Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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maggio, quando il colore dell`aria riscaldata, verso le tre  del  pomeriggio, è rimasto di poco più denso del mattino, e la
verso le tre del pomeriggio, è rimasto di poco più denso  del  mattino, e la spiaggia non fuma e il verdastro del mare è
denso del mattino, e la spiaggia non fuma e il verdastro  del  mare è meno chiuso in sé, e cielo mare e spiaggia
mare e spiaggia comunicano perfettamente un identico senso  del  respiro del mondo è l'arancione della pelle, che pertanto
comunicano perfettamente un identico senso del respiro  del  mondo è l'arancione della pelle, che pertanto da dentro
e spiaggia conniventi a mirnare il respiro imperturbabile  del  mondo.
sufficienti, indifferenti in apparenza ma vive  del  suo sguardo, morte del suo splendore, del male che le fa
indifferenti in apparenza ma vive del suo sguardo, morte  del  suo splendore, del male che le fa differenti e lucide di
apparenza ma vive del suo sguardo, morte del suo splendore,  del  male che le fa differenti e lucide di sé. E complimenti al
mia povera creta! Sian puri, sian limpidi gli amor  del  poeta ; sul dolce miracolo la musa non dica che note di
note di spica, che effluvi di fior. Un serto facciamogli  del  nostro pensiero, ma casto, ma placido, ma bello e leggero;
i fati, per viver beati ci basti il suo cor! Ai fischi  del  pubblico, del volgo al sorriso ci asconda quel piccolo suo
viver beati ci basti il suo cor! Ai fischi del pubblico,  del  volgo al sorriso ci asconda quel piccolo suo vergine viso:
t'indora; gli innonda d'aurora l'astruso cammin. Se il peso  del  genio, se il marchio del vate son l'onta e la gloria che
l'astruso cammin. Se il peso del genio, se il marchio  del  vate son l'onta e la gloria che Iddio gli ha serbate, oh
gli ha serbate, oh intatte ritornino le età che son morte;  del  dolce, del forte, del santo cantar! Ma meglio, assai meglio
oh intatte ritornino le età che son morte; del dolce,  del  forte, del santo cantar! Ma meglio, assai meglio se invece
ritornino le età che son morte; del dolce, del forte,  del  santo cantar! Ma meglio, assai meglio se invece lo aspetta,
chioccia e poverina dell'errante bambina ; amo il canto  del  cieco, e il ritornello del vecchierello ; amo tutta la
bambina ; amo il canto del cieco, e il ritornello  del  vecchierello ; amo tutta la musica che ho intesa, ma non
chioccia e poverina dell'errante bambina ; amo il canto  del  cieco, e il ritornello del vecchierello; amo tutta la
bambina ; amo il canto del cieco, e il ritornello  del  vecchierello; amo tutta la musica che ho intesa, ma non amo
esempio, a volte vedo gli alberi  del  viale vicino a casa guarire del loro male; vedo a volte
a volte vedo gli alberi del viale vicino a casa guarire  del  loro male; vedo a volte avanzare gruppi di adolescenti,
sull'Arno secolare rigovernatura delle lettere, industrie  del  cadavere, onestà borghese, tecnica cerebrale, manuale del
del cadavere, onestà borghese, tecnica cerebrale, manuale  del  pellirossa. Vo alla latrina e vomito (verità). Letteratura
latrina e vomito (verità). Letteratura nazionale Industria  del  cadavere. Si Salvi Chi Può.
