; FIGLIO LIBRAI-EDITORI PROPRIETÀ LETTERARIA DEGLI EDITORI R. BEMPORAD & FIGLIO 18 - 1903. - Tip. di V. Sieni, Corso de' Tintori, Firenze.
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pigliavano e davano ordini; nell' appartamento de' signori, i tappezzieri mettevano tutto a nuovo, drappeggiando alle finestre e alle porte le belle tende
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nella vita. Quell' anno, quando il piccolo Delpiano lasciò il nonno, sapeva di già, dalle lettere di Nello, della famiglia de' topi; e Dio sa quanto
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tirar fuori da una scatola un cartellino ve de o color di rosa con la sorte stampata,. o un temo da giocarsi al lotto. Qualcuno stava ritto su le
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bimbi facevano da babbo e da mamma a' loro sorcetti; avevan carezze, baci, premure per tutti. Ma in fin de' conti, che male ci sarebbe stato a levarsi
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' autunno, era piuttosto fresco. A momenti, de' nuvoloni neri si accavallavano oscurando il cielo; a momenti il sole li traforava, scintillando come
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esclamare, più accigliato e accasciato de' giorni innanzi: - S' è perduto anche Moschino, dunque? Qui non c' è più cura a nulla, più testa a nulla! Se si
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quel lume gittava a quando a quando de' riflessi mobili e vivi. Una voce, la voce cara e dolce che il topino fuggiasco conosceva, gridava davvero
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ricrebbe il pelo. Egli potè allora tornare a frequentar la società de' topi; ma guardava sempre i suoi fratelli con un certo sospetto, non tollerando
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dopo, una pallottola di zucchero in ricompensa de' begli esercizi, fatti con tanta precisione. - E questo? - badava a dir Vittorio, indicando Moschino
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ricadevano in fitti rami, per modo da formare de' ricami di verzura lungo la ringhiera di ferro. Impetuosamente, nella smania della libertà, la topina si
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alcuno de' loro cari animalini: e da quando era morta la Ninì, si sarebbe detto che, se fosse stato possibile, essi avevan raddoppiato l'affetto alla
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gambe non mi reggono, se debbo veder de' signori. Non ci sono avvezzo, io; sono un selvaggio. - Prova; - gli ordinò Dodò - perchè se, dopo tutta la
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volentieri. Il nome di Mimmì rimase dunque al topino bigio. Di fatti, quello di Rosicalegno non gli s' addiceva più, ora che egli rosicava de' biscotti
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aveva fatti preparare senza saputa de' figliuoli, dei piccoli biglietti d'invito su cartoncino roseo a caratteri d' oro, con a capo un curioso disegno
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. Finalmente si arrivò alla felice serata del Natale. I saloni de' Sernici eran tutti splendidamente illuminati; gruppi di piante fiorite li decoravano
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la carne, che a' topini piaceva più tosto grassa: del pesce, di cui lasciavano giudiziosamente le lische; de' legumi, fra' quali preferivano le patate
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de' loro padroni; e quando un ovo intero fu posto nel loro piattino, vi s' accostarono piano, con garbo; appoggiarono le zampine su l' orlo, come due
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. I bocconi più ghiotti eran per lei; per lei i baci e le carezze de' bambini; la stessa signora le aveva dato un bel pezzo di bambagia, perchè la
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segnatamente per due stanze che a loro dovevano sembrar delle piazze immense: il salotto da lavoro della contessa e lo studio de' ragazzi, ch' erano
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de' velluti, che gli andava a genio di molto. Era un topo d' un carattere quieto; tendeva a ingrassare come un padre priore; lasciava scherzare chi
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nulla; e voleva dire la spuma de' cavalloni, che si levavano alti come montagne e si spalancavano come abissi. In un' altra pagina il cielo e il mare eran
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, ma si faceva trascinar qualche volta dall' allegria de' suoi fratelli. Il cappuccio nero più grande di quello degli altri, le dava un aspetto di
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monachina. Moschino, lui, era l'idolo di tutti. Perfino il conte Sernici, un grave banchiere, così occupato de' suoi affari da aver appena tempo di mangiare e
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cascar lo stomaco! - Quando aveva sete, cominciava a leccar le labbra a qualcuno de' suoi padroni, per far sentire la lingua arida; o, se vedeva un
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lo lasciava fare, e gli dava de' buoni consigli. Zì, zì, tu sei un cattivo soggetto, Moschino! A me non la dài a intendere, zì, zì. Il primo dovere
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, divenuto a un tratto pensoso. Poi soggiunse: - Eppure, vedi, il mondo ha da esser qualcosa di bello, se c' è de' topi che rischiano di incappare
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, pezzo di birba che non sei altro! E con che furia veniva a portarsi via i libri de' padroni!... Tu credevi che Dodò non se n' avvedesse e ti lasciasse
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