Quell'abbaglio nell'aria, il treno era fermo nella piana di Cerignola, il maggio rotolava di là dai finestrini, mia madre era morta all'alba, ed era
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Tu mi rispondi una volta, due volte, guardandomi fisso con gli occhi dai quali sono nato: ed è l'ultimo sguardo, come se non avessi mai smesso
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Lascio che si accumuli la polvere, non la scuoto dai tavoli, dal bordo delle sedie. Mi oppongo a questa inutile fatica. Amo guardarla in mattine come
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disseminate sui pali. In verità questa terraè una ex-terra su cui si scaricano pioggerelle e risatine.Non Le spiacerà se La informo però che dai
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Capitava che dai portoni entrasse qualche uccello, soprattutto passeri: volavano disorientati da una parte all'altra del magazzino, tra le scansie
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donne intonano un canto in cui impetrano perdono: sfiancate, le palpebre pesanti, i piedi gonfi, per un'ora lontane dalle case con le serrande, dai mariti
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pulizie minaccia di abbandonare la casa abitata dai fantasmi. I tre fusti di detersivo riappaiono d'improvviso, nel bagno, al suo ritorno da una
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uscissero dai loro contomi, facessero corpo con noi, con l'aria tra di noi. E lì potevamo sentirli di più, tanto da lasciare che si liberassero di nuovo e
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un soldato di una guerra, tremando a ogni colpo. Ma il cielo è sgombro, il sole entra dai vetri e tutti i movimenti del vento sono sotto controllo
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Ho lasciato i nomi dei luoghi, mi piace osservare come gli esseri umani cadano inghiottiti dai paesaggi.
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, l'eterna Chimera teneva fra le mani rosse il mio antico cuore. ... Ritorno. Nella stanza ove le schiuse sue forme dai velarii della luce io cinsi, un
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intorpidiva allora nella rete dei canali: fanciulle dalle acconciature agili, dai profili di medaglia, sparivano a tratti sui carrettini dietro gli svolti
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interni tra i fini capelli vegetali il rettangolo della testa in linea occultamente fine dai fini tratti traspare il sorriso di Cerere bionda: limpidi
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poeti Ne le fonti e le sfingi sui frontoni Benigne un primo oblìo parvero ai proni Umani ancor largire: dai segreti Dedali uscìi: sorgeva un torreggiare
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, commessi, parrucchieri) ti avevano già preceduto alla chetichella, sparendo dai loro lettucci. T' eri portato alcuni pacchi di libri, li avevi messi al posto
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sospiri, non lacrime, un dì ci rivedremo. E che vivi racconti nelle sere invernali! Fanciulle dai capegli d’oro, draghi coll’ali, Visioni, fantasmi, amori
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nella nebbia ombra nell'ombra, - fiaccola rossa dai camini neri batte nell'aria, e l'alito affannoso ferve di vita. E risponde dall'anima mia triste
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Salve, o vita! dal cielo illuminato dai primi raggi del sorgente sole all'azzurra campagna! Salve, o vita! potenza misteriosa fiume selvaggio
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Dalle nevose gole, dai torbidi monti lontani con lena rabida, con aspro sibilo soffia la raffica, rompe la densa greve nebbia, stringe le basse
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dai la tua speme intera e la fiducia. Ma fra l'oggi e il domani e questo e quello ti dissolvi, e trapassi senza sole la tua selvaggia e forte giovinezza
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Marzo ventoso mese adolescente marzo luminoso marzo impenitente. Marzo che fai tuoi giochi con le nuvole in alto e con l'ombra e le luci dài mutevol
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nuove forme ed in cielo più mondi e nuova vita ogni volta diversa, mentre lungi nuova voce rimbomba e intorno e in alto si spande e ancor dai monti
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sicuro non potrà affogare», né sbattuta dall'onda musicale quando senza velami dai tuoi occhi l'anima fiammeggiava e la tua vita nelle dita sicure era
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dolorosa purché io sugga dai tuoi occhi il fascino purché io senta le tue mani fremere purché io colga alla tua bocca fervida la voluttà infinita del tuo
