Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Sorveglianza Urbana ha pure sei Mandamenti, ai quali  il  forestiere potrà rivolgersi per quanto gli verrà ad
o per reclami dipendenti da servizi di spettanza civica.  Il  primo Mandamento è posto in via San Simpliciano n. 5 _ il
Il primo Mandamento è posto in via San Simpliciano n. 5 _  il  secondo via Case Rotte n. 4 _ il terzo via Durini n. 19 _
via San Simpliciano n. 5 _ il secondo via Case Rotte n. 4 _  il  terzo via Durini n. 19 _ il quarto via Sant'Eufemia n. 14 _
secondo via Case Rotte n. 4 _ il terzo via Durini n. 19 _  il  quarto via Sant'Eufemia n. 14 _ il quinto Piazza Vetra n. 9
terzo via Durini n. 19 _ il quarto via Sant'Eufemia n. 14 _  il  quinto Piazza Vetra n. 9 _ il sesto via Terraggio n. 2.
via Sant'Eufemia n. 14 _ il quinto Piazza Vetra n. 9 _  il  sesto via Terraggio n. 2.
farlo addormentare. Io mi sforzerò di stare più sveglia.  IL  MINISTRO: Sarà impossibile, Maestà! (Il Re sbadiglia più a
(Il Re sbadiglia più a lungo.) LA REGINA DORMIGLIA: Se  il  Mago compisse il portento! Renccio e Reginotta sono il
più a lungo.) LA REGINA DORMIGLIA: Se il Mago compisse  il  portento! Renccio e Reginotta sono il nostro gran dolore.
Se il Mago compisse il portento! Renccio e Reginotta sono  il  nostro gran dolore. Dicono che la colpa è mia, perché
quando stava per nascere desiderai una rapa, e mi grattai  il  capo, e per ciò il Reuccio nacque con quella testa! Non è
nascere desiderai una rapa, e mi grattai il capo, e per ciò  il  Reuccio nacque con quella testa! Non è vero! Non è vero! E
di Milano _ La Perseveranza _ La Gazzetta di Milano _  Il  Secolo _ Il Pungolo _ Il Corriere di Milano _ Il Sole, nche
_ La Perseveranza _ La Gazzetta di Milano _ Il Secolo _  Il  Pungolo _ Il Corriere di Milano _ Il Sole, nche commerciale
_ La Gazzetta di Milano _ Il Secolo _ Il Pungolo _  Il  Corriere di Milano _ Il Sole, nche commerciale _ L'Unità
Milano _ Il Secolo _ Il Pungolo _ Il Corriere di Milano _  Il  Sole, nche commerciale _ L'Unità Italiana _ Il Gazzettino
di Milano _ Il Sole, nche commerciale _ L'Unità Italiana _  Il  Gazzettino Rosa. _ uesti giornali si ponilo comperare
 il  Re! Viva il Re! (L'operazione continua, e sembra non debba
il Re! Viva  il  Re! (L'operazione continua, e sembra non debba terminare
continua, e sembra non debba terminare più! E, intanto,  il  corpo del Re si va di mano in mano sgonfiando.)
 Il  due dicembre il despota della Senna, l’Imperatore-menzogna,
due dicembre  il  despota della Senna, l’Imperatore-menzogna,
 Il  mago Sbuffante ha minor potere di me! È il suo castigo.
mago Sbuffante ha minor potere di me! È  il  suo castigo. Dona un fiore, e vuole un giardino; salva una
salva una vita e ne sopprime cento ... Io, no! Io faccio  il  bene per il bene! ... (Lanciando un'occhiata alle
vita e ne sopprime cento ... Io, no! Io faccio il bene per  il  bene! ... (Lanciando un'occhiata alle Cameriere.) Ma so
un gesto di nausea ed esce, seguita dalle Dame.) (Entra  il  Re, dondolando il pancione e passandosi la lingua su le
ed esce, seguita dalle Dame.) (Entra il Re, dondolando  il  pancione e passandosi la lingua su le labbra. Va subito a
nella poltrona, e infila una punta del tovagliolo tra  il  collo e la camicia. Il Ministro attende l'ordine di
infila una punta del tovagliolo tra il collo e la camicia.  Il  Ministro attende l'ordine di sedersi.)
come  il  Reuccio): Ha detto: Non svegliate il can che dorme!
come il Reuccio): Ha detto: Non svegliate  il  can che dorme!
da questo fatto., Essendo morto un povero, e non volendo  il  parroco di San Tomaso dargli sepoltura, se prima la moglie
Tomaso dargli sepoltura, se prima la moglie non gli pagasse  il  dovuto; la donna, disperata di non avere, nè trovare il
il dovuto; la donna, disperata di non avere, nè trovare  il  denaro, diede in alti lamenti. Passò in quel mentre il duca
il denaro, diede in alti lamenti. Passò in quel mentre  il  duca Giovan_Maria Visconti, il quale, udito il motivo di
Passò in quel mentre il duca Giovan_Maria Visconti,  il  quale, udito il motivo di quelle strida, comandò che il
quel mentre il duca Giovan_Maria Visconti, il quale, udito  il  motivo di quelle strida, comandò che il parroco non solo
il quale, udito il motivo di quelle strida, comandò che  il  parroco non solo desse sepoltura gratis l morto, ma fosse,
non vi fu prece peroratrice, nè pianto capace a far muovere  il  duca. Vuolsi che il parroco, calandosi nella fossa, andasse
nè pianto capace a far muovere il duca. Vuolsi che  il  parroco, calandosi nella fossa, andasse altamente
brutta più del peccato mortale. Campavan la vita infornando  il  pane della gente, e Tizzoncino, come la chiamavano, era
scaldate l'acqua! Ehi, impastate! - Poi, coll'asse sotto  il  braccio e la ciambellina sul capo, andava di qua e di là a
del naso. D'inverno, passava ... Ma d'estate, quando tutto  il  vicinato si godeva il fresco e il lume di luna? O che eran
passava ... Ma d'estate, quando tutto il vicinato si godeva  il  fresco e il lume di luna? O che eran matte, mamma e
Ma d'estate, quando tutto il vicinato si godeva il fresco e  il  lume di luna? O che eran matte, mamma e figliuola, a
in casa con quel po' di caldo? ... Le vicine si stillavano  il  cervello. - O fornaie, venite fuori al fresco, venite! - Si
Regina se Dio vuole! La cosa giunse all'orecchio del Re.  Il  Re montò sulle furie e mandò a chiamare le fornaie. -
se seguiti, ti faccio buttare in fondo a un carcere, te e  il  tuo Tizzoncino! - Maestà, non è vero nulla. Le vicine sono
mamma e figliuola. Ma la notte, dalle fessure dell'uscio  il  custode vedeva in quella stanzaccia un grande splendore,
l'uovo. Le sue risate risonavano per tutta la prigione.  Il  custode andò dal Re e gli riferì ogni casa. Il Re montò
la prigione. Il custode andò dal Re e gli riferì ogni casa.  Il  Re montò sulle furie peggio di prima. - La intendono in tal
- Spera di sole, Spera di sole, sarai Regina se Dio vuole!  Il  custode tornò dal Re, e gli riferì ogni cosa. Il Re, questa
Dio vuole! Il custode tornò dal Re, e gli riferì ogni cosa.  Il  Re, questa volta, rimase stupito. Radunò il Consiglio della
ogni cosa. Il Re, questa volta, rimase stupito. Radunò  il  Consiglio della Corona: e i consiglieri chi voleva che alle
sarebbe stato buono d'impedirlo. - Già! Era proprio così.  Il  Re ordinò di scarcerarle Le fornaie ripresero il loro
così. Il Re ordinò di scarcerarle Le fornaie ripresero  il  loro mestiere. Non avevan le pari nel cuocere il pane
ripresero il loro mestiere. Non avevan le pari nel cuocere  il  pane appuntino, e le vecchie avventore tornarono subito.
tornarono subito. Perfin la Regina volle infornare  il  pane da loro; il Tizzoncino così saliva spesso le scale del
subito. Perfin la Regina volle infornare il pane da loro;  il  Tizzoncino così saliva spesso le scale del palazzo reale,
perché non ti pettini? - Maestà, ho i capelli sottili, e  il  pettine me li strapperebbe. - Tizzoncino, perché non ti
quella storia. Le vicine, dalla curiosità, si rodevano  il  fegato. E appena vedevano quello splendore che abbagliava e
appena vedevano quello splendore che abbagliava e sentivano  il  ritornello della vecchia, via, tutte dietro l'uscio: non
anche alle orecchie del Reuccio, che aveva già sedici anni.  Il  Reuccio era un gran superbo. Quando incontrava per le scale
a casa piangendo. - Che cosa è stato, figliuola mia? -  Il  Reuccio mi ha sputato addosso. - Sia fatta la volontà di
mi ha sputato addosso. - Sia fatta la volontà di Dio!  Il  Reuccio è padrone. Le vicine gongolavano: - Il Reuccio gli
di Dio! Il Reuccio è padrone. Le vicine gongolavano: -  Il  Reuccio gli aveva sputato addosso; le stava bene a Spera di
addosso; le stava bene a Spera di sole Un altro giorno  il  Reuccio la incontrò sul pianerottolo. Gli parve che
tutte intrise di polvere, tutte sformate, chi avrebbe avuto  il  coraggio di riportarle alla Regina? Tizzoncino tornò a casa
e rammaricandosi. - Che cosa è stato, figliuola mia? -  Il  Reuccio mi ha tirato un calcio e mi ha rovesciato ogni
mi ha rovesciato ogni cosa. - Sia fatta la volontà di Dio:  il  Reuccio è padrone. Le vicine non capivano nella pelle
Le vicine non capivano nella pelle dall'allegrezza. -  Il  Reuccio gli aveva menato un calcio: le stava bene a Spera
gli aveva menato un calcio: le stava bene a Spera di sole  Il  Reuccio pochi anni dopo pensò di prender moglie e mandò a
troppo tardi: la figliuola del Re di Spagna s'era maritata  il  giorno avanti. Il Reuccio volea impiccato l'ambasciatore.
figliuola del Re di Spagna s'era maritata il giorno avanti.  Il  Reuccio volea impiccato l'ambasciatore. Ma questi gli provò
nel viaggio mezza giornata di meno degli altri. Allora  il  Reuccio lo mandò a domandare la figliuola del Re di
troppo tardi: la figliuola del Re di Francia s'era maritata  il  giorno avanti. Il Reuccio volea ad ogni costo impiccato
del Re di Francia s'era maritata il giorno avanti.  Il  Reuccio volea ad ogni costo impiccato quel traditore che
spesa nel viaggio una giornata di meno degli altri. Allora  il  Reuccio lo mandava dal Gran Turco per la sua figliuola. Ma
troppo tardi: la figliuola del Gran Turco s'era maritata  il  giorno avanti. Il Reuccio non sapea darsi pace; piangeva.
figliuola del Gran Turco s'era maritata il giorno avanti.  Il  Reuccio non sapea darsi pace; piangeva. Il Re, la Regina,
giorno avanti. Il Reuccio non sapea darsi pace; piangeva.  Il  Re, la Regina, tutti i ministri gli stavano attorno: -
la figliuola del Re d'Inghilterra: si mandasse per lei.  Il  povero ambasciatore partì come una saetta, camminando
Anche la figlia del Re d'Inghilterra s'era maritata  il  giorno avanti. Figuriamoci il Reuccio! Un giorno, per
d'Inghilterra s'era maritata il giorno avanti. Figuriamoci  il  Reuccio! Un giorno, per distrarsi, se n'andò a caccia.
- Ah, finalmente sei arrivato! A quella voce grossa grossa,  il  Reuccio sentì accapponarsi la pelle. - Brav'uomo, non vi
accapponarsi la pelle. - Brav'uomo, non vi conosco; io sono  il  Reuccio. - Reuccio o non Reuccio, prendi quella scure e
Reuccio, prendi quella scure e spaccami un po' di legna.  Il  Reuccio, per timore di peggio, gli spaccava la legna. -
- Reuccio o non Reuccio, vai per l'acqua alla fontana.  Il  Reuccio, per timore di peggio, prendeva l'orcio sulle
alla fontana. - Reuccio o non Reuccio, servimi a tavola. E  il  Reuccio, per timore di peggio, lo servì a tavola.
per timore di peggio, lo servì a tavola. All'ultimo  il  vecchio gli diè quel che era avanzato. - Buttati lì; è il
il vecchio gli diè quel che era avanzato. - Buttati lì; è  il  tuo posto. Il povero Reuccio si accovacciò su quel po' di
diè quel che era avanzato. - Buttati lì; è il tuo posto.  Il  povero Reuccio si accovacciò su quel po' di strame in un
strame in un canto, ma non poté dormire. Quel vecchio era  il  Mago, padrone del bosco. Quando andava via, stendeva
via, stendeva attorno alla casa una rete incantata, e  il  Reuccio rimaneva in tal modo suo prigioniero e suo schiavo.
rimaneva in tal modo suo prigioniero e suo schiavo. Intanto  il  Re e la Regina lo piangevano per morto e portavano il
il Re e la Regina lo piangevano per morto e portavano  il  lutto. Ma un giorno, non si sa come, arrivò la notizia che
lutto. Ma un giorno, non si sa come, arrivò la notizia che  il  Reuccio era schiavo del Mago. Il Re spedì subito i suoi
arrivò la notizia che il Reuccio era schiavo del Mago.  Il  Re spedì subito i suoi corrieri: - Tutte le ricchezze del
corrieri: - Tutte le ricchezze del regno, se gli rilasciava  il  figliuolo! - Sono più ricco di lui! A questa risposta del
grande. Spedì daccapo i corrieri: - Che voleva? Parlasse:  il  Re avrebbe dato anche il sangue delle sue vene. - Una
corrieri: - Che voleva? Parlasse: il Re avrebbe dato anche  il  sangue delle sue vene. - Una pagnotta e una stiacciata,
stiacciata, impastate, infornate di mano della Regina, e  il  Reuccio sarà libero. - Oh, questo era nulla! La Regina
la impastò, fece la pagnotta e la stiacciata, scaldò  il  forno di sua mano e le infornò. Ma non era pratica;
pagnotta e stiacciata furono abbruciacchiate. Quando  il  Mago le vide, arricciò il naso: - Buone pei cani. E le
furono abbruciacchiate. Quando il Mago le vide, arricciò  il  naso: - Buone pei cani. E le buttò al suo mastino. La
ne fece un'altra pagnotta e un'altra stiacciata. Poi scaldò  il  forno di sua mano e le infornò. Ma non era pratica. La
La pagnotta e la stiacciata riusciron mal cotte. Quando  il  Mago le vide, arricciò il naso: - Buone pei cani. E le
riusciron mal cotte. Quando il Mago le vide, arricciò  il  naso: - Buone pei cani. E le buttò al mastino. La Regina
cani. E le buttò al mastino. La Regina provò, riprovò; ma  il  suo pane riusciva sempre o troppo o poco cotto; e intanto
suo pane riusciva sempre o troppo o poco cotto; e intanto  il  povero Reuccio restava schiavo del Mago. Il Re adunò il
e intanto il povero Reuccio restava schiavo del Mago.  Il  Re adunò il Consiglio di Ministri. - Sacra Maestà - disse
il povero Reuccio restava schiavo del Mago. Il Re adunò  il  Consiglio di Ministri. - Sacra Maestà - disse uno dei
- Sacra Maestà - disse uno dei Ministri - proviamo se  il  Mago è indovino. La Regina staccerà la farina, la
impasterà, farà la pagnotta e la stiacciata; per scaldare  il  forno ed infornare chiameremo Tizzoncino! - Bene!
chiameremo Tizzoncino! - Bene! Benissimo! E così fecero. Ma  il  Mago arricciò il naso: - Pagnottaccia, stiacciataccia Via,
- Bene! Benissimo! E così fecero. Ma il Mago arricciò  il  naso: - Pagnottaccia, stiacciataccia Via, lavatevi la
che ci avea messo le mani Tizzoncino. - Allora - disse  il  ministro - non c'è che un rimedio. - Quale? - domandò il
il ministro - non c'è che un rimedio. - Quale? - domandò  il  Re. - Sposare il Reuccio con Tizzoncino. Così il Mago avrà
non c'è che un rimedio. - Quale? - domandò il Re. - Sposare  il  Reuccio con Tizzoncino. Così il Mago avrà il pane
- domandò il Re. - Sposare il Reuccio con Tizzoncino. Così  il  Mago avrà il pane stacciato, impastato, infornato dalle
Re. - Sposare il Reuccio con Tizzoncino. Così il Mago avrà  il  pane stacciato, impastato, infornato dalle mani della
stacciato, impastato, infornato dalle mani della Regina, e  il  Reuccio sarà liberato. - É proprio la volontà di Dio -
sarà liberato. - É proprio la volontà di Dio - disse  il  Re. - Spera di sole, Spera di sole, sarai Regina se Dio
di sole, Spera di sole, sarai Regina se Dio vuole! E fece  il  decreto reale, che dichiarava il Reuccio e Tizzoncino
se Dio vuole! E fece il decreto reale, che dichiarava  il  Reuccio e Tizzoncino marito e moglie. Il Mago ebbe la
che dichiarava il Reuccio e Tizzoncino marito e moglie.  Il  Mago ebbe la pagnotta e la stiacciata, stacciate, impastate
stacciate, impastate e infornate dalle mani della Regina, e  il  Reuccio fu messo in libertà. Veniamo intanto a lui, che di
di fornaia Regina? - Ma c'è un decreto reale ... - Sì?  Il  Re lo ha fatto, e il Re può disfarlo! Tizzoncino, diventata
- Ma c'è un decreto reale ... - Sì? Il Re lo ha fatto, e  il  Re può disfarlo! Tizzoncino, diventata Reginotta, era
reale. Ma non s'era voluta lavare, né pettinare, né mutarsi  il  vestito, né mettersi un paio di scarpe: - Quando verrà il
il vestito, né mettersi un paio di scarpe: - Quando verrà  il  Reuccio, allora mi ripulirò. Era possibile? E aspettava,
Era possibile? E aspettava, chiusa nella sua camera, che  il  Reuccio andasse a trovarla. Ma non c'era verso di
- Verrà, non dubitate; verrà. - Verrò? Guarda come verrò!  Il  Reuccio, perduto il lume degli occhi e colla sciabola in
verrà. - Verrò? Guarda come verrò! Il Reuccio, perduto  il  lume degli occhi e colla sciabola in pugno, correva verso
Tizzoncino: volea tagliarle la testa. L'uscio era chiuso.  Il  Reuccio guardò dal buco della serratura e la sciabola gli
s'abbracciarono. Quella sera si fecero gli sponsali, e  il  Reuccio e Tizzoncino vissero a lungo, felici e contenti ...
 Il  Ministro e Detti. Poi il Reuccio Rapa, la Reginotta Mela e
Ministro e Detti. Poi  il  Reuccio Rapa, la Reginotta Mela e le Cameriere.
 il  Re, la Regina e il Primo Ministro. Il Re, grigio di capelli
il Re, la Regina e  il  Primo Ministro. Il Re, grigio di capelli e di barba, con
il Re, la Regina e il Primo Ministro.  Il  Re, grigio di capelli e di barba, con occhi ammammolati,
la Regina, un po' insonnolita anche lei, gli siede accanto.  Il  Ministro resta in piedi a riguardosa distanza.
racconta che c'era una volta un Re,  il  quale avea dietro il palazzo reale un magnifico giardino.
racconta che c'era una volta un Re, il quale avea dietro  il  palazzo reale un magnifico giardino. Non vi mancava albero
un magnifico giardino. Non vi mancava albero di sorta; ma  il  più raro e il più pregiato, era quello che produceva le
giardino. Non vi mancava albero di sorta; ma il più raro e  il  più pregiato, era quello che produceva le arance d'oro.
le arance d'oro. Quando arrivava la stagione delle arance,  il  Re vi metteva a guardia una sentinella notte e giorno; e
Lo scacciai anche di lì, e appena cessava di cantare,  il  mio sonno svaniva. Ma si posò in cima all'albero, e canta,
all'albero, e canta, canta, canta ..., ho dormito finora!  Il  Re non gli fece nulla. Alla nuova stagione, incaricò della
gli fece nulla. Alla nuova stagione, incaricò della guardia  il  Reuccio in persona. Una mattina va in giardino e trova il
il Reuccio in persona. Una mattina va in giardino e trova  il  Reuccio addormentato. Guarda l'albero ...; le arance d'oro
traditore, col Reuccio non ti giova! Ed esso a canzonarmi:  il  Reuccio dorme! il Reuccio dorme! Cardellino traditore, col
non ti giova! Ed esso a canzonarmi: il Reuccio dorme!  il  Reuccio dorme! Cardellino traditore, col Reuccio non ti
traditore, col Reuccio non ti giova! Ed esso a canzonarmi:  il  Reuccio fa la nanna! il Reuccio fa la nanna! E canta,
non ti giova! Ed esso a canzonarmi: il Reuccio fa la nanna!  il  Reuccio fa la nanna! E canta, canta, canta ..., ho dormito
fa la nanna! E canta, canta, canta ..., ho dormito finora!  Il  Re volle provarsi lui stesso; e arrivata la stagione si
mise a far la guardia. Quando le arance furon mature, ecco  il  cardellino che si posa sopra un ramo, e comincia a cantare.
cardellino che si posa sopra un ramo, e comincia a cantare.  Il  Re avrebbe voluto tirargli, ma faceva buio come in una
non ti giova! - Ma durava fatica a tener aperti gli occhi.  Il  cardellino cominciò a canzonarlo: - Pss! Pss! Il Re dorme!
gli occhi. Il cardellino cominciò a canzonarlo: - Pss! Pss!  Il  Re dorme! Pss! Pss! Il Re dorme! E canta, canta, canta, il
cominciò a canzonarlo: - Pss! Pss! Il Re dorme! Pss! Pss!  Il  Re dorme! E canta, canta, canta, il Re s'addormentava
Il Re dorme! Pss! Pss! Il Re dorme! E canta, canta, canta,  il  Re s'addormentava peggio d'un ghiro anche lui. La mattina
la mano della Reginotta, e in men di tre giorni l'avrete.  Il  Re lo prese per le spalle, e lo messe fuor dell'uscio. Il
Il Re lo prese per le spalle, e lo messe fuor dell'uscio.  Il  giorno appresso quegli tornò: - Maestà, lo volete davvero
la mano della Reginotta, e in men di tre giorni l'avrete.  Il  Re lo prese per le spalle, gli diè una pedata e lo messe
spalle, gli diè una pedata e lo messe fuor dell'uscio. Ma  il  giorno appresso, quello, cocciuto, ritornava: - Maestà, lo
quello, cocciuto, ritornava: - Maestà, lo volete davvero  il  cardellino? Promettetemi la mano della Reginotta, e in men
la mano della Reginotta, e in men di tre giorni l'avrete.  Il  Re, stizzito, chiamò una guardia e lo fece condurre in
mettersi d'accordo con quel contadinotto. - Portami vivo  il  cardellino e la Reginotta sarà tua. - Maestà, fra tre
di ritorno. - Maestà, eccolo qui. La Reginotta ora è mia.  Il  Re si fece scuro. Doveva dare la Reginotta a quello
Ma quanto alla Reginotta, nettati la bocca. - Maestà,  il  patto fu questo. - Vuoi delle gioie? Vuoi dell'oro? -
- Tenetevi ogni cosa. Sarà quel che sarà! E andò via.  Il  Re disse al cardellino: - Ora che ti ho tra le mani, ti vo'
cardellino: - Ora che ti ho tra le mani, ti vo' martoriare.  Il  cardellino strillava, sentendosi strappare le penne ad una
sono riposte dentro la Grotta delle sette porte. Ma c'è  il  mercante, col berrettino rosso, che fa la guardia. Bisogna
col berrettino rosso, che fa la guardia. Bisogna sapere  il  motto; e lo sanno due soli: il mercante e quel contadino
la guardia. Bisogna sapere il motto; e lo sanno due soli:  il  mercante e quel contadino che mi ha preso. Il Re mandò a
due soli: il mercante e quel contadino che mi ha preso.  Il  Re mandò a chiamare il contadino. - Facciamo un altro
e quel contadino che mi ha preso. Il Re mandò a chiamare  il  contadino. - Facciamo un altro patto. Vorrei entrare nella
Vorrei entrare nella Grotta delle sette porte, e non so  il  motto. Se me lo sveli, la Reginotta sarà tua. - Parola di
sarà tua. - Parola di Re? - Parola di Re! - Maestà,  il  motto è questo: "Secca risecca! Apriti, Cecca." - Va bene.
