spazi. Il congegno spaziale escogitato da Paolo Uccello finisce così per apparirci come una sorta di racconto dello spazio prospettico, prima ancora
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, finisce per non riconoscerlo quando egli appare davanti a lei sotto le mentite spoglie di un mendicante (fig. 20). Il capo coperto da un velo, il mento
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infantile del telefono senza fili, lo spunto iniziale, passando da un artista all’altro, finisce per subire tali e tante trasformazioni da rendersi
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