Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Nuova Antologia. La Cultura, La Rivista d'Italia, L'Ariel,  Il  Fanfulla quotidiano, La Rassegna settimanale universale, La
italiana di filosofia, La Rivista politica e letteraria,  Il  Don Chisciotte, Il Pensiero nuovo, Il Sant'Uberto di Roma;
La Rivista politica e letteraria, Il Don Chisciotte,  Il  Pensiero nuovo, Il Sant'Uberto di Roma; La Gazzetta del
e letteraria, Il Don Chisciotte, Il Pensiero nuovo,  Il  Sant'Uberto di Roma; La Gazzetta del Popolo della domenica,
Sant'Uberto di Roma; La Gazzetta del Popolo della domenica,  Il  Venerdì della Contessa, Il Germinal, La Gazzetta del
del Popolo della domenica, Il Venerdì della Contessa,  Il  Germinal, La Gazzetta del popolo, La Stampa, gazzetta
La Stampa, gazzetta piemontese di Torino; La Settimana,  Il  Fiore, Il Consalvo, II Marzocco, Il Corriere toscano di
gazzetta piemontese di Torino; La Settimana, Il Fiore,  Il  Consalvo, II Marzocco, Il Corriere toscano di Firenze; Il
Torino; La Settimana, Il Fiore, Il Consalvo, II Marzocco,  Il  Corriere toscano di Firenze; Il Corriere della Sera, Il
Il Consalvo, II Marzocco, Il Corriere toscano di Firenze;  Il  Corriere della Sera, Il Secolo illustrato, La Domenica
Il Corriere toscano di Firenze; Il Corriere della Sera,  Il  Secolo illustrato, La Domenica letteraria,
letteraria, L'Anthologie-Revue, L'Amore illustrato,  Il  Pensiero italiano, L'Antologia minima, L'Italia letteraria,
L'Antologia minima, L'Italia letteraria, La Lega lombarda,  Il  Sole, Il Risveglio educativo, La Gazzetta letteraria, La
minima, L'Italia letteraria, La Lega lombarda, Il Sole,  Il  Risveglio educativo, La Gazzetta letteraria, La Libreria
La Gazzetta letteraria, La Libreria italiana di Milano;  Il  Mattino, Il Pungolo parlamentare.
letteraria, La Libreria italiana di Milano; Il Mattino,  Il  Pungolo parlamentare.
anche quelli per  il  vino, farete vedere il bianco: il rosso per ora non è da
anche quelli per il vino, farete vedere  il  bianco: il rosso per ora non è da vendere.
anche quelli per il vino, farete vedere il bianco:  il  rosso per ora non è da vendere.
care rondinelle, vi siano propizii  il  cielo, i venti, il mare! E poi, a primavera, vi siano
care rondinelle, vi siano propizii il cielo, i venti,  il  mare! E poi, a primavera, vi siano nuovamente propizii il
il mare! E poi, a primavera, vi siano nuovamente propizii  il  mare, i venti, il cielo pel ritorno! Vorrei rivedervi
a primavera, vi siano nuovamente propizii il mare, i venti,  il  cielo pel ritorno! Vorrei rivedervi tutte, gentili ospiti
ospiti della mia grondaia... Volteggiano, stridono; è  il  gran giorno della partenza. ***
 Il  nomignolo avanti, e il vero nome dietro.
nomignolo avanti, e  il  vero nome dietro.
qui l'orciolo...  Il  Massaio sa il suo dovere....
qui l'orciolo... Il Massaio sa  il  suo dovere....
, mentre  il  maestro spiegava la lezione di aritmetica, visto che il suo
il maestro spiegava la lezione di aritmetica, visto che  il  suo compagno s' era addormentato, aveva rapidamente intinto
da svegliare la povera vittima appunto nel momento in cui  il  maestro si voltava accigliato per reprimere l'insolito
si voltava accigliato per reprimere l'insolito chiasso.  Il  bambino, ignaro di quei due magnifici baffi che lo
che prestava grandissima attenzione, metteva più in mostra  il  pretesto della sfrenata ilarità di cui non sapeva rendersi
sfrenata ilarità di cui non sapeva rendersi ragione. Perciò  il  maestro capì subito che si trattava d'uno scherzo del suo
sforzandosi con gran stento di restar serio. Dino obbedì.  Il  maestro suonò, e al bidello accorso disse : — Pregate il
Il maestro suonò, e al bidello accorso disse : — Pregate  il  direttore perché venga in iscuola. Per alcuni minuti,
del direttore, tutti gli scolari scattarono in piedi, e  il  maestro mostrò il corpo del delitto ed indicò il
tutti gli scolari scattarono in piedi, e il maestro mostrò  il  corpo del delitto ed indicò il delinquente che non osava
piedi, e il maestro mostrò il corpo del delitto ed indicò  il  delinquente che non osava scolparsi. Il povero ragazzo dai
delitto ed indicò il delinquente che non osava scolparsi.  Il  povero ragazzo dai baffi si mise a piangere. Il direttore
scolparsi. Il povero ragazzo dai baffi si mise a piangere.  Il  direttore ordinò al bidello di farlo lavare, e condusse via
direttore ordinò al bidello di farlo lavare, e condusse via  il  Marsà con un secco secco : — Lei, venga con me. ***
LETTORE........... Pag. VII  Il  buon Pastore...........„ 1 Il barone di Fontane Asciutte
LETTORE........... Pag. VII Il buon Pastore...........„ 1  Il  barone di Fontane Asciutte ......„ 87
di Fontane Asciutte ......„ 87 L'amuleto.............„ 133  Il  fascio del Cavaliere.........„ 163 La pensione
casa nuova...........„ 237 Un eccentrico............„ 275  Il  mulo di Rosa...........„ 289 Le verginelle............„ 307
 il  cognato era moribondo... Gli avevano portato il viatico
il cognato era moribondo... Gli avevano portato  il  viatico poco fa...
atti AI CARI BAMBINI CARLA, LEO ED EVA RIGOLETTI PERSONAGGI  IL  RE LA REGINA IL REUCCIO TIZZONCINO LA FORNAIA, sua madre IL
CARLA, LEO ED EVA RIGOLETTI PERSONAGGI IL RE LA REGINA  IL  REUCCIO TIZZONCINO LA FORNAIA, sua madre IL MAGO TARTAGLIA
IL RE LA REGINA IL REUCCIO TIZZONCINO LA FORNAIA, sua madre  IL  MAGO TARTAGLIA ARLECCHINO Guardie. Soldati. L'azione accade
destinata al ricevimento degli ambasciatori. SCENA I.  Il  Re, la Regina, il Reuccio e tutte le persone di Corte. Il
ricevimento degli ambasciatori. SCENA I. Il Re, la Regina,  il  Reuccio e tutte le persone di Corte. Il Re è seduto sul
Il Re, la Regina, il Reuccio e tutte le persone di Corte.  Il  Re è seduto sul trono; la Regina e il Reuccio stanno seduti
le persone di Corte. Il Re è seduto sul trono; la Regina e  il  Reuccio stanno seduti l'una a destra, l'altro a sinistra di
stanno seduti l'una a destra, l'altro a sinistra di lui.  IL  RE. S'introducano gli ambasciatori. ( Una guardia esce per
esce per chiamarli). LA REGINA. Recheranno buone notizie?  IL  RE. (stizzito:) Regina! Non siate, al solito vostro,
Maestà, siete uno sciocco; non sapete quel che vi dite.  IL  Re. (severo:) Sono il re ! LA REGINA. (con lo stesso tono:)
sciocco; non sapete quel che vi dite. IL Re. (severo:) Sono  il  re ! LA REGINA. (con lo stesso tono:) Ed io la regina! IL
il re ! LA REGINA. (con lo stesso tono:) Ed io la regina!  IL  RE. (da prudente:) Basta; ricordatevi che qui c'è tutta la
la Corte. LA REGINA. (piccosa:) L'avete dimenticato voi  il  primo! IL Re. (sotto voce:) Ci bisticceremo in camera ; là
LA REGINA. (piccosa:) L'avete dimenticato voi il primo!  IL  Re. (sotto voce:) Ci bisticceremo in camera ; là ci sono
sopraffare. (Piagnucolando:) Quanto sono infelice!  IL  RE. (come sopra:) Un po' di contegno, Regina! LA REGINA.
e quando prenderete moglie, siate diverso di vostro padre !  IL  RE. (severo:) Che intendete dire? LA REGINA. (rabbiosa:)
intendete dire? LA REGINA. (rabbiosa:) Quel che ho detto!  IL  RE. (sbuffando:) Governo milioni di sudditi, ma essi non mi
ma essi non mi hanno mai dato tanto da fare quanto voi ! Se  il  Reuccio non dovesse prender moglie per ragione di Stato,
gli direi: Guarda tuo padre, e non sposare una donna!  IL  REUCCIO. (strillando:) Chi dovrei sposare dunque, Maestà?
più anziano di me. TARTAGLIA. (come sopra:) Sie...siete  il  più gio.. giovane; to...tocca a voi. ARLECCHINO.
giovane; to...tocca a voi. ARLECCHINO. (insistendo:) Siete  il  più eloquente. IL RE. Ebbene, ambasciatori, che buone
a voi. ARLECCHINO. (insistendo:) Siete il più eloquente.  IL  RE. Ebbene, ambasciatori, che buone notizie ci recate ?
recate ? ARLECCHINO. Maestà! e TARTAGLIA. Ma...maestà !...  IL  Re. Uno alla volta. Cominciate voi, eccellenza Tartaglia.
Ce...ce...cèleri, co...co...me... ARLECCHINO. (imitando  il  grido dei venditori:) Ceci! Cocomeri !... Ceci !... O che
Ceci! Cocomeri !... Ceci !... O che siamo al mercato?  IL  Re. Parlate voi, eccellenza Arlecchino. Si vede che
ordini subito; ma non è colpa nostra se non siamo riusciti!  IL  RE. (attristato:) Comincio a capire. Oh, sciagura !
desolazione:) Io già lo prevedevo ! Reuccio disgraziato !  IL  REUCCIO. (strillando e agitandosi su la seggiola:) Non c'è
Non c'è più reginotte per me? (Piange:) Ah! Ah! Ah!  IL  RE. (severo:) Silenzio, Reuccio! Eccellenza Arlecchino
(aprendole braccia con aria afflitta:) S'era fidanzata  il  giorno avanti col re della Moscovia! II RE. Che disgrazia!
! ARLECCHINO. Io le dissi con galanteria: Reginotta,  il  più dolce spicchio siete voi. Sorrise... Ma... RE, REGINA,
(riaprendo le braccia con aria afflitta:) S'era fidanzata  il  giorno avanti col reuccio di Portogallo! IL REUCCIO.
