' ubbidienza per lo perno su cui tutto s'
ben credere che mi è di grandissimo dolore qualunque cosa  io  senta farsi contro l' ubbidienza e l' unione col Superiore
sua dei 26 corrente scritta con quella chiarezza che  io  sola desidero. E sebbene mi par di poter prevedere dalla
perchè ogni cosa sia messa in piena luce. Non volendo  io  nessuna altra cosa, che la divina volontà, sono egualmente
il Vescovo non lo desidera e non lo approva, neppur  io  lo desidero nè lo approvo. Se però io omettessi di
lo approva, neppur io lo desidero nè lo approvo. Se però  io  omettessi di presentare al Vescovo gli schiarimenti
del Vescovo e del Superiore dell' Istituto. In tal maniera  io  pensava, che l' Istituto non potrà esser mai di danno ad
dell' interno spirito e dell' Istituto medesimo.  Io  ho osservato, che tutti gli Istituti principali e più utili
dai Vescovi quanto mai fosse possibile. Dietro questa idea  io  ho concepito l' Istituto della Carità in modo che
questi distratti e stolti dalla loro santa vocazione.  Io  accordo pienamente che avendovi un Vescovo che conosca a
da vero Superiore interno di ogni casa dell' Istituto;  io  accordo pienamente, che non si potrebbe stabilir nulla di
conservare uno spirito stesso, cioè lo spirito primitivo.  Io  ho conosciuto dei Vescovi nemici capitali di tutti gli
diverrebbe assai dannoso alla S. Chiesa anzichè utile.  Io  ho conosciuti altri Vescovi, non già nemici degli Istituti
non vi è esempio, ed egli non vi è mai stato, per quanto  io  sappia, che un Istituto religioso in virtù delle sue
mantenere lo spirito religioso sia superflua, che piuttosto  io  temerei che presso alcuni essa potesse sembrare non ancora
di quello che finora si sia costumato di fare (per quanto  io  sappia) dagli altri religiosi Istituti. Conosco bensì che i
che debba convivere almeno con due altri suoi correligiosi,  io  per me lo veggo assolutamente indispensabile al
Le sottometto, dalle quali però intenderà facilmente, che  io  ritrovo al tutto essenziale all' Istituto della Carità la
necessaria libertà, acciocchè egli possa esser utile, come  io  stimo, l' Istituto rispetto a questo punto potrà esistere
di voler un Istituto particolare anzichè un generale,  io  La prego di notificarmelo, perchè anche ciò solo basterebbe
la cessazione dell' Istituto in Trento. Le meditazioni che  io  ho fatto sulla storia dei diversi Istituti che sono fioriti
quali non può derogare che il solo Sovrano; in tal caso  io  non vorrei mancare certamente d' impiegare i mezzi
opportuni per implorare una tal deroga, recandomi anche  io  stesso a' piedi del trono, quando potessi contare anche
appoggio deciso di V. A.. Ciò avendo luogo, se dal Sovrano  io  potrò ottenere la grazia bramata, vedrò in questo la divina
grazia bramata, vedrò in questo la divina volontà, essendo  io  persuaso, che se è secondo il divino beneplacito che l'
sopra gli altri. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.36  Io  osservo qual grave impressione abbia fatto sopra di voi l'
Restituitela dunque al mondo, onde l' avete presa.  Io  vi ammonisco di vederci in questo fatto un amor proprio
in questo fatto un amor proprio tutt' altro che morto.  Io  sì l' accuso a voi questo nemico, acciocchè lo dobbiate
da voi stesso, e accusatevi colla massima semplicità. Se  io  volessi mettere a confronto due parti della vostra lettera,
il conte Cesare Castelbarco me ne fa conoscer la perdita.  Io  m' immagino quanta sia la vostra afflizione per un caso sì
quanto sia preziosa per un cristiano la croce. Certo  io  provo contento a rammemorar queste cose, e però il faccio
se le osservazioni che vi farò vengano da Dio, come  io  fermamente credo. La ragione dei vostri mali consiste: 1
mezzi da accrescere la vostra santificazione . In fatti  io  veggo che quello che vi cagiona turbazione si è l' operare
nella condotta del quale voi vedete molte mancanze. Ora  io  voglio supporre, che tutte le mancanze da voi osservate
ragione; è un zelo, che non viene da un buon principio.  Io  vi domando: del danno che nasce dall' altrui condotta,
benedico nel Signore. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.37  Io  penso che una parola amica, che si versi in un cuore pieno
sapienza; ma spregiato, non diviene che più spaventoso.  Io  non presumo più di entrare con voi in alcuna controversia;
di tante speranze: « Tu sei Pietro, e sopra questa pietra  io  edificherò la mia Chiesa, e le porte dell' inferno non
dottrina della Chiesa? la dottrina di Cristo? e sarà mai?  Io  leggo nell' Apostolo, che non sunt facienda mala, ut
Apostolo, che non sunt facienda mala, ut eveniant bona :  io  trovo concordi tutti i padri, tutti gli scrittori
Eterno tragga dei beni, dei sommi beni dalle rivoluzioni?  Io  dirò anzi che c' ingiunge di crederlo: perocchè non v' ha
falsa che voi deducete da delle false premesse. Calmate,  io  ve ne scongiuro per amore del nostro comune Signore Gesù
nell' anima vostra. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.37  Io  so bene che non siete legato con voti all' Istituto. Se
buon teologo, alcune volte, male a proposito. Ciò che  io  bramo si è, che allontanata qualsivoglia sottigliezza di
Dei aguntur, hi sunt filii Dei ». Non crediate adunque, che  io  abbia la temerità di decidere se voi abbiate peccato, o non
peccato, o non peccato a fare quello che avete fatto. Anzi  io  debbo dire che non avete peccato, perchè un uomo non può
non trova che quest' obbligo sia stato da lui violato. Ora  io  non trovo che voi aveste nessun obbligo preciso di
ma non modificare il giudizio di Dio. La legge, che  io  vorrei che consultaste, si è quella dell' amore: io v' ho
che io vorrei che consultaste, si è quella dell' amore:  io  v' ho scritto persuaso, che voi siate un vero amatore di
iustitia vestra », ecc.. Tuttavia se voi mi diceste «  io  non voglio che fuggire il peccato mortale e nulla più »; io
io non voglio che fuggire il peccato mortale e nulla più »;  io  non avrei nulla a replicarvi, ma supplicherei nel silenzio
questo pensar male della vostra anima. Ma fino a tanto che  io  sono persuaso che voi bramiate la perfezione e che bramiate
fatto abbiate cercato di avvicinarvi alla perfezione »:  io  non posso crederlo, e tengo per certo che nè pur la vostra
esponete nella vostra lettera, supponendoli tutti veri,  io  trovo bensì delle cose umilianti all' umanità; ma non dei
dipendere la mutazione dello stato? Finalmente non vi aveva  io  pregato di avvisarmi, se sentivate di non poter durare alla
in questo procedere la prudenza, la carità, la convenienza?  Io  non attribuisco certamente ciò a vostra malizia, ma bensì
in un tal passo. Per questo appunto, persuaso, come  io  sono, che voi non abbiate operato colla debita
v' invito a ciò fare, e credo che la carità me lo imponga.  Io  vi scongiuro a fare orazione, a pensare alla morte, e a
ipse et perficiet ». E chi considera bene questo stesso ch'  io  dico risponde a quella difficoltà che Ella vien toccando
rammentarvi la vocazione vostra nella santità della carità.  Io  prego e supplico tutti voi nelle viscere di Gesù
di Dio, si è l' ubbidienza a' nostri Superiori. A tutti voi  io  dico questo, e in prima al Padre Rettore e al Padre
umile e non mai interrotta orazione. Questo, o mio caro,  io  mi aspetto da voi e da tutti cotesti nostri Novizi
letta da me e trovata quale mi aspettavo, e più ancora che  io  non mi sapessi aspettare ampia e ricca di cose, specchio di
pazienza se questa fosse la sola conseguenza dell' essermi  io  arreso al suo cortese invito! Ella non vuole da me udire
sarebbero tali se non fossero anche nuove. E come Le dirò  io  cosa che non Le sia forse stata detta da altri, se non anco
della cristiana verità. Mio carissimo signor Cesare,  io  credo ora di averle dato prova della stima che fo di Lei e
Ella ne faccia quel conto che il suo senno Le suggerirà.  Io  son certo che le cose da me dette non tolgono all' opera
1.39 Il mio sentimento è che facciate i voti, essendo  io  appieno convinto, che, facendoli, voi farete cosa grata a
nostra peregrinazione. Non riprendo che si ragioni ; ma  io  dico che vi sono delle ragioni primarie e di assoluta
Provvidenza amorosissima che tutto regola e dispone: dunque  io  debbo essere contento di tutto ciò che non dipende da me:
migliore per la massima mia santificazione e beatitudine se  io  me ne approfitto. Essendo Iddio infinitamente buono, debbo
buono, debbo confidare e buttarmi in Lui, anche quando  io  sono cattivo, debole, infermo: debbo sforzarmi, come posso
religiosi è una via sicura di salute e di perfezione.  Io  mi accorgo, che Iddio mi fa sentire profondamente al cuore
verità. Che importa dunque che i miei Superiori fallino?  Io  sono sicuro. D' altra parte se fallano i miei Superiori,
miei giudizii, e pospormi a tutti in ordine alla virtù. Se  io  fo un atto generoso e santo, sono certo che non me ne
che gli effetti di quest' atto saranno buoni per me: e se  io  mi butto in Dio (per quanto miseramente posso) son certo,
fanno andare innanzi i deboli e gl' infermi e i peccatori.  Io  sono persuaso che nel fondo del vostro cuore prevalgono
che non han fine alcuno, e molto meno danno edificazione.  Io  vi esorto a distruggerle al tutto, facendo che le ragioni
e santa Fede! a te, quantunque abbi le bende agli occhi,  io  mi attengo con tutto il cuore. [...OMISSIS...] In quanto al
minute circostanze, non potete portarne un giudizio sicuro.  Io  ho riandato molte volte ciò che si è fatto e credo che nel
scandalo. Se si tratta semplicemente di mortificazioni,  io  non sono del vostro avviso. L' Istituto pregia sopratutto
prenderanno scandalo? Questo è quello che non deve essere:  io  bramo, e spero che si otterrà col tempo, che tutti i membri
dei fratelli per così piccole cose, è una vera ignoranza:  io  voglio che tutti i nostri fratelli sieno in ciò istruiti
in omnibus charitas ». Circa all' opinioni politiche,  io  son certo che voi vi atterrete alle dottrine espresse dal
De La Mennais. Forse voi avrete anco letta la lettera, che  io  ho diretta a questo sacerdote e che fu tradotta anche in
esemplare. Ha forse detto Gesù Cristo al suo celeste Padre:  io  non voglio stare nella Giudea, perchè provo delle
obbliga sino alla stessa morte. E non vale mica il dire,  io  non intendevo di prendermi queste obbligazioni quando feci
che non riceve la missione de' suoi Superiori, e che dice:  io  voglio fare l' apostolo per impedire l' attacco de' miei
assoluta, simile a quella di Gesù Cristo sulla croce.  Io  non potrei mai permettere che nessuno dei nostri compagni
che impedisse all' Istituto il disporne, giacchè peccherei  io  stesso mortalmente contro il voto e farei peccare i miei
gli orecchi acciocchè non sentano le divine parole! Quand'  io  considero da una parte l' insistenza di Dio per fare del
della corrispondenza da parte mia, ma gli ostacoli ch'  io  oppongo al mio infinito benefattore e la guerra che gli
anche una larga vena di consolazione? Ah sì, ed infinita!  Io  la trovo sempre in quelle parole: « Surgam et ibo ad patrem
potervi recare qualche sollievo nella vostra afflizione, se  io  sapessi il modo! Chi sa, che forse non vi gioverebbe l'
fare il viaggio per la spesa, ciò non vi trattenga; pagherò  io  per voi. In somma disponete di me, come si fa de' veri
che egli è infinito, e non ce ne faremo più meraviglia. Ma  io  sono stata una gran peccatrice, Ella mi dice, e dov' è la
ragione: sopra questa ci possiamo riposare. Come Ella vede,  io  parlo di alcune penitenze, delle arbitrarie ch' Ella stessa
appunto, staccandoci sempre più da noi stessi e dal mondo.  Io  sono stato più lungo in questa mia di quello che avrei
ne scusi. Ma sopra tutto preghi il Signore anch' Ella (come  io  farò pure indegnamente per Lei) per i molti miei bisogni d'
il non saperne altra: il che però non vuol dire che  io  sappia questa in cui scrivo. [...OMISSIS...] 1.41 La sua
amicizia: uno di quei pegni che non si dimenticano più.  Io  ne La ringrazio con tutto il cuore. L' opuscolo di cui Ella
messo in giro anche costì, ma da Lei non veduto, neppur  io  potei averlo ancor nelle mani. Ne seppi l' esistenza solo
più importante è la mia fede, che, come sento si attacca.  Io  non pretendo già di essere infallibile; ma guai se la fede
ella è dunque indipendente tutta dal ragionamento, ed  io  non ho mai fatto dei miei ragionamenti (Dio me ne guardi!)
giudizio, ma non per questo la mia fede ne soffrirebbe. Ora  io  non sono già nato per esser dotto o per acquistarmene la
devoto della sua Chiesa. Da questo Ella conoscerà, che  io  non posso valutar molto quella qualsiasi riputazione di
mi dice avermi per l' addietro acquistata, e che l' esser  io  convinto d' ignoranza, non è quel che mi pesa. Il mio
mia intemerata credenza più luminosa; giacchè tutto ciò che  io  avessi detto contro questa credenza, l' avrei detto
Le dirò di più; a chi mi ebbe mostrato qualche mio sbaglio  io  professai sempre gratitudine, come voleva il dovere, nè
feci e fo nelle cose più indifferenti, come nol farei  io  in un punto sì capitale come è quello della mia religione,
di rendermi maestro di errore al mio prossimo? Che cosa ho  io  voluto mai altro nei poveri miei scritti, che giovare alle
miei scritti, che giovare alle anime? Ed ora le pervertirò  io  stesso? e ad occhi aperti? Iddio nol permetterà mai; io n'
io stesso? e ad occhi aperti? Iddio nol permetterà mai;  io  n' ho tutta e in lui solo la fiducia, in lui che m' infuse
eresia sono state condannate giustissimamente dalla Chiesa:  io  le ho sempre condannate e detestate insieme con essa; e
insieme con essa; e com' è egli dunque possibile che  io  segua costoro? e voglia esser anch' io un tralcio reciso
dunque possibile che io segua costoro? e voglia esser anch'  io  un tralcio reciso dalla vite, buono da gittarsi solo sul
gradazioni, sono certamente sotto i miei occhi; e pure  io  non veggo che un solo dei sentimenti espressi nelle mie
sentimenti condannati di que' novatori. Che anzi più volte,  io  citai le proposizioni condannate in essi, a fin di mostrare
delle dottrine filosofiche e dello stile rigoroso, che  io  stimai bene d' adoperare nel « Trattato della Coscienza »
che voleva « inimicus homo, qui superseminavit zizaniam ».  Io  ne addoloro pel ben comune: per veder quelli che doveano
e pel bene della sua Chiesa? che c' è a temere? gli darò  io  cagione di dirmi: « modicae fidei, quare dubitasti? » No
giudizio è stato sempre la mia regola, sarà tale ancora.  Io  amerò egualmente una regola sì cara, sì dolce, sì certa, sì
giudizio le renderà più utili ai miei prossimi pei quali  io  le scrissi, credendo di scrivere quello che il lume del
a qualunque sia prezzo la verità e di non tradirla giammai.  Io  sono persuaso che questa sia la più bella disposizione che
sua lettera mi descrive. Non è certamente bisogno, che  io  osservi che i doveri nostri verso la verità sono molti,
[...OMISSIS...] come dice S. Giacomo. Perciò  io  credo che Ella si troverà ben contenta se in tutti i suoi
troppo acerba. E tale sarebbe anche agli occhi miei, se  io  avessi così scritto, perchè il mio avversario fu il primo
qual' è l' integrità della fede , come vi credete che  io  abbia fatto. Ma io protesto che questa è per me una ragione
della fede , come vi credete che io abbia fatto. Ma  io  protesto che questa è per me una ragione che non val nulla;
grazie a Dio, non iscrivo, nè ho mai scritto. Perchè scrivo  io  dunque? Scrivo pel bene pubblico; e dal momento che io
io dunque? Scrivo pel bene pubblico; e dal momento che  io  stimo che questo sia il mio dovere, reputo di scrivere in
e se v' ha un modo di fare del bene al mio avversario,  io  credo che sia questo da me adoperato, e di cui nostro
è volpe; come è pur troppo il caso mio, per quanto mi pare.  Io  non ho avuto in vista altro che di scuotere gli avversari,
ancor tessendo continuamente contro l' Istituto, e che  io  debbo dalle loro tenebre tirare in manifesta luce. Credo
dalle loro tenebre tirare in manifesta luce. Credo che  io  sono nelle presenti circostanze obbligato a fare fronte,
e chi può dubitarne? Tutto il resto è inganno e pazzia. Ma  io  non ho inteso di dipartirmene, e vorrei morire più tosto
e se nulla affatto vi replicassi, sembrerebbe che  io  non avessi aggradita l' amorevole vostra ammonizione, o non
come sono solito e come voi volete certamente che  io  faccia. E in primo luogo vi dirò, che il sentimento vostro
m' incute timore, e comincio a dubitare non forse  io  abbia ecceduto nell' uso di espressioni biasimanti ed
essere utile nella causa presente. Sia pur dunque vero, che  io  abbia errato, e voi condannatemi pure; ch' è io non intendo
vero, che io abbia errato, e voi condannatemi pure; ch' è  io  non intendo difendermi, sapendo troppo bene di essere
capace di qualsiasi male, se Iddio non mi sostiene. Ma  io  crederei di ostentare una falsa umiltà e di mancare alla
di gloria a Dio; e dite certamente benissimo. Nè pur  io  posso concepire una tal cosa; perchè le ingiurie sono
non mi giustificano, se ho ecceduto nel mio scritto; ed  io  vi ripeto che non voglio scusarmene; e che, se non provano
opporsi. Ad ogni modo, nel dubbio in cui mi avete messo,  io  approfitterò del vostro avviso in altre occasioni; e voi
[...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.41 Statevi certo che  io  non ho rancore con nessuno, ma che credo fermamente che la
inganno che ha fatto molto male alla santa Chiesa.  Io  credo, che voi converrete meco; perchè son certo che siete
indifferente, universale: ecco lo studio principale che  io  aspetto da voi: ecco la vera scienza dell' Istituto a cui
non JESUM CHRISTUM , et HUNC CRUCIFIXUM . State certo che  io  non avrò altra allegrezza da voi che questa di vedervi
esecutore, pronto ed allegro. Ad arrivare a questo, veggo  io  bene che vi bisogna altresì di mettere lo studio in secondo
Ecco quali ossa esulteranno: « exultabunt ossa humiliata .  Io  veggo dalla cara vostra, che mi ha rallegrato, come il
mi domandate di essere dispensato dall' ufficio di Prefetto  io  ne scriverò a cotesto vostro Superiore. Gesù Cristo vi
che Ella stessa soffre per la malattia manifestatalesi.  Io  la farò raccomandare al Signore da delle anime buone, come
al Signore da delle anime buone, come Ella desidera, ed  io  stesso indegnamente presenterò le mie povere preghiere al
soprannaturale, superiore e vincitrice di quello. Perciò  io  non ho punto dubitato a dirle in sul principio di questa
prova, sono argomenti di santa speranza e letizia; ed  io  fin d' ora la divido con Lei. Del resto affine di poter
nell' anima mia. L' uomo s' abitua alle cose dolci, ed  io  m' ero così abituato alla cara e pia vostra conversazione,
massime dopo che il Signore ha detto: [...OMISSIS...] .  Io  non cesso d' innalzare al nostro Padre quella stessa
saprebbero più cosa volere, se non lo stesso voler di Dio.  Io  certo quando mi sento più infermo nel corpo e nell' anima,
nell' anima, allora Iddio mi dona maggior fiducia, veggendo  io  che egli ha qui un' occasione maggiore dove spiegare la
ma l' esperimento nel fondo dell' anima. Nel tempo che  io  mi sono trattenuto in Torino, e fui gentilmente alloggiato
in Torino, e fui gentilmente alloggiato in casa Cavour,  io  m' ebbi tante prove della bontà e purità di quell' anima,
sì cara parte. Se non che dando poi luogo alla riflessione,  io  ben mi accorgo che quegli stessi aurei pregi della defunta
senza la quale è ben piccola ogni altra! Ecco donde  io  credo che potremo, mia cara signora, attingere quella
come avrei desiderato e m' avea fatto sperare. Ora dovendo  io  partire in sui primi di settembre per Bergamo, dove debbo
l' adoro e ne giubilo. Vi spiegherò dunque le massime che  io  tengo in ciò, e che sono conformi a quelle delle nostre «
e che sono conformi a quelle delle nostre « Costituzioni ».  Io  distinguo fra il ricevere in Casa e il mandare avanti nei
Massime » e nel « Memoriale della prima prova », senza ch'  io  abbia una ragione positiva da dover giudicare assai
molti vengono a noi coi piedi e non col cuore; ma non posso  io  giudicare che facciano così, fino che non ho delle prove
così, fino che non ho delle prove positive. D' altra parte,  io  considero la venuta a noi d' un fedele di Cristo sotto due
divina, non risparmiandosi in nulla per secondarla. Or se  io  rimando un aspirante senza esser certo che gli manchi la
esser certo che gli manchi la vocazione, non m' espongo  io  a rifiutare forse un dono che mi voleva fare la divina
Cristo mi domanda, e non ho ragioni positive in contrario,  io  debbo accoglierlo non solo, ma affaticarmi con pazienza e
egli non può riuscire membro dell' Istituto: allora solo  io  sono giustificato davanti a Dio, se lo licenzio; ed anzi
», dice la sacra Scrittura. Queste massime vorrei  io  seguite con semplicità da ogni Superiore dell' Istituto che
consultori, ai quali, appunto perchè ne sento il bisogno,  io  sempre, quando posso, ricorro. Un' altra varietà cade nell'
sono buoni, e possano fare andar più avanti l' Istituto. Ma  io  mi contento che si faccia al prossimo tutto quel bene che
consecrare tutta a lui solo in servigio de' prossimi,  io  non dubito punto che siate chiamata, come dite, all'
mia mediazione: egli da se stesso vi condurrà a me, ed  io  vi riceverò fra le povere serve e felici spose del Signore.
l' orazione, il santo affetto, la pratica d' ogni virtù.  Io  so che lo farete, e perciò non dubito punto del buon esito:
mio Signore che niuno confonde! oh preghiera potentissima!  Io  non vorrei che vi lasciaste dall' inimico rinserrare mai il
1.42 Ella m' onora colle sue domande più ch'  io  non merito. Non le direi certamente cosa ch' ella non
misteriosi e di precetti sublimi. Forse quel volume che  io  ho stampato col titolo di « Catechetica », le potrà
ammirazione, nè attira a sè l' uomo creato per l' infinito.  Io  vorrei che si parlasse ai giovanetti sempre in modo come si
scritte per la gioventù ve ne sono tante, e molte di buone;  io  difficilmente potrei indicargliene di quelle ch' ella non
Vi ha in que' sei discorsetti un cotal principio di ciò che  io  voglio dire, ma ancor lontano dal perfetto. Del resto, come
ma ancor lontano dal perfetto. Del resto, come le dicevo,  io  non ho a dirle che quelle cose che ella già sa, e che d'
1.16 Poichè non posso venirvi a trovare essendo anch'  io  mezzo malato, vi scriverò. E così un malato favellando
malato favellando coll' altro, ci conforteremo a vicenda.  Io  vedrò di dirvi brevemente quelle cose che sian di
e ne pregavano Dio colle lagrime sugli occhi, come  io  ho letto nelle lor vite, non potendo trattenermi dal
letto nelle lor vite, non potendo trattenermi dal piangere  io  medesimo. Quando poi le avevano, pareva loro di essere più
quanto più era gravosa e aspra la loro croce.  Io  ho letto di una povera donna, molestata da un orrido
ma a me dispiace quando alcuno mi fa questa obbiezione, ed  io  fidatamente loro rispondo, che Iddio ci può far santi, e
loro rispondo, che Iddio ci può far santi, e che  io  lo spero in Gesù Cristo, e che tutti ne abbiamo il diritto,
alla sua Madre, e a tutti i Santi. Voi pregate per me, ed  io  farò similmente per voi. Vi prego di non mostrare questa
anzi quale odio non mostrerebbesi contro di noi stessi?  Io  vi confesso, o fratello, che sento questa voce in tutti i
elogio, egli non arrossiva di dire ingenuamente: « «  Io  son debitore ai sapienti ed agli insipienti » »
questo, o fratel caro, si è il segnale di verace amore ch'  io  vi do, di volere sempre più aprire le orecchie ed il cuore
fango. Ma non così è di voi, caro fratello: se fate bene,  io  veggo che tutti s' allegrano: se fate male, tutti se ne
degli altri. Imperciocchè qual uomo è senza difetto? E se  io  sopporto gli altrui, godo di adempire la legge che ci dà
dell' amore; e se la riconoscete, qual cosa non mi debbo  io  promettere? Voi da capo ai piedi reso più perfetto e più
capo ai piedi reso più perfetto e più saggio; imperciocchè  io  credo che non siavi uomo che resister possa alla violenza
quel libricciuolo latino in uso degli ecclesiastici.  Io  per me credo che sia un libro eccellente, e che avrà
nel senno e avvedimento di chi da principio la governasse.  Io  che ho avuto il singolare contento di avere conosciuta la
già mi sento venire in cotale speranza che quanto  io  modellava in capo, altri in opera eseguisca. Non conosco
con se medesimo, che si è mostrata con me affabilissimo.  Io  pensai di fare il mio conto, e di prendere per ciò con
sua amicizia. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.21  Io  stesso voglio procacciarmi il piacere di scriverle alcuna
Margherita. La posso assicurare, signora Marchesa, che  io  l' ho letto e riletto più volte, non solo con grande
Rivolgendo però intorno il guardo su tutto il clero che  io  conosco, ed esaminando i mezzi necessari per sì fatto
o nessun gusto almeno a Comunità religiose. Per questo  io  non potrei trovare, per quanto cercassi, nè pure un prete
trovare, per quanto cercassi, nè pure un prete solo, su cui  io  potessi fondare speranza di averlo come membro. Questo
degli aiuti ai Parroci ed ai Curati nella cura delle anime!  Io  sono vivamente tocco da questo pensiero, sebbene molte
avessero una qualche idea di vita comune. Per fare questo  io  credo che gioveranno moltissimo gli Oratorii; specialmente
i titoli esteriori che trova il mondo da differenziarli.  Io  la posso assicurare, egregio sig. Marchese, o come la
aderiscono al loro corpo ed al loro capo. Non è già che  io  non sappia che pii e santissimi uomini risplendono anche ai
sollievo anche nei maggiori rammarichi! Quello però che  io  voglio dire si è, che io vivamente amerei, che questi pii
rammarichi! Quello però che io voglio dire si è, che  io  vivamente amerei, che questi pii cristiani, dispersi pel
fra i cristiani, non di un sol luogo, ma di molti;  io  mi aspetterei facilmente di veder sorgere vie più maestosa
e cooperiamo altresì, acciocchè venga fatta tal cosa.  Io  mi sono aperto con chi mi ha prevenuto: io non credo di
fatta tal cosa. Io mi sono aperto con chi mi ha prevenuto:  io  non credo di avere fatto altro in tutta questa lettera, che
e solidità. Sento che Ella dice avere bisogno di me, ed  io  ben volentieri mi presto in tutto quello che mai potessi,
mai potessi, basta che mi venga accennato il modo in cui  io  potrei giovare. Il tenore della mia vita e le molte brighe
cui Dio sa quanto stretto conto dovrò rendere, fa sì che  io  sia privo di aderenze, e come solitario in mezzo agli
con profitto quanto si crederebbe utile. Non ostante  io  desidero solo, che Ella mi comandi, perchè io adempirò
Non ostante io desidero solo, che Ella mi comandi, perchè  io  adempirò fedelmente come posso quanto mi incumbe. Se poi l'
impegni. Ella mi dica pure di quanto ci sarebbe bisogno, ed  io  contribuirò quello che potrò. Oh Dio renda perfetta una
più unite le forze che combattono. Così molte volte  io  pensava, invidiando quei primi tempi del cristianesimo, in
che da Lei mi è offerita una candida amicizia e religiosa.  Io  la accetto, mio signore, di tutto cuore, anzi non altro che
cuore umano, e degli avversari che si vogliono combattere.  Io  sono bensì persuaso che vi siano molte classi diverse di
dell' età nostra, la necessità di un ragionare , ed  io  aggiungerò di un ragionare non troppo speculativo e arido,
amicizia: queste cose ed altre tali sono bisognevoli,  io  credo, in tutte l' opere che dirizzare si vogliano non ad
che ci è suggerita dallo stesso spirito del cristianesimo?  Io  dunque la conforto, quanto so e posso, ad occuparsi nell'
lavori. Non dubiti adunque di mettersi all' impresa, ed  io  me ne tengo sicuro. A proposito degli autori apologisti che
Quantunque tratti in gran parte di materie politiche,  io  non esito di annoverarla fra i nostri apologisti e dei più
non dice! e con che evidenza di principii e di ragioni!...  Io  termino colla speranza che questo nostro carteggio, così
di mano in mano i prospetti. [...OMISSIS...] 1.22 Pensando  io  come potessi cooperare al nobile e cattolico loro disegno
ottima società non è instituita, di cominciare a fare anch'  io  così; al che mi sono offerito, e mi offerisco. Per altro
ai bisogni generali della Chiesa di Dio. Così da gran tempo  io  me la ho ideata, prima che avessi l' onore di conoscere
persona. Se mai Ella avesse da viaggiare verso il Tirolo,  io  Le offerisco la mia casa qualunque ella sia: e sarebbe mia
pietà, e avviate ancora per gli altri giorni feriali. Oh!  io  ben li credo quei piaceri purissimi, e soavissimi, di cui
dai figliuoli del mondo! Lei avventurato! Lei felice!  Io  so bene che talora anche, come scrive, Ella proverà delle
particolari interessi, anzichè alla sua gloria: allora  io  mi confido che tanto faremo, quanto basterà per renderci
poi i suoi sentimenti, e quando a Lei paia a proposito,  io  scriverò al Provveditore; gli esporrò la cosa, e sentiremo,
consigli mi sembrano prudentissimi per quanto posso vedere  io  da lontano, e non dubito che avranno buon effetto. D' una
avranno buon effetto. D' una cosa sommamente mi duole, che  io  non potrò dare a questa bell' opera quell' assistenza ch'
non potrò dare a questa bell' opera quell' assistenza ch'  io  vorrei. Ella si rammenterà, Ven.ma signora marchesa, come
le ho manifestato il desiderio che nutriva di potere anch'  io  contribuire all' opera con qualche somma. Adesso però sono
mancare de' mezzi necessari quando a lui piaccia, ed  io  credo che gli piaccia. Prosegua adunque con quella sua
Vescovo sarebbe favorevolissimo: ella stessa lo conosce:  io  mi confido che non trascurerebbe nessuna cosa per poter
quasi troppo sublimi e difficili. Le ragioni di ciò  io  credo che sieno la lingua latina andata in disuso, la poca
che ho con voi, nè del poco che vi dirò vi lagnerete che  io  il faccia avaramente, tenendo piuttosto questa mia brevità
di poi quello che tengono di comune. Ma che mai sto  io  pur qui a farvi la descrizione del modo onde si succedono
per alcuni nèi, che sembra loro di vedere in questo, che  io  non dubiterò di chiamare divino volume. Noi teniamocelo al
detto di me la veneratissima signora Marchesa, veggendo che  io  nulla rispondo, per ben un anno, ad un gentilissimo suo
un gentilissimo suo foglio? Per farmela buona, almeno che  io  debba essermi qualche solenne zoticone o bifolco di prima
lume dal Signore a riconoscere la sua santa volontà.  Io  non posso a meno che aprire alla sua saviezza e prudenza
da Lei concepiti della carità. Le modificazioni perciò che  io  proporrei non consisterebbero punto nel diminuire gli
questo, quale sarebbe il disegno, su cui (se a Dio piace)  io  bramo ardentemente di vedere eretta una famiglia di
teologica e le vedute ordinarie dell' umana prudenza.  Io  ho in me stesso una ferma credenza, che tutti i santi
erano preordinati. Su questo fondamento appoggiato,  io  credo, senza alcun dubbio, che S. Gaetano, S. Ignazio, e
nel tenere lontanissime le dignità , o piuttosto  io  amerei dire i pesi dell' ecclesiastico ministero, dal loro
fino che Iddio non ha parlato chiaro, non si può per quanto  io  credo, diffinire da questo lato la cosa. Discorrendo
anche secondo quello che l' intimo spirito mi suggerisce,  io  comprendo bensì quanto sia ragionevole il suo timore,
di Colui che ci manda. - Rispetto alla seconda difficoltà,  io  convengo benissimo con Lei e con le sentenze e coi fatti di
il medesimo ministero. - Signora Marchesa, per quanto  io  intendo, lo spirito della superbia è molto fino, e s'
in tante parti, che allontana da loro gli uomini del mondo.  Io  non negherò finalmente che anche semplici religiosi non
superiori, ma ben anche l' umiltà di tutto il corpo (il che  io  credo della più alta importanza), dandoglisi un impianto
ne ha incoraggiato. Ora, prima di cominciare cosa alcuna,  io  penso di consultare il sentimento del Santo Padre,
tutte, secondo ciò che egli aveva detto: « Quando  io  sarò esaltato da terra, trarrò a me tutte le cose ». L'
della carità. [...OMISSIS...] 1.26 Sebbene da qualche tempo  io  non m' abbia dato il singolar piacere di trattenermi un
volontà del Signore, chè finora sembra che egli voglia, che  io  mi occupi piuttosto di questo che in altre opere. Della
di questo che in altre opere. Della religione de' Milanesi  io  sono molto contento, e La assicuro che ci trovo delle anime
sta nella classe mezzana. D' altra parte questa bontà vera  io  non posso attribuirla che agli ottimi semi posti in questa
Italiani dice così: [...OMISSIS...] Ella però dirà che se  io  me ne vo di tal passo più tosto Le mando un trattato che
mi perdoni, se con un amico di sì vera religione come Lei,  io  trovo diletto grandissimo a intertenermi degli argomenti
sapienti secondo il nostro Signor Gesù Cristo. Egli sa che  io  lo desidero: ma quando n' avrò mai la grazia imprezzabile?