motto è questo: "Secca risecca! Apriti, Cecca." - Va bene.  Il  Re andò, disse il motto, e la Grotta s'aperse. Il contadino
risecca! Apriti, Cecca." - Va bene. Il Re andò, disse  il  motto, e la Grotta s'aperse. Il contadino rimase fuori ad
Va bene. Il Re andò, disse il motto, e la Grotta s'aperse.  Il  contadino rimase fuori ad attenderlo. In quella grotta i
i diamanti, sempre a mucchi, eran più grossi e più belli.  Il  Re si vuotava le tasche, e tornava a riempirsele di questi.
arance d'oro del giardino reale. C'era lì una bisaccia, e  il  Re la colmò. Or che sapeva il motto, vi sarebbe ritornato
C'era lì una bisaccia, e il Re la colmò. Or che sapeva  il  motto, vi sarebbe ritornato più volte. Uscito fuor della
Uscito fuor della Grotta, colla bisaccia in collo, trovò  il  contadino che lo attendeva. - Maestà, la Reginotta ora è
che lo attendeva. - Maestà, la Reginotta ora è mia.  Il  Re si fece scuro. Dovea dare la Reginotta a quello
- Maestà, e la vostra parola? - Le parole se le porta  il  vento. - Quando sarete al palazzo ve ne accorgerete.
sarete al palazzo ve ne accorgerete. Arrivato al palazzo,  il  Re mette giù la bisaccia e fa di vuotarla. Ma invece di
Ah! quel pezzo di contadinaccio gliel'avea fatta! Ma  il  cardellino la pagava. E tornò a martoriarlo. - Dove sono le
bisogna conoscere un altro motto, e lo sanno due soli:  il  mercante e quel contadino che mi ha preso. Il Re lo mandò a
due soli: il mercante e quel contadino che mi ha preso.  Il  Re lo mandò a chiamare: - Facciamo un altro patto. Dimmi il
Il Re lo mandò a chiamare: - Facciamo un altro patto. Dimmi  il  motto per riprendere le arance e la Reginotta sarà tua. -
sarà tua. - Parola di Re? - Parola di Re! - Maestà  il  motto è questo: "Ti sto addosso: Dammi l'osso." - Va bene.
motto è questo: "Ti sto addosso: Dammi l'osso." - Va bene.  Il  Re andava e ritornava più volte colla bisaccia colma, e
a palazzo tutte le arance d'oro. Allora si presentò  il  contadino: - Maestà, la Reginotta ora è mia. Il Re si fece
si presentò il contadino: - Maestà, la Reginotta ora è mia.  Il  Re si fece scuro. Dovea dare la Reginotta a quello
Dovea dare la Reginotta a quello zoticone? - Quello è  il  tesoro reale: prendi quello che ti piace. Quanto alla
nettati la bocca. - Non se ne parli più. E andò via. Da che  il  cardellino era in gabbia, le arance d'oro restavano
- Figliuola mia, prendilo pure; ma bada che non ti scappi.  Il  cardellino nella camera della Reginotta non cantava più. -
non cantava più. - Cardellino, perché non canti più? - Ho  il  mio padrone che piange. - E perché piange? - Perché non ha
tanto, E le fatiche mie son sparse al vento." - Chi è  il  tuo padrone? Quello zotico? - Quello zotico, Reginotta, è
- Lo giurate? - Lo giuro. E gli aperse la gabbia. Ma  il  cardellino non tornò. Una volta il Re domandò alla
gli aperse la gabbia. Ma il cardellino non tornò. Una volta  il  Re domandò alla Reginotta: - O il cardellino non canta più?
non tornò. Una volta il Re domandò alla Reginotta: - O  il  cardellino non canta più? É un bel pezzo che non lo sento.
un bel pezzo che non lo sento. - Maestà, è un po' malato. E  il  Re s'acchetò. Intanto la povera Reginotta viveva in
Reginotta viveva in ambascia: - Cardellino traditore, te e  il  tuo padrone! E come s'avvicinava la stagione delle arance,
la stagione delle arance, pel timore del babbo,  il  cuore le diventava piccino piccino. Intanto venne un
ambasciatore del Re di Francia che la chiedeva per moglie.  Il  padre ne fu lieto oltremodo, e rispose subito di sì. Ma la
e non potea più ritirarla? - Maestà, le parole se le porta  il  vento. Il Re non lo potevan trattenere: schizzava fuoco
più ritirarla? - Maestà, le parole se le porta il vento.  Il  Re non lo potevan trattenere: schizzava fuoco dagli occhi.
- Non lo voglio! Non lo voglio! Vo' rimanere ragazza.  Il  peggio fu quando il Re di Francia mandò a dire che fra otto
Non lo voglio! Vo' rimanere ragazza. Il peggio fu quando  il  Re di Francia mandò a dire che fra otto giorni arrivava.
- Di' di sì, o ti faccio affogare! E la Reginotta zitta.  Il  Re la calò fino a metà. - Di' di sì, o ti faccio affogare!
- Di' di sì, o ti faccio affogare! E la Reginotta zitta.  Il  Re la calava più giù, dentro l'acqua; le restava fuori
acqua. La Reginotta piangeva: - Cardellino traditore, te e  il  tuo padrone! Per mantenere la parola ora patisco tanti
padrone! Per mantenere la parola ora patisco tanti guai!  Il  Re di Francia arrivò con un gran seguito, e prese alloggio
Non vuol farsi vedere? - Maestà, è un po' indisposta.  Il  Re non sapeva che rispondere, imbarazzato. - Portatele
curarsi d'aprirlo. E piangeva. - Cardellino traditore, te e  il  tuo padrone! - Non siamo traditori, né io, né il mio
te e il tuo padrone! - Non siamo traditori, né io, né  il  mio padrone. Sentendosi rispondere dallo scatolino, la
Quante lagrime ho sparse. - La tua Sorte volea così. Ora  il  destino è compito. Sua Maestà, conosciuto chi era quel
le diè in dote l'albero che produceva le arance d'oro, e  il  giorno appresso la Reginotta sposò il Re di Francia. E noi
le arance d'oro, e il giorno appresso la Reginotta sposò  il  Re di Francia. E noi restiamo a grattarci la pancia.
pace sia con voi"; non è quindi propriamente un nome, bensì  il  curioso ed allusivo pseudonimo di Schalòm Rabinovic, ebreo
una tale somma di esperienze umane da diventare poi  il  più popolare degli scrittori in lingua yiddisch della sua
degli scrittori in lingua yiddisch della sua generazione.  Il  suo tema è limitato: l' ebraismo orientale alla svolta del
peculiari) i grandi fermenti moderni, l' illuminismo,  il  socialismo, il nazionalismo, il naturalismo, l'
i grandi fermenti moderni, l' illuminismo, il socialismo,  il  nazionalismo, il naturalismo, l' espressionismo. La storia
moderni, l' illuminismo, il socialismo, il nazionalismo,  il  naturalismo, l' espressionismo. La storia di Tewje il
il naturalismo, l' espressionismo. La storia di Tewje  il  lattivendolo è il suo capolavoro: ne riporto il primo
l' espressionismo. La storia di Tewje il lattivendolo è  il  suo capolavoro: ne riporto il primo capitolo, leggermente
di Tewje il lattivendolo è il suo capolavoro: ne riporto  il  primo capitolo, leggermente abbreviato. Siamo nella Russia
Si riempie la bocca con parole di rassegnazione,  il  suo nome (che è la forma yiddisch di Tobia) è quello di un
yiddisch di Tobia) è quello di un altro giusto che accetta  il  Male, ma non è un rassegnato. È rivelatrice, ed è un tratto
che, più avanti nel libro, quest' uomo pio proverà per  il  giovane rivoluzionario che sarà esiliato in Siberia con la
figlia. A modo suo, Tewje sente la spaccatura che divide  il  mondo, ed egli stesso è dolorosamente diviso; in quanto
stesso è dolorosamente diviso; in quanto ebreo diasporico ,  il  suo destino è la lacerazione. È russo per la vitalità
per le distinzioni ("fra l' uomo e la bestia", "fra  il  tempio e il bosco"), che è una garbata parodia del divieto
le distinzioni ("fra l' uomo e la bestia", "fra il tempio e  il  bosco"), che è una garbata parodia del divieto mosaico dei
sacerdote, ma insieme calza stivali, beve acquavite, frusta  il  suo povero cavallo, confitto nella miseria atavica delle
questa sua contraddizione, ci si arrovella intorno, cerca  il  giusto e il vero col coraggio strenuo dei patriarchi, e in
contraddizione, ci si arrovella intorno, cerca il giusto e  il  vero col coraggio strenuo dei patriarchi, e in essi, come i
continuità che solo la strage ha troncato. Non c' è più,  il  loico indomito, il savio arguto ("Dio stesso non può
la strage ha troncato. Non c' è più, il loico indomito,  il  savio arguto ("Dio stesso non può soffrire chi non ha
chi non ha quattrini. E perché? Perché, se Dio amasse  il  povero, il povero non sarebbe più povero"). Tewje non
ha quattrini. E perché? Perché, se Dio amasse il povero,  il  povero non sarebbe più povero"). Tewje non esiste più: lo
sarebbe più povero"). Tewje non esiste più: lo hanno ucciso  il  gas di Auschwitz e i Lager di Stalin.
in mente di lasciar presto Milano e di passare  il  luglio a Madesimo, ma conoscevo tanto il maestro Chieco e
e di passare il luglio a Madesimo, ma conoscevo tanto  il  maestro Chieco e tanto poco il Tirolo, che forse avrei
Madesimo, ma conoscevo tanto il maestro Chieco e tanto poco  il  Tirolo, che forse avrei mutato piano, se quella bestia,
a Milano neppur si fa un risotto senza 'il ragionàt',  il  ragioniere, mi avesse indicato meglio il suo Castello
'il ragionàt', il ragioniere, mi avesse indicato meglio  il  suo Castello Tonchino o Catino o Tapino e la via da tenere.
o Tapino e la via da tenere. La lettera, per verità, aveva  il  timbro di Trento, ma era poco. Mi stizzì e non ci pensai
pensai più. Otto giorni dopo ricevetti un'altra lettera con  il  timbro di Vezzano, dove una tale Purgher scriveva che il
il timbro di Vezzano, dove una tale Purgher scriveva che  il  signor maestro Chieco, alloggiato nel suo albergo, era
albergo, era pericolosamente ammalato e mi desiderava come  il  migliore dei suoi amici. La signora Purgher m'indicava di
avevo riconosciuto a destra la nuda montagna scoscesa sopra  il  mio capo, a sinistra il laghetto celeste ai miei piedi.
la nuda montagna scoscesa sopra il mio capo, a sinistra  il  laghetto celeste ai miei piedi. Scure collinette boscose lo
levavano altri monti di un verde più gaio; ma laggiù, verso  il  Garda, il cielo scendeva quasi fino alle ondicelle azzurre,
monti di un verde più gaio; ma laggiù, verso il Garda,  il  cielo scendeva quasi fino alle ondicelle azzurre, tutte
del gran lago marino invisibile a mezzogiorno. Vidi  il  pugno di terra, sporgente della riva, e sulla punta, il
il pugno di terra, sporgente della riva, e sulla punta,  il  castelluccio ritto e fiero come un falco. Al ponte delle
selvaggi, di piccoli pini imbozzacchiti. Ascendemmo lungo  il  giro del parapetto, sino all'andito male intagliato nella
campanili di Panama suonavano l'Ave-Maria, quando  il  conte di Ventimiglia, seguito dai suoi tre spadaccini, si
Juan de Sasebo, Consigliere dell'Udienza Reale. Dire che  il  corsaro fosse tranquillo sarebbe una bugia. Si sarebbe
faresti tu? - Io non metterei i piedi là dentro, - rispose  il  vecchio marinaio. - E se quel Consigliere fosse un
- E se quel Consigliere fosse un galantuomo? Uhm! - fece  il  guascone. - Io temo, signor conte, che vi sia sotto questo
affare un agguato. - Abbiamo le nostre spade, - rispose  il  signor di Ventimiglia. Entriamo. I due negri che guardavano
signor di Ventimiglia. Entriamo. I due negri che guardavano  il  portone, armati di alabarde, lasciarono loro libero il
il portone, armati di alabarde, lasciarono loro libero  il  passo, dopo d'aver chiamato una specie di maggiordomo che
specie di maggiordomo che vegliava alla base dello scalone.  Il  conte ed i suoi spadaccini furono subito introdotti nel
del Consigliere. Don Juan de Sascho stava seduto dietro  il  suo enorme scrittoio, fingendo di osservare delle
pergamene. - Ah! ... Siete voi, signore? disse, alzando  il  capo e fissando sul conte uno sguardo acutissimo. Avete
la vostra decisione? - Sí, signor Consigliere, - rispose  il  corsaro. - Accettate di tentare la liberazione del marchese
che la fanciulla è qui? - Non ve lo nego piú, - rispose  il  Consigliere. - Potrò dunque, prima d'imbarcarmi, vederla? -
che si trova presso la Punta Blanca. Non concederò quindi  il  permesso di andarla a vedere che a voi solo. - I miei
signore. - Io non mi fiderò che di voi solo, - rispose  il  Consigliere, con voce ferma. - Vi darò una guida, un uomo
- Vi darò una guida, un uomo dabbene e saldo di pugno,  il  quale veglierà su di voi. - E questi uomini? - Andranno
Ne avete arruolati altri? - No, signore, - rispose  il  Corsaro. - Ho pensato che è meglio essere in pochi e
la vostra impresa. I vostri uomini potranno aspettarvi là!  Il  conte si volse verso Mendoza: - Tu conosci quella località!
- Tu conosci quella località! - Sí, signore, - rispose  il  basco. - Vi raggiungerò il piú presto possibile. Il
- Sí, signore, - rispose il basco. - Vi raggiungerò  il  piú presto possibile. Il Consigliere aveva levato da un
rispose il basco. - Vi raggiungerò il piú presto possibile.  Il  Consigliere aveva levato da un cassetto una grossa borsa e
le prime spese. Gli altri li avrete quando avrete liberato  il  marchese. Il guascone fu lesto ad impadronirsi del piccolo
Gli altri li avrete quando avrete liberato il marchese.  Il  guascone fu lesto ad impadronirsi del piccolo tesoro. - Ora
del piccolo tesoro. - Ora andate voi ad aspettare  il  vostro capo, - disse il Consigliere. - State in guardia,
- Ora andate voi ad aspettare il vostro capo, - disse  il  Consigliere. - State in guardia, signor conte, - sussurrò
Consigliere. - State in guardia, signor conte, - sussurrò  il  guascone al corsaro. Il signor di Ventimiglia alzò
guardia, signor conte, - sussurrò il guascone al corsaro.  Il  signor di Ventimiglia alzò leggermente le spalle, dicendo a
tranquillità del conte, uscirono, accompagnati da un servo  il  quale pareva che li aspettasse nella stanza attigua. Il
il quale pareva che li aspettasse nella stanza attigua.  Il  Consigliere attese che il rumore dei passi fosse cessato,
aspettasse nella stanza attigua. Il Consigliere attese che  il  rumore dei passi fosse cessato, fingendo di osservare le
al solito, in una maniera assai goffa. - Emanuel, - disse  il  Consigliere indicandogli il conte, - condurrai questo
assai goffa. - Emanuel, - disse il Consigliere indicandogli  il  conte, - condurrai questo signore alla mia casetta della
señorita. Veglia su di lui. - Sí, Eccellenza, - rispose  il  bandito, il quale osservava di traverso il conte. La tua
Veglia su di lui. - Sí, Eccellenza, - rispose il bandito,  il  quale osservava di traverso il conte. La tua testa
- rispose il bandito, il quale osservava di traverso  il  conte. La tua testa risponderà della vita di questo
difenderla, Eccellenza. - Signore, potete andare, - disse  il  Consigliere al conte. Vi auguro di riuscire nella vostra
quattro giorni, spero di essere di ritorno con lui, rispose  il  signor di Ventimiglia. Salutò ed usci, seguito dal
di Ventimiglia. Salutò ed usci, seguito dal Valiente,  il  quale aveva strizzato l'occhio al Consigliere come per
parlava e parevano entrambi assai preoccupati, nondimeno  il  conte non sembrava che avesse qualche timore per quel
sobborghi, i quali si estendevano tutto intorno alla baia,  il  signor di Ventimiglia chiese al bandito. - Avremo da
delle vecchie caravelle ormai impotenti a tenere  il  mare. - Ma dov'è questa casa? - chiese il conte, dopo aver
a tenere il mare. - Ma dov'è questa casa? - chiese  il  conte, dopo aver costeggiato per qualche po' le dune di
che degli scafi semi-demoliti. - È piú innanzi, - rispose  il  bandito. - Dubitereste di me, signore? - Vi ho detto di no,
e adatto per le imboscate. - Corpo d'una bombarda! - gridò  il  bandito. - Vorreste offendermi? Badate che quantunque oggi
di gentiluomini. - Ciò non m'interessa affatto, - rispose  il  conte. - Come non v'interessa? - gridò il brigante,
- rispose il conte. - Come non v'interessa? - gridò  il  brigante, fermandosi di fronte ad un'alta duna, colla
mi pare? - O siete voi invece che la preparate? - chiese  il  Corsaro, facendo atto di snudare pure la sua spada. - Corpo
Ve lo dirò, quando vi avrò passata la mia spada attraverso  il  corpo. - Siete ben sicuro di riuscirvi? - chiese il conte
il corpo. - Siete ben sicuro di riuscirvi? - chiese  il  conte con calma. - Nessuno ha mai tenuto testa a El
con calma. - Nessuno ha mai tenuto testa a El Valiente. - È  il  vostro nome di battaglia? - Sí, signor mio. - Allora ti
a piegare le ginocchia dinanzi a me e domandarmi grazia.  Il  bandito proruppe in una risata fragorosa, mentre il conte,
grazia. Il bandito proruppe in una risata fragorosa, mentre  il  conte, che cominciava ad impazientirsi e che temeva di
- Io non ho mai avuto queste pessime abitudini, - rispose  il  signor di Ventimiglia. - Orsú finiamola, buffone. Ti darò
Orsú finiamola, buffone. Ti darò la lezione che tu meriti.  Il  bandito si tolse il sèrapè infioccato, uno nuovissimo che
Ti darò la lezione che tu meriti. Il bandito si tolse  il  sèrapè infioccato, uno nuovissimo che doveva aver comperato
per non esporsi al pericolo di dover indietreggiare verso  il  mare e cadervi dentro, poi trasse la sua spada, dicendo: -
conoscerla. - Basta, chiacchierone: veniamo ai fatti.  Il  conte si era messo rapidamente in guardia ed aveva fatto un
non dovevano avergli mandato un mediocre tiratore.  Il  Valiente infatti parò senza scomporsi. - Si vede che sei
parò senza scomporsi. - Si vede che sei forte, - disse  il  conte. - Questo non è ancora nulla, - rispose il bandito. -
- disse il conte. - Questo non è ancora nulla, - rispose  il  bandito. - Vedrete il seguito. Vorrei darvi un consiglio
Questo non è ancora nulla, - rispose il bandito. - Vedrete  il  seguito. Vorrei darvi un consiglio perché non vi tocchi di
qualche Ave Maria. - Comincia tu, intanto, - rispose  il  conte, il quale incalzava vivamente. - Non ne ho bisogno. -
Ave Maria. - Comincia tu, intanto, - rispose il conte,  il  quale incalzava vivamente. - Non ne ho bisogno. - Te ne
molto duro da smontare questo è vero, mio signore, - disse  il  bandito, il quale continuava ad indietreggiare,
da smontare questo è vero, mio signore, - disse il bandito,  il  quale continuava ad indietreggiare, avvicinandosi alla
alla duna. - Tuttavia spero di riuscirvi quando  il  vostro braccio darà qualche segno di stanchezza. - Allora
- Allora dovrai aspettare qualche ora. - Ah! Corpo ...  Il  conte gli aveva portato una stoccata proprio in mezzo al
in mezzo al petto, facendogli uno strappo sulla giacca.  Il  bandito si era salvato per miracolo, parando di terza e
- Ecco una botta magnifica e che non mi aspettavo, - disse  il  bandito. - Non vale però quella delle cento pistole. Chi
gli italiani. Oh li conosco io! - Allora para questa.  Il  conte pareva che avesse ormai completamente dimenticato il
Il conte pareva che avesse ormai completamente dimenticato  il  pericolo che poteva minacciarlo e che cominciasse a
quella terribile partita. Aveva data un'altra stoccata che  Il  Valiente era pure riuscito a parare appena a tempo. - Corpo
è piú solido di quanto supponevo. Stiamo in guardia.  Il  conte tornava alla carica, impaziente di stancarlo, prima
di stancarlo, prima di tentare qualche colpo decisivo.  Il  bandito però gli sfuggiva sempre, indietreggiando verso la
indietreggiando verso la duna. - Tu mi scappi, - disse  il  corsaro, incollerito. - Mostrami la tua valentia, restando
- Mostrami la tua valentia, restando sul posto.  Il  Valiente non rispose. Pareva che colla mano sinistra tesa
istanti ancora fu un continuo grandinare di colpi, poi  il  bandito fece un ultimo salto indietro che lo portò addosso
addosso alla duna. - Ora non mi scapperai piú! - gridò  il  conte. - Recita l'Ave Maria. - Eccola, - rispose il
- gridò il conte. - Recita l'Ave Maria. - Eccola, - rispose  il  bandito. Si era voltato con una mossa fulminea e raccolta
una grossa manata di sabbia l'aveva lanciata contro  il  viso del Corsaro, tentando di acceccarlo. - Bandito! - urlò
viso del Corsaro, tentando di acceccarlo. - Bandito! - urlò  il  conte, il quale, accortosi dell'intenzione del miserabile,
tentando di acceccarlo. - Bandito! - urlò il conte,  il  quale, accortosi dell'intenzione del miserabile, si era
- Non avrò alcuna misericordia di te! Attaccava nuovamente.  Il  Valiente ancora una volta sfuggí all'urto, saltando di
si abbassò tutto, raggomitolandosi quasi su se stesso. -  Il  colpo delle cento pistole, - disse il conte, mettendosi in
quasi su se stesso. - Il colpo delle cento pistole, - disse  il  conte, mettendosi in guardia di seconda. - Lo conosco,
conosco, miserabile, e non sarà la tua spada che mi passerà  il  petto. Il brigante mandò un vero ruggito. - Eppure bisogna
e non sarà la tua spada che mi passerà il petto.  Il  brigante mandò un vero ruggito. - Eppure bisogna che vi
mancassi all'impresa sarebbero capaci di farmi appiccare. -  Il  marchese di Montelimar! - gridò il conte. - Tu l'hai
di farmi appiccare. - Il marchese di Montelimar! - gridò  il  conte. - Tu l'hai veduto? - Come vedo voi ora. - Dove? -
- Tu menti! - Sarò un furfante, ma non un mentitore.  Il  marchese è qui, perché è scappato da Taroga. Badate! A sua
pesantemente fra le sabbie, mormorando: - Sono finito.  Il  conte aveva ritirata prontamente la spada. - L'hai voluto,
L'hai voluto, - gli disse. - Sono ... morto ... - barbugliò  il  miserabile. - Alzatemi ... la testa ... il sangue ... mi
... - barbugliò il miserabile. - Alzatemi ... la testa ...  il  sangue ... mi soffoca ... ve ne prego ... Il conte si curvò
la testa ... il sangue ... mi soffoca ... ve ne prego ...  Il  conte si curvò sul moribondo per alleviargli le sofferenze,
si sentí afferrare per una mano strettamente e colpire.  Il  bandito aveva estratto la misericordia ed aveva vibrato un
- disse con un soffìo di voce. - Canaglia! - aveva gridato  il  conte, sentendosi bagnare una mano da alcune goccie di
per ben due volte. Erano stoccate inutili, poiché  Il  Valiente era ormai morto. - Traditore! - mormorò il conte.
poiché Il Valiente era ormai morto. - Traditore! - mormorò  il  conte. - Marchese di Montelimar e anche voi, don Juan de
e anche voi, don Juan de Sasebo, me la pagherete. Si aprí  il  giustacuore, lacerò la camicia e si guardò la ferita.
