Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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è non vostra, ma sua: la vostra incomincia dal giorno in  cui  una via qualunque allo insegnamento v'è aperta, e la
allo insegnamento v'è aperta, e la negligete: dal giorno in  cui  vi si mostrano mezzi per mutare una società che vi condanna
contezza delle cose; finalmente se l' oggetto reale su  cui  medita non le è offerto dalla percezione, ella argomenta
in enti positivi, a cagione dei vocaboli o segni a  cui  ella affigge i suoi concetti, i quali sono atti positivi;
il negativo lo tramuta a suo piacere mediante la forma di  cui  lo veste, e ciò che essendo negativo fu da lei reso per via
al fine di una disputa: prendere la proposizione di  cui  si disputa, e trarle d' attorno, l' una dopo l' altra,
è semplificato, e si spaccia prestamente dai sofismi, a  cui  dànno luogo quegli inviluppi lavorati dall' operazione
molteplicità e dell' accidente ». Tale è dunque l' opera a  cui  deve applicarsi il dialettico: distinguere le forme diverse
la sostanza e gli accidenti; perocchè quell' ente unico, a  cui  riferisce tutti gli effetti che riceve nei suoi sensorii,
diversa del principio sensitivo e del suo termine, in  cui  accade l' operazione. Spiegata così l' origine del concetto
lasciatogli solamente quel vincolo, quell' unità, a  cui  tutti gli accidenti rappresentativi si riferivano. Noi
altro gruppo di effetti che non hanno lo stesso legame, la  cui  unità non è data nel sentimento, come, poniamo, seguitando
possono moltiplicarsi senza che si moltiplichi l' ente a  cui  si riferiscono, in virtù del potere che ha di restringere
materia non significa alcuna specie di enti, ma ciò di  cui  molte specie di enti si compongono, ed ella ha due aspetti:
ed ella ha due aspetti: 1 o si considera la materia, di  cui  gli enti corporei sono composti, in relazione alla forma, e
, cioè ogni specie fa conoscere l' ente individuo, la  cui  realizzazione può ripetersi più volte senza cangiamento
dottrina delle forme aristoteliche è tratta dalle forme, di  cui  si considerò vestita la materia. E sia pure; non vogliamo
non si conosce che da ciò che ci ha dato il senso, su  cui  fece il suo lavoro l' astrazione della mente. Ma tutto ciò
di sensazioni sono più, quando la specie astratta con  cui  si conoscono è una sola; nel qual caso la loro
dividere . La forma dunque dei corpi, la forma compiuta a  cui  risponde la specie, è formata da tutto il gruppo di quelle
i corpi prendono la loro vera individualità dallo spirito a  cui  sono termine, ma non l' hanno in sè stessi, perchè per sè
per l' esperienza dei sensi, ed è questa la cognizione a  cui  rispondono tutti i vocaboli inventati ad esprimere le cose
l' effetto del fondamento sensibile e delle sensazioni di  cui  si veste, i corpi ricevono un' altra individualità, mutuata
unità, che può avere solo dal principio senziente a  cui  è tutto presente, e che d' altra parte così appunto lo
gliela attribuisce, per la stessa legge ontologica secondo  cui  deve operare per poter pensare le cose, e per la legge
da quei diversi sentimenti del principio senziente, in  cui  si rifondono e risolvono più sensazioni diverse,
a cagione della materia limitata che gli è data, su  cui  esercitare le operazioni razionali. Il che però non toglie
Perocchè, se la stessa cognizione di quelle cose, di  cui  l' uomo ha la percezione sensibile, tiene tanto di limitato
quand' egli toglie ad argomentare e ragionare di ciò, di  cui  nulla gli accenna il sentimento, niuna percezione gliene
che non hanno alcuna virtù rappresentativa dell' ente di  cui  si tratta; delle relazioni ontologiche degli enti percepiti
degli enti percepiti coll' ente non percepito, la  cui  notizia s' indaga. Ora questi enti, che non cadono nella
che i segni non rappresentativi . Tali sono i vocaboli, di  cui  si compone il discorso di colui che ragiona di colori ad un
effetti si sogliono riferire a potenze simili a quelle di  cui  abbiamo positiva cognizione, salvo a concepirle di maggior
uno od all' altro di quei tre modi. I vocaboli pure con  cui  ragioniamo, segnano quei tre modi di idee. Dunque, anche
che non si avvera per le cose divine, e per tutte quelle di  cui  non abbiamo percezione. Che Iddio sia l' oggetto del
il termine della sua attenzione razionale è quel solo di  cui  l' uomo s' interessi, e di cui facilmente si renda
razionale è quel solo di cui l' uomo s' interessi, e di  cui  facilmente si renda consapevole. Con questo ragionamento
riflesso non può sapere quello stato dell' uomo su  cui  non cadde riflessione; nega dunque quanto non entra nella
azioni appartenenti unicamente alla vita diretta, di  cui  egli non è conscio, di cui non parla; esse incominciano in
unicamente alla vita diretta, di cui egli non è conscio, di  cui  non parla; esse incominciano in lui, e si svolgono e si
Ora che cosa è il sonno se non una funzione animale, in  cui  l' uomo perde la consapevolezza di sè medesimo, almeno in
riflesso, alla cessazione di quello stesso pensiero con  cui  sta osservando con quali passi il sonno s' inoltri; egli ne
in tre, in più, in un complesso di atti. Ora gli atti in  cui  si esaurisce, sieno molti o pochi, quando quella virtù è
umana; ma conviene che rimanga qualche cosa nell' uomo, su  cui  l' uomo non ha riflettuto, perciò incognita all' uomo
il quale essi fanno certamente e con prestezza somma, ma di  cui  non saprebbero rendere conto alcuno nè a sè stessi, nè ad
Tutta l' attenzione loro riposa nella conclusione, di  cui  solo lor cale, e chi volesse farli tornare sui loro passi
precedenti coi quali ad esso pervennero, e pur tali di  cui  non tengono nè attenzione, nè memoria. Quante volte un
sono mezzi al fine, e questo solo è l' ultimo anello in  cui  la loro attenzione finisce e riposa, e vuol sapere con
ingenti ricchezze! Ma il senso squisito della prudenza, di  cui  parliamo, si dimostra poi ammirabile in alcuni nei quali
secreto della sua prudenza: di separare quel tutto, su  cui  poi si deve decidere, da ogni altra cosa impertinente, e a
più nè meno. Laonde la prudenza e la sagacità operativa, di  cui  parliamo, consiste in due abilità: 1 in quella di formarsi
moltissimo si fa con raziocinio occulto ed abbreviato, di  cui  essi non hanno coscienza; onde si suol dire comunemente che
