le cause e prospettarne gli effetti; ma la stessa luce che lo rivela lo fissa come irrevocabile e ne manifesta la gravità. Se questa non suggerisce
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che accade, vede nella morte il vero evento, che non ha cause né effetti. La morte non è passaggio a un'altra vita: è lo scontro violento con la realtà
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libero il rapporto tra pieni e vuoti, si gioca sulle incidenze luminose e sui diversi effetti visivi nelle diverse ore del giorno, si articola liberamente
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dislocazione di pilastri nell’interno; ma solo per creare schermi prospettici, vedute angolari, effetti di repoussoir, prospettive devianti o accessorie, a
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massimi effetti o alla monumentalità più vistosa, si frantuma in un’infinità di fenomeni. Anche una cesta di frutta sulla tavola, vista in una certa luce
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tutti gli effetti. Già affiorano, in questo pensiero, la ragione e la funzione sociale della natura. Come causa, la natura è un concetto: non la
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stabiliscono costanti iconografiche (il calice o la caraffa di vino; il limone sbucciato) e regole pratiche per ottenere certi effetti, come la ruvidezza
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semplici effetti di certe cause.
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continuità di premesse e conseguenze che non sono più riducibili alla successione logica delle cause e degli effetti perché la problematica della morale
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“monumentale” nasce dalla combinazione degli effetti proprii delle tre arti: vi sono finte architetture, finte sculture. Ma tutto si fonde nell'effetto
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psicologico che ottico, anche se fondato su fatti visivi. La coerenza psicologica degli effetti visivi può valere più della logica formale: il Reni vuole
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