dall'alto del castello e del cavallo quando andava e tornava da cacce o battaglie, o dal seggio da dove salutava i sudditi che, due volte al mese, gli
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tuttavia non ti crucciare delle mie ferite, e dimmi la verità che sai». «Ebbene, mio signore» rispose Blabante «non è impossibile che gli inchini prolungati
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tossico dell'aria. Crollò con gli altri il cavallo che tappava, premuto di traverso, l'uscita, e si mostrò la luce del cielo di fuori. Narco la vide e
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mastro Eudaveo, il fabbro, di forgiare un elmo nuovo al signore: un elmo tutto chiuso, con una fessura per gli occhi da cui solo la luce passava, e che
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lo dicono che quei bufali d'Africa, dove sono i leoni, quando gli va la mosca nel cervello girano in tondo finché cadono, scemi e morti per il girare
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ordinava le cose del pasto. Narco già spingeva, stringendo gli occhi e i denti. Ma il ramo era irremovibile come la colonna del tempio: anzi di più
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, gli altri cominciavano a scalciare e nitrire, e a tirare briglie e darsi colpi di zoccolo e di fianchi. «Che hanno, i cavalli?» chiedevano i briganti
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Narco partì. I primi giri li fece a passo spedito, tanto che il mantello gli svolazzava all'indietro come una bandiera d'attacco. I cavalli, a seconda
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la disperazione gli urtò il cuore. Però, puntando i piedi nell'erba e curvando la schiena e il corpo, cominciò a spingere. Il braccio di legno non si
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Tre giorni dopo, Narco chiamò Blabante. «Fermati laggiù, amico mio» gli disse all'entrata «e fa' venire il cerusico, perché voglio guarire». Si
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