S'era fidanzata il giorno avanti col reuccio di Portogallo!  IL  REUCCIO. (strillando e agitandosi sa la seggiola:) Non c'è
co....cone, Maestà! E par....ti...timmo per Co... Co....  IL  RE. Non v'affaticate, eccellenza;, parlerà il vostro
Co... Co.... IL RE. Non v'affaticate, eccellenza;, parlerà  il  vostro collega per voi. ARLECCHINO. Partimmo per
collega per voi. ARLECCHINO. Partimmo per Costantinopali.  IL  RE. (correggendolo:) Costantinopoli. ARLECCHINO. Sarebbe
meglio chiamarla a quel modo. C'erano pali dappertutto.  Il  Gran Turco diceva alle persone: Sedete; e le persone vi si
ARLECCHINO. S' era fidanzata con lo Scià di Persia  il  giorno avanti! IL Reuccio. (agitandosi su la sedia e
S' era fidanzata con lo Scià di Persia il giorno avanti!  IL  Reuccio. (agitandosi su la sedia e strillando:) Non c' è
Non c' è più reginotte per me? (Piange:) Ah! Ah! Ah!  IL  RE. (severo:) Silenzio, Reuccio ! (Ad Arlecchino:) E
Spera di sole, spera di sole, sarai regina, se Dio vuole !  IL  RE.(accigliato e cupo:) Per costei ho già provveduto. Olà,
provveduto. Olà, guardie ! UNA GUARDIA. Comandi, Maestà.  IL  RE. Avete arrestato le fornaie? 208 LA GUARDIA. Sono in
arrestato le fornaie? 208 LA GUARDIA. Sono in sala, Maestà.  IL  RE. Conducetele qui. (La guardia esce.) E voi,
che ci avete recato così brutte notizie, ringraziate  il  cielo se le teste vi rimangono su le spalle; ma, in
teste vi rimangono su le spalle; ma, in avvenire, servite  il  vostro sovrano con maggiore premura c con miglior fortuna.
ne le vene. (Arlecchino e Tartaglia si avviano per uscire.)  IL  RE. (a Tartaglia:) Dove vai, vecchia cornacchia ? (Ad
ARLECCHINO. (a Tartaglia sotto voce:) Per ministri,  il  re ci tratta bene ! TARTAGLIA. (ridendo:) Vi ha de...detto:
ha de...detto: Buffone! ARLECCHINO. (ridendo e facendogli  il  verso:) E a vo... voi: Vecchia cornacchia! LA REGINA.
a far qualcosa! Queste fornaie hanno insultato voi, me, e  il  reuccio. SCENA III. Tizzoncino, col viso annerito dalla
piedi scalzi, vestita cenciosamente, e sua madre la FORNAIA  IL  RE. Avanzatevi. ARLECCHINO. (alle fornaie:) Fate tre
Al re, alla regina e al reuccio. TIZZONCINO. Chi è  il  re? (A Tartaglia:) Siete voi? TARTAGLIA. (contorcendosi
Ah! Mi ha sca... mi ha scambià... mi ha scambiato pel re!!!  IL  RE Il re sono io. LA FORNAIA. Maestà, eccoci ai vostri
ha sca... mi ha scambià... mi ha scambiato pel re!!! IL RE  Il  re sono io. LA FORNAIA. Maestà, eccoci ai vostri piedi. IL
Il re sono io. LA FORNAIA. Maestà, eccoci ai vostri piedi.  IL  RE. (facendo la voce grossa:) È vero, strega, che tu ogni
se Dio vuole ? TIZZONCINO. (arditamente:) Maestà, si.  IL  RE. (ingrossando maggiormente la voce:) E spera di sole sei
Tizzoncino, ma sarò regina, se Dio vuole. (La Regina freme,  il  Reuccio si dimena su la seggiola). IL RE. Olà, guardie!
(La Regina freme, il Reuccio si dimena su la seggiola).  IL  RE. Olà, guardie! Gettate madre e figlia in fondo a un
per chiasso. Noi siamo due povere fornaie; viviamo cocendo  il  pane della gente; non facciamo male a nessuno. IL RE. (con
cocendo il pane della gente; non facciamo male a nessuno.  IL  RE. (con voce terribile:) In carcere! Col re non si
non si scherza. TIZZONCINO. (ride forte:) Ah! Ah! Ah! Ah!  IL  RE. (alzandosi furiosamente dal trono:) Tu ridi,
a mia madre e a me, e mia madre non dovrà più ardere  il  forno, nè io più andrò su e giù con la tavola su la testa
e giù con la tavola su la testa per prendere dagli aventori  il  pane crudo, nè con la cesta in collo per riportarlo cotto.
urtone al re:) Voi siete re da burla! Vi ridono sul muso !  IL  RE. (Urlando:) In carcere! E voi, eccellenza Tartaglia, e
avanzati di grado! TARTAGLIA. (Gli accenna di star zitto.)  IL  REUCCIO. (furibondo a Tizzoncino:) Tu devi essere regina,
(confortando Tizzoncino:) Zitta, zitta, figliuola mia!  Il  reuccio è padrone di schiaffeggiarti; la regina è padrona
davanti la prigione. A lato della porta chiusa, si vede  il  finestrino della stanza dove sono carcerate le fornaie.
cantonata. Tartaglia, vedendo illuminare tutt'a un tratto  il  finestrino della prigione, si spaventa e richiama
Quella luce! Non vedete ? ARLECCHINO. (accostandosi sotto  il  finestrino, chiama:) Ehi, fornaie! TIZZONCINO.
(burbero:) Che lume è quello TIZZONCINO. (facendogli  il  verso:) Quale lume? LA FORNAIA. (dall'interno, con
s'illumina maggiormente). ARLECCHINO. (spaventato:) C'è  il  sole là dentro!.. Opera diabolica! Corro ad avvisare il Re!
C'è il sole là dentro!.. Opera diabolica! Corro ad avvisare  il  Re! TARTAGLIA. (afferrandosi ad Arlecchino) Co.... corro io
Aiuto, aiuto ! Guardie ! Carcerieri ! Soldati!.... SCENA V.  Il  Re in berretto da notte, avvolto in una coperta da letto,
in una coperta da letto, guardie con fiaccole e detti.  IL  RE. Perché gridate così ? Mi avete rotto il sonno. (Il lume
e detti. IL RE. Perché gridate così ? Mi avete rotto  il  sonno. (Il lume interno si spegne a un tratto.) ARLECCHINO.
si spegne a un tratto.) ARLECCHINO. (tremante ancora:) C'è  il  sole là dentro, e la vecchia che dice.... TARTAGLIA.
TARTAGLIA. (tremante anche lui:) Spe....spera di sole...  IL  RE. Non vedo niente; la prigione è al buio. ARLECCHINO.
è al buio. ARLECCHINO. (confuso:) Opera diabolica, Maestà!  IL  RE. Avete bevuto troppo, capisco. Guai alle vostre teste,
E vo... voi ? ARLECCHINO. La fame e la sete ci turbano  il  cervello. Guardie, portateci qualcosa da mangiare e da
a fare la guardia. Io mangerò un boccone, e poi prenderò  il  vostro posto. Dicano quel che vogliono, ma il vino è la
poi prenderò il vostro posto. Dicano quel che vogliono, ma  il  vino è la delizia dell'uomo, e il salame anche. TARTAGLIA.
quel che vogliono, ma il vino è la delizia dell'uomo, e  il  salame anche. TARTAGLIA. Pe...pensate per me. ARLECCHINO.
la bottiglia alle labbra, e ho bevuto per forza tutto  il  vino, col pericolo di soffocare! TARTAGLIA. (che trema
di soffocare! TARTAGLIA. (che trema dalla paura, additando  il  finestrino:) Gua...guardate! ARLECCHINO. (saltando in
Gua...guardate! ARLECCHINO. (saltando in piedi)  Il  sole! Il sole! Opera diabolica !... Aiuto! Aiuto!
Gua...guardate! ARLECCHINO. (saltando in piedi) Il sole!  Il  sole! Opera diabolica !... Aiuto! Aiuto! Carcerieri!
!... Aiuto! Aiuto! Carcerieri! Guardie! Soldati! SCENA VI.  Il  Re in berretto da notte e con la coperta addosso conte poco
avvolta in uno scialletto. Guardie con fiaccole e detti.  IL  RE. Perchè gridate così? ARLECCHINO. (tremante dalla paura,
(tremante dalla paura, e additando, senza guardare  il  finestrino:) Là!... Il sole, là! LA REGINA. Questo è un
paura, e additando, senza guardare il finestrino:) Là!...  Il  sole, là! LA REGINA. Questo è un portento! LA FORNAIA. (di
Dio vuole. TIZZONCINO. (di dentro, ride:) Ah! Ah! Ah! Ah!  IL  RE. È cosa da stupire! LA REGINA. È Tizzoncino che fa
(al Re:) Maestà, la...lasciate pa... parlare un vecchio.  IL  RE. Parlate. TARTAGLIA. Que....queste fornaie di....dicono
niente. LA REGINA. L'eccellenza Tartaglia ha ragione.  IL  RE. Avete detto che ha ragione; ricordatevene! LA REGINA.
uno ha ragione, io gli dò ragione; non sono, testarda io.  IL  RE. (da sè:) Non voglio leticare (alla regina:) E
E allora?... LA REGINA. Lasciamo in libertà madre e figlia.  IL  RE. L'avete detto voi, ricordatevene ! Olà, guardie! Fate
Tizzoncino, la Fornaia e detti. LA REGINA. (alle fornaie:)  Il  re vi perdona. Io vi prendo per fornaie di palazzo.
non ti pettini? TIZZONCINO. Maestà, ho i capelli sottili;  il  pettine me li sciuperebbe. LA REGINA. Tizzoncino, perchè
regina, se Dio vuole. LA REGINA. Com'è allegra! Mi diverte.  IL  RE. (alla Regina:) E ieri l'altro ne volevate la testa! LA
Re:) Maestà, possiamo ora andarcene a mangiare e a dormire?  IL  RE. Andiamo a letto tutti. TARTAGLIA. (sgambettando dalla
In fondo, quasi nascosta fra gli alberi, la casa del Mago,  Il  Reuccio entra con un fascio di legna su le spalle; lo regge
passi, lo depone evi si inette a sedere sopra. Piange.  IL  REUCCIO. Povero me ! Andato a caccia per distrarmi, mi sono
nelle mani del Mago, e sono diventato suo schiavo ! Io,  il  Reuccio, debbo attingergli l'acqua alla fontana, spaccargli
l'acqua alla fontana, spaccargli la legna, preparargli  il  desinare, fargli i più umili servizi. E non ho più notizia
stanco ; non ne posso più dal gran lavorare. Mentre  il  Mago è lontano, voglio dormire un pochino. (Si stende per
facendosi largo fra i rami degli alberi. ARLECCHINO.  Il  re ci ha messi in un grave impiccio. Dove diamine sarà la
Dove diamine sarà la casa del mago che tiene schiavo  il  Reuccio? Abbiamo percorso mezzo bosco, ci siamo smarriti, e
! ARLECCHINO. Se non portiamo notizie del Reuccio,  il  re ci farà tagliare le teste. TARTAGLIA. To...torniamo
To...torniamo addi...dietro ! ARLECCHINO Che vedo? Non è  il  Reuccio colui che dorme per terra ? TARTAGLIA. È lu...lui !
qualche incanto del Mago. (Chiama:) Reuccio! Reuccio !  IL  REUCCIO (destandosi:) Chi mi chiama ? ARLECCHINO. Siamo
Chi mi chiama ? ARLECCHINO. Siamo noi; ci manda  il  re. IL REUCCIO. (alzandosi, con gioia:) Ah, eccellenza
Chi mi chiama ? ARLECCHINO. Siamo noi; ci manda il re.  IL  REUCCIO. (alzandosi, con gioia:) Ah, eccellenza Tartaglia!
eccellenza Arlecchino! ARLECCHINO. Venite, fuggiamo mentre  il  mago non c'è.. IL REUCCIO. Non posso fuggire; sono
ARLECCHINO. Venite, fuggiamo mentre il mago non c'è..  IL  REUCCIO. Non posso fuggire; sono circondato da un muro
le nostre fronti; ci siamo fatti un bernoccolo per uno.  IL  REUCCIO. Il mago tornerà fra poco. Intanto datemi notizia
fronti; ci siamo fatti un bernoccolo per uno. IL REUCCIO.  Il  mago tornerà fra poco. Intanto datemi notizia del re e
re e della regina. ARLECCHINO. Piangono giorno e notte ;  il  regno tutto piange. Noi siamo stati mandati per trattare
tutto piange. Noi siamo stati mandati per trattare col Mago  il  vostro riscatto. Il re darebbe qualunque cosa, anche il
stati mandati per trattare col Mago il vostro riscatto.  Il  re darebbe qualunque cosa, anche il sangue delle sue vene,
il vostro riscatto. Il re darebbe qualunque cosa, anche  il  sangue delle sue vene, pur di vedere liberato il suo caro
anche il sangue delle sue vene, pur di vedere liberato  il  suo caro figliuolo. IL REUCCIO. Ecco il mago ! Sento il
sue vene, pur di vedere liberato il suo caro figliuolo.  IL  REUCCIO. Ecco il mago ! Sento il rumore del suo alito. (Si
di vedere liberato il suo caro figliuolo. IL REUCCIO. Ecco  il  mago ! Sento il rumore del suo alito. (Si sente un rumore
il suo caro figliuolo. IL REUCCIO. Ecco il mago ! Sento  il  rumore del suo alito. (Si sente un rumore strano, quasi di
(più atterrito di lui:) Ma...mamma mia! SCENA III.  Il  Mago e detti. Il Mago parla con vocione cupo cupo. IL MAGO.
di lui:) Ma...mamma mia! SCENA III. Il Mago e detti.  Il  Mago parla con vocione cupo cupo. IL MAGO. (fermandosi a
III. Il Mago e detti. Il Mago parla con vocione cupo cupo.  IL  MAGO. (fermandosi a guardarli:) Chi siete? Che fate qui ?
signor Mago ! TARTAGLIA. (inchinandosi:) Ecce...ecc...!  IL  MAGO, Sciagurati! Vi pentirete presto del vostro ardire.
