Ed ora pulisciti, mia povera creta! Sian puri, sian limpidi gli amor del poeta ; sul dolce miracolo la musa non dica che note di spica, che effluvi
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Amo la voce chioccia e poverina dell'errante bambina ; amo il canto del cieco, e il ritornello del vecchierello ; amo tutta la musica che ho intesa
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opachi occhi di buoi. Mordea la folla collo sguardo muto le nudità di latte e di velluto, e correa, dietro i vaghi ondeggiamenti del morbido corsetto, i
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Cara progenie del mio bicchiere, fumi e baldorie, nebbie e preghiere; urne fantastiche piene di fiori, piene di musiche, piene d'amori ; cara
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dolci voli! Oh effluvii, oh grazie del pane e del vino, quando canta la messa un cherubino!
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- Galoppa, farnetica, bestemmia, sospira, col sogno, coll'orgia, col dubbio, coll'ira ; nel fango, nell'aria, sui letti del mondo, sul capo profondo
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cercai del mondo; ma l'empia ressa dei calci fraterni turbava il fondo, e, poiché il fango sal come la nube, come l'incenso e la prece devota, sul
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l'Accidia, l'Accidia anima pia, soave primogenita del ciel; e verrà spesso nella stanza mia perché le aggiusti sulla faccia il vel. Poi la Lussuria: le
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Pel ragno sospeso tra fila d'argento i baci del zefiro son sbuffi di vento. Al verme indifeso togliete la fede che il fango non l'odia che l'astro lo
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- Qual fu stanotte, quando tu vegliavi, la dea che del tuo canto incoronavi? Ah dimmi, dimmi che nel ciel dimora, e che tu te 'n dimentichi
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amistà perenne e eterna guerra. Son mille secoli che si innalzan le braccia al Nume ignoto, né mai si svincola l'amor del cielo dall'amor del loto.
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brevi, vetri appannati, e amabili grilli del focolare! Voglio l'uscio inchiodare, cantar l'inverno io vo'! Come cadenze tremule di cori in lontananza
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, laggiù in cimitero, genitori del mio genitor; dadi orrendi del giuoco Mistero, da Dio colmi di sterpi e di orror. Siete teschi, e nessun più vi dice
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Se tu fossi seduta al fianco mio quando pesa su me l'irrevocabile odio d'Iddio ; se vedessi i tuoi cari occhi profondi quando, al vuoto del cor, mi
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abitò venti secoli il Calvario, e invan l'esausta vergine s'abbranca ai lembi del Sudario... Casto poeta che l'Italia adora, vegliardo in sante visioni
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cero e colla luna che accarezza il mondo; mentre il musino del gattuccio nero, immobile ed intento al limitare sogna il suo lungo sogno di mistero
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piano appunta il dito. Ritorna all'ombra del tuo pergolato, ritorna alla tua chiesa, e, là, mostra, spauracchio all'uom curvato la croce appesa: me
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, parlava del molto concesso nel poco; ed Emma, una bruna dall'occhio profondo, parlava dei bimbi che vengono al mondo; e Nina, una fragile dal senno
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l'ale, seminando un pispiglio interminato; del povero annegato credo saranno i bamboli innocenti e i prossimi parenti che ritornano, orando, al patrio
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Come un mortale anelava il fuggente globo di Venere; e le montagne sotto il dì nascente parean di cenere. Era l'ora del sonno, e del dolore, e dei
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turberan, scontrandola, l'ironia del mio viso; nell'orgia e nella nebbia fui di un mio sogno in traccia, né ho mai guardato in faccia i corpi intorno a me
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cerro. E' il sacerdote del problema oscuro, è il nuovo ingegno del redento Giobbe: forse è per lui che al secolo maturo l'uom brandirà la scala di
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Giovinettina bruna come una bruna notte, e malinconica come la luna! Io mi chiamo l'amore, l'amor mi chiamo, e sono il raggio e il gaudio del primo
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. uando il mesto tramonto empie di lunghe striscie d'oro il cielo e la campagna di confusi suoni; quando la danza del leggiadro stelo, sommessamente, dice
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immota la rapida ruota - del meno e del più. Le madri, frattanto, cadean ginocchioni, e in lunghe orazioni - chiedevan pietà... La notte piombava dai