Mi dite in quella d' avermi scritto da Caldas; ma nulla  io  ne vidi. Della vostra fermata io godo, poichè ritengo in
da Caldas; ma nulla io ne vidi. Della vostra fermata  io  godo, poichè ritengo in animo che voi dobbiate giovare al
pensando al tempo avvenire. Chi sa in quale stato allora  io  mi trovi! forse in uno stato da cui voi rifuggirete.
altra risoluzione della persona vostra senza comunicarmela.  Io  v' amo, e l' amore mi dà questo diritto. Da sei mesi sono a
a Genova, un solo avviso basterebbe che me ne deste, perchè  io  volassi ad abbracciarvi. Scrivetemi, ma ditemi ogni cosa
la vita. [...OMISSIS...] 1.27 Voi vorreste sapere ciò che  io  senta di quella questione; « se sia peggio avere un ottimo
Salutate tutti, specialmente il caro vostro fratello.  Io  per grazia divina lavoro, parmi, più del solito. Veggo
più del solito. Veggo chiaramente la volontà di Dio, che  io  debba essere ancora lontano da voi. Prima che sia perfetta
ed a voi onorevole, o se più vi piace scambiar gli epiteti.  Io  vi conforto certamente a corrispondervi con quell' amore
di comunicarmi sul piano de' Sacerdoti della Carità. Avendo  io  tutta la fiducia in Lei, a che la sua carità mi dà sempre
nuovi conforti, e non essendo ancora venuto il momento che  io  possa, ciò che sommamente desidero, trasferirmi in cotesta
la magnificenza di quello di Salomone! Beato dunque  io  vi credo di tale sposalizio, a cui il Signore vi vuole
la vostra amorevole confidenza. E bene, sappiate, che anch'  io  ho fatto una consimile risoluzione; ho risoluto cioè di
Religione. Ma voi mi domanderete impaziente, se penso anche  io  di vestire l' Ignaziane divise? Infinitamente amo queste
alle stesse bandiere. Forse vi piacerebbe sapere di più: e  io  tutto vi dirò, quando potrò vedervi e abbracciarvi: ma per
ora vi basti il cenno che ve n' ho fatto. Non è però che  io  sappia il tempo stabilito dal Signore all' effetto di tale
incessantemente, perchè da lui solo deve venire ogni cosa.  Io  vi abbraccio, e dicovi di bel nuovo, pregate. Voi volete
che facciano presentemente i Gesuiti, a questo riguardo,  io  non so, spero però che non vorranno obbligarsi a tenere le
come sembra da qualche tratto della vostra lettera, che  io  vi sia meno amorevole? Nè pure se io volessi, non potrei
vostra lettera, che io vi sia meno amorevole? Nè pure se  io  volessi, non potrei non amarvi; ed amarvi più che da
egli darebbe a chi spera in lui il modo d' escirne. In fine  io  credo, che non ci sia da titubare circa il darsi alla
fratello carissimo in G. Cristo, mi consola e conforta.  Io  lo tengo come una nuova prova della volontà del Signore.
nuova prova della volontà del Signore. Come v' ho scritto,  io  sono già pronto. Non è però che all' istante ci possiamo
della società. Spero che esprimendo più chiaramente ciò che  io  intendeva dire col (1 2), tutte due queste difficoltà
possano cavarsi i superiori della società ed i pastori.  Io  propongo oltre di ciò, che nelle costituzioni si
acconcio il monte di Domodossola; dalla descrizione che  io  ne udii, a me pure sembra così. Desidero di visitarlo, ma
avessero converrebbe diligentemente nascondere. Non già ch'  io  creda, che voi abbiate voluto ingannare; conosco troppo la
conosco troppo la candidezza dell' anima vostra; ma bensì  io  credo abbiate ingannato voi stesso, cangiandovi in una
opera nostra, ma per la salute delle nostre anime, che  io  credo dovere esporvi meglio quale sia lo spirito, secondo
esporvi meglio quale sia lo spirito, secondo il quale  io  ho desiderato sempre di regolarmi, e che dovrà essere
gli argomenti delle giornaliere nostre meditazioni .  Io  vi propongo appunto questo spirito tanto importante ad
Provvidenza, e non ci fa verun bene, ma molto male. Essendo  io  persuaso che voi avrete la compiacenza di formare argomento
circa l' estensione dell' Istituto. Voi dite benissimo, ed  io  ho sempre riflettuto lo stesso. Ma per la grazia del
della santificazione del clero. Ma egli è impossibile che  io  mi esprima chiaro in una lettera senza fare un trattato. E`
carissimo nel Signore. Attendete con piena pace all' opera.  Io  sono impaziente di essere con voi. Quanto è buono il
la stima e per l' amore manifestato verso il loro padre.  Io  non posso che sperare, che il Signore la benedirà nella
del bene come del male. Ho pensato tante volte allorquando  io  più mi trovava in uno stato di debolezza e di impotenza: «
quali abissi di umiliazioni dobbiamo approfondarci! Quanto  io  desidererei che il Signore me li facesse penetrare tutti,
e tranquillità nel nostro Signore, a cui mi raccomandi.  Io  pure il fo indegnamente. Mentre scriveva questa, ricevo la
19, nella quale trovo qualche pensiero simile a quello che  io  dico sopra... Quanto mi è dolce il potere essere rammentato
nel mezzo di loro, come Ella mi scrive che faranno!  Io  sento tanto più il pregio di questa loro bontà, quanto meno
che hanno fatto i santi uomini coll' aiuto del Signore.  Io  più imperfetto infinitamente di tutti, lo veggo, lo sento
viene maneggiato ed informato dallo spirito del Signore!  Io  parlo queste cose, perchè mi accusa qualche poco di
misericondia del Signore che mi perdonerà; giacchè tanto  io  ne sono più pieno di tutti. Io finisco supplicandolo di
mi perdonerà; giacchè tanto io ne sono più pieno di tutti.  Io  finisco supplicandolo di pregare costantemente il Signore
sera quando Ella mi ha favorito della sua conversazione,  io  ho manifestata la massima, « che quando si leggono libri
insieme col buon grano dall' inimico. Caro Visconti,  io  non sono niente scrupoloso per quanto spero: ma in materia
a questi riflessi che sottometto alla sua saviezza.  Io  mi sono creduto in dovere di coscienza di fare ciò, e
nel Signore, è egli possibile che voi crediate che  io  vi potessi lasciare senza risposta, perchè io avessi mutate
crediate che io vi potessi lasciare senza risposta, perchè  io  avessi mutate intenzioni rispetto a voi? Se ciò fosse
chiarezza. Ma consolatevi, mio carissimo, confortatevi.  Io  pure in mezzo al dolore che provo pe' medesimi, giacchè è
Signore. Mio caro, voi siete ammalato. Sappiate che anch'  io  sono egualmente, sebbene ora sto meglio. Non sarebbe egli
la nostra, ma secondo la sua adorabile volontà ». Mio caro,  io  spero che l' aria del santo Monte Calvario vi gioverà; e
così vi inspira il vostro spirito, per il 20 di febbraio;  io  desidero di abbracciarvi in quel giorno. Non dubitate dell'
abbracciarvi in quel giorno. Non dubitate dell' amore mio,  io  desidererei di potervi sollevare, di poter dare qualche
di poter dare qualche conforto al vostro spirito;  io  non mancherò, se il Signore mi assiste, di usare con voi
Società che il Signore potrebbe volere per noi formare.  Io  finisco abbracciandovi caramente nel Signore, a cui solo
Oh mio caro amico! Quanto è grande la bontà del Signore!  Io  che dovrei essere morto mille volte, perchè fosse tolto via
adorabile, e nelle lagrime della nostra tenera madre Maria?  Io  tremo a questo pensiero; quale orrore m' incute! quale
quella luce pura! quel gaudio pieno! Mio caro!  Io  le descrivo con questo ciò che Ella mi chiede circa questa
col suggerimento, mi intercederà anche la grazia di farlo.  Io  sono qui come, Le diceva, fino da martedì precedente alle
potuto finire bene le sue cose prima d' essere con me.  Io  lo attendo con ansietà, e spero che verrà presto: le sue
e di una umiltà incredibile, e mi danno tanto a sperare.  Io  ho estremo bisogno di lui, della sua attività, del suo
estremo bisogno di lui, della sua attività, del suo zelo.  Io  sono inerte, indeciso nelle minime cose. Per questo non ho
ora, perchè non ci sarebbe chi tenesse bene la disciplina:  io  non sarei buono che di dare loro de' mali esempi per la mia
e mollezza. Ma se viene il buon Francese ne accetterò:  io  pregherò tanto Iddio che mi conceda allora di scandalezzare
sono indifferenti: il Signore la consolerà certamente.  Io  spero di venire, non però prima dell' autunno; allora solo
Mellerio non sa niente di ciò che dissi di lui; sono  io  che presento ciò che sarà, se a Dio ne piace. Tante e poi
gli baci le mani per me, e gli dica, se crede, dove  io  sono. Mi saluti tanto il Brunati. Mio caro amico, la
adunque tranquilli e fermi, fino che egli non ci muova.  Io  sono qui fino dal principio della quaresima: la famigliuola
anco argomento alcune cose della carissima vostra.  Io  voglio certo, come voi dite, che siamo tutti parti d' una
non ci lascia all' oscuro. Mio carissimo, vi dico il vero,  io  per me non ne dubito, e spero nella sua infinita
nella sua infinita misericordia che, facendo ciò che fo,  io  faccia ciò che egli vuole. Voi mi direte, che è questo?
che è questo? Egli è impossibile scriverlo, perchè se  io  dicessi in generale, che è unicamente di abbandonarsi alla
luogo alla scelta è prudente che si elegga il più basso,  io  sono intieramente con voi, purchè vi sia luogo alla scelta,
impariamo che nel mondo non c' è nè basso nè alto. Ciò che  io  sento per me, che vuole il Signore, si è che non cerchi
il Signore, si è che non cerchi nulla, e nulla, in quanto  io  possa, ricusi, offerendomi a lui intieramente, senza
se potessi infinitamente a questo suo volere unirmi!  Io  dunque, vi dico il vero: chi mi domandasse, se voglio fare
di dire tosto di sì, se non gli aggiungessi anche: purchè  io  non li cerchi, ma la divina Provvidenza, colle circostanze
esterne, me li offerisca. Chi mi domandasse poi, se  io  voglio ricusare i mestieri alti di carità, quando la divina
Provvidenza, per le circostanze esterne, me li offerisse,  io  non oserei parimenti rispondere di sì: ma non vorrei nè pur
non solo, ma la carità nella volontà divina, è quella che  io  sommamente desidero, acciocchè non faccia il mio volere,
della carità, ma faccia quello di Dio che è carità. Ma  io  non posso, come diceva, in una lettera darvi una chiara
come diceva, in una lettera darvi una chiara idea di quanto  io  intendo; sebbene in questo poco, che ho detto, c' è tutto
onde gli umili sono esaltati al di sopra degli orgogliosi.  Io  vi conforto di leggere e rendervi famigliari le divine
dello spirito del secolo, le trovò basse e spregevoli.  Io  non sapeva, egli dice, che quelle Scritture prendono
non so dirvi altro che quanto altre volte vi dissi.  Io  non posso chiamarvi, perchè ho bisogno io stesso di essere
volte vi dissi. Io non posso chiamarvi, perchè ho bisogno  io  stesso di essere chiamato. Non sono chi chiama, ma chi è
i passi del chiamato che risponde alla chiamata. Se fossi  io  che chiamassi, dovrei garantirli io, e sarei un menzognero
e fate ciò che vi dirà. Se il signore vi manda qui,  io  vi abbraccio già da quest' ora col cuore. Teniamoci
Perciò, certo delle misericordie che il Signore mi fa,  io  debbo contare fra le somme, come voi dite, e veramente
quel solo che vi ama, e che a duri colpi vi vuol perfetto.  Io  lo intendo dal vostro modo di parlare che mi riesce tanto
come letterato forse unicamente o come bibliotecario.  Io  me ne congratulo con voi. Maria Ss., Sant' Ignazio, S.
Pregate dunque anche per me, per me povero peccatore.  Io  passerò da Brescia sulla fine di luglio per recarmi a bere
parole: « E dunque pensa Ella di ritornare in Diocesi? »  Io  gli risposi che « questo era appunto il mio desiderio: »gli
Provvidenza il chiamò all' altra vita. Gli aggiunsi che  io  attendeva l' elezione del nuovo Sommo Pontefice per non
sicuramente al nostro fine, la salute delle anime.  Io  non posso in tutto questo tempo applicare la Messa per
orazioni per lo stesso fine; e massimamente perchè  io  non metta ostacolo alle divine misericordie colla enormità
sa che il Signore non li voglia tutti suoi nella Religione?  Io  vi prego e supplico di considerarli come vostre viscere, e
assicuro, mio caro amico e fratello in Gesù carissimo, che  io  sospiro il momento di trovarmi unito a voi. Ma questo
di capo nostro, ma dietro la sua adorabile Provvidenza.  Io  per me vi assicuro che ho vergogna a parlarvi; perchè sento
Certo, per voi almeno, questo è il tempo del noviziato.  Io  non ne ho fatto che un poco l' anno scorso, ma il Signore
osservazione che può essere falsa e può essere vera, e che  io  vi faccio per mostrarvi tutto il mio cuore aperto, e non
per l' affare di cui si trattava. Ora permettetemi che  io  vi dica che, se la somma è forte, io non me ne smarrisco,
Ora permettetemi che io vi dica che, se la somma è forte,  io  non me ne smarrisco, se ella è proporzionata alle mie
proporzionata alle mie forze, e che è necessario sempre che  io  la sappia tutta, per poter fare le mie ragioni, e disporre
poter fare le mie ragioni, e disporre le cose in modo che  io  possa avere pronti i danari al tempo che bisognano. E`
ci renda mai meno sinceri e piani in tutte le nostre vie.  Io  sarei indegno di essere vostro compagno, mio caro, e voi
fatto i fa7bisogno più bassi per accidente o per isbaglio,  io  richiamo tutte queste parole, e vi prego di perdonarmele
Amatemi nel Signore, e compatitemi. State certo che  io  vi porto sempre nel cuore, e massimamente all' altare.
giorni. Mi presentò un Cardinale che ha della bontà per me.  Io  trovai il Papa benissimo e graziosissimo. Dopo avergli
mio cuore, e che forma la base principale del nostro piano.  Io  gli risposi presso a poco così: « Santissimo Padre, io non
Io gli risposi presso a poco così: « Santissimo Padre,  io  non so come sia stata rappresentata la cosa a Vostra
Vostra Santità, ma La posso però assicurare di questo, che  io  non ho mai inteso di cominciare con cose grandi, ma con
opera sarà da Dio, non mancherà già egli di favorirla ». -  Io  qui gli domandai la benedizione per voi e per tutti quelli
mi lasciò una grande allegrezza interiore e tranquillità,  io  dimandai al Cardinale, mio più confidente, che cosa avessi
restarmi ancora qui. Egli mi rispose che era necessario che  io  mi trattenessi, che io facessi un compendio delle
mi rispose che era necessario che io mi trattenessi, che  io  facessi un compendio delle Costituzioni per presentarle poi
Regolari da esaminare, e, Dio volendo, anche da approvare.  Io  spero oltracciò che ci saranno accordate delle Indulgenze
o indirettamente, all' aumento dell' opera pia.  Io  dunque mi tratterrò ancora qui; lavorerò intanto delle
nel Signore: è pur bello essere così rannodati nella unità.  Io  vedo la mano di Dio sopra N. N., e la traccia di una sua
è mai infallibile nelle cose politiche. Onde dunque saprò  io  indubitatamente che il suo comando è conforme in queste
e vi unirete così di nuovo. Per altro ne' vostri studii  io  molto mi conforto. So che il demonio mette il suo capo da
di prudenza che Iddio ci comunica: « in lumine ambulare ».  Io  sentirò volentieri il vostro parere sopra ciò; e a quello
vostre forze, e vedere se il peso è ad esse proporzionato.  Io  non vi dirò che una cosa sola: « che assumiate solamente
Sarà infine quello che egli vorrà: e sia benedetto.  Io  vi dico sinceramente che spasimo di venire nel mio caro
pazienza ed ilarità, colla quale Ella le riceve e sopporta.  Io  non so dirle, se non che questo è un fabbricarsi tale
dirle, se non che questo è un fabbricarsi tale corona, che  io  ben le invidio. La grazia del Signore fa pure le cose
caro nome di Maria un balsamo a tutte le nostre piaghe?  Io  vorrei ben sapere da Lei quante volte avrà sperimentato il
volontieri di questa Madre e Signora nostra, in quanto che  io  spero che Ella vorrà dire, anche per me, miserabile
fare regolari e compiti, tanto più gioverà. Ecco quanto  io  vi posso dire di questi due vostri nipoti, tanto a me cari
« Si non facio opera Patris mei, nolite credere ». Ed  io  ho pensato molte volte qual fosse la ragione, per la quale
non raccontò a Giuseppe l' apparizione dell' Angelo, ed  io  credo che fosse perchè non poteva darne prova, ed era tanto
dalle massime che si stabiliscono a principio. Dunque  io  giudico di somma importanza l' occuparci seriamente a
pazienza e vivere in pace, meditando sulle anime nostre.  Io  voleva partire di qui già è molto. Vedo che fu
qualche poco di tempo ancora, ma non molto. Sebbene  io  sia sempre al monte Calvario col mio pensiero e nella cara
i suoi disegni. Mio caro, pregate, come fate, per me.  Io  non celebro il santo Sacrificio che per voi, e per me
che non è intervenuta a formare. Ed è per questo che  io  credo che S. Giovanni dicesse che tutto ciò che è nel mondo
quello che si è nascosto ai nostri occhi. Ho perduto anch'  io  il padre e dei cari amici, ma immagino che stieno facendo
facendo un viaggio, dal quale aspetto che ritornino e che  io  li possa di nuovo riabbracciare. Gran conforto mi dà il
a me piace, perchè essi saranno la mia delizia, senza che  io  li perda più mai. Tutta la rassegnazione adunque nella
al piantare una istituzione che porterebbe questo effetto,  io  sono intimamente persuaso che non può essere opera di
Nulla dunque dee essere staccato da questi centri.  Io  son d' avviso che siamo venuti in tempi ne' quali nessuna
possibili. Contentiamoci adunque di stare al fatto:  io  sono veramente contentissimo di questo mio eremitaggio, e
sono pegni di un amor singolare, prezioso, sublime. Sebbene  io  sia pur troppo insofferente, tuttavia ogni qual volta mi
avere per la morte della povera Giovannina Patrizi, e che  io  divido con voi, mi stringe a scrivervi la presente per
vuole, ma in quel poco tempo s' odono le parole della vita.  Io  per me vi conforto a farlo quanto so e posso, e spero che
si potrà eleggere un capo stabile secondo le Costituzioni.  Io  ho vergogna a dirvi chi questi sia; ma la vostra carità sa
dite dello scoraggiamento che sentite nel vostro spirito,  io  credo che ciò sia voluto da Dio per farvi sperimentare l'
confacente, e cerca un riposo nel suo ben essere;  io  credo bensì che sia un giusto motivo da conoscere in noi
troppo vivo della prosperità e buona nutrizione del corpo,  io  confesso che è pure una gran pena per lo spirito, un gran
pena per lo spirito, un gran timore, una gran croce; ed  io  la provo continuamente. Tuttavia è l' intenzione dello
e chiamatemi fratello, se così vi piace, che me ne trovo  io  anche troppo onorato: ma via, per amore poi posso essere e
Signore aprirà il cuore del nostro Sovrano », ecc. poichè  io  stimerei meglio di non pensare a questa cosa: se l' opera è
suo esito: abbandoniamoci più ciecamente alla Provvidenza:  io  stimo che dobbiamo fare tutto quel bene che possiamo al
un luogo o nell' altro. Vi dirò poi anche quale intenzione  io  avrei. Non è già necessario di avere una positiva
in ogni modo, qualunque cosa si abbia in animo di fare, ed  io  ho gran fiducia di ottenerla per alcuni buoni indizi che n'
divina parmi che ogni dì s' acquisti nelle virtù religiose:  io  solo me ne resto come uno scoglio resistente al mare delle
d' un vantaggio all' umanità incalcolabile. Cotale stima ho  io  delle menti italiane! capaci per mio avviso di tutta la
Non si faccia meraviglia di questa grande stima che ho  io  degli ingegni e degli animi de' miei connazionali, per non
animi de' miei connazionali, per non vedere que' frutti che  io  accenno; perciocchè troppe cause mettono fin' ora
cercano concordemente, ma separati e senza quasi saperlo;  io  vedrei in questa tendenza un seme di grandi beni, e un
se non dalla radice divina del Vangelo. Non è già ch'  io  ammetta miglioramenti successivi nell' essenza del
della sua gentile lettera, che mi fa certa fede, non essere  io  punto dimenticato da Lei, anzi, ciò che io punto non
fede, non essere io punto dimenticato da Lei, anzi, ciò che  io  punto non merito, molto ben ricordato. Ma La ringrazio poi
indossando questa sacra divisa, che tanto indegnamente  io  pure porto, entra in un ufficio così consolante, così
agio, come se non l' avessero ricevuta, o peggio ancora.  Io  sono entrato in questo discorso quasi senza avvedermene; ma
di fare; perchè questa bella indifferenza, credola  io  la disposizione migliore per servire Iddio con sicurezza,
ben pensare che trafitture sianmi state al cuore, e quanto  io  senta l' amarezza del caso, sì per l' amore che io porto a
e quanto io senta l' amarezza del caso, sì per l' amore che  io  porto a lui, sì per la tenera amicizia che vi è fra di noi.
porto a lui, sì per la tenera amicizia che vi è fra di noi.  Io  ho raccomandato tosto a Dio il caro infermo e voi stesso
tutto è di Dio, tutto sacrifichiamo a lui col cuore.  Io  spero che il Signore ci salverà il caro Matteo, lo donerà
corso che prende la malattia e delle decisioni de' medici:  io  spero che il sangue lo salverà. Noi, vi ripeto, pregheremo
sempre estremamente pericoloso e contro le regole comuni.  Io  vi supplico dunque caldissimamente di non volere, di qui in
solo: noi lo facciamo ogni giorno in comune e in privato.  Io  dico sempre Messa per l' anima mia e per quella di coloro
Cristo, a cui solo sia onore e gloria, amen . Per quanto  io  sia misero e nullo nel regno di Dio, non ho potuto però a
almeno con altrettanta umiltà! Un indegnissimo adunque qual  io  mi sono, che non dovrebbe aprir bocca, non può d' altra
di unione e santa amicizia fra noi ecclesiastici. Per ciò  io  non posso che lodare molto il loro pensiero di essersi
di ricorrere a me, come fanno nella loro lettera; perchè  io  volessi servire loro di centro e di capo nella loro santa
e di capo nella loro santa corrispondenza. Iddio sa chi  io  mi sono; un vero nulla, un peggiore del nulla, perchè il
società del Calvario, nella quale non ci è nessuno a cui  io  sia degno di allacciare le scarpe. E giacchè tengo che sia
giorno che Iddio vuole fare egli tutte le cose, essendoci  io  piuttosto per figura che per altro. Miei cari consacerdoti
posso dunque dir loro circa la proposta che essi mi fanno?  Io  non mi ricuserò neppure a loro, se persistono nel loro
essi si dichiarano miei figliuoli in Gesù Cristo, ed  io  li abbraccierò per tali, se il Signore li conferma in
li conferma in questo volere. Ma, prima di fare ciò,  io  voglio che esaminiamo meglio la volontà di Dio, che è
quella sola che noi desideriamo di fare. A tal fine adunque  io  li prego caldamente di occupare i tre ultimi giorni di
qualche mortificazione di bocca: e il medesimo farò anch'  io  volentieri con Loewenbruck e con Molinari, che mi
medesima determinazione e persuasione; e quando ciò fosse,  io  non mi ricuserò punto di assumere nel Signore la loro
ciò si confermi nei loro cuori dalla voce dello Spirito,  io  comincierò ben volentieri a comunicare loro quelle
quest' oggi spero che mi sarà conceduto. In primo luogo,  io  non mi rifiuto, nè pure ora, dopo essermi raccomandato al
bonum et quam incundum habitare fratres in unum! » dico  io  sempre; e questa unità, per la quale è così dolce trovarsi
nel quale è pur dolce trovarsi e abitare insieme. Or  io  credo di non dover punto differire a comunicar loro qualche
e contraddistingue questo Istituto, ecco che cosa  io  suggerisco loro per ora. Conviene che ciascuno si faccia un
scrivano successivamente quelle regolette e que' mezzi che  io  un poco alla volta verrò loro indicando secondo l'
sacerdotale gravità e maturità. Questi tre esercizi per ora  io  credo opportuni per incominciare; e, se li trovano
vengono prescritti i suddetti esercizi: [...OMISSIS...] .  Io  spero che prendendo a fare con fervore e soprattutto con
sommo bene, nè far più conto alcuno di tutte l' altre cose.  Io  adunque attendo che mi informino dopo qualche tempo dell'
in succo e sangue, non basta averlo letto qualche volta; ed  io  n' ho veduto degli ottimi effetti, non già alla prima
abbracciatemi i compagni, ed amatemi nel Signore, come  io  v' amo. Ciò che potreste inculcare a Don Giulio si è che
questa affettuosa confidenza. 1.31 Ella mi fa cuore perchè  io  ponga mano alle teorie sociali. M' invita ad un arringo
è pure una causa medesima; e all' amor dell' unico bene che  io  m' abbia, è ben poco qualunque sacrifizio; è il tesoro nel
, di cui non ho finora messo in pubblico che la radice.  Io  desidero che questa radice prenda; se prende, apparirà
è pur troppo l' impazienza e la fretta. Nulla di meno  io  non m' arretro, e spero. E` nell' ordine della divina
e spero. E` nell' ordine della divina Provvidenza che  io  pongo molta fiducia ed in que' semi indistruttibili che l'
finisco. Supplico la loro bontà di orazioni per tutti noi:  io  celebro ogni giorno messa unicamente per me e per gli miei
la nostra piccola società: egli sia lodato in eterno.  Io  me ne devo restare qui qualche poco per affari appunto
qui direttamente dove le lettere mi vengono sicure.  Io  sono pur sempre al Calvario col cuore e in mezzo di loro.
vostro e suo. Ora me lo confermate e con più vivi colori.  Io  non so se non ripetervi quello che vi sapete, e che è pure
alla volontà del celeste Padre, anzi in essa giubilare.  Io  non vi dico altro, se non che tutte queste cose che già
che umilia innalzerà, quel Dio che mortifica vivificherà.  Io  non mancherò di aggiungere le mie povere orazioni
che della sua amatissima Madre, nostra gloria e letizia.  Io  me ne congratulo con voi, io ne ringrazio il cielo, io vi
nostra gloria e letizia. Io me ne congratulo con voi,  io  ne ringrazio il cielo, io vi scongiuro a perseverare su
Io me ne congratulo con voi, io ne ringrazio il cielo,  io  vi scongiuro a perseverare su questa via sino alla fine, ed
gli sforzi della nostra volontà, non la sana in noi. Perciò  io  vi consiglio e conforto a cercare tutti i mezzi possibili
la lettera che mi ha consegnata...... Ora mi permetta che  io  scriva quello che non ho potuto dire, per la ristrettezza
che si propone di assumere l' Istituto della Carità, come  io  il concepisco. Dissi già che questa obbiezione riposa sopra
determinate, si viene con ciò stesso ad assumerle tutte. Ma  io  rifletto che nessuno può mettere legge alla Provvidenza,
il Vangelo? La carità non è di sua natura universale? Posso  io  arbitrariamente prefiggermi di esercitare la carità solo
mia miserabilità è infinitamente lontana da queste cose: ed  io  non posso che trascinarmi per le vie le più ordinarie e
sarebbe uno di quei principii arbitrarii, ai quali  io  fo sempre guerra in tutte le cose. Sicchè gli esterni
e il sapere aspettare è di sommo momento per noi; che  io  sono nemico della fretta, e che mi è carissima oltre modo,
applicarveli. D' altro lato, mio caro, non crediate che  io  abbia fatto nessun giudizio sulla vostra condotta, ma
; e le apparenze mi davano da temere. Se dunque credete che  io  abbia fallato nell' esporvi anche i miei dubbi sulla vostra
esporvi anche i miei dubbi sulla vostra condotta, non solo  io  ve ne dimando umilmente perdono, ma anche mi sottometto ben
obbligo di scrivermi, secondo l' istruzione datavi, e che  io  v' avessi scritto due volte in quel mezzo. Riflettete
darmi la trista nuova del pericolo in cui era la casa. Ma  io  non voglio, mio caro, che con me usiate simiglianti
di tutto, passo passo, del bene e del male. Se poi  io  vi avrei consigliato ad andare a Torino, anche posta tutta
perchè ne ignoro ancora i fini particolari. Ma forse anco  io  avrei preferito di espormi al pericolo dell' occupazione
prendete dolcemente, e intendete in sano modo le cose che  io  v' ho dette. E non mi conoscete ancora? E non sapete ch' io
io v' ho dette. E non mi conoscete ancora? E non sapete ch'  io  non voglio, se non il bene? Sì, per la divina misericordia,
implorata ed ottenuta l' apostolica benedizione; perciò  io  mi fo animo di venire ai santissimi piedi notificando a
santa memoria di Pio VIII si era degnata di offrirmene ov'  io  le avessi dimandate, il che ho differito di fare fin adesso
dell' anima; oltre tutto ciò ed altri vantaggi,  io  veggo che ce n' avrebbe in ciò uno singolarissimo, qual è
in posto e in istato da contemplare tanta bellezza. Ah se  io  potessi trasfondere questo mio sentimento o anzi questo
per Cristo. In quanto alla casa di cui sono livellario,  io  la metto in pienissima disposizione del pubblico per farvi
del pubblico per farvi lo Spedale ; e anzi lo scriverò  io  medesimo al caro Bianchi, nella lettera che qui unisco.
insieme; ma ciascuno pensare da sè, scrivere e mandare.  Io  poi vi manderò, se ci sarà bisogno, un Regolamento
ne manchi uno solo. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.32  Io  temo che quelli ai quali Ella ha affidato l' esame delle
e la prima sua cooperazione ed appoggio, e possa  io  sperare che Ella me lo presti di tutta sua persuasione. Io
io sperare che Ella me lo presti di tutta sua persuasione.  Io  credo che l' opera sia adattata ai tempi, e che riuscirebbe
salute e della pace, « quae exsuperat omnem sensum ».  Io  qui sono consolato assai, perchè ho trovato le cose in
toglie dal dirvi pienamente rimesso in istato: ma spera ed  io  pure, che se n' andrà. Intanto questi son tutti sperimenti
a me, o voi tutti che affaticate e siete aggravati, ed  io  vi ristorerò » ». E quanto bene, che prima gli era
che a ciascun che soffre e che ama lui, dice: « Sono  io  stesso con lui nella tribolazione, e nel trarrò io fuori, e
« Sono io stesso con lui nella tribolazione, e nel trarrò  io  fuori, e lo glorificherò », patisce egli stesso con noi, e
a voi tutto il mio cuore, e per dirvi con quanta pena  io  mi stia da voi diviso di corpo (chè di spirito nol sono
progresso ne' santi vostri propositi. Non già che l' essere  io  vicino a voi possa arrecarvi qualche grazia, o che io possa
io vicino a voi possa arrecarvi qualche grazia, o che  io  possa molto colle mie parole aiutarvi e sostenervi nelle
amate, vuol saperne anch' il male. Oltracciò, conoscendo  io  la vostra carità e umiltà e la vostra dedicazione al
buona parte e in edificazione dell' uomo interiore, quanto  io  vi fossi per ripetere degl' insegnamenti del Signore,
fossi per ripetere degl' insegnamenti del Signore, sebbene  io  sia tanto indegno di proferirli. Ed è appunto per questa
che spero essere negli animi di tutti voi, che  io  voglio dirvi nella presente (ciò che farei a voce se
come de' nostri: questa non può esser che l' opera di Dio:  io  non v' entro, e non desidero se non quello che Dio Le
della perfezione non viene che da Dio, e perciò, sebbene  io  non La esorti punto a prendere il nostro Istituto, tuttavia
« in lege Domini voluntas eius »: nulla di più semplice, ed  io  credo altresì nulla di più dolce. Ciò dunque perchè si
in trovare i segni del divino volere. Senza questi, so  io  che lo studio, in ragion d' esempio, sia la strada della
salute? Quanti vi hanno trovato l' eterna dannazione! So  io  che la predicazione mi gioverà? Quanti, predicando agli
questo? Subito con un sentimento di bella umiltà diciamo: «  io  era in errore, ora ho conosciuto il vero: ne sia lode a
no. Per tal fine non fuggiamo la disputa accademica : anzi,  io  vi do per consiglio di cercarla voi stesso, ma sempre con
nella mia patria; e mi chiedete di voler entrar anch'  io  in parte della spesa necessaria per quest' opera. In quanto
per quest' opera. In quanto a quest' ultimo punto,  io  non mi ricuso; e scrivo al conte Salvadori di dar per me
al conte Salvadori di dar per me quella somma maggiore ch'  io  posso. Dopo di ciò però permettetemi, mio caro D. Paolo,
Dopo di ciò però permettetemi, mio caro D. Paolo, ch'  io  vi dica candidamente il mio sentimento, come si fa cogli
stessa, in quanto alla massima de' reclusori de' poveri,  io  ho variato di sentimento. Fu un tempo nel quale io
poveri, io ho variato di sentimento. Fu un tempo nel quale  io  accoglieva con entusiasmo tutti questi progetti e piani di
verginale somministra incessantemente ad un cuore benevolo.  Io  vi dico la verità, non sono più amante de' reclusori de'
scritto sopra di essi, e più di tutto dopo aver meditato  io  stesso sull' intrinseca natura della cosa. Egli è bensì
ciò che ho detto e ne sentirete la verità: ma ch'  io  l' abbia detto nol dite a persona del mondo, perocchè gli
la vostra condotta, l' incarico datovi vi diverrà, come  io  spero, una via diritta pel Cielo. Primieramente vi
stato dell' anima vostra che diligentemente mi descrivete,  io  spero bene, mio caro, nella misericordia di Dio. Io veggo
io spero bene, mio caro, nella misericordia di Dio.  Io  veggo che il Signore permette che l' inimico del bene vi
di amore? Dite tosto: questo è spirito di Dio, e  io  debbo secondarlo. E` all' incontro uno spirito di
è spirito del demonio che mi seduce, che mi violenta;  io  non voglio acconsentirvi, lo sofferirò come una
acconsentirvi, lo sofferirò come una tribolazione, ma  io  non lo seconderò, non opererò nulla dietro il suo
e non è considerata dagli uomini: tanto più ella è da Dio!  Io  spero che voi ne riporterete colla vostra costanza,
è soggetto ». La prima questione può essere controversa, ed  io  non l' ho mai definitivamente decisa. Ma la seconda non è
un' idra con cento capi e non potrebbe sussistere.  Io  non dirò dunque che l' Istituto della Provvidenza debba
non vede il bene, e la maniera di ottenerlo », oppure: «  io  sono chiamato da Dio ad evangelizzare questi popoli: dunque
in vocatione »: e non mutate col pretesto di maggior bene.  Io  veggo tutte le orribili conseguenze che si trarrebbe dietro
e per molte altre voi vedete adunque la risposta ch'  io  son disposto a dare, alla vostra lettera del 21 corrente.
