E vediamo don Florindo ritornar con aria afflitta (non è più gaio e lindo!) alla solita soffitta...
È il postino, e porta in mano questo “collo” un poco strano: una scimmia caro omaggio d’un amico ch’è in viaggio.
e trascina con vigore amo, canna e pescatore...
E quel miele attira a frotte tutte l’api e vespe ghiotte:
Strilla e fugge via la gente, ma al rumore arriva serio, lesto e provvido un agente a por fine al putiferio.
Ma - perbacco! -, non lo ascolta quella bestia disinvolta, e su e giù, con aria amena, si diverte all’altalena.
Sulle blinde e i carri armati ecco giunger gli Alleati. Non sta Mimmo nella pelle e gli “hurrà!” vanno alle stelle.
Il Sor Cucco, a quel che pare, con quei due non vuol giocare e risponde secco secco malamente a Chicco e Checco:
e, con ingordigia buffa, dentro il vaso il capo tuffa.
I genietti ridarelli folleggiando lieti e snelli alla notte, strana storia, nelle case fan baldoria.
Poi si siede e si diletta delibando la gazzetta. Lo interrompe sul più bello lo squillar del campanello.
“La vittoria!” a squarciagola grida Mimmo. (E chi va a scuola?) Egli applaude a piene mani quegli eroici partigiani.
E lasciando gli altri in asso come al solito, il gradasso prepotente si dispone a innalzar la costruzione.
Sorge infatti, a poco a poco, sopra il tavolo da giuoco (bravo è Cucco per davvero) un magnifico maniero.
Ma guardate il triste caso: tutti ridono di cuore e saltar la mosca al naso fanno al nobile signore,
Ora tocca a don Florindo degli onor trovar la via: elegante, allegro e lindo lascia ei pur la compagnia.
Senza dir nè “ahi” nè “bai” dei compari, con ragione, non ascolta scuse o lai, e li porta alla prigione.
Se ne va con Arlecchino per le vie superbo e bello col tricorno, lo spadino, la bautta ed il mantello.
Dopo tanto malefizio i due fanno un armistizio: ma in che stato, ma in che stato il salotto or è conciato!
“Con la pace, rinnovati, su torniamo ai campi, ai prati!” Ci va Mimmo ed il successo press’a poco è ancor lo stesso.