marciapiedi davanti a l'albergo. Prima di varcare la soglia del portone di casa, egli si era fermato per guardare l'orologio. Io guardai il mio; mancavano
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paio di orecchini che luccicava tra la bambagia rosea, con perle e rosette. - Guardai! Ti piacciono? Sono tuoi.... - voscenza scherza. - Non scherzo
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palco dirimpetto a lei, imitandola, guardai sfacciatamente la folla e risi, risi sempre. D'un tratto ella scomparve, io m'abbandonai in una atonia
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: ma mi guardai bene di farlo sapere. Mi sentivo anch'io furbo: forse perchè pensavo che la zia e l'ometto lo erano tanto. Anche la zia si alzò, rimise
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lei come da un nido. Le sedetti accanto e la guardai: e anch'essa mi guardò: e ci si sentì finalmente un po' vicini, nella penombra della nostra
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rispondere. Finchè sentii la mano pesante del vecchio posarsi sulla mia testa: mi parve di svegliarmi da un sogno: guardai stordito e davanti a me
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annodati. Lo guardai bene in viso; era quasi un bell'uomo: arcigno e nero, ma quasi bello: sì, di profilo, col suo gran labbro sdegnoso rassomigliava a
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senza esitare: - Fiora. Guardai a lungo quel nome: poi tornai a guardar lei: sì, non poteva avere altro nome che quello. - Fiora! Sei sola in casa? - No
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pareva emanasse da loro. mi passò il desiderio di morire; guardai in su e mi parve che gli occhi delle stelle rispondessero al mio sguardo. Qualche
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nelle vene, e la mia volontà si risvegliasse. Non potevo più dormire. Un giorno mi guardai nello specchio dell'armadio della zia, per vedermi indosso
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fanno i provinciali e gli adolescenti... Guardai qualche voltai costui che incontravo sempre sui miei passi in istrada, sulla porta del Teatro, uscendo e
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cui sentivo un brivido percorrerlo allo sfiorargli il volto coi miei capelli, e lo guardai in silenzio, spalancando gli occhi per dissimularne le
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