son disposto a dare, alla vostra lettera del 21 corrente.  Io  non posso assolutamente concedervi nè pure ad tempus quella
Carità secondo la vostra lettera del 30 ottobre; o che  io  assuma i vostri impegni e che disaggravi voi dalla
minimo posto che giudicherò di assegnarvi al Calvario ».  Io  accetto questa seconda proposta, e vedrò in questa mia
per venire a Rovereto, dove vi fermerete in casa mia, ed  io  ci verrò pure tosto; mi direte tutti i vostri impegni,
1.33 Sabbato è giunto qui il caro vice7Superiore, ed  io  pure mi son qua recato tosto per conferire con lui.
intieramente rientrato in se stesso. Come vi aveva scritto  io  sperava che il Signore non avrebbe certamente abbandonato
»; ma dite più tosto: « forse Ella potrebbe aver creduto...  Io  temo non forse Ella, ecc. »: come vuole la modestia e la
un po' di pazienza offerendo la vostra croce al Signore.  Io  penserò intanto qualche via di consolarvi; e alla più lunga
mezzo secolo è materialismo. Storia di dolore e di sangue.  Io  li ho veduti gli uomini che negavano Dio, religione, virtù,
né cosa alcuna fuorché la vanità dei loro sistemi,  io  lo dico con profondo convincimento, non riuscirete. Avrete
sommosse, non la vera, la grande Rivoluzione che voi ed  io  invochiamo. Quella Rivoluzione, se non è una illusione
è lo scopo vostro; godere è il vostro diritto, perché  io  so che quella parola non può creare se non egoisti, e fu in
compirete se non migliorandovi e soddisfacendo al Dovere.  Io  v'ho additato, come meglio ho potuto, qual sia il Dovere
voler fare gli Esercizi per acquistare la compunzione; ma  io  voglio che li facciate per acquistare l' ilarità ed
il tiene stretto come si stringe il bambino alla madre.  Io  vi rivolgerò dunque le parole di S. Agostino
dovrà ragionare così: « La Religione cattolica è vera;  io  lo so perchè non posso negare la tal prova convincente:
veri tutti i singoli articoli della loro Fede : dunque  io  n' ho abbastanza, non debbo cercare altro per crederli:
laberinto, dal quale non so se potrò uscire. E intanto che  io  giro per le sinuose vie di questo laberinto, io non credo:
intanto che io giro per le sinuose vie di questo laberinto,  io  non credo: intanto io resto infedele alla verità
le sinuose vie di questo laberinto, io non credo: intanto  io  resto infedele alla verità conosciuta, e mi rendo ingrato a
S. Giovanni, che Ella pur ama. Mia signora Contessa,  io  aveva preso la penna per suggerirle qualche libro secondo
a Gesù Cristo: Credo, Domine, adiuva incredulitatem meam .  Io  stimo indispensabile a Lei per poter vincere d' un colpo
A conferma di questo gran principio suggerito dalla logica,  io  bramerei che Ella volesse trovare tempo da leggere una mia
a Dio. Se Ella amerà che, dopo letti gli accennati libri,  io  gliene suggerisca degli altri, ben volentieri lo farò. 1.43
sempre più la santifichi e consumi nella sua carità. Ora  io  ben devo pregarla, come la prego istantemente, di
buona strada, a malgrado delle continue opposizioni che  io  metto alle sue misericordie. Egli è infinitamente buono e
se dovessi pensare a me stesso, sarei disperato. E se  io  spero tanto, benchè del tutto infedele e mancante alle
più si glorifica colla sua liberalità verso i malvagi. Onde  io  mi propongo per questa ragione di voler sperare ancor più
E` ella contenta? Vuol Ella entrare in questa gara con me?  Io  credo di sì, e con tanta generosità, che m' aiuterà colle
dirigano. Giova sopratutto un buon Catechismo diocesano, ed  io  provo co' fatti che l' esser disposto secondo l' ordine
si potrà con piccoli passi ma sicuri giungere al molto.  Io  me Le offerisco tutto alla sua ubbidienza, e mi troverà
per una via sicura dalle diaboliche illusioni. Di poi,  io  vorrei consigliare quella persona ad acquistare un gran
è materia sufficiente per piangere mille anni. E che dico  io  mille anni? anzi per bruciare in eterno. Se una persona
ogni più gran sacrificio e di dare anche la propria vita,  io  suggerirei alla indicata persona due mezzi principali. Il
qualora lo pratichiamo assiduamente e con affetto sincero!  Io  consiglierei la nota persona a darsi all' orazione più
detta persona facesse degli atti esterni per umiliarsi: ed  io  le rispondo che gli atti esterni fatti con sincerità sono
della Svizzera? Iddio sa quanto ardentemente anch'  io  desidero la conversione di tante anime ingannate; ma vi
di quello che disse Cristo agli Apostoli: Rogate , anzi  io  metterò il verbo in prima persona, « rogemus Dominum messis
ut mittat operarios in messem suam »? Pretendete forse che  io  vi dica di più? pretendete che io sia di più di nostro
»? Pretendete forse che io vi dica di più? pretendete che  io  sia di più di nostro Signore? « Non est discipulus supra
sono da lui destinati a tant' opera; credete voi che  io  aspetterò le vostre preghiere e le vostre suppliche per
dell' ubbidienza e dell' indifferenza, al celeste Padre.  Io  mi accorgo, caro fratello, dalla vostra lettera che non
dolore in depor al mondo il Sole della giustizia, che anzi  io  tengo (e credo che voi pure lo terrete meco, perocchè io lo
io tengo (e credo che voi pure lo terrete meco, perocchè  io  lo tengo con autorità venerande e con tutti i devoti della
e lacera gli orecchi cristiani; non è da lasciarsi passare,  io  dico, senza qualche emendazione, ed io prego voi di
lasciarsi passare, io dico, senza qualche emendazione, ed  io  prego voi di procurarla questa emendazione a vantaggio de'
lettori, ne prego voi per l' amore che voi portate a Maria.  Io  per me non solo veggo che la divina Scrittura favella
della divina Scrittura, tutto ad onor di MARIA,  io  vo' che facciate un' altra osservazione, e non è l' unica
e scelte ad esprimere gli oracoli della divina rivelazione,  io  non mi trattengo dal dire, che quella frase orientale ed
Figlio fu riflettuta e rinnovata nell' anima della Madre.  Io  spero, anzi sono certo, che all' illustre e pio autore
stile e della erudizione, è pieno di affetto per MARIA, ed  io  credo che a lui stesso gradir dovrebbe l' udire cosa, da
mandare qualche vostra noticella ai direttori del giornale,  io  non ho minima difficoltà di permettervi, che li preghiate
esercizi? R. S. Ignazio. Sulle tracce di S. Ignazio  io  misi insieme il libro intitolato: « Manuale dell'
avrà già inferito, quanto sarei ora per dirle, cioè che  io  non consiglierei mai ad una società religiosa di pigliare
a lui, vittime immolate sull' altare del divino amore. « «  Io  sono venuto a portare il fuoco in terra » », Egli disse, e
è morto, e dove i suoi seguaci debbono pure morire. « «  Io  vi mando come pecore in mezzo ai lupi » » e anche questo,
incoraggia colle consolazioni al suo più fedele servizio.  Io  so, che Ella piena di Fede, e nutrita delle profonde verità
in una lettera; e perciò attutendo quel sentimento ch'  io  provo di continuo, direi quasi, di sdegno, Le dirò in
il prezzo, e perdendone molte perdon sè stessi. Di che  io  voglio raccogliere che la persona più di tutte importante
più ampi che non si costuma ne' Seminari a' dì nostri; ed  io  credo che la sua penetrazione volesse forse alludere a
cattolicismo del dottor Newman, e viene attribuita a V. S..  Io  pensai che, se questa lettera è veramente sua, a Lei non
se questa lettera è veramente sua, a Lei non dispiacerà che  io  soddisfi al bisogno del mio cuore che brama farle conoscere
è avvenuta per un atto di questa potestà ». Quando  io  lessi nella medesima lettera, che ciò che tiene lontane
sono le dottrine, ma alcune pratiche della Chiesa Romana,  io  ho concepito la più viva speranza, che Iddio, compiendo le
slegherebbe; si legherebbe e si slegherebbe a vicenda.  Io  confido nella retta intelligenza di V. R. e nel lume che Le
alla prima, alla terza, o alla sesta ora della giornata,  io  non vorrei che egli aspettasse a venire a lavorare nella
vero non credebant »: i primi fanno la strada agli altri.  Io  credo che quelli che si unirono testè alla Chiesa
tutte le umane calamità! Tali sono i sentimenti che  io  veggo in Lei, mio caro Marchese, e di cui io pure traggo
sentimenti che io veggo in Lei, mio caro Marchese, e di cui  io  pure traggo come in questa, così in ogni altra sciagura
accelerare il momento della beatitudine di quelle anime.  Io  unirò certamente le mie povere preci alle sue ed a quelle
copiosamente consola. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.46  Io  spero che vedrò il sig. Newman, che Ella menziona nella
è così grande, e, se mi permette di dire, così cieco, che  io  credo che sarebbe impossibile di far rientrare nella Chiesa
di rito, inducendole al rito latino od altro; o almeno  io  giudico che per tali nazioni sarebbe uno sforzo assai più
l' efficacia del pubblico culto sul sentimento religioso,  io  credo, che una delle principali massime della Chiesa
che vi scorga a ben giudicare delle cose presenti.  Io  non dubito che il movimento italiano sia ordinato da Dio a
da ringraziarnelo a sufficienza. Del rimanente ancora  io  vi ripeto essere io persuasissimo che tutto ciò che accade
a sufficienza. Del rimanente ancora io vi ripeto essere  io  persuasissimo che tutto ciò che accade di bene e di male,
e a tremare per la gioventù in questo secolo nequam! Quand'  io  considero i rischi d' un giovane in mezzo al mondo, reputo
temeva potergli diminuire la pienezza della mercede. Sì,  io  lo conobbi intimamente questo caro nostro fratello, che fu
donatoci da Dio, perchè noi ne caviamo copioso profitto.  Io  intanto mi sono subito a Dio rivolto, sia per offerirgli il
esempio, a cui tutti i cristiani debbono conformarsi. Ed  io  menzionavo le dolcezze che non avete ancora sperimentate,
di Verona, le quali non mancano, e non mancherò di mandarvi  io  stesso delle commendatizie. Quindi potrete avere soccorsi a
coraggio nel Signore; non mancate all' espettazione che  io  e l' Istituto abbiamo posto in voi, e non mancherete, se
recitare nelle famiglie giornalmente il santo Rosario; ed  io  bramerei che tutti i nostri missionari si prefiggessero d'
quali tutti vanno in Chiesa col loro libretto di preghiere.  Io  vorrei dunque che tutti i nostri missionari si
della mente umana e la speranza dell' eterna felicità,  io  ho sottoposte le molte e molte volte con pubbliche e
Santa Romana Chiesa di cui sono figlio. Beatissimo Padre,  io  bramo modificare tutto ciò che ci fosse da modificare nelle
miei scritti. Egli mi proporrà la dottrina della Chiesa, ed  io  la sottoscriverò ciecamente. Qualunque cosa nelle mie opere
Cardinale Mai, di contrario alle decisioni di santa Chiesa,  io  con giubilo la ritratterò e la condannerò. Io voglio
santa Chiesa, io con giubilo la ritratterò e la condannerò.  Io  voglio appoggiarmi in tutto sull' autorità della Chiesa, e
voglio che tutto il mondo sappia che a questa sola autorità  io  aderisco, che mi compiaccio delle verità da essa
contro alle infallibili sue decisioni. Nello stesso tempo  io  desidero ardentemente, e, se oso supplicare Vostra
condurmi in queste circostanze. In conseguenza di che  io  mi dirigerò domani verso Capua per trattenermi qualche
». Confido grandemente che qualora anche nelle mie opere  io  avessi inavvertentemente scritto cose erronee e perniciose,
misericordia di Dio Signore mi userà indulgenza, non avendo  io  mai cercato altro colle mie povere fatiche che la sua
Qualunque decisione poi fosse per emanare dalla Santa Sede,  io  l' accoglierò con tutto l' animo mio e mi vi conformerò con
l' animo mio e mi vi conformerò con gioia, non cercando  io  di sostenere le mie opinioni, ma le dottrine della Santa
suo fratello in Gesù Cristo, quale appunto da parte mia  io  Le sarò sempre e quale ho l' onore di dichiararmi umil.mo
di cuore, e me ne sono anche pubblicamente professato,  io  le dichiaro di sottomettermi alla proibizione delle
la vuole, cioè che la permette pe' suoi adorabili fini, ed  io  perciò ne sono contentissimo. Sono ormai certo che verrà
venga comunicato il motivo o la ragione della proibizione.  Io  mi sommetterò pienissimamente al decreto, come è cosa
Cardinalato. Tuttavia, per le ragioni stesse che voi dite,  io  mi devo trattener qui fino che non mi sia noto
», nel quale si dicono molti errori evidenti ed eresie.  Io  ne sto componendo una risposta, la quale mi sembra dover
ma venendo proibito il mio libro, non conviene più che  io  la stampi, perchè sembrerebbe che volessi difendere una
e darei nuovo appiglio ai nemici. Le ragioni, per le quali  io  vi prego di non fare alcun fatto in questa bisogna, sono: 1
dal cessare, si incalorirebbe vie più; 3 perchè non essendo  io  consapevole di aver fatto, detto o scritto cosa alcuna
questi avvenimenti nascono molti beni; e fra gli altri  io  ne vedo uno, del quale sono a Dio gratissimo, e questo si è
altro impiego prender parte agli affari di questo Governo!  Io  sarei intieramente sacrificato senza produrre alcun bene
può più parlare della ristampa del libro delle « Piaghe ».  Io  vi ho sempre tutti nel cuore, e vi metto ogni dì sulla
1.49 Ringraziamo il Signore, il quale ora permette che  io  sia preso assai di mira anche da persone, che moltissimo
, e la Costituzione ; e vi riusciranno per certo non avendo  io  alcuna via aperta a difendermi. Io mi sommetterò alla
per certo non avendo io alcuna via aperta a difendermi.  Io  mi sommetterò alla condanna con tutta la sincerità del
quale vuole provarci, o permettere a Satana di cribrarci.  Io  mi fermerò in Albano, dove convivo coll' Em.mo Tosti in
Qualora voi poteste senza inconveniente venire in Italia,  io  ve lo permetto: nè sarebbe da tardare per non incontrare la
operette che mi avrebbe fatto indicare da Mons. Corboli,  io  per desiderio di uniformarmi colla più saggia esattezza
che fosse a noi benevolo. Ringraziamone di nuovo Iddio:  io  mi sono sottomesso alla proibizione ciecamente, benchè mi
nella sua misericordia che me ne continuerà il dono, com'  io  ne lo prego, e voi altri meco. [...OMISSIS...] 1.49 Gli
questa tranquillità sia cosa mia propria: perchè ben so che  io  sarei in balìa di ogni perturbazione e passione, se Colui
siete, mi aiutino a ringraziarlo anche di questo, il che  io  non so fare nè degnamente, nè bastantemente. E di vero
E di vero quanto non sarebbe stato facile che  io  mi turbassi ad un annunzio così impreveduto, se non altro
disse: « « Ove due o tre di voi si uniranno nel nome mio,  io  sarò nel mezzo di loro » », distenderà le sue ali, sotto le
che sarebbero state poste all' Indice le due note operette,  io  sapevo che il decreto era stato fatto il 30 maggio e
Palazzo m' aveva scritto officialmente per domandarmi se  io  mi sottomettevo. Per quantunque improvviso mi sia riuscito
con consolazione dell' animo mio, pensando che così ed  io  e l' Istituto sentiremo meglio di essere nelle mani paterne
caldamente, perocchè egli ce lo darà. [...OMISSIS...]  Io  mi sento a segno tale contento, che altrettanto non fui
dal Piemonte, dove conto ritornare, giacchè va da sè,  io  credo, che il Cardinalato, che il Papa mi obbligò di
furono coperte le spalle di Gesù Cristo. Coraggio adunque!  Io  partirò pel Piemonte entro i prossimi quindici giorni, ma
prudente sospetto, se dai colloquii avuti col Santo Padre  io  dovevo anzi indurre tutt' altro? Già molto prima il Santo
che i miei avversari avenano la veduta corta d' una spanna.  Io  l' aveva veduto anche il 9 giugno e i giorni successivi
queste parole: « stanno esaminando le sue opere », il che  io  intesi di qualche esame privato, di cui mi sarebbe
sulla quale è certo che non ha parlato ancora la Chiesa.  Io  credo che se voi conosceste le circostanze in cui si
l' avvenuto. Persuadete dunque il caro Bertetti, che  io  nulla vi tenni nascosto di quello che seppi, non vi ho
dal Signor Nostro Gesù Cristo. Questa giustizia voleva che  io  mi sottoponessi, con sincerità di cuore, al decreto dell'
i luoghi infetti di colera, restituirmi al nido di Stresa.  Io  non so più nulla dell' affare del Cardinalato, dopo esser
partito da Gaeta, e dopo la proibizione; ma quello che  io  credo si è che non avrà luogo alcuna promozione alla
d' ogni specie che vi si mescolarono, impedirono che  io  mi sottomettessi con tutta la sincerità del cuore a ciò che
empi e indifferenti ai negozi religiosi. Comecchè sia,  io  mi sono ciecamente sottomesso a quel decreto, com' era mio
che la nostra unione sia tolta, o almeno differita.  Io  credo che non ci saranno promozioni alla porpora prima che
mutata la deliberazione del Papa, benchè nessuno avviso  io  ne avessi. In questa oscurità e contraddizione di
avessi. In questa oscurità e contraddizione di avvenimenti,  io  penso di tornare per intanto a Stresa ed ivi aspettare l'
che mi farà conoscere la volontà divina. Tu già sai che  io  nulla omisi per declinare l' onore e il peso del
come tutte le cose sembrano tornare nello statu quo , anche  io  ritorno nello statu quo ; non è certamente questo che mi
atto doveroso per ogni figliuolo della Chiesa, di cui  io  sono l' ultimo; nè per grazia di Dio un tale avvenimento mi
Chiesa e del prossimo, ma dichiarando in pari tempo che  io  non mi reputava il giudice di ciò che potesse convenire ai
convenire ai tempi ed alle circostanze, e quindi che  io  sottometteva ogni cosa al giudizio supremo della Chiesa
offesi alcuni Governi tenaci delle nomine vescovili; benchè  io  credessi in buona fede, che la libertà delle elezioni
di doversi manifestare, si mettono dalla parte contraria.  Io  però non veggo tutte le cose presenti della nostra
dell' opera del P. Lacunza, del quale, parlando  io  una volta col Papa, mi assicurò egli stesso, che in quel
forma nella quale s' instituiscono i Sacerdoti in Europa.  Io  credo che si dovrebbe studiare per trovare un modo d'
che richiedesse la missione particolare a cui si destinano.  Io  vorrei che, se Iddio ci dà la grazia di vedere istituito e
di filosofia. All' incontro se si preferisce l' India,  io  credo che noi dovremmo tentare una strada diversa da quella
alla lingua indiana e l' indiana antica, la sanscrita.  Io  credo che non si è fatto ancor molto in quel popolo, perchè
studi che debbono essere a Londra e in altre Università.  Io  bramerei che consideraste tutte queste mie riflessioni, e
dirigesse al vero la loro intenzione. Una cosa nondimeno  io  vi dirò sulle generali, e questa si è, quanto alla prima
vi abbia qualche copia di quell' eccellente libro che  io  raccomando ai nostri Predicatori, e che ha per titolo: «
e della fede che in noi si aumenta coll' orazione. Onde  io  dicevo che questa non riesce di minor conforto e
attenuare, come si suol credere, il dolore ai compazienti,  io  bramerei ch' Ella potesse vedere nell' anima mia; poichè in
della religiosa disciplina ed obbedienza. Queste cose  io  vi metto sott' occhio, o carissimo, e quell' amore che vi
porto in Cristo, com' è mio debito, farà che di qui avanti  io  tenga gli occhi aperti specialmente sopra di voi, per
mie tribolazioni, e dei conforti che con ciò mi porgete.  Io  posso dire veramente col Salmista: [...OMISSIS...] . E
per fare alla lotta con Dio, siccome Giacobbe. Questo  io  mi aspetto da voi, carissimo D. Michele, che facciate
stringe, e da lui domanda incessantemente aiuto e soccorso.  Io  v' insegnerò dunque ad uscire dai pericoli e dalle angustie
letterina che non abbiate ben inteso lo spirito di quanto  io  vi ho scritto. Non trovate voi nella mia lettera
dallo stato di tentazione in cui vi trovate? E` vero che  io  non v' ho detto di essere disposto a trasportarvi in un'
Nella prossima settimana, se il tempo me lo permette,  io  verrò a trovarvi, come tanto desidero e vi condurrò meco
che ci rimangono. Gli educatori e le educatrici, che  io  in qualche modo dirigo, e che già si giovarono della «
e validi conforti alla laboriosa e difficile vocazione.  Io  ne ringrazio V. S. anche a loro nome. Ma con questo solo
più certo Le sia dunque il pensiero che oso soggiungerle.  Io  sono persuaso che l' uomo (e molto più la società) non
vostra del 26 corrente i difetti di alcuni nostri fratelli.  Io  voglio darvi alcune regole per arrivare a toglierli, se si
le intenzioni già manifestate sulla mia persona, facendo  io  precedere qualche spiegazione declaratoria di quelle
Pontefice, nella mia risposta in data 30 maggio p. p.  io  esprimevo la profonda mia riconoscenza verso Sua Santità, e
che: « il desiderio esternatole da Sua Santità sarebbe, che  io  scrivessi un' operetta in opposizione a quella intitolata «
disegni, sui quali si era già aperto con me ». Eminenza,  io  non posso che ripetere quello che più volte ho detto, cioè:
di tutte le Chiese; Che in ubbidienza alla detta Chiesa  io  sono pronto a fare qualunque dichiarazione, correzione o
dal Santo Padre; Che per fare alcuna delle dette cose,  io  ho bisogno che mi venga indicato quali siano in particolare
perchè mi si comunichi quello che in particolare  io  debba emendare, correggere o ritrattare. In quanto poi a
quali si era già aperto con me », Eminentissimo Principe,  io  non ho mai scritto una linea, nè ho mai fatto un passo per
ho mai fatto un passo per appianarmi la via al Cardinalato.  Io  considero quest' onore come un peso spaventoso, non da
che sarei stato ben presto Decano e poi Cardinale.  Io  non accettai nè questo invito nè altri posteriori. Fu la
di elevarmi nel prossimo Concistoro ad una tal dignità.  Io  feci quello che potevo per declinare un tanto onore; ma
ad accettarlo per ingiunzione di chi mi poteva comandare,  io  abbassai il capo e l' accettai. Non per lusinga della mia
come ora dicono i miei nemici, ma sulla parola del Papa  io  mi sottomisi alla gravissima spesa per fornirmi delle cose
per rispetto alla parola del Sommo Pontefice. Ora però  io  mi sottometto con vero gaudio di spirito alla diversa
a tutti gli altri. Sapevano quel che desideravano. Ma  io  voglio che desideriate ancora più di meritare, che di
di goder Cristo, dicendo anche voi collo stesso Apostolo: «  Io  desidero di essere separato (dal godimento di Cristo) per
attribuire la scarsezza delle mie lettere a poca carità che  io  abbia verso di voi, perchè il Signore sa che io vi porto
carità che io abbia verso di voi, perchè il Signore sa che  io  vi porto nel cuore e vi offerisco a Lui ogni giorno sull'
d' entrare nel minimo Istituto della Carità. Avendo  io  conservato copia di quella mia risposta, mi permetta che
Istituto ne' santi Esercizi colla debita ponderazione,  io  non credo di doverle tacere (poichè me ne domanda
ma piuttosto per rassegnazione che per amore. E pure  io  vorrei che la faceste proprio per amore . V' assicuro che
con diffidenza dal vostro Superiore. Mio caro Marco,  io  non so certamente come la cosa sia; ma non vorrei che fosse
ma non vorrei che fosse una vostra illusione o tentazione.  Io  so di certo che cotesto vostro Superiore vi ama, e potrebbe
che il Vescovo stesso gli accordasse; neppure in questo  io  vedo come ragionevolmente si possa bramare di più.
i reverendissimi Vescovi entrassero in questo spirito, ed  io  spero che presto o tardi sarà, dall' Istituto trarrebbero
in alcuni sacerdoti secolari. [...OMISSIS...] 1.51 Ho letto  io  stesso con tenerezza la sua lettera. Ella si conforti pure
A questo riflesso costante aggiungiamo le preghiere (anch'  io  ne farò e farò fare): quelle che facciam al presente,
che a me va facendo il soverchio zelo di alcuni; così  io  mi sento mosso dalla riconoscenza e dalla carità reciproca,
poi dicono nella loro venerata lettera una verità che  io  riconosco per esperienza, cioè che la presente tribolazione
Iddio li difenda dal maligno. [...OMISSIS...] 1.51 Anch'  io  ho conosciuto che, come voi dite nella carta che m' avete
Dio, qualunque cosa appaia davanti agli occhi degli uomini.  Io  giudico dunque che voi non solo siete obbligato gravemente
fratello: spero che lo farete, e sarete consolato, ed  io  godrò della vostra consolazione. 1.51 L' incomodo d' un
e di scrivere, unito alle occupazioni, fu cagione, che  io  differissi finora a riscontrare la pregiatissima sua
rimarranno al di sotto del luogo dell' anima nostra.  Io  so, mia veneratissima Signora, che questi sono i suoi
ha nel suo seno l' impari, il numero definito . E questa  io  credo essere nova ragione, per la quale l' uno si diceva
siccome abbiamo veduto essere l' ente espresso dal vocabolo  IO  «( Psicol. , pag. 61 e seg.) », e siccome vedremo anche in
di tutti, e quella che sostiene tutti i modi.  Io  non intendo qui ricercare, se la materia e l' ente (privo
e finalmente la parola «chora» che vale recettacolo , e che  io  credo veramente sia adoperata da Platone per indicare lo
origine degli oggetti ideali, e de' loro eccelsi attributi.  Io  ho già citato altrove questo passo della sublime operetta
si pensa questa possibilità, non si pensa al tempo: laddove  io  posso pensare lo spazio, non già senza la possibilità de'
non si possa prescindere col pensiero dallo spazio. Quand'  io  penso ad un' idea, o ad uno spirito, non penso allo spazio.
o ad uno spirito, non penso allo spazio. Ora non potrei  io  limitare il mio pensiero a pensare a tali cose immuni
individui possibili: per esempio, col concetto uomo  io  conosco tutti gli uomini possibili in quanto sono uomini.
