, nella natura creata e nella storia disegnata da Dio. Nella natura e nella storia, per lui, non si cela la salvezza ma la colpa. Non crede a una tecnica
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religiosa, non è il sentimento della natura, ma il sentimento di Dio. Da questo appunto ci ha distolti la logica, ponendo tra Dio e la natura (e la storia
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, incoraggiato anzi durante la Controriforma, è provato dal fatto che l’antica chiesa fu interamente ricostruita dai chierici regolari della Madre di Dio
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alla scienza di dimostrare o confutare l’esistenza di Dio? Come la scienza, la pittura ha in sé la propria verità: applicata a indagare e rivelarne un
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. Il suo empirismo, per cui l’arte è cosa mondana anche se rivolta a rendere omaggio a Dio, dipende da una sorta di sospensione del giudizio storico. Non
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fenomeni profondi e fenomeni di superficie. Una siffatta distinzione sarebbe, dal punto di vista religioso, un peccato d’orgoglio: se Dio è la causa di
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La società che rende l’omaggio allo Stato e, attraverso lo Stato a Dio, è la società reale, con i suoi costumi, le sue convenzioni, le sue mode
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», aspira al1’incontro diretto, personale con Dio: respinge dunque la mediazione della storia (dell’antico) e della natura, sia pure come prove sensibili
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erigere la casa di Dio, ma la sede ufficiale di un culto di Stato. Rinuncia ad ogni simbologia o emblematica religiosa, perfino al riferimento, che
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perfino ovvia laicità del «pittoresco», il «sublime» vuol essere arte religiosa, contatto con Dio; ma, poiché Dio è inconoscibile, solo vagamente
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Contatto con Dio: ma come si prepara, come si giustifica, come si raggiunge questo incontro provocatorio e inevitabilmente blasfemo? Come si
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natura, che non è la grande creazione ma il fatale errore di Dio; rifiuta la pittura, nella concretezza delle sue immagini e nella sostanza dei suoi
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tutti gli uomini, i più vicini, a Dio. La società non può influire sull’arte, che si libra in un cielo troppo più alto dei suoi bassi interessi materiali
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non seppe o non volle mai scegliere, non dirò tra Dio e il Diavolo, ma tra Petrarca e l’Aretino. Dall’angolo visuale del Manierismo, ch’è forse il più
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gremita come l’uomo di Kierkegaard è solo, davanti a Dio. La sua esistenza autentica è allora la ritualità della finzione. Al di là della drammaticità
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si erge, tanto più invade la dimensione di Dio: si crede solo e non s’avvede che Dio non soltanto d’ogni parte lo stringe, ma lo riempie di sé. Nella
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