Eccellentissimo signor Mago, siamo mandati dal re. Dice  il  re: Chiedete; tutto vi sarà concesso, pur che rilasciate
Chiedete; tutto vi sarà concesso, pur che rilasciate libero  il  reuccio. Volete oro ? Volete gemme? Volete metà del suo
Volete oro ? Volete gemme? Volete metà del suo regno ?  IL  MAGO. Non so che farmi di tutto questo. Voglio una
mano della regina; non voglio altro. Appena l'avrò avuta,  il  reuccio sarà libero. Andate, e recatemi la risposta. Dite
per sempre. ARLECCHINO. Prima di tre giorni saremo qui.  IL  MAGO. Per prova della mia potenza, portategli questo segno
io parlo sciolto! Grazie signor mago! (Escono). SCENA. IV.  Il  Mago e il Reuccio. IL MAGO. Hai spaccato la legna ? IL
sciolto! Grazie signor mago! (Escono). SCENA. IV. Il Mago e  il  Reuccio. IL MAGO. Hai spaccato la legna ? IL REUCCIO. L'ho
signor mago! (Escono). SCENA. IV. Il Mago e il Reuccio.  IL  MAGO. Hai spaccato la legna ? IL REUCCIO. L'ho spaccata. IL
IV. Il Mago e il Reuccio. IL MAGO. Hai spaccato la legna ?  IL  REUCCIO. L'ho spaccata. IL MAGO. Hai attinto l'acqua alla
IL MAGO. Hai spaccato la legna ? IL REUCCIO. L'ho spaccata.  IL  MAGO. Hai attinto l'acqua alla fontana ? IL REUCCIO. L'ho
L'ho spaccata. IL MAGO. Hai attinto l'acqua alla fontana ?  IL  REUCCIO. L'ho attinta. IL MAGO. Hai preparato il desinare?
attinto l'acqua alla fontana ? IL REUCCIO. L'ho attinta.  IL  MAGO. Hai preparato il desinare? IL REUCCIO. L'ho
fontana ? IL REUCCIO. L'ho attinta. IL MAGO. Hai preparato  il  desinare? IL REUCCIO. L'ho preparato. IL. MAGO. Hai
REUCCIO. L'ho attinta. IL MAGO. Hai preparato il desinare?  IL  REUCCIO. L'ho preparato. IL. MAGO. Hai spazzato la casa? IL
IL REUCCIO. L'ho preparato. IL. MAGO. Hai spazzato la casa?  IL  REUCCIO. Mi è mancato il tempo ; siete tornato troppo
IL. MAGO. Hai spazzato la casa? IL REUCCIO. Mi è mancato  il  tempo ; siete tornato troppo presto. IL MAGO. Ah! Sono
Mi è mancato il tempo ; siete tornato troppo presto.  IL  MAGO. Ah! Sono tornato troppo presto ? Fannullone!
tornato troppo presto ? Fannullone! T'insegnerò io a fare  il  tuo dovere. (Lo bastona). IL REUCCIO. Ah, povero a me !
T'insegnerò io a fare il tuo dovere. (Lo bastona).  IL  REUCCIO. Ah, povero a me ! (Corre ed entra in casa
continua a bastonarlo). SCENA V. Sala del palazzo reale.  Il  Re, la Regina e tutta la Corte. IL RE Non tornano ancora!
Sala del palazzo reale. Il Re, la Regina e tutta la Corte.  IL  RE Non tornano ancora! LA REGINA. (con stizza:) Dovevate
(con stizza:) Dovevate andare voi stesso in persona!  IL  RE. E se il mago prendeva anche me ? LA REGINA.
stizza:) Dovevate andare voi stesso in persona! IL RE. E se  il  mago prendeva anche me ? LA REGINA. (sprezzante:) Che ne
Che ne farebbe di voi ? Non siete buono a niente. Intanto  il  nostro caro figliuolo rimane schiavo... Non avete viscere
figliuolo rimane schiavo... Non avete viscere di padre.  IL  RE (ironico:) Non siete andata neppure voi ! LA REGINA
Io sono donna... Vorreste insomma sbarazzarvi di me?  IL  RE. Ecco: il torto è sempre mio ! (Si rassegna:) Nè tornano
donna... Vorreste insomma sbarazzarvi di me? IL RE. Ecco:  il  torto è sempre mio ! (Si rassegna:) Nè tornano ancora!
ARLECCHINO. E...eccoci, Ma...maestà ! TARTAGLIA. Eccoci.  IL  RE. Respiro. Parlate, eccellenza Arlecchino. ARLECCHINO.
Arlecchino. ARLECCHINO. Non po...posso. Ma...maestà!  IL  RE (severo:) Non è momento da scherzi. E poi, io non
ministro. ARLECCHINO. Non sche...scherzo, Ma...maestà.  IL  RE (severo:) Finetela eccellenza Arlecchino. TARTAGLIA
Maestà, permettete che parli io. La mia lingua, che  il  mago ha sciolta da ogni impiccio, vi sia testimone della
della nostra ambasciata compiuta. LA REGINA. Oh, portento !  IL  RE. Stupisco! TARTAGLIA. (come sopra:) Dice il mago: Non
portento ! IL RE. Stupisco! TARTAGLIA. (come sopra:) Dice  il  mago: Non voglio nè gemme, nè oro, nè metà di regno. Voglio
chi mi ha presa costui ? Non sono una serva o una fornaia.  IL  RE. Rifiutate? LA REGINA. Rifiuto. IL RE. (accalorandosi:)
serva o una fornaia. IL RE. Rifiutate? LA REGINA. Rifiuto.  IL  RE. (accalorandosi:) Anche a costo di lasciar schiavo il
IL RE. (accalorandosi:) Anche a costo di lasciar schiavo  il  reuccio? LA REGINA (accalorandosi:) Anche a costo di
LA REGINA (accalorandosi:) Anche a costo di lasciar schiavo  il  reuccio ! IL RE (scoppiando:) E siete madre? LA REGINA.
Anche a costo di lasciar schiavo il reuccio !  IL  RE (scoppiando:) E siete madre? LA REGINA. Sono Regina! E
E ca...ca... ca... ca... TARTAGLIA. E calamaio! Ho capito.  IL  RE. Si porti carta, penna e calamaio. (Una guardia
(Arlecchino scrive e porge lo scritto al Re che lo legge).  IL  Re (dopo aver letto:) Che idea luminosa! Arlecchino, vi
LA REGINA (sprezzante:) Che consiglia? Qualche bestialità.  IL  RE. Vedrete. Olà, guardie! Chiamate subito Tizzoncino. UNA
subito Tizzoncino. UNA GUARDIA. È qui; ha riportato  il  pane infornato. IL RE. Fatela entrare. SCENA VII.
UNA GUARDIA. È qui; ha riportato il pane infornato.  IL  RE. Fatela entrare. SCENA VII. Tizzoncino col cesto vuoto,
entrare. SCENA VII. Tizzoncino col cesto vuoto, e detti.  IL  RE. Vieni, Tizzoncino. Abbiamo bisogno dell'opra tua.
dell'opra tua. TIZZONCINO. Ai vostri comandi, Maestà.  IL  RE. Devi stacciare, impastare e infornare una focaccia con
le tue proprie mani. TiZZONCINO. Sarete servito, Maestà.  IL  RE. Per domani. TIZZONCINO. Per domani. LA REGINA. Sempre
Ve l'ho già detto, Maestà: l'acqua mi sciuperebbe la pelle.  IL  RE. Perchè non ti pettini? TIZZONCINO. Ho i capelli fini,
non ti pettini? TIZZONCINO. Ho i capelli fini, Maestà;  il  pettine me li strapperebbe. TARTAGLIA. Perchè non ti compri
Spera di sole? Perchè sarò regina, se Dio Vuole!  IL  RE. Brava, Tizzoncino! LA REGINA. Quanto sei sciocca,
re:) Che avete conchiuso? Credete di darla a bere al mago ?  IL  RE (infuriato:) Non mi fate scappare la pazienza, regina!
LA REGINA. Bastonatemi; non vi resta altro da fare !  IL  RE (frenandosi:) Andiamo, altrimenti mi scordo che sono re!
(Escono). SCENA VIII. Bosco: la casa del Mago in fondo.  Il  Reuccio porta un tronco d'albero su le spalle; il Mago, con
in fondo. Il Reuccio porta un tronco d'albero su le spalle;  il  Mago, con la verga lo siegue. IL REUCCIO. Non posso più
d'albero su le spalle; il Mago, con la verga lo siegue.  IL  REUCCIO. Non posso più portare questo tronco; lasciatemi
più portare questo tronco; lasciatemi riprender fiato.  IL  MAGO (minacciando:) Avanti ! IL REUCCIO. Ho sete;
lasciatemi riprender fiato. IL MAGO (minacciando:) Avanti !  IL  REUCCIO. Ho sete; lasciatemi bere un sorso d'acqua. IL MAGO
! IL REUCCIO. Ho sete; lasciatemi bere un sorso d'acqua.  IL  MAGO (come sopra:) Avanti ! Berrai dopo. IL REUCCIO. Se mi
sorso d'acqua. IL MAGO (come sopra:) Avanti ! Berrai dopo.  IL  REUCCIO. Se mi vedesse in questo stato il re mio padre! IL
! Berrai dopo. IL REUCCIO. Se mi vedesse in questo stato  il  re mio padre! IL MAGO. Il re tuo padre si è scordato di te.