magico d' incantare tanti spiriti della sua nazione. Ma  io  voglio qui notare di più una peculiar lotta che si
determinare un altro essere col predicato della sapienza;  io  debbo prendere la sapienza in genere, e non mica la
di tutti i suoi oggetti, così ci dà la distinzione dell'  IO  da tutti gli altri innumerevoli oggetti che alla coscienza
oggetti che alla coscienza appartengono. La coscienza dell'  IO  ci dice bensì, che quest' io è il principio consapevole, ma
La coscienza dell' IO ci dice bensì, che quest'  io  è il principio consapevole, ma ci dice in pari tempo, ch'
gli innumerevoli oggetti della coscienza, ci dice che l'  IO  ha una relazione con tutti gli oggetti, ma che non ha la
distinta dalla natura dell' IO. Così, quando  io  affermo me stesso da una parte, e dall' altra affermo un
tutte queste cose per enti diversi. Vero è, che sono sempre  io  quell' istesso, che le conosco tutte, il che non vuol dir
che le conosco tutte, il che non vuol dir altro, se non che  io  ho con tutte la relazione di conoscenza. Ma quella
consapevole. Con eguale improprietà egli dà il nome di  IO  a quella inconsapevole coscienza, cioè non coscienza, ch'
sola esperienza degli organi sensorii. Onde pone due IO: l'  IO  assoluto, e l' IO empirico posto dall' Io assoluto. Ma se
organi sensorii. Onde pone due IO: l' IO assoluto, e l'  IO  empirico posto dall' Io assoluto. Ma se vi ha un principio
pone due IO: l' IO assoluto, e l' IO empirico posto dall'  Io  assoluto. Ma se vi ha un principio che pone l' Io empirico,
dall' Io assoluto. Ma se vi ha un principio che pone l'  Io  empirico, questo principio non può essere una coscienza, nè
coscienza; e però non sarà mai, e poi mai un Io; giacchè l'  Io  è per sua propria essenza una consapevolezza. Qualora
intelligente, il quale è dato dalla natura, altro è l'  Io  , il quale è quello spirito già sviluppato e però
67 7 .1) ». Ma da che fu mosso Fichte a dare il nome di  Io  a ciò che si trova nell' uomo di antecedente alla
all' Io, onde cadde nell' assurdo d' ammettere due  Io  nello stesso soggetto? (1). Da quel principio male
l' incongruenza con parole appiccicate, dando il nome d'  Io  e di coscienza a ciò che non era nè Io, nè coscienza. Quel
oggetti. Fichte fa questo ragionamento: [...OMISSIS...] .  Io  non so se si possa dare un ragionamento più contraddittorio
più contraddittorio di questo. Si comincia dal dire che l'  Io  è una coscienza, e si finisce col provare che deve esistere
coscienza, e si finisce col provare che deve esistere un  Io  che non può venire a coscienza! Il ragionamento anzi prova
a coscienza! Il ragionamento anzi prova che non v' ha un  Io  solo, come v' ha una sola coscienza; ma che anteriormente a
Io, vi è l' uomo senza coscienza, e che non è propriamente  Io  in senso diviso, come dicono i logici, ma solo in senso
i logici, ma solo in senso composto (1). La proposizione: «  Io  so di me solo in quanto io sono, e io sono in quanto io so
composto (1). La proposizione: « Io so di me solo in quanto  io  sono, e io sono in quanto io so di me », contiene appunto
La proposizione: « Io so di me solo in quanto io sono, e  io  sono in quanto io so di me », contiene appunto il sofisma
« Io so di me solo in quanto io sono, e io sono in quanto  io  so di me », contiene appunto il sofisma che i logici dicono
compositionis et divisionis; perocchè nella proposizione «  Io  sono in quanto so di me », la parola Io può avere due
proposizione « Io sono in quanto so di me », la parola  Io  può avere due significati: può significare semplicemente l'
significati: può significare semplicemente l' uomo (dove l'  Io  è preso in senso composto), e viene a dire, « quell' uomo
composto), e viene a dire, « quell' uomo che poi pronuncia  Io  », nel qual senso si chiama un Io l' uomo, non perchè col
uomo che poi pronuncia Io », nel qual senso si chiama un  Io  l' uomo, non perchè col solo esser l' uomo sia un Io, ma
significare l' uomo avente la coscienza, e pronunciante l'  Io  (dove l' Io è preso in senso diviso), venendo propriamente
l' uomo avente la coscienza, e pronunciante l' Io (dove l'  Io  è preso in senso diviso), venendo propriamente a
pone l' Io, cioè la coscienza di sè, quando dice me (2). L'  Io  adunque precisamente non è l' uomo, ma è un accidente dell'
propria causa. La conclusione adunque di Fichte: « « Il mio  Io  è dunque solo in quanto egli si pone ed in quanto egli è
egli è attivo: l' azione è il carattere fondamentale dell'  Io  » », non hanno valore, se non tradotte in quest' altre: La
nella coscienza il solo oggetto, e non il soggetto; cioè  io  posso esser consapevole di qualche oggetto reale o
consapevole, potrebbe essere uno spirito, potrei essere  io  stesso; e in tal caso la natura sensibile (in quant' è
che la natura, il mondo, sia condizione senza la quale l'  Io  non possa avere coscienza; purchè gli sieno dati altri
richiede assolutamente l' esistenza del mondo a far che l'  Io  acquisti coscienza, potendo egli a ciò venire per altre
non è mica sempre un nostro atto, o un nostro abito. Se  io  sono consapevole di pensare una montagna, sono consapevole
principio, « che l' azione di porre sè stesso supponga un  Io  puro ed assoluto »; quest' azione altro non suppone, che
atto del conoscere. Quando poi si è posto e denominato  Io  , allora questo spirito, che acquistò tale modificazione
la denominazione d' Io, con un' altra riflessione sopra l'  Io  , pone di nuovo l' Io; ma il ponente non è un altro
mediante una nuova riflessione. E` dunque falso che l'  Io  ponga sè stesso, essendo vero solamente, che lo spirito
sè stesso, essendo vero solamente, che lo spirito pone l'  Io  presso quest' Io come significativo di quella coscienza,
vero solamente, che lo spirito pone l' Io presso quest'  Io  come significativo di quella coscienza, che non è l' essere
sè stesso, dice Io. E` falso parimente, che si abbiano due  Io  nello stesso uomo, l' uno ponente e puro, l' altro posto ed
vedere la sorte dell' errore. Fichte insegna, che v' ha un  Io  assoluto che pone l' Io empirico , dove si trovano tutte le
Fichte insegna, che v' ha un Io assoluto che pone l'  Io  empirico , dove si trovano tutte le cose, il Mondo stesso;
si trovano tutte le cose, il Mondo stesso; così fa dell'  Io  un essere infinito, Creatore, Dio. Ebbene viene Hegel: e
tutto il ragionamento di Fichte, ne conclude, che questo  Io  assoluto ed infinito è il NULLA; perocchè, se deve porre
dunque nell' atto di porsi, nulla è ancor posto, nè pure l'  Io  che pone; perocchè, se fosse posto, non avrebbe bisogno di
essere e non essere. Applichiamo quest' osservazione all'  Io  di Fichte che pone sè stesso. Quest' Io altro non è che il
osservazione all' Io di Fichte che pone sè stesso. Quest'  Io  altro non è che il principio dell' atto di cui l' Io posto
Quest' Io altro non è che il principio dell' atto di cui l'  Io  posto è il termine. Così lo descrive lo stesso Fichte,
Così lo descrive lo stesso Fichte, quando dice, che l'  Io  puro è superiore all' Io empirico, dove cade la differenza
stesso Fichte, quando dice, che l' Io puro è superiore all'  Io  empirico, dove cade la differenza del soggetto e dell'
punto d' indifferenza . [...OMISSIS...] Ebbene, se quest'  io  è il principio dell' atto, pel quale sussiste l' Io termine
quest' io è il principio dell' atto, pel quale sussiste l'  Io  termine di quest' atto; dunque egli si potrà bensì
esistenza dell' umana coscienza non si può acquetare nell'  Io  puro ed astratto di Fichte; ma esige un' altra ragione
di Fichte; ma esige un' altra ragione fuori al tutto dell'  Io  umano, e veramente assoluta, la qual ragione è IDDIO. Ma
argomento . - Esso è difettoso pe' seguenti capi: 1 L'  Io  non può porsi prima d' esistere: dunque non v' è un Io che
1 L' Io non può porsi prima d' esistere: dunque non v' è un  Io  che ponga sè stesso; 2 la coscienza di sè può aversi senza
non potesse essere senza il mondo, ciò non prova che l'  Io  ponga il mondo, ma solo che affermi il mondo già per sè
è limitato; ma non viene da questo la limitazione dell'  Io  ; perocchè potrebbe esservi uno spirito che conoscesse il
altronde. II Altro suo argomento . - Senza ammettere che l'  Io  ponga il mondo, non si può spiegare l' azione che l' Io
l' Io ponga il mondo, non si può spiegare l' azione che l'  Io  esercita sul mondo. [...OMISSIS...] Giudizio sull'
. - Esso pecca in molti punti, cioè: 1 Niuno dice che  Io  sia unicamente un essere passivo, ma passivo in parte e in
nel sistema di Fichte; e tanto meno se si suppone che l'  Io  ponente sia un Io assoluto ed infinito. 3 Fichte trova
Fichte; e tanto meno se si suppone che l' Io ponente sia un  Io  assoluto ed infinito. 3 Fichte trova impossibile che, se l'
stesso atto con cui è passivo. Non si possono negare all'  Io  moltiplicità di oggetti, di atti, di facoltà, di leggi. Non
Non già; ma, credendo di spiegarla, egli vuole che l'  Io  stesso produca a sè la resistenza e l' opposizione. Con
se prima era difficile intendere come l' attività dell'  Io  potesse trovare una resistenza nel mondo, ora rimane questo
più la difficoltà molto maggiore come sia possibile che l'  Io  stesso sia l' autore d' un ente che gli resiste e lo
come condizione dell' azione e della coscienza che l'  Io  vuol porre. E quanto poi non è arbitraria e strana quest'
sufficiente può assegnare il filosofo nostro, perchè l'  Io  si sia riserbato questa quantità determinata di potere, nè
da lui prodotto? E s' ella è così, dove oggimai si trova l'  Io  assoluto ed infinito? E` perito per sempre, come quegli
come li spiegano. Li descrivono prima come produzioni di un  Io  precedente senza coscienza di sè, e tuttavia ASSOLUTO e
Veramente chi ha coscienza (presso di loro sarebbe l'  Io  empirico) è qualche cosa di più di quello che non ne ha. Ma
o consimili parole: « era necessario che così avvenisse: l'  Io  doveva così operare: ne aveva proprio bisogno per porre sè
sistema. D' altra parte Fichte dice: « « Tostochè l'  Io  comparve a sè stesso nel mondo, egli dovette per legge
» ». Ma datemi un poco la ragione sufficiente: 1 Perchè l'  Io  sia comparso nel mondo più tosto in un tempo che in un
loro più la madre, morta nel darli alla luce? 3 Perchè l'  Io  non pone e crea sempre questa stessa linea d' antenati? ma
regola si aggraticciano ed impediscono. Il concetto di un  Io  assoluto produttore dell' Io empirico, in Fichte non è mai
impediscono. Il concetto di un Io assoluto produttore dell'  Io  empirico, in Fichte non è mai il medesimo; ma ora ei pone
altra. 1 Abbiamo veduto che l' ebbe posto in questo, che l'  Io  pone sè stesso. « Ma, non potendo avere tale proposizione
si usciva (ed era contraddizione manifesta) col supporre un  Io  anteriore alla coscienza e causa di questa (1). Intanto
e creatrice delle cose. Egli dice « che ogni tendenza dell'  Io  va a parare a quel punto, dove esso può sollevarsi dal
pago se non si solleva all' infinito. Di che deduce che l'  Io  stesso, che ha questa tendenza, è infinito, assoluto. « L'
stesso, che ha questa tendenza, è infinito, assoluto. « L'  Io  si sente assoluto (così ragiona Fichte), e però
via dal mondo, e avvicinarsi allo stato assoluto. L'  Io  assoluto è quella idea che serve di base alle esigenze
quella idea che serve di base alle esigenze pratiche dell'  Io  « di comprendere in sè ogni realità », e di assolvere l'
in sè ogni realità », e di assolvere l' infinità. L'  Io  tende ad essere realmente assoluto, ma si trova in ogni
del mondo, riformando sè e il mondo su di essi. Tendendo l'  Io  ad una assoluta illimitazione, egli dirige i suoi sforzi a
soprasensuale dell' Io: solo a questa condizione l'  Io  è assoluto. Tutta la moltitudine degl' ideali, tutte le
non è del tutto reale; esso è per ora un ideale che l'  Io  ha di sè, e giusta il carattere dell' Io resterà sempre un
un ideale che l' Io ha di sè, e giusta il carattere dell'  Io  resterà sempre un Ideale. Solo adunque in quanto l' uomo ha
della Germania. Essi dicono in sostanza: « l'  Io  tende ad uscire dai suoi limiti; dunque ha un ideale di sè,
idea coll' Io, l' oggetto col soggetto. Si accorda che l'  Io  abbia l' intuizione di un essere illimitato, ideale; ma si
, che sta nel fatto lampante della umana cognizione. Se l'  Io  occultamente produsse l' oggetto, questa produzione occulta
la pena di scrivere diversi volumi per dimostrare, che  io  sono al tutto psicologista, ed egli solo è il vero
a levare da sè tutti i limiti, essa coscienza, che è l'  Io  empirico, non può esser Dio, ma solo tende a rendersi
di Fichte? E` l' idea infinita dell' Io; quello che chiama  Io  puro, e che pone l' Io empirico: ponendo questo Dio non si
infinita dell' Io; quello che chiama Io puro, e che pone l'  Io  empirico: ponendo questo Dio non si esce dall' Io umano. E`
pone l' Io empirico: ponendo questo Dio non si esce dall'  Io  umano. E` un Dio ideale che continuamente tende a
come è falso che l' ideale dell' uomo sia quello di un  Io  senza limitazioni di sorte alcuna; giacchè, togliendo all'
senza limitazioni di sorte alcuna; giacchè, togliendo all'  Io  tutte le limitazioni, egli perderebbe affatto la propria
e diverrebbe un altro essere: nè egli è possibile che l'  Io  desideri di perdere l' identità sua propria; quando anzi è
infinito, ragione delle cose, Iddio. E veramente: I Quest'  Io  puro di Fichte non ha coscienza, appartenendo la coscienza
di Fichte non ha coscienza, appartenendo la coscienza all'  Io  empirico. Ma un assoluto, e un Dio senza coscienza, non può
un assoluto, e un Dio; ma piuttosto uno stipite. II L'  Io  puro di Fichte non può esser libero , perchè la vera
esiste se non qual conseguente de' beni conosciuti. Ma l'  Io  puro non conosce come tale cosa alcuna, e perciò egli opera
e dagli altri trascendentali, quando pretende che l'  Io  sia sommamente libero appunto perchè pone sè stesso.
esprime questo pensiero: [...OMISSIS...] . 1 Ora, se l'  Io  si conosce perchè si determina, dunque innanzi a tale
necessità. 2 Si dice che la determinazione che prende l'  Io  non ha fondamento ulteriore: ma le determinazioni che non
adunque ricorrere ad un essere che stà al di fuori dell'  IO  umano per rinvenire la ragione sufficiente di questo, e
andati sulla sua via è un assoluto in potenza; perchè è un  Io  che ha bisogno di porre sè stesso, e che quando si pone
e limitato, non può essere assoluto. Non v' ha dunque un  Io  umano che sia un ente assoluto . Ora la ragione sufficiente
campo del cielo. Egli era stato costretto a stabilire un  Io  che non aveva più niente dell' Io umano, e di dare a quest'
costretto a stabilire un Io che non aveva più niente dell'  Io  umano, e di dare a quest' Io le prerogative opposte a
che non aveva più niente dell' Io umano, e di dare a quest'  Io  le prerogative opposte a quelle dell' uomo; e tuttavia il
la sua filosofia, lo costringeva ad affermare che quest'  Io  era l' uomo, o parte dell' uomo; quasichè coll' affermarlo
che non è. Era stato spinto fino ad affermare, che quel suo  Io  « non era già l' Io individuale proprio di questa o di
spinto fino ad affermare, che quel suo Io « non era già l'  Io  individuale proprio di questa o di quella persona, ma un Io
Io individuale proprio di questa o di quella persona, ma un  Io  elevato sopra ogni individualità, sopra ogni soggettività
individualità, sopra ogni soggettività ed oggettività: un  Io  comune a tutte le idee razionali; non già l' Io di Kant, ma
un Io comune a tutte le idee razionali; non già l'  Io  di Kant, ma l' Io di tutte le possibili intelligenze ».
a tutte le idee razionali; non già l' Io di Kant, ma l'  Io  di tutte le possibili intelligenze ». Confessava egli bensì
indiretta che se ne potea dare stava in questo che « quell'  Io  DOVEA esser presupposto, perchè altramente non si poteva
non si poteva spiegare la coscienza ». Onde, mentre l'  Io  evidentemente esprime un individuo che pronunzia sè stesso,
per non abbandonare il sistema, a dire che il suo  Io  non era individuo, togliendogli così ciò che forma l'
parola. Egli era già in fatti uscito dall' uomo, perchè l'  Io  a cui ricorreva per ispiegare l' esistenza dell' uomo,
sua nuova opera intitolata « Sistematica » (1), alla parola  Io  sostituì finalmente la parola Dio . Se questo filosofo
filosofo avesse potuto vivere una vita due volte più lunga,  io  credo, che, come rinvenne da questo error capitale, così
quello che nel primo suo sistema Fichte aveva detto dell'  Io  puro, nel secondo lo dice di Dio; il che dimostra aver
compreso il nostro filosofo, che non si potea ridurre l'  Io  empirico all' Io puro senza fargli perdere la sua identità,
filosofo, che non si potea ridurre l' Io empirico all'  Io  puro senza fargli perdere la sua identità, senza cessare di
le manifestazioni dell' ente a due supreme entità: I L'  Io  puro nel suo primo sistema; nel suo secondo sistema Iddio .
suo primo sistema; nel suo secondo sistema Iddio . II L'  Io  empirico nel suo primo sistema; nel suo secondo sistema l'
suo primo sistema; nel suo secondo sistema l' Umanità . L'  Io  empirico , ossia l' umanità , viene suddivisa in a ) Io , e
L' Io empirico , ossia l' umanità , viene suddivisa in a )  Io  , e b ) Non7Io - Spirito e Natura. All' Io empirico non
suddivisa in a ) Io , e b ) Non7Io - Spirito e Natura. All'  Io  empirico non disdice il nostro filosofo tutte le forme di
ragione sufficiente, immaginò quello che egli chiama l'  Io  puro , il quale nè si conosce per veruna esperienza, nè
oggetti nuovi se non illusoriamente, e in tal caso il suo  Io  puro , che non si potea afferrare coll' esperienza,
illusione trascendentale; 2 Era uscito dalla sfera dell'  Io  umano , perocchè la parola Io esprime un ente consapevole
Era uscito dalla sfera dell' Io umano , perocchè la parola  Io  esprime un ente consapevole che pronuncia sè stesso, e
un ente consapevole che pronuncia sè stesso, e quest'  Io  che pronuncia sè stesso, e che è l' umano, non sa nulla del
ateo, il condusse, come dicemmo, a sostituire Iddio al suo  Io  puro, dove aveva collocato l' assoluto. E questo fu l'
per aver tratto l' universo dall' Io, e invece fa uscire l'  Io  dall' universo come un prodotto. Udite con che audacia ed
essere, senza che possa mai passare nel fatto. Infatti « l'  Io  puro, secondo Fichte, deve sempre porsi in un modo
un modo compiuto, assolutamente, travasandosi tutto nell'  Io  empirico, senza che possa mai venirne a capo, benchè a ciò
sopra il punto culminante della filosofia di Fichte, l'  Io  puro , per le ragioni che adduce nella lunga discussione
parole voglion dire che non si può ridurre ogni cosa all'  Io  , come voleva Fichte, perchè nel concetto dell' Io s'
all' Io , come voleva Fichte, perchè nel concetto dell'  Io  s' acchiude la relazione con un oggetto che rimane diverso
il mondo materiale si rimanesse come cosa morta fuori dell'  Io  puro . Onde pretese di levarsi ad un punto più elevato di
levarsi ad un punto più elevato di Fichte, sostituendo all'  Io  puro , l' intuizione dell' assoluta identità . Ma Hegel
mente e l' idea fu da noi esposta nel « Nuovo Saggio »:  io  prego il lettore di averla ben presente (2). Quando io
»: io prego il lettore di averla ben presente (2). Quando  io  penso l' essenza di un ente, per esempio, l' essenza dell'
a principio, come dicevo, non soggiaccia all' intuito.  Io  non so capire come, essendomi spiegato su ciò tante volte e
come fa tra gli altri il signor abate Gioberti, che  io  ammetto per oggetto dell' intuito il meno possibile (1):
(1): ancor peggio poi si fraintende e si altera ciò che  io  dico quando mi si imputa di ammettere un' idea possibile .
non può concepirsi senza qualche attualità ». Ma, lungi che  io  neghi l' attualità all' essere ideale, dico anzi ch' egli è
e fa apparire assai più bella e più fulgente la luce.  Io  credo prezzo dell' opera l' osservare come avvenga che la
camminasse su un terreno tutto di pania. Non è bisogno che  io  vi dica che questo nasce a cagione della limitazione della
in se stesso, e a dire ingenuamente quel sapientissimo: «  io  non lo so ». Che cosa dunque fa egli? A dirvelo in termini
a tal termine, ragiona seco medesimo in questo modo: «  Io  non intendo che cosa sia questo ideale e questo reale , io
Io non intendo che cosa sia questo ideale e questo reale ,  io  non me li so definire; dunque collocheremo questa
Ma se vogliamo parlare sul serio, voi tutti direte meco,  io  credo, che il nostro Filosofo con questa conclusione che
contro la moralità filosofica; il dire: « quello che  io  non ho saputo trovare, neppure dagli altri si troverà »è
che si fa a tutto il genere umano. Il dire: « quello che  io  non intendo non esiste »è un peccato contro la verità, un
conoscer qualche cosa di quel che cerchiamo. E qualche cosa  io  confido che noi ricaveremo nella ricerca che stiam per
intera. Venga qua Raffaello, venga Canòva: voi vedete che  io  non chiamo in mezzo a noi dei Filosofi, ma degli artisti.
di cui il colore e il marmo si fa espressione ed indizio?  Io  credo che non faccia bisogno di grande penetrazione per
una obbiezione che sarà nata forse nelle vostre menti.  Io  diceva che il progresso naturale del pensiero che contempla
dall' oggetto e scopo dell' atto? Altro è l' atto con cui  io  scrivo, e altro è lo scritto che resta in sulla carta;
mancan del tutto nell' ideale. Mi spiegherò con un esempio.  Io  vedo che la natura dei corpi è distintissima da quella
vuole ancora sulla prima. Così, a ragion d' esempio, quando  io  penso ad un bracco o ad un segugio idealmente considerato,
prima nè più nè meno; a quella stessa maniera come quando  io  entrando in una vasta galleria, dopo aver veduto un quadro,
alla fine di essa, e fermatomi sull' ultimo quadro, benchè  io  non pensi più ai quadri precedenti, ma a questo ultimo
ma a questo ultimo solo, tuttavia non si dirà mai che  io  ho trasformati i quadri l' uno nell' altro, i quali restano
l' ideale. Se non che nella conclusione del ragionamento  io  m' accorgo d' aver parlato inesattamente, e devo or
è più grande è anche più concepibile. Ma no, non è così ch'  io  dovea dire, miei signori; io doveva dire, che anzi il solo
Ma no, non è così ch' io dovea dire, miei signori;  io  doveva dire, che anzi il solo ideale è concepibile, e che
un corpo o un sentimento, lo produciamo noi forse? Niuno,  io  credo, dirà che il conoscere sia lo stesso che il produrre,
veduti. Ma fu appunto per prevenire questa obbiezione, che  io  vi chiamavo a riflettere, che un' idea che differisca anche
idea che si compone? No, perchè le parti esistono. Ma  io  non dimandava questo: dimandava, se il tutto risultante da
anch' ella dall' albero del mio giardino? In questo caso  io  non potrei intuirla che andando nel mio giardino, non
un oggetto reale qualunque; sia un uomo. Nell' uomo reale  io  distinguo la testa, le mani e le altre parti del corpo. Ma
distinguo la testa, le mani e le altre parti del corpo. Ma  io  posso vedere che tutte queste cose sono anche nell' idea
cose sono anche nell' idea corrispondente: nell' uomo reale  io  distinguo il colore, le forme, le più piccole
nella loro idea? Non solo la sostanza dunque dell' uomo  io  posso contemplar nell' idea che gli risponde, ma ben anco
risponde, ma ben anco tutti affatto i suoi accidenti; ed  io  sfido chicchessia a trovarne un solo che non sia idealmente
che anche la realità sia nell' idea, in questo senso che  io  posso pensare una realità possibile: ora se io penso una
senso che io posso pensare una realità possibile: ora se  io  penso una realità possibile, io vedo la realità nell' idea,
realità possibile: ora se io penso una realità possibile,  io  vedo la realità nell' idea, conosco nell' idea che cosa sia
se trova de' sintomi straordinarj e insoliti, egli dice: «  io  non conosco questa malattia; mi è nuova ». Che cosa vuol
comune, che di tutte le filosofiche scuole. Poichè quando  io  dico della stessa cosa: « ella è in potenza, ed ella è in
del mio discorso non varia, anzi è del tutto il medesimo,  io  predico dello stesso subjetto ora la potenza ed or l' atto.
subjetto ora la potenza ed or l' atto. Se non fosse così,  io  non potrei mai dire, che una cosa ora è in potenza , ed ora
nell' oggetto si conosce appieno la natura. Ma come posso  io  sapere, che fuori dell' oggetto ideale vi ha qualche cosa?
che fuori dell' oggetto ideale vi ha qualche cosa? Certo  io  nol potrei dire se io fossi un tal ente così affisso all'
ideale vi ha qualche cosa? Certo io nol potrei dire se  io  fossi un tal ente così affisso all' ideale, che fuori dell'
ideale, che fuori dell' atto dell' intuizione dell' ideale  io  non fossi nulla, non avessi altra attività. Ora io ho dell'
ideale io non fossi nulla, non avessi altra attività. Ora  io  ho dell' altra attività anche fuori di quell' atto. Se
le mie attività si riducessero a contemplar l' ideale,  io  non esisterei, per così dire, che nell' ideale. Ma io ho
io non esisterei, per così dire, che nell' ideale. Ma  io  ho indubitatamente qualche cosa che è fuori affatto dell'
qualche cosa che è fuori affatto dell' ideale; anzi  io  con tutto me stesso sono fuori dell' ideale, perchè io sono
anzi io con tutto me stesso sono fuori dell' ideale, perchè  io  sono un sentimento sostanziale modificabile. Ora se io m'
io sono un sentimento sostanziale modificabile. Ora se  io  m' accorgo che sono fuori dell' ideale, e che fuori dell'
modificazioni e tutto ciò che cade nel sentimento; dunque  io  posso affermare, che fuori dell' ideale c' è qualche cosa.
ideale in quanto che l' ideale ne mostra la natura. Se  io  non avessi l' idea non potrei conoscere certamente il mio
Ma posciachè questa essenza mi è data nell' ideale,  io  posso conoscerla ed affermarla in me stesso. Vero è, che
cognizione stessa mi è data nell' idea, perocchè conoscendo  io  nell' idea la natura del sentimento, conosco altresì che il
fuori dell' idea. Che cosa dunque mi fa bisogno, affinchè  io  possa affermare che io sussisto e che sussistono le cose
cosa dunque mi fa bisogno, affinchè io possa affermare che  io  sussisto e che sussistono le cose che operano in me? Nient'
l' esperienza, il sentimento medesimo; giacchè conoscendo  io  nell' idea questo sentimento, ed io stesso
giacchè conoscendo io nell' idea questo sentimento, ed  io  stesso esperimentandolo, mi accorgo che quel sentimento,
dunque e l' identità mia propria, per la quale d' una parte  io  contemplo la natura del mio sentimento nell' idea, dall'
provo ed esperimento il sentimento medesimo, fa sì ch'  io  conosca come quel sentimento che già mi è noto, attualmente
quasi direi una negazione di cognizione. Perocchè con essa  io  vengo a negare implicitamente, che la realità, come tale,
colla quale solo ella è conoscibile. Qui voi mi direte che  io  supposi in tutto questo ragionamento che l' uomo quando
limitati. Vi farà forse qualche maraviglia, o signori, che  io  abbia detto che ogni idea speciale, in quant' è idea , s'
si può benissimo conoscere il rappresentato? - Confesso che  io  non vedo tutta questa chiarezza di luce; perocchè io
che io non vedo tutta questa chiarezza di luce; perocchè  io  domando alla mia volta: quando io penso e parlo della città
di luce; perocchè io domando alla mia volta: quando  io  penso e parlo della città di Firenze o di Roma da me
più che de' piccolissimi vestigj di queste moli sì grandi,  io  trovo difficilissimo a spiegare come io possa pensare ad
moli sì grandi, io trovo difficilissimo a spiegare come  io  possa pensare ad esse e parlare di esse - Ma non è
vostre osservazioni, miei riveriti maestri, ma perdonate se  io  bramo che mi sciogliate con tutta pazienza le difficoltà
Veramente mi duole che tutto il mondo s' inganni; ma per me  io  non saprei separarmi da tutto il mondo per unirmi al vostro
che abbiamo percepite, quando eravamo in Firenze - Ma ora  io  non vi domandavo ancora come pensiate al reale; io volevo
- Ma ora io non vi domandavo ancora come pensiate al reale;  io  volevo prima di tutto, che fosse deciso il fatto, se ci
vi piace - Come capite male le cose! Sicuro, che finalmente  io  penso e parlo di Firenze reale, ma io ci penso e ne parlo
che finalmente io penso e parlo di Firenze reale, ma  io  ci penso e ne parlo per via d' immagini a quella stessa
- Sì; ma resta sempre vero che per pensare a Firenze  io  non ho bisogno d' altro che delle immagini che me la
e così è spiegato il fatto che voi trovate inesplicabile -  Io  non dico che sia inesplicabile, ma dico che ci ha delle
potete voi trovare in ciò? - Primieramente, affinchè  io  sappia che una cosa me ne rappresenta un' altra fedelmente,
sappia che una cosa me ne rappresenta un' altra fedelmente,  io  devo già sapere, che c' è quest' altra cosa rappresentata,
provano che anche senza le immagini della cosa percepita,  io  posso conservare la cognizione della sua sussistenza,
d' averlo veduto cessasse nell' animo mio; supponiamo che  io  mi dimenticassi intieramente d' aver mai veduto quella
fisonomia che pure mi sta presentissima all' anima: ho  io  in tal caso conservato la cognizione del reale? No
del reale? No certamente; perocchè quell' uomo di cui  io  immagino la fisonomia, le fattezze, le vestimenta, non so
so più dire a me stesso, se sussista veramente, oppure se  io  veda un puro fantasma. Dunque la cognizione del reale non
pel quale l' uomo è persuaso che l' ente sussista, ne abbia  io  l' immagine o no. Ma qual' è dunque l' ufficio delle
pure quando l' immagine è così viva che m' inganna, che  io  la prendo per una sensione esterna, per una percezion
certo ente reale opera nel mio sentimento; per l' immagine  io  conservo la memoria dell' attività dell' essere reale,
dell' attività dell' essere reale, percepito, su di me;  io  la conservo questa memoria così fresca come se io avessi
su di me; io la conservo questa memoria così fresca come se  io  avessi presente quell' attività e la sentissi operar su me
è conoscere quella natura che a me è conoscibile; poichè  io  non posso conoscere come sia fatto un ente reale sensibile,
un' azione nel mio sentimento. Questo è tutto ciò che  io  posso conoscere del reale come reale. Ora questo modo del
caso, che ella appartiene alla cognizione ideale; perocchè  io  posso saper benissimo che un dato ente p. es. un uomo, è
sensioni, è atto a suscitare in me il tale fantasma, ma so  io  ancora per ciò solo, che l' ente che ha quest' attitudine,
ma indirettamente; influiscono in quanto che quando  io  affermo che sussiste un reale, la mia cognizione riesce più
conosco nell' idea la natura di questo reale che affermo, e  io  conosco tanto più questa natura, quanto più conosco gli
ossia che non lo sappiamo. Ma parrà forse a voi strano, che  io  riduca la cognizione positiva che aver noi possiamo della
nel nostro sentimento. - Avete ragione, o signori, e però  io  mi propongo d' entrare in questo argomento nella prossima
dalla riflessione, e che non reincida nelle tre annoverate?  Io  sfido chicchessia a indicarcela. Nissun filosofo l' ha mai
prime, dalle quali partono tutti i suoi ragionamenti. Ora  io  chiamo appunto cognizione positiva « quella che riguarda le
dico animale non intendessi dire l' essenza dell' animale,  io  non direi nulla; poichè tolta via l' essenza dell' uomo non
tutte e tre queste maniere di idee negative. Che cosa penso  io  nell' idea dell' Autore dell' universo? Nient' altro che la
non cade sotto i miei sensi e il mondo. In questo concetto  io  penso un ente; ma poichè io non l' ho menomamente percepito
e il mondo. In questo concetto io penso un ente; ma poichè  io  non l' ho menomamente percepito col sentimento, egli è per
egli è per me un ente che non so come sia fatto. Or se  io  non sapessi niente affatto di lui, nol potrei distinguere
è quella di causa. Le relazioni dunque con ciò che  io  conosco positivamente, mi fanno conoscere degli esseri che
conosco positivamente, mi fanno conoscere degli esseri che  io  non conosco positivamente: ho dunque di essi una cognizione
sono un fonte d' idee negative. Veniamo ai generi . Se  io  sapessi, che in un parco di fiere si mostra un animale
si mostra un animale peregrino; ma ignorassi qual fosse,  io  avrei di quell' animale una cognizione negativa in gran
negativa in gran parte, ma non però in tutto; poichè  io  saprei almeno che egli è un animale, e l' idea generica
che egli è un animale, e l' idea generica dell' animale  io  l' ho cavata dal mio sentimento, giacchè so che cosa è
del negativo; ma ancor meno dell' idee generiche. Così se  io  sapessi, trovarsi un uomo in un dato luogo, e nulla di più;
sapessi, trovarsi un uomo in un dato luogo, e nulla di più;  io  ignorerei a dir vero s' egli è uomo bianco o di colore, e
e tanto l' animalità quanto la ragione sono due cose che  io  conosco positivamente pel mio proprio sentimento. Nell'
e tuttavia ella ritiene ancora non poco di negativo; poichè  io  non penso con essa molte qualità accidentali dell' ente,
di tutti i suoi accidenti e qualità sensibili. Così se  io  penso all' immagine d' un fiore, d' un cavallo, d' un uomo,
fiori, cavalli, uomini, perfettamente uguali, allora  io  penso un ente con un' idea al tutto positiva, che noi per
con quella distinzione non si possa abbattere facilmente.  Io  vi recherò in esempio quell' erroneo e mostruoso sistema di
più. Pure non è questa, miei signori, l' applicazione che  io  vi chiamo a fare della nostra analisi alla confutazione del
da Vincenzo Gioberti come religiosissimo, senza voler  io  punto toccare la religione del suo autore, è più che mai
Ora ditemi che ve ne pare? Non altro ve ne può parere,  io  credo, se non che questa dottrina è panteismo apertissimo e
apertissimo e manifestissimo. Permettete, miei signori, che  io  vi legga qui un luogo di questo caldo avversario del
che ben prevede dovergli essere apposta. [...OMISSIS...]  Io  non so, miei signori, come si possa professare il panteismo
e predica questo non so se filosofo, o pur profeta! Ed  io  ben credo che se potessero rinascere, maravigliati di tanta
sotto ad un sì nuovo stendardo, se non che, miei signori,  io  temerei che questo stendardo che si fa ora sventolare agli
il nostro bandierajo, e torgli di mano l' insegna, perchè  io  suppongo, miei signori, che voi siate già al fatto di tutto
professare con ciò appunto un sistema di panteismo. Poichè  io  sono ben certo che voi tutti sarete meco d' accordo in
sua è una dottrina riputata panteistica. Ma concedetemi che  io  vi legga anche questo brano, in cui egli va preconizzando i
l' oggetto e il termine immediato della scienza è Dio.  Io  non so, miei signori, come si possa professare più
religione! Tale è la pretensione del signor Gioberti, ed  io  credo, come v' ho detto nella precedente lezione, che deva
ortodosso. Egli avverte, che i panteisti [...OMISSIS...] .  Io  non mi fermerò, o signori, ad osservare la poca proprietà
al Gioberti piace rispondere così: [...OMISSIS...] .  Io  credo che voi altri stupirete a queste parole. Stupirete a
che il nero sia il nero, e che il bianco sia il bianco.  Io  non ho mai saputo, che vi sia stato un tal uomo al mondo, e
che così espone il pensiero dello Spinosa: [...OMISSIS...]  Io  lascio riflettere a voi stessi sull' eco che di questa
che « « le idee delle cose finite sieno Dio stesso » »?  Io  non so, a dir vero, se si possa asserire ch' essa sia stata
e riprendiamo le giobertiane parole. [...OMISSIS...]  Io  non mi fermerò qui, miei signori, ad osservare tutte le
possono vedere; e le vedono in Dio i celesti comprensori. -  Io  non so se io debba far parlare il Gioberti con sì poco
e le vedono in Dio i celesti comprensori. - Io non so se  io  debba far parlare il Gioberti con sì poco senno teologico;
all' effetto, e finalmente nessuno di buon senno dirà,  io  credo, che invece di percepir le cose direttamente e
e tant' altre che il tempo mi vieta di riferire. Ma  io  non posso nulladimeno abbandonare ancora l' argomento
chiamarvi ad altre importanti considerazioni, le quali  io  mi riserbo ad esporvi in un' altra lezione. Noi
alla guisa dell' autore che esaminiamo, permettete ch'  io  vi accenni il panteismo stoico, e che vi legga un passo
messe ogni qual volta apriamo i suoi libri dovecchessia.  Io  credo non dovervi rincrescere che noi spendiamo ancora
[...OMISSIS...] . Così alla facc. .5 della citata lettera.  Io  non voglio già qui fermarmi, o signori, ad osservare quante
addusse dell' esistenza del Supremo Essere (1). Dove  io  vorrei pure poter dare al signor Gioberti almeno lode di
imperfettissima che corre fra l' infinito e il finito » »;  io  passo all' accusa di panteismo, ed esamino tosto se questa
frase così bugiarda. La messe è tanto ricca, o signori, che  io  vi tratterrei di soverchio, se ne volessi fare l' intera
di soverchio, se ne volessi fare l' intera raccolta.  Io  m' ero proposto di esaminare in questa lezione che cosa
e più ancora perchè elle propriamente non gli informano. Ma  io  voglio chiamarvi a considerare più attentamente un' altra
del suo panteismo. Ma che direste, signori miei, se  io  vi dimostrassi che dopo avere egli sbandito nel fatto il
è l' Ente necessario, l' Ente necessario non ha radice, nè  io  so che i filosofi od i teologi abbiano mai fin qui parlato
e Dio e la sua trasformazione per averne la percezione. Ora  io  credo che a ciascuno sia facile il decidere sulla ricerca
comprenda qualche elemento inintelligibile » ». Manca, se  io  non erro, la proprietà dell' espressione in queste parole;
per la quale nella citata Tavola delle umane potenze,  io  abbia collocata l' integrazione (facoltà della Teologia
tutto straniere al sentimento; poichè l' uomo stesso, come  io  ho dimostrato nell' « Antropologia », è un sentimento.