la luna, poteva giudicare, anche senza torcia,  il  colpo vibratogli dal brigante. - Bah! - disse. - Non mi
lanterna: vedremo se si troveranno là. Si mise sulla ferita  il  fazzoletto per arrestare il sangue, si riabbottonò
là. Si mise sulla ferita il fazzoletto per arrestare  il  sangue, si riabbottonò strettamente il giustacuore, armò le
per arrestare il sangue, si riabbottonò strettamente  il  giustacuore, armò le pistole che portava nascoste sotto la
a seguire l'alta duna, senza nemmeno degnare d'uno sguardo  il  bandito. La notte era magnifica. L'oceano scintillava,
e dal largo soffiava una brezza fresca e vivificante.  Il  Corsaro, temendo che il bandito avesse dei compagni
una brezza fresca e vivificante. Il Corsaro, temendo che  il  bandito avesse dei compagni nascosti fra le dune,
avesse dei compagni nascosti fra le dune, affrettava  il  passo, tenendo la spada sguainata, per essere piú pronto a
la scogliera di ponente, scintillava vivamente, quindi  il  corsaro non poteva ingannarsi sulla direzione da tenere. Lo
sulla direzione da tenere. Lo inquietava però profondamente  il  dubbio che anche i suoi spadaccini fossero stati assaliti
mare. Alzò la voce: - Mendoza! Un triplice grido rispose: -  Il  signor conte! I tre spadaccini balzarono lestamente sopra
dune e lo raggiunsero. - Non siete stati assaliti? - chiese  il  conte, con stupore. - No, signore, - rispose il guascone. -
- chiese il conte, con stupore. - No, signore, - rispose  il  guascone. - Mi pare impossibile! - Eppure non abbiamo fatto
d'un colpo di misericordia che per poco non mi spaccava  il  cuore. Guardate! Si aprí il giustacuore e mostrò loro il
che per poco non mi spaccava il cuore. Guardate! Si aprí  il  giustacuore e mostrò loro il fazzoletto bagnato di sangue.
il cuore. Guardate! Si aprí il giustacuore e mostrò loro  il  fazzoletto bagnato di sangue. - Per la mia morte! - gridò
fazzoletto bagnato di sangue. - Per la mia morte! - gridò  il  guascone. - Me l'ero immaginato che vi avrebbero teso un
- Non mi pare. - È necessario medicarvi subito, - disse  il  guascone. - La fonda è troppo lontana, - disse il
- disse il guascone. - La fonda è troppo lontana, - disse  il  fiammingo. - V'è la lanterna, - rispose il guascone. -
lontana, - disse il fiammingo. - V'è la lanterna, - rispose  il  guascone. - Andiamo a chiedere ospitalità al guardiano. Se
strappava una manica della camicia, per arrestare al conte  il  sangue, il quale non cessava di sgorgare, i due
una manica della camicia, per arrestare al conte il sangue,  il  quale non cessava di sgorgare, i due avventurieri si
- Chi siete e che cosa volete? - Aprite subito, - rispose  il  guascone. - Abbiamo raccolto un naufrago e pare che stia
giú la porta. - Aspettate un momento. Mezzo minuto dopo  il  fanalista comparve, tenendo in mano una torcia. Era un
Che cosa volete dunque, voi? - chiese con voce brusca. -  Il  vostro letto, - rispose il guascone. - Ed io? - Andrete a
voi? - chiese con voce brusca. - Il vostro letto, - rispose  il  guascone. - Ed io? - Andrete a dormire a casa del diavolo,
spianò, udendo parlare di compensi. In quel momento giunse  il  conte, il quale s'appoggiava al braccio di Mendoza. - Dov'è
parlare di compensi. In quel momento giunse il conte,  il  quale s'appoggiava al braccio di Mendoza. - Dov'è questo
al braccio di Mendoza. - Dov'è questo naufrago? - chiese  il  guardiano del faro. - Eccolo, - rispose il guascone
- chiese il guardiano del faro. - Eccolo, - rispose  il  guascone indicandogli il conte. - Ma le sue vesti sono piú
del faro. - Eccolo, - rispose il guascone indicandogli  il  conte. - Ma le sue vesti sono piú asciutte delle mie! -
allora. - Basta, fate lume e guidateci nella vostra stanza.  Il  guardiano salí la scaletta, brontolando e si fermò al
questa torcia e tornate alla vostra lanterna, - disse  il  guascone. - Se avremo bisogno di voi vi chiameremo, e voi,
Pel momento la vostra spada non è necessaria. Mendoza ed  il  guascone tolsero al conte la giubba, il giustacuore e la
Mendoza ed il guascone tolsero al conte la giubba,  il  giustacuore e la camicia e osservarono attentamente la
e curare benissimo delle stoccate. Con un solo sguardo  il  basco ed il guascone s'avvidero che la lama della
benissimo delle stoccate. Con un solo sguardo il basco ed  il  guascone s'avvidero che la lama della misericordia non
di cinque o sei centimetri ed in prossimità del cuore.  Il  bandito aveva tirato giusto il suo colpo: se la sua mano
ed in prossimità del cuore. Il bandito aveva tirato giusto  il  suo colpo: se la sua mano fosse stata piú ferma avrebbe
se la sua mano fosse stata piú ferma avrebbe spacciato  il  conte. - Niente di grave, è vero, amico? - chiese il signor
il conte. - Niente di grave, è vero, amico? - chiese  il  signor di Ventimiglia. Molto sangue e nient'altro. vero,
stato toccato. - Chi credete che abbia ordito l'agguato? -  Il  marchese di Montelimar, d'accordo col Consigliere. - Ma se
marchese di Montelimar, d'accordo col Consigliere. - Ma se  il  marchese è a Taroga? - disse il guascone. - Vi era, volete
col Consigliere. - Ma se il marchese è a Taroga? - disse  il  guascone. - Vi era, volete dire, perché ora si trova qui. -
prima di morire. Che vi abbia ingannato? - chiese Mendoza,  il  quale fasciava intanto la ferita con un pezzo di lenzuolo
dove quei dannati hanno nascosta mia sorella. E lui od  il  Consigliere devono cadere nelle nostre mani. Essi hanno
a loro. - Noi siamo sempre pronti, è vero, Mendoza? - disse  il  guascone. - Anche a dar fuoco a Panama, - rispose il basco,
disse il guascone. - Anche a dar fuoco a Panama, - rispose  il  basco, il quale aveva terminata la fasciatura. - Dovremo
guascone. - Anche a dar fuoco a Panama, - rispose il basco,  il  quale aveva terminata la fasciatura. - Dovremo però agire
- Dovremo però agire colla massima cautela, - disse  il  conte. - Domani, giacché la mia ferita non presenta alcun
di un altro piú pressante, - disse in quel momento  il  fiammingo, entrando. - Che cosa c'è dunque d'urgente? -
entrando. - Che cosa c'è dunque d'urgente? - chiese  il  conte. - Mi dispiace darvi una brutta nuova, signore, -
- Mi dispiace darvi una brutta nuova, signore, - rispose  il  fiammingo. - È caduto giú dal faro il guardiano? - chiese
signore, - rispose il fiammingo. - È caduto giú dal faro  il  guardiano? - chiese il guascone. - S'avanza un grosso
fiammingo. - È caduto giú dal faro il guardiano? - chiese  il  guascone. - S'avanza un grosso gruppo di soldati attraverso
- esclamò don Barrejo. - Vengono a prendere voi, - disse  il  conte, - Mi pareva impossibile che il marchese ed il
prendere voi, - disse il conte, - Mi pareva impossibile che  il  marchese ed il Consigliere vi lasciassero tranquilli. A me
disse il conte, - Mi pareva impossibile che il marchese ed  il  Consigliere vi lasciassero tranquilli. A me lo spadaccino
- disse Mendoza. - Non potremo, - rispose don Ercole. -  Il  drappello si è diviso e s'avanza da due opposte direzioni,
da due opposte direzioni, per prenderci in mezzo. - E poi  il  signor conte è debole e non potrebbe resistere ad una lunga
e non potrebbe resistere ad una lunga corsa, - aggiunse  il  guascone. - Io però ho un'idea. Don Ercole, sono ancora
dei guasconi. - Fuori la vostra idea, don Barrejo, - disse  il  conte. - Non abbiamo tempo da perdere. - Voi, Mendoza,
cupoletta dove brillava una grossissima lanterna con vetri.  Il  fanalista stava seduto in un angolo della terrazza,
occupato a fumare la sua grossa pipa. - Dove sono? - chiese  il  guascone a don Ercole. - Eccolo laggiú, il primo drappello.
sono? - chiese il guascone a don Ercole. - Eccolo laggiú,  il  primo drappello. Il guascone guardò nella direzione
guascone a don Ercole. - Eccolo laggiú, il primo drappello.  Il  guascone guardò nella direzione indicata e vide infatti, a
una tasca una manata di piastre e s'avvicinò al guardiano,  il  quale, tutto immerso nel gustare il suo tabacco, non si era
al guardiano, il quale, tutto immerso nel gustare  il  suo tabacco, non si era nemmeno degnato di voltarsi, pur
avendoli uditi a salire. - Vecchio mio, scegli, gli disse  il  guascone, mostrandogli l'arma da fuoco ed il denaro. Vuoi
gli disse il guascone, mostrandogli l'arma da fuoco ed  il  denaro. Vuoi piombo o argento? ... - Che cosa volete? -
Vuoi piombo o argento? ... - Che cosa volete? - chiese  il  guardiano, balzando in piedi e lasciando cadere la pipa. -
allora non rispondo della vostra vita. - Dite, - rispose  il  vecchio, spaventato. - Innanzi tutto spogliatevi del vostro
necessario. - E poi? - Lasciatevi legare sotto  il  vostro letto. - Volete portar via o guastare la lanterna? -
caccio una palla nel cervello. - Scelgo le piastre, - disse  il  guardiano, dopo una breve esitazione. - D'altronde una
impossibile. - Voi siete un uomo ragionevole, - rispose  il  guascone. - Ecco le piastre e giú il vestito. Il fanalaio,
ragionevole, - rispose il guascone. - Ecco le piastre e giú  il  vestito. Il fanalaio, che ci teneva piú all'argento che al
- rispose il guascone. - Ecco le piastre e giú il vestito.  Il  fanalaio, che ci teneva piú all'argento che al piombo, fu
teneva piú all'argento che al piombo, fu lesto a obbedire.  Il  guascone infilò i calzoni, indossò la grossa casacca di
bigio con bottoni di metallo giallo, e si mise in testa  il  berrettone di tela cerata. - Somiglio ad un fanalista? -
cerata. - Somiglio ad un fanalista? - chiese a don Ercole,  il  quale stava legando ed imbavagliando il disgraziato
a don Ercole, il quale stava legando ed imbavagliando  il  disgraziato sorvegliante. - Potreste lasciare la spada per
- Potreste lasciare la spada per la lanterna, - rispose  il  fiammingo, sorridendo. - Quando sarò vecchio, amico. Ora
quest'uomo nella camera del conte e cacciatelo sotto  il  letto. - Preferisco portarlo. - Ed ora a noi, signori
portarlo. - Ed ora a noi, signori soldati, - mormorò  il  guascone, quando fu solo. Raccolse la pipa del sorvegliante
del loro paese i quali non abbiano congiurato. E poiché  il  dispotismo dei preti è il più esoso di tutti, il più
non abbiano congiurato. E poiché il dispotismo dei preti è  il  più esoso di tutti, il più degradante ed infame, si può
E poiché il dispotismo dei preti è il più esoso di tutti,  il  più degradante ed infame, si può tenere per certo che il
il più degradante ed infame, si può tenere per certo che  il  cospirar dei Romani dati dal dominio di questi impostori.
dell’8 febbraio era in Roma notte di congiura. Convegno  il  Colosseo; perciò Attilio dopo aver pedinato quel messo di
dopo aver pedinato quel messo di delitti che si chiamava  il  Gianni, anzi che avviarsi alla sua casa prese la via di
persone si scappellavano senza che egli le conoscesse. Poi  il  suo unico pronipote, un bimbo, che si era allevato negli
aveva naufragato mozzo di bastimento nelle Indie. Quando  il  vecchio soldato ricevette la notizia non diede che un
soldato ricevette la notizia non diede che un crollo, forse  il  primo di tutta la sua vita; per molti giorni non comparve
non portava seco valigia. Dopo quella suprema sciagura  il  suo viso non aveva invecchiato, giacché a novant'anni non
un forestiere giunto da poco in paese, non capì, mise fuori  il  naso curiosamente, e vedendosi dinanzi quella figura
un fucile, sembrava ascoltarlo e non lo ascoltava. Quando  il  treno arrivò, il bigliettinaio uscito sotto la tettoia per
ascoltarlo e non lo ascoltava. Quando il treno arrivò,  il  bigliettinaio uscito sotto la tettoia per veder salire
I facchini, che per essere della città, conoscevano tutti  il  colonnello, parlavano sommessamente fra loro: il vecchio si
tutti il colonnello, parlavano sommessamente fra loro:  il  vecchio si era arrampicato da solo sul vagone reggendosi
da solo sul vagone reggendosi vigorosamente allo sportello.  Il  vagone era vuoto, il treno si fermava cinque minuti.
vigorosamente allo sportello. Il vagone era vuoto,  il  treno si fermava cinque minuti. All'ultimo i facchini, gli
cinque minuti. All'ultimo i facchini, gli altri impiegati,  il  bigliettinaio, il capo stazione, tutta la poca gente di
i facchini, gli altri impiegati, il bigliettinaio,  il  capo stazione, tutta la poca gente di quell'ora si aggruppò
di quell'ora si aggruppò in silenzio sotto quel vagone:  il  vecchio stava in piedi incorniciato dallo sportello nella
di ritratto antico alla sua faccia. Poi la locomotiva gettò  il  solito fischio, e il treno oscillando fece traballare il
sua faccia. Poi la locomotiva gettò il solito fischio, e  il  treno oscillando fece traballare il colonnello:
il solito fischio, e il treno oscillando fece traballare  il  colonnello: nell'istante medesimo tutto quel crocchio
di una indefinibile emozione si traeva macchinalmente  il  cappello come per un supremo saluto. Parve che il
il cappello come per un supremo saluto. Parve che  il  colonnello si rovesciasse; ma improvvisa la sua mano,
l'aria fuori dallo sportello, fece un saluto militare, che  il  treno già in moto interruppe. La locomotiva fischiava
già in moto interruppe. La locomotiva fischiava ancora.  Il  colonnello sedette nel vagone vuoto colla canna fra le mani
sedette nel vagone vuoto colla canna fra le mani e  il  mento sulla canna. Così viaggiò più di venti ore: giunse a
e partivano; gliene fu indicato uno che faceva rotta per  il  Capo di Buona Speranza. Era un vapore inglese,
Speranza. Era un vapore inglese, l'"INFLEXIBLE". Quando  il  bastimento fu al largo, il colonnello rimasto insensibile
inglese, l'"INFLEXIBLE". Quando il bastimento fu al largo,  il  colonnello rimasto insensibile al tramestio della partenza
un secolo potesse andare. Egli non parlava con nessuno.  Il  suo occhio fisso sull'infinito del mare pareva inerte, la
pareva inerte, la sua fisonomia era immobile. Ma sebbene  il  mare fosse agitato, e il vapore avesse un forte rollìo, e
fisonomia era immobile. Ma sebbene il mare fosse agitato, e  il  vapore avesse un forte rollìo, e molti soffrissero il mal
e il vapore avesse un forte rollìo, e molti soffrissero  il  mal di mare, il suo passo pareva quello di un viaggiatore
avesse un forte rollìo, e molti soffrissero il mal di mare,  il  suo passo pareva quello di un viaggiatore rotto a tutte le
All'indomani un'altra curiosità venne a contendergli  il  primato. Era un bel giovane biondo, di statura atletica,
contrastavano colla severa eleganza del suo soprabito nero.  Il  volto illuminato da due grandi occhi azzurri, pieni di
un blocco di ghiaccio al sole, era quasi macilento; aveva  il  mento quadro, il naso aquilino, e una striscia bianca e
al sole, era quasi macilento; aveva il mento quadro,  il  naso aquilino, e una striscia bianca e sottile di
Ercole. Al momento d'imbarcarsi nessuno gli aveva badato,  il  mattino seguente tutti lo ammiravano. Egli passeggiava sul
moto repentino in eccellente francese. - Lo sono - ribatté  il  colonnello con voce lenta e fredda. Quegli stava per
lenta e fredda. Quegli stava per replicare, ma si rattenne:  il  colonnello passò oltre. Alcune signore avevano avvertito
avvertito quello scambio di parole senza intenderle, quindi  il  colonnello non si vide più per quella giornata. Un'altra
chiama? - L'Assunzione. - Questo - mormorò - sarebbe stato  il  nome per la sua isola! - Tutto quel giorno il tempo fu
sarebbe stato il nome per la sua isola! - Tutto quel giorno  il  tempo fu cattivo, soffiavano molti venti, il mare aveva
quel giorno il tempo fu cattivo, soffiavano molti venti,  il  mare aveva come dei muggiti d'impazienza, delle onde
la chiglia del vapore. Molti passeggeri divennero inquieti,  il  cielo era quasi bianco di serenità. Poi venne la sera e il
il cielo era quasi bianco di serenità. Poi venne la sera e  il  sole sparve improvvisamente all'orizzonte come inghiottito
all'orizzonte come inghiottito da un vortice. A mezzanotte  il  ponte era deserto. Il colonnello seduto a poppa volgendovi
da un vortice. A mezzanotte il ponte era deserto.  Il  colonnello seduto a poppa volgendovi le spalle guardava
poppa volgendovi le spalle guardava innanzi a sé nel buio;  il  vapore ansava, ma sotto il suo rullìo si sentiva sempre il
guardava innanzi a sé nel buio; il vapore ansava, ma sotto  il  suo rullìo si sentiva sempre il silenzio del mare.
il vapore ansava, ma sotto il suo rullìo si sentiva sempre  il  silenzio del mare. Improvvisamente una figura nera gli si
voi, signore, della Grande Armata contro la Russia? - Sì.  Il  giovane si alzò, gli prese una mano e recandosela
Noi, l'ultimo popolo nella storia d'Europa, dobbiamo  il  nostro attuale risveglio a Napoleone. Voi ci avete invasi,
sempre la barbarie; poi le nostre nevi vi copersero,  il  nostro ghiaccio vi gelò. Noi v'inseguimmo come lupi,
da San Giovanni d'Acri a Waterloo! - A tutte - rispose  il  vecchio con un accento, che sembrava uscire da un sogno. -
del tiranno. - Napoleone non fu mai prigioniero - tuonò  il  vecchio; - nessuno lo batté mai veramente: solo qualche
sono buoni soldati! - E la conversazione cadde; ma  il  giovane, che evidentemente vi si appassionava, tentò di
evidentemente vi si appassionava, tentò di riannodarla. -  Il  mondo è mutato: alle battaglie sanguinose stanno per
le lotte feconde del lavoro. Tutti i tiranni d'Europa, meno  il  nostro, hanno dovuto transigere col popolo, la libertà
col popolo, la libertà arriva da tutte le parti e scalza  il  vecchio edificio del privilegio: non più guerre dinastiche,
liberi, la donna diventi uguale all'uomo, per unica patria  il  mondo. Benché con linguaggio diverso, tutti diremo la
mezzi: Napoleone non ha voluto credere al vapore, e oggi  il  vapore vale più di tutte le sue vittorie. - Che! - proruppe
vapore vale più di tutte le sue vittorie. - Che! - proruppe  il  vecchio, scagliando sul giovane uno sguardo, di cui il
il vecchio, scagliando sul giovane uno sguardo, di cui  il  bagliore brillò nelle tenebre. La canna gli tremava nelle
nelle mani, parve voler prorompere, poi si rivolse verso  il  mare con un gran gesto. La notte era fosca, il mare
verso il mare con un gran gesto. La notte era fosca,  il  mare ascoltava. - Vi ho offeso? - mormorò umilmente il
il mare ascoltava. - Vi ho offeso? - mormorò umilmente  il  giovane. Il vecchio si piegò: - Siete russo, avete detto:
ascoltava. - Vi ho offeso? - mormorò umilmente il giovane.  Il  vecchio si piegò: - Siete russo, avete detto: comanda
che cosa ha fatto? - Ha abbattuto la sua colonna - rispose  il  giovane punto dal freddo di quella indifferenza. Il vecchio
rispose il giovane punto dal freddo di quella indifferenza.  Il  vecchio non ebbe che un fremito. - Nemmeno i vermi avranno
ebbe che un fremito. - Nemmeno i vermi avranno rispettato  il  suo cadavere! L'Europa è dunque come egli l'ha lasciata.
Allora un sergente valeva un re! A Roma abbiamo battuto  il  papa, alle Piramidi abbiamo sconfitto Maometto, abbiamo
trasportammo dietro nella ritirata la grande croce d'Ivano  il  Terribile. - E la perdeste. - La buttammo in un lago,
in una settimana. Noi eravamo la Grande Armata,  il  resto era il mondo. Se Napoleone non fosse morto giovane,
una settimana. Noi eravamo la Grande Armata, il resto era  il  mondo. Se Napoleone non fosse morto giovane, l'avremmo
popoli ci aspettavano. - E che cosa avreste recato loro? -  Il  vecchio sostò, poi guardandolo serenamente rispose: -
l'altro rattenuto un istante da quella immensa parola. -  Il  vostro è stato un gran sogno, ma la nostra realtà è anche
la seconda le dissolverà in un solo popolo. Una volta  il  soldato si batteva per il generale, domani vincerà per se
in un solo popolo. Una volta il soldato si batteva per  il  generale, domani vincerà per se stesso. Il vecchio
si batteva per il generale, domani vincerà per se stesso.  Il  vecchio evidentemente affaticato fece uno sforzo. - Vedete
la voce soggiunse: - Noi lavoriamo nel secreto a rovinare  il  vecchio impero per costruire la giovane Russia, cospiratori
- Abbiamo ucciso un imperatore. - Ma l'impero è rimasto. E  il  vecchio non parlò più. Il mare era buio, le stelle
- Ma l'impero è rimasto. E il vecchio non parlò più.  Il  mare era buio, le stelle brillavano ancora. Passarono forse
profonda come quel mare, e scintillante di pensieri come  il  cielo di stelle, parlassero. Il vapore avanzava sempre
di pensieri come il cielo di stelle, parlassero.  Il  vapore avanzava sempre agitando nell'ombra un pennacchio di
sempre agitando nell'ombra un pennacchio di fumo. Poi  il  vecchio mormorò: - Sono tutti morti... - e la testa gli
sopra le mani congiunte sulla canna, come sotto  il  peso di quell'enorme poema, del quale era l'ultimo verso,
ed immobile poteva essere un'isola. - Eccola! - esclamò  il  giovane levandosi. La faccia del vecchio raggiò. Il mare
esclamò il giovane levandosi. La faccia del vecchio raggiò.  Il  mare mormorava, l'alba cresceva, il vapore rantolava
del vecchio raggiò. Il mare mormorava, l'alba cresceva,  il  vapore rantolava sordamente. Allora il vecchio alzò ambo le
l'alba cresceva, il vapore rantolava sordamente. Allora  il  vecchio alzò ambo le mani come invocando e una lagrima,
scese dagli occhi appannati. L'altro lo guardò trasalendo.  Il  vecchio soldato si trasfigurava: i primi rossori dell'alba
scomparsa, quando uno scoppio immenso squarciò l'Oceano e  il  sole sfolgorò. - Viva Napoleone! - gridò il vecchio
l'Oceano e il sole sfolgorò. - Viva Napoleone! - gridò  il  vecchio salutando militarmente come se lo pigliasse per il
il vecchio salutando militarmente come se lo pigliasse per  il  fantasma del morto imperatore. Il sole saliva sopra
come se lo pigliasse per il fantasma del morto imperatore.  Il  sole saliva sopra Sant'Elena. - Andate a visitare la sua
Sant'Elena. - Andate a visitare la sua tomba? - domandò  il  giovane. - A morirvi. Egli è stato il primo, io sono
sua tomba? - domandò il giovane. - A morirvi. Egli è stato  il  primo, io sono l'ultimo. E fu l'ultima parola.
contro a Santa Maria Podone è  il  palazzo della cospicua famiglia Borromeo, il quale conserva
Maria Podone è il palazzo della cospicua famiglia Borromeo,  il  quale conserva ancora la sua antichissima forma gotica. In
lombarda, sconosciuto in Milano, ma ricordato e fattone  il  disegno nella storia della Pittura Italiana del Rosini. Il
il disegno nella storia della Pittura Italiana del Rosini.  Il  palazzo contiene altre pitture, e si conserva la camera
Maestà  il  Re, tuo padre, è furibondo contro di te! ... Se la buona
è furibondo contro di te! ... Se la buona Fata facesse  il  miracolo! ...