IL REUCCIO. Se mi vedesse in questo stato il re mio padre!  IL  MAGO. Il re tuo padre si è scordato di te. Oggi è il terzo
Se mi vedesse in questo stato il re mio padre! IL MAGO.  Il  re tuo padre si è scordato di te. Oggi è il terzo giorno, e
padre! IL MAGO. Il re tuo padre si è scordato di te. Oggi è  il  terzo giorno, e non ha ancora mandato la focaccia,
Se passa questa giornata, sarai mio schiavo per sempre.  IL  REUCCIO. Ah, padre e madre crudeli, vi siete scordati di
e madre crudeli, vi siete scordati di me! (Entra in casa).  IL  MAGO. Io so che sono per via, Re, Regina, Tizzoncino e
saranno loro. Con un mago come me, non si fa la burletta !  IL  REUCCIO. (tornando fuori:) Ho portato il tronco nella
fa la burletta ! IL REUCCIO. (tornando fuori:) Ho portato  il  tronco nella legnaia. IL MAGO. Va ad attinger l'acqua alla
(tornando fuori:) Ho portato il tronco nella legnaia.  IL  MAGO. Va ad attinger l'acqua alla fontana. IL REUCCIO. Ah,
legnaia. IL MAGO. Va ad attinger l'acqua alla fontana.  IL  REUCCIO. Ah, padre e madre crudeli, vi siete scordati di
e con giubilo esclama:) No, non è vero! Eccoli! Eccoli !  IL  MAGO. Non dire una parola e sta lì, fermo, o ti faccio
rimanere di sasso. (Il Reuccio resta immobile). SCENA IX.  Il  Re, la Regina, Tizzoncino, Tartaglia. Arlecchino, la Corte,
Tartaglia. Arlecchino, la Corte, Guardie e soldati e detti.  IL  RE. Potentissimo Mago, siamo venuti a presentarti la
siamo venuti a presentarti la focaccia da te richiesta.  IL  MAGO. Chi ha stacciato la farina ? LA REGINA. L'ho
Chi ha stacciato la farina ? LA REGINA. L'ho stacciata io.  IL  MAGO. Chi l'ha impastata? LA REGINA. L'ho impastata io. IL
IL MAGO. Chi l'ha impastata? LA REGINA. L'ho impastata io.  IL  MAGO. Chi ha infornato la focaccia? LA REGINA. L'ho
Chi ha infornato la focaccia? LA REGINA. L'ho infornata io.  IL  MAGO. Lasciatemela vedere. TIZZONCINO. (presentando la
vedere. TIZZONCINO. (presentando la focaccia :) Eccola qui.  IL  MAGO. E tu chi sei? TIZZONCINO. Sono Tizzoncino. IL MAGO
qui. IL MAGO. E tu chi sei? TIZZONCINO. Sono Tizzoncino.  IL  MAGO (facendo la voce grossa a Tizzzoncino:) Chi ha
TIZZONCINO. La regina vi ha risposto : L' ho stacciata io.  IL  MAGO. (come sopra:) Chi l'ha impastata ? TIZZONCINO. La
? TIZZONCINO. La regina vi ha risposto: l'ho impastata io.  IL  MAGO. (come sopra:) Chi ha infornata la focaccia ?
TIZZONCINO. La regina vi ha risposto : L' ho infornata io.  IL  MAGO. (accarezzandola:) Sei maliziosa; hai risposto bene ed
Sei maliziosa; hai risposto bene ed hai detto la verità.  IL  RE (da sé:) Oh, Dio! Siamo scoperti. ARLECCHINo(a parte:)
(a parte:) Ci siamo gettati da noi stessi in gola al lupo!  IL  MAGO (con voce cupa:) Tizzoncino, entra in quella casa,
capirete che vuol dire farsi beffe d'un mago. TUTTI. Ahimè!  IL  RE. Illustre Mago, potentissimo Mago, la colpa non è mia.
do...do...doveva fi...finire così! (piange:) Ah ! Ah ! Ah !  IL  MAGO. Non piangere, animale! ARLECCHINO. Animalissimo,
Animalissimo, signor Ma...mago! Ma pe...perdono! Perdono.  IL  MAGO. E voi, regina superbiosa, madre snaturata... LA
Mago. Non sapevo ne stacciare, nè impastare, nè infornare!  IL  MAGO. Voglio essere generoso. C'è un solo rimedio per
C'è un solo rimedio per scampare dalla mia giusta vendetta.  IL  RE. Ditelo, ditelo potentissimo Mago. IL MAGO. Che ho
giusta vendetta. IL RE. Ditelo, ditelo potentissimo Mago.  IL  MAGO. Che ho chiesto ? Una focaccia stacdata, impastata e
regina; ebbene, fate che questa focaccia diventi tale, e  il  Reuccio sarà libero e sarete liberi tutti. IL RE. Subito?
tale, e il Reuccio sarà libero e sarete liberi tutti.  IL  RE. Subito? IL MAGO. Ora stesso, senza muoverci di qui. Il
Reuccio sarà libero e sarete liberi tutti. IL RE. Subito?  IL  MAGO. Ora stesso, senza muoverci di qui. Il come dovete
IL RE. Subito? IL MAGO. Ora stesso, senza muoverci di qui.  Il  come dovete trovarlo voi. Rifletteteci bene. IL RE.
di qui. Il come dovete trovarlo voi. Rifletteteci bene.  IL  RE. Riflettiamo. TUTTI Riflettiamo! (Si mettono con una
mettono con una mano alla fronte in atto di riflettere).  IL  RE. (dopo un pezZetto, alla regina:) Avete trovato? LA
si mettono a saltare dalla gioia, gridando:) L'ha trovata!  IL  MAGO. Sentiamo. Per far più presto, ti sciolgo la lingua.
e infornata di mano della regina, vi è un solo mezzo.  IL  RE, REGINA, TARTAGLIA (ansiosi:) Quale? ARLECCHINO. (al
Quale? ARLECCHINO. (al re:) Debbo o non debbo dirlo?  IL  RE. Ditelo pure. ARLECCHINO. Far diventare reginotta
Tizzoncino, dandola in moglie al reuccio. TUTTI (meno  il  mago:) Oh ! Oh! Oh ! IL RE. Parola di re: sin da questo
in moglie al reuccio. TUTTI (meno il mago:) Oh ! Oh! Oh !  IL  RE. Parola di re: sin da questo momento il Reuccio e
Oh ! Oh! Oh ! IL RE. Parola di re: sin da questo momento  il  Reuccio e Tizzoncino siano marito e moglie. IL MAGO. Datemi
momento il Reuccio e Tizzoncino siano marito e moglie.  IL  MAGO. Datemi la focaccia. Il reuccio è libero. Io mi
siano marito e moglie. IL MAGO. Datemi la focaccia.  Il  reuccio è libero. Io mi ritiro. Abbracciatevi. (Entra in
è libero. Io mi ritiro. Abbracciatevi. (Entra in casa).  IL  RE. (abbracciando il Reuccio:) Ah, figliuolo mio caro ! LA
Abbracciatevi. (Entra in casa). IL RE. (abbracciando  il  Reuccio:) Ah, figliuolo mio caro ! LA REGINA. Povero figlio
caro ! LA REGINA. Povero figlio mio, sposato a una fornaia!  IL  REUCCIO. Ma io non ho dato il consenso. Sposare quella
mio, sposato a una fornaia! IL REUCCIO. Ma io non ho dato  il  consenso. Sposare quella bruttona? Quella cenciosa? Quella
quella bruttona? Quella cenciosa? Quella fuligginosa ?  IL  RE. Parola di re non va indietro; siete marito e moglie. IL
IL RE. Parola di re non va indietro; siete marito e moglie.  IL  REUCCIO. Prima morire, che sposare costei. TIZZONCINO. (di
(di dentro, canzonandolo:) La vedremo, reuccio !  IL  REUCCIO. Vieni fuori, bruttona, e ti risponderò meglio!
meglio! TIZZONCINO (come sopra :) Non vi scaldate!  IL  REUCCIO. Vieni fuori, cenciosa, fuliginosa, piedi scalzi !
scalzi ! (Il Reuccio si avventa contro l'uscio per aprire).  IL  RE (alle guardie:) Fermatelo ! TIZZONCINO. (di dentro:)
TIZZONCINO. (di dentro:) Guardami dal buco della serratura.  IL  REUCCIO (guarda dal buco della serratura, ed esclama :) Oh,
:) Oh, Dio, che mai vedo ! (Resta estatico a guardare.)  IL  RE. Che vede? TUTTI. Che vede ? È rimasto incantato ! IL
IL RE. Che vede? TUTTI. Che vede ? È rimasto incantato !  IL  REUCCIO (guardando ancora:) Oh, che bellezza ! Oh, che cosa
celeste! ARLECCHINO. È impazzito. TARTAGLIA. Pa...pare.  IL  REUCCIO (picchiando all'uscio :) Aprite e perdonatemi,
reginotta mia ! TIZZONCINO (di dentro, facendogli  il  verso:) Fornaia ! Cenciosa ! IL REUCCIO (come sopra :)
(di dentro, facendogli il verso:) Fornaia ! Cenciosa !  IL  REUCCIO (come sopra :) Aprite regina del cuor mio !
del cuor mio ! TIZZONCINO (di dentro, ridendo e facendogli  il  verso:) Ah ! Ah ! Bruttona ! Fuliginosa ! IL REUCCIO
e facendogli il verso:) Ah ! Ah ! Bruttona ! Fuliginosa !  IL  REUCCIO (picchiando più forte:) Apri, apri, Tizzoncino
! (L'uscio si spalanca e comparisce Tizzoncino bella come  il  sole, vestita di abiti reali). TUTTI. (con gran
vestita di abiti reali). TUTTI. (con gran meraviglia:) Ah !  IL  RE (prendendo per le mani Tizzoncino e il Reuccio :) Figli
meraviglia:) Ah ! IL RE (prendendo per le mani Tizzoncino e  il  Reuccio :) Figli miei, siate felici ! LA REGINA. Ora non
è avverato ! Viva gli sposi ! TUTTI. Viva gli sposi ! (Cala  il  sipario).
generale, è un uso sociale alquanto greve, se non è  il  padrino che ne assuma una parte, nel battesimo. Poichè, se
la madrina di battesimo può essere più modesta nel fare  il  dono alla puerpera e al neonato, scegliendo un gioiello di
le medesime spese che farebbe lui, per la carrozza, per  il  parroco, per il sacrestano, e pel chierico: deve fare gli
spese che farebbe lui, per la carrozza, per il parroco, per  il  sacrestano, e pel chierico: deve fare gli stessi doni di
servitù: portare confetti, se si usa, e via via. Se vi è  il  padrino, che s' incarica di tutto questo, allora la madrina
la puerpera, che non deve essere mai di grande valore,  il  dono verso il bimbo o la bimba, il solito dono di un
che non deve essere mai di grande valore, il dono verso  il  bimbo o la bimba, il solito dono di un oggetto di argento,
mai di grande valore, il dono verso il bimbo o la bimba,  il  solito dono di un oggetto di argento, bicchiere, o tazza, o
col proprio stato e con la condizione della casa ove è  il  battesimo. Per lo più, la madrina va alla chiesa in
chiaro e con qualche gioiello, addosso, per onorare  il  piccolo cristiano. Se è una signorina, si vestirà di
Alla chiesa, è sempre la madrina che sostiene sulle braccia  il  neonato, presso il Sacro Fonte: deve portare una candela di
la madrina che sostiene sulle braccia il neonato, presso  il  Sacro Fonte: deve portare una candela di cera, grossa, che
carta, per metterlo sulla boccuccia del neonato, che dopo  il  sale della sapienza, strilla per lo più, disperatamente. In
per lo più, disperatamente. In carrozza, la madrina lascia  il  posto a destra alla nutrice, che regge sulle braccia il
il posto a destra alla nutrice, che regge sulle braccia  il  piccolo battezzato: il padrino va dirimpetto. A casa, ella
nutrice, che regge sulle braccia il piccolo battezzato:  il  padrino va dirimpetto. A casa, ella accompagna al letto
va dirimpetto. A casa, ella accompagna al letto materno  il  corteo che trasporta il cristianello, subito dopo il
ella accompagna al letto materno il corteo che trasporta  il  cristianello, subito dopo il padrino: se costui non vi è, è
il corteo che trasporta il cristianello, subito dopo  il  padrino: se costui non vi è, è lei che porta il bimbo alla
subito dopo il padrino: se costui non vi è, è lei che porta  il  bimbo alla madre. Se la intimità con la famiglia è grande,
intimità con la famiglia è grande, spesso la madrina dona  il  vestito da battesimo o il porte-enfant col cuscino di raso:
è grande, spesso la madrina dona il vestito da battesimo o  il  porte-enfant col cuscino di raso: ma ciò non è di obbligo.
darle l'anello di avorio sospeso alla catenina di argento,  il  primo balocco di argento col fischietto, qualche crocetta
col fischietto, qualche crocetta di oro o di argento,  il  primo scapolare della Madonna. E la figlioccia o il
il primo scapolare della Madonna. E la figlioccia o  il  figlioccio deve amar la madrina, come un'altra mamma.
non lo so, cosa dice. Questo è  il  mio mestiere, comare Camilla. Il mio mestiere è di fare il
lo so, cosa dice. Questo è il mio mestiere, comare Camilla.  Il  mio mestiere è di fare il vetturale e di andare sempre in
il mio mestiere, comare Camilla. Il mio mestiere è di fare  il  vetturale e di andare sempre in viaggio di qua e di là.
