Da molto tempo si lamenta mancare all’Italia una compiuta storia delle arti belle, che nello svolgimento dei fatti e nel modo estetico di
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ordine di date), uscirono dalla sua scuola; laonde anche per questo rispetto merita d’esser chiamato restauratore dell’arte. — Giuseppe Valentini da
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PASQUALE POCCIANTI di Bibbiena, terra popolare del Casentino in Toscana (n. 18 maggio 1774, m. 18 ottobre 1858), ebbe da natura le più belle doti
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strada che va da Orsanmichele al Bigallo; utilissima opera che non gli fu concesso vedere ultimata.
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AGOSTINO FANTASTICI da Siena (n. 1782, m. 24 luglio 1845) fu assai diligente nell’arte, che aveva imparata dal padre suo. La cattedrale di Montalcino
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restauri, riattamenti ed in altre cose d’ingegneria, poco operasse di nuovo, la palazzina Ad Votum da lui rifatta in via Larga (oggi Cavour) è esempio di
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GIOVANNI LAZZARINI da Lucca (n. 1769, m. 1834) esercitò con lode l’architettura. Le molte chiese da lui edificate nel contado lucchese; vari ponti
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miglia superiormente da Pisa nella istessa valle, e presso la terra di Montevarchi nel Valdarno superiore; opere tutte di bene intesa esecuzione
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bacino di quel porto il disegno del nuovo da costruirsi in Livorno; ma crediamo che nulla poi si facesse di ciò, e l’opera cadde in mani straniere
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fece in patria. Ricordiamo il Conservatorio della Santissima Annunziata da lui nel 1824 ridotto quale oggi si vede, e dove è ammirabile la scala voltata
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, nè a sufficenza esposte e dichiarate, da cavarne idee generali, che rispondano al diffìcile quesito se l’arte sia o no veramente in progresso tra
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da certe norme convenzionali, divenute oracoli per gli artisti; e guai a chi pensasse, per mo’ d’esempio, modellare un panno con gusto, senza avere
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dato anche alla scultura un valente maestro, chiamando da Roma a bella posta INNOCENZIO SPINAZZI, uno dei primarj che allora fiorissero in quella
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del padre. Pure sentendosi chiamato da naturale inclinazione ad altra via, dopo essere stato fattorino di un vetrajo e poi di un sarto, riuscì ad
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e scegliere da essa quelle parti che meglio rispondono al fantasma concepito, era il segno a cui mirava coll’alto intelletto il Fidia toscano, sebbene
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rinomanza. Il nome del Pampaioni si fece noto circa il 1827, per un piccolo monumento commessogli da certo signore pollacco a cui la morte aveva rapito una
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nome, e fu da ricchi stranieri fatto ripetere più volte; e la Baccante, il Mercurio, la Danzatrice, la statua colossale di Ferdinando III a Livorno
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, e dal moto dei labbri, e da tutta la persona traspare la virtù del sapiente ragionamento. Ma già fino dal 1836 aveva esposto il Demi un suo gruppo in
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Leopoldo I da valenti artisti toscani, ad imitazione di quelli fatti già da Michele Zummo di Sicilia; il primo che adoperasse la ceroplastica a
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getti di finitura e delicatezza mirabile. Nel 1837 fece il busto di un giovinetto da esso modellato sul vero; dopo di che avuto modo per favore di
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che più gli tocca da vicino; non solo manca intieramente all’Italia, ma anche ci fanno difetto le memorie, che pure saremmo in debito stretto di
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della più vera amicizia. Da lì in poi il Susini non si occupò d’altro che del disegnare e modellare membra umane, e tal volta intieri corpi. Molti Musei
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preparazione, il Susini e il Calenzuoli da lui diretti, e coi disegni di Antonio Serantoni, modellarono la famosa figura, che dimostra quei vasi
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legno ed avorio, che salite già in alto grado nel secolo XVI, rifioriscono oggi mirabilmente. Da qualche tempo si ammiravano in Toscana i lavori
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, che serviva alle funzioni dottorali, e quella destinata alla musica nel palazzo de’ Pitti, furono pitturate da lui; ma l’opera che valse a dargli