morali degli uomini, questi caratteri così diversi, la  cui  origine profonda è così difficile da investigare al
condizione inferiore a quelle che egli si elegge a fine, in  cui  perciò riposa la sua attività. Qualora dunque si supponga,
la soluzione di qualche questione, sia nel prudente a  cui  sta abitualmente a cuore l' affare di cui delibera. Un
nel prudente a cui sta abitualmente a cuore l' affare di  cui  delibera. Un altro lavoro mentale si opera nella mente
con un pensiero o con una deliberazione di un anno fa, di  cui  non conservava più ricordanza; eppure quel pensiero, avuto
da dover essere proclive al pensiero presente, a  cui  venne tostochè gliene fu data una minima occasione. Ma
abituali e generali, che si appoggiano alle regole medie di  cui  abbiamo detto, talora crescono da sè stessi, siccome germe
il credersi potente ciascuno della forza della massa di  cui  è parte, il vigore che cresce alle persuasioni dall'
di tutti. E come niuna rivoluzione ottiene lo scopo per  cui  è mossa, senza tale disposizione secreta precedentemente
dello spirito umano. Un esempio importante è quello a  cui  si lega in parte la celebre controversia del culto delle
ad essa basta se con esso può rammentarsi l' oggetto, in  cui  spera trovare la sua futura felicità. Il che tutto dimostra
che è l' ultimo anello dell' operazione razionale, in  cui  riposa l' attenzione e la riflessione di lei, laddove il
lei, laddove il ritratto non è che l' anello di mezzo, su  cui  il pensiero passa rapidamente senza fermarsi. Conviene
e lo contempla, in un modo del tutto simile a quello in  cui  vede l' ente nelle sensazioni. Perocchè, quantunque le
nazioni anteriori a Cristo o non illuminate da Cristo, in  cui  la forza dell' intelletto era debole, potentissima l'
e divine, che erano il vero oggetto intellettivo a  cui  si riferiva il loro culto; trasnaturando quindi appresso in
per non dire inevitabile, lo sdrucciolare ai due errori, di  cui  abbiamo indicata la naturale origine, dell' idolatria e
sono due parti della stessa legge, due relazioni reali in  cui  lo stesso oggetto si considera (2). E fu per questa
desumere la regolarità loro conveniente dall' ordine in  cui  l' agente è, secondo natura, costituito. Di che quella
perchè gli viene impedita di compire quella operazione a  cui  spontaneamente era già volto. Per la ragione dei contrari,
agente si muove se non affine di pervenire ad uno stato in  cui  quieto riposi. Per la stessa ragione egli non sorge giammai
essi possono nascere siccome altrettanti tentativi in  cui  vuole svolgersi lo stato molesto dell' inquietudine,
sentita . Che gli stati intermedŒ sono quei successivi, in  cui  l' animale si trova durante i movimenti che egli fa per
per la quale procede l' istinto animale: 1 lo stato da  cui  l' animale parte, che è stato di soddisfazione immaginata,
immaginata, presentita, aspettata; 2 lo stato a  cui  perviene coi suoi movimenti e sforzi, che è stato di
interno, possono essere più e meno, secondo che lo stato da  cui  parte è più lontano o più vicino allo stato a cui tende di
stato da cui parte è più lontano o più vicino allo stato a  cui  tende di pervenire. Poniamo il caso che di questi stati
sotto due aspetti: 1 da parte del principio unico, in  cui  sta l' efficienza di lei; 2 da parte del termine sentito
termine sentito con sensazioni connesse armonicamente, in  cui  sta la norma dirigente il principio nell' operare. Questo
materno, e il sentimento annesso agli elementi di  cui  il feto si compone, e al feto stesso già composto; 2 che l'
della madre, che rimane modificata dalle passioni, a  cui  l' immaginazione dà principio e fomento (1). Ma per
appunto fa la natura a colorire i fiori e gli insetti, i  cui  armonici colori sono posti tutti simultaneamente, e la vaga
nello stesso tempo a tutta la sensazione primitiva,  cui  l' immagine riproduce; 2 al principio dell' abitudine, che
interno della immaginazione e il principio unico, da  cui  viene l' azione vitale del sensorio. Questo principio,
anima sensitiva con un atto solo può operare più effetti, a  cui  ella è contemporaneamente presente nella sua semplicità;
riprodurre più facilmente, almeno in parte, le immagini di  cui  ebbe le sensazioni, da questo, che la spontaneità ubbidisce
immensamente più. La quale è una seconda ragione per  cui  l' intelligenza ama la regolarità nell' oggetto molteplice
essere accresciuta dalla mente se non ha una regola secondo  cui  accrescerla, come accade nelle serie, ond' ella si rimane
appunto i loro ragionamenti sopra la regola, secondo  cui  trovarono essere disposti i punti assegnabili nelle varie
di cose, nella quale si scorge la regola secondo  cui  sono distribuite e disposte, allora si ha la cognizione
principio sensitivo è atto a godere, e quale sia quella di  cui  gode il solo principio razionale, soffermiamoci a
No, perocchè quando si gode di una cosa, altro è la cosa di  cui  si gode, altro è lo stesso godimento. Dire che il godimento
o proporzioni, che non gli recano l' effetto piacevole a  cui  egli tende; non è dunque dell' essenza, della ragione della
è dunque dell' essenza, della ragione della simmetria, di  cui  gode, ma dell' effetto che questa talora produce, talora
e di sublime geometria; errori sublimi, a dir il vero, in  cui  soltanto così rari ingegni potevano cadere, siccome quelli
diversi secondo che varia il punto e la direzione in  cui  gli è applicata la forza motrice; e questa stessa forza
luce minore; di due camere egualmente rosse, la prima in  cui  s' entra sembra più rossa della seconda (1); il passaggio
angoli ». E se coll' occhio fisso queste sedici file da  cui  lo scacchiere risulta, mi pare un disegno totalmente
l' ordine che hanno più cose presenti, come la simmetria di  cui  abbiamo parlato, l' ordine che hanno le parti al tutto, le
ordinato (parte a cagione delle leggi della materia, di  cui  è composto, e delle leggi della comunicazione del moto,
sensitivo, che tutti li domina e accorda insieme, il  cui  gusto prevalente si è quello che determina il vero piacere
crede volgarmente; si attribuisce all' accidente quello la  cui  causa rimane nascosta, perchè troppo profonda, troppo
si troverà che la legge di successione armonica, di  cui  parliamo, ha un dominio estesissimo oltre ogni credere