 Il  teatro Fossati venne eretto dalla famiglia omonima
2500 spettatori. Esso ha due facciate, una prospicente  il  Foro Bonaparte, ì' altra il Corso Garibaldi. Vi si danno
due facciate, una prospicente il Foro Bonaparte, ì' altra  il  Corso Garibaldi. Vi si danno variati spettacoli.
ed operette buffe; è sotto gli auspici di un'Accademia,  il  cui presidente è il Sindaco di Milano, e conta fra i soci
è sotto gli auspici di un'Accademia, il cui presidente è  il  Sindaco di Milano, e conta fra i soci onorari illustrazioni
fra i soci onorari illustrazioni dell'arte cittadina. _  Il  locale fu ridotto in forma di teatro a spese del fondatore
fra le quali due quadri del Domenico Induno. _ Pur bello è  il  telone, rappresentante Meneghino che cede il primato alla
_ Pur bello è il telone, rappresentante Meneghino che cede  il  primato alla giovane Commedia milanese.
di ritornarlo a diciott'anni, di risanarlo da quella malìa.  Il  Re e la Regina avevano fatto un bando con mezzo il regno di
malìa. Il Re e la Regina avevano fatto un bando con mezzo  il  regno di premio per chi desse notizie della vecchietta che
per chi desse notizie della vecchietta che aveva incantato  il  figliuolo. Ma nessuno l'aveva più vista. Sansonetto andava
piumato, sul cavallo che galoppava all'indietro, si faceva  il  segno della croce temendo un'apparizione diabolica. Un
della croce temendo un'apparizione diabolica. Un giorno  il  Reuccio giunse in un bosco, e vide tra gli abeti centenari
sola porta e una sola finestra. E alla finestra riconobbe  il  volto della vecchietta che lo guardava sorridendo.
sulla soglia. - Ah! vecchina, vecchina! restituitemi  il  giusto andazzo del tempo e del camminare! - Bisogna
andazzo del tempo e del camminare! - Bisogna riportarmi  il  nocciolo di quel giorno... - Se non è che questo,
Sansonetto ritornò a palazzo. Ma come ritrovare proprio  il  nocciolo di quattr'anni prima?... Pensò di prenderne uno
quello porta incise intorno certe parole che so io...  Il  Reuccio capì che non era caso di inganni, ritornò a
d'averlo visto rimbalzare nel rigagnolo della via. Seguì  il  rigagnolo fin dove questo metteva foce nel torrente. Ma
poi nascerò, scomparirò del tutto. Mi può salvare soltanto  il  nocciolo della Fata Nasuta. L'hai visto passare? - Io no.
preso la via del mare. Sansonetto si pose in cammino, seguì  il  torrente fino al fiume, il fiume fino al mare. Dinanzi a
si pose in cammino, seguì il torrente fino al fiume,  il  fiume fino al mare. Dinanzi a quell'azzurro infinito la
- Molto male. Nascerò, scomparirò del tutto se non trovo  il  nocciolo della Fata Nasuta. - Un nocciolo strano, inciso di
un fenicottero mio amico. Se attendi, te lo mando qui...  Il  Reuccio attese tre giorni. Apparve il fenicottero bianco e
te lo mando qui... Il Reuccio attese tre giorni. Apparve  il  fenicottero bianco e roseo, sulle due gambe lunghissime. -
e roseo, sulle due gambe lunghissime. - Sì, ho inghiottito  il  nocciolo; ma poi emigrai nel mezzogiorno e lo rimisi nei
giardini del gigante Marsilio, fra i monti della Soria...  il  gigante è feroce ed invincibile; lo potrà vincere soltanto
gli strapperà un capello verde fra i folti capelli rossi.  Il  Reuccio s'imbarcò su una galea di mercanti e giunse dopo
Marsilio, la gente lo guardava stupita e impallidiva. -  Il  gigante non lascia passare nessuno nei suoi dominî. Ogni
affronterò anch'io e vincerò, se questa è la mia sorte. E  il  Reuccio Sansonetto proseguiva la via. Giunse al regno del
al regno del gigante Marsilio. A picco nella valle dominava  il  Castello dalle Cento Torri; si stendevano sotto i giardini
biancheggiavano le ossa dei temerari che avevano sfidato  il  mostro. Sansonetto suonò il corno di sfida, invitando il
temerari che avevano sfidato il mostro. Sansonetto suonò  il  corno di sfida, invitando il gigante a battaglia. Una delle
il mostro. Sansonetto suonò il corno di sfida, invitando  il  gigante a battaglia. Una delle porte immense si aprì e
a battaglia. Una delle porte immense si aprì e apparve  il  gigante seminudo e senz'arme. Come vide il Reuccio sorrise
aprì e apparve il gigante seminudo e senz'arme. Come vide  il  Reuccio sorrise di scherno. Questi si scagliava a ritroso
spada affilata; tagliava ora un braccio, ora una mano, ora  il  naso, ora il mento del gigante, ma il gigante si chinava
tagliava ora un braccio, ora una mano, ora il naso, ora  il  mento del gigante, ma il gigante si chinava tranquillo,
ora una mano, ora il naso, ora il mento del gigante, ma  il  gigante si chinava tranquillo, raccattava il pezzo amputato
gigante, ma il gigante si chinava tranquillo, raccattava  il  pezzo amputato rimettendolo a segno. Sansonetto mirava alla
cavallo focoso. Già due volte glie l'aveva fatta cadere, ma  il  mostro si chinava, la raccoglieva, la riappiccicava
all'istante sulle spallacce robuste. Una terza volta  il  Reuccio glie la troncò; e appena in terra fu pronto a
rotolandola a valle. Poi si mise a cercare in fretta  il  capello verde nella folta chioma rossa. Sentiva alle spalle
capello verde nella folta chioma rossa. Sentiva alle spalle  il  mostro decapitato che correva, brancolando qua e là; lo
qua e là; lo sentiva avvicinarsi, e cercava e non trovava  il  capello micidiale. Allora trasse la spada, rasò in pochi
rasò in pochi colpi la testaccia dalla fronte alla nuca; e  il  capello verde fu reciso con tutta la chioma. La testa
testa impallidì, gli occhi dettero un guizzo spaventoso e  il  gigante che brancolava all'intorno, cadde con un tonfo
siete, mugnaio! All'alba, se non c'erano ancora avventori,  il  mugnaio imboccava una grossa conchiglia marina, e si
Púuh! Púuh! Vieni, vieni al mio mulino, Chi vien primo ha  il  contentino. Púuh! Púuh! Púuh! Una mattina arrivò primo un
del Re con una mula carica di grano. Terminato di macinare,  il  garzone non se n'andava: - Che attendi? - Il Re vuole il
di macinare, il garzone non se n'andava: - Che attendi? -  Il  Re vuole il contentino. - Portagli questa qui. E gli diè
il garzone non se n'andava: - Che attendi? - Il Re vuole  il  contentino. - Portagli questa qui. E gli diè Rota, la
Portagli questa qui. E gli diè Rota, la figliuola maggiore.  Il  Re gliela rimandò: - Contentino che mangia pane Sua Maestà
ne vuole. - Portagli questo qui. Gli diè un corno di bue.  Il  Re si sentì offeso, e se la legò al dito. Un altro giorno
Re si sentì offeso, e se la legò al dito. Un altro giorno  il  mugnaio s'era messo di nuovo a sonare e a gridare: - Púuh!
Púuh! Púuh! Vieni, vieni al mio mulino, Chi vien primo ha  il  contentino. Púiuh! Púuh! Púiuh! Arrivò primo il solito
primo ha il contentino. Púiuh! Púuh! Púiuh! Arrivò primo  il  solito garzone del Re con due mule cariche di grano.
Re con due mule cariche di grano. Terminato di macinare,  il  garzone non se n'andava. - Che attendi? - Il Re vuole il
di macinare, il garzone non se n'andava. - Che attendi? -  Il  Re vuole il contentino. - Portagli questa qui. E gli diè
il garzone non se n'andava. - Che attendi? - Il Re vuole  il  contentino. - Portagli questa qui. E gli diè Tramoggia, la
questa qui. E gli diè Tramoggia, la figliuola minore.  Il  Re gliela rimandò: - Contentino che mangia pane Sua Maestà
- Portagli questo qui. Gli diè un altro corno di bue.  Il  Re, alla nuova offesa, pigliò i cocci e mandò ad arrestare
Re, alla nuova offesa, pigliò i cocci e mandò ad arrestare  il  mugnaio. - Che intendi con questi corni per contentino? -
non li vuole, son pronto a riprenderli. - Riprendili pure.  Il  Re, non trovando da ridire, fece rilasciare il mugnaio. Per
pure. Il Re, non trovando da ridire, fece rilasciare  il  mugnaio. Per la via gli domandavano: - Di chi sono cotesti
lo do per nulla. E se ne tornò al mulino coi corni sotto  il  braccio. La gente che andava a macinare, vedendo le
con uno ce n'è d'avanzo. Chi non lo crede, suo danno.  Il  Re aveva ripensato la risposta del mugnaio: "Intendo i
e s'era pentito di averglieli lasciati riprendere. Mandò  il  garzone: - Sua Maestà rivuole i contentini. - Gli ho dati
possedere uno di quei corni, dee prima sposare una di esse.  Il  garzone riferì la risposta. Il Re ci ripensò su: - Se fosse
prima sposare una di esse. Il garzone riferì la risposta.  Il  Re ci ripensò su: - Se fosse davvero il corno
riferì la risposta. Il Re ci ripensò su: - Se fosse davvero  il  corno dell'abbondanza? Rimandò il garzone: - Avanti di
su: - Se fosse davvero il corno dell'abbondanza? Rimandò  il  garzone: - Avanti di sposare, Sua Maestà vuole accertarsi
- Avanti di sposare, Sua Maestà vuole accertarsi che  il  vostro corno è davvero quello dell'abbondanza. Il mugnaio
che il vostro corno è davvero quello dell'abbondanza.  Il  mugnaio rispose: - Chi non lo crede, suo danno. Il Re si
Il mugnaio rispose: - Chi non lo crede, suo danno.  Il  Re si persuase che il mugnaio diceva il vero. Anche per un
- Chi non lo crede, suo danno. Il Re si persuase che  il  mugnaio diceva il vero. Anche per un Re, che può avere
crede, suo danno. Il Re si persuase che il mugnaio diceva  il  vero. Anche per un Re, che può avere quattrini quanti ne
Anche per un Re, che può avere quattrini quanti ne vuole,  il  corno dell'abbondanza non sarebbe stato cattivo. Sposare
Bastava dire: Corno, dammi questo! Corno, dammi quello!  Il  corno si trovava pronto a ogni richiesta. Era una bellezza.
richiesta. Era una bellezza. - Se accadesse come nel sogno!  Il  Re ormai aveva fitto il chiodo lì; e radunò il Consiglio
- Se accadesse come nel sogno! Il Re ormai aveva fitto  il  chiodo lì; e radunò il Consiglio della Corona. - Voglio
nel sogno! Il Re ormai aveva fitto il chiodo lì; e radunò  il  Consiglio della Corona. - Voglio sposare una delle figlie
sangue di Re richiede sangue di Re! - Quando avrò in mano  il  corno dell'abbondanza, so io come fare. I Ministri
dell'abbondanza, so io come fare. I Ministri chinarono  il  capo. E uno di loro dovette andare dal mugnaio in nome di
sceglie Rota. Si sposarono. La stessa sera delle nozze  il  Re disse a Rota: - Vieni a vedere la tua camera. Le fece
e messe tanto di catenaccio. - Ah, Maestà, che tradimento!  Il  Re tornò su, prese il corno per la punta e ordinò: - Perle
- Ah, Maestà, che tradimento! Il Re tornò su, prese  il  corno per la punta e ordinò: - Perle e diamanti! E tosto
parte un mucchio di diamanti e di perle. La mattina venne  il  mugnaio per vedere la sua figliuola: - Torna più tardi, tua
più tardi: - Torna domani, tua figlia è a pranzo. Venne  il  giorno seguente: - Tua figlia è morta e seppellita. Fu
Tua figlia è morta e seppellita. Fu Regina un giorno solo!  Il  povero mugnaio andò via piangendo. Il Re pensò: - Se
un giorno solo! Il povero mugnaio andò via piangendo.  Il  Re pensò: - Se possedessi l'altro corno dell'abbondanza,
Tramoggia la do per nulla. Quel corno è la sua dote.  Il  Re e Tramoggia si sposarono. La stessa sera delle nozze
e messe tanto di catenaccio. - Ah, Maestà, che tradimento!  Il  Re tornò su, prese l'altro corno per la punta e ordinò: -
parte un mucchio d'argento e d'oro. La mattina venne  il  mugnaio per vedere la sua figliuola: - Tua figlia è morta e
Tua figlia è morta e seppellita. Fu Regina una notte sola.  Il  povero mugnaio andò via piangendo. Un giorno, vedendo che
Púuh! Púuh! Vieni, vieni al mio mulino, Chi vien primo ha  il  contentino. Púuh! Púuh! Púuh! Arrivò primo il garzone del
vien primo ha il contentino. Púuh! Púuh! Púuh! Arrivò primo  il  garzone del Re, con una mula carica di grano. Terminato di
Re, con una mula carica di grano. Terminato di macinare,  il  garzone non se n'andava: - Che attendi? - Il Re vuole il
di macinare, il garzone non se n'andava: - Che attendi? -  Il  Re vuole il contentino. - Portagli questo. E gli diè uno
il garzone non se n'andava: - Che attendi? - Il Re vuole  il  contentino. - Portagli questo. E gli diè uno stivale
Portagli questo. E gli diè uno stivale vecchio, rattoppato.  Il  Re pensò: - Anche questo stivale dee avere qualche virtù.
l'altro. E appena intese dal balcone del palazzo reale  il  suono della conchiglia Púuh! Púuh! e la voce del mugnaio
voce del mugnaio che gridava al solito: Vieni, vieni! spedì  il  garzone con una mula carica di grano. Terminato di
con una mula carica di grano. Terminato di macinare,  il  garzone non se n'andava: - Che attendi? - Il Re vuole il
di macinare, il garzone non se n'andava: - Che attendi? -  Il  Re vuole il contentino. - Portagli questo. E gli diè uno
il garzone non se n'andava: - Che attendi? - Il Re vuole  il  contentino. - Portagli questo. E gli diè uno stivale
gli diè uno stivale vecchio rattoppato, compagno all'altro.  Il  Re, tutto contento, si chiuse in camera coi due corni di
gli stivali furono colmi fino al collo, parvero impazziti.  Il  Re non sapeva come ripararsi dai calci che gli assestavano
alla schiena, di piatto e di punta. E ogni calcio,lasciava  il  segno! Apre l'uscio e si mette a correre, urlando; lui
alla schiena di piatto e di punta. E ogni calcio lasciava  il  segno! Corri di qua, corri di là, non c'era verso di
toccavano anche loro. All'ultimo, nel ruzzolare una scala,  il  Re inciampò e cadde bocconi quant'era lungo. Gli stivali
fermi; ma lo schiacciavano col loro peso. - Chiamate  il  mugnaio! - urlava il Re. Corse una guardia, a cavallo, per
col loro peso. - Chiamate il mugnaio! - urlava  il  Re. Corse una guardia, a cavallo, per fare più presto. -
qui le mie figliuole Rota e Tramoggia, verrei subito.  Il  Re, che con quel peso addosso si sentiva soffocare, disse
caddero per terra, uno di qua e uno di là, affatto vuoti.  Il  Re si alzò tutto pesto e addolorato, lamentandosi: - Ahi!
I Ministri tornarono su frettolosi: - Maestà, - dicono -  il  Re ci ha rinchiuse qui, e il Re ci dee far uscire. Non
- Maestà, - dicono - il Re ci ha rinchiuse qui, e  il  Re ci dee far uscire. Non aveva faccia d'andare a
la schiena pesta e addolorata, lamentandosi: - Ahi! Ahi!  Il  sotterraneo dov'era Rota, di affumicato e grumoso era
torno torno come una vera Rota di mulino, sballottando  il  Re che urlava invano: Ahi! Ahi! E si sentiva mancare il
il Re che urlava invano: Ahi! Ahi! E si sentiva mancare  il  fiato. Gira, gira, gira, all'ultimo lo sbatacchia fuori a
e si mette a sedere: - Andate a chiamare mio padre.  Il  sotterraneo dov'era Tramoggia, di affumicato e grumoso era
di grano. - Entrate, Maestà; vi attendevo da un pezzo.  Il  Re, malconcio, esitava; ma Tramoggia si fa avanti, lo
in aria e si mette a sedere: - Andate a chiamare mio padre.  Il  mugnaio venne lemme lemme, dinoccolato: - Che comanda,
a bocca asciutta; né moglie né dote. Che poteva fare  il  Re con quel mugnaio indiavolato? Piegò la testa. Gli diede
Re con quel mugnaio indiavolato? Piegò la testa. Gli diede  il  manto e la corona reale, e indossò i panni di lui tutti
Púuh! Púuh! Vieni, vieni al mio mulino, Chi vien primo ha  il  contentino. Púuh! Púuh! Púuh! La Rota infradiciva inerte
nell'acqua; la Tramoggia se la rodevano le tignole, e  il  Re sbadigliava davanti la porta con le mani in mano,
Spagna. - Tanto meglio, compare! Ed eran passati sei mesi.  Il  Re sbadigiiava davanti la porta del mulino con le mani in
altri sei mesi. Finalmente restavano pochi giorni perché  il  suo gastigo terminasse. Il mugnaio Re venne al mulino
restavano pochi giorni perché il suo gastigo terminasse.  Il  mugnaio Re venne al mulino accompagnato dai Ministri e da
siamo daccapo. E bisognò farle rifare. All'ultimo giorno,  il  mugnaio Re venne al mulino accompagnato dal Ministri e da
al mulino accompagnato dal Ministri e da tutta la corte. Ma  il  povero Re che per un anno, un mese e un giorno non avea
La gente fu contenta. In un anno, un mese e un giorno,  il  mugnaio non gli aveva macinati peggio dell'altro. Evviva Re
 il  lido è scomparso, poiché nulla ne appare Steno lascia alla
scomparso, poiché nulla ne appare Steno lascia alla forcola  il  remo. Il cielo e il mare e il fatale amor suo! Tutto il
poiché nulla ne appare Steno lascia alla forcola il remo.  Il  cielo e il mare e il fatale amor suo! Tutto il resto è
ne appare Steno lascia alla forcola il remo. Il cielo e  il  mare e il fatale amor suo! Tutto il resto è caduto. Bella è
Steno lascia alla forcola il remo. Il cielo e il mare e  il  fatale amor suo! Tutto il resto è caduto. Bella è là
il remo. Il cielo e il mare e il fatale amor suo! Tutto  il  resto è caduto. Bella è là dentro, ignara dello scambio
tanto terror la prese che ancor non mosse accento.  Il  giovinetto trema come una foglia al vento, e, offrendo in
offrendo in olocausto l'anima al suo buon santo, rattenendo  il  respiro e rattenendo il pianto, quasi aprisse la porta di
al suo buon santo, rattenendo il respiro e rattenendo  il  pianto, quasi aprisse la porta di una chiesa, la porta del
le si gela, e qual vinta da un affanno deliro, si copre  il  viso e cade. Non han pure un sospiro i malor sterminati. In
uscir da un tumulo, e colle mani in croce, così favella  il  misero: - Madonna... non temete se a voi davanti un povero
O, forse, Iddio! - La dama, con uno sforzo estremo, solleva  il  capo e volge gli occhi sullo straniero che segue: -
- Perdonatemi... fui troppo ardito, è vero, ma era grande  il  pericolo... e poi... benché la morte già mi fosse vicina,
e poi... benché la morte già mi fosse vicina, sentìa che  il  braccio forte abbastanza per trarvi in salvamento avrei...
come attratta da un fascino dolce e misterïoso gli solleva  il  bel crine che quasi ha il volto ascoso, e, - Vi conosco! -
dolce e misterïoso gli solleva il bel crine che quasi ha  il  volto ascoso, e, - Vi conosco! - esclama - giovinetto, quel
involta a più riprese da una fascia azzurra; tutto  il  suo abbigliamento formava una strana figura di prete e di
in paese dalla Provvidenza. Nei primi tempi lo chiamavano  il  signore. Erano con lui due domestici ed un medico. Questi
Rare volte parlavano assieme. Quando uscivano al passeggio,  il  medico leggeva o fumava; l'altro a giudicarne dalla
in una sola, irremovibile idea. In paese correva voce che  il  signore fosse malato di cervello per eccessiva applicazione
fatti, dopo un mese di vita campestre, a dire dei paesani,  il  signore aveva fatto una ciera più lustra I suoi denti di
giuocare i fanciulli. Riceveva qualche visita alla sera.  Il  curato, il sindaco ed il farmacista erano divenuti assidui
i fanciulli. Riceveva qualche visita alla sera. Il curato,  il  sindaco ed il farmacista erano divenuti assidui nella sua
Riceveva qualche visita alla sera. Il curato, il sindaco ed  il  farmacista erano divenuti assidui nella sua sala, ed egli
ore ad ascoltare le loro polemiche religiose e politiche.  Il  curato, il sindaco e il farmacista di C... per lui
le loro polemiche religiose e politiche. Il curato,  il  sindaco e il farmacista di C... per lui rappresentavano i
polemiche religiose e politiche. Il curato, il sindaco e  il  farmacista di C... per lui rappresentavano i tre partiti,
nella mente dei tre primi abitatori dell'universo.  Il  curato rappresentava il non possumus la forza reazionaria;
tre primi abitatori dell'universo. Il curato rappresentava  il  non possumus la forza reazionaria; Il sindaco il liberale
curato rappresentava il non possumus la forza reazionaria;  Il  sindaco il liberale moderato o moderatore Il farmacista
il non possumus la forza reazionaria; Il sindaco  il  liberale moderato o moderatore Il farmacista l'uomo del
reazionaria; Il sindaco il liberale moderato o moderatore  Il  farmacista l'uomo del progresso ad ogni costo, l'utopista
l'utopista rivoluzionario, che non ammette intervallo tra  il  pensiero e l'azione. Questi tre principii, come ognuno può
come ognuno può immaginare, si detestavano cordialmente; e  il  loro attrito era scabro e sfavillante come quello
come quello dell'acciaio colla pietra. Ciò nullameno,  il  curato, il sindaco e il farmacista venivano ogni sera ad
quello dell'acciaio colla pietra. Ciò nullameno, il curato,  il  sindaco e il farmacista venivano ogni sera ad occupare
colla pietra. Ciò nullameno, il curato, il sindaco e  il  farmacista venivano ogni sera ad occupare nella sala del
Era un'immane bottiglia, un'anfora imponente e generosa,  il  cui sugo inesauribile produceva nei tre antagonisti il
il cui sugo inesauribile produceva nei tre antagonisti  il  doppio effetto di rifiammare gli ardori politici e di
di rifiammare gli ardori politici e di ammorbidire le gole.  Il  curato, il sindaco e il farmacista pigliavano un gusto
gli ardori politici e di ammorbidire le gole. Il curato,  il  sindaco e il farmacista pigliavano un gusto matto a
politici e di ammorbidire le gole. Il curato, il sindaco e  il  farmacista pigliavano un gusto matto a bisticciarsi e a
ogni ardore di sete e di entusiasmo. Essi amavano  il  buon vino con esemplare concordia; e siccome il buon vino
amavano il buon vino con esemplare concordia; e siccome  il  buon vino non corre le bettole e le cantine del volgo, così
era mutata in attrazione pel fascino di un barolo squisito.  Il  curato si scusava: - Forse che alla chiesa non conveniamo
e scomunicati, intorno all'altare del Dio uno e vero? E  il  farmacista rifletteva: - Dinanzi alla malattia non conosco
e la sete stanno al di sopra di ogni rancore di partito.  Il  sindaco, nella sua qualità di moderato, credeva dar prova
signore tre individui di opinioni così avverse?  Il  signore li aveva conquistati nei primi tempi del suo
tempi del suo soggiorno in paese. Ciascuno alla sua volta,  il  curato, il sindaco e il farmacista, avevano ricevuto dal
suo soggiorno in paese. Ciascuno alla sua volta, il curato,  il  sindaco e il farmacista, avevano ricevuto dal forestiere
in paese. Ciascuno alla sua volta, il curato, il sindaco e  il  farmacista, avevano ricevuto dal forestiere una carta di
pel milione di fucili ... e pel soccorso alla libera stampa  Il  curato, il sindaco e il farmacista, nell'aprire
di fucili ... e pel soccorso alla libera stampa Il curato,  il  sindaco e il farmacista, nell'aprire quell'inatteso
e pel soccorso alla libera stampa Il curato, il sindaco e  il  farmacista, nell'aprire quell'inatteso dispaccio, nel
a versarne sangue, esclamando con enfasi da partigiani:  il  signore è dei nostri! Ed ecco per quale impulso i tre
avversari politici del paesello si erano recati a visitare  il  signore, coincidendo intorno alla grossa bottiglia, che poi
problemi lulla politica mondiale. Durante la polemica,  il  contegno del signore era sempre enigmatico. Taceva con
per qualche tempo nella sala. «Che razza d'uomo! - pensava  il  curato - credo ch'egli abbia il diavolo in corpo!» E gli
razza d'uomo! - pensava il curato - credo ch'egli abbia  il  diavolo in corpo!» E gli occhi dei tre antagonisti si
impiegate nelle libazioni più generose. Tutti vuotavano  il  bicchiere, e si affrettavano a riempirlo come soldati che
severa - l'occhio si dileguava nelle palpebre folte, e  il  labbro si ricomponeva al più mite sorriso,
di una parola misteriosa: Abrakadabra. Quella parola era  il  terrore del curato, il quale la riteneva diabolica. Il
Abrakadabra. Quella parola era il terrore del curato,  il  quale la riteneva diabolica. Il farmacista, cui le
era il terrore del curato, il quale la riteneva diabolica.  Il  farmacista, cui le spiegazioni del dizionario di scienze
volta, per soccorrere alla intelligenza dei suoi ospiti,  il  signore traduceva l'Abrakadabra nel motto latino: ibis,
delle voci mormorava fra i denti un fiat lux che pareva  il  gemito di un Epulone assetato di luce» Abrakadabra, che non
essere un enigma per tutti, era divenuto dopo alcuni mesi  il  soprannome del signore.
