Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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sera esce fumo  dalla  finestra della cella. Il soldato s'è dato fuoco ai vestiti.
o l'accendino, prima se ne lagna a voce alta, poi esce  dalla  stanza e conta fino a dieci. Quindi rientra e rivede gli
viaggio della vita di un giorno. Tutte le ore canoniche:  dalla  Compieta ai Vespri trascorse nel traffico sugli autobus o
immediatamente trasferito. L' altro rifluta di muoversi  dalla  branda e finisce in prigione. A quet'ultimo i compagni
il pane. La famiglia divisa in due schiere: una, capeggiata  dalla  madre, con un piede fuori della porta, l'altra disposta
fu- mo una sigaretta, cammino per la casa, sbocconcello  dalla  tavola qualcosa il cui sapore mi plachi, plachi la fame in
o futuro. Il desiderio non è più l'affamato che guarda  dalla  finestra la casa illuminata.
terra la sera? Se più dalle convesse plaghe dell'orizzonte,  dalla  boscaglia nera o dal ceruleo monte, o dalla siepe che cinge
dell'orizzonte, dalla boscaglia nera o dal ceruleo monte, o  dalla  siepe che cinge le aiuole più non sparissse il sole? Il
o d'oblio! Né più il pastore, dalle prime stelle accorto e  dalla  bruma, giovenche e pecorelle drizzerebbe alla volta del
in traccia; né sull'onde oblïose il nocchier, fantasiato  dalla  infida bonaccia, presso poppa sdraiato, cercherebbe il
la via Emilia. Ogni tanto lo accompagnavo, senza sapere che  dalla  sua mano - calda anche nel gelo dell'inverno - stava per
piazza d'armi, oltre che essere segnato nel suo interno  dalla  pista dell 'ippodromo per le corse dei cavalli al trotto,
in lunghi filari andavano verso la campagna e il cimitero;  dalla  ferrovia; più vicino, ultimo baluardo della città, dall
gatto che adesso sarà trasformato ancora più profondamente  dalla  pioggia. La terra che si scurisce. Il muso che si scompone.
triste, il fidanzato lontano non scrive da tanto. Va  dalla  madre di lui e la trova in cucina a lustrare pentole di
la luce se ne vada, arriva il vento, prima da te, entrando  dalla  camera, e poi da me nell'altra stanza. Allora ci mettiamo
Hanno tutti gli occhi chiusi, le teste coperte di squame.  Dalla  bocca di uno pende una lingua rotonda. Una luna remota, per
dentro e come se anche la notte fosse chiara e illuminata  dalla  lampadina e dal bagliore della penna.
ritornato  dalla  lunga gita alla casa paterna, a' tuoi diletti, d'alme
guardarla in mattine come questa trasformata dal vento e  dalla  luce. Se srotolo un tappeto o stendo un lenzuolo sul
rimbombo di lodi al barbaro che in ciel tranquillamente  dalla  sua gente si faceva adorar mentr'ei morìa, l'onta rinnova e
rivolti al terrazzo, e ancora azzurro sulla destra, filtrato  dalla  tenda bianca ma ugualmente pungente, e azzurro ancora sullo
l'altre tutte vincea co' suoi splendori. E sola era bandita  dalla  basterna d'ogni onor vestita l'amatista pudica, dei folli
Era mirra? era nardo?... Al suo passaggio, ai giovinetti  dalla  toga bianca salìa pei nervi un fremito, e pensavano ai
poesia poesia poesia Sorgi, sorgi, sorgi Su  dalla  febbre elettrica del selciato notturno. Sfrenati dalle
la stanza per la grande finestra un cielo più grande.  Dalla  scala salita un giorno per sempre non verranno più voci, né
di luce sulla montagna truce; il primo alito lieve che vien  dalla  vallea, bacio, sospir di Dea. Amo laggiù fra le tremule
parola che lo contenga o accomuni alle cose passate. Ieri,  dalla  breve finestra è svanito come svanirà tra un istante, senza
bianco, così quando lui sveglio guardai a lungo, di là  dalla  finestra, la luna, che quella notte era bellissima e
sacro il patriarca s'attende invano; s'attende invano  dalla  musa bianca che abitò venti secoli il Calvario, e invan
da prima - una folla di pioppi silenziosa nel vento di là  dalla  finestra - senza volerlo contiene la nostra stagione, senza
partìa  dalla  bella laguna verso il golfo che pari non ha, e dell'arte
sentii stamattina volar dal labbro d'una contadina! Scendea  dalla  montagna in sottanetta bianca, cantando a tutta gola una
adorni; farai ritorno al dì che il primo endecasillabo  dalla  tua penna uscì. Ritornerai bambino; vedrai la mamma al vino
