con un filo di voce. Cipí spiegò il suo piano: — Qui non c'è il filo e «lui», per prenderci, deve uscire a chiudere l'uscio: noi entreremo due per
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altrove —. E i due passeri risalirono sul tetto. — Amici, — spiegò Cipí. — Il boccone è un tranello, dobbiamo lasciarlo là. Andiamo via! E si slanciò
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, L'ultimo veliero 11 Michel Lucet, Spaccato in due 12 Gianni Rodari, C'era due volte il barone Lamberto 13 Roberto Piumini, Lo stralisco 14 Roberto Piumini
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Einaudi Ragazzi Altri titoli disponibili Aleksandr N. Afanasjev, I due Ivan e altre antiche fiabe russe Franco Antonicelli, Le parole turchine
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lui. — Stai qui, ora ti copro con le mie piume calde, — gli sussurrava la mamma mentre lo scaldava con l'ala. Gli altri due si addormentavano subito
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una, due, tre, cinque, dieci notti, quando il signore della notte mandava fuori le stelline a dire: — Venite con noi nel regno della felicità, venite
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intorno alla casa dell'uomo e chiamava: — Cipí, sono qui! sono qui! sono qui! — Ma Cipí non la sentiva, perché fra le mani dei due bambini ne passava di
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luce ai due uccellini sperduti. Ma Cipí e la passeretta, rannicchiati sul fondo, non videro nulla: udirono invece di tanto in tanto il grido
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voglia matta di giocare! Vieni? — Via! — gridò Cipí, e si lanciarono tutti e due nel cielo gridando di felicità. Che corse pazze quei giorni! Dal
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... uuuuu... fate largo! Passo io...! — Cosa sarà successo? — ripeté Cipí incuriosito; stava per uscire quando i due venti si scagliarono l'uno contro
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messo al mondo tu? — le domandò Cipí. — Tre dozzine, — rispose Cippicippi, e subito si rattristò e soggiunse: — Due me li ha fatti fuori quel criminale
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tutto nero e ad un tratto in quel buco si accesero due scintille che allargandosi sempre piú mandarono tutt'intorno infiniti raggi dorati, e questi
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l'ho piú visto. Era andato a conversare, sul far della sera, con due stelline che l'avevano invitato sopra i tetti, e non è piú tornato... «Sul far
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Due stelle calate in quel momento dal cielo si erano fermate di fronte a Cipí ed avevano cominciato a giocare fra loro, roteando e diffondendo
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. Subito Chiccolaggiú e la povera Cippicippi si diedero da fare per avvisare i passeri del tetto e quando Palla di fuoco lasciò la groppa dei due
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Si fece un silenzio di tomba. E Cipí raccontò: — Fu ieri sera: stavo aspettando il sonno quando vidi calare sul tetto due stelline che con belle
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mamme. — Tutti i giorni se non è uno, sono due che se ne vanno. — Tutti i giorni? Vorrete dire tutte le notti! — precisò Cipí. — È vero, spariscono di
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vestito di nero si fermò accanto a una parete: premendo contemporaneamente con la mano e un ginocchio su due piastrelle, fece scattare un congegno, e una
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non accordò spazio nel pensiero, credette Gentile di aver trovato rimedio alle prime due. Per quanto riguardava la posizione del soggetto, scartata
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suo sguardo, e si congedò. Al mattino del terzo giorno, dopo aver posato, impassibile e muto, per quasi due ore, Maometto allontanò con un gesto ogni
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, Gentile non poteva che provare contentezza: ad ogni segno e tocco, le due figure facevano sempre piú onore, insieme, ai due soggetti e al loro pittore
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riflessione, trovava nel piccolo una risposta rapida ed efficace, quasi divertita. Mentre i due erano assorti nel gioco, passavano silenziose per le stanze le
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vasi sparsi. Nessuno di loro sembrò accorgersi del passaggio dei due uomini. Il giardino era stupendo, cinque volte piú grande di quello del signore di
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due robusti eunuchi entrarono, spalancando gli occhi alla vista di Gentile. Il pittore vide le spade appese alle cinghie incrociate sul loro petto, e