PROLOGO. I. Perché quell'uomo si chiamasse Abrakadabra II.  Il  discorso del farmacista III. Il discorso del Sindaco IV.
chiamasse Abrakadabra II. Il discorso del farmacista III.  Il  discorso del Sindaco IV. Non possumus V. Rassegna delle
V. Rassegna delle idee VI. Eureka VII. Dove conduce  il  principio di nazionalità VIII. L'avvenire comincia a
VIII. L'avvenire comincia a beffarsi del presente IX.  Il  prete e la donna X. Una sentenza di morte civile IL DRAMMA
IX. Il prete e la donna X. Una sentenza di morte civile  IL  DRAMMA STORICO. I. Cinque anni dopo II. Amore III. I
I. Cinque anni dopo II. Amore III. I terrori del genio IV.  Il  despotismo della legge naturale V. Meneghini puro sangue
I misteri della nave 2724 XVI. Alla Villa Paradiso XVII.  Il  veto del Gran Proposto XVII. I Catastrofe impreveduta XIX.
XVII. I Catastrofe impreveduta XIX. Le dimissioni XX.  Il  chiodo fantastico XXL. Una casa di Immolate XXII. Cardano
Michel XXVII. Disordine anarchico XXVIII. Malthus XXIX.  Il  segreto di Cardano. XXX. Deladromo
quindicina di febbraio e questo mese, lo dico ora, è  il  peggiore di tutti per coloro che corrono il mare,
lo dico ora, è il peggiore di tutti per coloro che corrono  il  mare, specialmente il Mediterraneo. «Febbraio corto, peggio
di tutti per coloro che corrono il mare, specialmente  il  Mediterraneo. «Febbraio corto, peggio d’un turco» dicono i
a cui la rima, come si vede, non è troppo famigliare.  Il  capitano Thompson, ardente di obbedire al desiderio della
della padroncina, s’era perfino scordato di consultare  il  barometro; ed il barometro abbassava furiosamente, ed in
s’era perfino scordato di consultare il barometro; ed  il  barometro abbassava furiosamente, ed in questi mari la
potentissimo Mago! Abbiate pazienza. Ecco  il  Reuccio e la Reginotta. (Scuote il Re e la Regina) Maestà!
Abbiate pazienza. Ecco il Reuccio e la Reginotta. (Scuote  il  Re e la Regina) Maestà! Maestà!
più invece? - No, signore: la renderà furibonda e parlerà.  Il  benafuli modera l'azione dell'oppio. - Che si possa tentare
non soffrirà. - Rispondo io pienamente. - Agisci allora. -  Il  chitmudgar prese da una mensola una fiala di cristallo che
e s'avvicinò a Surama. - Bada di non farle male, - disse  il  ministro. - Noi non sappiamo ancora chi sia, ed il rajah
- disse il ministro. - Noi non sappiamo ancora chi sia, ed  il  rajah desidera che si usi la più grande prudenza. - Non
usi la più grande prudenza. - Non temere, signore - rispose  il  maggiordomo. Aprì le labbra di Surama, introdusse
sfuggì alla fanciulla; però gli occhi rimasero chiusi.  Il  chitmudgar prese la fiala e versò parecchie gocce nella
Aveva appena terminato di parlare, quando un fremito scosse  il  corpo di Surama. Pareva che fosse stata toccata da una
da una scarica elettrica. - Si sveglia, signore - disse  il  chitmudgar. - Fra poco tu saprai tutto quello che vorrai. -
indiana. - Odi come respira più libera, signore? - disse  il  maggiordomo che non staccava gli sguardi da Surama - È
che non staccava gli sguardi da Surama - È segno che  il  suo sonno sta per finire. - D'un tratto Surama s'alzò di
tratto Surama s'alzò di colpo a sedere, aprendo gli occhi.  Il  suo viso, sotto l'influenza di quella strana pozione
dopo alcuni istanti. - Perché non ti vedo presso di me?  Il  rajah ha sempre bisogno di te? - Yanez! - mormorò il
di me? Il rajah ha sempre bisogno di te? - Yanez! - mormorò  il  ministro, guardando il chitmudgar. - Chi sarà? - Taci
bisogno di te? - Yanez! - mormorò il ministro, guardando  il  chitmudgar. - Chi sarà? - Taci signore e lasciala parlare
sarà? - Taci signore e lasciala parlare per ora - rispose  il  maggiordomo. - La interrogherai più tardi. - Surama
a lungo. Diceva che un nemico aveva lanciato su di me  il  mal occhio! Che sia vero? Vieni amico, io ho paura, molta
Le corone costano troppo care! - Le corone! - mormorò  il  ministro aggrottando la fronte. - Di quali intende parlare
che quel vecchio sconosciuto aveva gettato sulla mia casa  il  mal occhio! Tu eri stato pagato dal rajah o
che cerca la rovina del mio sahib bianco! - Odi? - chiese  il  ministro. - Sì, - rispose il chitmudgar. - L'avventuriero
sahib bianco! - Odi? - chiese il ministro. - Sì, - rispose  il  chitmudgar. - L'avventuriero deve essere il favorito. -
- Sì, - rispose il chitmudgar. - L'avventuriero deve essere  il  favorito. - Certo, signore. Taci, lasciala parlare. -
la destra sulla fronte che appariva imperlata di sudore.  Il  bâng operava, esaltandola a poco a poco. Vi fu un altro
uomini forti che hanno vinta e uccisa la Tigre dell'India,  il  terribile Suyodhana che faceva tremare anche il governo del
dell'India, il terribile Suyodhana che faceva tremare anche  il  governo del Bengala! Uscite dal tempio sotterraneo, venite,
Chi vincerà voi che avete fatto tremare l'intero Borneo?  Il  Re del Mare è stato vinto, ma a quale prezzo? Voi siete
Riesci a comprendere qualche cosa tu, chitmudgar? - chiese  il  ministro del rajah che cadeva di sorpresa in sorpresa. -
che cadeva di sorpresa in sorpresa. - No, signore. - Che  il  tuo bâng l'abbia fatta impazzire? - È impossibile. - Che
fissati, per la seconda volta, sul ministro. - Tu non sei  il  sahib bianco - gli disse. - Che cosa fai qui? - Il
non sei il sahib bianco - gli disse. - Che cosa fai qui? -  Il  chitmudgar fece un segno come per dire: - Interroga pure. -
un segno come per dire: - Interroga pure. - No, - disse  il  ministro - io non sono il sahib bianco, però sono un suo
- Interroga pure. - No, - disse il ministro - io non sono  il  sahib bianco, però sono un suo fedelissimo amico. - Perché
vai allora ad avvertire la Tigre della Malesia? - Chi è? -  Il  più formidabile uomo delle isole della Sonda, - rispose
isole della Sonda! Dove si trovano quelle terre? - Là dove  il  sole nasce. - Quell'uomo viene dunque da lontano. - Molto
- Quell'uomo viene dunque da lontano. - Molto da lontano:  il  Borneo non è vicino all'India. - E che cosa faceva
bianco? - No, contro gli inglesi ed i thugs di Rajmangal. -  Il  ministro che non comprendeva nulla, non essendo gli indiani
non essendo gli indiani troppo forti in geografia, guardò  il  chitmudgar, ma questi gli fece un segno imperioso che
che voleva dire "continua". - Rajmangal? - proseguì  il  ministro. - Dov'è? - Nel Bengala - rispose Surama. - Ed il
il ministro. - Dov'è? - Nel Bengala - rispose Surama. - Ed  il  sahib bianco ha ucciso il capo dei thugs? - Non lui: è
Bengala - rispose Surama. - Ed il sahib bianco ha ucciso  il  capo dei thugs? - Non lui: è stata la Tigre della Malesia.
rubata? - Yanez. - Ancora questo nome misterioso, - mormorò  il  ministro. - Chi sono dunque quegli uomini? - Poi alzando la
dunque quegli uomini? - Poi alzando la voce proseguì: - Sai  il  nome di quella pagoda? - No: so solo che è scavata in una
qui? - Per la corona. - Quale corona? - Dell'Assam. -  Il  ministro ed il chitmudgar si guardarono l'un l'altro con
la corona. - Quale corona? - Dell'Assam. - Il ministro ed  il  chitmudgar si guardarono l'un l'altro con spavento. - Una
- Una qualche congiura si sta certamente tramando contro  il  rajah - disse il primo. - Continua a interrogarla, signore
congiura si sta certamente tramando contro il rajah - disse  il  primo. - Continua a interrogarla, signore - rispose il
il primo. - Continua a interrogarla, signore - rispose  il  secondo. - Ho paura di saper troppe cose. - Si tratta forse
troppe cose. - Si tratta forse della vita del rajah. -  Il  ministro si rivolse verso Surama la quale non cessava di
- Questa volta Surama non rispose. - Mi hai udito? - chiese  il  ministro. La giovane agitò le labbra come se volesse
poi ricadde pesantemente sul letto, chiudendo gli occhi. -  Il  sonno l'ha ripresa, - disse il chitmudgar. - Non potrai
chiudendo gli occhi. - Il sonno l'ha ripresa, - disse  il  chitmudgar. - Non potrai sapere più nulla, signore. - E
coll'oppio. - Ne so abbastanza d'altronde, - mormorò  il  ministro. - Andiamo ad avvertire subito il favorito e
- mormorò il ministro. - Andiamo ad avvertire subito  il  favorito e prendiamo le nostre misure per sorprendere quei
di nessuno. - Date prima i vostri ordini, signore - disse  il  maggiordomo. - Lasciala riposare tranquilla e se si sveglia
essere sotto la protezione del governatore del Bengala ed  il  rajah non ha alcun desiderio di far entrare gli inglesi in
venire alla corte? - Sì, mio signore. Ho un fratello che fa  il  chitmudgar. - Veglia attentamente. - Tutti i servi sono
- Veglia attentamente. - Tutti i servi sono stati armati. -  Il  ministro uscì accompagnato dal maggiordomo e scese nel
due portatori di torce. - Al palazzo del rajah, - comandò  il  ministro. - Presto: ho molta fretta. -
 Il  sito adunque ove Marco Lucullo edificò il suo castello era
sito adunque ove Marco Lucullo edificò  il  suo castello era lo stesso in cui noi lasciammo la nostra
compagni e forse alcuna fra le quercie che ne adornavano  il  parco ricordavasi del figlio di quel vincitore dell’Asia.
 il  Re! Viva il Re! (La Regina osserva, stupìta, la
il Re! Viva  il  Re! (La Regina osserva, stupìta, la trasformazione del Re
 Il  Virey espose brevemente la sua richiesta. - Si tratta di un
... - Si tratta di un uomo che sta per morire - disse  il  Virey bruscamente - e a termini di legge ... - Non è il
il Virey bruscamente - e a termini di legge ... - Non è  il  caso ... non è il caso - interruppe donna Transita; - il
- e a termini di legge ... - Non è il caso ... non è  il  caso - interruppe donna Transita; - il nostro stabilimento,
è il caso ... non è il caso - interruppe donna Transita; -  il  nostro stabilimento, nol dico per vantarmene, può esser
ad una delle emerite: «A te, Miracolosa! Sia fatto  il  beneplacito del postulante! Trecento lussi all'ora per la
apparsa sulla mensa, piombò sulla scranna con tutto  il  peso della sua formidabile corporatura e non disse più
corporatura e non disse più motto. L'emerita che portava  il  nome di Miracolosa stese rapidamente il mandato; e il
che portava il nome di Miracolosa stese rapidamente  il  mandato; e il Virey, dopo aver depositata la somma di lussi
il nome di Miracolosa stese rapidamente il mandato; e  il  Virey, dopo aver depositata la somma di lussi novecento,
le mense coperte di candidi lini. I candelabri, i fiori,  il  vasellame d'argento rivelano il gusto artistico e il
I candelabri, i fiori, il vasellame d'argento rivelano  il  gusto artistico e il sensualismo raffinato dell'epoca. La
fiori, il vasellame d'argento rivelano il gusto artistico e  il  sensualismo raffinato dell'epoca. La illuminazione è
piscina, formano l'onda letale destinata a dissolvere  il  suicida(29).
mattina,  il  funzionario Torresani, Capo di Sorveglianza della Famiglia
squilli della campana elettrica. - Caspita! - esclamò  il  vecchio balzando dal letto - il Gran Proposto mi chiama di
- Caspita! - esclamò il vecchio balzando dal letto -  il  Gran Proposto mi chiama di buon'ora ... Qualche cosa di
mi chiama di buon'ora ... Qualche cosa di serio! ... E  il  Capo di Sorveglianza si gettò sulle spalle un mantello
ed in breve i tre uomini la vuotarono. - Partiamo? - chiese  il  boia di Boston. - Se dovremmo raggiungere prima la vostra
prima la vostra corvetta, le ore non saranno troppo lunghe.  Il  mastro mise una mano nella sua ampia cintura rossa, come
di pagarmi questa bottiglia. - Sei un brav'uomo! - rispose  il  bretone con voce grave. - lo sapevamo. Si alzò e,
notte, mastro Taverna. - Da quale parte usciremo? - chiese  il  bretone al boia. - Dalla pusterla del bastione n. 7 - Avete
bretone al boia. - Dalla pusterla del bastione n. 7 - Avete  il  lasciapassare? - Certo, e porta la firma del generale Howe.
no? Taglieremo la discesa per traverso, e raggiungeremo  il  suo ancoraggio. In un quarto d'ora i tre marinai giunsero
i tre marinai giunsero alla linea delle fortificazioni.  Il  comandante delle batterie, accorse munito d'una lanterna,
delle batterie, accorse munito d'una lanterna, lesse  il  lasciapassare, e diede l'ordine di aprire la pusterla. Due
l'ordine di aprire la pusterla. Due soldati, guidarono  il  carnefice ed i suoi due aiutanti fino all'estremità d'un
una disgrazia può toccare, e quando una zucca è rotta,  il  suo proprietario non ha altro da fare che lasciarsi portare
la nave. - È laggiù, sempre al medesimo posto - disse  il  bretone. - Si direbbe che i nostri marinai hanno voluto
sinistra della Mistica, proprio di fronte alla corvetta.  Il  bretone, fece colle mani portavoce, e approfittando d'un
momento in cui le artiglierie tacevano, gridò con tutto  il  fiato che aveva nei suoi ben capaci polmoni: - Marinai
polmoni: - Marinai della Tuonante! Venite ad imbarcare  il  vostro mastro I quattro grossi mortai, che dovevano essere
la loro scarica destando l'eco della riviera, ma appena  il  fragore cessò, si udì gridare: - Chi ci domanda? - Io.
- Attendi un momento. - Va bene, signor Howard - rispose  il  bretone, il quale aveva riconosciuto in quella voce il
un momento. - Va bene, signor Howard - rispose il bretone,  il  quale aveva riconosciuto in quella voce il secondo della
il bretone, il quale aveva riconosciuto in quella voce  il  secondo della corvetta. Un momento dopo una baleniera
nel fiume e si dirigeva rapidamente verso la riva, dove  il  mastro continuava a gridare: - Ohè! Doë! In meno di mezzo
Doë! In meno di mezzo minuto la baleniera prese terra, ed  il  contromastro della Tuonante balzò sulla riva, dicendo: -
balzò sulla riva, dicendo: - Voi, Testa di Pietra? E  il  comandante? - Zitto! - rispose il bretone. - Non è qui il
- Voi, Testa di Pietra? E il comandante? - Zitto! - rispose  il  bretone. - Non è qui il luogo da svelare certi segreti. Si
E il comandante? - Zitto! - rispose il bretone. - Non è qui  il  luogo da svelare certi segreti. Si volse verso il boia, il
Non è qui il luogo da svelare certi segreti. Si volse verso  il  boia, il quale si era seduto su una roccia e fumava la
il luogo da svelare certi segreti. Si volse verso il boia,  il  quale si era seduto su una roccia e fumava la pipa. -
- Qui non corro alcun pericolo, quindi posso aspettare  il  vostro ritorno. Testa di Pietra e Piccolo o Flocco
baleniera, montata da sette rematori, e presero subito  il  largo, fendendo le torbide acque della Mistica. Giungere
due uomini. - Dov'è sir William? - Signor tenente, - disse  il  bretone, mentre Piccolo Flocco abbracciava i marinai che se
nel quadro. Ho gravi cose da dirvi. Sappiate per ora che  il  nostro comandante domani sarà impiccato nel forte Johnson.
gridò Howard, diventando pallidissimo. Ora guardate un po'  il  costume che indosso, tenente, - rispose il bretone. - Non
guardate un po' il costume che indosso, tenente, - rispose  il  bretone. - Non vedete che sembro un vero carnefice? Tutto
- Non vedete che sembro un vero carnefice? Tutto rosso come  il  sangue che i boia fanno spillare in un modo o nell'altro ai
o nell'altro ai poveri giustiziati. E questo mantello nero?  Il  bretone in poche parole li mise al corrente di quanto era
di quanto era avvenuto. - Preso! - esclamarono ad una voce  il  colonnello ed il tenente. - Adagio, miei signori; sé è
- Preso! - esclamarono ad una voce il colonnello ed  il  tenente. - Adagio, miei signori; sé è preso non è però
sé è preso non è però ancora stato impiccato - osservò  il  bretone. - Io e Piccolo Flocco siamo gli amici, anzi, gli
Flocco siamo gli amici, anzi, gli aiutanti del carnefice.  Il  colonnello alzò una mano. - Avrete detto che l'hanno
- Dove andiamo per impiccarlo! - Voi? - Io? Impiccherei  il  comandante del forte, piuttosto! Per il borgo di Batz! Un
- Io? Impiccherei il comandante del forte, piuttosto! Per  il  borgo di Batz! Un bretone tradire il suo capitano? Oh, mai!
forte, piuttosto! Per il borgo di Batz! Un bretone tradire  il  suo capitano? Oh, mai! Darei la mia testa per salvare la
la mia testa per salvare la sua! - Signor Howard, - disse  il  colonnello assai preoccupato - da tempo i nostri capi hanno
Island. Quel fronte Johnson, che batte coi suoi pezzi tutto  il  porto di Imes's Island, è il nostro incubo. Lo assalteremo.
che batte coi suoi pezzi tutto il porto di Imes's Island, è  il  nostro incubo. Lo assalteremo. - Abbiamo debiti di
Lo assalteremo. - Abbiamo debiti di riconoscenza verso  il  vostro comandante rispose il colonnello con voce solenne. -
debiti di riconoscenza verso il vostro comandante rispose  il  colonnello con voce solenne. - Senza l'arrivo della vostra
corvetta, saremmo rimasti senza polveri, e l'assedio ed  il  bombardamento si sarebbero prolungati indefinitivamente.
dei brik e dei brigantini inglesi. - Concludete - disse  il  secondo, che era uomo di poche parole. - Quando
che era uomo di poche parole. - Quando appiccheranno  il  baronetto? - chiese il colonnello, rivolgendosi a Testa di
poche parole. - Quando appiccheranno il baronetto? - chiese  il  colonnello, rivolgendosi a Testa di Pietra. - L'esecuzione
è stata fissata per domani sera alle sei - rispose  il  bretone. - Ho la parola del boia. - Signor Howard, alle
scenderete la Mistica colla vostra corvetta, e forzerete  il  canale di Hog Island per appoggiare il nostro attacco. Sarò
e forzerete il canale di Hog Island per appoggiare  il  nostro attacco. Sarò là con duemila americani, scelti fra
nostro attacco. Sarò là con duemila americani, scelti fra  il  fiore delle truppe e vi prometto di prendere d'assalto il
il fiore delle truppe e vi prometto di prendere d'assalto  il  forte. - Siamo d'accordo. - Qualunque cosa dovesse accadere
accadere troverete i miei uomini intorno al forte - rispose  il  colonnello. - Spero che i nostri provinciali, come li
- Dite. - Siamo ancora a corto di polveri. Salveremo  il  vostro comandante a prezzo del nostro sangue. Incrocerete
le prenderete d'abbordaggio, forzerete un'altra volta  il  blocco, e risalirete la Mistica. Boston è agli estremi,
quasi esaurita in una sola settimana. - Colonnello, - disse  il  tenente, - checché debba succedere, io condurrò la Tuonante
le fregate inglesi; ma conto assolutamente su di voi.  Il  mio comandante non deve morire sulla forca. - Impegno il
Il mio comandante non deve morire sulla forca. - Impegno  il  mio onore e la mia vita! - rispose l'americano. Howard si
di Pietra, che aspettava ansiosamente i suoi ordini: -  Il  boia vi aspetta sulla riva della Mistica, è vero, mastro?
comandante. - Vi assicuro che non morrà impiccato, perché  il  laccio è stato già abilmente preparato dal boia. Si romperà
- Andate, mio valoroso. - Piccolo Flocco, a me! - gridò  il  mastro. Il giovane gabbiere, fu lesto a raggiungerlo.
mio valoroso. - Piccolo Flocco, a me! - gridò il mastro.  Il  giovane gabbiere, fu lesto a raggiungerlo. Scesero
aver paura delle palle. - Oh! Ci siamo abituati - rispose  il  timoniere sorridendo. La baleniera, riattraversò il fiume e
rispose il timoniere sorridendo. La baleniera, riattraversò  il  fiume e approdò dinanzi alla roccia, sulla quale il boia di
il fiume e approdò dinanzi alla roccia, sulla quale  il  boia di Boston fumava ancora la pipa senza preoccuparsi del
d'aver salutato i compagni, che avevano ripreso prontamente  il  largo. - Come vedete, sono stato di parola - disse il
il largo. - Come vedete, sono stato di parola - disse  il  carnefice. - Andiamo? Testa di Pietra rispose con una
la foce, poiché la scialuppa inglese, che doveva portare  il  boia al forte, si trovava al di là della seconda barra.