e questo è quanto apparisce chiaramente da tutto ciò che  io  n' ho scritto in più luoghi, e ch' Ella potrà veder di
certo egli è per me un fatto assai onorevole, pregiando  io  l' altezza dell' ingegno e anco la bontà dell' animo che
d' esservi giunti (1). E qui, a ragione d' esempio,  io  mi persuado che il teologo torinese non avrebbe posto così
delle cose, se egli avesse posto attenzione a quanto  io  dissi in più luoghi circa l' essenza, la sostanza, la
qua e là toccate, che trattate alla distesa, non avendo  io  pubblicato per anco nè l' Ontologia, nè le scienze che l'
di recente da me pubblicata, e probabilmente a Lei nota,  io  dimostrai darsi veramente un diritto di dominio ed un
dal quale possiate congiunti sacrificare alla Patria.  Io  non so se sarete felici; ma che così facendo, anche di
queste carte alla buona istituzione della nostra gioventù,  io  crederò di avere troppo bene speso il mio tempo e i miei
che mi fecero prender questa fatica, e s' accorgeranno,  io  spero, che al battito del loro cuore risponde quello del
del mio. Vengo ora ad espor brevemente, da quale aspetto  io  creda di dover riguardare la materia per non ripetere
la soluzione lucida e feconda del problema propostoci.  Io  dovrei adunque cominciare dal supporre, che il lettore
quelli a cui mancassero tali notizie possano seguirci,  io  verrò qua e colà intromettendo le nozioni ideologiche
naturale e necessario dei pensieri che noi cerchiamo. Se  io  veggo una rosa bianco7gialla, io non potrei primieramente
che noi cerchiamo. Se io veggo una rosa bianco7gialla,  io  non potrei primieramente classificarla tra le piante7fiori,
poteva presentarmisi alla mente, se non a condizione che  io  prima avessi fatto un altro pensiero, quello onde ho
nella mia mente i fiori da tutte le altre piante. Se  io  poi dico di più meco stesso, che quel fiore appartiene alla
quel fiore appartiene alla famiglia delle piante rosacee,  io  dimostro con ciò che oltre all' aver distinto i fiori dalle
appartiene alla famiglia de' rosacei ». Ma se tra i rosacei  io  passo a distinguere le rose egli è evidente, che devo aver
devo aver fatto almeno tre pensieri prima di ciò; perocchè  io  non posso distinguere le rose dai rosacei, se non ho
altre piante. Con un somigliante discorso si trova, che  io  non posso affermare meco stesso, che quella sia una rosa
nè posso finalmente riconoscere che la rosa, che  io  vedo, sia tra le bengalesi quella che chiamasi da'
distinzioni di più oltre le precedenti. Si noti bene che  io  parlo di pensieri chiari e che non si fermano a saper solo
il nome ignorando la cosa nominata; perocchè certo, che  io  posso sapere come il bianco oggetto che io vedo si chiami
certo, che io posso sapere come il bianco oggetto che  io  vedo si chiami Adelaide di Como senza sapermi che egli sia
e conduciamolo al rosaio dell' Adelaide. Onde comincerò  io  la lezione che intendo dargli, supponendolo tenerissimo e
e non mai stato nel giardino, nè veduti fiori, nè piante?  Io  posso prender tre vie per insegnargli a far tutte le
di operazioni sia a lui più comoda, più agevole a farsi. Se  io  voglio condurlo dall' individualità alla generalizzazione,
piace condurlo dalla generalità all' individualizzazione,  io  comincerò a dirgli che quell' individuo è una pianta, poi
qual sia più e qual meno moltiplice e complicata. Se  io  dico al mio fanciullo (che suppongo come dicevo a primordŒ
quel suono che vien pronunciato a' suoi orecchi. Ma quando  io  vo innanzi colla mia lezione e gli dico di più, che delle
un nome comune a molti oggetti simili. Che, se dopo di ciò  io  gli mostro un' altra rosa denominato Saffo, è ben probabile
quantunque diversa al colore, ha le fattezze simili.  Io  gliela farò distinguere additandogli il vivo colore di
un terzo errore preso dalla sua mente. Perocchè prima, che  io  gli mostrassi la Saffo egli non conosceva che delle
che prima non ci poneva. Veniamo ora al terzo passo;  io  m' ingegnerò di fargli capire che tanto le Adelaidi, come
a quanto avessero di comune. Or poi il nome comune, che  io  gl' insegno di rose7bengalesi, richiama la sua attenzione a
che è comune a entrambi, e che è quello di rose7bengalesi.  Io  voglio condurlo a conoscere una classe ancora più estesa di
rose in genere. A tal fine seguendo la via intrapresa,  io  devo ricominciare a fargli conoscere allo stesso modo, com'
anzi di più un quinto, che è il seguente: Quando dopo aver  io  mostrato l' Ammirabile , e la Graziosa al mio tenero
l' Ammirabile , e la Graziosa al mio tenero discepolo,  io  gli domando: « quale sarà il loro nome comune, »egli tosto
e la Graziosa siano quattro varietà della stessa classe.  Io  lo aiuto a correggere questo suo errore collo svelargli,
dalle damaschine . Solamente giunto a questo punto  io  posso fargli osservare che tanto le bengalesi , quanto le
fiori di quegli arboscelli per delle rose. Ma vi ingannate,  io  gli dico, fanciullo mio; quelli oggetti che voi vedete non
è rosa. Allora egli in virtù della parola rosacei , che  io  gli fo suonare all' orecchio, porrà attenzione a ciò che
distingue le rose da lui conosciute da rosacei , che ora  io  gli mostro; e così correggerà per la decima volta gli
le rose sono rosacei, ma non tutti i rosacei sono rose.  Io  devo dunque tornar da capo cominciando dall' individuo
e dall' errore altrettante si rilevò. Andiamo innanzi.  Io  devo far distinguere al mio fanciullo i rosacei dagli altri
al mio fanciullo i rosacei dagli altri fiori. Se  io  gli mostro un giglio o il gelsomino, e gli domando cosa
non conosce ancora alcuna classe più estesa di questa.  Io  devo dunque dirgli, che ciò che vede non è un rosaceo, ma
della parola rosacei ; che è il ventesimo terzo. Ma se  io  volessi poi fargli intendere che le parole giglio e
errori indicati per ogni famiglia, a conoscer la quale  io  lo conduco; sicchè sommando tutti gli errori pei quali egli
gelsomini, ne avremo sessantasette o in quel torno. Quand'  io  gli dico che tanto i rosacei, quanto i gigli, come pure i
quanto i gigli, come pure i gelsomini sono de' fiori,  io  gli emendo con questa denominazione comune a quelle tre
un bel pesco rosseggiante di pesche mature. Domandandogli  io  come si chiama, egli mi dice un fiore , perocchè non
nocciolo, e poi a fruttari in genere; egli è chiaro, che  io  dovrò fargli entrare nella mente altri settantun concetti
gran classe da lui prima conosciuta, quella de' fiori;  io  potrò innalzarlo al concetto delle piante in generale,
detto fin qui. La prima osservazione si è, che quello che  io  supposi, prendere cioè il fanciullo la prima classe di cose
tra loro al notarne poi più tardi le loro differenze.  Io  ho spiegato questo fatto incontrastabile nei miei scritti
il secondo la oppugna e contrasta. E veramente, se  io  mostro prima al mio fanciullo che tutti gl' individui che
maniere; il che egli fa successivamente. Perocchè, quando  io  vengo poi mostrandogli la differenza tra le piante di
che si giunge alla specie minore di tutte, che è quella che  io  ho chiamata Specie piena (2). Noi abbiam trovato fin qui la
nondimeno loro nascosto nella sua universalità (1).  Io  recherò a provarlo qualche esempio pigliandolo dalle più
enti quello che forma l' oggetto delle prime intellezioni?  Io  sono stato gran tempo dubbioso in che modo risolvere questa
che egli non conosce, risponderebbe a questa « un ente  io  sento nel mio senso ». Con questa parola egli non determina
intorno alla stessa materia. Poichè la percezione, di cui  io  mi ricordo o che in me riproduco coll' imaginazione, è
coll' imaginazione, è sempre la stessa quanto al conoscere:  io  conosco con queste operazioni l' identico oggetto della
aggiungervi il pensiero della loro reale sussistenza. Se  io  ho percepito una melagrana, mi resta poi la memoria della
alla melagrana di ieri, è l' imagine propria di essa;  io  con quella memoria non penso solo all' imagine, ma penso
penso solo all' imagine, ma penso alla cosa reale. Ma se  io  dimenticassi interamente la melagrana di ieri, e tuttavia
imagine rimastami dalla percezione avutane, ma che  io  non riferisco più alla percezione, perocchè suppongo
del tutto dimenticato; in tal caso la imagine, che  io  contemplo col mio intendimento, non fa che rappresentarmi
melagrana reale. Or l' oggetto di un tal pensiero, che  io  fo, è un idea, che io chiamo specifica piena7imperfetta. Io
Or l' oggetto di un tal pensiero, che io fo, è un idea, che  io  chiamo specifica piena7imperfetta. Io chiamo quest' idea
io fo, è un idea, che io chiamo specifica piena7imperfetta.  Io  chiamo quest' idea specifica , perchè non è legata ad alcun
d' individui. Chiamo quell' idea specifica7piena , perchè  io  suppongo, che ella conservi tutte le qualità, anche
perfettissima, ma una melagrana, qual era quella che  io  ho percepita con tutti i suoi difetti o imperfezioni, che
all' intento di chiamare in aiuto l' intelligenza, e  io  congetturo, che il momento nel quale l' intelligenza si
(1). Quest' attività parte è congenita nell' animale, e  io  gli ho dato nome di istinto vitale nell' Opera che ho
sì vario, potente e ben anco capriccioso e sregolato.  Io  ho già accennato che non poco sospetto, che vi abbia una
sia lecito dir di più, sempre in via di conghiettura, che  io  inclino anche a credere, che non solo il soggetto insieme
gioca colla pallottola di carta, o colla fettuccia appesa,  io  stento a credere, ch' egli vi cerchi solo il mutare delle
giova che osservi qui una volta per sempre, che quand'  io  cerco la qualità d' istruzione che può darsi al fanciullo
pur piacere ed importanza. Al qual proposito molte volte  io  ho considerato e domandato meco stesso, perchè il divino
di second' ordine. Prima di entrare a parlare di queste,  io  voglio anche qui avere avvertito che, come l' istruzione
interiore del fanciullo, ma in un eccitante esteriore.  Io  ho dimostrato nell' Ideologia essere un errore quello di
può esservi il desiderio di goderle, se sono buone; ma  io  credo probabile che il desiderio di godere le cose presenti
di questi. Per esempio, volendo nominare un cavallo  io  posso nominarlo in tre modi, dicendo « questa cosa; questo
dicendo « questa cosa; questo animale; questo cavallo ».  Io  gli applico tre nomi che egualmente ben si affanno a quell'
a quell' oggetto; ma quando gli applico il nome di cosa ,  io  l' appello con un nome comune a un maggior numero di
applico il nome di animale ; e applicandogli quest' ultimo  io  l' appello con un nome più comune di quello di cavallo . E
voglia andar al di là della natura stessa in questa parte.  Io  credo all' incontro, che sarebbe utilissimo l' osservare
non il tuono naturale e mediocre, qualunque egli sia. Anzi  io  credo dover essere al fanciullo vantaggioso esercizio, come
intendimento, si è l' avversione che in odio si trasmuta.  Io  non credo che a quest' età possa aver luogo nell' animo
si rinnova non di rado) mostra un' apparenza d' invidia; ma  io  tuttavia lo dichiarerei una semplice avversione. Suole
che l' un cane ha del bene dell' altro, ma piuttosto nasce,  io  crederei, dall' apprendere il compagno come impedimento e
dimesticarvisi. Come si può egli spiegare un tal fenomeno?  Io  credo che più cause concorrano a produrlo, ed è forse
è divenuto sommamente immorale. Or poi si noti bene: quando  io  parlai dell' amore che ha per oggetto l' idealità, non
le doti amabili, talor anco ad esclusione di queste. Ora,  io  so bene che questi soli preamboli ch' io fo a ciò che vo'
di queste. Ora, io so bene che questi soli preamboli ch'  io  fo a ciò che vo' dire, fanno in pure udendoli agghiacciare
cuore delle madri, delle spose, de' padri e de' mariti; ma  io  pur debbo dire il vero e a tutto anteporre la dignità dell'
trasmodino, renderli ad un tempo e più sublimi e perenni.  Io  voglio qui dire una parola alle madri ed a' padri
di grazie: essi appartengono alle età avvenire. Anco  io  crederei importante di dar tempo, acciocchè si sviluppi
dello spirito umano più che nell' altre si complicano. Se  io  ricevo le diverse sensazioni che una rosa può darmi
che una rosa può darmi mediante i diversi miei organi,  io  insieme colle sensazioni mi formo di essa la percezione
di ciò di notte sentomi ferire le nari da un odore di rosa,  io  da quest' odore posso argomentare all' esistenza della rosa
alle intellezioni di second' ordine (2 classe). Ora poi se  io  continuo a riflettere su questa rosa, di cui ho argomentato
delle spine, le quali mi cagioneranno dolore, se colle dita  io  la stringo »; io formerò con ciò delle intellezioni di
mi cagioneranno dolore, se colle dita io la stringo »;  io  formerò con ciò delle intellezioni di terz' ordine, e tra
». Si noti qui bene il progresso della mente fanciullesca.  Io  ho confutati i giudizi sintetici a priori di Kant (2); ma
priori di Kant (2); ma nello stesso tempo ho ammesso anch'  io  un giudizio sintetico a priori , ma un solo: quello che ho
alla mente di fare dei nuovi giudizi sintetici. Perocchè se  io  già so, a ragion d' esempio, che cosa sia il bene e il male
a quello che altre volte tornò gradevole al mio palato,  io  posso unire il predicato buono coll' oggetto da me veduto,
si dee mica qui confondere il giudizio sintetico, pel quale  io  dico: « questo è buono »colla semplice apprensione
il fondamento delle collezioni, ma non sono le collezioni.  Io  non potrei avere l' idea collettiva d' una mandra di
intendimento il giudizio seguente: « Questi oggetti, che  io  vedo sono due », è un' operazione complicata. Noi possiamo
idea distinta di un milione, e anche solo del numero mille?  Io  credo per lo contrario che convenga discendere a un numero
e non aiutata da qualche formola generale. E infatti  io  credo impossibile, che l' uomo avesse pur nel linguaggio i
dei quali possiamo trovare il numero stesso. Mi spiego. Se  io  non conosco per se stesso il numero mille, ma so però ch'
volte il cento, nella cognizione del dieci e del cento  io  ho implicitamente la cognizione del mille. Che se io non
cento io ho implicitamente la cognizione del mille. Che se  io  non conosco il numero cento, ma so però ch' egli è dieci
numero cento, ma so però ch' egli è dieci volte il dieci,  io  nella cognizione del dieci e del suo rapporto al cento ho
la cognizione del numero cento. Che se di nuovo  io  non conosco il dieci per se stesso, ma so però che è due
dieci per se stesso, ma so però che è due volte il cinque,  io  nella cognizione del due e del cinque e del loro rapporto
è un numero che si compone di due volte il due più l' uno;  io  nella cognizione dell' uno e del due, e del loro rapporto
implicitamente la cognizione del cinque. Or dunque, se  io  conoscessi l' uno e il due, e i rapporti detti cogli
idea che viene applicata mediante un giudizio (1) ». Quando  io  al vedere un oggetto, giudico che è « una pianta »; io
io al vedere un oggetto, giudico che è « una pianta »;  io  applico l' idea della pianta all' oggetto che veggo; e il
e il mio giudizio non è che una proposizione colla quale  io  affermo che « ho riscontrato nell' oggetto veduto ciò che
affetti conservino la maggior possibile universalità.  Io  credo che possa influir questo immensamente sul far
in modo che lascia vedere l' indole e le leggi sue proprie.  Io  ho mostrato che le leggi principali della spontaneità sono
Ripeto che qui ci covano dei misteri, nei quali non voglio  io  ora entrare, ma dico solo che il fatto sta così; me n'
po' favellare, potrebbe essere posto alla lettura; tuttavia  io  stimo da preferirsi il trattenerlo ancora nella scuola
si fa fare al fanciullo deve riguardare l' una e l' altra.  Io  ho già raccomandato, che fin dal secondo grado d'
elementari, di cui si compongono le parole intere (2) » ».  Io  credo che gioverebbe cominciare questo esercizio dal far
incredibilmente facilita ai bambini la lettura. Nondimeno  io  mi sono ingegnato di mettere insieme un sì fatto alfabeto
so se nessuno vi sia penetrato. Ecco la porta per la quale  io  vorrei farvi entrare il mio lettore. Il bambino ha il
proprio di un soggetto che conosce se stesso, perchè l'  io  è appunto un soggetto che si conosce (2). In secondo luogo,
sua concezione e trascurare tutto il rimanente. Così avendo  io  ricevute delle percezioni di corpi, io posso fermare la mia
Così avendo io ricevute delle percezioni di corpi,  io  posso fermare la mia astrazione al colore, e così far di
accidente, del colore ». Nell' astrazione recata ad esempio  io  ho pensato al colore e nulla più; quando ho giudicato che
tempo il colore astratto e l' oggetto sussistente nel quale  io  lo ponevo. Se io ora dico che quest' oggetto ha due parti,
e l' oggetto sussistente nel quale io lo ponevo. Se  io  ora dico che quest' oggetto ha due parti, io pongo
lo ponevo. Se io ora dico che quest' oggetto ha due parti,  io  pongo medesimamente la mia attenzione tanto sulla sostanza
accrescono in appresso per tutta la vita. Fino a tanto che  io  percepisco degli enti individualmente sussistenti (primo
fare alcun confronto fra loro e nol potevo pure, quand'  io  astraevo da essi le loro qualità (second' ordine): perocchè
astraevo da essi le loro qualità (second' ordine): perocchè  io  mi fermavo a queste, astratte e divise dagli enti, e gli
riunendo agli enti le qualità astratte (terz' ordine)  io  riponevo gli enti interi sotto la mia propria attenzione.
Solo pervenuto a questo grado il lavoro della mia mente,  io  avendo presenti e le qualità astratte e gli enti stessi
sintesi si forma tanto rispetto agli oggetti reali, come se  io  al solo vedere il fuoco gli attribuisco l' azione del
come rispetto agli oggetti meramente ideali, come se  io  imaginassi un ente qualsiasi e gli applicassi la proprietà
hanno mai esaminata accuratamente la questione, per quanto  io  sappia, dell' età in cui l' uomo percepisca se stesso. Essi
e che egli non conosce il vero valore del monosillabo  IO  prima di essere giunto al quarto o al quint' ordine d'
e questo si è che la conoscenza che l' uomo si forma dell'  IO  varia nelle diverse età di grado e di forma; e che questa
nelle diverse età di grado e di forma; e che questa parola  IO  perciò (come tante altre) pronunciata dall' uomo ad una età
l' analisi dell' IO, sebbene da noi data altrove (2). L'  IO  esprime l' ente umano che parla (3) e che nomina se stesso
Ma questo sentimento7uomo non è l' IO, perocchè l'  IO  non è un sentimento, è una coscienza. Or, come dunque e
che le viene poscia dagli uomini sviluppati attribuito. L'  IO  non si pronuncia mai solo, ma con qualche verbo espresso o
onde ne abbiamo spiegato l' origine. E` dunque questo primo  IO  « il sentimento sostanziale operante che percepisce se
l' identità di sè parlante e di sè parlato; ed allora l'  IO  riceve una significazione più completa, venendo a
a lui parlato ». Questo significato del monosillabo  IO  non può essere attribuito se non dall' uomo giunto almeno
che essi provano a rettamente usare i pronomi personali  io  e tu . In vece delle mie proprie osservazioni, io assai
personali io e tu . In vece delle mie proprie osservazioni,  io  assai volentieri accolgo le altrui quando sono dalle mie
altrui quando sono dalle mie confermate, perocchè adducendo  io  l' altrui testimonio, niun potrà dire che io piego l'
adducendo io l' altrui testimonio, niun potrà dire che  io  piego l' osservazione al servigio del mio sistema. Una
cura della mia infanzia, era di persona assai grande, ed  io  ancor bambino riputava che niente potesse resistere alle
egli la prenderà per impossibile e non la crederà. Così se  io  dirò che un ragno camminava nell' aria senza attenersi ad
che chiude e ferma l' opinione. Perocchè, fino a tanto che  io  credo bensì di aver rilevato, che un dato ente va fornito
diversa di operare, un grado di potenza maggiore. Ma se  io  stesso, co' miei proprŒ sensi, verificassi il fatto, e non
sull' operare degli enti troppo anguste e troppo ferme. Se  io  voglio persuadere ad un boscaiolo che il sole sta e la
ed altre simili verità naturali, egli crede buona pezza che  io  lo corbelli, e se io pur mi mostro seriamente di ciò
naturali, egli crede buona pezza che io lo corbelli, e se  io  pur mi mostro seriamente di ciò persuaso, egli tuttavia
consistente appunto in queste relazioni. Egli è vero che se  io  tolgo i limiti alle perfezioni a me note delle creature,
poniamo alla potenza di operare, alla sapienza, alla bontà,  io  non so più che cosa ne avrò per risultamento, non so in che
sia qualsivoglia la trasformazione che esse prendono, e che  io  ignoro, so però che io non avrò perduto nulla d' esse, che
che esse prendono, e che io ignoro, so però che  io  non avrò perduto nulla d' esse, che avrò ancora tutto il
con cose cognite, senza che di quella cosa incognita  io  abbia percepito o sentito di più di prima. Al secondo
un bambino pervenuto all' uso della sua libertà .  Io  ho già mostrato, che se l' appreziazione e la scelta
breve tempo piuttosto che di un lungo. La proprietà di cui  io  parlo è più costante: ella non è formata nè da una piccola
che gli nascono da essa purissimi. Laonde fermamente  io  credo che la musica sarebbe utilissima all' educazione; ma
acciocchè intenda sufficientemente la lingua parlata; onde  io  consiglierei a differire la scuola della lettura fino ch'
la onorano per bel cuore e per una mente elevata (1). Ora,  io  credo che l' insegnamento della lettura e dello scritto
quasi individualmente la natura stessa. Laonde se dopo che  io  avrò mostrata al fanciullo la lettera a e insegnatogliene
suscitano e fanno presenti tutte le altre parti; quello che  io  dico delle immagini complesse cioè risultanti di più
diversa dalle due prime come si vedrà dai seguenti esempŒ.  Io  riveggo una persona e tosto mi si rappresenta all' anima il
del lavoro fosse sensibile. Così se alla vista di un uomo,  io  tosto rammento che egli è un essere composto di corpo e d'
un fatto per se solo sterile: in una tale sintesi  io  non ho in veduta altro che di porre in un ente l' azione.
altro che di porre in un ente l' azione. Ma se dopo avere  io  unito l' azione e il soggetto e così formatone un tutto
l' azione e il soggetto come due elementi d' un solo tutto;  io  con ciò m' apro il campo a trovare la relazione tra quell'
all' agente appartiene il prezzo dell' azione, e però che «  io  dovrò stimare tanto più il soggetto quant' è più stimabile
Ho già mostrato che il pieno significato del monosillabo  IO  non può intendersi dal fanciullo, se egli non sia giunto al
anco di poi, l' uomo comincia ad intendere il monosillabo  IO  come significante quel sentimento sostanziale che prova e
nel passato e nel presente sono diverse. L' IDENTITA` dell'  IO  nel mezzo della varietà delle azioni e de' tempi, è una
giudicante e proferente se stesso. Non solo a quest'  IO  egli attribuisce le azioni già prima conosciute cattive
autore, ma ben anco gliele imputa; cioè intende che quell'  IO  autore di quelle azioni ree ne riceve deterioramento; onde
il primo è un rapporto reale (una disarmonia) tra l'  IO  sentimento operante e l' esigenza degli esseri da lui
da lui appresa: il secondo è un rapporto reale tra l'  IO  sentimento operante e la sentenza di condanna di sè da lui
in contrario: pativa il senso, strideva dilacerato, ma l'  IO  intellettivo tenea gli orecchi turati: unicamente inteso a
effetto reale e dall' idea unitavi ne sorte quello che  io  dico « principio morale concreto »; il quale è un
da questa sotto pena di contrariare la sua natura morale.  Io  non saprei determinare certamente, quanto possa durare
come norma delle azioni. Quando l' uomo dice seco medesimo:  io  debbo preferire tra più esseri intelligenti e tra più
ma astratto da questi primordiali suoi modi) è quello ch'  io  chiamo il mondo metafisico. A quest' età il fanciullo apre
errori occasionati dallo sviluppo della fantasia, che  io  ho indicato come funesti alla moralità del fanciullo nell'
l' uomo abbia inteso se stesso. Dalla notizia adunque dell'  Io  comincia la possibilità del vero egoismo (1). Egli è vero
che una trasgressione diretta e positiva. Mi spiego: Se  io  ho due oggetti innanzi e pospongo il più degno al meno
due oggetti innanzi e pospongo il più degno al meno degno,  io  posso far ciò per due modi; il primo perchè un istinto
mi sproni ad operare con tal veemenza e prontezza, che  io  fo torto a quell' oggetto più degno non perchè l' odii, od
dal raffrontarne e giudicarne il prezzo; il secondo perchè  io  liberamente antepongo e sceglio il piacere o bene che trovo
degno al valore intrinseco del più degno. Nel primo caso  io  pecco, ma indirettamente e negativamente, più per debolezza
che almeno per lo più nasce dall' egoismo. Perocchè se  io  scelgo volontariamente fra un piacere o un bene del
o un bene del soggetto e il mio dovere, egli è mestieri che  io  abbia reso quel piacere soggettivo, o quel bene, che io
che io abbia reso quel piacere soggettivo, o quel bene, che  io  preferisco, oggetto del mio proprio intendimento, che n'
appartiene al mio sentimento sostanziale (ciò che sono  io  stesso), debbo anco avere la coscienza mia propria per
superiore dell' anima, di quello come di questo. Per me  io  non posso finire di ringraziare il Signore, che mi fa
zelo. Grande è l' arte dell' istruire e dell' educare; ed  io  credo che la sola esperienza propria possa col lungo tempo
ogni cosa alla cultura del cuore? voi mi domandate ancora.  Io  risponderò semplicemente, ma in modo che vi potrà essere
e che hanno qualche cosa di seducente. Finalmente  io  credo che il maestro diverrà molto buono e acquisterà un
dite, che non posso leggere nel vostro cuore: non avendo  io  bisogno di ciò, bastandomi di leggere ne' vostri fatti e
studio di voi stesso, e vi persuaderete del difetto che  io  spassionatamente vi fo osservare, se vi darete alla pratica
la passione vi suggerisce, e che sono tenebre. Lo so anch'  io  che se voi non fate senno, e non v' investite del santo
aggiungerà sempre alla mia natura qualche cosa maggiore; ed  io  certo mi sento che di gran cose vorrà egli per questo
esente da molti difetti, come dicendo: « Fino a tanto che  io  mi aveva ancora molti difetti ecc., Iddio andò pian piano
risposta alle care vostre, vi additassi appunto quale  io  mi creda essere la massima che più vi deva giovare aver
sicuramente argomentare la consolazione che ho gustato  io  nel ricevere la notizia colla cara vostra del dì stesso
consumi! Per le quali ragioni fu cosa giusta e naturale se  io  e noi tutti ci siamo rallegrati all' intendere che voi, e
il Paoli, il Beccaria, ecc.. Entra ora il Manzoni, ed  io  devo qui troncare. [...OMISSIS...] 1.53 Eccomi a rispondere
cuore di un altro uomo, e spesso neppure il proprio; onde  io  non potrei sicuramente accertare o affermare di che natura
di parlare di voi in particolare, credo che sarà meglio che  io  vi accenni brevemente una dottrina generale, e parmi che
cosa faccia, possa sempre dire con piena verità: «  Io  sono un servo inutile ». Giova ancora che l' uomo, che
il Signore per voi di cuore, e questi sono gli augurii che  io  vi faccio per l' anno che abbiamo pur ora incominciato.
marzo corrente non mi sembra necessario, per vero dire, ch'  io  replichi ancora quello che voi già sapete e, conoscendo
sulle espressioni, quasi sentissero di pericolosa novità.  Io  vi prego primieramente di assicurare tutti, ma specialmente
ai piedi del Santissimo Padre questa mia disposizione, che  io  non solo desidero, che la dottrina da me professata sia
cangiarle o a dichiarare e migliorare in esse tutto ciò che  io  potessi riconoscere esservi da cangiare, da dichiarare e da
la carità di somministrarmi intorno a ciò dei lumi, avendo  io  sempre bramato d' imparare da tutti, e facendo io gran
avendo io sempre bramato d' imparare da tutti, e facendo  io  gran conto della opinione di persone benevole che conoscano
dagli amici e dai nemici, e riferitemele diligentemente:  io  me ne farò carico, le metterò a profitto per emendare,
con tutto questo alle persone passionate. Oltrechè  io  non posso certamente cavarne tutto il profitto che bramerei
facesse la grazia di dirmi quali sono queste espressioni,  io  farei di tutto per soddisfare a tutti i giusti desiderŒ.
come pericolose e nuove altre frasi che di questa natura,  io  mi consolo grandemente e ne ringrazio Iddio. Umiliate
sia rispetto o delle cose o delle parole, difettoso.  Io  mi ricordo vivamente di quanto dice S. Agostino a proposito
soggiunge: [...OMISSIS...] . Non è dunque probabile che  io  aspiri ad un tanto elogio. [...OMISSIS...] 1.54 Intendo
stessa incertezza. E` meglio dunque dire al Signore: «  Io  non mi conosco, voi solo mi conoscete; togliete dunque da
e ancora si nega la negazione negata e così via; perocchè  io  posso scrivere una quantità positiva con due segni
ella era al principio. Lo stesso accade nel linguaggio. Se  io  dico: « a Dio non manca cosa alcuna », dò forma d' una
fra loro di specie e non d' individuo meramente. Ora, se  io  prendo più fondamenti sensibili di diversa specie, e ne
un astratto prescindendo dalle loro differenze specifiche,  io  ho formato il genere di quei fondamenti; e questo genere è
sonno s' inoltri; egli ne sentirà un cotal senso d' orrore.  Io  ho fatto più volte questa prova, e parevami sempre di
dell' opera nostra. Se costui si serve dell' opera mia,  io  guadagno la mia giornata, che è quello che mi bisogna. Il
titolo mi è buon mezzo al guadagno che intendo fare. Dunque  io  l' adopererò con costui, che mi si fa innanzi la prima
dall' aspetto che presentano mirati in un altro modo. Se  io  considero quei quadrati come uniti insieme pei loro lati,
che mi esce riguardandoli come uniti pei loro angoli.  Io  posso anche di alcuni di essi formarmi una figura, la
direzione nella quale sono uniti dai loro lati. Ebbene, se  io  prendo l' intera fila degli otto quadrati, io posso
Ebbene, se io prendo l' intera fila degli otto quadrati,  io  posso definire lo scacchiere con questa regola: « lo
sempre tre scacchi, uno dei quali in direzione obliqua.  Io  posso fissare coll' occhio la figura che risulta da questi
potessero operare liberamente, e impedisce ben anche,  io  credo, che vengano fra loro a troppi punti di contatto;
astronomica che la coesione e l' affinità chimica.  Io  suppongo che la legge, che fa crescere l' attrazione in
cagione di nuovo moto. Per spiegare questo pensiero  io  ricorrerò ai corpi animali più perfetti, nei quali è assai
un principio unico, privo di parti e sensitivo. Veramente  io  stimo di più che, quand' anche si considerassero i soli
potere del sentimento sui minimi movimenti del corpo, che  io  chiamerei assai volentieri collo Stahl movimenti tonici .
che tutte le malattie che ammettono guarigione, guariscono,  io  mi credo, con opportune escrezioni. Non voglio già dire che
Tommasini, che descrivono fatti verissimi, debbo dire che  io  non saprei considerare altramente che come sommamente
l' opportunità dello stimolo, non la mera quantità. E  io  credo che sia per questo che così spesso i sintomi
modo più acuti, e chiamavasi beato di quel suo nuovo stato.  Io  lo consigliai subito a farsi fare qualche generosa
l' eccitamento tenga esatta proporzione agli stimoli »; e  io  penso ancora di no, per la stessa ragione. « Se la quantità
l' intima condizione morbosa, ella si trova pure fallace.  Io  sono persuaso che due rimedi opposti, l' uno stimolante, l'
stanno insieme; e l' una è occasione dell' altra; il che  io  credo legge universale di tutte le malattie, come dirò
d' un corpo, che soffre per qualche locale infiammazione?  Io  sono appieno convinto degli argomenti di tanti illustri
questo è appunto ciò, su cui cade il mio dubbio. Se  io  considero come i nostri medici vennero a formarsi il
per tante verità che contiene, è bella gloria italiana.  Io  credo, a ragion d' esempio, che sia una verità acquistata
e non produca un processo di propria vegetazione.  Io  non voglio qui ricorrere agli effetti del freddo applicato
e conciliare insieme l' una e l' altra medicina. Per quanto  io  credo, la medicina analitica non può aspirare ad essere
continua a vegetare finchè si forma la cancrena. Insomma  io  credo così importante il noto principio, che i fluidi
sentimenti, si possa spiegare la località delle sensioni.  Io  provo in una mano una sensione piacevole o dolorosa; il
Questa domanda contiene due questioni: perchè non posso  io  avere la sensione in una mia mano punta da un ago, se il
nervoso non si prolunga fino al cervello; e perchè, e come  io  sento il dolore della puntura nella mano, e non nel
e figurata non mi avesse disegnato la forma del piede,  io  non potrei collocare in esso un dolore che sentissi; non
sensitività esterna. Ma perchè sentendo un dolore interno,  io  lo colloco verso la parte destra del piede, piuttosto che
destra del piede, piuttosto che verso la sinistra? Certo  io  fo questo giudizio mediante il paragone con altre sensioni
altre sensioni interne ricevute nel piede, perocchè avendo  io  già i confini del piede, che me ne disegnano la figura
solido stesso concepisco più sensioni, non è meraviglia ch'  io  possa riconoscere una di esse esser più vicina ad una data
data estremità del piede che l' altra, bastando a ciò che  io  confronti le diverse sensioni cogli estremi del piede, e
estremi del piede, e fra esse. Quante più sensioni interne  io  intendo possibili prima di quella che mi segna l'
la coscienza, e, reso consapevole, si esprime col vocabolo  IO  . La percezione di sè è il principio della Psicologia , e
di ciò che si contiene, permane, e cangia nello stesso  IO  , e dell' ordine in cui stanno fra di loro gli elementi che
e poi al senso comune degli uomini (tutti rispettandoli  io  siccome esseri dotati del divino lume dell' intelligenza),
alla corteccia delle parole, di cui li rivestirono. E così  io  trovai, non senza soddisfazione dell' animo mio, che essi
quelle parole degne di un oracolo, «gnothi seauton»,  io  ti mando qui brevemente esposte le principali opinioni dei
nella quale tu assiduamente ti occupi; o, se in questo  io  m' inganno, atteso che la tua erudizione non abbisogna di
almeno da te qualche ricambio, che gioverà a me stesso.  Io  dunque narrerò i pensamenti e le opinioni principali sulla
unità. Ma poichè le opinioni antiche sono quelle che  io  voglio principalmente riferire, descrivendole più da
che di fermo pronunciato. Ora, prima di tutto, ecco ond'  io  crederei poter dedurre un principio, il quale mi guidasse a
che toglie a riflettere su di sè, non può partire che dall'  Io  (1), e nell' Io è già contenuta l' anima intellettiva. Ma
su di sè, non può partire che dall' Io (1), e nell'  Io  è già contenuta l' anima intellettiva. Ma quell' anima,
che si voleva intorno a queste istituire »; la quale  io  stimo che sia la più naturale, e la vera spiegazione dei
trattiene ad osservare la mutabilità continua delle cose;  io  ho spinta questa mutabilità all' estremo, mostrando che l'
come principio della vita e sostanza divina (2), come  io  credo. Se dunque l' amicizia di Empedocle è l' unità
in cui la insegnò Platone; questo sarebbe troppo. Ma  io  credo che essi parlassero degli enti, senza definire
quella che agisce in Platone è continuamente la media; ed  io  intendo che questa sia pure quella, che talora chiamasi da
e mi fa uscire di me stesso dallo stupore, pensando che  io  non conosco scrittore anteriore al 1.27, che, entrato in
spacciarsene e rompere questa tela di ragno. Ora,  io  qui ho creduto di stendermi a ripetere ciò che ho detto
conduceva necessariamente i suoi seguaci. Perocchè se l'  Io  è l' atto primo di tutto lo scibile e di tutte le cose,
scibile e dell' universo. Egli cominciò dal dire che l'  Io  pone sè stesso ; questo è il primo atto. Se questa
stesso ; questo è il primo atto. Se questa proposizione l'  Io  pone sè stesso fosse usata a significare unicamente il
Ma non così spiega Fichte il suo detto, ma vuole che l'  Io  ponga sè stesso pronunciando questa proposizione: « Io sono
l' Io ponga sè stesso pronunciando questa proposizione: «  Io  sono Io ». La qual maniera di spiegare come l' Io ponga sè
ponga sè stesso pronunciando questa proposizione: « Io sono  Io  ». La qual maniera di spiegare come l' Io ponga sè stesso,
« Io sono Io ». La qual maniera di spiegare come l'  Io  ponga sè stesso, è manifestamente assurda: 1) Perocchè
esiste, senza bisogno che egli aggiunga: sono  Io  . Onde con quella proposizione l' Io porrebbe un Io che già
egli aggiunga: sono Io . Onde con quella proposizione l'  Io  porrebbe un Io che già è posto; ella dunque esprime l'
sono Io . Onde con quella proposizione l' Io porrebbe un  Io  che già è posto; ella dunque esprime l' atto, con cui l' Io
Io che già è posto; ella dunque esprime l' atto, con cui l'  Io  riflette sopra sè stesso, e non l' atto con cui l' Io
l' Io riflette sopra sè stesso, e non l' atto con cui l'  Io  esiste. Da questo primo errore procede che in tali sistemi
sempre l' Io: il che è evidentemente falso, perocchè l'  Io  non ha sempre attuale coscienza di sè stesso. 2) Ho detto
senza più, non può non esistere. Ma non basta. Potrebbe l'  Io  pronunciare sè stesso, cioè fare un atto, se non esistesse
Niuno fa atti prima di esistere. Dunque il pronunciare  Io  suppone l' esistenza anteriore dell' Io. L' Io dunque non
pronunciare Io suppone l' esistenza anteriore dell' Io. L'  Io  dunque non pone sè stesso nel senso di Fichte. La ragione,
prima parola della sua filosofia, si fu che egli prese l'  Io  bello e formato, qual' è nel sentimento d' un uomo adulto,
all' uomo, ma acquisita. Intanto coll' atto col quale l'  Io  pronuncia Io sono Io, secondo Fichte, l' Io ha posto il
ma acquisita. Intanto coll' atto col quale l' Io pronuncia  Io  sono Io, secondo Fichte, l' Io ha posto il primo dei suoi
col quale l' Io pronuncia Io sono Io, secondo Fichte, l'  Io  ha posto il primo dei suoi oggetti, cioè sè stesso . Il
dei suoi oggetti, cioè sè stesso . Il vero però si è che l'  Io  con questo atto non ha posto sè stesso, ma solo si è
oggetto della cognizione. Vediamo come Fichte fa che l'  Io  produca il secondo dei suoi oggetti sommari. L' Io fa un
che l' Io produca il secondo dei suoi oggetti sommari. L'  Io  fa un altro atto, con cui dice: Io non sono il Non7Io .