i monti al soffio lieve  del  respiro serale, e abbrividendo si velano d'un velo di viola
si vena d'un tremulo affiorare d'oro, nel verde argenteo  del  tuo cielo. Dove tu stendi l'eccitata luce delle tue
l'offerta di questo breve tempo della terra, ch'è il ritmo  del  mio petto, ove mi parli. Dagli spazi lucenti, sulla soglia
in un respiro che rassomiglia al mio, nel dolce suono  del  tempo di quaggiú, che d'uomo ha il canto e di terra la
cose ch'io vidi nel fondo  del  mare, i baratri oscuri, le luci lontane e grovigli d'alghe
narrare. Ché a brevi fiate nel tempo passato nel fondo  del  mare mi sono tuffato. A dare or la patria all'esule sirena,
la patria a me stesso e all'uomo abbattuto svelare la via  del  suo regno perduto, mi voglio tuffare con più forte lena,
e vicine le cose lontane. Ma quel che già vidi nel fondo  del  mare, i baratri oscuri, le luci lontane e grovigli d'alghe
sgomento; giocatoli calpesti, e vetri infranti, alfabeto  del  mio labro tormento, schiaffi delle maestre, e pensi erranti
il bidello e il professore. . . Oh memoria crudel, spina  del  cuore! E dove sono il volto e le parole dei primi amici, e
cuore! E dove sono il volto e le parole dei primi amici, e  del  mio primo amore?
dal terrazzino le nubi della pioggia e la tazzina  del  caffè (sulla tavola, in casa), sotto casa, vicino alla
si nasconde a una bambina, e su di lei piove l'ironia  del  sole.
dello schermo  del  computer che è la stessa del leggìo di plastica poco più
dello schermo del computer che è la stessa  del  leggìo di plastica poco più avanti, la lampada sui fogli e
se ne va puntando avanti e nella testa l'impulso animale  del  gesto che ha creato ll contatto, ha saggiato la vita del
del gesto che ha creato ll contatto, ha saggiato la vita  del  ferro prima che venga l'elettricista.
latte e di velluto, e correa, dietro i vaghi ondeggiamenti  del  morbido corsetto, i profili del largo, augusto petto. E
i vaghi ondeggiamenti del morbido corsetto, i profili  del  largo, augusto petto. E allor pensai che poiché brilla il
che vola dalle tue labbra colla tua parola... Sarà l'inno  del  verme all'infinito, sarà il ringhio che simula il ruggito,
quando è l'angelo, il santo e la madonna! E tu non sei  del  mondo, o bella creta, no, del mondo non sei, nè del poeta;
e la madonna! E tu non sei del mondo, o bella creta, no,  del  mondo non sei, nè del poeta; nè del poeta, o stella
non sei del mondo, o bella creta, no, del mondo non sei, nè  del  poeta; nè del poeta, o stella passeggiera, nè del marito
o bella creta, no, del mondo non sei, nè del poeta; nè  del  poeta, o stella passeggiera, nè del marito che ti abbranca
sei, nè del poeta; nè del poeta, o stella passeggiera, nè  del  marito che ti abbranca a sera! - Febbraio 1864.
pressi  del  Giuba abitava una zia del marito. Aveva i capelli lunghi
pressi del Giuba abitava una zia  del  marito. Aveva i capelli lunghi fino alle natiche, li
lucidava lei stessa l'argenteria. Un giomo sparì una donna  del  villaggio e in molti pensarono che fosse fuggita con un
una olimpica scorta! Noi vaghiam nell'Ignoto. I figli siamo  del  Dubbio (oh i grandi estinti!), siamo i reietti, i fuggiti
che ride e non sorride!... Eppur nel fondo vergine  del  core una fede ci resta, che si rivela in preghiera
preghiera d'amore... e la preghiera è questa: casto Poeta  del  Buono e del Bello, guardaci ancor dal cielo; e sia la croce
d'amore... e la preghiera è questa: casto Poeta del Buono e  del  Bello, guardaci ancor dal cielo; e sia la croce del tuo
Buono e del Bello, guardaci ancor dal cielo; e sia la croce  del  tuo sacro avello luce immensa... non velo! 27 maggio 1873.
