Fu una sera dell'aprile scorso che il possidente Davide D'Elia, tornandosene in calesse da una sua fattoria, credette di vedere in mezzo alla strada
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! E quando tutto fu detto, io dovetti aspettare ancora, perchè la zia lesse dapprima all'uomo quello che aveva scritto: e I'uomo approvava con la testa
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desse risposta alla raccomandazione del suocero, quando uno di quei brani di cartaccia gialla fu dato anche a me come un conto: c'era scritto: "torna da
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decifrò, mentre il cane gli si rizzava addosso come volesse leggere anche lui. Poi vi fu una lunga spiegazione fra la donna e il ragazzo: infine questi
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viscere. Pensavo alla creatura mia che doveva nascere. Allora scrissi a Fiora: ma dopo qualche giorno la lettera mi fu respinta: "destinataria
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prima impressione fu di gioia: però sentivo ancora tutto il corpo pesante e non potevo muovermi. L'uomo mi fregava con un panno: e ogni tanto mi
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impaurita dal grido del marito, prese bambino in grembo e cercò di farlo tacere. Fu portata una tazza di latte, un biscotto, un altro biscotto: questi
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quello che più mi sorprese fu il vedere che anche là dentro c'erano gatti, conigli, piccioni. La donna però non se ne curava; nè pareva curarsi
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lasciai portare via, sotto l'ombrello che pareva un pino: ma quando si fu davanti alla drogheria afferrai il braccio del vecchio per tirarlo verso il mare
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tutto il mondo davanti a me; e i suoi occhi chiari, alti, come il cielo, attiravano i miei, bevevano I'anima mia. Mi fu davanti, mi accarezzò i capelli
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Allora fu la zia a farsi cattiva. II suo viso parve seccarsi d'un tratto, diventare tutto punte, col mento aguzzo, il naso sottile, gli zigomi
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adesso pareva una stella giallastra bassa sulla terra. Fu in quell'atmosfera di sogno che qualcuno arrivò. Di dove veniva? Era un uomo o una donna o un
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, nella penombra, fu la porta-finestra difesa da una semplice persiana che dava sulla strada. Tante volte passando di fuori avevo veduto quella persiana
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che altro dall'incertezza. E realmente vidi una forma avanzarsi nell'ombra. Non c'era che aspettarla e assicurarsi che non cercava me; il guaio fu che
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non parlava. E di tutte le cose straordinarie di quella notte, quella che più impressionò la serva fu il sentire la padrona, che non parlava mai del
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fu deciso che momentaneamente il bambino restasse in casa. Allora il cieco si calmò; anzi parve cercar di sparire, per non dar noia alla padrona: andò
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suoi piedini con uno dei quali giocava un po' irritato, come volesse staccarselo per averlo meglio fra le mani. D'un tratto si agitò tanto che fu per
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profondamente quando egli tardava a rientrare. Si decise dunque a scendere dal calesse: d'un balzo fu in terra, agile nonostante la sua non più giovane
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tue padrone ancora non hanno preparato la tavola. Bona fu pronta ad alzarsi, sorreggendo il bambino. - Ah, ah, siamo già calzati! Bisogna camminare
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della testa mi invitò ad entrare. Ma io non volevo entrare, non potevo fermarmi. La delusione era già tanto forte che il mio primo pensiero fu di
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egli come ubriacato dal profumo del giardino che odorava tutto come una grande rosa, ci lasciò soli nel prato ove si giocava. In un attimo, appena fu
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un giuoco di lotta selvaggio come quello, che si faceva coi compagni nel prato della villa; finchè vinsi io: l'atterrai ed essa fu mia.
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finestra. Di nuovo tutto fu buio. Ma io non potevo andarmene così. Mi buttai a terra, trassi il taccuino, trassi i fiammiferi: scrissi alcune righe pazze
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