Questa storia è nata nella piccola scuola di Vho di Piadena. I ragazzi scopersero dalla finestra della classe una intensa e drammatica vita che
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Principe granchio e altre fiabe italiane Italo Calvino, L'Uccel belverde e altre fiabe italiane Luigi Capuana, Gli «americani» di Ràbbato Felice Chilanti, La
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Finito di stampare nel mese di settembre 1995 per conto delle Edizioni E. Elle S.r.l. presso la Società Editoriale Ergon S.r.l., Ronchi (Go)
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le piume per difendersi dalle punte di spillo del freddo: — Quest'anno Palla di fuoco si è ammalato presto. — Il cielo è pieno ormai, l'ora è vicina
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favole di Federico 6 Mario Lodi, Il soldatino del pim pum pà 7 Gianni Rodari, Prime fiabe e filastrocche 8 Roberto Denti, Orchi Balli Incantesimi 9
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Mentre si pettinava, Cipí udí una vocina: — Ih, ih! che buffo ciuffetto hai! Si voltò di scatto, ma lí vicino non c'era che una timida margheritina
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Avanti e indietro dalla campagna al cespuglio, Cipí trascorse giorni di sacrificio, ma non gli rincresceva, anzi era piú allegro perché ogni giorno
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fece scaldare dalle carezze di Palla di fuoco che faceva ormai ribollire la terra. Un chiaro mattino la passeretta disse a Cipí: — Sono guarita! Ho una
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Quando il nido fu pronto, liscio, soffice e rotondo, Passeri vi depose tre uova e le covò. Di giorno Cipí andava e tornava dal tetto ai campi in
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, — cominciò una nuvoletta ai margini del gregge, — non sentite in voi qualche cosa di strano? — È vero...! — gridarono le altre, — le nostre gocciolane si
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I. Viveva nella città turca di Malatya un pittore di nome Sakumat, non giovane ma nemmeno anziano: aveva l'età in cui gli uomini saggi sanno stare in
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1. La galea scivolava sulla lucente via del mare. Il sole acerbo ne tingeva di rosa la prua, il fianco sinistro e la vela quadrata, gonfia di
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quell'anno Filippo Lippi, frate ormai di non bianchissima fama, avendo sfogliato piú sottogonne e colletti di donne che torni di scolastica, però pittore
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9. Gentile iniziò la notte inquietamente. Tentava di separare le cose nel pensiero, metterle in un ordine qualsiasi, per contemplarle con qualche
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10. L'uomo vestito di nero, di cui Gentile mai seppe il nome e mai ascoltò la voce, lo prelevò prima della mezzanotte del terzo giorno, dopo che, al
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11. Per quella notte, Gentile non fece che guardare e riflettere, senza preoccuparsi di cosa pensasse il guardiano della sua inattività: ma l'uomo in
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12. Come, al mattino, aveva soltanto schizzato il ritratto di Maometto, cosí nella seconda notte Gentile non tracciò che i primi segni di quello di
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13. Tornando dall'harem, in cui quella notte aveva con mano appena piú ferma distribuito attorno al vuoto misterioso del volto di Amilah alcune
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14. Passarono giorni e notti. I ritratti crescevano, in forma e colore: lentamente quello di Maometto, cesellato al mattutino; lentamente quello
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davvero: ma ciascuna di loro ha una parte perfetta: Usila ha i piedi piú preziosi, Neha le gambe piú armoniose, Haima il deretano piú seducente, Efa il
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16. L'uomo vestito di nero venne a prenderlo a mattina inoltrata. Come sempre lo salutò con silenziosa sobrietà, e lo invitò a seguirlo per i
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17. All'arrivo dell'uomo vestito di nero, disse il pittore: — Andiamo per l'ultima volta. Mancano solamente pochi ritocchi. Avverti il tuo signore
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sorveglianza dell'uomo vestito di nero non cedeva. — Amilah, bella fra le belle, — disse Gentile con voce arrochita. — Certo sei a conoscenza che un
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19. Anche quell'attesa, in cui la mente di Gentile corse alle buone memorie, come a voler rivivere in fretta la vita; in cui, ancora, egli guardava
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farti sanguinare l'anima, è necessario che dica la verità. Se non la dicessi, come una donnola prigioniera in una gabbia di carne, come un cuore