 Il  babbo aveva detto a Checchino: — Non si chiede mai due
E intendeva ammonirlo del difetto di volere sempre  il  doppio di quel che gli si dava. Checchino era buono, e di
sera, a letto, dopo che la mamma gli aveva fatto recitare  il  paternostro, egli domandò: — Mamma, pane quotidiano non
giorno? — Si, te l'ho spiegato tempo fa. — Ma io ce l'ho  il  pane ogni giorno; perchè chiederlo al Signore? Il babbo ha
ce l'ho il pane ogni giorno; perchè chiederlo al Signore?  Il  babbo ha detto che non si deve mai chiedere due volte quel
tu intanto mi fai ripetere tutte le sere al Signore: Dacci  il  pane quotidiano! — Potrebbe mancarti. — Perchè non me lo
da dartene. — Lo chiederei allora, e starebbe bene : Dacci  il  pane quotidiano. — Il paternostro è così, ce l'ha insegnato
allora, e starebbe bene : Dacci il pane quotidiano. —  Il  paternostro è così, ce l'ha insegnato Gesù. Addormentati. E
quella sera Checchino non poteva addormentarsi. Pensava che  il  pane ogni giorno egli lo aveva a sufficienza, e che sarebbe
stato meglio chiedere al Signore qualcos'altro. Appunto  il  babbo non aveva voluto comprargli un bel giocattolo con la
e che muoveva la testa e le braccia e pareva suonasse  il  violino, se si girava un manubrietto. E la sera appresso,
la sera appresso, quando la mamma gli disse: — Via, recita  il  paternostro, — Checchino rispose, blandendola: — Mammina,
— Padre nostro, che stai nei cieli, sia santificato  il  tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come
che stai nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga  il  tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in
sera dopo, Checchino ripetè la stessa scena di voler dire  il  paternostro da sè. E siccome la mamma insisteva, egli si
Finse di andar via, rientrò piano piano, e trattenendo  il  respiro, si chinò sul bambino che voltato verso il muro
il respiro, si chinò sul bambino che voltato verso  il  muro recitava la preghiera con voce a bastanza alta da
nè testa nè braccia. Convinto che glielo avesse mandato  il  Signore, egli disse alla mamma mentre ella lo vestiva : —
disse alla mamma mentre ella lo vestiva : — Vedi, mamma,  il  Signore ha sbagliato; gli avevo chiesto l'altro che muove
chiesto l'altro che muove testa e braccia e pare che suoni  il  violino. — No, — rispose la mamma, — il Signore non ha
e pare che suoni il violino. — No, — rispose la mamma, —  il  Signore non ha sbagliato. Egli vuole che i bambini credano
vuole che i bambini credano alla parola del loro babbo.  Il  babbo ti ha detto che quel giocattolo costa troppo caro, e
ha detto che quel giocattolo costa troppo caro, e per ciò  il  Signore ti ha mandato, questo che costa poco. Ora tu, per
costa poco. Ora tu, per ringraziarlo bene, devi recitare  il  paternostro come va detto, altrimenti il Signore si
devi recitare il paternostro come va detto, altrimenti  il  Signore si riprende il giocattolo. — Quand'è così! —
come va detto, altrimenti il Signore si riprende  il  giocattolo. — Quand'è così! — esclamò Checchino
Checchino rassegnandosi. E da quella volta in poi recitò  il  paternostro com'è.
Ora faccia  il  piacere, Artale, di chiamare il mio groom. Lei mi
Ora faccia il piacere, Artale, di chiamare  il  mio groom. Lei mi accompagna, è vero?
le mani; faccio  il  sindaco io e il prete anche... E invece d' acqua santa...
le mani; faccio il sindaco io e  il  prete anche... E invece d' acqua santa...
eccellenti ed abbondanti. Ave Maria, piena di Grazia,  il  signore è con voi, voi siete benedetta fra le donne, e
è con voi, voi siete benedetta fra le donne, e benedetto  il  frutto del vostro ventre Gesù... Il fattore di Passo
le donne, e benedetto il frutto del vostro ventre Gesù...  Il  fattore di Passo Martino è andato via?
Quando io parlo ad alta voce,  il  pensiero interiore è per me sensibile - ed io noto il
voce, il pensiero interiore è per me sensibile - ed io noto  il  disaccordo.
la mala gente che può farci  il  Signore ?... Fuoco in questa e nell'altra vita, Gesù
Teri! - A quest'ora la poverina sarebbe liberata! Viene  il  medico, le tasta il polso... - Mostrami la lingua... Dove
la poverina sarebbe liberata! Viene il medico, le tasta  il  polso... - Mostrami la lingua... Dove ti duole? - Che
polso! Che lingua! Non le duole in nessun posto... Questo è  il  vero segno!...
 Il  cielo è fosco; il sole splende su la campagna una luce
cielo è fosco;  il  sole splende su la campagna una luce pallida, scialba; le
E le rondini vanno via. Volteggiano, stridono; è  il  gran giorno della partenza. ***
 il  vino per terra e posa il bicchiere sul deschetto. Rimangono
il vino per terra e posa  il  bicchiere sul deschetto. Rimangono a guardarsi un istante
giorni  il  bambino rimase a letto con la febbre: non si lamentava più,
a letto con la febbre: non si lamentava più, ma rifiutava  il  cibo, finchè a Bona venne l'idea di farglielo offrire da
sui guanciali e gli avvicina la tazza alla bocca: e  il  malato beve il latte fino all'ultima goccia. - È una cosa
e gli avvicina la tazza alla bocca: e il malato beve  il  latte fino all'ultima goccia. - È una cosa strana, -
trasognata. - Tutto è mistero in questa creatura. Ma  il  dottore al quale le serve raccontano il fatto, spiega che
questa creatura. Ma il dottore al quale le serve raccontano  il  fatto, spiega che la simpatia del bambino per il cieco è
raccontano il fatto, spiega che la simpatia del bambino per  il  cieco è una cosa semplicissima: tutti i bambini sentono per
padrona non protestò nè pianse, ma si astenne dal chiamare  il  bambino con quel nome. Del resto non se ne curava più che
e lasciava fare agli altri quello che volevano. Così,  il  cieco passava silenzioso lungo la parete della cucina, poi
camera di Albina e si metteva accanto al letto dov'era  il  bambino, e lo toccava timidamente, gli parlava sottovoce,
indagava: e naturalmente non riusciva a saper nulla.  Il  dottore veniva spesso: non insisteva presso Bona perchè
spesso: non insisteva presso Bona perchè ella tenesse  il  bambino, ma ogni volta le chiedeva una tazza di caffè e lo
da lei. II quarto giorno consigliò alle serve di far alzare  il  nuovo Elis. Lo alzarono. Albina gli aveva lavato il
alzare il nuovo Elis. Lo alzarono. Albina gli aveva lavato  il  vestitino, e gli ravviò i capelli fini ondulati e lunghi.
panca, accanto alla padrona. Questa non si scuoteva, mentre  il  cieco, dall'altro lato del camino, protendeva il viso quasi
mentre il cieco, dall'altro lato del camino, protendeva  il  viso quasi ansioso ma come illuminato da un sorriso
da un sorriso interno: non osava parlare nè toccare  il  bambino, in presenza della padrona, ma pareva l'odorasse.
perchè non morda. Uno glielo cala nella buca, e appena  il  lupo l'addenta, un altro, lesto, gli passa il legaccio
e appena il lupo l'addenta, un altro, lesto, gli passa  il  legaccio dietro le orecchie, e glielo ferma all'altro capo
e glielo ferma all'altro capo del bavaglio.... Poi viene  il  meglio....
 il  coltello da tasca, l' apre e comincia a mangiare
e comincia a mangiare lentamente, colle spalle al muro e  il  naso sulla grazia di Dio. Di tanto in tanto alza il capo e
muro e il naso sulla grazia di Dio. Di tanto in tanto alza  il  capo e volge all'uscio della cucina un'occhiata che la
vuol essere male educata, in viaggio, cerca sempre di aver  il  miglior posto, in vagone semplice, nello sleeping, in
male educata, in viaggio, non cede la destra, non si cava  il  cappello; non saluta; non s'inchina; non presta il suo
si cava il cappello; non saluta; non s'inchina; non presta  il  suo giornale; non presta il suo orario; non solleva il
non s'inchina; non presta il suo giornale; non presta  il  suo orario; non solleva il cristallo dello sportello; non
il suo giornale; non presta il suo orario; non solleva  il  cristallo dello sportello; non tira la tendina contro il
il cristallo dello sportello; non tira la tendina contro  il  sole; non dice il nome della stazione, a cui si è arrivati;
sportello; non tira la tendina contro il sole; non dice  il  nome della stazione, a cui si è arrivati; non ha freddo
sua toilette, sfoglia i suoi libri, va e viene attraverso  il  vagone, senza chiedere mai il permesso. In albergo, la
libri, va e viene attraverso il vagone, senza chiedere mai  il  permesso. In albergo, la persona male educata fischia,
senza curarsi del vicino: gitta le sue scarpe contro  il  muro, se ode un rumore: chiama il cameriere e la cameriera
le sue scarpe contro il muro, se ode un rumore: chiama  il  cameriere e la cameriera a distesa, senza occuparsi se gli
altri dormono: scende alla table d'hôte tardi e vi legge  il  giornale: si serve del miglior pezzo e se vi è un residuo
è un residuo d'insalata, lo prende tutto: comincia a fumare  il  suo sigaro a tavola e in sala di lettura, prende, per
ed illustrati. La persona male educata non cede mai  il  suo posto in battello, in barca, alla dogana, in carrozza,
postale, a quello telegrafico, dovunque sarebbe amabile  il  cederlo; in teatro, in sala da giuoco, al café - concert
al sesso, nè alla condizione dei suoi vicini. In trattoria,  il  viaggiatore male educato occupa il miglior tavolino, presso
vicini. In trattoria, il viaggiatore male educato occupa  il  miglior tavolino, presso il caminetto, lontano dagli
viaggiatore male educato occupa il miglior tavolino, presso  il  caminetto, lontano dagli tziganes che suonano troppo forte,
dagli tziganes che suonano troppo forte, e sequestra  il  miglior cameriere: nei musei, nelle gallerie, nei ritrovi
sta meglio, dove non si ha caldo e dove non si ha freddo.  Il  viaggiatore male educato, facendo questo per principio, è
incontra un altro viaggiatore, male educato più di lui.  Il  che accade: accade spesso!
aspettano i Musarra, padre e figlio, qui accanto.... Sai,  il  figlio Musarra, che chiamano il matto perchè sua moglie gli
qui accanto.... Sai, il figlio Musarra, che chiamano  il  matto perchè sua moglie gli è fuggita con Bellamà, quello
perchè sua moglie gli è fuggita con Bellamà, quello che fa  il  gallo colle donne altrui... Lo sai anche tu.
Maria, piena di grazia,  il  signore è con voi, voi siete benedetta fra le donne e
è con voi, voi siete benedetta fra le donne e benedetto  il  frutto
Poi al suo ritorno la trovò maritata con compar Alfio  il  Licodiano, e si mise il cuore in pace.
la trovò maritata con compar Alfio il Licodiano, e si mise  il  cuore in pace.