i fucilieri puntavano rapidamente i loro archibugi. -  Il  boia di Boston coi suoi due aiutanti - rispose
- Imbarcate. I tre uomini salirono sulla scialuppa, mentre  il  timoniere, tenendo in una mano una pistola e nell'altra la
i pescicani? - chiese Testa di Pietra. - Chi siete? -  Il  primo aiutante del boia, capace d'impiccare anche voi,
di Imes, su una punta della quale s'alzava minaccioso  il  forte Johson. Era questa una salda fortezza che, colle sue
di diverso calibro e di parecchie grosse scialuppe.  Il  colonnello Moultrie con una banda di arditi scorridori
- Ci siamo? - chiese Testa di Pietra. - Ci siamo - rispose  il  carnefice. Il timoniere prese il fanale, vi sostituì un
chiese Testa di Pietra. - Ci siamo - rispose il carnefice.  Il  timoniere prese il fanale, vi sostituì un vestro rosso a
- Ci siamo - rispose il carnefice. Il timoniere prese  il  fanale, vi sostituì un vestro rosso a quello azzurro che
certa impazienza: - Venite! - Adagio, signor mio, - disse  il  bretone. - Non abbiamo i piedi dei marinai, e dobbiamo
- Io dare la mano ad un impiccatore! ... Oh, mai! - esclamò  il  timoniere. - Mi porterebbe sfortuna. - Invece le corde
sarò certamente io che ve ne chiederò un pezzo - rispose  il  timoniere - Orsù, scendete prima che la risacca riempia
d'acqua la scialuppa. Piccolo Flocco, spiccò per primo  il  salto e cadde sulla sabbia asciutta. Il boia di Boston fu
spiccò per primo il salto e cadde sulla sabbia asciutta.  Il  boia di Boston fu il secondo, e vi riuscì per bene. Testa
salto e cadde sulla sabbia asciutta. Il boia di Boston fu  il  secondo, e vi riuscì per bene. Testa di Pietra prese così
per non cadere. L'aveva fatto apposta? Vi era da crederlo.  Il  primo timoniere si era sbarazzato della stretta con una
con una scrollata che non aveva per altro gettato a terra  il  malizioso bretone. - Voi mi avete toccato! - urlò. -
- Voi mi avete toccato! - urlò. - Volevate che mi rompessi  il  naso? - chiese candidamente Testa di Pietra. - La vostra
dei marinai. - Su, venite! Non ho tempo da perdere! - gridò  il  timoniere. - Ma fateci lume, perché, vedete, ho sempre
da un grosso drappello d'artiglieria con due pezzi.  Il  timoniere scambiò col comandante della guardia alcune
scambiò col comandante della guardia alcune parole poi  il  drappello si divise in due, e lasciò libero il passo ai tre
parole poi il drappello si divise in due, e lasciò libero  il  passo ai tre carnefici. Attraversarono un ridotto,
dove si trovava un capitano. - I signori di Boston! - disse  il  timoniere. L'ufficiale, che stava seduto dinazi ad un
ad un tavolino, li guardò attentamente, poi chiese: - Chi è  il  boia? - Io, signore - rispose l'ex galeotto, facendo un
Avete qualche lettera del generale Howe? - Eccola, signore.  Il  capitano la prese con un certo ribrezzo, l'apri e la lesse.
e la lesse. - Va bene - disse poi. - avete portato con voi  il  laccio? L'esecuzione è stata fissata per domani, ad un'ora
pratica di tali faccende. Nei magazzini del forte troverete  il  legname occorrente.. Avete fame? - Non abbiamo ancora
che misura  il  vento all'agnello tosato perché all'uom non misura, quando
vento all'agnello tosato perché all'uom non misura, quando  il  verno è arrivato de' suoi dì tempestosi, le bufere del
le bufere del cuore? Perché, se su lo sterpo inaridisce  il  fiore, l'amor non appassisce sotto i capelli bianchi? Ah,
una serpe mi si configga ai fianchi che alloggiarvi  il  bell'angelo dei celestiali affanni, quando dal mio
e chiedi amore, e ti ostini ad amare? Sei vecchio, e dentro  il  pugno pur stringi il frutto sacro? Vuoi che il prete ti
ostini ad amare? Sei vecchio, e dentro il pugno pur stringi  il  frutto sacro? Vuoi che il prete ti trovi, all'ultimo
e dentro il pugno pur stringi il frutto sacro? Vuoi che  il  prete ti trovi, all'ultimo lavacro, dell'odor della donna
ancora: Più misero del gufo quando spunta l'aurora! É  il  crin biondo del giovane che te al buio rincaccia, è la sua
vicina via di Chiaravalle evvi  il  palazzo Venini, il quale è di elegante architettura: fu
vicina via di Chiaravalle evvi il palazzo Venini,  il  quale è di elegante architettura: fu ristaurato non sono
principessa che porta sulla fronte una corona reale.  Il  rajah manda in quell'istante un urlo di belva feroce,
straziante. Tutti gli spettatori balzano in piedi. Anche  il  rajah si è alzato guardando, con smarrimento, i suoi
qui? - urla Sindhia. - Signore ... Muoio! ... - risponde  il  dignitario con voce fioca. Yanez che non capisce nulla di
getta uno sguardo presso di sé ed impallidisce a sua volta.  Il  bicchiere colmo di liquore, che si era messo presso la
era stato vuotato da qualcuno. Un lampo gli attraversa  il  cervello. - Sono sfuggito alla morte per un vero miracolo.
Tutti gridavano e s'affannavano dietro al disgraziato,  il  quale vomitava sangue insieme a certe materie verdastre e
sangue insieme a certe materie verdastre e filamentose.  Il  medico di corte finalmente giunse. Con un solo sguardo capì
- Quest'uomo ha bevuto qualche potente veleno, - disse.  Il  rajah era diventato livido. I suoi occhi ardenti come
ora sugli uni ed ora sugli altri dignitari che occupavano  il  padiglione e che tremavano come se fossero stati colti da
da un accesso di febbre. - Qui vi è un colpevole! - gridò  il  principe. - O lo troverete o vi farò decapitare tutti! Mi
era destinato a me! - O a me, Altezza? - disse Yanez.  Il  rajah lo guardò con stupore. - Tu credi, mylord? ... - Io
ed un'esclamazione di collera gli sfuggì. - Aho! -  Il  bicchiere era misteriosamente scomparso. - Non essere più
Non essere più accanto sedia, - disse poi. - Noi troveremo  il  colpevole mylord, te lo prometto. - Grazie, Altezza. -
Altezza. - Questo delitto non deve rimanere impunito.  Il  mio elefante carnefice avrà del lavoro fra qualche giorno.
aggiunse brutalmente: - Lo spettacolo è finito. Che anche  il  colpevole vada a dormire per l'ultima volta. - I ministri,
si erano ritirati precipitosamente per fargli largo.  Il  rajah strinse la mano al portoghese e uscì dal padiglione,
dal padiglione, colla fronte aggrottata e lo sguardo cupo.  Il  greco nella sua qualità di primo favorito, stava per
signor Teotokris. - Me la direte domani, mylord - rispose  il  greco. - Il principe mi aspetta. - Non ho che da dirvi
- Me la direte domani, mylord - rispose il greco. -  Il  principe mi aspetta. - Non ho che da dirvi grazie. - Di che
dell'Arcipelago fossero più furbi. - Mylord! - esclamò  il  favorito con voce rauca. - Voi m'insultate e questo non è
con voce rauca. - Voi m'insultate e questo non è né  il  luogo, né il momento. - Domani aggiusteremo l'affare; non
rauca. - Voi m'insultate e questo non è né il luogo, né  il  momento. - Domani aggiusteremo l'affare; non guastatevi il
il momento. - Domani aggiusteremo l'affare; non guastatevi  il  sangue per ora. - Il greco alzò le spalle e se ne andò
aggiusteremo l'affare; non guastatevi il sangue per ora. -  Il  greco alzò le spalle e se ne andò frettolosamente. Yanez
briccone!". Chiamò i suoi malesi e lasciò a sua volta  il  padiglione, ormai deserto. In mezzo al cortile, guardato da
mezza dozzina di servi e coricato su un tappeto, giaceva  il  cadavere del dignitario, un alto funzionario della corte a
un alto funzionario della corte a quanto sembrava.  Il  veleno aveva operato rapidamente troncandogli la vita
troncandogli la vita ancora giovane e gagliardo.  Il  portoghese, più commosso di quanto lo credeva, si levò il
Il portoghese, più commosso di quanto lo credeva, si levò  il  cappello, mormorando con ira: - Un giorno, anche tu, povero
gli sbarrò la via, cadendogli ai piedi in ginocchio. Era  il  calicaren, ossia il capo degli attori. - Sahib, - gli
cadendogli ai piedi in ginocchio. Era il calicaren, ossia  il  capo degli attori. - Sahib, - gli disse, - salvami. Noi
- In causa della commedia che noi abbiamo rappresentato.  Il  rajah è furibondo ed ha giurato di farci tagliare il collo
Il rajah è furibondo ed ha giurato di farci tagliare  il  collo allo spuntare del sole. - Chi te lo ha detto? -
del sole. - Chi te lo ha detto? - L'altro uomo bianco -  Il  favorito? - Sì, sahib. - Vuoi un consiglio? - Dammelo
e va' a rappresentare i tuoi drammi nel Bengala. Kubang! -  Il  capo della scorta si era fatto avanti. - Da' a quest'uomo
teatro. - Come vuoi, purché non ti acciuffino prima che  il  sole si alzi. - Il rajah non ci prenderà più, sahib. Se
vuoi, purché non ti acciuffino prima che il sole si alzi. -  Il  rajah non ci prenderà più, sahib. Se posso esserti
la scala ed entrò nel suo appartamento dove lo aspettava  il  maggiordomo. Per la prima volta in vita sua il portoghese
lo aspettava il maggiordomo. Per la prima volta in vita sua  il  portoghese appariva molto preoccupato. - Sbarrate la porta,
che cosa possa accadere. - Siamo in sei, capitano - rispose  il  capo della scorta. - Tu puoi dormire tranquillamente perché
stappando una bottiglia di gin, la fiutò a lungo, poi empì  il  bicchiere e lo porse al chitmudgar dicendogli: - Avresti
del rajah? - Me lo hanno raccontato, sahib - rispose  il  chitmudgar. - Era il tesoriere del principe. - Sai che
lo hanno raccontato, sahib - rispose il chitmudgar. - Era  il  tesoriere del principe. - Sai che quell'uomo ha vuotato il
il tesoriere del principe. - Sai che quell'uomo ha vuotato  il  bicchiere che era stato offerto a me? - Che cosa dici,
che alla corte abbia qualche interesse a sopprimermi? -  Il  maggiordomo era rimasto silenzioso. - Il rajah? - No, è
a sopprimermi? - Il maggiordomo era rimasto silenzioso. -  Il  rajah? - No, è impossibile! - esclamò l'indiano. - Egli ti
della kala-bâgh. - E allora? - L'altro uomo bianco. -  Il  favorito, è vero? - L'indiano ebbe una breve esitazione,
certo, - disse Yanez. - Egli teme che tu mylord, gli prenda  il  posto. - Credi tu che questo liquore sia avvelenato? -
con animo tranquillo. - Bevi allora. - Ecco mylord. -  Il  chitmudgar vuotò, senza esitare, d'un sol colpo il
- Il chitmudgar vuotò, senza esitare, d'un sol colpo  il  bicchiere. - È eccellente, mylord. - Allora berrò anch'io,
a riposarti ora: se avrò bisogno di te ti farò chiamare. -  Il  maggiordomo fece un profondo inchino e si ritirò. Yanez
- La giornata è stata pesante, tuttavia non ho perduto  il  mio tempo inutilmente. Le frutta le raccoglieremo più
che le spetta e di mandare a casa del diavolo Sindhia.  Il  ragno malefico è quel dannato greco dell'Arcipelago. Domani
malefico è quel dannato greco dell'Arcipelago. Domani farò  il  possibile di darti una terribile lezione. -
Esther e fattala scendere dalla rupe,  il  marchese ed El-Haggar si misero senza indugio in cerca di
lungo l'enorme parete rocciosa. "Cerchiamo innanzi tutto  il  mehari," aveva detto il marchese. "Se le sabbie non lo
rocciosa. "Cerchiamo innanzi tutto il mehari," aveva detto  il  marchese. "Se le sabbie non lo hanno sepolto, in qualche
fra le sabbie." "Dove si trova la seconda grotta?" chiese  il  marchese. "A quattro o cinquecento passi da qui." Si misero
la parete rocciosa, guardando attentamente le sabbie che  il  simun aveva accumulato in enorme quantità contro quel
moro. "Là! Là!" esclamò, indicando una piccola duna. "Vedo  il  mehari! Esso è coricato fra le sabbie!" "Che sia morto
coricato fra le sabbie!" "Che sia morto soffocato?" chiese  il  marchese. "Se fosse vivo si sarebbe alzato." Quando gli fu
alzato." Quando gli fu vicino, dovette convincersi che  il  povero animale era veramente morto. Esso giaceva su un
zampe rattrappite, la bocca coperta di schiuma sanguigna ed  il  ventre squarciato in così orribile modo che ne uscivano
ne uscivano gl'intestini. "Chi può averlo ucciso?" esclamò  il  moro, al colmo dello stupore. "Le sabbie ed il simun non
esclamò il moro, al colmo dello stupore. "Le sabbie ed  il  simun non entrano per nulla nella sua morte!" Il marchese
sabbie ed il simun non entrano per nulla nella sua morte!"  Il  marchese si era chinato sul povero animale, osservandolo
"Che un leone affamato lo abbia assalito?" si chiese  il  moro, guardando con paura le dune che li circondavano e
le dune che li circondavano e armando precipitosamente  il  suo lungo fucile rabescato. "Se non è stato un leone, sarà
"E Ben! E Rocco! Che siano stati divorati?" si chiese  il  marchese. "Si vedrebbero altre macchie di sangue o qualche
"No, non è possibile che siano stati assaliti durante  il  simun." "Cerchiamoli, El-Haggar," disse Esther, che era
"Si trova dinanzi a noi, dietro quell'ammasso di sabbie."  Il  moro aveva portato con sé due pale ed una zappa, che aveva
in sentinella, temendo che l'animale che aveva sventrato  il  povero mehari si aggirasse dietro le dune, il marchese ed
sventrato il povero mehari si aggirasse dietro le dune,  il  marchese ed il moro si misero a scavare febbrilmente. La
povero mehari si aggirasse dietro le dune, il marchese ed  il  moro si misero a scavare febbrilmente. La sabbia accumulata
minuti la parte superiore della volta doveva scoprirsi.  Il  lavoro era tutt'altro che facile. La sabbia, continuando a
istante di travolgere e anche seppellire i due uomini. Già  il  marchese ed il moro ne avevano fatto cadere una quantità
e anche seppellire i due uomini. Già il marchese ed  il  moro ne avevano fatto cadere una quantità enorme, mettendo
l'un l'altro con viva ansietà. "Hai udito?" chiese  il  marchese al moro. "Sì," rispose questi. "Dei ruggiti, è
"Dei ruggiti, è vero?" "E anche delle grida umane." "Che  il  leone o la pantera, dopo aver sventrato il mehari, si siano
umane." "Che il leone o la pantera, dopo aver sventrato  il  mehari, si siano rifugiati qui dentro?" "Tutti gli animali
si siano rifugiati qui dentro?" "Tutti gli animali temono  il  simun e quando le sabbie si sollevano cercano un ricovero."
di chiarire questo mistero." "Adagio, signore," disse  il  moro, raccogliendo il suo fucile e mettendoselo accanto.
mistero." "Adagio, signore," disse il moro, raccogliendo  il  suo fucile e mettendoselo accanto. "Il leone potrebbe
su di noi d'improvviso, appena vede un'apertura."  Il  marchese afferrò la zappa e si rimise a scavare, mentre il
Il marchese afferrò la zappa e si rimise a scavare, mentre  il  moro colla pala continuava a far largo. D'improvviso videro
videro aprirsi dinanzi un buco e si sentirono mancare  il  terreno sotto i piedi. Avevano messo allo scoperto la cima
scoperto la cima dell'entrata e la sabbia era caduta entro  il  rifugio. Stavano per impugnare le armi, quando vennero
carabina sparato da Esther. "Tuoni dell'Argentaro!" esclamò  il  marchese, rialzandosi prontamente col fucile in pugno. A
aveva risposto "Padrone! Badate ai leoni!" "Rocco!" gridò  il  marchese. Come potevano trovarsi là dentro, ancora vivi, se
aveva esclamato Esther. "Ho udito la voce di Rocco," disse  il  marchese. "Ben! Ben!" gridò Esther. Una voce che pareva
spaventevoli impedì di udire la risposta. "Indietro!" gridò  il  marchese. "Preparate le armi!" Si erano precipitati giù
ad impazientirsi. "Pare che siano in parecchi," disse  il  marchese, il quale teneva il fucile puntato verso
"Pare che siano in parecchi," disse il marchese,  il  quale teneva il fucile puntato verso l'apertura. "Una
che siano in parecchi," disse il marchese, il quale teneva  il  fucile puntato verso l'apertura. "Una famiglia intera,"
e si sforzava di allargarlo, facendo crollare le sabbie.  Il  marchese, il moro e la giovane puntarono rapidamente le
di allargarlo, facendo crollare le sabbie. Il marchese,  il  moro e la giovane puntarono rapidamente le armi mirando
mandava ruggiti assordanti. "Aspettiamo che esca," disse  il  corso. "Se lo uccidiamo sul posto, impedirà l'uscita agli
simultaneamente e forse troppo precipitosamente, perché  il  leone non parve che fosse stato toccato dalle loro palle.
duna, dove si fermò in atto di sfida, facendo rintronare  il  deserto dei suoi possenti ruggiti. Il marchese stava per
facendo rintronare il deserto dei suoi possenti ruggiti.  Il  marchese stava per prenderlo di mira, intanto che il moro e
Il marchese stava per prenderlo di mira, intanto che  il  moro e la giovane ebrea ricaricavano frettolosamente le
caverna. Era una superba leonessa, grossa quasi quanto  il  maschio e certamente non meno pericolosa. Con uno slancio
pericolosa. Con uno slancio superò la distanza e raggiunse  il  compagno. "Ritiratevi verso la caverna!" gridò il marchese
raggiunse il compagno. "Ritiratevi verso la caverna!" gridò  il  marchese al moro ed alla giovane. "Stanno per assalirci!" I
ruggendo spaventosamente e mostrando i formidabili denti.  Il  maschio soprattutto faceva paura, con quella criniera irta
parere due volte più grosso. "Stringetevi a me," disse  il  marchese a El-Haggar e alla giovane. "Tenetevi pronti a
sicuro del proprio colpo, ma dubitava molto di El-Haggar,  il  quale pareva che avesse perduto completamente la testa. Il
il quale pareva che avesse perduto completamente la testa.  Il  povero diavolo tremava come se avesse la febbre ed il
Il povero diavolo tremava come se avesse la febbre ed  il  fucile ballava fra le sue mani malferme. "Esther," disse,
margine della caverna, entrambi inermi. "Fuggite!" gridò  il  marchese. I due leoni, udendo le grida dei loro
delle loro vittime. L'occasione era propizia per colpirli.  Il  marchese mirò il leone e fece fuoco. La belva mandò un
L'occasione era propizia per colpirli. Il marchese mirò  il  leone e fece fuoco. La belva mandò un ruggito spaventevole,
ma stramazzò giù dalla duna. La leonessa, vedendo cadere  il  suo compagno, s'avventò furiosamente contro il marchese e
cadere il suo compagno, s'avventò furiosamente contro  il  marchese e lo atterrò di colpo, posandogli una zampa sul
la colpivano alla gola e alla testa. Non ebbe nemmeno  il  tempo di mandare un ruggito e cadde addosso al marchese,
al marchese, fulminata. Esther, pallida, coll'angoscia ed  il  terrore scolpiti sul viso, si era precipitata verso il
ed il terrore scolpiti sul viso, si era precipitata verso  il  signor di Sartena, credendo che fosse stato ferito.
stato ferito. "Marchese! Marchese!" esclamò con voce rotta.  Il  corso con una violenta scossa si era sbarazzato della fiera
giorni ancora e  il  Reuccio Sansonetto compiva diciott'anni, età che, secondo
con la quale era fidanzato fin dall'infanzia. Ingannava  il  tempo mangiando ciliege e scagliando i noccioli sui
sui passanti, con una piccola fionda. I beffati alzavano  il  volto incolleriti, ma l'inchinavano tosto, ossequiosi,
ma l'inchinavano tosto, ossequiosi, appena riconoscevano  il  reale schernitore. E il Reuccio rideva e i cortigiani
ossequiosi, appena riconoscevano il reale schernitore. E  il  Reuccio rideva e i cortigiani ridevano con lui. Passò una
vecchina dai capelli candidi, dal naso enorme e paonazzo e  il  Reuccio cominciò a berteggiarla: - Oh, comare Peperona! Oh,
la colpì con un nocciolo sul naso. La vecchietta si grattò  il  naso dolente, si chinò tremante, raccolse, strinse il
il naso dolente, si chinò tremante, raccolse, strinse  il  nocciolo tra il pollice e l'indice e lo rinviò all'erede al
si chinò tremante, raccolse, strinse il nocciolo tra  il  pollice e l'indice e lo rinviò all'erede al trono. Le grida
della via, ed era scomparsa. Al tocco aspro del nocciolo  il  Reuccio Sansonetto vacillò, come preso da vertigini; poi
ed inquieti: - Che cosa vi sentite? - Sento... sento... E  il  Reuccio rideva, rideva senza poter rispondere. - Che cosa
poter rispondere. - Che cosa vi sentite? - Sento... sento  il  tempo che va indietro! Il tempo che va indietro! Che cosa
cosa vi sentite? - Sento... sento il tempo che va indietro!  Il  tempo che va indietro! Che cosa buffa! Ah, se provaste! Che
avanti!... E rideva, e per quanto tentasse di avanzare  il  piede non gli riusciva di fare un passo innanzi, ed era
orecchi, a chiudere gli occhi, come preso da vertigini. -  Il  tempo che va indietro! che strano effetto, che cosa buffa,
Bellucci per causa di Virginia. - È vero - mi ha detto  il  Bellucci - che tua sorella ha sposato quell'arruffapopoli
dell'avvocato Maralli? - È vero - gli ho risposto - ma  il  Maralli non è quello che dici tu: invece è un uomo
d'ingegno, e presto sarà deputato. - Deputato? Bum!... - E  il  Bellucci si è coperto la bocca, soffocando una risata. Io,
un braccio. - Ma non sai - ha ripreso lui - che per fare  il  deputato ci vogliono dimolti, ma dimolti quattrini? Sai chi
chi sarà deputato? Mio zio Gaspero: ma lui è commendatore e  il  Maralli no; lui è stato sindaco e il Maralli no; lui è
lui è commendatore e il Maralli no; lui è stato sindaco e  il  Maralli no; lui è amico di tutte le persone più altolocate
no; lui è amico di tutte le persone più altolocate e  il  Maralli no; lui ha l'automobile e il Maralli no... - Che
più altolocate e il Maralli no; lui ha l'automobile e  il  Maralli no... - Che c'entra l'automobile! - gli ho detto. -
campagna e anche in cima ai monti a fare i discorsi, mentre  il  Maralli, se ci vuole andare, bisogna che ci vada a piedi...