la vostra canzone intonate bruni figli  del  lido ridente, e nell'alto la barca guidate, che già brilla
la luna nascente. Già la luna nascente galleggia sui marosi  del  chiaro orizzonte, e, coi raggi scherzando, passeggia sulla
e, coi raggi scherzando, passeggia sulla cresta bizzarra  del  monte. O capanne, fra i larghi oliveti occhieggianti le
altre preci, altri incensi ha concessi la insultata pietà  del  Signore! - Sù, le vostre canzoni intonate, bruni figli del
del Signore! - Sù, le vostre canzoni intonate, bruni figli  del  lido ridente, e nell'alto la barca guidate, che già brilla
il candore ... di lassù qui mi canta le lodi della luna e  del  mar lo splendore; e qui, meco, sull'umile prora, qui sta
l'ingegno, qui, nel core che il bello innamora! ...  Del  Signor questo è il tempio più degno! Bordighera, giugno
belli, ti aleggiano d'intorno al primo albore, quando fuor  del  verone i mesti augelli sospirano del cielo il tenebrore. La
albore, quando fuor del verone i mesti augelli sospirano  del  cielo il tenebrore. La tua vergine allora, in abbandono, ti
parlare di questi sassi, ma non della loro forma o  del  loro colore, e nemmeno della loro sostanza o del loro peso.
forma o del loro colore, e nemmeno della loro sostanza o  del  loro peso. Vorrei parlare di questi sassi, ma prima vorrei
essere sicuro di non essere frainteso. Per esempio, nemmeno  del  mio gesto mi posso fidare: forse è sembrato un gesto
ha ritenuto necessario segnalare non tanto la scoperta  del  Male, quanto quella della sua localizzazione, rivelatasi
della sua localizzazione, rivelatasi molto piú vicina  del  previsto: nello scenario bellico della famiglia, Erika è il
subito dal confessor. E minacciato dal padre irato il cor  del  giovane s'ingelidì ; oh giorno, oh fiore! Povero amore! Sì
fior perfido d'oblio forier ? ... Egli era un nero fior  del  pensiero ... Noi Lena amiamoci senza pensier! E finché
voglio stringerti strozzarti al cor! Quando poi stanco sarò  del  bianco tuo sen, del morbido tuo folto crin; quando al
al cor! Quando poi stanco sarò del bianco tuo sen,  del  morbido tuo folto crin; quando al tormento del sentimento,
tuo sen, del morbido tuo folto crin; quando al tormento  del  sentimento, colla materia Dio porrà fin ... la stanza, o
E se non mi vedete alla chiesetta, non paventate l'ira  del  Signore: non è incenso o latin che lo diletta, ma il
incenso o latin che lo diletta, ma il profumo, ma l'estasi  del  core! E il mio cor, che quaggiù pensa a voi sola, se lo
monti a respirare, miracolo! adorando al ciel se 'n vola, e  del  bello commosso alla parola che susurrano intorno i campi e
finestra socchiusa contiene un volto sopra il campo  del  mare. I capelli vaghi accompagnano il tenero ritmo del
del mare. I capelli vaghi accompagnano il tenero ritmo  del  mare. Non ci sono ricordi su questo viso. Solo un'ombra
Non ci sono ricordi. Solo un susurro che è la voce  del  mare fatta ricordo. Nel crepusculo l'acqua molle dell'alba
tra un istante, senza tristezza nè parole umane, sul campo  del  mare.
Ma a lei più forte risponde l'impeto selvaggio e giovine  del  fiume rapido cui le corrose ripe trattengono: il suo
al sibilo della procella commesce e il vivido chiaror  del  lontano sereno riflette livido, nell'onda torbida. E al mar
nebbia e vento nel ciel combattono, al mar l'annuncio porta  del  tumulto che in cor m'infuria quando la nausea, quando il
più fervido l'ardir combatte e sogna il mare libero. Notte  del  22 settembre 1910
pace  del  mare lontano dalle verdi trasparenze dell'onde dalle
dal silenzio senza richiami - Itti e Senia dal regno  del  mare Itti e Senia si risvegliaro dei mortali a vivere la
fra i mortali ricurvi alla terra Itti e Senia i principi  del  mare sul suolo triste sotto il sole avaro Itti e Senia si
le parole che conviene venerare Itti e Senia i figli  del  mare e credettero d'amare. E lontani dal loro mare sotto il
nero pur viveva il lontano dolore e parlava la voce  del  mistero per l'ignoto lontano amore. E una sera alla sponda
riposo al lor ozio laborioso Itti e Senia alla sponda  del  mare l'anima solitaria al suono dell'onde per le sue corde
sue corde più profonde intendevano vibrare. E la vasta voce  del  mare al loro cuore soffocato lontane suscitava ignote voci,
oscuro l'uno all'altra dall'occhio nero videro la fiamma  del  mistero per doppia face battere più forte. Senia disse:
mar. Senia, il porto non è la terra dove a ogni brivido  del  mare corre pavido a riparare la stanca vita il pescator.