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la bella per non perderne l'immagine nella prossima morte; in cui, nell'immobilità della vasta camera, dei due uomini, di, ogni tenda e foglia, quella
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. L'Imperatore e Gentile la guardarono con la stessa espressione sul volto. Tutti e due credettero prossima, per diverse ragioni, la propria morte, senza provare
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reggevano due forzieri pieni di monete e preziosi. Uno era per Gentile, l'altro per la Serenissima. Il pittore accettò quello per Venezia, ma dall'altro
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, accompagnarono per due giorni e due notti la navigazione. L'alba del terzo giorno apparve nuziale: luce e spazio, altezza e profondità, colori e vento
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era quella una passeggiata: i due frati pittori raggiungevano Prato per diversi lavori, che li avrebbero laggiú trattenuti almeno tre mesi, o forse
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ritorno dalla chiesa di San Domenico, dove eran finite due tavole, andando verso il Ceppo, casa di un certo Francesco di Marco, per accordarsi su un
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della monaca: sembrava che qualcuno si preparasse ad uscire da dietro: ma nessuno apparve. I due lembi di tela grossa e bruna si scostarono appena, e
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visto o vedrà un volto uguale ad un altro, ma nemmeno mai lo stesso due volte nella stessa persona, e ciò perché mille eventi ad ogni istante
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, come facevano le bambine, spostando rapidamente la mano sul volto. E poi, sempre toccandosi, riassunse in una le due parti del gioco:
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boccettina? Ma senza spreco: due soli cucchiai. Senza aspettare assensi, Filippo arretrò fino alla soglia e uscí nel chiostro sempre tenendosi a vista
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suo giaciglio. Durante il giorno, coperto di cuscini di seta, serviva ai due amici da punto di osservazione e di gioco. Era ancora in quella stanza, la
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c'è una sola strada, al mondo. La terza parete, e anche la quarta, diventarono una pianura. Ci vollero due pareti perché era una pianura molto grande
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morbide pelli, e morbidissime casacche di lana erano state portate da Alika per il piccolo e il pittore. Oltre che coprirsene, i due amici le
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passano mesi, mai piú di una decina, però. Poi, per una settimana o due, resta debole e dorme a lungo; infine torna vivace come prima. I medici
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vederlo. — E l'ultimo orso che va in letargo. Ha mangiato moltissimo, negli ultimi due mesi: bacche, noci, miele, frutta, e persino formiche! — Persino
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bocche da sfamare! — Due bocche in piú, Sakumat. Purtik ha perso la testa, e quindi la sua bocca non c'è piú. — E quelli che tentavano di salire alla
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la stoffa bruna oltre l'ultima erba. Ganuan non parlava al pittore, né il pittore a lui. Quando il padre entrava nella stanza del figlio, i due uomini
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l'ultima volta e rimontò a cavallo. A Malatya, due giorni piú tardi, lo riconobbero a stento. Molti domandarono che cosa lo avesse tenuto lontano: a
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collo per strangolarlo. — Vuoi dire, Jacopo, che in questo paese, o in Turchia, nessun debito può durare piú di due mesi? — Oh no, amico mio: qui i
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, voglio dirti due cose: ma tu ascoltando la prima, sappi che ce ne sarà una seconda. La prima è questa: immaginando in questi giorni il dono che mi avevi
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3. — Miei cari, — disse il Doge, quando i due fratelli furono seduti sugli scranni coperti di velluto, davanti a quello piú alto di lui. — Come
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. La nave di Naguat Tafi era un'imbarcazione di medio peso, solida e ricca. Portava la vela turca, e due file di remi rossi come chele d'aragosta
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terrestre. Uno dei due ragazzini, arrampicato sulla coffa, segnalava a qualche invisibile osservatore di terra, forse verso una torre bianca che dominava la
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pittore se ne chiese distrattamente la ragione, guardando il cielo del tramonto e il volo malinconico di due cicogne verso la costa settentrionale
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