preso a scrivere quest' opera. Ma la parte animale, di  cui  l' umana intelligenza è circondata, quasi fasce che tutta
formata di istinti (1), noi lasciando quella da parte, di  cui  abbiamo sufficientemente ragionato, ci continuiamo nel
di ente involge il concetto di un atto, e l' atto con  cui  un ente è, è il contrario dell' atto con cui un ente si
e l' atto con cui un ente è, è il contrario dell' atto con  cui  un ente si annulla. Se dunque un ente è, conviene supporre
la virtù che ha l' ente di conservarsi. Il primo atto, con  cui  l' ente è posto, ripugnante necessariamente alla
Che se l' atto col quale l' ente è posto, è quello con  cui  è posta la propria forma dell' ente, conseguita che la
di conseguire semplicemente e compiutamente la sua forma, a  cui  tende. Applichiamo questi principŒ ontologici e cosmologici
ontologici e cosmologici all' ente animale. L' atto, con  cui  l' ente animale è posto, pel quale è posta la sua forma, è
». Non si deve già credere che quell' istinto , a  cui  noi attribuiamo la produzione del sentimento fondamentale,
suo termine, il massimo dei quali gradi sarebbe quello per  cui  egli disponesse del corpo, sottraendolo all' azione di
ma riceva poscia una limitazione dalle condizioni a  cui  è legata, le quali le impediscano di spiegarsi quanto essa
sentimento fondamentale, con esso insieme le particelle a  cui  aderisce, e che si vogliono o dividere da lui o
immaginazione di cose liete. E questo è uno dei fonti, da  cui  procedono le forze perturbatrici della natura (1). Tutti
si vuole intendere per eccitabilità una proprietà unica, di  cui  gode più o meno ogni parte del corpo vivente, conviene
nella funzione organizzatrice cadono tre momenti, a  cui  demmo i nomi di rattenenza, riproducibilità e spontaneità
della reciproca coerenza delle molecole e degli elementi di  cui  il corpo vivo si contesse, affine di facilitare quegli
e succedersi con leggi determinate; avendosi un principio a  cui  attribuirsi convenientemente tali movimenti spontanei. Ora
principio soggettivo, che produce fenomeni soggettivi, a  cui  succede una classe di fenomeni extra7soggettivi; ed a
all' analisi, ed abbiamo trovato che è il talamo, in  cui  si congiunge l' esteso col semplice. Ma di più abbiamo
del sentimento, è simultanea in tutto quell' esteso in  cui  ella intende operare; quindi le parti di questo esteso non
sostanza tenerissima del cervello, fosse quella stessa di  cui  partecipano i nervi ed i muscoli che sostengono grandi
che presenta l' operare dell' animalità; le forze, di  cui  si mostra dotato il corpo vivo, e quelle della materia
senza errore notabile supporre che tutte le particelle, di  cui  sono composti, sieno attratte egualmente; e su questo
centro di gravità dell' astro, quantunque le particelle di  cui  l' astro si compone, sieno nel fatto più o meno attratte
che agitano i filosofi della natura. La questione, su  cui  questi disputano, riguarda dunque la conciliazione presa
a sè medesimo. Questo è lo stato della questione, in  cui  noi dobbiamo ora metterci. I filosofi della natura, che ne
una spiegazione dei fenomeni naturali semplicissima, in  cui  tutti si riducessero ad unità, ad una sola causa. Questa
non possono appartenere neppur essi alla materia in  cui  appariscono, ma bensì al principio sensitivo con essa
essa congiunto. Quindi stabilimmo che tutti i movimenti, a  cui  la materia soggiace, si debbono ridurre a due cause
di materia che investe e delle diverse condizioni in  cui  esso si trova, il quale, seguendo una sola legge, produce
animali. Ma chi si farà a considerare la legge secondo  cui  opera l' istinto vitale, scorgerà facilmente che, anche
quali è assai più facile l' osservare quel moto perpetuo di  cui  parliamo, in cui gli stimoli generano moto, e il moto
facile l' osservare quel moto perpetuo di cui parliamo, in  cui  gli stimoli generano moto, e il moto genera nuovi stimoli,
col quale sono fabbricati; ma queste posizioni in  cui  si rimarrebbero, se le sole leggi meccaniche determinassero
tempo, ragione dell' incessante cangiamento di luogo a  cui  dolcemente si trovano stimolati. Rimossa adunque la
delle forze puramente attrattive (fisiche e chimiche), i  cui  principŒ vitali avrebbero un dominio meno esteso, e con
e composizioni chimiche. Dunque le molecole, di  cui  consta il corpo vivo, giacciono in situazione e condizione
extra7soggettivi, che si rispondono nelle diverse parti di  cui  si compone la macchina del corpo animale, potrebbe forse
che quel movimento delle fibre sia il primo fenomeno, a  cui  il sentimento, come effetto a causa, sussegue. Non
stesso sussiste. Un' altra cagione dell' illusione, a  cui  soggiacquero i filosofi in così importante argomento, fu
si ricorre, per spiegare i fenomeni, ad una causa, di  cui  è provata l' esistenza, là dove per nessun argomento si può
altro in questo, che manca della principale condizione di  cui  un' ipotesi deve essere fornita, cioè che « sia provata l'
quanto in Francia, nel riconoscere un principio unico, a  cui  si riferiscano i fenomeni animali e nominatamente le
e soggettivi . Movendo noi dunque da una causa, di  cui  è provata l' esistenza ed altresì la sufficienza a produrre
ma ben anche ai movimenti minimi, come sono quelli con  cui  si operano le secrezioni. - I dolori, che provano i bambini
Lo stesso si può dire del titillamento delle nari, a  cui  sussegue lo starnuto, movimento ancora più complicato; lo
che cagiona quella molestia. Perocchè, si noti bene, ciò a  cui  tende il principio sensitivo è unicamente di liberarsi
classificare tutte le maniere di sensioni speciali, di  cui  è suscettivo il sentimento, e descrivere le azioni
semplice, essi non potrebbero essere condotti all' unità, a  cui  pure sono sempre volti, senza eccezione di sorte. Si
movimenti diversi che ciascuna di esse fa, nei momenti in  cui  li fa, tuttavia si compie per modo che si sente in essa un
uomo ha coscienza che un sentimento ne sia il principio. A  cui  noi facciamo due risposte. La prima, che in uno stesso
si persuade che possono essere in noi dei sentimenti di  cui  non siamo conscii, ed anzi che ve ne sono di questi senza
che ve ne sono di questi senza numero, cioè tutti quelli a  cui  non riflettiamo, da cui non è attirata la nostra attenzione