erano sparsi sul tavolo untuoso. L'agile forma di donna  dalla  pelle ambrata stesa sul letto ascoltava curiosamente,
ed io seguii il suo pallore segnato sulla sua fronte  dalla  frangia notturna dei suoi capelli. Entrammo. Dei visi bruni
capelli. Entrammo. Dei visi bruni di autocrati, rasserenati  dalla  fanciullezza e dalla festa, si volsero verso di noi,
visi bruni di autocrati, rasserenati dalla fanciullezza e  dalla  festa, si volsero verso di noi, profondamente limpidi nella
sulla fronte, con grazia giovanile, le gambe lisce e ignude  dalla  vestaglia smagliante: e sopra di lei, sulla matrona
domande restavano ancora senza risposta, allora lei spinta  dalla  nostalgia ricordava ricordava a lungo il passato. Finché la
allo strisciare dei loro passi che si attenuavano.  Dalla  vecchia taverna a volte che raccoglieva gli scolari gli
a lui. Faust era giovane e bello. In un giorno come quello,  dalla  saletta tappezzata, tra i ritornelli degli organi
degli organi automatici e una decorazione floreale,  dalla  saletta udivo la folla scorrere e i rumori cupi
il mio enigma alle sartine levigate e flessuose, consacrate  dalla  mia ansia del supremo amore, dall'ansia della mia
mi aveva preso: il mio sangue tiepido era certo bevuto  dalla  terra: ora la luce era più scarsa sul terreno nudo
sul terreno nudo invitando le chitarre il lontano sonno.  Dalla  Pampa si udì chiaramente un balzare uno scalpitare di
mia; qualche episodio, qualche nonnulla... un capitombolo  dalla  mia culla, un mal di stomaco, la fanticella, i Magi, i
infanzia! Mia seria adolescenza!.. Io vi chiamo Manzoni!...  Dalla  sua cetra ebbero forse essenza le mie poche canzoni!
nel tempo stesso vela e manifesta. Ma se l'occhio distolgo  dalla  strada arida e sola che percorro oscura e alla diafana luce
e l'allegrezza... E forse ancora qualche vecchio amico,  dalla  febbre e l'età fatto pudico, ti getta il soldo fra le
sol che va in Scorpione... se pur qualche burlevole compare  dalla  bettola giunto, a giusto punto, non le fa col bastone
vagoni attraversare la linea dell orizzonte, dal cortile o  dalla  strada di casa verso nord.
a un castello, o mole strana! * * * Ti contemplo quaggiù  dalla  vallata dell'erbe in sullo smalto, o mio bel campanile, o
legge del brando; qui pregár forse gli ultimi tribuni,  dalla  vendetta dei barbari immuni, tra l'arse insegne e i figli
cretini che vide immoti a' suoi piedi divini!... E sentirai  dalla  vetusta dea come la forma strangoli l'idea, come al vergine
 Dalla  pace del mare lontano dalle verdi trasparenze dell'onde
«Vorrei morire» e mirava l'ultimo sole. Itti tacque, che  dalla  morte nuova vita vedeva salire. E scorrendo l'occhio
disse nell'ora del vespro Itti a Senia con voce lontana;  dalla  torre batteva la campana del domestico focolare: «Ritornate
mia! Chi è là che stappa ?... Dio lo salvi dal Limbo e  dalla  Trappa! Giù come fiume per allegra valle, giù come treccie
col greco è svanita ogni rancura, e che quand'egli uscia  dalla  mia stanza - ho pianto!
spia dietro la sua tenda bianca drappeggiata e che io spio  dalla  finestra del salotto, perché non viene allo scoperto e mi
inchiodar l'affetto dei bimbi, e la virtù! E la ricchezza,  dalla  creta evasa, che renderemo all'anima lassù! La ereditai per
posava, e via, via, nell'azzurro, ratta, vertiginosa,  dalla  mammola al giglio, dal geranio alla rosa, come chi cerca
a picco grigie nel crepuscolo, tutt'intorno rinchiuse  dalla  foresta cupa. Incantevolmente cristiana fu l'ospitalità dei
in cataste da una legge violenta verso il cielo, pacificate  dalla  natura prima che le aveva coperte di verdi selve,
sommergere, pur sempre alla stessa distanza io mi ritrovo  dalla  punta agognata. Col timone io m'adopero invano al mare
improvvisò? Eccoti, o laido sgorbio del poeta celeste!  Dalla  tua fiala il dubbio sbuffa le sue tempeste; gramo corpuccio
frangea scintille il sol. Come una freccia argentea,  dalla  mesta vetrina, la man sottile e candida dell'etica bambina
voi quaderni carchi di memorie io v'abbandono. Libero sono  dalla  tirannia d'ogni minuto; sono rotti i ceppi che per lunghi