la stanca vita il pescator. Senia, il porto è la furia  del  mare, è la furia del nembo più forte, quando libera ride la
pescator. Senia, il porto è la furia del mare, è la furia  del  nembo più forte, quando libera ride la morte a chi libero
ride la morte a chi libero la sfidò». Così disse nell'ora  del  vespro Itti a Senia con voce lontana; dalla torre batteva
a Senia con voce lontana; dalla torre batteva la campana  del  domestico focolare: «Ritornate alle case tranquille alla
focolare: «Ritornate alle case tranquille alla pace  del  tetto sicuro, che cercate un cammino più duro? che volete
v'è dato: non v'è un fine, non v'è una meta per chi è preda  del  passato. Ritornate al noto giaciglio alle dolci e care cose
sonora con l'anima gonfia di pianto ascoltava l'eco  del  canto nell'oscurità del cor, e con l'occhio all'orizzonte
gonfia di pianto ascoltava l'eco del canto nell'oscurità  del  cor, e con l'occhio all'orizzonte dove il ciel si fondeva
s'infranse e nel fondo una nota pianse pei perduti figli  del  mare. «No, la morte non è abbandono» disse Itti con voce
la luce sorgerà. Il coraggio di sopportare tutto il peso  del  dolore, il coraggio di navigare verso il nostro libero
giungeremo al nostro mare. Senia, il porto è la furia  del  mare, è la furia del nembo più forte, quando libera ride la
mare. Senia, il porto è la furia del mare, è la furia  del  nembo più forte, quando libera ride la morte a chi libero
metà settembre torna a Capalbio, per la sagra  del  cinghiale, carne fra le più fragranti.
raccolti, quasi tutti in un primo momento, altri nel corso  del  tempo, a mano a mano diminuendo le proporzioni dei reperti.
le proporzioni dei reperti. Dopo un mese in un anfratto  del  pavimento è comparso un vetrino trasparente, ma nessuno
progenie  del  mio bicchiere, fumi e baldorie, nebbie e preghiere; urne
colmate? Quando gorgoglii nel teschio mio, o santa origine  del  santo oblio, come un intingolo della massaia quando i
o a poco a poco, come un intingolo, ti fai bollente  del  mio cranio al foco? Ah, solitario se tu lavori, se non
venga l'obbrobrio dell'uomo sobrio, venga il disprezzo  del  genere umano! venga l'inferno del padre eterno, vi scenderò
venga il disprezzo del genere umano! venga l'inferno  del  padre eterno, vi scenderò col mio bicchiere in mano!
(31 gennaio, un giorno di San Geminiano!), l 'incendio  del  Parlamento, le finte elezioni.
intatte bianchezze e i dolci voli! Oh effluvii, oh grazie  del  pane e del vino, quando canta la messa un cherubino!
e i dolci voli! Oh effluvii, oh grazie del pane e  del  vino, quando canta la messa un cherubino!