senza numero, cioè tutti quelli a cui non riflettiamo, da  cui  non è attirata la nostra attenzione intellettiva. Vedrà ben
quiete del meditare. E tuttavia di quelli stessi, di  cui  possiamo avere coscienza, non l' abbiamo se non a
ci paia di averla abitualmente per la grande prontezza con  cui  noi ce la formiamo. E non ce la formiamo senza avere una
quali terribili effetti non produce il solletico, la  cui  irritazione muove i muscoli dello stomaco al vomito, agisce
dell' impressione dell' aria, che la raffredda e costipa, a  cui  conseguita poscia un turbamento universale dell' economia
delle simpatie patologiche, si ricorre ad una causa la  cui  esistenza è dimostrata, e non già ad un essere supposto
il secreto della trasmissione della potenza medicatrice, di  cui  sono dotate varie sostanze, massime parlando di quelle che,
che esse non differiscano se non per lo spazio diverso in  cui  sono collocati gli organi, pei quali spazi diversi avviene
quale le porge oggetti semplici, e così nè saprebbe più a  cui  credere, nè saprebbe come muovere le sue membra in
cosa è che muove l' animale ad esercitare una funzione, a  cui  concorrono, simultaneamente o successivamente, molti organi
ne veggano ad un tempo gli effetti in tutte quelle parti in  cui  ella si espande; benchè queste diverse parti la ricevano
tutta l' economia, e però molto opportuna cade la legge, di  cui  parliamo, che « dove la funzione di due organi è simile in
di natura e solo differiscono per lo spazio diverso in  cui  si esercitano, il sentimento, ond' esse partono, dovrà
perfezione, che il corpo animale non possa sopportare, e a  cui  consegua la distruzione dell' uomo? Non si oppone un tale
per cupidità di smoderato godere uccida quel composto di  cui  ella è la parte principale. Nell' uno e nell' altro caso si
nè così potrebbe mai essere stata creata da Dio, le  cui  opere sono perfette. Insomma qui vi è una delle molte prove
extra7soggettivi sono un conseguente del suo operare, a  cui  l' istinto non perviene. Ora consideriamo in che
è da vedere anche qui se questo sia un vero errore, a  cui  soggiace l' istinto sensuale, o se l' azione sua, benchè
in aiuto lo stesso diaframma, muscolo grande e forte, i  cui  movimenti sono necessari a vincere la resistenza dello
e minimi, e hanno sede principalmente nei minimi vasi, da  cui  la cute e le parti adiacenti sono per ogni verso, a guisa
creatrice; effetto fuori del sentimento e dell' istinto, a  cui  l' istinto non tende, perchè non lo sente, e questo è il
locale produca un movimento vascolare extra7soggettivo, il  cui  effetto benefico è quello di rimuovere mediante le
e disorganizzandosi, cessa in esse il sentimento, di  cui  precedentemente erano termine, e quindi cessa ogni dolore.
sua azione, allora è messo in essere il sentimento, la  cui  natura è piacere. Ma effettuato il sentimento (piacere per
già in atto nel primo sentito, nel primo sentimento di  cui  egli è l' attività. Altro esempio della serie giovevole si
vitale, il quale invece di produrre il sentimento normale a  cui  tende, per sè piacevole, contrariato, produce un sentimento
dall' atmosfera, dai temperamenti, dallo stato speciale in  cui  si trova l' animale, e in esso quel corso alterno che mai
di tener conto di tutte quelle innumerabili circostanze, la  cui  mistura, per dir così, lo rende opportuno ovvero importuno.
vicissitudine delle sensioni e dei movimenti intestini, di  cui  abbiamo più sopra descritte le leggi; solamente in queste
di stimolo, ma da stimolo inopportuno alla condizione in  cui  si trova l' interna vicenda delle sensioni e dei movimenti
comincia ad essere flogistico. Ora, nell' impossibilità in  cui  si vede il celebre uomo di determinare questi limiti, egli
riproduzione normale delle parti tagliate, nel processo per  cui  dall' infanzia alla virilità vanno raffermandosi le parti
Tommasini si vede lottare manifestamente fra il sistema, di  cui  si è preoccupato, e i fatti che gli cadono sott' occhio.
allo stato e condizione di esse forze. La passività, da  cui  Brown fece dipendere la vita, fu tanta che egli ne trasse
e la non operazione, ma tra l' operazione e lo stato in  cui  l' animale si troverebbe non operando. E potrebbe essere
tutti operati dalla spontaneità dell' istinto sensuale, a  cui  non è dato resistere al primo incitamento della sensazione
si spiega ricorrendo alla legge dell' abitudine attiva, a  cui  ubbidisce il principio animale. Ma si dovrà dunque
della fibra si debba ripetere dalla nuova condizione in  cui  è venuto, per l' abitudine attiva, il principio animale,
dalle notizie intellettive e dalle disposizioni morali, di  cui  sono privi. Certo è ch' essi hanno un principio animale
se questa attività agisce con quella specie di atti, a  cui  rispondono dei movimenti intestini nei tessuti del corpo,
sicurtà asserire non esservi un solo momento nella vita, in  cui  la mistura e la tessitura delle parti sia in tutto e per
Dalle cose dette risulta: Che dal primo istante in  cui  l' uomo è posto, fino all' istante in cui l' uomo muore, vi
primo istante in cui l' uomo è posto, fino all' istante in  cui  l' uomo muore, vi è un corso non interrotto di azioni
sono altro che una parte del corso delle azioni alterne, di  cui  parliamo, non interrompono questo corso, ma lo continuano,
qualità, che la rende attiva in sull' anima stessa, di  cui  abbiamo altrove parlato (1). Date queste condizioni, il
e ve ne sono infiniti, a provare che la condizione in  cui  si trova il principio intellettivo, influisce sull'
negli uomini primieramente per cagione dello stato in  cui  si trova il principio intellettivo. In secondo luogo egli
secondo la maggiore o minore continuità delle molecole, di  cui  l' animale risulta. Varia secondo la quantità assoluta
possono dire sensitive; ma non alla maniera dei nervi, la  cui  sensitività è eccitabile e speciale (1). Finalmente il
è un continuare a produrlo; coll' atto stesso con  cui  si produce, ei si conserva. D' altra parte, se l' istinto
fin dove è possibile, tutte queste differenze sensibili, di  cui  è suscettivo un vivente. Ma per sentimento fondamentale d'
Il loro effetto è il movimento extrasoggettivo, a  cui  s' accompagna la sensione, ossia il complesso armonico di
