bruttezza, e attraverso questo odio amò con pari intensità il «mondo dei belli», dai quali era escluso; il vizio del bere fu per il sublime nano una
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divisionisti; Gauguin, che i mari del sud avevano allontanato dai caffè parigini, ma non sottratto al rigore formale degli impressionisti, aveva
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«Ismi» si sono succeduti ad «ismi», dai cubisti e dagli espressionisti è nato Picasso, dopo il quale si sarebbe detto imminente il diluvio; e Bonnard
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È stato sottolineato dai maggiori critici dell’artista e da Luigi Mallé — al quale dobbiamo il maggior catalogo sul corpus delle opere di Pougny — il
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dai fauves i cubisti e da questi ultimi gli astrattisti puristi, procedendo sempre a gruppi, credendo sempre alla loro pittura come a qualche cosa di
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cappello». Qui a guardare viene il capogiro, viene rabbia addirittura e un poco anche da ridere. Eppure Picasso dinnanzi a queste matrone loquaci, dai
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la pittura che ha preceduto Picasso, dai Bizantini agli Impressionisti, è statica per eccellenza; Picasso, in molte sue opere, esprime invece il
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, tutta filtrata dai portati impressionisti delle ultime fioriture (Gauguin, Van Gogh, Seurat) dei Fauves. Perché Kandinskij non è un conservatore, ma
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surrealista. È alla base di questa importante e impegnata tendenza della avanguardia storica una riproposta più radicale della individualità, da salvare dai
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sorridente in virtù di una tavolozza rosata, di un rilievo di materia che palpita e respira dai fondi, mal si prestano a una lettura querula, invadente
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Jolie, e Rosny-Sur Seine, tutti e tre «tradotti» dai Fauves, fino alle accensioni di quel fauve astratto che si profila nel «Porto» del 1951, ai
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trasposizioni di fotografie anonime»: dai fotogrammi di film da cineteca («La Corazzata Potemkin», «Sciopero») dalle telefoto dei quotidiani, dagli album
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Non è chi non veda come anche in quella fase non matura dell’arte di Ben Shahn — il quale attraverso l’influenza subita dai colleghi messicani
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Un indiano emaciato, dalla pelle e dai crespi capelli infarinati di cenere, il naso possente, le rughe diritte, a metà delle gote, come tatuaggi; di
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per la sua lunga permanenza in zona surrealista ed abbia quindi preso dai testi di Erst, di Tanguy e di Magritte la «misura umana» del Museo, l’eterna
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così sganciato dai valori plastici, così «antinovecento», questa sua felicità grafica; certo De Pisis non prediligeva le forme chiuse, rilevate e
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Dai primi passi del pittore fino agli ultimi disegni compiuti nella lentissima agonia della tisi, l’arte di Scipione fu seguita, analizzata
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, il naso aquilino, la bocca carnosa, delicata e ironica, la voce fonda, i gesti netti e grandi; di provenienza borghese, in una famiglia dai molti
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) del surrealismo; nature morte che crescono dai piani rossi di tavolini, fuor del pretesto, fino a comporre un episodio di allusioni; ma colui che
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Rossa in Russia a Mosca, quindi, di ritorno dai Carpazi, sepolto per due giorni sotto una frana del Carso, l’artista si era incontrato con i futuristi e
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paesi di tenero lichene; gli autoritratti dai visi paglierini, coi pomelli accesi di luci rosse e verdi, le occhiaie violette a dar la immagine quasi
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quale è stata nei decenni scorsi così precisata e inconfondibile (dai «fiori secchi» alle «donnine», alle «demolizioni») che è davvero poco probabile
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ebbero fin dai loro avvii una consapevolezza della lezione impressionista e cubista, diretta e risolutiva, senza che i modi del Novecento li
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Ma in che cosa dunque si diversifica la Raphael dai suoi compagni di battaglia? Prima di tutto nella «cultura»; mentre Mafai e Scipione apparivano
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dell’ultimo trionfatore in una Mostra. Non stupirà quindi il fatto che intorno al 1930 «el Luis», ovvero «Spazza», come era chiamato dai pochi amici