col dubbio, coll'ira ; nel fango, nell'aria, sui letti  del  mondo, sul capo profondo del Bello e del Ver!... Avviva i
fango, nell'aria, sui letti del mondo, sul capo profondo  del  Bello e del Ver!... Avviva i fantasimi che vivono un'ora,
sui letti del mondo, sul capo profondo del Bello e  del  Ver!... Avviva i fantasimi che vivono un'ora, le amiche
degli angeli è l'ora; le guance mi sfiora l'aurora  del  ciel... Son tre che mi accostano, son tre che rammento; son
sorella “signorina”  del  prete che «prega ancora per me» lascia detto a mia madre
d'acqua, fra i giunchi materni, e il sudiciume non cercai  del  mondo; ma l'empia ressa dei calci fraterni turbava il
la nube, come l'incenso e la prece devota, sul bianco viso  del  natante impube giunse la mota! E la beata castità del core,
viso del natante impube giunse la mota! E la beata castità  del  core, la pura fede, e la placida speme, e della mente il
arcano pudor raccolse l'ali, e per morire. Quando, un sorso  del  calice libato, ti assal la pigra voluttà del tosco; quando
un sorso del calice libato, ti assal la pigra voluttà  del  tosco; quando a tutte le maschere hai gridato: io ti
diventi serio... Oh invoca, allora, invoca i santi attriti  del  desiderio! Il ciel le sue benigne aure non spira a
Vi stride il rantolo, vi scroscia il riso; tutte le aureole  del  paradiso, tutte le furie del folle inferno vi cantan
il riso; tutte le aureole del paradiso, tutte le furie  del  folle inferno vi cantan l'epica del Padre Eterno! Madre,
tutte le furie del folle inferno vi cantan l'epica  del  Padre Eterno! Madre, narrartela vorrei la storia, ma è
sfuggivano cercando invece - materna imagine di paradiso! -  del  bimbo pallido l'intento viso. Oh! sì - ritessimi qualche
mia storia è fumo, é nebbia nella memoria, ma che l'aureola  del  tuo sorriso la muta in estasi, ne fa un Eliso! Milano
Poi l'Accidia, l'Accidia anima pia, soave primogenita  del  ciel; e verrà spesso nella stanza mia perché le aggiusti
accanto al cimitero, e in refettorio la Gola porrò; schiavo  del  corpo e schiavo del pensiero, perennemente le visiterò. Tu,
e in refettorio la Gola porrò; schiavo del corpo e schiavo  del  pensiero, perennemente le visiterò. Tu, Avarizia, starai
un monumento, ove il Priore a ridere verrà. Immemore così  del  calendario, starò in riva del mare, in mezzo ai fior, nel
a ridere verrà. Immemore così del calendario, starò in riva  del  mare, in mezzo ai fior, nel convento lontano e solitario. E
ragno sospeso tra fila d'argento i baci  del  zefiro son sbuffi di vento. Al verme indifeso togliete la
che attosca. Pel ragno sospeso tra fila d'argento i baci  del  zefiro son sbuffi di vento.
vento è ritornata netta e rotondissirna sopra tutte le case  del  lido, una striscia di terra che sembra badare a se stessa
che ci viene da chiedere che cos'è questo rumore,  del  vento o del mare, e ascoltando ci dimentichiamo di donnire,
ci viene da chiedere che cos'è questo rumore, del vento o  del  mare, e ascoltando ci dimentichiamo di donnire, e guardando
spirito - dice Eckhart - è una montagna di piombo incurante  del  vento leggero. Amo quel vento. Non sono quella montagna.
coperchio della scatola  del  ghiaccio, scomparso a maggio, lo ritrova in dicembre nello
a maggio, lo ritrova in dicembre nello scomparto in alto  del  guardaroba, in mezzo alle coperte e alle candeline per
dura, estate rosea di più rosea estate. Intorno nell'aria  del  crepuscolo si intendono delle risa, serenamente, e dalle
oltre il tortueggiare, sopra dei vicoli il velo rosso  del  roso mattone: ed a quel riso odo risponde l'oblìo. L'oblìo
riso odo risponde l'oblìo. L'oblìo così caro alla statua  del  pagano imperatore sopra la cupoletta dove l'acqua zampilla
dove l'acqua zampilla senza fretta sotto lo sguardo cieco  del  savio imperatore romano.