fibre, come sostanze controstimolanti . Ma nel senso in  cui  noi prendiamo la parola stimolo, non si può ammettere l'
o per la condizione speciale della parte del corpo a  cui  viene applicata, o per altra circostanza, può rendersi
costituiscono il sentimento fondamentale d' eccitazione, di  cui  gli uomini non si sogliono formare che una coscienza assai
per una successione di stati migliori o peggiori, la  cui  varietà in meglio od in peggio dipenderebbe dall' azione
o periodica; che variasse, in una parola, il tempo in  cui  si applicano tali stimoli, variasse il tempo in tutte le
- Che cangiassero nella quantità e nel tempo in  cui  si rinnovano, o continuano, o si tolgono. Sesta
relazione agli effetti che producono nei tre elementi, da  cui  l' animale risulta: 1) la continuità delle parti; 2) l'
che dipendono le infiammazioni locali ed altri fenomeni, su  cui  torneremo là dove prenderemo a considerare il terzo
già l' organizzazione simile a quella del corpo vivente, a  cui  s' uniscono. Questo sarebbe il caso della trasfusione del
primitiva del sentimento fondamentale di continuità, di  cui  noi parliamo. L' operazione, che rende continuo il
del naso risponda la parte, che si attacca, a quella a  cui  viene attaccata, così appunto da combaciare vaso a vaso,
col suo impulso meccanico. Che si tratti d' una materia, le  cui  forze chimiche agiscano sul corpo vivente con potenza
e per le sensioni parziali. Se poi si considera il caso in  cui  le molecole del corpo vivente si dividano da lui, questo
a considerare la varietà delle sensioni primitive, il  cui  complesso, nella sua parte costante e tipica, costituisce,
esterni, opportuni, naturali, piacevoli; e nel tempo in  cui  sono già assimilati al corpo umano e avvivati, ed allora
solidi, costituiscono quella parte di organismo, su  cui  opera principalmente lo stimolo. Per la varia qualità e
più che non sieno accresciuti gli stimoli esterni, il  cui  eccesso ha prodotto quel torpore. In questo caso l' effetto
nei casi speciali d' investigarsi il rapporto, secondo  cui  crescendo la prima serie, può diminuire la seconda; nè sarà
produce anche stimoli maggiori; quindi nelle malattie, da  cui  vengono presi i robusti, vi è quasi sempre anche eccesso d'
veemenza nelle operazioni del corso zoetico; veemenza, in  cui  non consiste l' essenza del morbo, la quale sì bene
rovinoso partecipando di quella naturale gagliardia, con  cui  si compiono i movimenti e le sensioni vitali. Dalle
è la sensione. Poichè la ragione delle modificazioni, di  cui  è suscettibile un soggetto, non può essere che nella natura
conoscere altresì a priori tutte le modificazioni di  cui  è suscettivo, cioè dedurle dal solo concetto della sua
un quinto fatto che vi è pure un elemento di attività, di  cui  il soggetto è pure lo stesso principio sensitivo. Dunque le
in sè virtualmente tutti gli atti e tutti i modi, di  cui  egli è suscettivo; dunque nel principio sensitivo si
sua maniera di operare deve essere una delle condizioni, da  cui  dipende lo stato più piacevole dell' animale, di modo che
ha virtù di mutare la serie delle azioni vitali, di  cui  si compone il corso zoetico, rispondendo ad ogni specie di
delle membra più sottilmente organate; e gli individui, le  cui  carni e i cui organi sono più finamente tessuti, dimostrano
più sottilmente organate; e gli individui, le cui carni e i  cui  organi sono più finamente tessuti, dimostrano possedere una
prova nel momento d' incontrarlo, cioè in quel momento in  cui  nasce la mutazione, non quando ella è già nata? In gran
intensità di diletto maggiore, che giace nel primo atto, in  cui  si entra in possesso del piacere desiderato. Essa dipende
fremente cupidigia; riposo ottenuto in quell' istante, in  cui  vede a sè libero ed aperto il piacere concupito. Onde,
e quasi in continue vibrazioni. E ancora il piacere, di  cui  l' occasione si porge inaspettata ed è preso alla
capo; dopo poche ore lo colse un' apoplessia fulminante, di  cui  morì la notte; un deposito di materie gli fu trovato nel
perchè è reso più mobile ed oscillante. Le modificazioni, a  cui  soggiace l' organo del gusto dalle affezioni uterine, sono
che si avvicinano all' epoca della pubertà, o di quelle il  cui  scolo periodico è difficile, o che soffrono altri incomodi,
tosto dopo la morte, per l' azione dei detti succhi, a  cui  non osta più l' attività del principio vitale (1). E qui mi
via di ragionamento, la costituzione intima del morbo di  cui  si tratta, e quindi le sue cause interiori che ne producono
esperienza o per induzione tutti i fatti interni, da  cui  risulta lo stato sanitario d' un corpo vivo, e di
del corpo, mediante la cognizione degli elementi da  cui  esso è costituito, cosa arduissima; l' altro di appigliarsi
il complesso delle forze, dei movimenti e loro effetti da  cui  risultano; il che è un andare prima per via d' analisi,
oltracciò conoscere gli anelli precedenti all' anello di  cui  si trattava, o almeno lo stato dell' istinto vitale e dell'
che determinano la specialità di quel corso zoetico, di  cui  si tratta; la quale di nuovo non cade sotto l' esperienza,
bisogno può esservi aumento di stimolo, come nel caso in  cui  lo stimolo soverchio impedisca l' azione degli organi,
non sia stato fatto, quale sia precisamente la debolezza di  cui  parlano i medici, che vogliono ridurre tutta la medicina
delle vene sarebbe una cagione dello stato morboso, di  cui  si tratta, precedente a quella dell' eccitamento arterioso,
non si accrescesse punto nella stessa proporzione, in  cui  si accresce quello delle vene (perocchè le arterie dotate
tendenza alla suppurazione; massime là dove i capillari, il  cui  calibro è assai irregolare, sono d' una grossezza
stessa località infiammata, e alla prostrazione di forza, a  cui  son venute le vene, abbiamo attribuito la cagione o l'
con tutta chiarezza definite, questo è appunto ciò, su  cui  cade il mio dubbio. Se io considero come i nostri medici
proprietà dei rimedi dallo stato stenico o astenico, alla  cui  guarigione conferiscono. Indi è da ripetersi in gran parte,
altra via che quella di sottrarre ad essa le forze con  cui  opera, affine di renderla meno dannosa, sarebbe ancora
intendono, già non sarebbe più vero che l' ammalato, in  cui  vi è infiammazione, sia robusto e di eccedente vitalità.