suoi oggetti sommari. L' Io fa un altro atto, con cui dice:  Io  non sono il Non7Io . Ottimamente: distingue sè stesso da
cosa alcuna, anzi è un atto che distingue due cose, l'  Io  e il Non7Io; le quali non potrebbe distinguere, se già non
si comprende. Veniamo alla produzione del terzo oggetto. L'  Io  fa un terzo atto pronunciando: l' Io e il Non7Io sono nell'
del terzo oggetto. L' Io fa un terzo atto pronunciando: l'  Io  e il Non7Io sono nell' Io . Se fosse vero che l' Io non è
fa un terzo atto pronunciando: l' Io e il Non7Io sono nell'  Io  . Se fosse vero che l' Io non è altro che la produzione
l' Io e il Non7Io sono nell' Io . Se fosse vero che l'  Io  non è altro che la produzione dell' atto con cui si conosce
cui si conosce il Non7Io, in tal caso sarebbe vero che l'  Io  e il Non7Io, ridotti ad essere due atti conoscitivi, sono
modo prima non esiste; è altresì evidentemente vero che l'  Io  e il Non7Io non sono nell' Io. Ma nell' Io solamente sono
vero che l' Io e il Non7Io non sono nell' Io. Ma nell'  Io  solamente sono gli atti con cui tali enti si percepiscono,
atti sono accidenti dell' Io; e in un altro modo sono nell'  Io  anche i concetti di quegli enti, non come accidenti dell'
non esiste se non ciò che conoscete ». - Sia pure: ma se  io  conosco una cosa, io so in pari tempo che la cosa esiste
ciò che conoscete ». - Sia pure: ma se io conosco una cosa,  io  so in pari tempo che la cosa esiste indipendentemente dall'
conoscibile, logicamente anteriore a quell' atto. Onde  io  non posso conoscere una cosa, se non a condizione che
ch' ella è indipendente dal mio conoscere; altrimenti  io  direi una proposizione contradittoria, dicendo che conosco
paralogismi involga questo sistema, riprendiamo ciò che  io  ho fin di troppo conceduto. Ho conceduto che se l' Io e il
che io ho fin di troppo conceduto. Ho conceduto che se l'  Io  e il Non7Io altro non sono che atti di conoscere e concetti
possono trovare insieme nell' Io, come pretende Fichte. Ma  io  ho conceduto questo ad abundandum . A giusta ragione non
il significato del vocabolo Io, perocchè dicendo che l'  Io  e il Non7Io sono nell' Io, egli prende l' Io e il Non7Io
dicendo che l' Io e il Non7Io sono nell' Io, egli prende l'  Io  e il Non7Io contenuti come due concetti formati dall' atto
dall' atto del conoscere; ma egli prende all' opposto l'  Io  contenente non già come concetto prodotto, ma nel senso
proposizione non ha senso alcuno; perocchè se anche per l'  Io  contenente s' intende il mero concetto dell' Io, è assurdo
il mero concetto dell' Io, è assurdo che nel concetto dell'  Io  sia il concetto dell' Io, perchè non sono due cose, ma una
medesima; ed è ancora più assurdo che nel concetto dell'  Io  sia il concetto del Non7Io, perocchè l' un concetto esclude
l' Io, da lui prodotto per via di speculazione, coll'  Io  reale, nel quale solo dimora la cognizione di sè stesso. Ma
solo dimora la cognizione di sè stesso. Ma l' ammettere un  Io  reale, anteriore all' Io concetto e riflesso, è la
di sè stesso. Ma l' ammettere un Io reale, anteriore all'  Io  concetto e riflesso, è la distruzione del sistema che si
di significati attribuiti al vocabolo Io, conchiude che l'  Io  fa un' equazione col Non7Io, in quanto che si trovano nel
oggetti supremi dello scibile e dell' universo sono tre: l'  Io  che pone sè stesso, l' Io che pone il Non7Io, l' Io che fa
e dell' universo sono tre: l' Io che pone sè stesso, l'  Io  che pone il Non7Io, l' Io che fa un' equazione tra l' Io e
tre: l' Io che pone sè stesso, l' Io che pone il Non7Io, l'  Io  che fa un' equazione tra l' Io e il Non7Io. Ma: In questi
l' Io che pone il Non7Io, l' Io che fa un' equazione tra l'  Io  e il Non7Io. Ma: In questi tre oggetti il valore della
il Non7Io. Ma: In questi tre oggetti il valore della parola  Io  cangia sempre, come dicevamo, perocchè l' Io producente non
della parola Io cangia sempre, come dicevamo, perocchè l'  Io  producente non può essere l' Io prodotto, giacchè
come dicevamo, perocchè l' Io producente non può essere l'  Io  prodotto, giacchè producente e prodotto sono concetti
e prodotto sono concetti opposti; l' Io, nel quale l'  Io  e il Non7Io fanno equazione, non può essere lo stesso Io
l' Io e il Non7Io fanno equazione, non può essere lo stesso  Io  che costituisce un termine dell' equazione, perocchè ciò
i due termini non può essere uno dei due termini. Se l'  Io  produce il Non7Io, dunque produce ciò che non è Io, produce
che non è lui stesso. Il che è ben evidente, poichè l'  Io  e il Non7Io sono opposti; e non possono dichiararsi la cosa
non si potrà mai dire che significhino lo stesso. Che se l'  Io  produce un' entità diversa da sè, dunque il celebre
se ne è ito a terra, rimanendo conceduto che l'  Io  può uscire da sè stesso cogli atti suoi, può creare qualche
sè, qualunque cosa poi ella sia (1). Vera equazione fra l'  Io  e il Non7Io non si potrà far mai, se non si mutano i
che egli spiega la sua pretesa equazione, dicendo che l'  Io  contrappone all' Io divisibile un Non7Io, pure divisibile.
sua pretesa equazione, dicendo che l' Io contrappone all'  Io  divisibile un Non7Io, pure divisibile. Ma il contrapporre
quell' equazione contiene queste due proposizioni: 1) L'  Io  pone il Non7Io come limitato dall' Io; 2) L' Io pone sè
1) L' Io pone il Non7Io come limitato dall' Io; 2) L'  Io  pone sè stesso come limitato dal Non7Io . Ma in queste
abusa dunque di questa parola equazione. Oltre di che, l'  Io  limitante non è preso nello stesso senso dell' Io limitato,
che, l' Io limitante non è preso nello stesso senso dell'  Io  limitato, l' Io divisibile non è preso nello stesso senso
non è preso nello stesso senso dell' Io limitato, l'  Io  divisibile non è preso nello stesso senso dell' Io
l' Io divisibile non è preso nello stesso senso dell'  Io  indiviso. Si gioca adunque colle diverse riflessioni, che
atto del medesimo, si vuole che ognuna di essa produca un  Io  diverso, che coll' Io precedente abbia i rapporti di
vuole che ognuna di essa produca un Io diverso, che coll'  Io  precedente abbia i rapporti di limitante, di limitato, di
secondo i numeri delle riflessioni, accade che gli  Io  stessi si vadano così replicando, e si possano così
esso a queste interrogazioni: Qual ragione vi è perchè l'  Io  ponga sè stesso, anzichè non si ponga? Che cosa lo muove a
in un dato tempo. Qual ragione vi è perchè il numero degli  Io  che si pongono sia piuttosto uno che l' altro? Giacchè il
sia piuttosto uno che l' altro? Giacchè il numero degli  Io  è pur finito, e potrebbe essere accresciuto, e viene
Ovvero dovete sostenere che non esiste che il vostro  Io  (il che sarebbe coerente all' escludere tutto ciò che è
la filosofia per voi solo. Qual ragione muove l'  Io  a porre il Non7Io piuttosto che a non lo porre? La parola
Non7Io esprime il mondo e le cose tutte diverse dall'  Io  in un modo negativo, come osservammo, cioè dichiarando che
non sono Io, ma non dicendo che cosa sono. Ora non ogni  Io  pone (per continuare colla stessa frase) un Non7Io eguale;
e delle cose da sè diverse più, ed altri meno; e quindi l'  Io  dei primi pone non Non7Io diverso (più o meno abbondante)
non Non7Io diverso (più o meno abbondante) che non fa l'  Io  dei secondi. Qual ragione sufficiente assegnate voi perchè
secondi. Qual ragione sufficiente assegnate voi perchè un  Io  debba porre un Non7Io determinato in un modo piuttosto che
modo piuttosto che in un altro? Qual ragione vi è perchè l'  Io  voglia limitare sè stesso producendo il Non7Io? Qual
producendo il Non7Io? Qual ragione assegnate voi perchè l'  Io  voglia dividere sè stesso in due, nell' Io e nel Non7Io,
voi perchè l' Io voglia dividere sè stesso in due, nell'  Io  e nel Non7Io, come voi dite? Nel sistema di Fichte non si
all' Io. E dove ci fosse una tale ragione, che determina l'  Io  a tutti gli atti che gli si fanno fare, ella dovrebbe
negare non si dà eguaglianza », e questo sistema dice: « l'  Io  che è affermazione, e il Non7Io che è negazione, fanno fra
che le parole. Mi restringerò ad accennarne una nuova. « L'  Io  pone il Non7Io ». Ora che cosa è il Non7Io? Tutto ciò che
è l' Io: il mondo e Dio. Ma nel mondo vi sono degli altri  Io  (1). Ora questi Io pongono sè stessi. Ma poichè rispetto
e Dio. Ma nel mondo vi sono degli altri Io (1). Ora questi  Io  pongono sè stessi. Ma poichè rispetto all' altro Io, sono
Io, sono Non7Io, dunque sono posti due volte. Anzi ogni  Io  è posto tante volte quanti sono gli Io esistenti, perocchè
due volte. Anzi ogni Io è posto tante volte quanti sono gli  Io  esistenti, perocchè ciascun Io pone sè stesso e pone tutti
tante volte quanti sono gli Io esistenti, perocchè ciascun  Io  pone sè stesso e pone tutti gli altri, compresi nel Non7Io.
altri, compresi nel Non7Io. Ora, o colle parole « porre l'  Io  e porre il Non7Io »si vuole intendere meramente conoscere,
oggetto; o si vuol dire fare esistere , e in tal caso gli  Io  si moltiplicano all' infinito, perocchè ogni Io, ponendo
all' infinito, perocchè ogni Io, ponendo tutti gli  Io  che esistono, li produce; onde il numero degli Io si
tutti gli Io che esistono, li produce; onde il numero degli  Io  si moltiplica per sè stesso; e questo numero di Io, elevato
si moltiplica per la ragione stessa; onde l' aumento degli  Io  in questo sistema verrebbe espresso da una serie infinita,
da una serie infinita, che, fatto il numero primitivo degli  Io  .uguale . .x ., si potrebbe esprimere così: .x ., .x . 2,
non trovandosi mai l' ultimo termine, il numero degli  Io  esistenti non sarebbe assegnabile, anzi non potrebbe venire
resterebbe a render ragione a sè stesso del perchè il suo  Io  non potrebbe porre alcun altro Io, compreso nel Non7Io,
mondo! In secondo luogo poi, essendo indubitato che il suo  Io  pone nel Non7Io molti altri Io diversi da sè, converrebbe
indubitato che il suo Io pone nel Non7Io molti altri  Io  diversi da sè, converrebbe che il suo porre non
operare senza una ragione sufficiente; e noi vedemmo che l'  Io  opera in questo sistema senza una ragione che ne lo
una causa straniera alla sua naturale attività. Ora l'  Io  di Fichte, l' unico ente che esista, limita e divide sè
è alcun essere. L' unica cosa che esiste sono le immagini;  io  stesso sono una di queste immagini, anzi io non sono
le immagini; io stesso sono una di queste immagini, anzi  io  non sono questo, ma solamente un' immagine confusa d'
adunque fu colpito da ciò che aveva detto Fichte, che « l'  Io  e il Non7Io formavano un' equazione »; e il sistema dell'
Fichte aveva confuso lo spirito coll' Io; e posciachè l'  Io  è uno spirito che ha coscienza di sè e si pronuncia, perciò
trovata quell' assurda e contradittoria sentenza, che « l'  Io  pone sè stesso ». Ma poichè lo spirito, oltre conoscere sè
di spiegare questo fatto, Fichte aveva aggiunto che « l'  Io  pone anche il Non7Io ». Atteso poi che l' Io nulla può
che « l' Io pone anche il Non7Io ». Atteso poi che l'  Io  nulla può conoscere fuori di sè stesso, Fichte conchiuse
conoscere fuori di sè stesso, Fichte conchiuse che « fra l'  Io  e il Non7Io vi è equazione », riducendo così questo a
modificazione, se tale fosse il Non7Io. All' incontro l'  Io  è conscio che il Non7Io è una negazione di sè, qualche cosa
Io. Essendo dunque assurdo il fare una equazione fra l'  Io  e il Non7Io, avrebbe Fichte dovuto accorgersi dell'
dovuto accorgersi dell' erroneità del principio, che « l'  Io  nulla possa conoscere fuori di sè stesso »; perocchè ogni
l' apparenza dalla sostanza, in tal caso si domanda se l'  Io  stesso è apparenza o sostanza. L' Io è la coscienza, ed è
caso si domanda se l' Io stesso è apparenza o sostanza. L'  Io  è la coscienza, ed è pure la coscienza quella che attesta
se ciò che attesta la coscienza è un' apparenza, anche l'  Io  è un' apparenza non meno che il Non7Io, ed è quello che in
lo stesso Fichte. Nè poteva altro, giacchè lo stesso  Io  è quello che pone sè stesso, e che pone il Non7Io. Se
di sè? Non può essere, poichè egli è opposto all' Io, e l'  Io  è la coscienza. Il dire dunque Non7Io è lo stesso che dire
distruggeva il fondamento d' una tale filosofia, ammise l'  Io  e il Non7Io, cioè la Coscienza e la Non7Coscienza; e
ragionamenti, coi quali s' era pervenuto a stabilire l'  Io  e il Non7Io di Fichte, e però si abbracciava un sistema,
Schelling, adunque, riceve da Fichte la proposizione che l'  Io  produca il Non7Io, cioè che il Consapevole (lo Spirito)
di poi aggiunge la proposizione che « il Non7Io produce l'  Io  », perchè il Non7Io (la Natura) vuole conseguire la
della Natura . La prima muove dal principio che l'  Io  nulla conosce fuori di sè; di che ne viene che tutto ciò
e d' intelligenza? Egli la considera come l' atto di un  Io  supremo, del quale suo atto l' Io non abbia alcuna
come l' atto di un Io supremo, del quale suo atto l'  Io  non abbia alcuna coscienza. Come spiega la sensazione, che
priva di coscienza? Egli la fa del pari scaturire dall'  Io  supremo, al quale nell' atto del sentire vien meno la
di sè stesso. Come spiega il bello estetico? E` per lui l'  Io  supremo, che nell' artista, perdendo la coscienza di sè,
non è altra che quella di Fichte, essere impossibile che l'  Io  intenda qualche cosa fuori di sè stesso, venendo ad
ad argomentare o piuttosto a paralogizzare così: « L'  Io  non può intendere nulla fuori di sè. Ciò che intende
una cosa diversa da sè. Quando anzi, se fosse vero che l'  io  non potesse intendere niuna cosa se non in sè stesso, si
per la terza volta. Passi. Ma rimane a domandarsi se l'  Io  può essere latente, se un Io latente non è una
Ma rimane a domandarsi se l' Io può essere latente, se un  Io  latente non è una contraddizione in termini, perocchè viene
di Schelling. Il sistema di Fichte, che trae dall'  Io  il Non7Io, ne è la prima; la seconda propria di lui, è il
come abbiamo osservato, è pressochè loro sconosciuta. L'  Io  sottomesso all' analisi risulta: 1) da un sentimento
fa sopra di sè, onde anche pronuncia sè stesso dicendo  Io  . L' Io dunque involge l' opera della riflessione e la
sopra di sè, onde anche pronuncia sè stesso dicendo Io . L'  Io  dunque involge l' opera della riflessione e la coscienza,
più al terzo elemento che ai due primi, parlò dell'  Io  dandogli la natura di riflessione, e però lo fece
si appigliò al primo di quei tre elementi, e immaginò un  Io  sentimento, che ora è consapevole, ora inconsapevole, senz'
che un mero sentimento non è mai un Io, perocchè ad un  Io  è essenziale la coscienza, che appartiene all'
i suoi antecessori, cadde sul secondo elemento, e il suo  Io  primitivo non fu sentimento, non fu riflessione o
conclusione. Ma si erano poco occupati a dimostrare come l'  Io  si trasformasse in tutte le cose, e producesse tutte le
dall' umana mente. A questo lavoro s' accinse Hegel. L'  Io  di Hegel essendo dunque l' Idea, egli si occupò a
si contiene, la quale ancora ci manca. Quanto a me,  io  non dubito che le ingiurie fatte a quei libri dalle vicende
che contengono di presente i libri che portano il suo nome,  io  mi sento sgomentato a dover dire che essi presentano agli
particolare7comune, e non reale e particolare solamente.  Io  dovrei qui venire alla conclusione, riassumendo il modo
principali degli antichi intorno alla natura dell' anima.  Io  procurai di esportele fedelmente, traendole dalle loro
scritti più autorevoli che ce le tramandarono; il che se  io  abbia conseguito, non bramo altro giudice che te stesso. Nè
censura quattro libri intorno alla natura dell' anima,  io  sperai avermi acquistato qualche diritto di scrivere questo
opinioni, che pure li partirono in vari drappelli; nè  io  so, per avventura, chi fra di essi abbia prodotto una
alcuni dell' età nostra già procacciano di ripescare,  io  volli, come ho saputo, farmi loro compagno nella pietosa
uomini, non sono tutti oro schietto - e il saggio, a cui  io  stesso di mano in mano li posi, chiaramente lo dimostra -
la loro potenza mentale e materiale ne rimane snervata.  Io  credo ch'essi, nella pratica del commercio, dovranno
in tutto il medio evo l'analisi è preordinata e fatale.  Io  non mi trattengo a descrivervi il fatto del quale molti di
molti di voi sono più intimi testimonii ch'io non sia.  Io  non mi trattengo a rammentarvi come avvenne che nella
ma potrebbe essere ad altri un'opera di lunga lena.  Io  aveva già presenti alla mente queste idee, quando (in
da lui proposta per gli studi scientifici in Italia.  Io  gli proposi allora per sommo principio da seguirsi nel
gli ingegneri, ciascuna delle quali avesse dieci catedre,  io  intendeva che si ponesse la mira a disporre a poco a poco
le loro dottrine in lezioni volontarie perte a tutti. Anzi  io  proposi che una facultà di Scienze Nuove i aprisse in Roma;
semplicemente alla luce che può ferirceli; pensiero che  io  posso fare anco di mezza notte, quando il sole mi sta sotto
che resta a fare all' uomo, e ch' egli fa veramente,  io  la ho denominata sintesi primitiva . Per chiarire meglio
con tutta chiarezza questa differenza importante. Perchè  io  possa dire nel mio interno pensiero:« una cosa esiste«, e
e aver quindi la persuasione della sua reale sussistenza,  io  devo pensare in qualche modo questa cosa, a cui applico il
della cosa è come il soggetto nel giudizio indicato. Ora  io  posso pensare, in qualche modo, una cosa, posso aver in
modo, un soggetto , di cui prédico l' esistenza, anche se  io  non ho percepita quella cosa, anche se quella cosa non ha
sopra di me e così non mi si è palesata, bastando ch'  io  però abbia di quella cosa un indizio qualunque che mi
a cui penserei che una cosa è dentro a quel pugno, sebbene  io  non la vedessi, sebbene ella non sia punto, e non sapessi
insomma che ci produce quella cognizione della cosa che  io  chiamo positiva . Ma anche senza questo splendore della
tre parti e sono le seguenti: 1. un argomento, dal quale  io  arguisco che un ente sussiste, e quindi lo affermo; 2. un
viene in conseguenza di questa relazione determinante, che  io  cioè possa negare , se non affermare certo molte cose di
cose da me percepite. Da questa ultima parte, per la quale  io  posso dire ciò che la cosa conosciuta negativamente non è,
ritornano allo stesso, perocchè l' argomento onde  io  induco sussistere Iddio, è appunto la relazione coll'
e Dio, trovasi anche un motivo ragionevole in questo, che  io  posso indurre che Dio sussiste, dal considerare la
la determinazione riesce tanto più perfetta, quanto più  io  prendo ad analizzare esso universo e distinguerne le ultime
esistenza di Dio, il segno (che mi fa da soggetto) a cui  io  applico l' essere ideale , è un complesso stesso d' idee,
afferma che dietro una tela sta qualche cosa collocato,  io  non ho la percezione di questa cosa o visione, perchè me ne
ed egli mi vale un segno, un nome della cosa, su cui dirigo  io  poi il giudizio che quella cosa, pensata comechessia in
in quel mio concetto, esiste realmente. Col qual giudizio  io  applico l' idea di esistenza alla cosa così idealmente
espresso nella parola« esiste «; ed è la seguente. Quando  io  dico:« esiste una cosa finita«; io do a questa cosa, con
ed è la seguente. Quando io dico:« esiste una cosa finita«;  io  do a questa cosa, con tale mia affermazione, una esistenza
un' esistenza partecipata, e parziale. All' incontro quando  io  affermo l' esistenza di Dio, io do a Dio tutta l'
All' incontro quando io affermo l' esistenza di Dio,  io  do a Dio tutta l' esistenza, tutto l' essere pensabile,
esiste l' essere«; ovvero più diffusamente: « l' essere che  io  concepisco, è un essere reale e sussistente«: e questa
base. Ora veniamo a quella che si dice Teologia rivelata .  Io  esporrò, con quella chiarezza che mi saprò meglio, le
che gli dice un veggente, e gliela dà per vera:«  Io  percepisco una torre prima di avvicinarmi ad essa, ma
che implicitamente, all' istesso modo come chi dicesse«  io  credo a tutto ciò che afferma Tizio«; col quale atto se
l' amore e l' opera naturale. Per veder questo, che cosa è,  io  domando, l' ordine naturale? che cosa è un' operazione
questo, non sieno soddisfatti del solo aver questo nome:  io  veggo fra noi stessi una quantità di persone irrigidite
caratteri che accompagnano la fede viva o soprannaturale.  Io  credo però che la fede che rimane in un uomo battezzato
è stato messo alla grazia, se ha ricevuto lo Spirito Santo,  io  credo probabilmente che nel suo spirito rimangano delle
colla divinità. Recherò in prova di questa tesi quello che  io  credo il più autorevole raccoglitore della cristiana
anima umana (4). Nella essenza dell' anima adunque, nell'  IO  è la operazione della grazia: in questo IO che è l'
adunque, nell' IO è la operazione della grazia: in questo  IO  che è l' identico soggetto di tutte le potenze, perchè io
IO che è l' identico soggetto di tutte le potenze, perchè  io  medesimo che penso, sono quello altresì che vuole, che ama,
radicale e comune alle potenze tutte, che col nome di  IO  si segna; e allora solo si ha concepita quella essenza
Questa dottrina poi consuona al tutto con quella che  io  ho esposta nella Ideologia . Tra le essenze delle cose io
io ho esposta nella Ideologia . Tra le essenze delle cose  io  ho messo in primo luogo quelle appunto che chiamo
E facendoci in particolare alla intelligenza umana,  io  ho dimostrato che questa intelligenza non è che la visione
» (questa è l' essenza dell' anima intellettiva) «e  io  scruterò la tua legge » (questa è la ragione rinforzata che
si può provare considerando la natura di ogni potenza.  Io  ho dimostrato che ogni potenza è un atto7primo : per
questo lume è chiamato visione , che equivale a quello che  io  dico percezione , ed è una comunicazione dell' essere reale
indistinta ) (7). Conviene che dichiari il significato che  io  aggiungo a questa parola deiforme . Iddio fa più operazioni
si possa chiamare deiforme (2). Per operazione deiforme  io  intendo una operazione che non solo ha per principio Iddio,
filosofia dello spirito umano, come pure con quanto  io  ho di sopra espresso intorno alla grazia: di poi recherò i
grazia: di poi recherò i luoghi de' Padri stessi. Di sopra  io  dissi che l' uomo per la grazia percepiva realmente Iddio;
la dottrina, a divinizzarla, a dichiararla anch' essa Dio.  Io  però sostengo essere ciò avvenuto per non avere
in mezzo anche da' più santi Padri: non sarà inutile che  io  la illustri e confermi colle loro testimonianze. S. Cirillo
Atti degli Apostoli (II): [...OMISSIS...] . Finalmente  io  non posso omettere l' autorità di Origene notabilissima
però sono divisi, se Iddio operi anche come causa formale .  Io  credo essere necessario di chiarir bene il significato di
parti, moto ove è numero e estensione; ed è per questo che  io  ho chiamata questa parte reale della nostra percezione de'
stesso e non una qualche sua similitudine o idea. Quando  io  dico: - date anche a me di quelle frutta che voi mangiate -
- date anche a me di quelle frutta che voi mangiate - ;  io  non dimando già l' idea delle frutta, ma dimando le frutta
verità, che, in virtù della funzione del giudizio o come  io  la ho anche appellata, del verbo, l' uomo intelligente col
atto dell' uomo intelligente. Or come è possibile ciò?  Io  ho dichiarata questa grande verità nella Ideologia (1)
e abbisognano della gloria di Dio« (4). - « E non ti ho  io  detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?« (5). » E
formalmente si congiunge. Egli non sarà però inutile che  io  ancora un po' mi trattenga a provare colle testimonianze
substantia interposita ab ipsa veritate FORMATUR (2) ».  Io  ho già dimostrato che questa verità , di cui parla S.
conoscere Iddio, conviene conoscer[n]e la sussistenza. Ma  io  ho dimostrato che colle idee pure non si conosce che la
ridotte tutte le supreme nature dell' universo. Ora questa  io  credo essere appunto la formola che più completamente di
cui mi devo riferire e rimettere spesso in questo trattato,  io  ho dimostrato che la specie non è che il rapporto che ha la
da una intelligenza, dalla quale possa essere apprezzato.  Io  ho trattato a lungo questo vero nel libro de' Principii
ordine, di cui parliamo, suppone de' fini e de' mezzi: ma  io  ho dimostrato che il concetto di fine non si trova se non
propria dell' ordine morale. Non sarà inutile che  io  rechi tutto insieme il luogo importante del santo Dottore,
sussistenze, essere tre persone in una natura. Benissimo,  io  dico. Accordo che, ove non si ammetta il mistero della
divina. Il Padre è l' essenza divina, un sentimento, un  IO  che conosce sè stesso. Questa essenza, in quanto è
amabile e amata, sussiste (2), ella ha un sentimento, è un  IO  come amato. Questa essenza intesa e sussistente come amata,
però che s' intenda questo concetto con tanta facilità,  io  posso mettere più attenzione in questo concetto e colla mia
vista più chiara di lui. E nondimeno è sempre il tutto che  io  ho contemplato, tanto contemplandolo io superficialmente,
sempre il tutto che io ho contemplato, tanto contemplandolo  io  superficialmente, come contemplandolo intensamente. Ciò che
Giobbe, allorchè egli diceva di Dio: «Anche se mi ucciderà,  io  spererò in lui? (1) ». Tuttavia questa fortezza degli
appunto sono chiamati altrettanti Cristi nelle Scritture?  Io  sarei infinito se volessi riferire i luoghi innumerevoli
stato fatto il mondo, appresso il Padre suo (4). Ora ciò  io  punto non nego (5): solo affermo che questo fu favore
chiesa con lui suo sposo. « PERMANETE in me, dice Cristo, e  io  in voi. Siccome un tralcio non può portar frutto da sè
la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, ed  io  lo risusciterò nell' ultimo giorno. - Chi mangia la mia
- Chi mangia la mia carne e beve il sangue PERMANE in me e  io  in lui« (4) ». E finalmente Cristo dà appunto questa
è quello che vogliono dire quelle parole di Cristo: « Ecco,  io  sto all' uscio e batto: se alcuno udirà la mia voce e mi
e batto: se alcuno udirà la mia voce e mi aprirà la porta,  io  entrerò a lui e cenerò con lui, ed egli con me« (2) ». E`
con lui, ed egli con me« (2) ». E` il medesimo che dire:«  Io  mi presento all' intelletto: ora sta alla volontà che
se noi nol vedessimo, nol conoscessimo per altro mezzo. Ora  io  dico, che anche nella santificazione dell' anima non sempre
senza vestigio di distinte persone, proviene (2). Ora  io  debbo dimostrare che la distinzione che io fo' fra i doni
(2). Ora io debbo dimostrare che la distinzione che  io  fo' fra i doni della persona e la persona stessa, non è
con voi (4) »; e tosto soggiunge: «« Rimanetevi in me e  io  in voi« (5) »; attribuendo appunto all' effetto delle sue
quanto aveva udito dal Padre: « TUTTE le cose che  io  udii dal Padre mio, le feci a voi note« (4) ». I Padri
non è diverso dal suo essere. Ora se Cristo avesse detto:  Io  vi feci note molte cose che ho udite dal Padre, poteva
interpretazione del passo di Cristo: « Tutte le cose che  io  ho udito dal Padre mio, le feci io note a voi«, dalla
« Tutte le cose che io ho udito dal Padre mio, le feci  io  note a voi«, dalla seguente osservazione. In che modo
a quelle delle altre. In che maniera dunque di nuovo  io  chiedo, poteva dirsi con verità, che agli Apostoli tutte le
dato il sermone del Padre, il quale tutte le conteneva. «  Io  ho dato loro il tuo sermone« - « Il tuo sermone« è LA
dicesse: come il Padre dà a me l' essere personale, così  io  do a' miei diletti l' essere loro personale. - E questa
anche il Verbo viene chiamato Consolatore, in quel passo: «  Io  pregherò il Padre, e darà a voi un altro Paracleto cioè
interiore, del Verbo. Onde dice: « Non vi lascierò orfani:  io  verrò a voi«. E tosto appresso:« Ancora un poco e il mondo
e il mondo già più non mi vede; ma voi mi vedete, perchè  io  vivo e voi pure vivete« (6) ». Nelle quali parole viene a
l' amore dicendo: « Siccome il Padre ha amato me, così ed  io  pure ho amati voi. PERMANETE nella mia dilezione« ». - La
precetti, PERMARRETE nella dilezione mia, siccome anch'  io  ho osservato i precetti del Padre mio e PERMANGO nella
il Padre. Quando adunque Cristo diceva al Padre: «  Io  ti ho chiarificato sopra la terra« (1) »; mostrava con
o Padre, appresso te stesso di quella chiarezza, che  io  ebbi prima che fosse il mondo, appresso te« ». Non dimanda
ed è anche in questo senso, che il Verbo divino dice: «  Io  sono la via« (2) ». S. Paolo distingue parimente i due
in maggiore abbondanza, ma disse semplicemente: « Ed  io  mando il promesso del Padre mio in voi« (2) »; facendo così
cose« ». Ma in che modo? Suggerendo tutte quelle cose che  io  stesso vi avrò dette: « Suggeret vobis omnia quaecumque
espresso ancora dalle seguenti parole di Gesù Cristo: «  Io  ho ancora molte cose da dirvi; ma non le potete sostenere
quello che udirà » (cioè quello che udirà da me, essendo  io  che dò la verità, la verità stessa sussistente), «e le cose
molte cose, e non si sa di saperle. Questo è un fatto che  io  credo di avere stabilito indubitatamente nella Ideologia.