Nino, fatti coraggio... Questo è  il  passo della morte... Io mi sento un altro, parola d'onore.
passo della morte... Io mi sento un altro, parola d'onore.  Il  sindaco che legge il libraccio il prete che ti butta
Io mi sento un altro, parola d'onore. Il sindaco che legge  il  libraccio il prete che ti butta l'acqua santa... fanno un
un altro, parola d'onore. Il sindaco che legge il libraccio  il  prete che ti butta l'acqua santa... fanno un certo
stillante lieto umore, e Iarro che continua degnamente  il  noto Collodi di lietissima memoria, è tra i primi. In
un riso feminile, vi mette sotto gli occhi, lagrimosi per  il  gran ridere, tutto il lato ridicolo della società burlona.
mette sotto gli occhi, lagrimosi per il gran ridere, tutto  il  lato ridicolo della società burlona. Dice di tutto in pochi
arte, di letteratura, di usi, di amori ecc. Dopo aver letto  il  libro, per il benessere onde sarete presi, non ringraziate
di usi, di amori ecc. Dopo aver letto il libro, per  il  benessere onde sarete presi, non ringraziate l'A. che non
sarete presi, non ringraziate l'A. che non lo vuole; ma  il  Giannotta, che ha saputo incastonare quest'altro brillante
sua meravigliosa collana dei Semprevivi. G. E. Nuccio.  Il  Paese di Palermo 5-6 luglio 1899.
Maria, piena di grazia,  il  signore è con voi, voi siete benedetta fra le donne, e
è con voi, voi siete benedetta fra le donne, e benedetto  il  frutto del vostro ventre, Gesù...
Viva San Placido, o diamo fuoco al Municipio!.. Napoleone,  il  procaccia che faceva anche il lampionaio ed il messo
al Municipio!.. Napoleone, il procaccia che faceva anche  il  lampionaio ed il messo municipale, venne fuori al balcone,
Napoleone, il procaccia che faceva anche il lampionaio ed  il  messo municipale, venne fuori al balcone, agitando le
braccia. - Silenzio!.. Pace!.. Insomma, con questo fracasso  il  consiglio non può deliberare! Ma, sedate le grida, tutti
che non ce n'è, dopo che se li mangiano tutti loro!.. -E  il  segretario che s'è fabbricata la casa!.. - E la maestra
- O non tirano fuori l'altra scusa del colera?... -  Il  colera!.. Che ha paura del colera, San Placido? - E il
- Il colera!.. Che ha paura del colera, San Placido? - E  il  sindaco che ha il contravveleno!.. - Saremo noi che
Che ha paura del colera, San Placido? - E il sindaco che ha  il  contravveleno!.. - Saremo noi che creperemo! - E noi
la festa!.. Viva la festa!.. Nella sala del consiglio,  il  baccano non era meno grande che in piazza; le teste si
erano riscaldate e la discussione minacciava di finir male.  Il  sindaco don Delfo, intabarrato malgrado il gran caldo
di finir male. Il sindaco don Delfo, intabarrato malgrado  il  gran caldo prodotto dai fiati e dai lumi, rivolgendo degli
sospettosi alle finestre aperte, badava a ripetere: - Ma  il  colera!.. signori miei, il colera!.. Il prefetto non darà
aperte, badava a ripetere: - Ma il colera!.. signori miei,  il  colera!.. Il prefetto non darà il permesso!.. Come se il
a ripetere: - Ma il colera!.. signori miei, il colera!..  Il  prefetto non darà il permesso!.. Come se il prefetto non
colera!.. signori miei, il colera!.. Il prefetto non darà  il  permesso!.. Come se il prefetto non avrebbe fatto meglio a
il colera!.. Il prefetto non darà il permesso!.. Come se  il  prefetto non avrebbe fatto meglio a contromandare l'ordine
avrebbe fatto meglio a contromandare l'ordine di spargere  il  veleno! Quando mai si era sentito che le feste facevano
Quando mai si era sentito che le feste facevano venire  il  colera! E finalmente, per quale ragione il sindaco era
facevano venire il colera! E finalmente, per quale ragione  il  sindaco era tanto contrario? Aveva paura che Rocco Minna,
fuori. Ma prima di San Placido bisognava pensare a finire  il  camposanto - gridavano gli oppositori - e a riparare le
l'edificio scolastico!... La confusione cresceva,  il  consiglio pareva dividersi in due campi eguali e don Delfo,
Napoleone non s'accorgeva di niente, e allungava ogni tanto  il  capo nella sala, per sentire a che stato erano le cose, e
cose, e se la festa finalmente si deliberava. Egli faceva  il  conto di quel che gli aveva fruttato, gli altri anni: tanto
i generi in natura che gli avanzavano: lo spago, i chiodi,  il  petrolio, la cera..... - Viva la festa!.. - Insomma! -
si alzi. Come un sol uomo, tutti i consiglieri si alzarono.  Il  sindaco li guardò un momento, sbalordito; poi, alzandosi
i suonatori andarono a cercar gli strumenti e, attaccato  il  Funiculì- Funiculà, percorsero il paese, da un capo
strumenti e, attaccato il Funiculì- Funiculà, percorsero  il  paese, da un capo all'altro, intanto che Napoleone issava
coi cavalli! Mentre tutti gridavano, arrivò don Gerolamo  il  farmacista, a sentir le notizie. La gente lo prese in
Margherita, nella casina del Canonico stavano recitando  il  Santo Rosario, dopo cena, quando all'improvviso si udì una
quando all'improvviso si udì una schioppettata nella notte.  Il  Canonico allibì, colla coroncina tuttora in mano, e le
la fante sull'uscio della cucina. — Zitti tutti? — esclamò  il  Canonico, pallido come il berretto da notte. — Lasciatemi
cucina. — Zitti tutti? — esclamò il Canonico, pallido come  il  berretto da notte. — Lasciatemi sentire. E si mise dietro
della finestra. I cani si erano chetati, e fuori si udiva  il  vento nel vallone. A un tratto riprese l'abbaiare più forte
con un sasso. — Non aprite, non aprite a nessuno! — gridava  il  Canonico, correndo a prendere la carabina al capezzale del
a prendere la carabina al capezzale del letto, sotto  il  crocifisso. Le mani gli tremavano. Poi, in mezzo al
tremavano. Poi, in mezzo al baccano, si udì gridare dietro  il  portone: — Aprite, signor Canonico; son io Surfareddu ! — E
signor Canonico; son io Surfareddu ! — E come finalmente  il  fattore dal pianterreno escì a chetare i cani e a tirare lo
a chetare i cani e a tirare lo spranghe del portone, entrò  il  camparo, Surfareddu, scuro in viso e con lo schioppo ancora
in mano. — Che c' è, Grippino? Cos' successo? — chiese  il  Canonico spaventato. — C' è, vossignoria, che mentre voi
poggetto, quando aveva udito rumore nel vallone, dove era  il  frutteto, un rumore come le suo orecchie sole lo
nel frutteto arance e altre frutta; un fruscìo che non fa  il  vento; e poi ad intervalli silenzio, mentre empivano i
lunga e i pezzi d'ottone che aveva in mano. Quando si dice  il  destino! Perchè quella eral' ultima notte che doveva stare
licenziato a Pasqua dal Canonico, d'amore e di accordo, e  il  1° settembre doveva andare dal padrone nuovo, in quel di
doveva andare dal padrone nuovo, in quel di Vizzini. Giusto  il  giorno avanti s'era fatta la consegna di ogni cosa col
adagio, levando i piedi alti nel fieno perchè non si udisse  il  fruscìo. E la cagna si voltava ad ogni dieci passi per
Poi diede la voce — Ehi!... Una voce, Dio liberi! — diceva  il  Canonico — che faceva accapponar la pelle quando si udiva
in tre, e udii gridare. Andate a vedere nel frutteto, che  il  mio uomo dev'esserci rimasto. — Ah! cos'hai fatto,
rimasto. — Ah! cos'hai fatto, scellerato ! — esclamava  il  Canonico, mentre le donne strillavano fra di loro. — Ora
mentre le donne strillavano fra di loro. — Ora verranno  il  giudice e gli sbirri, e mi lasci nell' imbroglio! — Questo
e gli sbirri, e mi lasci nell' imbroglio! — Questo è  il  ringraziamento che mi fate, vossignoria? — rispose brusco
e di' al fattore che ti mando io. Domani poi ci avrai  il  tuo bisogno. Ma che nessuno ti veda, per l'amor di Dio, ora
soffre Surfareddu! Loro lo sapevano che fino al 31 agosto  il  custode del vostro podere era io. Tanto peggio per loro! La
si chiuse più occhio quella notte, pel timore dei ladri e  il  pensiero di quell'uomo steso a terra lì nel frutteto. A
dei viandanti sulla viottola dirimpetto, nella Rocca,  il  Canonico, armato sino ai denti e con tutti i contadini
e tutta nera di sangue. — Ah ! signor canonico — biascicò  il  moribondo — Per quattro ulive m' hanno ammazzato! Il
il moribondo — Per quattro ulive m' hanno ammazzato!  Il  canonico diede l'assoluzione. Poscia, verso mezzogiorno,
diede l'assoluzione. Poscia, verso mezzogiorno, arrivò  il  Giudice con la forza, e voleva prendersela col Canonico, e
un mascalzone. Per fortuna che c' erano tutti i contadini e  il  fattore con la famiglia testimoni. Nondimeno il Giudice si
contadini e il fattore con la famiglia testimoni. Nondimeno  il  Giudice si sfogò contro quel servo di Dio che era una
ulive. Voleva consegnato l'assassino morto o vivo, e  il  Canonico giurava e spergiurava che non ne capiva nulla.
spergiurava che non ne capiva nulla. Tanto che un altro po'  il  Giudice lo dichiarava complice e mandante, e lo faceva
e andavano e venivano sotto gli aranci del frutteto, mentre  il  medico e il cancelliere facevano il loro ufficio dinanzi al
venivano sotto gli aranci del frutteto, mentre il medico e  il  cancelliere facevano il loro ufficio dinanzi al morto steso
del frutteto, mentre il medico e il cancelliere facevano  il  loro ufficio dinanzi al morto steso sui sacchi vuoti. Poi
del frutteto, pel caldo che faceva, e le donne indussero  il  signor Giudice a prendere un boccone perchè cominciava a
quattro perchè la tavola non sfigurasse in quell'occasione.  Il  signor Giudice se ne leccò le dita. Dopo, il cancelliere
Il signor Giudice se ne leccò le dita. Dopo,  il  cancelliere rimosse un po' la tovaglia da una punta, e
di verbale, con la firma dei testimoni e ogni cosa, mentre  il  Giudice pigliava il caffè fatto apposta con la macchina, e
firma dei testimoni e ogni cosa, mentre il Giudice pigliava  il  caffè fatto apposta con la macchina, e i contadini
da lontano, mezzo nascosti fra gli aranci. Infine  il  Canonico andò a prendere con le sue mani una bottiglia di
Quell'altro intanto l'avevano sotterrato alla meglio sotto  il  vecchio ulivo malato. Nell'andarsene il Giudice gradì un
alla meglio sotto il vecchio ulivo malato. Nell'andarsene  il  Giudice gradì un fascio di fiori dalle signore, che fecero
mula del cancelliere due bei panieri di frutta scelte; e  il  Canonico li accompagnò sino al limite del podere. Il giorno
e il Canonico li accompagnò sino al limite del podere.  Il  giorno dopo venne un messo del Mandamento a dire che il
Il giorno dopo venne un messo del Mandamento a dire che  il  signor Giudice avea persa nel frutteto la chiavetta
due giorni di tempo, che la troveremo — fece rispondere  il  Canonico. E scrisse subito ad un amico di Caltagirone
Giudice dicendo: - È questa la chiavetta che ha smarrito  il  signor Giudice ? - È questa, sissignore — rispose lui: e il
il signor Giudice ? - È questa, sissignore — rispose lui: e  il  processo andò liscio por la sua strada, tantochè
andò liscio por la sua strada, tantochè sopravvenne  il  60, e Surfareddu tornò a fare il camparo dopo l' indulto di
tantochè sopravvenne il 60, e Surfareddu tornò a fare  il  camparo dopo l' indulto di Garibaldi, sin che si fece
una rissa con dei campaci per certa quistione di pascolo. E  il  Canonico, quando tornava a parlare di tutti i casi di
catena. Nel frutteto, sotto l'albero vecchio dove è sepolto  il  ladro delle ulive, vengono cavoli grossi come teste di
figlia è morta, l'ho pianta. Non vedete, ne porto ancora  il  lutto, da sette anni... da sette anni. Dateci oggi il
il lutto, da sette anni... da sette anni. Dateci oggi  il  nostro pane quotidiano
poco non si avverò  il  sogno di Bona. La voce che c'era in casa quel bambino
persona bisognava pur lasciarla entrare: per esempio  il  brigadiere. Aveva un aspetto tragico, il brigadiere, e
per esempio il brigadiere. Aveva un aspetto tragico,  il  brigadiere, e compassato; quasi andasse a constatare un
Sottopose ad un lungo interrogatorio le donne, e anche  il  servo cieco, finchè Elisabetta non perdè la pazienza. - Ma
avesse nè paura nè altra passione era Bona: aveva ripreso  il  suo posto sulla panca, e se ne stava con le mani in grembo
rispondeva: - Io non so nulla. Non si mosse neppure quando  il  brigadiere entrò con le serve nella camera attigua: sollevò
nella camera attigua: sollevò però la testa nel sentire  il  bambino a piangere: che cosa gli faceva il cattivo uomo?