analitica , ma si dice solamente che vi è un nemico, a  cui  giova diminuire le forze. Ora, chi mai non sapeva che le
curativo ». Se fosse vero che vi fosse un elemento, a  cui  il medico dovesse restringere le sue vedute, e solamente in
Non sono frequentissimi, e confessati da tutti, i casi, in  cui  tutto il corpo è ridotto alla maggior possibile
modo riesce del tutto falso anche nel sistema moderno, di  cui  parliamo, che nello stesso tempo che si fa uso d' un metodo
il cavare da essa con sicurezza quelle induzioni, di  cui  va in cerca la medicina analitica . E noi potremmo
difficoltà di cavare con sicura logica quelle induzioni , a  cui  la medicina analitica aspira, non mai per iscoraggiare i
dalla medicina sintetica; e la difficoltà in gran parte, di  cui  abbiamo parlato, nasce principalmente dalla complicatezza
principalmente dalla complicatezza del corso zoetico, di  cui  prima di tutto converrebbe conoscere a pieno la teoria; e
se non si conosce a pieno lo stato del corpo umano, a  cui  si applica; il qual corpo umano è appunto nel caso nostro
umano è complesso, sì per la pluralità delle sostanze, di  cui  è composto, sì per la diversità delle forze meccaniche e
è oltremodo complesso, non solo per le varie sostanze di  cui  si compone, ma per le proprietà e forze meccaniche,
mettere in aperto tutte le diverse classi d' illusioni, in  cui  si può dare in conseguenza della molteplicità di sostanza e
come vedemmo, secondo la condizione della materia in  cui  agiscono, dell' organizzazione, ecc.. Producono un effetto
un certo grado di forza. La forza dell' abitudine , a  cui  soggiace l' istinto sensuale ed anche il vitale, in quanto
e quindi avvengono le malattie. Poichè se l' atmosfera, in  cui  prima l' animale si ritrovava, era poco stimolante, la
il corso zoetico; ma dapprima in quella parte, a  cui  gli stimoli sono applicati, e, parlandosi di atmosfera,
principio deve succedere uno squilibrio fra l' attività, in  cui  si mettono certe parti del corpo, e quella di certe altre,
la nostalgia, in quanto ha di fisico, le malattie, a  cui  soggiace il corpo per le mutazioni atmosferiche anche nello
è giunto a un certo grado, la scarsa materia, di  cui  il vivo è composto, riducesi a tale che non è più dominata
senza irritazione, senz' alcuna lotta. Il sentimento, in  cui  questa dominazione consiste, è per essenza piacevole.
ma resta sempre separato il concetto della lotta , a  cui  appartiene lo stato diatesico, dal concetto della semplice
Ma questa esaltazione o questa depressione di forza, con  cui  agisce il principio vitale, non è la malattia, benchè ne
muovergli alcuna ribellione, è più forte di quell' altro, a  cui  i sudditi ribellati dànno battaglia con dubbia sorte,
e faccia più prodezze del primo. La violenza dunque, con  cui  opera il principio vitale durante lo stato morboso, a vero
maniera il concetto della malattia, e distinta l' igiene, a  cui  appartiene di conservare e rinforzare la sanità, dall' arte
anzi si conservano, come si conservano le forze di colui, a  cui  cessano le fatiche e gli sforzi. Che l' azione bellicosa,
o diminuiscono il dominio su quell' esteso materiale, in  cui  termina il sentimento che costituisce l' animale.
o debolezza. Indi è che i tipi primitivi di tutti i mali, a  cui  può soggiacere l' animalità nell' uomo, si riducono a due:
che diviene più forte di lui, una nuova malattia con  cui  lottare; e qui si rinnova uno dei tre indicati accidenti.
para innanzi un ostacolo, lo combatte con tanta forza, di  cui  ha contratta l' abitudine, che produce sconcerti nell'
così togliendogli le forze, come si vede nel cronicismo, a  cui  passano talora le malattie più violenti. La terza cagione,
modo, secondo la qualità degli stimoli e la località a  cui  vengono applicati. L' ossido di carbone, recato ai polmoni
che produce la robustezza e la debolezza comparativa, di  cui  parliamo. L' attività dunque dell' istinto animale si può
cutanea, sembra dovesse essere quella legge di simpatia, di  cui  abbiamo parlato, per la quale il principio senziente mette
secretori ed escretori, è uno dei mezzi principali, di  cui  si serve la natura per determinare le secrezioni e le
febbri che cominciano con una sensazione di freddo, a  cui  succede un forte calore, sembra che durante il freddo vi
tensione e forza maggiore, ma pel maggiore stimolo da  cui  vengono incitati, per la maggior copia e celerità del
ed anche simpaticamente diffusa, dànno attività ai vasi in  cui  s' addentrano, e i fluidi vi accorrono sottraendosi ad
ad esse. Ci rimane in fine a parlare delle località, di  cui  abbiamo fatto cenno qua e là sol di passaggio. All'
di essa; 3 la costante armonia dei detti movimenti, a  cui  è condizione l' organizzazione. Il principio animale è la
azione consiste nel volgere tutta la quantità d' azione, di  cui  fa uso, a perfezionare lo stato dell' animalità nei suoi
Queste diverse parti, occupanti luoghi diversi da quello a  cui  si riferisce, come a proprio scopo, l' attività animale,
certi organi per ottenere un dato effetto, di  cui  ha di frequente bisogno. Se poi gli accade di appetire un
bisogno. Se poi gli accade di appetire un effetto, il  cui  ottenimento ha bisogno del moto d' alcuno di quegli organi,
colla frase scolastica, per modum unius ; l' atto poi con  cui  muove ad un tempo quel numero d' organi è diverso da
sentimento eccitato ha già in sè il sentimento continuo, di  cui  è una esaltazione; il sentimento armonico ed uno ha in sè
una mano una sensione piacevole o dolorosa; il movimento, a  cui  aderisce questa sensione locale, non è quello che si limita
Ma se l' eccitamento nasce in un gruppo di molecole, le  cui  piccole superfici non si continuino in modo da formare una
le loro faccie, allora nasce una sensazione confusa, in  cui  non si discerne una figura determinata, come accade in
il cervello non produce il dolore come forza straniera, a  cui  solo spetta la località, ma con un movimento organico
percezione più distinta di quella parte del corpo nostro, a  cui  è applicata la causa della sensione, anche a questa