Spirito Santo, dice così: « In quel giorno CONOSCERETE che  io  sono nel Padre mio, e voi in me, e io in voi« (2) ». Non
CONOSCERETE che io sono nel Padre mio, e voi in me, e  io  in voi« (2) ». Non dice già che in quel giorno essi saranno
poco, e il mondo già non mi vede: voi poi mi vedete, perchè  io  vivo e voi vivete« ». Lo vedevano adunque, lo percepivano
parole, dicendo: « Chi ama me, è amato dal Padre mio: e  io  l' amerò e gli manifesterò me stesso« ». Invece di dire,
ha potuto applicare alla sua incarnazione quelle parole: «  Io  sono uscito dal Padre e venni nel mondo« (3): e quelle
uscito dal Padre e venni nel mondo« (3): e quelle altre:«  Io  venni in nome del Padre mio« (4) »; cioè egli ha potuto
grazia. Questo è ciò che significano le parole di Cristo: «  Io  sarò con voi sino alla consumazione de' secoli« ». E quelle
de' secoli« ». E quelle altre dello Spirito Santo: « E  io  pregherò il Padre, ed egli darà a voi un altro Paracleto,
sia sapienza e modestia, o piuttosto matta arroganza,  io  non dico, ma il dica qualsivoglia protestante o cattolico,
qualsivoglia protestante o cattolico, greco od arabo, ch'  io  lascio al comune senso deciderlo. Solo di far questa
l' autorità sua a quella della chiesa? In tale alternativa  io  mi attengo alla chiesa. Ma oltre all' essere affatto
uomini egualmente formate, e l' arma eguale. Da una parte  io  veggo uomini gridanti che, dopo aver fatto un sano uso
di fatto. Ora la sana ragione da qual parte starà? Se  io  bado alle loro parole, i primi si chiamano razionalisti e
Non sembrerebbe dover essere secondo l' equità che, avendo  io  uomini da una parte e uomini dall' altra, i quali
ragione e aver diritto di seguitare ciò che ella lor detta,  io  calcolassi imparzialmente la probabilità che può esservi, o
l' una delle due dica il vero? Ora certo è che, non potendo  io  discernere uomo da uomo, e però dovendo riconoscere in
di far uso della sua ragione, procederò equamente, ove  io  stabilirò questo principio: Nel fare un ragionamento, se
sistemi di filosofia; e in nessun luogo della terra, che  io  sappia, viene più insegnata, senza almeno averla sottomessa
furore nelle cose loro religiose si lascino governare,  io  non vo' dire. Dico bensì che se una tal setta vi ha, questa
si contentano di tacciarli di arroganza e di stoltezza: ma  io  non veggo dove stia arroganza maggiore, quanto in
idee religiose? non c' è che una religione al mondo? Nè  io  nego già che l' uomo non possa sentire la bontà intrinseca
quella, di signoreggiare la persuasione umana. Bene sta.  Io  avevo già preveduto meco medesimo che batteva qui il
il professore le attribuisce come suo esclusivo diritto,  io  mi credo di dover dubitare che se tal persuasione fu ferma
della medesima, e che faceva dire a questo gran Padre: «  Io  non crederei alla Scrittura, se non mi movesse a ciò l'
conserva sulla terra perpetuamente, avendo detto Cristo: «  Io  sarò con voi fino alla fine dei secoli « ». Ma come so io,
divino magistero vivente nei maestri della chiesa? Lo so  io  forse per altro se non per parole e i fatti di Cristo che
che sono tutti contenuti nella Bibbia? - Sì, certamente:  io  ne ho delle altre prove. I primi fedeli hanno creduto agli
allora è cosa ben rara che, senza offendere la modestia,  io  possa parlare in tuono assoluto e pronunciare la mia
naturali. Ora in quanto al primo di questi argomenti,  io  comincio a far osservare che tutti quei dotti teologi di
di ciò che si debba intendere per azione immediata di Dio;  io  mi farò brevemente a esporglielo secondo il fondo de'
ma pur solo di pensare così vane sciocchezze, perocchè  io  credo che penerà assai di trovare in tutto il mondo un uomo
il significato che sta annesso a questo monosillabo  IO  per rivelare quello che per comune sentenza (2) si contiene
del soggetto appellato uomo . IO« uomo« veggo l' essere,  Io  veggo la verità (3), ma io non sono l' essere, io non sono
. IO« uomo« veggo l' essere, Io veggo la verità (3), ma  io  non sono l' essere, io non sono la verità che pur veggo.
essere, Io veggo la verità (3), ma io non sono l' essere,  io  non sono la verità che pur veggo. Privo dell' essere, privo
Privo dell' essere, privo della vista della verità, l'  IO  ancora potrebbe sussistere, sebbene non potrebbe pensare se
il pensiero non è altro che la vista dell' essere (4). L'  IO  che vede l' essere è intelligente, e senza l' essere, come
non essendo ancora illuminato dal lume della verità. Quest'  Io  sentimento, concepito privo d' intelligenza, la riceverebbe
sua forma , ciò che lo adduce al suo più nobile atto. Un  Io  sentimento come l' abbiamo dedotto, privo d' intelligenza,
come l' abbiamo dedotto, privo d' intelligenza, è un  Io  animale; fornito d' intelligenza, si chiama uomo . Nel
pure il Verbo incarnato, dicendo: « Se non credete che  IO  SONO, morrete ne' vostri peccati« (5) ». Tutti i Padri
che tutte si trovano nell' unica idea dell' essere, come  io  ho mostrato nella Ideologia), «essa ha presente a sè stessa
sussistere. Col conoscere adunque quella cosa contingente  io  non faccio che ravvisare nella sua azione sopra di me un
nella sua azione sopra di me un atto dell' essere che  io  già conosco; non è che un riconoscere adunque in atto, e in
adunque in atto, e in un atto particolare, ciò stesso che  io  prima conoscevo in potenza e in un modo universale, perchè
nel condizionale, la conseguenza nel principio; onde è che  io  non posso da lui solo svolgere la cognizione di tutte le
e portino in me un cotal sentimento di sè stesse, acciocchè  io  quasi mi svegli da un mio letargo e apra gli occhi a
dell' essere stesso, e ciò appunto che modifica quello che  io  chiamo senso intellettivo o spirituale, e non è diverso
quelle parole di Cristo: « Se voi non crederete che  io  sono« ». Ivi fra le altre cose dice: [...OMISSIS...] . Per
che« le cose divine e sempiterne, dicevamo, e tutte, come  io  ho mostrato, si riducono all' essere ideale e reale, si
Questa dottrina s' incontra di frequente in S. Agostino; ma  io  mi restringerò qui a recare in mezzo solo un passo tolto
cibo a sè proporzionato veramente in nessuno (1). Nè  io  voglio affermare per questo che l' uomo, anche lasciato da
di questa parola imagine per conoscere la verità di ciò che  io  dico: nel che seguiremo S. Tommaso che pone sempre grande
è tutto il nerbo e la perfezione della dignità umana. Ma  io  non dò tuttavia questa interpretazione per sicura: e se più
conforme all' umana intelligenza, e che mi ricorda di avere  io  espresso in alcuni versi sullo stato di Adamo, i quali, se
unione, ove divenuta fosse per tal modo piena e compita,  io  penso che allora l' uomo quasi deificato avrebbe acquistate
quanto diceva a Dio Giobbe: « Eziandio se tu mi ucciderai,  io  spererò in te« (3) ». L' uomo spera nel suo Dio, sebbene
l' uomo fornito? In quanto alla prima di queste dimande,  io  rispondo che essendo i beni soggettivi creati limitati,
in Dio, per questo che sono fatti una cosa con Dio: «  Io  in essi dice Cristo parlando al Padre, e tu in me,
e parmi secondo la mente del Dottore della grazia, se  io  nulla intendo, che perchè quella grazia potenziale
ora ci serve di guida. Ma che il fondo dei suoi pensieri  io  reputo che sia questo: che venendo il principio del bene
pure se i vizii de' maggiori possano degradarle (il che  io  molto sospetto); questa è questione sottile e degna di
della persona, perfezione accidentale della natura.  Io  chiamo perfezione della persona quella che consiste e
nel principio morale. All' incontro perfezione della natura  io  dico quella che riguarda qualsivoglia principio attivo che
disordinato perocchè la sua personalità sarebbe sana, e l'  IO  (1) non ubbidirebbe già, ma riterrebbe la sua dignità di
più indefinitamente. In quanto alla perfezione della natura  io  credo che si possa rispondere affermativamente. E del
che si possa rispondere affermativamente. E del credere  io  alla indefinita perfettibilità della natura, la ragione è
Nell' ordine della natura questo perfezionamento personale  io  lo tengo di un progresso, al tutto indefinito, sotto ogni
medesimo. Ora nello stato degli uomini innocenti,  io  mi penso che per queste vie dell' intelletto e della
cioè in forma di cognizione e di amore. Perocchè così  io  penso meco medesimo che crescendo nell' uomo quella grazia,
E si faceva maraviglia di non essere ancora conosciuto: «  Io  sono con voi da tanto tempo, e ancora non mi avete
nati allo stato di deità, or vedete di che grandi opere  io  sia padre o facitore. Queste opere sono indissolubili per
ammutolire e ragionevolmente dovesse dire seco medesima:  io  non veggo l' uscita di questo intrico: il peccato originale
lo annunzia è infallibile. Le mie forze sono limitate: se  io  non veggo come il peccato si possa propaginare e derivare
nei figliuoli, non è per questo che non possa essere e che  io  medesimo non potessi vedere se crescessero le mie forze. Or
non potessi vedere se crescessero le mie forze. Or come  io  veggo per certo che l' autorità che me l' annunzia non può
dell' uomo e alla malizia o bontà della medesima. Il che  io  spero di dover dimostrare nel seguente capitolo, nel quale
la possibilità di una potenza, e non una vera potenza. Così  io  posso concepire in un soggetto qualsivoglia, poniamo in un
sua volontà un uso torto e sregolato. Come ciò avvenga,  io  dirò più sotto, parendomi qui aver detto abbastanza perchè
natura umana che costituisce propriamente il soggetto, l'  IO  dell' uomo. Da tutto ciò che è stato detto si fa palese una
che il peccato originale risiede nell' essenza dell' anima.  Io  spiegherò qui sotto in che senso dica il Dottore angelico
questa è una di quelle distinzioni per mancanza delle quali  io  dicevo non essersi ancora intieramente chiarite le idee
dalle sue creature l' ottimo degli enti. Ma dopo di ciò  io  sostengo che nè pur tutto questo sia necessario, acciocchè
stessa: e dove si prenda in tal senso, accordo anch'  io  che ogni precetto naturale, perchè sia onestamente eseguito
sussistente, un amore di Dio immediato . Ciò adunque che  io  accorderò sarà questo solo, che perchè nel modo di eseguire
la virtù soprannaturale. - Ragionevole è la istanza; e  io  non nego che l' uomo sia riprovevole in causa del mancargli
un giudizio pratico il quale dice così: è vero che  io  perdo facendo questa azione il bene onesto, ma dall' altra
altra parte il diletto che ha congiunto è tanto grande che  io  lo preferisco al bene onesto, e per ciò giudico che, nel
corpi è un aggiungersi loro un sentimento di cosa reale.  Io  non so in che stato questi corpi verranno raggiunti a
che presiedono al gran patto del risuscitamento dei corpi.  Io  inclino a credere che essi corpi verranno ripristinati in
umana prevaricata quello di che minacciò gli ebrei: «  Io  asconderò la faccia mia ad essi e starò a vedere a che mali
la questione e che non potesse essere altramente inteso,  io  non vorrò dire il contrario. Ma sottoporrò a qualunque uomo
in faciem eius spiraculum vitae », è la sola, per quanto  io  ne capisco, che possa render chiara e giustificativa
fino dal primo momento della sua esistenza peccatrice.  Io  so bene che si suole assottigliarsi per dare una plausibile
ancora non potersi dissimulare che in quelle risposte, se  io  punto nulla intendo, manifestasi più che altro uno sforzo
[...OMISSIS...] . Or resta a vedere in che modo appunto  io  fossi in Adamo, in lui peccassi, in lui fossi scacciato dal
non si può in alcun modo rifiutare. Or ella non può, se  io  nulla intendo, aver luogo se non nella sentenza dell'
(2). Nei figli è il padre stesso il quale si moltiplica. «  Io  farò crescere te oltre modo, dice Iddio ad Abramo, e porrò
le sostanze fanno, si prendesse per un cangiare di camicie.  Io  non intendo se non un solo cangiamento di forme possibile,
materiali, per soprabbondanza e non per necessità,  io  chiamerò costui a considerare, che come di sopra ho detto,
dal medesimo per dar luogo a delle nuove. Se non che  io  giungo fino a dubitare, che una tale sentenza rinserri
sostenere, salva la verità della cattolica fede: anzi tali  io  tengo che siano anche quelle che ne ho finora dedotte, chi
poi soprattutto parmi che deve essere riputata la seguente.  Io  tengo intrinseco alla fede cattolica essere, che il peccato
per generazione e perciò nell' atto della generazione.  Io  potrei addur qui una nube di definizioni e di testimonianze
il peccato passa nel figlio nell' atto del concepimento.  Io  recherò le sue stesse parole, nè pur traducendole, perchè
ed alla mente dell' Ecumenico Concilio di Trento.  Io  ho parlato fin qui della sentenza scolastica a quel modo
anima, quando questa non s' abbia perfettamente compresa. E  io  intendo qui di risolverla, appunto perchè ciò mi dà luogo
non si fa sussistente, ella rimarrà materiale o mortale? Ma  io  rispondo: L' anima sensitiva, ove il corpo a cui aderisce
fondamentale che costituisce l' essenza dell' animale,  io  ho distinto due elementi, cioè il principio e il fine, il
senziente per sè non cesserebbe mai, e sarebbe immortale.  Io  non dubito adunque di chiamare spirituale l' anima delle
principio, e solo dalla parte del suo termine è materiale.  Io  non dubito di chiamare l' anima, considerata come principio
A confermare queste affermazioni non sarà inutile che  io  rechi qualche passo fra i moltissimi che potrei addurre
. Ora una tal carne, di cui anche più sopra aveva detto: «  Io  so che non abita in me, cioè nella carne mia bene alcuno«
della volontà ossia del formal peccato. Or ciò posto,  io  non vedrei altresì che si potesse riprendere come contraria
uman seme; non altra, se ella essere vi potesse. E con ciò  io  credo di cogliere la mente del Dottor della grazia, il
in evidente contraddizione con esso, e dall' altra oggimai  io  credo non essere difficile d' accorgersi che si possa dare
che tenne col ministro Claudio, non sarà inutile che  io  arrechi ancora un passo dello stesso insigne prelato, tolto
stesa sull'anima, un vuoto che nulla riempie nel core! ed  io  che scrivo per voi queste pagine, lo so. Benedite Iddio che
per l'umanità, la Famiglia deve esserlo per la Patria. Come  io  v'ho detto che la parte della Patria è quella d'educare gli
scudo contro l'altrui forza, contro l'altrui corruttela. Ma  io  vi parlo d'un tempo in cui, col vostro sudore e col vostro
ciò che la scienza chiama l'io; ntorno al qual  io  i avvolge la famiglia; e insieme ad essa ed alla tribù
si accorge; tutti li altri restano ripulsi dal suo sistema.  Io  lo chiamo un sistema chiuso. n sistema, non turbato da
umana, solidarietà di nazioni, ogni cosa che voi ed  io  veneriamo. Ma il sogno di quei che, limitandosi alla
 Io  v'ho detto: voi avete vita; dunque avete una legge di
e con sublime istinto dell'avvenire, Gesù aveva detto:  Io  vi dico le cose che voi potete in oggi intendere e
Ma né sciolgono la questione di miseria intorno alla quale  io  vi parlo, né tengono conto alcuno del dovere sociale.
sarebbe insanabile; e Dio tolga, o fratelli miei, che  io  possa mai gittare, convinto, come risposta ai vostri
de' metodi si è l' impotenza . Datemi qualsiasi metodo: se  io  ragiono bene, eviterò l' errore, ma non giugnerò a
l' errore, ma non giugnerò a dimostrare tutte le verità che  io  vorrò; anzi sol confessando questa insufficienza della via,
incammino, potrò dall' errore salvarmi. Che se superbamente  io  rifuggo da una sì umile confessione, se non m' arresto là
espressamente d' ammetterne il principio generatore. Quindi  io  altrove distinsi i razionalisti in due classi, che chiamai
Ma così si venne gradatamente a formarsi una, non so se  io  mi dica, scuola o fazione di teologi cattolici, la cui
le antiche discordie e calunnie cadevano in obblivione. Nè  io  avrei avuto mai necessità di rammentarle, non avrei avuto
acconciato, lo spirito di razionalismo, insidiante, s'  io  non erro, alle più importanti verità di nostra fede, sotto
eretici stessi, e degli empii. Non vi sono più oggimai,  io  voglio credere, teologi che osino apertamente sostenere
verità e della sana dottrina, provalo anche il non esser  io  a lor conosciuto di volto, nè di letteraria corrispondenza;
si è, che, quantunque incogniti, menan alti clamori, che  io  non tratti con esso lor dolcemente. Che significato ha mai
dottrina, e salutarmente se ne vergognino. Certo non potevo  io  credere al cominciamento di questa lizza, nè l' avrei
d' un opuscolo che censurava un' opera mia, non avendolo  io  ancor veduto, diffidai grandemente di me medesimo, conscio
insiem col pubblico che ne portava simil giudizio, nè pur  io  vi scorsi altro che un meschinello che s' era riscaldato
danno, niente poi dovea costare ad uno incognito. E però  io  speravo ch' egli avrebbe dato al mondo questa prova, che
sostanzial delle cose, le ragioni evidentissime colle quali  io  avea convinto Eusebio d' innumerevoli falsità di fatto e di
fatti della teologica storia degli ultimi secoli, di cui  io  non avevo mai c“lto bene il segreto. Certo nè io conobbi
di cui io non avevo mai c“lto bene il segreto. Certo nè  io  conobbi allora, nè conosco adesso chi sia l' uomo che si
niuno d' essi conosco, almeno con certezza, non prestando  io  intiera fede alle voci che pur ne corsero. Anzi, troppo
a mie spese, che i calunniatori non mancano, quanta non ho  io  ragion di temere, che anche le persone additate siccome
e quella stessa pietra, su cui ella è fondata. Non dirò  io  esser questo lo scopo conosciuto e voluto dagli scrittori
tutti gli esemplari in Roma; ed ivi solo, per quanto  io  so, cautamente il diffusero, sperando che, non essendo ivi
so, cautamente il diffusero, sperando che, non essendo ivi  io  presente potessero farvi qualche breccia, prima che ne
quasi sull' eculeo il lettore; che da vero, volendo  io  celiare, se me ne restasse vaghezza in tanta gravità di
il razionalismo nelle scuole della sacra teologia;  io  debbo scaltrire il pubblico, di nuovo, contro la lor mala
le nostre opinioni, essi non sono degni di fede; ed  io  rigetto tutte in fascio quelle ch' essi ci appongono,
essi inventata, o alterata, tale quale la producono: 2 Che  io  chiedo all' equità pubblica di essere giudicato sui miei
quanto vo' dire. Alla faccia 361 dell' « Antropologia »,  io  scrivea, che [...OMISSIS...] Nella « Risposta poi ad
nota, ecco il cavillo, che con inesattezza di parlare  io  adopero le parole contrario e contraria , in luogo di
pure fecero i Giansenisti, di che conchiude altresì, che  io  confondo una cosa coll' altra: [...OMISSIS...] . Ma dove
senza alcun pro finora per essi, ma con qualche pro,  io  voglio sperare, pe' fedeli, a cui vantaggio scriviamo.
dunque al « « confondersi l' una cosa coll' altra, » »  io  dimando, se ne' luoghi citati del sacro Concilio, di s.
egli osserva, che quand' anco in vece di contrario ,  io  avessi usato contraddittorio , non gli sarei sfuggito di
diverse e dall' esser opposte ) (1), come sono quelle che  io  adducevo, le quali non sieno medesimamente contradditorie:
a me, sono trattato colla stessa onestà. Dice che anch'  io  insegno , doversi prendere in senso di volontario semplice
suo mentire riesce più sguaiato; poichè 1 lungi dall' aver  io  insegnato, che il voluntarium di Bajo si debba prendere per
le mie parole: [...OMISSIS...] . 2 Perchè il dire che  io  ho insegnato doversi prendere il voluntarium della
il fondo, non è mia; ma è de' Padri e de' Dottori ond'  io  la trassi. Per non essere infinito, mi limiterò a mostrare
si conosceva in altri tempi. Egli è ora certo, secondo ch'  io  stimo, che il bambino fino da' primi tempi di sua esistenza
che altro non significhi che libero! (4) Non credo  io  dover essere inutile il metter qui sotto gli occhi del
Che giustizia ci avrebbe qui? [...OMISSIS...] , dirò anch'  io  con S. Agostino, [...OMISSIS...] . Se dunque viene imputata
di quegli antichi pelagiani. Il secondo argomento,  io  lo traggo da tutti que' luoghi, e sono moltissimi, di S.
« un affetto permanente del peccato »; il quale, domanderò  io  a nostri teologi moderni, se possono crederlo un elemento
bon diable per raccomandarglielo (2). Sarei troppo lungo se  io  volessi aggiungere un saggio della maniera con cui poi si
S. Agostino assai più francamente dica [...OMISSIS...] . Ma  io  aggiungerò, che la detta prova in sè stessa considerata non
Iddio d' un amor naturale sopra ogni cosa ed anche questo,  io  aggiungerò, facilmente. All' incontro l' uomo nello stato
Poichè qual semplice testimonio del senso comune, chiedo  io  che mi valga l' autorità dell' illustre autore delle «
e della stessa legge vetante. IV Altra prova validissima  io  deduco dalle perniciose conseguenze della dottrina opposta.
in chi ignora che sia. Conciossiachè e come mai potre'  io  avere obbligazione di conoscere i miei doveri, se, non
se non posso eseguirli, non sono più obbligato. Laonde  io  farò anzi bene a conservare la mia ignoranza, che mi lascia
avremmo qui de' peccati necessarii in causa prossima.  Io  non di meno non posso acconsentirgli (2), ma trovo di dover
stessa tesi argomentando da diverse decisioni della Chiesa.  Io  mi restringo ad accennare la condanna della 2 proposizione
può levare, almeno all' istante. Quantunque però non possa  io  ammettere la dottrina dell' Estio sul demerito degli abiti;
degli uomini, benchè non a quello di Dio. Questo non dissi  io  solo (1); ma l' Estio ancora il vuol ben considerato, così
e che disperano, sicchè nessuno può dire veramente:  io  voglio, e non posso. XII E del pari, è certo non opporsi nè
quanto può, ad adempirla, sarebbe costui, non punto  io  ne dubito, da Dio soccorso. Perocchè, come dice S.
anima DOMINATRICE E DETERMINATRICE DELLA VOLONTA`, avendo  io  definita la libertà per [...OMISSIS...] . Coll' esporre
altrettanto menzognero continua così: [...OMISSIS...] .  Io  dimando compatimento al lettore cortese, se in questo e in
in cui è sospeso quest' uso della ragione morale , com'  io  più spesso mi esprimo, chè così dee spiegarsi sanamente il
tanta sapienza scrive, [...OMISSIS...] . Nel brano arrecato  io  enumero i varii aiuti, che rendono l' uomo possente a
e l' animo ben disposto . Da questo il Sig. C. induce che  io  dunque insegno tutte le azioni essere necessarie, quando si
a riconoscerla tale dove una passione si renda eccessiva,  io  feci di più osservare, che la violenza della passione
urgente ed al sommo pressante. Ora quelle condizioni, che  io  posi acciocchè una azione si possa credere necessaria , il
libera, capovolgendo tutto il mio sentimento. Sicchè mentre  io  dico, che l' azione non è mai necessaria, se la passione
da questa sempre ne' lor bisogni fedelmente soccorsi, com'  io  ho dimostrato (nel « Trattato della Coscienza » facc. 165 e
hanno punto ricevuto col santo battesimo il dono di Dio?  Io  me ne appello a tutti i fedeli di Cristo, alle anime che
non rinfrescare la memoria di scandali quasi obliati. Ma  io  credo, che Iddio già più non voglia che si nasconda la
tutti gli scritti de' nostri teologi razionalisti? Non ho  io  ragione di rispondere a quelli, che non fanno differenza
dia la Chiesa cattolica allo stesso battezzato. Certo, se  io  scrivessi pe' soli teologi tali cose, mi darei una cura
non che provate con irrefragabili autorità, scrivendo  io  dunque piuttosto pe' fedeli non teologi, che si cerca
Prima però debbo dichiarare, che tutto ció ch'  io  dissi in quest' opera, nol dissi coll' animo di definire,
cadere, e però tutto il danno è suo proprio. Dunque parlo  io  così a suo favore; quanto ho scritto in quest' opuscolo a
di buona fede che non penetrano il fondo di questa lotta;  io  loro dirò così: Abborrite il Giansenismo, ma guardatevi
che Iddio potesse rimanersi interamente dal porcela. Perchè  io  possa aprire chiaramente questo mio concetto mi conviene
mio concetto mi conviene fissare prima il valore in che  io  soglio usare queste tre parole analogia, similitudine e
Ora le cose tutte che si conoscono coll' idea universale,  io  le chiamo analoghe fra di loro: le cose che si conoscono
fra di loro: le cose che si conoscono coll' idea generica,  io  le chiamo simili: le cose che si conoscono coll' idea
simili: le cose che si conoscono coll' idea specifica,  io  le chiamo imagini le une delle altre. Ciò posto egli è
cominciano ad aver luogo nelle cose create. Troppo a lungo  io  qui mi estenderei se volessi metter mano a dichiarare tutti
della divinità e delle relazioni di questa coll' uomo. E  io  sono di quest' avviso che una tale osservazione ci può
spazi celesti, venendo quasi a dirgli: l' attributo che  io  esprimo con questo vocabolo è pari alla indefinita
che parlava sensibilmente avesse poscia detto all' uomo:  Io  sono il cielo, ossia l' esteso. La parola dunque in
le traccie della lingua primitiva. Conciossiachè simbolica  io  chiamo quella lingua, la quale denomina le cose sussistenti
sono soli tre dì che di tanto mi fu cortese il cielo, che  io  dover vedessi con questi occhi miei l' estasi mirabilissima
possente che a miglior vita interiormente la richiama. Or  io  voglio ben credere sieno pure in parte cagionati tali
di affissarsi nel volto dell' Unigenito di Dio? Or ben  io  credo che questo solo fatto, a chi ne fu testimonio
operante, che coll' uomo che riceve l' operazione.  Io  voglio dire cioè, che il principio operante, che è Dio
i primi uomini Adamo ed Eva. All' aiuto de' quali  io  non so se dovessero servire anche dei segni del primo
Verbo di Dio e medesimamente Cristo che di sè ha detto: «  Io  sono la via, la verità e la vita« (2). » Conciossiacchè è
cattolici, e, ciò che è più, di S. Tommaso d' Aquino. A cui  io  potrei rispondere che egli è vero non darsi Sacramento, in
de' Sacramenti anche all' età del mondo innocente. Ora  io  non affermo che in quel tempo vi avessero altri Sacramenti
bensì alla natura, ma non alla persona: « Or poi già non  IO  opero ciò, ma quel peccato che abita in me« (2). » Nelle
abita in me« (2). » Nelle quali parole il pronome personale  IO  significa la persona, e il peccato che abita in me è una
interpretazione di questo ME usato per natura, dicendo: «  Io  so che non abita IN ME, cioè NELLA MIA CARNE alcun bene«
voglio; ma faccio (cioè la mia natura fa), quel male che  IO  (persona) non voglio«. E da ciò appunto che fa quel che non
che il fa, ma la sua natura, argomentando così:« Ma se  io  faccio quel che non voglio, dunque non sono già IO
Ma se io faccio quel che non voglio, dunque non sono già  IO  (persona) che il faccio, ma quel peccato che abita in me.