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», degni di stare al confronto colle migliori «nature morte» eseguite dai realisti italiani in questi quindici anni; avremmo scelto con maggiore
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champagne nelle scarpe di raso? I visitatori della Mostra rimangono assai incerti, se sorridere, oppur dissentire, di fronte al «pittore di Corte» dai
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Lo ricordiamo come fosse ieri, piccolo, claudicante, magro e svelto di una affabilità priva di diplomazia, ma necessitata dai rapporti di lavoro fra
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Assai felicemente il Ragghianti ha additato fin dai primi passi di Manzù ancora nell’orbita del Rosso, le peculiari differenze fra il maestro
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del grande giuoco condotto (dai pittori italiani) nel periodo 1910-1930» possono a suo giudizio esser ricondotte a un comun denominatore. Intanto
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Picasso, di un Matisse, di un Braque. I cinquant’anni ultimi della nostra arte, nonostante gli scrolloni dati da Modigliani, dai futuristi, dagli
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che tende a dimostrare la continuità di sviluppo dai modi antinovecenteschi a quelli realisti fioriti dopo la Liberazione.
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la loro bella attitudine ricettiva della lezione di Picasso, così tardi arrivata dentro i nostri confini e dai due percepita, anzi aggredita con felice
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grande tradizione europea, specie francese, la parola illuminata di Virgilio Guzzi, allora molto amato ed ascoltato dai colleghi pittori, i Montanarini
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accettata dai suoi colleghi «romantici» e «di azione», un pittoricismo evocativo, capace di dare — come scrive Russoli — un «diario lirico di stagioni e
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liberazione dai pretesti, ha voluto rendere, attraverso cancellazioni di luci, attraverso matasse grafiche di biacche d'argento su fondi perla o cenere, il
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limiti per il momento non valicabili dall’artista: un distacco tra sorridente e favolistico dai contenuti arcaici, «orientali», metafisici delle sue
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di giovani dai trenta ai trentacinque anni. Guerreschi, a buon diritto, è uno di questi.
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grafica, in parte già conosciuta dai romani, costituì — come noi scrivemmo distesamente — il fatto più alto e originale alla XXX Biennale di Venezia
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, aggredire la figura umana. Mano, per altro, assai poco candida, dai tremori e dai gesti che prendono le mosse nei modi dell’espressionismo storico e che in
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, questi poveri megalocefali dai corpi di feti sono diventati così per una colpa diversa, che non è di loro, ma della ferocia e della barbarie di cui fu
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cubismo, dai futuristi.
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triste iride, inzuppata di freddo e di pioggia, dai giulivi, emblematici tricolori de fauves!
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destino, minacciato dai veleni e dalle paure della «tecnica» della guerra. E siamo anche da lungo tempo persuasi del talento del pittore, che, pur nato nel
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«cose del vecchio mondo» fu la creazione di un grande «merz» nella sua casa di Hannover, distrutto poi dai nazisti, opera d’arte espansa da ambiente ad
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sembrano valori pittorici assoluti: intanto il loro maggior limite è quello di essere state eseguite, a così grande distanza di tempo dai primi analoghi
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La mostra personale di Antonio Music, con le sue muffe significanti, giapponeserie dell’atmosfera dai toni bassi, sta a indicare, si, un momento nel
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forze pure che si sprigionano in spesse e lingueggiate strisce di colore dai fondi tesi e monocromi; in diverse occasioni l’artista aggiunge a quella
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uomini e dai fatti, dai sentimenti e dalle immagini vive fosse solo possibile ricavare materiale d’archeologia. «Ben dipinge chi ben disegna — diceva
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temi di favola e di mitologia così lontani dai drammatici tempi in cui visse l’artista. Qui è il caso di illustrare l’aspetto più realistico, quanto a
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