nel sentire il bambino a piangere: che cosa gli faceva  il  cattivo uomo? Anche il cieco tendeva le orecchie: e domandò
a piangere: che cosa gli faceva il cattivo uomo? Anche  il  cieco tendeva le orecchie: e domandò con voce quasi
via? La donna riabbassò subito la testa, sembrandole che  il  cieco la vedesse: non rispose, non parlò più, neppure
più, neppure quando sopraggiunse tutto agitato e irritato  il  marito, il quale raccontava ancora una volta al vecchio
quando sopraggiunse tutto agitato e irritato il marito,  il  quale raccontava ancora una volta al vecchio dottore che lo
al vecchio dottore che lo accompagnava, come aveva trovato  il  bambino, dichiarando che s'era pentito di averlo preso e
tenerla su. II marito gridava: - Ma non prepari neppure  il  caffè per il dottore? La vede, dottore? Sta sempre così,
II marito gridava: - Ma non prepari neppure il caffè per  il  dottore? La vede, dottore? Sta sempre così, come una foglia
così, come una foglia secca sul ramo. - Ella ci preparerà  il  caffè, - disse tranquillo il dottore. - Adesso fatemi
sul ramo. - Ella ci preparerà il caffè, - disse tranquillo  il  dottore. - Adesso fatemi vedere il bambino. Il bambino
- disse tranquillo il dottore. - Adesso fatemi vedere  il  bambino. Il bambino piangeva, taceva, ricominciava a
tranquillo il dottore. - Adesso fatemi vedere il bambino.  Il  bambino piangeva, taceva, ricominciava a piangere. Bona
a piangere. Bona provava un certo fastidio a sentire  il  chiasso nella camera, e desiderava che tutto finisse
e desiderava che tutto finisse presto: che portassero via  il  bambino e la lasciassero di nuovo nel suo cerchio di
pietà della povera creatura; e le pareva, inoltre, che  il  cieco spiasse i suoi pensieri e la giudicasse severamente.
non distolta un attimo dal suo pensiero. Che, inoltre,  il  cieco la giudicasse male, in quell'occasione, se ne
se ne convinse subito; perchè nel sentire che  il  bambino insisteva adesso nel suo pianto lamentoso, egli
cominciava a darle una strana impressione: le pareva che  il  bambino la chiamasse, che se lei si muoveva, se, come la
muoversi, no: anche perchè sentiva un odio sordo contro  il  brigadiere, che per lei era uno di quei feroci personaggi
rappresentavano la Forza mostruosa che le aveva tolto  il  figlio di casa per buttarlo nei campi della morte. Zitta,
contro la sorte: perchè doveva muoversi a raccogliere  il  figlio altrui? Lo buttassero nell'orto, a pascer l'erba: e
altrui? Lo buttassero nell'orto, a pascer l'erba: e se  il  cieco non smetteva di brontolare poteva esser buttato anche
poteva esser buttato anche lui fra le immondezze.  Il  cieco non brontolava: s'era alzato, però, e stava fermo
fermo contro la parete, con le mani aperte penzoloni e  il  viso sollevato, coi capelli sulle guancie, come un Cristo
le sorti del bambino. Adesso si sentivano Davide e  il  brigadiere discutere, e quest'ultimo non sembrava molto
quest'ultimo non sembrava molto convinto delle ragioni che  il  primo si dava. Infine il dottore dichiarò che la ferita del
molto convinto delle ragioni che il primo si dava. Infine  il  dottore dichiarò che la ferita del bambino era prodotta
Davide non replicò: e così fu deciso che momentaneamente  il  bambino restasse in casa. Allora il cieco si calmò; anzi
che momentaneamente il bambino restasse in casa. Allora  il  cieco si calmò; anzi parve cercar di sparire, per non dar
Uh! Passa  il  lupi!... Questa è la mia vita! Andare in giro pel paese da
in giro pel paese da mattina a sera; bisogna buscarsi  il  pane.
 il  dolce biglietto; e, si va, anche con poca voglia, o
va, anche con poca voglia, o nessuna; solamente perchè c'è  il  tale, o il tal altro; e il tale, o il tal altro, lo vediamo
con poca voglia, o nessuna; solamente perchè c'è il tale, o  il  tal altro; e il tale, o il tal altro, lo vediamo volentieri
o nessuna; solamente perchè c'è il tale, o il tal altro; e  il  tale, o il tal altro, lo vediamo volentieri come il fumo
solamente perchè c'è il tale, o il tal altro; e il tale, o  il  tal altro, lo vediamo volentieri come il fumo negli occhi.
e il tale, o il tal altro, lo vediamo volentieri come  il  fumo negli occhi. O amore inacetito! e inacetito senza
inacetito! e inacetito senza essere stato mai vino! Ma  il  nostro signor Geronimo se ne trasse fuori, solo a stare nel
era un archiléo, al paragone di quel fiorellino rugiadoso.  Il  signor Geronimo aveva ricevuto lo strale in pieno petto;
di quell'altra, nè a vederla stanca a sua volta; colse  il  primo pretesto di gelosia, e domandò, anzi, diciamo meglio,
suoi passaporti. E se, liberato di quella catena, non fece  il  suo ridosso al Caloandro fedele, diciamo pure che non si
uomo, - Graziosa, la storia! oh, tanto graziosa! - esclamò  il  signor Ascanio, con quel suo piglio sarcastico. - È tutta
come fai così spesso e così volentieri. Parlano ora per  il  mio labbro le cose. - Ascanio s'inchinò, in atto di
si dice anche: A chi ti toglie  il  pane, taglia le mani... A chi ti ruba un core... spaccagli
pane, taglia le mani... A chi ti ruba un core... spaccagli  il  core... Così!...
 il  marito, di ritorno dal Consiglio, la trovò ancora nel
dal Consiglio, la trovò ancora nel cortile, col bambino,  il  "Mau,, , la farfalla che si divertiva per conto suo intorno
che si divertiva per conto suo intorno a loro. Anche  il  cieco era venuto piano piano a mettersi in una piega del
vedere per non irritare la padrona, ma odorando ogni cosa.  Il  bambino, a sua volta, sentiva che Michele era lì, e tendeva
presenza del cieco, provava un senso di gelosia e teneva  il  piccolo stretto a sè cercando ancora di farlo divertire col
dovette passargli nell'anima perchè si divertì a tormentare  il  cieco. - Che fai lì in agguato? Pare abbi litigato con Dio
po' dolorosa di innamorato che è pronto a sacrificare anche  il  suo amore, purchè l'oggetto amato sia felice. Davide
l'oggetto amato sia felice. Davide s'avanzava guardando  il  suo orologio. - Lo sai, moglie mia, che ora è? Manca un
preparato la tavola. Bona fu pronta ad alzarsi, sorreggendo  il  bambino. - Ah, ah, siamo già calzati! Bisogna camminare,
già calzati! Bisogna camminare, dunque. E parlare anche.  Il  bambino diede un grido: - Tata! - Curioso, non sembra più
s'era piegato a stendere le braccia ad arco invitando  il  bambino a staccarsi da Bona. E Bona lasciò libero il
il bambino a staccarsi da Bona. E Bona lasciò libero  il  bambino: no, del marito non poteva esser gelosa.... Eppure
non poteva esser gelosa.... Eppure un'ombra le attraversò  il  cuore.... Sì, era ancora gelosa perchè era ancora viva. Ma
cuore.... Sì, era ancora gelosa perchè era ancora viva. Ma  il  miracolo al quale assisteva le rischiarò di nuovo il cuore.
Ma il miracolo al quale assisteva le rischiarò di nuovo  il  cuore. Il bambino camminava. Andava dritto dritto rapido a
miracolo al quale assisteva le rischiarò di nuovo il cuore.  Il  bambino camminava. Andava dritto dritto rapido a Davide :
allora si volse a pochi passi dal muro e lasciò andare  il  bambino: e il bambino andò dritto dritto rapido dal cieco;
volse a pochi passi dal muro e lasciò andare il bambino: e  il  bambino andò dritto dritto rapido dal cieco; gli afferrò
cieco; gli afferrò una gamba per appoggiarsi e sollevando  il  viso sorrise anche a lui.
CAPUANA  IL  DRAGO NOVELLE, RACCONTINI ED ALTRI SCRITTI PER FANCIULLI
PER FANCIULLI ENRICO VOGHERA TIPOGRAFO DELLE LI. MM.  IL  RE E LA REGINA Roma, 1895
So che d'un tratto gli usci si riaprirono: riapparve  il  vecchio, che s'era tolto le scarpe per non sporcare il
il vecchio, che s'era tolto le scarpe per non sporcare  il  pavimento; apparve la figura arcigna del marito. La donna
E i suoi occhi erano tanto innocenti nel guardare  il  padre e il marito, e nel far loro segno che io
i suoi occhi erano tanto innocenti nel guardare il padre e  il  marito, e nel far loro segno che io acconsentivo!
cosa era stata organizzata alla chetichella, perchè  il  Sindaco e il suo partito non prendessero ombra e non
era stata organizzata alla chetichella, perchè il Sindaco e  il  suo partito non prendessero ombra e non cercassero
avea fatto girare la testa. Dal Circolo degli Agricoltori,  il  Sindaco che n'era presidente onorario e i suoi partigiani
di erbaiuoli destinate a sede del Fascio dei Reduci. Ma  il  Sindaco o gli altri risero male il giorno
Fascio dei Reduci. Ma il Sindaco o gli altri risero male  il  giorno dell'inaugurazione, quando in coda a quelle due
che marciavano con in testa otto trombe assordanti, videro  il  cavaliere, il notaio Pitarra e tutti gli altri del partito
con in testa otto trombe assordanti, videro il cavaliere,  il  notaio Pitarra e tutti gli altri del partito di
alla seconda sala, sur una predella, seduto a un tavolino,  il  cavaliere spiegava ai socii lo scopo di quel santissimo
alla porta, imponeva silenzio. Nei punti migliori, quando  il  cavaliere avea voluto destar nei soci il sentimento
migliori, quando il cavaliere avea voluto destar nei soci  il  sentimento militare per combattere incruente battaglie
- le trombe lo avevano interrotto, facendogli perdere  il  filo delle idee. Ma già, per un'inaugurazione, egli aveva
applausi, lasciando libera l'assemblea che doveva eleggere  il  Presidente e il Comitato esecutivo; le trombe gli avevano
libera l'assemblea che doveva eleggere il Presidente e  il  Comitato esecutivo; le trombe gli avevano fatto il saluto
e il Comitato esecutivo; le trombe gli avevano fatto  il  saluto reale.
