camerieri, era: — Vuol ella oggi un bellissimo tordo? — e qui a raccontare la loro bella prodezza, come fu narrata a me da uno che gli aveva mangiati.
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, facendone d’ogni metà quattro o cinque pezzi. Badate che questa torta non riesca più grossa di un dito e mezzo o al più due dita ond’ella abbia modo di
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; saputo poi ch’ella era composta di zucca gialla non ne mangiò più non solo; ma la guardava bieco come se avesse ricevuto da lei una grave offesa.
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presidente. Onorevole ministro delle finanze, quando crede Ella che si possa svolgere questa mozione?
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presidente, Onorevole Costantini, Ella ritira la sua interrogazione?
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Galli. Scusi, onorevole presidente, questa che Ella mi oppone, potrà essere questione di forma, di ordine, ma non di merito.
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presidente. Ma non sta a me, onorevole Galli, di permettere che la discussione si prolunghi! Ella esercita il diritto che le compete. Soltanto le
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E sono lieto anche di questo cenno di consenso. Di più desidererei che Ella comunicasse al ministro dell'interno il desiderio espresso per quelle
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Di Rudinì, presidente del Consiglio. Siccome sono perfettamente d'accordo col mio collega dell'interno, se Ella si contenta, risponderò io.
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presidente. Onorevole Imbriani, essendo ora presente l'onorevole presidente del Consiglio, Ella potrebbe svolgere la sua interpellanza, che è del
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Imbriani. Onorevole presidente, Ella che ha firmato quel disegno di legge sente questo palpito di italianità.
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Imbriani. Signor presidente, crede Ella che io possa presentare la mozione domani?
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Ella accetta la interpellanza, e non ne vuole accettare le conseguenze! L'accetti e la discuta! Cantelli era dieci volte più liberale e più italiano
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presidente. Se Ella presenta la mozione come conclusione della sua interpellanza, dichiarandosi non sodisfatto, deve presentarla oggi. Se, invece
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presidente. Ed è inutile che Ella parli di concussionari o d'altro…
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presidente. Onorevole Imbriani, Ella comprende che fa una parte poco generosa per lo meno…
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Imbriani. Ella è così buono e così equo che non mi potrà dire che io sia poco generoso.
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presidente. Onorevole Imbriani, se Ella ammetto che io sia equo mi permetta che io invochi da lei quell'equità che mi pare dimentichi…
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presidente. Ma permetta, onorevole Imbriani, Ella non può farsi accusatore dinanzi alla Nazione, in Parlamento, di cittadini, che hanno diritto di
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poco generoso, che Ella le avesse mosse, non essendovi costretto da alcun dovere.
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presidente. Per ora si limiti a ricordare i due Sindaci sui quali Ella fa la sua interpellanza!
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presidente. Vuol dire che Ella ha saputo agire meglio di come ha fatto il sindaco di Gallipoli.
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presidente. Ella non se ne accorge, onorevole Imbriani, ed è dover mio di avvertirlo, anche nel suo interesse, perchè Ella si mette su un terreno
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, aveva ben altri titoli oltre quello accennato da lei. Poichè Ella sa come egli sia circondato della stima universale e quanti servigi abbia reso al paese
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Nicotera ministro dell'interno. Del resto per darle subito prova della equanimità del mio giudizio, onorevole Imbriani, Ella ha detto di aver
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risponderanno a quello che Ella asserisce; ma potrebbero essere anche in opposizione e diversi da quelli che Ella ha. Quindi io non posso accettare le prove
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Onorevole Imbriani, sa Ella se domani l'onorevole Grimaldi sarà presente per isvolgerlo?
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presidente. Ma Ella non era presente; quindi la sua interpellanza è stata rinviata. Sarà mantenuta del resto ugualmente nell'ordine del giorno.
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Tittoni. Invoco da Lei un po'di quella pazienza che Ella chiedeva a me poco fa.
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partito in buon accordo con lei, e scoprirò qualcosa; o è andato via abbandonandola, ed ella diventerà la mia più fiera compagna nel domandare che
, mezzo dissec- cati nei loro vasi, perché ella non si curava più di mondarli né di adacquarli. Non le piaceva l'olezzo delicato della vaniglia, dei ge
: pareva rassegnato, anzi desiderò di accompagnare ancora una volta sul pianoforte la musica, che Nene doveva cantare e che ella, per non affaticar la voce
pensiero di Poldo però stava in cima a tutti gli altri. Che cosa avrà pensato di lei? che cosa doveva ella credere di lui? Era stato un caso o un'insidia
sgarbato: Margherita! Ma anche la sora Ballanzini si chiamava Margherita (se non l'ho detto lo dico adesso). Sentendo il suo nome, ella si scosse da un
moglie da due o tre anni e si erano sposati d'amore. Ella, donnina di molto garbo, sui ventiquattro anni, aveva un aspetto delicato e signorile, con
Santo Jorio, uno dei paeselli intorno Napoli, favoriti della borghesia. Troppe nubi ella vedeva aggravarsi sulla sua pace familiare, simile al cielo
tono affettato di scioltezza. E si scostò, per lasciarla entrare nello stanzone, seguendola sino a tavola. Ella si sedette a una rozza seggiola, dopo
considerava la sua figliuola come la spirituale sorgente dei numeri e che la metteva alla tortura, perché ella ricadesse nelle visioni che il suo turbato
meraviglia e restavano, ella era diventata familiare di tutti: e nei quattro mesi in cui si visitano le case, dal quattro gennaio al quattro maggio
taciturne, non nei rudi e tristi attriti della turbolenta esistenza. Dalla madre che aveva vissuto una vita dolente, ella aveva una squisita ma silenziosa
sua superbia, tornando al letto della inferma. Si piegava su quel volto sempre più esangue e con un alito chiamava per nome la sua figliuola. Ella
era candida, verginale, la rivelazione dello spirito che, certo, quella notte ella aveva dovuto avere. Non poteva mancare. Don Pasqualino, l
del cupo palazzo Rossi, accompagnata dal padre o da Margherita: egli aveva cavato il cappello, profondamente; ella aveva risposto al saluto, chinando
una di quelle statue oranti, che la pietà del Medio Evo inginocchiava sulle tombe in eterno atto di orazione. Ella parea non sentisse l'ora che
brutalizzava, tanto più che ella era diventata misera in canna, e non gli poteva dare ogni tanto le cinque lire, le due lire che egli le chiedeva superbamente
baccalà, con la salsa? - No, no, - disse ella, disgustata. - Una zuppa di trippa? - No, no. - E che volete, allora? - domandò il garzone, un po
della sua unica e immensa sciagura, aveva trasformato la sua terrazzina in una casetta giapponese piena di stoffe e di arazzi, dove ella ogni tanto
, sulla fronte, una stella di brillanti. - Non ci vuole altro? - chiese ella, con un lieve sospetto di essere poco adorna. - No - disse il parrucchiere, con
fredda e solitaria, dove ella vegetava miseramente, che la pregava di degnarsi, come un'umile, una semplice offerta, d'accettare l'ospitalità in campagna
delle sue ciabatte, ella andava e veniva, per lavare i pochi piatti, fermandosi ogni tanto a voltare nel tegame i suoi maccheroni che ella aveva messo a