sua causa straniera o stimolante, cioè la parte del corpo a  cui  ella viene applicata. Ed è per questo che le sensazioni
che rimangono liberi, non trovando altre molecole con  cui  comporsi, ritornano ad abbracciarsi colla molecola a cui
cui comporsi, ritornano ad abbracciarsi colla molecola a  cui  appartenevano, e succede in direzione opposta la stessa
le molecole stesse sensorie, il nervo, il cervello, di  cui  parliamo, appartengono alla sfera dell' extrasoggettivo;
opera a produrla, sia la medesima (1); poichè, ciò a  cui  non si estende questa attività, è già fuori dell'
il medesimo. Pare dunque che al principio senziente, della  cui  attività sono modi le sensioni, rispondano nell' ordine
esteriori, quale tutti noi adulti l' abbiamo presente, a  cui  prestiamo cieca fede, e su cui si fondano tutti i
l' abbiamo presente, a cui prestiamo cieca fede, e su  cui  si fondano tutti i ragionamenti comuni intorno al corpo. Il
degli elementi componenti le molecole sensorie, di  cui  il nervo risulta, non sia in tal caso violento solamente al
alle membrane mucose gastriche. Quindi le località, a  cui  trasmettono l' effetto della loro azione, sono determinate
dalle diramazioni nervose e vascolari, e dalle leggi con  cui  operano questi sistemi (1). E qui basti. Chè questo libro
diciamo di essere riusciti) restituirle quell' onore, di  cui  fu spoglia da tanto tempo, che da lei dipendesse la scienza
maggiori forse del potere, su quel diritto cammino, da  cui  tanto s' allontanarono, diremo così: niente c' importerebbe
permane, e cangia nello stesso IO , e dell' ordine in  cui  stanno fra di loro gli elementi che lo costituiscono. Niuna
Volendo noi dunque svolgere e descrivere le leggi, secondo  cui  operano costantemente le umane potenze, anche qui, innanzi
sono propriamente leggi dell' attività umana, ma leggi, a  cui  questa è quasi di continuo condizionata e mirabilmente
effetto di così varie e di così sublimi attività, di  cui  fu ornata dal Creatore l' anima umana? Quale è il naturale
cosa; comunica con tutte soltanto per mezzo dell' essere, a  cui  è affissa, pel quale conosce; chè gli enti sconosciuti non
lei faccia ritorno. Come l' anima dall' essere eterno, nel  cui  seno ella dimora perpetuamente, può derivare a sè la
anzi che di fermarmi alla corteccia delle parole, di  cui  li rivestirono. E così io trovai, non senza soddisfazione
colui che già prima non possiede il vero, qual tipo al  cui  riscontro il falso si riconosce; ma esso diviene ottimo,
rovine di venerandi edifizi, e che la lingua antica in  cui  sono espresse, siccome assai sintetica (conciossiachè la
primitiva sapienza, e massimamente l' ebraica nazione, in  cui  quella si mantenne intemerata, e a cui furono consegnati in
ebraica nazione, in cui quella si mantenne intemerata, e a  cui  furono consegnati in deposito i positivi oracoli della
Pitagora distinguesse da questa l' anima intellettiva, di  cui  troppo più altamente sentiva, come diremo a suo luogo.
dell' animale, ho accennato altrove (7). Aristotele, di  cui  conviene alquanto diffidare, perchè inclina a ridurre a
e specialmente il fuoco, o in luogo dell' anima pura (di  cui  non avevano ancora l' idea netta) parlavano dell' animato .
Fra quelli che così opinarono, celebre fu Dicearco, di  cui  Plutarco scrive: [...OMISSIS...] . Aristosseno musico pose
lato all' anima elementare e senziente lo spazio, di  cui  parlammo nella Psicologia - e un temperamento di tali
parleremo in appresso. E cade pure il sistema di quelli, di  cui  parla Cicerone così: [...OMISSIS...] . Alla quale è
esclusivamente collocarla; perocchè l' oggetto è quello in  cui  il pensiero finisce; e la via percorsa dal pensiero, e il
mi sembra poter annoverare prima degli altri Pitagora, di  cui  riferisce Plutarco che [...OMISSIS...] . Ora i numeri non
che questa idea doveva essere appunto il Dio di Pitagora,  cui  questo filosofo definiva il numero dei numeri,
errore e la confusione indicata in fare che la scienza, in  cui  riponevano il due, corrisponda alla mente, in cui
in cui riponevano il due, corrisponda alla mente, in  cui  riponevano l' uno, quando avrebbero dovuto farla
essi Empedocle. Noi siamo di opinione che gli elementi, di  cui  Empedocle voleva composta l' anima, fossero le idee degli
trattandosi d' interpretare la mente di un filosofo, di  cui  ci rimangono solo pochi frammenti, vuol tenersi gran conto
studio della filosofia, come si fu quella di Empedocle, al  cui  tempo i filosofi ionii, e più ancora quelli di Samo, di
in modo aperto e sguaiato, non appartiene al periodo, in  cui  la filosofia si stava formando, ma, chi ben guarda,
elementi? Per spiegare la cognizione di tutte le cose, di  cui  l' anima è suscettibile, movendo dal principio che « « il
l' errore comune e grossolano della idolatria, in  cui  erano essi stessi educati. Alla nostra sentenza ancora
prima per Empedocle) è una cotal prigione dell' anima, di  cui  turba i regolari movimenti. Laonde dice, che
dice, che [...OMISSIS...] ; e così spiega l' ignoranza, in  cui  l' uomo nasce, e gli irrazionali moti dei bambini, non
solo veramente risiede la similitudine delle cose, con  cui  l' anima conosce (3). Di poi, che cosa è la prima
dicano nulla di somigliante. Due dei più grandi uomini, di  cui  s' onora l' Italia, Parmenide e Zenone suo discepolo,
il fondo del pensiero, e diamogli tutto il nerbo di  cui  esso è suscettibile. L' argomento di Parmenide e di Zenone
ella cesserebbe di essere? Nell' istante medesimo in  cui  è, no; perchè in tal caso sarebbe e non sarebbe allo stesso
e non sarebbe allo stesso tempo, ossia l' istante, in  cui  fu messa in essere, sarebbe l' istante, in cui ella fu
istante, in cui fu messa in essere, sarebbe l' istante, in  cui  ella fu annullata, il che è contraddizione. Dunque in un
in un altro istante susseguente. Ma se l' istante, in  cui  viene distrutta, deve distinguersi da quello in cui ella
in cui viene distrutta, deve distinguersi da quello in  cui  ella esiste, già fra l' uno e l' altro istante vi deve
Veniamo ora ad applicare questa dottrina agli elementi di  cui  si compone, secondo gli antichi, il mondo materiale.