che vuol fare il bene, stia il male congiunto: poichè  IO  (persona) trovo il mio diletto nella legge di Dio SECONDO
a mano consegnare da Dio alla casa eletta de' Patriarchi?  Io  credo non errare se affermo che il fine delle antiche
. Che questo parlare sia simbolico e venga a dire:  io  risparmierò d' ora innanzi tanto quelli che vivono da
bue triturante veniva rappresentato (2). Sarei infinito ove  io  volessi discendere a divisare il simbolo che si traeva da
perfezione morale, che Iddio gli intima fino a principio: «  Io  sono Dio onnipotente: cammina dinanzi a me e sii perfetto«
registrati nelle Scritture e nelle ebraiche leggi.  Io  credo che costoro si mostrano assai lontani dal conoscere
parliamo. A suggellare un tal fatto sostenga il lettore che  io  aggiunga un testimonio di somma autorità nella Chiesa quale
sono della natura delle cose; e quindi la spiegazione che  io  do di tali [simboli] non può sembrare in conto alcuno
anzi al deposito delle più comuni tradizioni cristiane,  io  citerò un brano di un pio libro, dove si contiene quanto ho
rapporto qualunque si voglia. A ragion di esempio se  io  prendo per simbolo un fiume che si rigonfia e minaccia di
nome comune cui determina, non ne cangia la natura. Così se  io  dico: quest' uomo; sebbene una tale locuzione determini il
di tutte le lingue raffrontate insieme potranno dare, come  io  spero, una piena luce. Trovato questo fondamento, e come
un solo esempio preso da due sole parole, cielo e terra.  Io  mi persuado che nella lingua primitiva il cielo e la terra
diceva quelle parole: « Padre Santo - fino a tanto che  io  era con essi, io li conservava nel nome tuo (3), » e ancora
parole: « Padre Santo - fino a tanto che io era con essi,  io  li conservava nel nome tuo (3), » e ancora «« conservali tu
nella verità, » che viene a dire nel Figlio che disse ««  io  sono la verità« (5). » Il più augusto di questi Sacramenti
agire della materia de' Sacramenti santificata dalla forma.  Io  non parlo che del pane e del vino consecrato, dell' acqua
è mala, nascono in lui variatissimi sintomi morbosi. Ora  io  avviso che la virtù della materia santificata ne'
non ha conosciuto il peccato se non per la legge. Perocchè  io  ignorava la concupiscenza se la legge non mi diceva: non
promulgato, e a tutti i suoi voleri. Perciò S. Paolo dice «  Io  dichiaro ad ogni uomo che si circoncide che con tal rito
un effetto spontaneo e necessario di detta impressione come  io  credo almeno probabile, ovvero sia egli solamente
acciocchè egli se ne serva a suo piacimento maggiore. Or  io  dico di più, che questa sola è vera consacrazione: perocchè
nell' affermare che il carattere precede alla grazia (3).  Io  dirò di più: il carattere precede alla grazia come la causa
milita sotto di sè, soggiungendo: [...OMISSIS...] . Però  io  non vedo come alcuni teologi nieghino di conoscere a figura
quel salutevole effetto. Quindi anzichè con tali teologi,  io  me ne sto co' Padri più antichi della Chiesa a' quali non
Santo« (4), » e come allora che disse in presente « ed  io  mando il promesso del Padre mio in voi« (5), » volendo
era la virtù delle sue parole, dicendo: « Non credete che  io  sia nel Padre, e il Padre in me?« » che viene a dire: Non
in Cristo potrà far le opere fatte da lui? « Perchè, dice,  io  vado al Padre«, » a mandar lo Spirito Santo: « E io
dice, io vado al Padre«, » a mandar lo Spirito Santo: « E  io  pregherò il Padre, e darà a voi un altro consolatore che
(nel quale riceverete lo Spirito Santo) voi conoscerete che  io  sono nel Padre«: » ecco la cognizione del Verbo per l'
impressione fattale dallo Spirito Santo: « e voi in me, ed  io  in voi«: » ecco la riflessione che lo Spirito Santo ci fa
Spirito Santo. « E chi mi ama, è amato dal Padre mio, e  io  lo amerò e manifesterò a lui me stesso«. » Dice manifesterò
avviene nel Battesimo, e il riceverlo nella stessa persona,  io  mostrerò ancora con qualche passo degli ecclesiastici
che questi non sono che i principali. [...OMISSIS...] Ma  io  non ho sott' occhio nissun passo di antichi scrittori i
Spirito Santo colla pienezza de' suoi doni. Gioverà che qui  io  rechi le proprie parole di questo scrittore:
insegnerà tutte le cose, e vi suggerirà tutte le cose che  io  avrò dette a voi« (1). » Nelle quali parole appar chiaro,
uno e l' altro ci comunica tutte le cose. Il Verbo dice: «  Io  vi ho fatto note tutte le cose che ho udite dal Padre mio
che tuttavia è in uso presso di noi. Solo dopo avere  io  scritto questo articolo mi accorsi essermi sfuggito nel
quale il venerabile uomo dice altrettanto e più di quanto  io  dissi. Tuttavia non volli cancellare l' articolo, ma sì
insegna loro a sorridere delle opinioni più rispettabili.  Io  mi accosto poi al P. Merlin (1) in quanto le sue
il Battesimo prima di nascere? Gesù diceva a Filippo: «  Io  sono tanto tempo con voi e non mi conoscete? Filippo chi
e nel sangue di nostro Signor Gesù Cristo, a quel modo che  io  il concepisco contenersi nel deposito delle verità della
nostro sangue. Ora in un modo somigliante, come dicevo,  io  intendo che Gesù Cristo comunichi la vita propria alle
nel cenacolo: [...OMISSIS...] . Dove quella maniera« dico  io  a voi« dico enim vobis , annunzia che egli vuole comunicar
la Risurrezione è chiaramente espressa in quelle parole: «  io  non berrò più di questo figliuolo della vite«. » Dice
dice, di mangiare con voi questa pasqua innanzi che  io  patisca«. » Che vuol dire questo « innanzi che io patisca?«
che io patisca«. » Che vuol dire questo « innanzi che  io  patisca?« » non sembrano parole superflue? non bastava
quale sarebbe morto. Or se quelle parole « innanzi che  io  patisca«, » alludono assai convenientemente ad una pasqua
le quali a me sembrano oltremodo più gravi. Il perchè  io  verrò sponendo e ponendo a fronte le une colle altre, e
della nutrizione si applichi anche ad un corpo immortale;  io  non veggo cosa che a ciò si opponga nella parola di Dio o
vero uomo, vuol mangiare con essi. [...OMISSIS...] Ora  io  so bene, che cosa dicano i Teologi: essi vanno imaginando
concepisca per poco senza moto e senza azione. All' opposto  io  credo, come ho poco sopra toccato, che anzi il corpo
viene cavata da quelle parole di Gesù Cristo: « il pane che  io  darò è la carne mia per la vita del mondo (2), » e da
anche questa è una difficoltà apparente e non più.  Io  bramo, che ben si considerino in primo luogo le parole di
in primo luogo le parole di Cristo: « il pane che  io  darò è la carne mia che io DARO` per la vita del mondo«:«
parole di Cristo: « il pane che io darò è la carne mia che  io  DARO` per la vita del mondo«:« questo è il mio corpo, che
rimane sempre, il quale si esprime colla particella IO. L'  IO  è sempre quel medesimo: IO so di essere stato bambino, d'
esprime colla particella IO. L' IO è sempre quel medesimo:  IO  so di essere stato bambino, d' esser cresciuto e d' essere
al tutto indipendenti l' una dall' altra. Or come adunque  io  sono quell' IO identico tanto in un luogo come in un altro,
l' una dall' altra. Or come adunque io sono quell'  IO  identico tanto in un luogo come in un altro, nè sofferisco
alla specie e nell' altre condizioni perfettamente uguali.  Io  credo di poter recare a questo proposito le parole di Gesù
sone le particelle che« componevano il mio sangue quando  io  nacqui«; ma disse bensì « questo è il mio sangue«, »
della sua vita, nella morte, nel sepolcro. Si noti qui che  io  non attribuisco ora una tale sentenza a nessun teologo
ne' teologi non viene espressa colle parole colle quali  io  la riferisco; e perciò mi basta di confutarla come una
rassicurai sulle seguenti tre ragioni: 1. Nessuna autorità  io  potei rinvenire chiaramente favorevole ad una tale sentenza
teologica, sempre per quanto a me ne parve. Or avendo  io  già indicati i luoghi della Scrittura e de' Padri che
essere, e non proceda punto più innanzi. Indi non posso  io  a meno di dipartirmi dal sentimento del gran Bellarmino
col più profondo rispetto d' un uomo santo e sapiente  io  non posso vedere in ciò che una pura sottigliezza d'
annichilare ad esprimere la distruzione della forma, vorrei  io  ben sapere perchè non si potrà dire, che la forma dell'
si ritrova avverato a rigore. Ma questo concetto  io  nol ritrovo nella sentenza degli avversari. E veramente
stesso si colloca il corpo di Cristo. Ma in tutto questo  io  non veggo che due operazioni successive, cioè 1. l'
propriamente e idoneamente transustanziazione (3). Ma  io  non posso accordare loro, come dicevo, nè l' una nè l'
« quell' azione come conversione si riceve nel pane?« »  Io  non trovo in esse un significato. Intendo bensì che quell'
avvenga per quella forza onde la cosa è cessata« (1). » Ma  io  domando qual connessione vi può essere fra una cosa quand'
sarebbe seguìta vera e propria transustanziazione. Però  io  non posso nè pur qui sentirla col Bellarmino il quale non
apparisce dal Concilio di Trento (1). Il perchè non credo  io  che si possa alterare il vero e proprio significato della
noi con due relazioni. Così se in un corpo di molle creta  io  pongo un dito, l' incavo ch' io ci fo è ad un tempo
in un corpo di molle creta io pongo un dito, l' incavo ch'  io  ci fo è ad un tempo distruzione della precedente figura, e
perchè Iddio cessa di conservarlo: [...OMISSIS...] . Ora,  io  osservo, che nel presente fatto Iddio cesserebbe
perchè a suo uso rimanessergli gli accidenti di quella?  io  per me credo, che quando non avesse Cristo voluto
e trasmuta questi doni è egli stesso il Cristo« (6). » Ora  io  intendo sì bene come questi doni del pane e del vino siano
il pane vero dal cielo (5); » od al Figliuolo, che dice: ««  Io  sono il pane vivo che discesi dal cielo« (1). » Perocchè al
è vero che nasca un trasmutamento di sostanza in sostanza.  Io  non veggo in qual maniera possano gli avversarii di buona
difficoltà. Nè si badi al vocabolo di accidente , che  io  adopero per indicare la mutazione che avviene nel corpo di
avviene nel corpo di Cristo per la consecrazione, perocchè  io  intendo per accidenti anche le relazioni che acquista un
ad applicare questi principii al mistero Eucaristico;  io  domando se Gesù Cristo sente il proprio corpo nella
agli spazii che dalle specie sono coperti. Perocchè  io  ho dimostrato che la vera grandezza del corpo è quella che
ma in quella di agire sugli altri corpi esteriori?  Io  ho dimostrato che ciò implica assurdo, perocchè verrebbe
di agire sugli altri corpi o di produrre il moto, ecc.;  io  con argomenti egualmente efficaci, sebbene indiretti, verrò
nelle dottrine intorno al corpo ed allo spazio, che  io  ho espresso nel Nuovo Saggio sull' origine delle idee . E
nel Nuovo Saggio sull' origine delle idee . E veramente  io  ho dimostrato avervi due modi di percepire l' estensione,
dottrina intemerata conservasse. Le quali cose affermando,  io  non ignoro però, nè dissimulo a quali sconvenevoli modi, a
con tanto dolor de' fedeli, e troppo n' ho provato  io  stesso l' aculeo; ma dico essere questi peccati degli
dall' errore opposto, e inavvedutamente cadervi. Ora  io  dicevo, che se un campione dell' una o dell' altra delle
fosse convinto. Laonde nella mia Risposta ad Eusebio,  io  dissi, che invano egli sarebbesi lusingato, che una delle
dar braccio all' errante (1). E però in quello che fin qui  io  scrissi intorno al peccato d' origine, non ho inteso punto
di vero nome, ma solo al novero degli errori. Tale  io  considerai la sentenza, che« l' essenza del peccato d'
dottor d' Ippona intorno alla natura ed origine del male.  Io  trascriverò qui, acciocchè si vegga di che vita tenace fu
celebre per ostinato conflitto. Richiamisi la riduzione ch'  io  feci di tutta la storia della filosofia a due grandi Scuole
la libertà che i teologi chiamavano d' indifferenza, e che  io  chiamai bilaterale) è la causa unica di ogni moralità« trae
questo dottore gittò i semi, certamente senz' accorgersene  io  credo, del razionalismo , non meno che del necessitismo ;
se un' altro mangierà un cibo avvelenato, sarò avvelenato  io  che non ne ho mangiato; e chi mangierà un cibo salubre, ne
imputar loro questo peccato!«. 50. E non meglio, per quanto  io  vedo, provvede all' illustrazione e alla difesa del dogma
c' è l' indifferenza . Riguardo a una persona che  io  non conosco, non posso essere nè avverso nè converso coll'
citate, un uomo Italiano, il più grande fra gl'Italiani che  io  mi conosca, scriveva le verità seguenti: ?Dio è uno;
luce di lei che li vince e li signoreggia. E a tal fine  io  credo che convenga cominciare dallo stabilire nella
radicato nella natura dello spirito dell' uomo, che  io  rassomiglierei ad uno specchio atto a ricevere l' imagini
che le cose fuori dell' uomo, pigliate così in cumulo, com'  io  ora le piglio, sono più possenti di lui: sicchè egli per
è composta, e considerata sola è subbietto di divisione. Nè  io  sono qui per contendere a cotestoro quel vanto, che fatto
questo troppo arduo alla maggior parte degli educatori. Ed  io  concedo che i più fanno l' opera loro in parti, e senza
casa, dell' allievo, ed eziandio del precettore. Poichè  io  credo esser una trista e irragionevole pretensione quella
sospetto nel più disgraziato mortale. Tal difetto è solo,  io  mi credo, cagionato dall' essere que' testi, nella più
di una persona alla composizione d' un simile libro,  io  mi rimetto alla buona fede di quelli che avvisano la cosa
e acconci alla debilezza dell' intelletto fanciullesco.  Io  non esaminerò le cagioni di questo universale difetto di
e d' altri libri elementari, dei quali nessuna nazione  io  credo che si possa dir molto ricca, se pur i libri
e nella chiarezza assoluta de' pensieri. Ma ciò ch'  io  avverto si è, che si confonde questa specie di facilità con
Or poi, premesse queste cose sul principio della facilità,  io  tengo come cosa chiara ed aperta, che dovendosi fare scelta
sopra ciò a formare un buon libro per i fanciulli. Ora  io  dico che a questo conviene bensì l' impicciolirsi, ma che
conseguiamo per arte; venendo a loro tal dono non so dir  io  se più dall' aure soavi de' colli o dall' acque dell' Arno,
si conosce, poco delle circostanze ond' è circondata. Ed  io  credo esser questa una ragione per cui decadano le più
della Rettorica, l' algebra all' uso della Filosofia. Certo  io  credo che non si debba così tosto, come si suole,
proporzionato e confacente. E qui non posso tenermi, che  io  non chiami i precettori ad osservare un vizio dannosissimo
parlare contro lui, come contro cosa antica e reverenda. Ma  io  parlerò anche col pericolo di tirarmi sopra lo sdegno de'
cui dubito, e di cui credo aver ragione di dubitare quand'  io  vedo ancora gli scrittori del paganesimo spiegati nelle
Di pervenire dunque a questo non è altra regola ch'  io  sappia, se non lo sguardo acuto e precorrente del savio
nonostante havvi una certa affettazion di chiarezza, che  io  più tosto direi superficialità, della quale chi ne volesse
d' altre idee s' accompagni e consocii, nasce quella che  io  chiamo scienza delle convenienze; per cui quasi con tatto
vero, o a disaminarne le parti, o a guastarne la beltà. Nè  io  stimo meno una certa non so qual Tristezza, cui renda lo
disse: « A quel modo che il Padre ha mandato me, così anch'  io  mando voi »(1), cioè colla facoltà di mandar altri che vi
solo che il Governo dica a tutti i dotti della nazione: «  Io  non riconosco punto il diritto naturale che voi avete all'
di esser dotti, e perciò d' avere il diritto d' insegnare,  io  vi obbligo, prima che possiate esercitare il vostro
civili che così sragionano, ma pur anche i governiali): «  Io  ho il diritto d' eleggere gli istitutori ufficiali: dunque
il beneficio di tali istituti. Per arrivare a questo,  io  credo, che il metodo da tenersi nell' elezione de' maestri
Provincie, da ogni autorità tutoria del Governo generale.  Io  credo che l' intervento di questa si potrà diminuire di
castigarvi quando non trasgredite quei doveri morali, a cui  io  mi sono limitato » ». Questa è nuova! Pretendere in fatti
dirà ancora ad un tale governo: « E chi siete voi, che  io  mi debba fidare di voi? siete un' idea astratta, di cui non
che il Governo dica semplicemente: « La dottrina, che  io  fo insegnare, è perfettamente cattolica »; ma conviene che
non dee prevalere che la forza del ragionamento. - Sì,  io  non posso, non debbo, non voglio pretendere che voi
un senso essa non si può ammettere. Ecco adunque che cosa  io  trovo di vero e che di falso in questa sentenza. Una cosa
distinte tutte le proprietà della cosa; anzi qui appunto  io  mi faccio con quelli che giudicano questa compiuta
esempio di questo progresso nella serie delle formule, che  io  ho usate per esprimere la legge morale (1), la prima delle
purchè si prenda la parola essenza in quel significato che  io  le attribuisco, e che credo esserle attribuito dal senso
di quell' essere che pronuncia se stesso col monosillabo  Io  ». 7 Applicazione del quarto principio alla definizione non
definizione non analizzata dell' anima. - Si scevera dall'  Io  ciò che appartiene alla natura dell' anima e ciò che vi
delle quali Dame romane parla S. Girolamo. Accuserò  io  i moderni di non leggere le Scritture? Gli accuserò più
voi avete a dire della piccola vostra congregazione: «  Io  sono gelosa di voi per zelo di Dio. Poichè vi ho sposato a
parola fate quello che disse GESU` Cristo di se medesimo: «  Io  santifico me stesso per essi » (1). GESU` Cristo era
« Il mondo gli ha odiati perchè non sono del mondo, sì come  io  non sono del mondo? » (6). E a malgrado dell' odio del
» (5). 13 « A chi mi dileggia dirò, nelle tue parole aver  io  posta la mia speranza » (6). 14 « Non toglier mai di mia
cristiano, come la Sposa de' sacri Cantici, che cantava: «  Io  dormo, e veglia il mio cuore » (4). E voi insegnerete, che
della morale sia intessuta colla Storia Sacra, e su questa  io  direi, usando una similitudine tolta ai lavori donneschi,
egli l' appella altresì ragionevole ossequio: riassumendo,  io  mi credo, e quasi ricapitolando in questa sola nota
La meditazione prescritta dunque sia breve: ma quel ch'  io  bramo si è un abito di riflettere naturalmente sopra di
questo brano dell' Apostolo, voi prenderete a dichiararlo.  Io  raccorrò qui solo alcune delle cose, che potreste
distinzione maggiore le compartirò in alcuni articoli. « «  Io  dunque, che sono ne' ceppi, vi scongiuro nel Signore, che
« E vivo non già io, ma vive in me Cristo; e la vita che  io  vivo nella carne, la vivo nella fede del figliuolo di Dio
Aronne » (1). E questo egli è pur Cristo che di sè disse: «  Io  sono il buon Pastore » (2): pastore veramente buono, che
mandò Mosè, questi non si acquetava, sebbene udisse: «  Io  sarò nella tua bocca, e ti insegnerò quello che dovrai dire
Dopo risorto poi disse: « Come mandò me il padre, anch'  io  mando voi » (6). L' Apostolato adunque dei dodici Apostoli
senza conoscerlo il desideravano, l' aspettavano. Questa  io  credo principale origine de' falsi profeti presso agli
e Maria, che si ergevano per invidia contro a Mosè), «  io  gli apparirò in visione, o gli apparirò in sogno. Ma non
il quale in tutta la mia casa è fedelissimo. Perciocchè  io  a lui parlo bocca a bocca ». Questa espressione, che sembra
evangelizzato da me non è cosa umana. Perciocchè non hollo  io  ricevuto, nè l' ho imparato da uomo, ma per rivelazione di
a Giovanni » (4). Onde quando Cristo disse: « Ecco, che  io  mando a voi profeti e sapienti e scribi » (5), s' intende
Cristo non fe' parola di costoro quando disse: « Ecco  io  mando a voi profeti e sapienti e scribi » (3). Ma a chi poi
soggiunse ancora: « Ricevete lo Spirito Santo » (4), e: «  Io  sono con voi sino alla consumazione del mondo », non muojo
ministri non avrete a temere nulla in governarla, perchè  io  v' ho dato questo potere mio indeficiente, questa mia
gli è donata, quanto egli ama. Non è questo il luogo ov'  io  mi trattenga di più sui Sacramenti: basta qui avere
Ah sì! illanguidita è presso a molti la divozione di Gesù!  Io  vorrei che ogni cosa si facesse per ristorarla e
queste cose parlava Paolo a' Romani quando scrivea (3): « «  Io  vi scongiuro, o fratelli, per la misericordia di Dio, che
preghiera, che mette in bocca la Chiesa a' Fedeli, non farò  io  discorso: solo un cenno farò della orazione del Signore,
dalla non curanza, dalla freddezza verso a nessuno, non che  io  dica dalla presunzione, dall' alterigia, e dall' insulto,
spiri pietà, compostezza, e santa letizia, non mi fermerò  io  a descriverlo. Dirò solo, che utile sarebbe ricordarsi in
Il loro stesso modo di scrivere è eccitamento di amore.  Io  vi farò considerare pertanto sola una cosa, cioè quello di
piaceri. Voi vedete, che con questa magnanima virtù a lato  io  vi conduco fuori da quello stesso stanzino, dove nel capo
nol vieta, e prevenirli ancora con amorevole ingegno. Ma s'  io  meno vita comune mi conviene omettere molta orazione e
esse dei doveri da esercitare, dei meriti da ottenere. - Ma  io  mi sento chiamata a stato religioso. - E bene: se la
le inclinazioni naturali con quelle di Cristo. Che se  io  guardo alle conseguenze di questo umano piacere, ond' uomo
E quale amabilissima e santissima virtù? Una virtù,  io  dico, che tutti, anche i tristi, saranno costretti di
della Prudenza, della Carità? (2). Onde quest' è ch'  io  dico: colla propria virtù dovere il Cristiano piacere
Vangelo fatta col nome espresso di Giovanni, per quanto  io  credo, trovasi in un passo di Teofilo d' Antiochia «( ad
vi suggerirà alla mente tutte quelle, qualunque sieno, che  io  avrò dette a voi »(Jo. XIV, 26) ». - Ma, ci obbietteranno,
prima che fosse la terra. Gli abissi ancora non erano, ed  io  già era concepita » » (ecco l' esemplare, il concetto degli
consolidati i monti colla grave lor mole; prima dei colli  io  veniva partorita: non aveva fatto ancora la terra, e i
dal divino Figliuolo). « « Quando egli preparava i cieli  io  era presente » » (qui l' Esemplare si mostra contemporaneo,
i loro confini; quando pesava i fondamenti della terra,  io  era con esso lui, componendo tutte le cose, sollazzandomi
che si conosce il Padre. Onde Cristo disse: « « Padre,  io  ho manifestato il nome tuo agli uomini che tu mi hai dati
per sè manifesta, ma non operante, e dicente « «  Io  e il Padre siamo una cosa » », in quanto si distingue la
le credenze; onde nacque quella Teologia Ebraica, ond'  io  credo non poco deducesse il Platonismo, e specialmente la
Cristo. Ecco il luogo di Mosè: « « Questo comandamento, che  io  oggi t' impongo, non è sopra di te, nè posto in lontananza,
cose, e sono anche il principio della scienza, la quale ora  io  parlando comunico a voi. Ma io dicevo che l' aver Mosè
della scienza, la quale ora io parlando comunico a voi. Ma  io  dicevo che l' aver Mosè annunziato il Verbo semplicemente
in natura unite. Nè vale il dire che Cristo disse anco: « «  io  sono la via, la verità e la vita »(2) »; perocchè in questo
e come possiamo sapere la via? » », e dopo aver detto: « «  Io  sono la via, e la verità e la vita » », soggiunge: « «
parlano della vita rispetto a noi, lo pongono, come: « «  Io  sono la risurrezione e la vita »(2) ». Dicendo dunque l'
soprannatural perfezione. Quindi Gesù Cristo disse: « «  Io  sono la luce del mondo: colui che mi segue non cammina
può tutto: « omnia possum in eo qui me confortat (3) ». « «  Io  sono la vite, voi i tralci: quello che si tiene in me, ed
sono la vite, voi i tralci: quello che si tiene in me, ed  io  in lui, questi porta molto frutto. Poichè senza di me non
onde Cristo dice a' suoi discepoli: « « Tenetevi in me, ed  io  in voi »(1) », a ciò esortandoli, perocchè la libertà di
meam, sed voluntatem ejus qui misit me (1) »: cioè,  io  non cerco la mia volontà umana, soggettiva, non vo dietro
abbiamo detto: « Per questo, dice, mi ama il Padre, perchè  io  depongo l' anima mia per riprenderla ». Ora l' amore, che
ancora ama il Padre: « Per questo mi ama il Padre, perchè  io  depongo l' anima mia per assumerla di nuovo. Nessuno me la
anima mia per assumerla di nuovo. Nessuno me la toglie; ma  io  la pongo da me stesso, ed ho la potestà di riassumerla.
ed ho la potestà di riassumerla. Questo comandamento ho  io  ricevuto dal Padre ». Onde il comandamento del Padre si
aveva detto: « « Padre giusto, il mondo non ti conobbe, ma  io  ti ho conosciuto: e questi conobbero che tu mi hai mandato.
la dilezione colla quale tu hai amato me sia in essi, ed  io  sia in essi »(1). » Era dunque necessario che il Padre,
al mio Signore: Siedi alla mia destra fino a tanto che  io  ponga i tuoi nemici sgabello a' tuoi piedi. Il Signore
erat apud Deum, et Deus erat Verbum; » e vengono a dire:  Io  prima d' esser manifestato agli uomini, anzi prima che
che fossero gli uomini e il mondo, cioè ab eterno, ero Dio:  io  fui generato prima dell' astro della luce fra gli splendori
colla deposizione di quella. Laonde Cristo disse: « «  Io  sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, benchè
di Cristo, giusta quelle parole: « « il pane che  io  darò, è la mia carne per la vita del mondo »(3), » cioè la
di credere alle mie parole, non avrà più fame, perchè  io  lo accoglierò e gli darò finalmente me stesso a suo
per guisa che egli vivrà della mia vita, di quella vita che  io  ho sotto forma di pane; e chi già crede in me, non avrà più
di pane; e chi già crede in me, non avrà più sete, perchè  io  gli darò me stesso a sua bevanda per guisa ch' egli pure
bevanda per guisa ch' egli pure vivrà di quella vita che  io  ho sotto la forma di vino e di acqua col vino mista ».
del bramato umore: chè l' acqua, cioè la fede, che  io  gli darò, diverrà in lui stesso una fonte copiosa e perenne
da Cristo, rispetto a' quali la promessa di Cristo « ed  io  lo risusciterò nell' ultimo giorno »dee intendersi della
ovvero, come dice il testo greco « « è la mia carne che  io  darò per la vita del mondo » », [...OMISSIS...] quasi
», [...OMISSIS...] quasi dicendo: quella stessa carne, che  io  darò a morte acciocchè il mondo viva, è il pane della vita;
avranno perduta la loro vita naturale, la vita del mondo.  Io  darò dunque a morte la mia carne, ma nello stesso tempo
questo pane chiamato celeste nelle Scritture, del quale  io  intendo quel luogo di S. Paolo « Gustaverunt etiam donum
incontamente vengono resuscitati da Colui che disse: «  Io  sono la resurrezione e la vita, chi crede in me eziandio
queste saranno svolte nell' opera presente. Quando nel 1.36  io  disponevo le varie cose, che in diverse circostanze m' era
stampato questo scritto. Ma ciò nondimeno tanta fiducia  io  m' avevo ne' progressi sociali, che non dubitai di
non fosse stata prima giammai adunata in civile reggimento.  Io  cercavo qual avrebbe dovuto essere la costituzione migliore
quella che si volesse dedurre dal diritto signorile. Ma  io  parlo qui d' una società civile e non d' una società
qui d' una società civile e non d' una società signorile.  Io  riconosco l' esistenza di un diritto signorile, e ne ho
potesse esistere qualunque umana società, fece sì, come  io  dicevo, che la giustizia fosse sempre cercata in tutte le
generalmente, e per lungo tempo nè pur sospettati, che  io  credo si debba mettere gli equilibri che abbiamo indicati
instituire non conviene in nessun modo ai proprietarŒ; ed  io  non potrei giammai consigliarli di entrare in simile
a dei vincoli materiali. D' altro lato nella società che  io  propongo di stringere ai proprietarŒ fra di loro, e che io
io propongo di stringere ai proprietarŒ fra di loro, e che  io  sono indifferente che si chiami civile o con altro nome,
debb' essere altresì comune il governo: e quest' è ch'  io  chiedo: questo è ciò che vuol la giustizia: che tutti
il giudicio di una persona non può essere che uno. Quando  io  ho ricevuto da una persona il suo consiglio in un affare, è
di queste nazioni è quello di essere sanabili. 1) Ora  io  spero che non si tratti di fare fra di voi una instituzione
ingegni più eminenti tutti i vostri interessi. Ma siccome  io  credo che non v' indurreste giammai a farlo, così pure io
io credo che non v' indurreste giammai a farlo, così pure  io  non vedo in qual modo si potrebbe convenire nel definire
il progetto della utilità o dell' equilibrio dei poteri.  Io  vorrei sapere in tal caso chi di voi dovrà essere spogliato
contendo di parole: questa dichiarazione sarebbe ciò che  io  intendo per ricognizione, sarebbe ancora la scienza modesta
di poter concepire tutta intera l' idea di Società che  io  prendo a descrivere: ma questo interrompimento, che nuoce
l' uman genere, se egli fosse cosa possibile od utile?  Io  non risponderò già, che dove tale obbiezione dovesse aver
verun ulteriore progresso al genere umano; perocchè  io  non penso che uomo me la possa proporre a tempi nostri con
nostri con tanta estensione. Risponderò piuttosto che anch'  io  concedo dover incontrare con ragione una prevenzione
e in tutta la sua perfezione eseguita. Ed or questo  io  credo che sia avvenuto del Supremo Potere della società
Si grida contro alla costoro improbità: ma, per quanto  io  sono persuaso, al tutto senza ragione. Io credo in quella
ma, per quanto io sono persuaso, al tutto senza ragione.  Io  credo in quella vece, che a questa concentrazione del regio
e come i principŒ sieno conformi alla natura delle cose.  Io  ho cercato un sintomo che ci faccia conoscere quando venga
notizia, è di Giovammaria Ortes. Non sarà forse discaro ch'  io  esponga brevemente il pensiero di quest' acuto ingegno,
la legge dell' equilibrio fra la proprietà ed il potere,  io  credo che la Francia sarebbe stata alleggerita dei mali che
alla servitù l' animo del padrone che non vuol perderla.  Io  accordo a Rousseau che il selvaggio privo di bisogni,
essere equilibrato colla proprietà. Già ci si accorge che  io  parlo del feudalismo. Ecco come parla di questa istituzione
come vostre, ma voi le lavorerete come miei servi, ed  io  vi manterrò »; la nazione non si sarebbe mai arresa a
paese: ora egli è tempo che il vostro valore sia premiato:  io  dividerò con giustizia i terreni a tenore del merito di
comune è l' amore troppo grande alle proprietà, perciò  io  propongo che il capo della nazione abbia autorità di
della nazione abbia autorità di privarli delle medesime:  io  propongo che tutti voi riconosciate di ricevere le
questa fedeltà è stata quella che vi ha resi vittoriosi:  io  propongo che come dal vostro capo ricevete l' ordine della
nell' amministrativo ai secoli di mezzo. E non è già che  io  escluda nell' amministrazione la moralità: questa è
quel popolo che possa esser degno di tal monarca; tuttavia  io  non dubito punto che perduta la novità di che ella si
occhi di quelli a cui gl' interessi appartengono. Non è ch'  io  non conosca come talora si sia forzati di occultare
conosca da vicino l' officio del Tribunale politico. Poichè  io  considero questo Tribunale solamente in relazione colle
queste saranno svolte nell' opera presente. Quando nel 1.36  io  disponevo le varie cose, che in diverse circostanze m' era
stampato questo scritto. Ma ciò nondimeno tanta fiducia  io  m' avevo ne' progressi sociali, che non dubitai di
non fosse stata prima giammai adunata in civile reggimento.  Io  cercavo qual avrebbe dovuto essere la costituzione migliore
quella che si volesse dedurre dal diritto signorile. Ma  io  parlo qui d' una società civile e non d' una società
qui d' una società civile e non d' una società signorile.  Io  riconosco l' esistenza di un diritto signorile, e ne ho
potesse esistere qualunque umana società, fece sì, come  io  dicevo, che la giustizia fosse sempre cercata in tutte le
generalmente, e per lungo tempo nè pur sospettati, che  io  credo si debba mettere gli equilibri che abbiamo indicati
instituire non conviene in nessun modo ai proprietarŒ; ed  io  non potrei giammai consigliarli di entrare in simile
a dei vincoli materiali. D' altro lato nella società che  io  propongo di stringere ai proprietarŒ fra di loro, e che io
io propongo di stringere ai proprietarŒ fra di loro, e che  io  sono indifferente che si chiami civile o con altro nome,
debb' essere altresì comune il governo: e quest' è ch'  io  chiedo: questo è ciò che vuol la giustizia: che tutti
il giudicio di una persona non può essere che uno. Quando  io  ho ricevuto da una persona il suo consiglio in un affare, è
di queste nazioni è quello di essere sanabili. 1) Ora  io  spero che non si tratti di fare fra di voi una instituzione
ingegni più eminenti tutti i vostri interessi. Ma siccome  io  credo che non v' indurreste giammai a farlo, così pure io
io credo che non v' indurreste giammai a farlo, così pure  io  non vedo in qual modo si potrebbe convenire nel definire
il progetto della utilità o dell' equilibrio dei poteri.  Io  vorrei sapere in tal caso chi di voi dovrà essere spogliato
contendo di parole: questa dichiarazione sarebbe ciò che  io  intendo per ricognizione, sarebbe ancora la scienza modesta
di poter concepire tutta intera l' idea di Società che  io  prendo a descrivere: ma questo interrompimento, che nuoce
l' uman genere, se egli fosse cosa possibile od utile?  Io  non risponderò già, che dove tale obbiezione dovesse aver
verun ulteriore progresso al genere umano; perocchè  io  non penso che uomo me la possa proporre a tempi nostri con
nostri con tanta estensione. Risponderò piuttosto che anch'  io  concedo dover incontrare con ragione una prevenzione
e in tutta la sua perfezione eseguita. Ed or questo  io  credo che sia avvenuto del Supremo Potere della società
Si grida contro alla costoro improbità: ma, per quanto  io  sono persuaso, al tutto senza ragione. Io credo in quella
ma, per quanto io sono persuaso, al tutto senza ragione.  Io  credo in quella vece, che a questa concentrazione del regio
e come i principŒ sieno conformi alla natura delle cose.  Io  ho cercato un sintomo che ci faccia conoscere quando venga
notizia, è di Giovammaria Ortes. Non sarà forse discaro ch'  io  esponga brevemente il pensiero di quest' acuto ingegno,
la legge dell' equilibrio fra la proprietà ed il potere,  io  credo che la Francia sarebbe stata alleggerita dei mali che
alla servitù l' animo del padrone che non vuol perderla.  Io  accordo a Rousseau che il selvaggio privo di bisogni,
essere equilibrato colla proprietà. Già si si accorge che  io  parlo del feudalismo. Ecco come parla di questa istituzione
come vostre, ma voi le lavorerete come miei servi, ed  io  vi manterrò »; la nazione non si sarebbe mai arresa a
paese: ora egli è tempo che il vostro valore sia premiato:  io  dividerò con giustizia i terreni a tenore del merito di
comune è l' amore troppo grande alle proprietà, perciò  io  propongo che il capo della nazione abbia autorità di
della nazione abbia autorità di privarli delle medesime:  io  propongo che tutti voi riconosciate di ricevere le
questa fedeltà è stata quella che vi ha resi vittoriosi:  io  propongo che come dal vostro capo ricevete l' ordine della
nell' amministrativo ai secoli di mezzo. E non è già che  io  escluda nell' amministrazione la moralità: questa è
quel popolo che possa esser degno di tal monarca; tuttavia  io  non dubito punto che perduta la novità di che ella si
occhi di quelli a cui gl' interessi appartengono. Non è ch'  io  non conosca come talora si sia forzati di occultare
conosca da vicino l' officio del Tribunale politico. Poichè  io  considero questo Tribunale solamente in relazione colle
i quali v'ordinate a lavorare per l'Umanità. Non dite:  io  , dite: noi. La Patria s'incarni in ciascuno di voi.
in esso, e i limiti ad esso prefissi. Se fin da principio  io  avessi concepito il proposito di presentare all' Italia il
nella « Filosofia d' Aristotele » di Francesco Biese (2).  Io  restrinsi dunque il mio lavoro nei confini delle dottrine
luoghi del filosofo. Dico nella sua totalità ; non pretendo  io  aver colto il vero nell' interpretazione d' ogni singolo
Aristotele: arduo lavoro, a cui fin qui niuno italiano, ch'  io  sappia, aveva posto mano, e forse prima d' ora non si
prima d' ora non si poteva. Ma ritornando a quello ch'  io  voleva dire, mi parve che in questo tempo, nel quale fu
che una cotal specie d' emanazione della divina sostanza.  Io  credo, coi più recenti critici (1), che Giovanni Scoto, il
sistema di Platone dell' esemplarismo : Aristotele stesso,  io  credo, non l' aveva bene inteso: dopo di lui, nel
questa della sottigliezza . Non ebbe tutta l' antichità,  io  credo, un' altra mente che fosse più analitica e più
dire indubbiamente a se stesso: Quest' individuo reale, ch'  io  conosco, è possibile, poichè ciò che esiste è possibile.
dire ancora, facendo uso della sua immaginazione: Ecco che  io  immagino un altro individuo reale uguale a questo, e del
infinito. Finalmente egli domanda a se stesso: Che cosa ho  io  pensato fin qui? forse delle astrazioni? e risponde: No
particella, per menoma che sia, è comune a ciascun altro.  Io  non ho fatto altro, che affermare coll' immaginazione un
la difficoltà. [...OMISSIS...] Traducendo così questo luogo  io  m' allontano alquanto dalla comune interpretazione; ma
«he teleutaia» dunque si deve sott' intendere, per quant'  io  credo, «usia», che è la specie sostanziale, la seconda
benchè abbia un elemento razionale ed intelligibile: il che  io  credo voglia dire in quelle parole che [...OMISSIS...] . Il
(2). Perocchè data un' idea specifica piena di sostanza,  io  posso dire di questa quello appunto ch' egli dice delle sue
ridotto ad espressioni più chiare per noi, è il seguente: «  Io  osservo, viene egli a dire, che le specie e i generi si
già uniti e inseparabili dalla loro unica essenza. E questo  io  credo in parte una delle cause, che condussero Aristotele
dicono da lui create, come nel X della « Politeia », benchè  io  intenda questo delle sole idee del mondo, e non delle prime
di anime, ma per sè determinato intrinsecamente. Laonde  io  stimo che quest' anima di Dio sia diversa da quella creata
[...OMISSIS...] , non andrai lontano dal vero, come  io  vaticino » ». Avea detto poco prima della mente che ella «
siete uscita dalla sfera delle vostre attribuzioni: sono  io  il giudice di quello che mi è utile, e in questo sono da
direttamente al bene dello Stato: almeno di questo sistema  io  parlo. Ora questo facilmente diventa un far servire le cose
frequente ha in bocca questo già troppo vecchio sofisma: «  Io  non sono incaricato della religione, ma di procacciare con
obbligava a sacrificare quello della libertà di coscienza?  Io  crederò, per diminuire il loro torto, che prima di mentire
di tutte, anche per gli interessi temporali, e dirà:  Io  non la vedo? Perché o affetterà d' ignorare o pretenderà d'
si tentò con il progetto di legge sul matrimonio civile,  io  direi: Disingannatevi; imparate a conoscere che cosa sia
[...OMISSIS...] , fa tutt' altro discorso, e, per quel ch'  io  intendo, la riduce a certe specie ultime o all'
in tutti gli altri? - Confesso che se ne può dubitare ed  io  stesso sono stato su di ciò lungamente dubbioso; ma mi sono