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folto crine che vi bacia il viso; deh, non negate alla mutata scena i firmamenti del vostro sorriso! Ché saran santi sorriso e corona, fosse del volgo
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dei posteri e del sol. Tu che inceppasti il fulmine, prosa lanciando in cielo, sicché alle stelle vergini hai lacerato il velo; tu che, buffon, le
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cammin. Amica vo' dirti la nenia segreta, vo' dirti il colloquio che agli astri volò; fur molte, fur vaghe le idee del poeta, ma questa, o mia bella, sol
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Pallido fior del nordico paese, vaga beltà della colonia inglese, ben mi dicea quel tuo sguardo profondo che ti chiamava a sè l'occulto mondo! Quando
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vergogna mi mordeva il core d 'esser poeta. Uscii - piovendo gocciole sottili, le cime nascondea dei campanili il nebbione, e la cupola del duomo, senza
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di quel drappo oscuro, in mezzo al cor di un tuo fratello inerme, è nato un avo del tuo re futuro, è nato un verme! -
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vegliavi, la dea che del tuo canto incoronavi? Ah dimmi che fu larva antica e bruna, o mammola di monte, o fil di luna, o vecchio frate, o bambolo
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Epifanìa, o son morti di freddo, o son malati, nei paesi del sole, i bei vegliardi dallo scettro d'oro! Quando la mia scarpetta in sul verone tutta
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ti rammenti, o giovinetto, quando, in mezzo a donne care, in quel dì del primo affetto, le venimmo a visitare? Qui la pioggia allor ne colse, e al
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Ella era nuda come un fior d'Iddio liberamente nei campi sbucciato; però pel ballo si adornava, ed io le stava allato. Creature del cielo, angeli
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pupilla! - - Che freddo! - esclama un vescovo al muro appiccicato; - É il giorno del bucato! - risponde un confessor. - Ehi, San Tommaso! - brontola
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vastità del cielo, e della donna il cor. . . . . . . . . . . . . Perché, cretino e splendido mondo dei Filistei, sotto l'arcano incendio fremevi, e intorno
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O armoniosa quiete del villaggio, balsamo sospirato un anno intiero, o pace della mia anima, e raggio del mio pensiero! Come sei tutta buona e tutta
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bimbo, a te vicino: un grido del becchino mi rapì le visioni. Perchè nascesti ?...dissero alla povera madre che a sè chiamato avevati dei cherubini il
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, e le date monotone del chiostro vi serba il giallo inchiostro. Ond'è che a notte, leggendo il poeta nella mia stanza queta, balzo repente, e
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, m'han raccontato che di molti amanti, nei camposanti, tu puoi legger la lapide forbita, che uscir di vita sotto le spire del tuo corpo anelo; o bella
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...- sei lire...un anello!.. sì grosso, sì bello...- mi volle rubar. L'anel della moglie - mio dolce signore. un dono del core - che più non vedrò
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rubini della vigna e queste argentee gemme del globo celeste, in un bicchiere, sono un poema, ed io lo voglio bere! Non discutiamo di filosofia, ve ne
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del solingo prete. O settantenne fante - zoppicante nella queta dimora, certo, tanto l'amavi. Sei morta seco per servirlo ancora: senti, io scordai
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tondo viso in foco e il parlar roco - delle dee baccanti! Oh le donne,oh le chiacchiere del prato! Che laconismo! Nessun ti chiede, là se sei soldato
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superbi versi, egli vi mesce sillabe mute, e sdegna la lima? Incespica a una rima chi il mondo improvvisò? Eccoti, o laido sgorbio del poeta celeste
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farfalluccia del freddo si lagna, mi morir cinque di rosa arboscelli, e spirò l'anima a Dio la violetta; senza l'ammanto di viti i cancelli sembran soldati
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coglie sonno felice, e il capo dondoli come un vecchietto che sogni il ciondolo del suo berretto: quando, le deboli braccia incrociate e le finissime
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non sono cattivo; ti amai nei dì del pianto e nei felici, e ti amerò ancor tanto di un amor puro e santo... Ma vi son giorni che il mio cor vien meno, e
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uscito a coglier gigli di una regina per i biondi figli!... Il falco sghignazzava nell'azzurro del ciel come buffone, e il mesto animo mio gli perdonava
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