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Arti. Ma oltre la fama che gli venne dalle opere numerose, meritò onorato ricordo, per aver trovato una certa terra verde mare, da cui si cava quel
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, fu giudicato superiore a quante pitture erano state fatte da un secolo. Grandioso lo stile, bella la composizione, corretto il disegno, buono il
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pregi di disegno; l’amplia tela per la galleria fiorentina de’ principi Corsini, esprimente Priamo trascinato a morte da Pirro, quadro di assai bella
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piedi. Laonde da un così fatto esercizio acquistò nel comporre un fare largo e ricchissimo, che poi tradotto nei suoi dipinti e specialmente nei freschi
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Tutto quanto si racconta in questo libretto intorno ai principali architetti, scultori, pittori e incisori toscani, che sono stati da mezzo il secolo
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’arte, è GIUSEPPE BEZZUOLI di Firenze (n. 28 novembre 1784, m. 13 settembre 1855). Svincolatosi presto da quella durezza accademica acquistata nella
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Vediamo in breve quali fossero i lavori principali di questo artista che mirabile a dirsi, lasciò fatti circa duecento quadri. Tornato appena da Roma
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religiosi, e poi con amore grandissimo ai restauri degli antichi dipinti, che una barbarica ignoranza da un pezzo aveva lasciati in vergognoso abbandono
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cisterna di Dothain, e la creazione dell’anima. Quando Luigi Sabatelli fu chiamato da Milano a dipingere nei Pitti il salone dell’Iliade, il
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Giuseppe venduto dai fratelli. Dipinse più tardi un salone nella Galleria de’ Pitti, ove intese effigiare il carro del Sole oscurato da Minerva e
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progressi. E se fino allora, con poche eccezioni, tutte le opere si riducevano ad ornati e fiorami di specie diversa, da indi innanzi si pose mano a
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stampa della cappella di San Filippo Neri, e meritano lode quelle ricavale da alcuni quadri della galleria Cerini, e da qualche dipinto di Raffaello. Fu
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chiaro nome e comodo stato. Dal suo primo lavoro, che fu un San Filippo eseguito in Firenze, fino all’ultimo, la Strage degli Innocenti da Guido Reni
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, sommo tra gli incisori italiani. Però il Vangelisti non quieto dell’animo per private domestiche sciagure, certa notte preso da fatale disperazione
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, dipinta da Luca Giordano (1822-24); alcuni capolavori per le due grandiose pubblicazioni delle Gallerie di Torino e di Firenze, e spese insomma intiera la
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in rame nell’Accademia fiorentina di Belle Arti (1800), e da Maria Luisa quello di conservatore del Camposanto di Pisa (1807); dove aperta una scuola
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disegni delle antichità ercolanensi fatti maestrevolmente da Elia suo fratello. Famiglia d’artisti era anche questa e tutti valenti. In breve il giovinetto
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decoroso nelle masse, più conseguente nell’interno spartimento delle sue fabbriche, meritò giuste lodi. La facciata dello spedale di Bonifazio Lupi da
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Intanto dalla scuola del Morghen uscirono, com’era da sperare, artisti valenti e degni di un cosi chiaro maestro. ANGELO EMILIO LAPI fiorentino (m
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del Sanzio, e il ritratto di Carlo V, che è da noverarsi colle opere sue migliori. In procedere di tempo venuto a Firenze, fece per Luigi Bardi
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. 8 maggio 1792). Nel 1825 espose all’Accademia di Milano, Gesù bambino presentato al tempio, da un quadro di fra Bartolommeo da San Marco, e n’ebbe il
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del Cardellino e l’altra la Bella Giardiniera, opere insigni di Raffaello, furono da lui incise maestrevolmente a genere finito, e la prima in ispecial
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Nè tra gli artisti che in Toscana hanno atteso all'intaglio sul rame con amore, è da passarsi inosservato GIROLAMO SCOTTO, scolaro del Longhi, che
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PAOLETTI fiorentino (n. 7 dicembre 1727, m. 19 febbrajo 1813). Dotato da natura di quel gusto squisito che le anime gentili sentono, ma che non s
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