bisogna che ci vada a piedi... - Nel paesi di campagna?  Il  mio cognato, per una certa regola tua, è il capo di tutti
di campagna? Il mio cognato, per una certa regola tua, è  il  capo di tutti gli operai e di tutti i contadini, e se il
è il capo di tutti gli operai e di tutti i contadini, e se  il  tuo zio va in campagna anche con l'automobile ci troverà
- Bum! bum! - Quando poi s'esce di scuola, te lo dò io  il  bum! - Lui s'è chetato perché sa, come sanno tutti, che
- Ora facciamo i conti fra noi! - Ma lui ha affrettato  il  passo e, appena fuori, è montato sull'automobile di suo zio
di tutti i nostri compagni, mentre lo scioffèr girava  il  manubrio e via di gran corsa... Non importa. Gliele darò
 Il  mio braccio è molto peggiorato a causa dello sforzo fatto
sforzo fatto ieri per salire nella rete del compartimento.  Il  Collalto mi ha portato stamani da quel suo amico che fa le
quel suo amico che fa le cure elettriche, e che si chiama  il  professor Perussi il quale, dopo avermi visitato, mi ha
fa le cure elettriche, e che si chiama il professor Perussi  il  quale, dopo avermi visitato, mi ha detto: - Ci vorrà una
ho detto io. - O che hai piacer a star male? - ha esclamato  il  professore sorpreso. - No, ma mi piace tanto di stare a
con tutte quelle macchine deve essere molto divertente... -  Il  professor Perussi ha incominciato subito a farmi il
- Il professor Perussi ha incominciato subito a farmi  il  massaggio elettrico applicandomi la corrente con una
complicata che mi faceva come un gran formicolìo in tutto  il  braccio, mentre io ridevo a più non posso. - Questa - ho
più non posso. - Questa - ho detto - è la macchina per fare  il  solletico... Ci vorrebbe per il signor Tyrynnanzy che, dopo
- è la macchina per fare il solletico... Ci vorrebbe per  il  signor Tyrynnanzy che, dopo l'affare del segnale d'allarme,
d'allarme, è diventato così serio! - Vergognati! - ha detto  il  Collalto; ma l'ha detto ridendo. * * * Mia sorella Luisa mi
nelle sue cose e anche un po' meticolosa, e poi perché  il  dottor Collalto è specialista per le malattie del naso,
- tu anderai molto fuori, a veder Roma, e ti accompagnerà  il  cavalier Metello che la conosce sasso per sasso. -
ha brontolato anche oggi perché sono stato tutto  il  giorno a pescare; ma il peggio è che, avendo il vestito
anche oggi perché sono stato tutto il giorno a pescare; ma  il  peggio è che, avendo il vestito buono, ho fatto un bello
stato tutto il giorno a pescare; ma il peggio è che, avendo  il  vestito buono, ho fatto un bello strappo ai calzoni e una
son salito su dall'usciolino di cucina, per cambiarmi  il  vestito. A pranzo mia sorella mi ha detto: - Giannino,
mia sorella mi ha detto: - Giannino, anche oggi è venuto  il  maestro a fare il rapporto della tua assenza; se seguiti
ha detto: - Giannino, anche oggi è venuto il maestro a fare  il  rapporto della tua assenza; se seguiti così, lo dirò
tempo dei tempi viveva a Palermo un Duca che era  il  primo signore della città. Basti dire che aveva maritata
dire che aveva maritata Fumea sorella col Re stesso; ma  il  palazzo del Duca era più bello e più vasto di quello del
rappresentava una ragazza di una bellezza non mai veduta.  Il  nipote Reuccio un giorno andò a far visita allo zio e,
al quadro e lo chiamò per fargliene osservare altri ; ma  il  Reuccio non gli dava ascolto e restava lì ad ammirare le
dov'è? Come andarci ? - A questo ci penso io, - disse  il  Duca. - Io ho un porco fatato, che vola per l'aria come
Io monti, chiudi gli occhi, indichi dove tu vuoi andare e  il  porco ti ci porta. - Per dir la verità il Reuccio non era
tu vuoi andare e il porco ti ci porta. - Per dir la verità  il  Reuccio non era punto allettato dall'idea di cavalcare il
il Reuccio non era punto allettato dall'idea di cavalcare  il  porco volante ! Per fortuna il tempo era coperto, ma se
dall'idea di cavalcare il porco volante ! Per fortuna  il  tempo era coperto, ma se mentre s'inalzava al disopra della
coloro sui quali un giorno doveva regnare ? però era tanto  il  desiderio che aveva di vedere i vicino l'originale del
comparire la luna in quel momento ? Non lo credo, perché  il  cielo è tutto bigio uniforme. E poi, anche se mi vedono ?
che vola. - Così rassicurato, stabilì con lo zio che dopo  il  pranzo di Corte sarebbe andato da lui per cavalcare il
dopo il pranzo di Corte sarebbe andato da lui per cavalcare  il  porco. Di fatto la sera andò dallo zio, si fece condurre il
il porco. Di fatto la sera andò dallo zio, si fece condurre  il  porco nel cortile, lo inforcò, gli disse dove doveva
dov'era seduta la bella ragazza del quadro a prendere  il  fresco. Per fortuna il cielo rimase coperto, l'aria scura,
bella ragazza del quadro a prendere il fresco. Per fortuna  il  cielo rimase coperto, l'aria scura, e nessun indiscreto
l'aria scura, e nessun indiscreto raggio di luna illuminò  il  Reuccio mentre s'inalzava sui tetti della capitale a
al porco grasso pinato. Però la luna comparve quando  il  porco discese sulla terrazza dove la bella ragazza stava a
sulla terrazza dove la bella ragazza stava a prendere  il  fresco, ed una risata squillante accolse il giovane
a prendere il fresco, ed una risata squillante accolse  il  giovane Principe, una risata che mise in mostra i denti
par mio. Che cosa crede che mi abbia fatto sprezzare  il  ridicolo? Soltanto il desiderio di vederla e conoscerla. -
crede che mi abbia fatto sprezzare il ridicolo? Soltanto  il  desiderio di vederla e conoscerla. - Nel sentire che il
il desiderio di vederla e conoscerla. - Nel sentire che  il  cavaliere era nientemeno che il Reuccio, la bella ragazza
- Nel sentire che il cavaliere era nientemeno che  il  Reuccio, la bella ragazza cambiò subito tono. - Vostra
spero vorrà farmi l' onore di partecipare. - Naturalmente  il  Reuccio accettò e la ragazza battè su un timbro d' argento.
comparve un bei Paggio al quale ella ordinò di chiamare  il  maggiordomo. Il maggiordomo comparve, e benché fosse un
bei Paggio al quale ella ordinò di chiamare il maggiordomo.  Il  maggiordomo comparve, e benché fosse un tantino troppo
cavalieri. II maggiordomo s' inchinò ed uscì. Frattanto  il  Reuccio non si saziava, al chiarore della luna, di guardare
certo punto fu annunziato che la cena era pronta, ed allora  il  Reuccio offrì la mano alla bella ragazza e passarono in una
in una sala già affollata di gente, e quel che colpì  il  Principe si fu che tutte le signore erano belle quasi come
al confronto degli altri gli pareva dessero un vero mostro.  Il  Reuccio ebbe a cena il posto d' onore accanto alla giovane
gli pareva dessero un vero mostro. Il Reuccio ebbe a cena  il  posto d' onore accanto alla giovane padrona di casa, che
tutti bellissimi, e tutti, servi e convitati, guardavano  il  Reuccio con una specie di repulsione, tutti, meno che la
terrazza dove egli sarebbe rimasto sempro a guardarla, se  il  porco, che era stato dimenticato, non si fosse messo a
per avvertirlo che era tempo di tornare alla capitale.  Il  Reuccio pensò che tornando di giorno ed essendo veduto a
si fece promettere che sarebbe tornato. Si dissero addio e  il  giovane, inforcato il porco, tornò al palazzo del Duca zio
sarebbe tornato. Si dissero addio e il giovane, inforcato  il  porco, tornò al palazzo del Duca zio in un momento, e di là
momento, e di là alla Reggia, senza esser veduto da alcuno.  Il  giorno dopo era di nuovo dallo zio a chiedergli in prestito
giorno dopo era di nuovo dallo zio a chiedergli in prestito  il  porco. Ma lo zio non l'intendeva di affaticare tanto un
tanto un animale così prezioso, che lo portava per  il  mondo a vederne tutte le meraviglie, senza fatica ne
le meraviglie, senza fatica ne pericolo. Sì, no, finalmente  il  Reuccio tanto disse, tanto si raccomandò, promise tanta
disse, tanto si raccomandò, promise tanta gratitudine che,  il  Duca zio pensando che un giorno il nipote sarebbe stato Re
tanta gratitudine che, il Duca zio pensando che un giorno  il  nipote sarebbe stato Re ed egli avrebbe potuto chiedergli
chiedergli molti favori in compenso di quello, gli prestò  il  porco. II Reuccio fu condotto in un momento sulla solita
sulla solita terrazza dove la bella ragazza prendeva  il  fresco, e anche quella sera ella gli rivolse tante domande
che facesse giorno, soltanto a patto che sarebbe tornato.  Il  terzo giorno il nipote era di nuovo dal Duca zio a pregarlo
soltanto a patto che sarebbe tornato. Il terzo giorno  il  nipote era di nuovo dal Duca zio a pregarlo e scongiurarlo
nuovo dal Duca zio a pregarlo e scongiurarlo di prestargli  il  porco. Da prima il Duca si rifiutò, ma poi promise che
a pregarlo e scongiurarlo di prestargli il porco. Da prima  il  Duca si rifiutò, ma poi promise che glielo avrebbe prestato
ma poi promise che glielo avrebbe prestato ; però, quando  il  padrone avvertì il porco di tenersi pronto per la sera,
glielo avrebbe prestato ; però, quando il padrone avvertì  il  porco di tenersi pronto per la sera, l'animale disse che
e dove non trovava neppure un trogolo per dissetarsi.  Il  Duca gli rispose : - Hai ragioni da vendere, ma senti,
in gatto, va' nella sala, balza sulla tavola e ruba  il  pesce dal piatto della bella ragazza. Lei per iscacciarti
piatto della bella ragazza. Lei per iscacciarti ti tirerà  il  bicchiere, che non ti colpirà, ma andrà in tanti pezzi.
che non ti colpirà, ma andrà in tanti pezzi. Quando  il  Reuccio si alzerà da tavola, scivolerà sul pavimento di
In tal maniera, porco mio, si salva capra e cavoli, perché  il  rifiuto d'imprestarti a lui non viene da me, ma è il
perché il rifiuto d'imprestarti a lui non viene da me, ma è  il  Reuccio stesso che non ti chiede più, mi hai capito? - II
alla Corte e sapeva che cosa era la politica, approvò  il  piano del suo padrone e lo seguì a puntino. Di fatto,
a puntino. Di fatto, quando tutti furono seduti a cena e  il  Reuccio era tutt'occhi per la bella ragazza, esso si
cristallo che aveva davanti e gliela scaglia contro.  Il  gatto fa cilecca e scappa, ma la coppa si infrange sul
i pezzi più grossi, ma gli altri li lasciano, e quando  il  Reuccio sbalza da tavola, scivola sul pavimento dove il
il Reuccio sbalza da tavola, scivola sul pavimento dove  il  gatto aveva strascinata la triglia e cade lungo disteso in
e la rimprovera acerbamente. Questa vuoi calmarlo, ma  il  sangue incomincia a scorrere sul volto del Reuccio, che
del Reuccio, che tutto irato corre alla terrazza, chiama  il  porco, lo inforca e giunge insanguinato da far paura al
e grida e si lamenta e mette sottosopra la Reggia.  Il  Re, quando lo vede, si mette le mani nei capelli e si
che dire, e in un momento tutta la capitale è informata che  il  Reuccio è moribondo. Ne è informato anche il Duca zio, che
informata che il Reuccio è moribondo. Ne è informato anche  il  Duca zio, che corre subito, si sbraccia, propone rimedi e
a consulto i medici della capitale, e tutti, vedendo  il  viso del Reuccio che mandava sangue da mille ferite, si
strana e nuova e non sapevano che cosa consigliare. Intanto  il  paziente, che piangeva per una pipita alzata intorno
commiserava. - Qui non c'è che da fare un bando ! - suggerì  il  Duca zio che già aveva suggerite tante cose. E il Re, che
- suggerì il Duca zio che già aveva suggerite tante cose. E  il  Re, che non aveva più testa, e si faceva guidare in tutto e
guidare in tutto e per tutto dal cognato, disse: - Facciamo  il  bando ! Il bando fu fatto e annunziava: " Chi guarirà il
tutto e per tutto dal cognato, disse: - Facciamo il bando !  Il  bando fu fatto e annunziava: " Chi guarirà il Reuccio avrà
il bando ! Il bando fu fatto e annunziava: " Chi guarirà  il  Reuccio avrà una grande ricompensa. Lasciamo il Reuccio a
Chi guarirà il Reuccio avrà una grande ricompensa. Lasciamo  il  Reuccio a smaniare e torniamo dalla bella ragazza. II
triglia nell'aprirla vide che gettava sangue. Ella chiama  il  cuoco e lo rimprovera perché non aveva cotto bene il pesce.
chiama il cuoco e lo rimprovera perché non aveva cotto bene  il  pesce. - II pesce è stato al fuoco un'ora, e in un'ora si
volte una triglia. Questa non è cosa naturale, - risponde  il  cuoco. Allora la bella ragazza chiama la sua cameriera che
che pensa a Vossignoria sta per morire svenato. - È dunque  il  Reuccio che muore per le ferite dei pezzetti di cristallo !
sulle ferite, ne farà uscire tutti i pezzetti di vetro, e  il  Reuccio sarà immediatamente salvo. - La bella ragazza si
- La bella ragazza si traveste da dottore, s' impiastriccia  il  viso con una pomata giallastra, si tinge le sopracciglia,
distante. per tutto incontrava messi reali che facevano  il  bando. "Chi guarirà il Reuccio avrà una gran ricompensa!" E
incontrava messi reali che facevano il bando. "Chi guarirà  il  Reuccio avrà una gran ricompensa!" E per tutto vedeva
del Reuccio. Giunta che fu a Palermo, andò subito sotto  il  Palazzo Reale e chiese di essere ammessa in camera del
un medico, salirono dal Re e gli fecero l' ambasciata.  Il  povero Re, da che il figlio era in quello stato, non
dal Re e gli fecero l' ambasciata. Il povero Re, da che  il  figlio era in quello stato, non dormiva e non mangiava più,
non dormiva e non mangiava più, e sempre aspettava che  il  bando fatto gli portasse chi aveva il rimèdio per guarire
sempre aspettava che il bando fatto gli portasse chi aveva  il  rimèdio per guarire il Reuccio. Non appena gli dissero che
bando fatto gli portasse chi aveva il rimèdio per guarire  il  Reuccio. Non appena gli dissero che c'era un medico così e
al Re che, se l'avesse lasciata sola, gli avrebbe guarito  il  figlio. Il Re uscì, i medici di Corte che assistevano il
se l'avesse lasciata sola, gli avrebbe guarito il figlio.  Il  Re uscì, i medici di Corte che assistevano il ferito
il figlio. Il Re uscì, i medici di Corte che assistevano  il  ferito uscirono, e il finto medico rimase solo e si sentiva
i medici di Corte che assistevano il ferito uscirono, e  il  finto medico rimase solo e si sentiva lacerare il cuore
e il finto medico rimase solo e si sentiva lacerare  il  cuore vedendo il Reuccio tutto nero in viso, tutto gonfio e
medico rimase solo e si sentiva lacerare il cuore vedendo  il  Reuccio tutto nero in viso, tutto gonfio e sanguinante,
spasimare a quel modo. La bella ragazza cavò fuori  il  vasetto dell'unguento, e piano piano ne unse tutto il viso
fuori il vasetto dell'unguento, e piano piano ne unse tutto  il  viso al Reuccio, ma per quanto facesse con tutta
delle dita e li cavava. Dopo un'ora erano tutti usciti,  il  Reuccio non urlava ne smaniava più e si sentiva sollevato.
lo do, - gli disse. - Non voglio nulla, Maestà, - rispose  il  finto medico. - Voglio soltanto l'anello col sigillo che il
il finto medico. - Voglio soltanto l'anello col sigillo che  il  Reuccio porta in dito e questi pezzetti di vetro che gli si
si erano conficcati nelle carni. - Vi sia concesso, - disse  il  Re. Il fìnto medico se li prese, uscì da palazzo e subito
conficcati nelle carni. - Vi sia concesso, - disse il Re.  Il  fìnto medico se li prese, uscì da palazzo e subito partì.
se li prese, uscì da palazzo e subito partì. Frattanto  il  Reuccio era guarito dalle ferite, ma l'odio che aveva preso
dite quel che volete, ma io stasera voglio che mi prestiate  il  porco per andare da quella maledetta ragazza. - E che vuoi
che non voleva, dopo quel che era successo, contraddire  il  nipote. Quando è notte, il Reuccio inforca il porco, gli
che era successo, contraddire il nipote. Quando è notte,  il  Reuccio inforca il porco, gli dice dove deve portarlo,
contraddire il nipote. Quando è notte, il Reuccio inforca  il  porco, gli dice dove deve portarlo, chiude gli occhi e il
il porco, gli dice dove deve portarlo, chiude gli occhi e  il  porco parte volando. Vola vola, arriva in un momento sulla
sulla terrazza dove la bella ragazza stava a prendere  il  fresco al lame di luna e appena le è davanti le dice : - Tu
: - Tu sei quella che volevi farmi morire. Per questo ho  il  diritto di uccider te, - e sfodera una taglientissima spada
fanno più presa su di me. Conosco la tua infamia e voglio  il  tuo sangue, per tutto quello che mi hai fatto spargere. -
ragazza. - Chi vi guari, chi vi rese la vita ? - Risponde  il  Reuccio : - Un medico forestiero, venuto non si sa di dove
questi pozzetti di vetro! Guardate quest'anello ! -  Il  Reuccio, vedendo quelle cose, rimase allibito. - Il medico
! - Il Reuccio, vedendo quelle cose, rimase allibito. -  Il  medico straniero ero io, io vi guarii e chiesi per la
questa sola ricompensa. Dovete sapere che io non volli  il  vostro male, ma lo volle una persona malvagia, gelosa di me
gelosa di me e noiata che le chiedeste continuamente  il  porco per venire a trovarmi. - Il Reuccio, senza che lei si
chiedeste continuamente il porco per venire a trovarmi. -  Il  Reuccio, senza che lei si spiegasse di più, capì hi era
zio fìngeva di non capir nulla. - Sei ammattito, nipote ?  Il  viaggio aereo ti ha sconvolto il cervello, oppure te lo ha
- Sei ammattito, nipote ? Il viaggio aereo ti ha sconvolto  il  cervello, oppure te lo ha indebolito la gran perdita di
quel sangue che grida vendetta contro di voi. Sparite ! -  Il  Duca zio non aveva mai veduto il Reuccio così in furia e fu
contro di voi. Sparite ! - Il Duca zio non aveva mai veduto  il  Reuccio così in furia e fu assalito dal timore che lo
furia e fu assalito dal timore che lo ammazzasse davvero.  Il  porco era lì presente, e senza pensare all'ilarità che
Come non sarai chiamato più! Olà! Venga  il  carnefice con la scure e il ceppo! Ti chiamerai ...
sarai chiamato più! Olà! Venga il carnefice con la scure e  il  ceppo! Ti chiamerai ... Senzatesta! (Riprende a mangiare.)
quel che non vorrei! - Che cosa, Maestà? A questa domanda  il  Re non dava mai risposta. Scrollava il capo, si sentiva
A questa domanda il Re non dava mai risposta. Scrollava  il  capo, si sentiva venire le lacrime agli occhi e andava a
di entrare. Tutti però sapevano che là dentro c'era  il  Reuccio, ma Ministri e cortigiani non avevano mai potuto
ma Ministri e cortigiani non avevano mai potuto penetrare  il  mistero di quella reclusione. Eran passati dieci anni dalla
vita, si diceva che, per superbia, non volesse far vedere  il  suo figliuolo a nessuno. Quando lei morì e il Re continuò a
far vedere il suo figliuolo a nessuno. Quando lei morì e  il  Re continuò a tener nascosto il Reuccio in quelle
nessuno. Quando lei morì e il Re continuò a tener nascosto  il  Reuccio in quelle impenetrabili stanze del palazzo reale,
cominciarono a correre attorno tante brutte voci. - Sapete?  Il  Reuccio ha la testa di un serpente. - Ma che! Non ha
biondo di capelli, con occhi azzurri di grande dolcezza,  il  Reuccio, un giorno, tutt'a un tratto, appena aveva
venire come un pendolo, regolarmente, incessantemente; e se  il  Re, impietosito, tentava di impedirglielo, stringendolo tra
spinto, con forza, a far lo stesso va e vieni, da averne  il  capogiro. Per poco non sembrava di udire il tic-tac,
da averne il capogiro. Per poco non sembrava di udire  il  tic-tac, tic-tac di un vero pendolo in movimento. Per
tic-tac di un vero pendolo in movimento. Per fortuna,  il  Reuccio non soffriva. Parlava, scherzava, rideva pur
da manca a diritta, ma faceva male a chi lo guardava, e  il  Re specialmente non poteva assistere a lungo a quel triste
prescritti. E, dopo due mesi, erano spariti lasciando  il  Reuccio nello stesso stato di prima: tic-tac, tic-tac, da
Per questo la Regina gli aveva messo nome Pendolino, e  il  Re continuava a chiamarlo così. Nessuno osava di domandare
a chiamarlo così. Nessuno osava di domandare al Re: - E  il  Reuccio, Maestà? Ora, dovete sapere che nel giardino reale
una rosa all'anno, meravigliosa di colore e di profumo. Era  il  fiore prediletto della Regina, e il Re, dopo la morte di
e di profumo. Era il fiore prediletto della Regina, e  il  Re, dopo la morte di lei, non l'aveva mai colta. La Regina,
rosa si sfogliava e seccava su la pianta. Una mattina,  il  Re stava per salire in carrozza davanti al palazzo reale,
rosa rara del vostro giardino ... Per carità, Sacra Corona!  Il  Re si rammentò della raccomandazione della Regina in punto
addietro e andò a cogliere di sua mano la rosa apertasi  il  giorno avanti. Il Re ebbe un abbagliamento; gli parve che
a cogliere di sua mano la rosa apertasi il giorno avanti.  Il  Re ebbe un abbagliamento; gli parve che quella vecchina
sorridente, con folta chioma di oro ... Fu un istante.  Il  Re si strofinò gli occhi e vide di nuovo la vecchina, curva
ringraziamento, la mano. E quale non fu la sua sorpresa,  il  giorno appresso, trovandola nella stanza del Reuccio! Il Re
il giorno appresso, trovandola nella stanza del Reuccio!  Il  Re ne sentì gran dispetto. - Chi vi ha fatto entrare qui? -
sta celata! E la vecchina diè in un vivace scoppio di risa.  Il  Re si credette beffato e fece atto di prenderla per le
volta stava fermo. - Strega o Fata che siete, se guarite  il  Reuccio vi darò tanto oro quanto pesa. - Ve ne posso
Freccia-Frecciaio, temprata al rovaio, ché al mondo non c'è  il  paio, di Freccia-Frecciaio. - E dov'è la freccia ... - ...
Freccia-Frecciaio, temprata al rovaio, ché al mondo non c'è  il  paio? - Sì, dov'è? - Fate un bando, Maestà. Appena si saprà
temprata al rovaio ... - Sì, lo so - la interruppe  il  Re - ché al mondo non c'è il paio ... - Ebbene, giacché lo
- Sì, lo so - la interruppe il Re - ché al mondo non c'è  il  paio ... - Ebbene, giacché lo sapete, mandatelo a chiamare.
altro più vivace scoppio di risa. Intanto essa aveva tolto  il  dito dallo stomaco del Reuccio e questi aveva ripreso il
il dito dallo stomaco del Reuccio e questi aveva ripreso  il  suo movimento di pendolo, da diritta a manca, da manca a
da diritta a manca, da manca a diritta, tic-tac, tic-tac!  Il  Re si voltò e fece appena in tempo da vedere che la
andava via pel buco della serratura. - Maestà - pregò  il  Reuccio. - Fate subito il bando per la freccia di
della serratura. - Maestà - pregò il Reuccio. - Fate subito  il  bando per la freccia di Freccia-Frecciaio ... - ...