scendo alla riva  del  mare lungo il lido di sabbia minuta, ove tragge la barca
via le miserie dell'uom non sfiorò! Vieni meco: i fanciulli  del  lido sono belli, son semplici ancora, ché del mondo non
i fanciulli del lido sono belli, son semplici ancora, ché  del  mondo non vider finora che quest'acque, e le stelle del
ché del mondo non vider finora che quest'acque, e le stelle  del  ciel! E se fermo a un timon neghittoso troverem qualche
non lasciar correre le poesie liberamente fino alla fine  del  volume, senza questa sezione messa di traverso?
abita la lingua, l'assilla con la sua infigurabile passione  del  vuoto. Nel silenzio, che è armatura della parola, la poesia
cosmica. Con questo spasimo la lingua cammina nella pianura  del  giorno.
Qual fu stanotte, quando tu vegliavi, la dea che  del  tuo canto incoronavi? Ah dimmi, dimmi che nel ciel dimora,
le braccia al Nume ignoto, né mai si svincola l'amor  del  cielo dall'amor del loto.
Nume ignoto, né mai si svincola l'amor del cielo dall'amor  del  loto.
amici, ammirati  del  viaggio, resteranno fra i loro arredi, s`incont1'eranno di
apporti il mar! Che flebile armonia tra la spuma  del  mar fosforescente: che amor, che leggiadria, nel pelago al
o urtato in fallo il nano che canta i salmi al muro  del  cammino; e Dio, travolto in collera, forse soffiò sul mare,
care, che doman gronderanno alle pareti. Assisi alla sponda  del  fragil barchetto, cullati dall'onda, si battono il petto,
grazia l'incerto peccar! - E intorno rispondono le note  del  mar. - Se a mille i prigioni le reti daranno, se eletti, se
candele all'altar! - E intorno rispondono le note  del  mar.- Ma spira già il vento, s'appressa l'albore,
sperando pregár : il sole già librasi sui solchi  del  mar! E lungo il mar che palpita si aggruppano le spose e i
della diletta gente, oh come dolce è il giorno, e il vento  del  ritorno! Del raccoglier le vele è sorto il grido; canta la
gente, oh come dolce è il giorno, e il vento del ritorno!  Del  raccoglier le vele è sorto il grido; canta la ghiaia sotto
la ghiaia sotto ai remi impàri. E non lungi, fra i portici  del  cimitero, un salmodiar si sente; è il cantico stridente, il
un salmodiar si sente; è il cantico stridente, il rantolo  del  nano, che a buon momento, piano stuzzica alla pietà la
squame seminando : la dolce vista i pescatori abbaglia più  del  lucro promesso ... e che non luce! Il lucro è rame, povere
pozzo e non e buio. Allora mi accorgo che dall 'altra parte  del  Black Water, sulla destra, all 'altezza del buco, non ci
'altra parte del Black Water, sulla destra, all 'altezza  del  buco, non ci sono più rottami, rimesse, tane di conigli ma
tra presenze rese invisibili ma bisbiglianti la litania  del  tempo dissipato in fili di nulla, del tempo fatto
la litania del tempo dissipato in fili di nulla,  del  tempo fatto pulviscolo dell irreversibile, ma ora tornano
ma ora tornano con quella loro furia improvvisa le campane  del  Cristo risorto, ecco anche il suono della trenula che ruota
che mi gridano di prendere il pallone finito nella bottega  del  falegname, mentre qui nella notte s'avvicina il rombo di
via della Clusaz, oltrepassato l'ultimo lampione  del  paese, la stessa luna che alle nostre spalle illumina il
buio e si fa nero, guardando a lungo si indovina la figura  del  castello e dei larici alti sulla cordigliera.
la nebbia accarezza, e le rondini in mar battono l'ali, e  del  negro fanciul di val Vegezza il grido, che dai vertici
come le membra, ha il core intirizzito; e nella pace  del  deserto tetto di un angelo che seco a un muto invito