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La notte piombava dai campi celesti, e gli uomini onesti - russavano già. Il cielo era un buio germoglio di stelle; s'empìa di fiammelle - la negra
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il volgo la giostra combattuta dai mille dolor; poiché al volgo narrarle non lice le vittorie dell'aspra tenzon; e il quattrino dell'uomo infelice non
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poi disse a se stesso: - Anima mia bevi l'ambrosia dai polmoni ansanti; centuplica le tue fibre d'amore, ti stempra, anima mia, ti stempra in canti! è
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Sunt lacrimae rerum. Rideva la lampada, dai candidi ceri specchiando l'orpello nei lunghi bicchieri; la tavola, piena di trilli argentini, ridea col
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la fronte; quei buoni curati li hai tutti scordati? Pensa ai bimbi del lido, ai ritornelli che col vento venian dai navicelli; e mi dicevi, seduti
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coraggio, la fede, e le vertigini de' miei vent'anni! Fammi ancor bello, fammi ancora buono, come nei lieti dì che il cor sbucciava dai primi versi
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pensier se anch'io non sono un'arpa eolia! É rima, è strofa qui tutto che giunga; fin dai bimbi che all'aria mattutina portano a passeggiar l'acuta e
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bosco di piante sfrondate; essi volano via, ma, dai profondi tumuli del chiostro, cui più nessun non spia, escono, forse a bever raggi e venti, le
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sospirano d'amor come i poeti dell'Arcadia; le orchestre nei teatri fremono melodie, travolgon balli, e delle donne, come cigni bianche, dai palchetti
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tu senti fuor dai vetri il fragor dell'oceàno!
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grido, che dai vertici natali chiamando il freddo e la malinconia, par, della via fra i suoni incerti e uguali, un la stonato in una sinfonia: è quello
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Come fra nebbia nei boschi caduta, io dell'età vissuta, rammento i giorni sacri al primo amore; quelli in cui sbuccia il core come dai chiusi petali
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parole! Sento un odor di grandine e di rose, e il vo' scrivere in versi alessandrini: come fanciulle flebili e amorose cantin le cetre dai sonori crini; e
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destano l'eco i passeggieri: lunge, lunge dai ruderi romani o progenie di nani! Nimes, maggio 1858.
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vittime dei nostri avi galanti, i gonzi, le pinzocchere, e le stanche creature, cui le umane sciagure posto han sull'alma un vel! Ma, dai sobborghi, al
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muse a pranzo o a cena? Secol decimonono, noi dividemmo i fulmini dal tuono, ma tu, crudel, rapisti le scintille dai cuori, e ci punisti! Ecco! ogni anno
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, l'elettrica gemma all'oro rivale, quella che svia dai cori la tristezza fatale, l'altre tutte vincea co' suoi splendori. E sola era bandita dalla
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artier giocondo. E canti il prete : " Soffri! " e canti : " Spera!". Se mi dai sol quattro quartine buone, le leggerò a un poeta doman sera, o giuntami
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Bòtoli, i Ramarri, le Talpe e le Cicale intuonarono un inno; i minuscoli insetti cantarono alleluia, e dai solchi reietti s'alzò un coro di festa. "- Era
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, giuravalo... E poi, mio bel Sultano, se non mi dai la mano come potrei salir? %II Vorrei vederla nuda!… o Anacreonte, o Teocrito, o mio fulgido Orazio
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soavissimo primo vagito dell'atteso bimbo! È un vero e una parvenza: è la tua bella di cui scorgi il nimbo e attendi la presenza! Giovinettina dai
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, ai pini incanutiti in modi strani, ai mesti casolari abbandonati dai mandrïani. E mi avvinghio alla stufa : oh! abbracciamenti ch'io prodigo alla
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elemosina, se è vostro il mio canto, duchessa, avrà l'iridi, l'ebbrezze e i tesori di tutti gli amori, di tutte le fé. E quando, dai fulgidi sentier
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