Ave Maria piena di grazia,  il  signore è con voi, voi siete benedetta fra le donne e
è con voi, voi siete benedetta fra le donne e benedetto  il  frutto del vostro ventre Gesù
Saverio... Se non volete dirlo a me, ditelo a lui. Ha fatto  il  più, può fare il meno. Abbiate fiducia in lui... Lo chiamo?
volete dirlo a me, ditelo a lui. Ha fatto il più, può fare  il  meno. Abbiate fiducia in lui... Lo chiamo?
 Il  povero pecoraio strillò contro i contadini della fattoria;
zitti e seri, un po' impauriti della minaccia; ma appena  il  pecoraio andò via, di nascosto dei contadini, per non farsi
le mani, applaudendosi per la prodezza fatta. Non risero  il  terzo giorno. Tornavano quatti quatti alla fattoria
della ricotta fresca rubata, quando proprio sotto  il  carrubbo dovettero fermarsi. Si erano guardati in viso, e
una parola, tanto si sentivano sconcertati di stomaco.  Il  minore diè l'esempio il primo; poi lo imitarono gli altri
sentivano sconcertati di stomaco. Il minore diè l'esempio  il  primo; poi lo imitarono gli altri tre, uno appresso
invece di ricotta avessero ingoiato un violento vomitivo.  Il  minore piangeva, chiamando: — Mamma! Mamma! — Il maggiore
vomitivo. Il minore piangeva, chiamando: — Mamma! Mamma! —  Il  maggiore voleva fare il coraggioso, ma non si reggeva in
chiamando: — Mamma! Mamma! — Il maggiore voleva fare  il  coraggioso, ma non si reggeva in piedi. Si misero a
Si misero a piangere tutti e quattro, a gridare, a chiamare  il  fattore. Un uomo accorse dal fondo vicino, e si spaventò
alla fattoria, e torno a prendere in collo gli altri sotto  il  carrubbo. Le donne del fattore non sapevano che rimedio
volevano spedire un messo al paese per avvertire  il  padrone — Che avete mangiato, Signore Iddio ? Uva agresta?
contorcere anche dai dolori di pancia; pensavano che  il  pecoraio non poteva poi avergliene data tanta, da produrre
poi avergliene data tanta, da produrre quello sconquasso.  Il  pecoraio passava tra quei contadini un po' per medico, un
Erano loro che mi rubavano la ricotta ! Per accertarsi che  il  ladro fosse stato uno dei contadini della fattoria, come
stato uno dei contadini della fattoria, come gli era venuto  il  sospetto, quella mattina egli aveva messo nel latte certi
— Un po' d'acqua bollita, con due stille di limone. E  il  poveretto, angustiandosi che il vomitivo fosse proprio
con due stille di limone. E il poveretto, angustiandosi che  il  vomitivo fosse proprio toccato ai ragazzi, non finiva di
fosse stato davvero figlio loro. - È un angelo, zi' Cola!  Il  vecchio zi' Cola, dall'uscio di rimpetto, crollava il capo,
Cola! Il vecchio zi' Cola, dall'uscio di rimpetto, crollava  il  capo, accigliato e musone. - Non è vero forse? - insisteva
Stella, che non sa come sfamarli. Ai muli deve pensare  il  re. - Ma che muli! Sono creature di Dio, disgraziate,
di Dio, disgraziate, abbandonate. - Ai muli deve pensare  il  re! Lo zi' Cola appoggiava il mento su le mani sovrapposte
- Ai muli deve pensare il re! Lo zi' Cola appoggiava  il  mento su le mani sovrapposte al suo bastone di ciliegio e
trovatelli erano muli; e a loro doveva provvedere soltanto  il  re, che voleva dire: il governo. Ma Rosa, in risposta,
e a loro doveva provvedere soltanto il re, che voleva dire:  il  governo. Ma Rosa, in risposta, baciava forte il bambino,
dire: il governo. Ma Rosa, in risposta, baciava forte  il  bambino, dicendo: - Questo è barone, principe, re di casa
marito, grave, con le mani su le ginocchia, guardava lei e  il  bambino, e non diceva niente. Le vicine, invidiose e
vestito come un signorino, lo chiamavano, per dispetto:  il  mulo di Rosa. E Rosa, se le udiva, lasciando d'impastare il
il mulo di Rosa. E Rosa, se le udiva, lasciando d'impastare  il  pane, si affacciava su l'uscio con le braccia nude intrise
- Con chi parli, pettegola? - Parlo con tutte! Romperò  il  muso a qualcuna! E quando il ragazzo, già cresciuto, nel
- Parlo con tutte! Romperò il muso a qualcuna! E quando  il  ragazzo, già cresciuto, nel fare il chiasso con gli altri
a qualcuna! E quando il ragazzo, già cresciuto, nel fare  il  chiasso con gli altri suoi pari, si bisticciava e si
- Lasciali dire! - la confortava. - Gli tolgono forse  il  pane di bocca? Il pane lo avrà meglio assai dei figli loro.
- la confortava. - Gli tolgono forse il pane di bocca?  Il  pane lo avrà meglio assai dei figli loro. È tutta invidia!
parlato del suo scontro di un mese fa con un giornalista  il  quale ancora guarda il letto; si dice ancora che ella è un
di un mese fa con un giornalista il quale ancora guarda  il  letto; si dice ancora che ella è un terribile tiratore; il
il letto; si dice ancora che ella è un terribile tiratore;  il  conte anche lui possiede questa sciagurata destrezza... E
Oh! signore! lo ripeto: questo è delitto!... questo è  il  più spietato assassinio legale!... O il conte resta ucciso
questo è il più spietato assassinio legale!... O  il  conte resta ucciso ed io avrò il rimorso di essere stata
assassinio legale!... O il conte resta ucciso ed io avrò  il  rimorso di essere stata causa della sua morte... o
Questo duello non devo aver luogo! Si ritratti, signore;  il  conte accetterà le sue più semplici scuse, e le basterà di
accetterà le sue più semplici scuse, e le basterà di fare  il  primo passo perchè egli le venga incontro a stringerle la
madre, se ha un'amante pensi all'amante, signore... e farà  il  più nobile sacrifizio che amor proprio d'uomo possa fare
propria esistenza;  il  destino di Camilla le parve il suo stesso destino; vivere e
propria esistenza; il destino di Camilla le parve  il  suo stesso destino; vivere e aver l'apparenza di morta;
Camilla? Mai! le diceva tutto quello ch'era intorno:  il  letto ghiaccio, la panierina da lavoro intatta, la tavola
la tavola con sopra i libri di scuola ormai polverosi come  il  vestituccio suo. Mai! Mai! A quando a quando, un rumor di
stava chiusa nell'armadio in casa della Marietta, quando  il  sorcio le rosicò il piede. Adesso il suo strazio era assai
in casa della Marietta, quando il sorcio le rosicò  il  piede. Adesso il suo strazio era assai maggiore. Avrebbe
della Marietta, quando il sorcio le rosicò il piede. Adesso  il  suo strazio era assai maggiore. Avrebbe voluto che una
topi la mangiassero tutta da capo ai piedi anzichè sentirsi  il  cuore così divorato dal dolore. Ancora de' passi, ancora
di polizia. Camminavo come un ubriaco: sebbene convinto che  il  portafoglio mi era stato rubato dai mietitori, non osavo
che non volevo accusare nessuno. Eppoi, passato  il  primo stordimento, a misura che camminavo in quella strada
sconosciuto, accompagnato da una guardia come fossi io  il  colpevole, provavo un senso di rimorso, ed anche un oscuro
e quel danno, scontavo anch'io qualche cosa. E  il  lungo e comico peregrinare mio e della guardia prima di
di ritrovar giustizia mi richiamò a me stesso. In questura  il  Commissario non c'era, e neppure nella trattoria dove di
che conduceva al mio terreno. Mio? non più mio perchè  il  droghiere me lo avrebbe preso. A questo pensiero l'angoscia
avrebbe preso. A questo pensiero l'angoscia mi serrò forte  il  cuore: e il mio aspetto doveva rivelare tutto il mio
A questo pensiero l'angoscia mi serrò forte il cuore: e  il  mio aspetto doveva rivelare tutto il mio avvilimento,
forte il cuore: e il mio aspetto doveva rivelare tutto  il  mio avvilimento, perchè il Commissario ascoltava la guardia
aspetto doveva rivelare tutto il mio avvilimento, perchè  il  Commissario ascoltava la guardia che gli raccontava il
il Commissario ascoltava la guardia che gli raccontava  il  fatto ma fissava su di me i suoi occhi lucenti alla luna.
m'impaurivano: mi pareva che egli indovinasse già tutto  il  mio dramma; il segreto che di cosa in cosa triste mi aveva
mi pareva che egli indovinasse già tutto il mio dramma;  il  segreto che di cosa in cosa triste mi aveva condotto fino a
coi mietitori; non accusavo nessuno: forse avevo perduto  il  portafoglio. Fermi al chiaro di luna in quella strada
che conduceva al luogo del mio sogno e del mio dolore,  il  Commissario ed io gesticolavamo parlando secondo il metodo
dolore, il Commissario ed io gesticolavamo parlando secondo  il  metodo che m'avevano insegnato nell'Istituto e che egli
BORTONE  IL  CODICE DELLA CORTESIA ITALIANA IL PlÚ COMPLETO - IL PIÚ
BORTONE IL CODICE DELLA CORTESIA ITALIANA  IL  PlÚ COMPLETO - IL PIÚ AGGIORNATO IX EDIZIONE TORINO SOCIETÀ
BORTONE IL CODICE DELLA CORTESIA ITALIANA IL PlÚ COMPLETO -  IL  PIÚ AGGIORNATO IX EDIZIONE TORINO SOCIETÀ EDITRICE
ora e mezzo dopo, la chiave stride nella toppa e  il  bidello, dall'uscio semiaperto, dice: — La vuole il
toppa e il bidello, dall'uscio semiaperto, dice: — La vuole  il  direttore. Il direttore, seduto dietro la sua scrivania,
dall'uscio semiaperto, dice: — La vuole il direttore.  Il  direttore, seduto dietro la sua scrivania, gli accennò d'
testa bassa stette a sentire la benevola paternale con cui  il  buon vecchio intendeva persuaderlo che certe bizzarie
fatte poc'anzi, e non sapeva come confessarle. Intanto  il  bidello aveva portato un vassoio con due tazze, una cuccuma
un vassoio con due tazze, una cuccuma e dei biscotti; e  il  direttore, versato il cioccolatte, diceva a Dino : — Non
tazze, una cuccuma e dei biscotti; e il direttore, versato  il  cioccolatte, diceva a Dino : — Non hai fatto colazione;
Non hai fatto colazione; prendi, intingivi questi biscotti.  Il  bambino questo poi non se l'aspettava davvero.
voce piagnucolosa biascicò : — Ma... ho fatto le firme !  Il  direttore, distratto, non capì, e soggiunse : — Intingi i
capì, e soggiunse : — Intingi i biscotti. Poteva insistere  il  povero Dino? E intinse i biscotti, e prese la tazza di
cioccolatte, dimenticando rimorsi, discolerie e ogni cosa.  Il  direttore lo aveva licenziato, ma Dino non si muoveva. —
dalla cioccolatte e dai biscotti. Neppure questa volta  il  direttore badò alla confessione e andò a ripresentarlo al