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21. Gentile non rivide piú Amilah. Anche pensandola, per strana contaminazione, l'immagine del volto e del corpo intero di lei appariva lacerata
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in equilibrio calmo, smagliante. La stretta nave filava sulle onde allungate, propizie, abbassando e rialzando di poco la prua, terminante a
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quattro, a seconda non solo della durezza dei muri, o delle pieghe dei manti, ma della cortesia della gente, del sapore del vino e di altre allegrie
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4. Lavorò Filippo, con l'aiuto di fra Diamante, a molte opere in Prato, ma non quella del monastero di Santa Margherita, il perché lo vedremo: e
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5. La badessa di Santa Margherita, il mattino dopo, si trovò davanti il pittore, venuto finalmente ad eseguire i lavori promessi, secondo quanto
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6. A Vespro, le ventiquattro tra monache e novizie di Santa Margherita, nelle loro vesti brune, riempivano come immobili statue di legno la piccola
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7. — Suor Marta era, al secolo, Lucrezia Buti: una giovane di spirito intenso. Suo fratello, messer Francesco Buti, è un ricco mercante di Firenze
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8. Presa da un batticuore di altri tempi, davanti alla badessa, suor Marta tratteneva e copriva l'emozione, pausava il respiro, nascondeva la
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indietro, sopra altro sgabello sedeva suor Caterina, assai piccola e provvista di baffi, con occhi neri e vispi, dedicati ad ogni movimento del pittore
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saputo, della bellezza in generale e della sua, piú cose di quante avesse appreso in tutti gli anni della vita. Le parole di Filippo le tornavano alla
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in alto, dove una mezza dozzina di tortore, spruzzo di caglio in cielo, vorticavano bianchissime. Cercò di non pensare al frate pittore e alle sue mani
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13 Filippo, insoddisfatto, guardava il dipinto continuamente, socchiudendo gli occhi, ricordando il volto di Lucrezia, ritoccando, guardando ancora
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14. Bastò poi un breve messaggio, un appuntamento alle prime ombre, cavalli pronti, una strada per la collina, una casa di contadini amici e discreti
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6. Le stanze di Madurer, chiuse e protette come sappiamo, erano tre, di forma e grandezza quasi uguale. Dalle larghe e alte feritoie schermate da
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2. Un giorno bussò alla porta di Sakumat un capoterra grande e grosso, che portava il basso turbante caratteristico delle vallate a nord di Malatya
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11. Sulle pareti della terza stanza nacque il prato, ed era un prato a primavera. L'erba di un verde fragrante era entusiasta, corta e compatta; i
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pregiate. Il pittore si inchinò. Aveva la barba ormai quasi del tutto bianca. Gli ultimi mesi passati nella stanza di Madurer gli avevano imbiancato
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2. Passò la limpida costa d'Arcadia, il fischiante stretto di Cerigo: poi, con la prua ormai a Nord, la gran luce di Zea e del Capo d'Oro. A Sciro il
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i suoi lineamenti erano quelli di un bambino di nove anni. Tuttavia niente in lui era incompleto o gracile: il volto era limpido e grazioso, gli
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3. — Miei cari, — disse il Doge, quando i due fratelli furono seduti sugli scranni coperti di velluto, davanti a quello piú alto di lui. — Come
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4. Naguat Tafi, Signore dell'Isklar Dàgi, accolse Gentile e i cinque cavalieri che lo accompagnavano nel suo villaggio arroccato di fronte all'isola
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5. Costantinopoli e la sua porta d'acque gli vennero incontro come la scena di un sogno. L'odore mai interrotto di spezie e fiori si addensò, si
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6. Il salone era immenso, e immensamente bello. Per tutti i dieci metri della loro altezza, le pareti mostravano scalini a intervalli di trenta
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7. L'alloggio era completamente rivolto a Nord, verso lo stretto abbagliante, affollato di barche da pesca e da trasporto come un immenso canale
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Maometto. — Questo è vero, sebbene diversamente da come tu credi... Il motivo che oggi è stato proclamato, e per il quale la Signoria di Venezia, con
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