... - ... temprata al rovaio, ché al mondo non c'è  il  paio, di Freccia-Frecciaio ... Il Re non avea potuto
ché al mondo non c'è il paio, di Freccia-Frecciaio ...  Il  Re non avea potuto trattenersi di ripetere la filastrocca
con la freccia temprata al rovaio, ché al mondo non c'è  il  paio, di Freccia-Frecciaio! Diventarono uno spasso per
di Freccia-Frecciaio! Diventarono uno spasso per tutto  il  regno. Appena fatto: pèpè! pèpè! con le trombe d'argento,
la gente attendeva le prime parole del bando, e faceva  il  verso ai banditori: - La freccia di Freccia-Frecciaio ... E
tutti: - Temprata al rovaio! ... ché al mondo ... - Non c'è  il  paio ... - Sì, sì ... di Freccia-Frecciaio! ... Non la
- Agli ordini di Sua Maestà! E ognuna di esse diceva:  Il  vero Freccia-Frecciaio sono io; mi metta alla prova.
sono io; mi metta alla prova. Bisognava legare  il  Reuccio a un palo, col petto scoperto. Il Freccia-Frecciaio
Bisognava legare il Reuccio a un palo, col petto scoperto.  Il  Freccia-Frecciaio doveva scagliare la freccia, colpire e
che produceva l'incanto. Era un punto. E se sbagliava?  Il  vero Freccia-Frecciaio non avrebbe sbagliato. Ma chi era il
Il vero Freccia-Frecciaio non avrebbe sbagliato. Ma chi era  il  vero tra quei dieci furfanti che si erano presentati? Il Re
il vero tra quei dieci furfanti che si erano presentati?  Il  Re fece fare un fantoccio che rappresentava precisamente il
Il Re fece fare un fantoccio che rappresentava precisamente  il  Reuccio. Ordinò che lo legassero a un palo e con un po' di
lo legassero a un palo e con un po' di tinta :in nero segnò  il  punto da colpire. - Chi sbaglia avrà tagliata la testa; chi
avrà tagliata la testa; chi indovina guadagnerà un tesoro.  Il  primo che si presentò, sentito: - Chi sbaglia avrà tagliata
avrà tagliata la testa! - voltò le spalle e scappò via.  Il  secondo, spavaldo, si impostò su le gambe, armò l'arco,
spavaldo, si impostò su le gambe, armò l'arco, tese  il  braccio, prese la mira, e, tutt'a un tratto, udito: - Chi
spalle e scappò via anche lui. Gli altri sette, visto che  il  Re diceva sul serio, se l'erano sgattaiolata zitti zitti.
avanzò lentamente, armò l'arco, prese la mira, e prima che  il  Re terminasse di dire: - Chi sbaglia avrà tagliata la
avrà tagliata la testa! - avea colpito proprio nel centro  il  punto segnato col nero; la freccia rimasta infilzata
Freccia-Frecciaio, temprata al rovaio, ché al mondo non c'è  il  palo, di Freccia-Frecciaio! Chi aveva parlato dietro le
Freccia-Frecciaio, temprata al rovaio, ché al mondo non c'è  il  palo? Sì, è questa. Allora il Reuccio fu legato a un palo,
rovaio, ché al mondo non c'è il palo? Sì, è questa. Allora  il  Reuccio fu legato a un palo, col petto scoperto;
che appestava ... Era quel che aveva prodotto al Reuccio  il  movimento da diritta a manca, da manca a diritta, tic-tic,
tic-tac, come un pendolo. Se non che, quando sciolsero  il  Reuccio dal palo, sembrava diventato di legno, tutto d'un
Ah, Strega o Fata che siete! Che tradimento mi avete fatto!  Il  Re si disperava, si strappava i capelli, piangeva come un
si strappava i capelli, piangeva come un bambino, vedendo  il  Reuccio ridotto in quel modo. - Meglio ritorni come prima!
introdurla nella ferita che ancora sanguinava. Ma ecco che  il  Re si mette a fare il pendolo lui, tic-tac, tic-tac, da
che ancora sanguinava. Ma ecco che il Re si mette a fare  il  pendolo lui, tic-tac, tic-tac, da diritta a manca, da manca
- ... o Fata che siete! E dava a diritta. All'improvviso  il  Reuccio cominciò ad essere scosso da una convulsione di
scoteva le gambe e si vedeva la vecchina che gli faceva  il  solletico sotto la pianta dei piedi. Si rizzò con un balzo;
pianta dei piedi. Si rizzò con un balzo; nello stesso tempo  il  Re riuscì ad aprir il pugno, a buttar per terra la
con un balzo; nello stesso tempo il Re riuscì ad aprir  il  pugno, a buttar per terra la cipollina nera nera, viscida,
più bella Reginotta della terra! Bella quasi quanto me! ...  Il  Reuccio, udendo parlare la vecchina, stava per risponderle,
che sembrava quasi luminosa! E infatti, da lì a tre anni,  il  Reuccio sposò la Reginotta di Spagna, che poco ci mancava
di Spagna, che poco ci mancava non sembrasse una Fata. E  il  Freccia-Frecciaio, con la freccia temprata al rovaio? ...
Basta, per carità! Ebbe in compenso tant'oro quanto pesava  il  Reuccio. Parola di Re non va indietro. Larga la via, lunga
Egli incuteva terrore a tutti. Ognuno gl'invidiava  il  suo valore in guerra, i nu- merosi suoi feudi e le sue
lo vedeva, abbassava gli occhi, tremava, e taceva: neppure  il  bambino che gli era nato gli voleva bene; quando lo sentiva
alla culla, incominciava a pian- gere, e si copriva  il  visino con le mani, impaurito. - Che vale che tutti
quando non posso ottenere che mi vogliano bene? - gridava  il  Conte dalla torre più alta del castello. Il vento portava
bene? - gridava il Conte dalla torre più alta del castello.  Il  vento portava lontano i suoi la- menti che parevano ruggiti
un’aquila reale venne a posarsi su un merlo della torre.  Il  Conte trattenne la voce per non spaventarla, e
ammirava con compiacenza i grossi artigli e  il  becco adunco di quella dominatrice dell'aria. Mentre la
come te: temuta e non amata - disse l’aquila, e volò via.  Il  Conte andò su tutte le furie. Quel- la aquila conosceva il
Il Conte andò su tutte le furie. Quel- la aquila conosceva  il  segreto del suo dolore; quell’ aquila doveva morire. La
gridando: - Conte, caro Conte, deponi le armi e t'insegnerò  il  mezzo di farti amare. - Il Conte digrignava i denti dalla
deponi le armi e t'insegnerò il mezzo di farti amare. -  Il  Conte digrignava i denti dalla col- lera e scoccava frecce
sempre più, ma nessuna freccia le penetrava nella carne, e  il  Conte raddoppiava di furore nel lan- ciargliele. L'aquila,
merlo. - Conte, caro Conte, deponi le armi e t'insegnerò  il  mezzo di farti amare. - Il Conte si avventò sull'aquila col
deponi le armi e t'insegnerò il mezzo di farti amare. -  Il  Conte si avventò sull'aquila col pu- gnale, ma la lama,
caro Conte, desisti dalla tua collera ed io ti insegnerò  il  mezzo di farti amare! - Il Conte, giallo ancora di rabbia,
tua collera ed io ti insegnerò il mezzo di farti amare! -  Il  Conte, giallo ancora di rabbia, si avvicinò all'uccello. -
- Che cosa debbo fare dunque per farmi amare? - domandò  il  Conte. - Bisogna che tu parta per andare alla ricerca del
ma specialmente vicino alla miseria. - L'aquila spiccò  il  volo e sparì. Il Conte rimase lungamente a pensare.
vicino alla miseria. - L'aquila spiccò il volo e sparì.  Il  Conte rimase lungamente a pensare. Finalmente esclamò: - È
non poteva infilar l'ago nella stoffa. - Parto, - le disse  il  Conte - debbo fare un lungo viaggio, e vi lascio padrona
un lungo viaggio, e vi lascio padrona assoluta, per tutto  il  tempo della mia as- senza, di quanto è nel castello: uomini
mia as- senza, di quanto è nel castello: uomini e cose. -  Il  Conte la guardava, e s'accòrse che l'annunzio del suo
ne provò dispetto, ma seppe dominarsi. Chiese di vedere  il  bambino, che strillò come un disperato quando volle
le- gna; caricatemele, per carità, sul vostro cavallo. -  Il  Conte avrebbe risposto per le rime alla vecchia, se in quel
buon cuore fiorisce special- mente vicino alla miseria. -  Il  Conte si rabbonì; scese da cavallo e caricò sulla sella il
Il Conte si rabbonì; scese da cavallo e caricò sulla sella  il  fastello delle legna. La vecchina camminava piano, quindi
piano, quindi do- veva camminar piano anche lui. Intanto  il  cielo diventava nero nero, e i fulmini facevano parere la
mare di fuoco. - È lontana di qui la vostra casa? - domandò  il  Conte alla vecchina. - È lontana per le mie gambe e non per
- Ed ambedue seguitavano a camminare. Finalmente, fra  il  bagliore dei fulmi- ni, il Conte vide una capanna piccina
a camminare. Finalmente, fra il bagliore dei fulmi- ni,  il  Conte vide una capanna piccina pic- cina. Era stanco anche
davanti alla capanna. Entrarono. In cucina c' era  il  fuoco spento, una sola panca da sedere e una tavola. La
una sola panca da sedere e una tavola. La vecchia accese  il  lume, fece ri- covrare il cavallo, e disse al Conte: -
e una tavola. La vecchia accese il lume, fece ri- covrare  il  cavallo, e disse al Conte: - Mettetevi a sedere per
e non c'è gente più povera e più maltrattata di noi. -  Il  Conte non fiatò: ma si sentì andar via tutta la fame che
Conte e dei suoi sottoposti, che toglievano ai poveri anche  il  sangue a nome del padrone. Il Conte seguitava a stare
toglievano ai poveri anche il sangue a nome del padrone.  Il  Conte seguitava a stare zitto, e buttava giù qualche raro
finito di mangiare, la vecchina accese un lume e condusse  il  Conte nell'unica cameruccia della capan- na, e
misero lettuccio, gli disse: - Coricatevi, e buon riposo. -  Il  Conte si coricò, ma gli ci volle un pezzo a addormentarsi,
Con- tessa passeggiava sulle terrazze, tenendosi in collo  il  suo bambino e rideva come non l'aveva mai veduta ridere. Il
il suo bambino e rideva come non l'aveva mai veduta ridere.  Il  Conte si destò e volle partire. Gli pareva di soffocare in
Gli pareva di soffocare in quella capanna. Andò per sellare  il  suo cavallo; la vecchina era già desta. - Ditemi, buona
più che salite verso la mon- tagna e più diventa comune. -  Il  Conte la ringraziò, montò a cavallo e si diresse verso la
più folta e la neve cominciava a cadere. Nonostante  il  Conte non si sgomentava e spronava il cavallo. Voleva
a cadere. Nonostante il Conte non si sgomentava e spronava  il  cavallo. Voleva tornare a casa col ramoscello verde, e
bili, e non sapeva quale prendere; intanto la neve e  il  vento ghiacciavano il povero Conte. In quel momento sentì
quale prendere; intanto la neve e il vento ghiacciavano  il  povero Conte. In quel momento sentì uno starnazzar d'ali
e scòrse l'aquila reale. - Imbocca una strada qualunque.  Il  dittamo del buon cuore fiorisce per tutto quassù, - disse
cuore fiorisce per tutto quassù, - disse l'aquila, e sparì.  Il  Conte riprese speranza, e spronò il cavallo; ma la neve
l'aquila, e sparì. Il Conte riprese speranza, e spronò  il  cavallo; ma la neve cadeva sempre più fitta e copriva
e copriva tutto. Cavallo e cavaliere caddero in un fosso.  Il  Conte gemeva e chiedeva aiuto; nes- suno lo sentiva.
qual- cuno gli avesse gettato una corda per salvarlo; ma  il  tempo passava ed egli si sentiva sempre più intirizzire dal
- corro a casa e torno con una fune per tirarvi su. -  Il  Conte riprese animo, e dopo un po' di tempo vide
albero, la lasciò ca- lare nella fossa. Aiutato dalla fune,  il  Conte potè salire insieme col cavallo sulla proda, sano e
dai ge- nitori di lei. - Vi potremmo dare di più, - disse  il  padre della bambina a cena, mettendo in tavola castagne e
a cena, mettendo in tavola castagne e carnesecca - ma  il  Conte ci spolpa. Se sapeste che flagello è un padrone
lui deve essere più infelice di tutti gl'infelici che fa. -  Il  Conte respinse il piatto, disse che era stanco, e chiese
infelice di tutti gl'infelici che fa. - Il Conte respinse  il  piatto, disse che era stanco, e chiese d’andare a letto.
in tanti quadri lieti, e vide che nessuno desiderava  il  suo ritorno. Si destò, fu preso da un grande sco-
non ci torno; non ci posso tornare! - Perchè avresti fatto  il  viaggio? - gli domandò l'aquila. - Da' retta a me e parti
- gli domandò l'aquila. - Da' retta a me e parti subito. -  Il  Conte colse il ramoscello, si vestì e scese giù. Tutti
l'aquila. - Da' retta a me e parti subito. - Il Conte colse  il  ramoscello, si vestì e scese giù. Tutti erano già alzati e
vestì e scese giù. Tutti erano già alzati e lavo- ravano.  Il  Conte sellò il suo cavallo, dette una borsa piena di danari
giù. Tutti erano già alzati e lavo- ravano. Il Conte sellò  il  suo cavallo, dette una borsa piena di danari al capoccia,
con sa- luti e benedizioni, ed egli si sentì sol vare  il  cuore. Il Conte, tornando al castello, vide spa- rire a un
sa- luti e benedizioni, ed egli si sentì sol vare il cuore.  Il  Conte, tornando al castello, vide spa- rire a un tratto
voleva essere amato ad ogni costo. Egli piantò con cura  il  ramoscello di dittamo in un bel vaso, lo annaffiò ogni
con la moglie, carezzevole col bambino, e da quel tempo  il  dittamo del buon cuore fiorì splendidamente nel castello, e
dittamo del buon cuore fiorì splendidamente nel castello, e  il  Conte diventò un signore fe- lice, meno temuto, ma molto
 Il  Pio Albergo Trivulzi trovasi nella vicina via della
di beneficenza lo si deve al principe Tolomeo Trivulzi,  il  quale, con testamento 23 agosto 1766, ordinò si convertisse
quale, con testamento 23 agosto 1766, ordinò si convertisse  il  suo palazzo in casa di rifugio poi vecchi d' ambo i sessi
a procurarsi col lavoro la sussistenza. L'ospizio fa aperto  il  1o gennaio 1771, e venne poscia ampliato con altre
400 vecchi fra maschi e femmine. In quest' ospizio morì,  il  9 gennaio 1799, l'illustre Gaetana Agnesi, e vi fu il 21
morì, il 9 gennaio 1799, l'illustre Gaetana Agnesi, e vi fu  il  21 marzo 1812 trasportata la salma del principe Trivulzi,
via Sant'Antonio, dicontro alla chiesa omonima, vi è  il  palazzo Greppi, il cui architetto fu il Piermarini. Vi
dicontro alla chiesa omonima, vi è il palazzo Greppi,  il  cui architetto fu il Piermarini. Vi hanno nell'interno di
omonima, vi è il palazzo Greppi, il cui architetto fu  il  Piermarini. Vi hanno nell'interno di esso grandiose sale;
momento dopo,  il  marchese ed i suoi due compagni si slanciarono attraverso
velocemente, tanto più ad uomini carichi d'una persona.  Il  marchese s'avanzò a casaccio per cinque o seicento metri,
per cinque o seicento metri, aprendosi faticosamente  il  passaggio fra tutte quelle fronde e quelle radici, che
"Spero che siano i negri che hanno rapito Esther," rispose  il  marchese. "Avanziamo con prudenza e cerchiamo di
"Vi è qualcuno che cammina dinanzi a noi," disse  il  marchese agli orecchi di Ben. "E non è lontano più di otto
"Se potessimo sorprenderlo ed atterrarlo prima che abbia  il  tempo di gettare un grido!" "Lasciate fare a me, marchese,"
fare a me, marchese," disse Rocco, che aveva udito  il  loro dialogo. "Con un pugno lo accoppo." "Non ammazzarlo.
villaggio in questi dintorni. "Va' mio bravo Rocco," disse  il  marchese. Il sardo si sbarazzò del fucile, fece cenno ai
questi dintorni. "Va' mio bravo Rocco," disse il marchese.  Il  sardo si sbarazzò del fucile, fece cenno ai compagni di non
Lo scricchiolio delle foglie si udiva sempre ad intervalli.  Il  negro, che era forse uno dei rapitori, lasciato indietro
fra i tronchi degli alberi e fra le radici, tastando prima  il  suolo per non calpestare delle foglie secche, guadagnava
calpestare delle foglie secche, guadagnava rapidamente via.  Il  rumore diventava sempre più distinto. Ad un tratto però
poteva scorgere senza fatica un uomo, fosse pure nero come  il  carbone, scivolare fra le piante. Con sua viva sorpresa,
sentì piombarsi addosso una massa pesantissima, e stringere  il  collo da due mani poderose. Un altro uomo sarebbe
uomo sarebbe certamente caduto; ma non l'erculeo isolano,  il  quale se aveva spalle solide, possedeva pure delle gambe
piegavano facilmente. Allungò le braccia indietro e sentì  il  corpo nudo d'un uomo. "Ah! Credi di strangolarmi!" esclamò
Poi con una mossa fulminea si volse, ed a sua volta afferrò  il  negro pel callo, stringendolo così violentemente da fargli
non farlo scoppiare, lo stordì. "Il piccino è mio!" disse.  Il  piccino! Si trattava d'un negro colossale invece, più alto
portava ai fianchi, lo imbavagliò, gli legò le mani dietro  il  dorso, poi se lo cacciò sulle spalle e tornò verso il luogo
il dorso, poi se lo cacciò sulle spalle e tornò verso  il  luogo dove aveva lasciato il marchese e Ben. "Ecco fatto,"
sulle spalle e tornò verso il luogo dove aveva lasciato  il  marchese e Ben. "Ecco fatto," disse, gettando a terra il
il marchese e Ben. "Ecco fatto," disse, gettando a terra  il  prigioniero, come se fosse un sacco di stracci. "Come ben
"Come ben vedete, l'impresa non è stata troppo difficile."  Il  prigioniero, tornato in sé, faceva sforzi disperati per
Vedendo però un fucile puntato sul suo petto e sentendo  il  freddo della canna, credette miglior cosa starsene cheto.
miglior cosa starsene cheto. "Parli l'arabo?" gli chiese  il  marchese. Il negro fece col capo un cenno affermativo.
starsene cheto. "Parli l'arabo?" gli chiese il marchese.  Il  negro fece col capo un cenno affermativo. "Allora ti
ti fucilo come un cane. Mi hai ben compreso? Rocco, levagli  il  bavaglio." Il sardo si affrettò ad obbedire. Il prigioniero
un cane. Mi hai ben compreso? Rocco, levagli il bavaglio."  Il  sardo si affrettò ad obbedire. Il prigioniero respirò
levagli il bavaglio." Il sardo si affrettò ad obbedire.  Il  prigioniero respirò lungamente, indi guardò i tre uomini,
un profondo terrore. "Eri solo in questa boscaglia?" chiese  il  marchese. Il negro scosse la testa senza rispondere.
"Eri solo in questa boscaglia?" chiese il marchese.  Il  negro scosse la testa senza rispondere. "Parla," disse il
Il negro scosse la testa senza rispondere. "Parla," disse  il  signor di Sartena, appoggiando il dito sul grilletto del
"Parla," disse il signor di Sartena, appoggiando  il  dito sul grilletto del fucile. "Se fra un minuto non avremo
siamo uomini da prendersi in giro. Eri solo?" "Sì," rispose  il  negro.. "Dove sono i tuoi compagni?" "Quali?" "Quelli che
rapito la donna?" "Per paura dei kissuri e per guadagnare  il  premio promesso dal sultano di Tombuctu." "Dove sono i
se non concorrevamo alla vostra cattura." "Dove si trova  il  tuo villaggio?" chiese il marchese al negro. "A due miglia
vostra cattura." "Dove si trova il tuo villaggio?" chiese  il  marchese al negro. "A due miglia di qui." "È là che hanno
galantuomo non mi scapperà, siate sicuro," rispose Rocco.  Il  negro, comprendendo che ogni tentativo di resistenza
di quest'uomo?" chiese Ben al marchese. "Se ha detto  il  vero, i negri del villaggio sono stati costretti ad agire
I negri hanno sempre temuto gli uomini di razza bianca."  Il  negro, sempre tenuto per la fascia da Rocco, procedeva con
come se cercasse di raccogliere qualche lontano rumore.  Il  marchese, che non lo perdeva di vista un solo istante,
e di preparare barche e canotti per impedirvi di scendere  il  fiume." Erano allora giunti presso il margine della
impedirvi di scendere il fiume." Erano allora giunti presso  il  margine della foresta. Dinanzi a loro si stendeva una
pantanosa, interrotta da enormi mazzi di canne. "Avete  il  piede solido?" chiese il negro. "Perché ci domandi ciò?"
da enormi mazzi di canne. "Avete il piede solido?" chiese  il  negro. "Perché ci domandi ciò?" "Saremo costretti ad
si potevano posare i piedi. "Badate di non cadere," disse  il  marchese. "Vi sono sabbie mobili a destra ed a sinistra."
marchese. "Vi sono sabbie mobili a destra ed a sinistra."  Il  prigioniero osservò prima i due lati del sentiero, poi vi
se non mi sciogliete." "Devo scioglierlo, signore?" chiese  il  sardo al marchese. "Non può scapparci. Anche se lo
le nostre palle lo raggiungerebbero." Rocco tagliò  il  nodo. Il negro si strofinò le braccia per far riacquistare
le nostre palle lo raggiungerebbero." Rocco tagliò il nodo.  Il  negro si strofinò le braccia per far riacquistare la loro
e di erbe acquatiche. "Guardate dove posate i piedi!" gridò  il  negro. Mentre il marchese ed i suoi compagni, credendo che
"Guardate dove posate i piedi!" gridò il negro. Mentre  il  marchese ed i suoi compagni, credendo che vi fosse un
che vi fosse un passaggio pericolosissimo, guardavano  il  suolo, il negro, con un salto improvviso, balzò in acqua,
vi fosse un passaggio pericolosissimo, guardavano il suolo,  il  negro, con un salto improvviso, balzò in acqua, scomparendo
un grido ed una bestemmia. "Ce l'ha fatta quel brigante!"  Il  marchese aveva armato precipitosamente la carabina, in
aveva armato precipitosamente la carabina, in attesa che  il  traditore rimontasse a galla per fargli scoppiare la testa.
galla per fargli scoppiare la testa. Anche Ben aveva preso  il  fucile e, per essere più sicuro del suo colpo, si era
Passarono però quindici, poi trenta secondi senza che  il  negro tornasse a galla. Era sprofondato nel fango del fondo
chiese Ben che essendo l'ultimo non aveva potuto vedere  il  salto del negro. "È fuggito," disse Rocco. "Io non l'ho
almeno vedere un pezzetto della sua testa!" "Orsù," disse  il  marchese, dopo aver atteso qualche minuto ancora. "È
per noi è troppo prezioso." "Dobbiamo tornare?" chiese Ben.  Il  marchese stava per rispondere, quando udì in lontananza un
di fumo dai riflessi rossastri, e nembi di scintille che  il  venticello notturno spingeva fin sopra la pianura
vi era alcun dubbio. Anzi, forse quelle grida salutavano  il  ritorno dei rapitori. "Avanti," disse il marchese con tono
grida salutavano il ritorno dei rapitori. "Avanti," disse  il  marchese con tono risoluto. "Il cuore mi dice che Esther è
Gettarono un ultimo sguardo verso i canneti per vedere se  il  negro si mostrava, poi ripresero le mosse, tastando prima
negro si mostrava, poi ripresero le mosse, tastando prima  il  suolo pel timore di sentirselo improvvisamente mancare
compatrioti, si voltava indietro, maledicendo al traditore.  Il  sentiero non accennava a cessare. Di quando in quando però,
che era sempre dinanzi a tutti. Una mezz'ora dopo videro  il  sentiero allargarsi improvvisamente, poi si trovarono su di
l'alba?" "Domani potrebbe essere troppo tardi," rispose  il  marchese. "I kissuri non devono essere lontani, e
essere lontani, e potrebbero giungere prima che spunti  il  sole." "Sarà popolato quel villaggio?" chiese Ben. "Non
salto innanzi, verso lo stagno. "Dove corri, Rocco?" chiese  il  marchese. "Eccolo! Fugge! A me, signore!" Un'ombra era
"Il nostro negro!" esclamò Ben. "Addosso, Rocco," gridò  il  marchese mettendosi pure a correre. L'ombra fuggiva con
al villaggio, onde non spargesse l'allarme, aveva alzato  il  fucile. "Non sparare, Rocco!" gridò il marchese. Troppo
aveva alzato il fucile. "Non sparare, Rocco!" gridò  il  marchese. Troppo tardi. Una detonazione aveva rotto il
il marchese. Troppo tardi. Una detonazione aveva rotto  il  silenzio che regnava sulla riva dello stagno ed il negro,
rotto il silenzio che regnava sulla riva dello stagno ed  il  negro, dopo aver spiccato tre o quattro salti, era caduto
caduto come un albero sradicato dall'uragano. "Ecco pagato  il  conto," aveva detto il vendicativo sardo. "Ora non tradirai
sradicato dall'uragano. "Ecco pagato il conto," aveva detto  il  vendicativo sardo. "Ora non tradirai più nessuno!"