tre generi: l' uno ciò che si genera, l' altro ciò in  cui  si genera, il terzo ciò alla cui similitudine si genera. A
si genera, l' altro ciò in cui si genera, il terzo ciò alla  cui  similitudine si genera. A quest' ultimo dà il nome di
quello di madre, al primo quello di prole. La materia in  cui  tutto si genera, ossia il soggetto di tutte le mutazioni, è
vi debbono essere le essenze intelligibili di tali cose, a  cui  compete propriamente i nomi di fuoco, aere e gli altri,
è l' indole, secondo Platone, degli elementi materiali, le  cui  essenze sono intelligibili, e sono i veri elementi, il vero
vero fuoco, il vero aere, la vera acqua, la vera terra, di  cui  i primi non sono che somiglianze sfuggevoli. Di tali
quando si considera un altro luogo di Aristotele, in  cui  questi chiaramente afferma che Empedocle ripose l' essenza
nuovo rincalzo la nostra interpretazione degli elementi, di  cui  egli componeva l' anima. Empedocle, dunque, oltre i quattro
distinta da quella monade, secondo un rispetto diverso da  cui  si guarda, che assolutamente, in quanto cioè l' amicizia
come cagione di essi, chè l' essere intelligibile, da  cui  tutto viene, è necessario, e impone a tutte le cose le
Lucrezio in questi versi: [...OMISSIS...] Dove il fuoco, di  cui  si formano gli altri elementi (2), si fa venire dal cielo;
Ma se si considerano le due forme, l' ideale e la reale, in  cui  è questo unico mondo, niente vieta che si pongano due
strumento di scetticismo. Ma a temperare questo estremo, a  cui  reca facilmente la critica dei particolari, noi crediamo
memorie rimaste non avessero trovato qualche addentellato a  cui  continuare l' edifizio, qualche vera traccia del loro
andar perduta pei filosofi della scuola italica, a  cui  appartiene certamente Platone; uomini tanto avidi di
senza uscire intieramente da quella forma universale, sotto  cui  l' aveva annunziata Parmenide. Poichè è da distinguersi
che sdrucciolassero nell' una o nell' altra fossa, tra  cui  movevano i piedi, del materialismo e dell' idealismo.
o sostanza opera comecchessia in noi, per quella forza con  cui  immuta il corpo nostro, e si fa termine della nostra
- dopo aver distinto fra la cera e le varie impronte di  cui  ella si può successivamente effigiare, osserva che alla
distingue due fuochi, l' uno essenziale ed intelligibile, a  cui  spetta la quiddità del fuoco, l' altro sensibile, a cui
a cui spetta la quiddità del fuoco, l' altro sensibile, a  cui  spetta solo la qualità di fuoco. La qual distinzione è
la cosa è così, quanto non è coerente che gli elementi, di  cui  l' Agrigentino componeva l' anima, e ciascuno dei quali era
l' anima era intelligente, perchè simili agli elementi di  cui  constava l' universo, fossero pure idee? VIII) Di più, se
Ora, se si ammette la sentenza nostra, che gli elementi, di  cui  Empedocle componeva l' anima, fossero elementi ideali , le
venendo da quegli elementi composta la ragione divina, a  cui  si riduce la natura dell' anima intelligente ed immortale.
(materia) », a differenza dei sistemi idealistici, il  cui  errore giace nella « confusione del soggetto (anima) coll'
le altre ragioni, anche la lingua imperfetta e volgare, di  cui  si dovettero servire necessariamente i primi che tolsero a
delle idee, in quella forma esplicita ed analitica in  cui  la insegnò Platone; questo sarebbe troppo. Ma io credo che
col loro termine. Quelli che determinarono l' ente, su  cui  si speculava, facendolo ideale, confusero il soggetto (l'
che la ragione è lo strumento, ossia il mezzo, con  cui  egli ragionava, e non è lo stesso Socrate, ossia la stessa
meristes», dobbiamo vedere se questa natura divisibile, di  cui  l' anima partecipa, sieno forse i quattro elementi
sostanziale, confusa da Platone colla sostanza reale ); il  cui  opposto è ciò che è sempre da sè diverso, a cui passa il
reale ); il cui opposto è ciò che è sempre da sè diverso, a  cui  passa il filosofo soggiungendo immantinente:
sì quelle che sono per essenza le medesime, e sì quelle la  cui  natura consiste nel divenire continuamente altre da quel
intelligente, che la faceva prodotta da Dio in tempo in  cui  non esistevano ancora i corpi, benchè la sua parte
costanti nei loro errori. Però vi sono dei luoghi, in  cui  egli mostra di accorgersi che l' anima doveva propriamente
egli esige l' anima sensibile come condizione, senza  cui  ella non potrebbe conoscerli. Quanto poi a ciò che mancava
parte dell' Agatologia, che intitolammo Callologia, di  cui  l' Estetica non è di nuovo che una parte, noi vedremo come
Platone adunque diede il movimento all' anima del mondo - a  cui  somiglianza egli fa poi l' anima umana - e anzi la fece
quanto dice Platone, con quello stile animato e poetico di  cui  si compiace, si troverà aver quell' uomo grande veduto
la sua descrizione dell' anima del mondo, e i circoli di  cui  la vien componendo, e gli armonici movimenti che egli le
ella non è estesa, perchè è semplice il principio in  cui  si trova, nel qual principio anche ella nasce. Quindi si
sensori esterni, e che questa si percepisca per quella a  cui  si commisura; poichè anzi questa esiste per quella, secondo
nostro che « l' esteso continuo esiste pel semplice, in  cui  dimora ». Se dunque si considera tutto l' universo al modo
l' estensione extra7soggettiva, che hanno i corpi, di  cui  si compone l' universo corporeo, diviso in circoli e sfere;
moto del corpo; giacchè questo moto extra7soggettivo, di  cui  il corpo è il subbietto, non può essere mai una natura, ma
principio, che da tutta l' antichità fu consentito, e di  cui  noi ci siamo giovati in quest' opera: « il movimento dei
il movimento al corpo, come fa un corpo ad un altro, a  cui  lo comunica, rimanendone esso di tanto spogliato; non dà
e pel moto intelligibile nell' essere universale, da  cui  è informata l' anima umana, ai quali due termini si
è un ridicolo paralogismo, un sofisma temerario, con  cui  quei filosofi tolgono ad impugnare i fatti più manifesti
Facciamo in breve la storia di questo obbrobrio, di  cui  va svergognata la scienza, o piuttosto l' ignoranza
da Berkeley, conosce le sole sensazioni acquisite, con  cui  si percepiscono i corpi extra7soggettivi, ed ignora il
extra7soggettivi, ed ignora il sentimento fondamentale, con  cui  si percepisce il corpo soggettivo. Di più, in quel sistema
natura delle proprie modificazioni; e questo oggetto, a  cui  ella pensa, non è tuttavia un nulla, perchè il nulla non è
alla filosofia, per condursi alla perfezione sulla via in  cui  erasi incamminata, se non di determinare quali sieno queste
nelle sue mani appunto perchè ridotti in un corpo, di  cui  tutti gli organi sono divisati. Kant solamente aggiunse che
distinzioni erano fenomeniche, prodotte dalle leggi a  cui  ubbidisce il soggetto nel suo operare. Il che Reinhold
del sistema di Reinhold sono dunque i precedenti, a  cui  s' aggiunse uno suo proprio; non perchè non lo
con un tal passo si rivelava già la faccia dell' abisso, in  cui  un tale sistema conduceva necessariamente i suoi seguaci.
le cose, egli è il Creatore, è Dio. Eppure questo passo, a  cui  il soggettivismo fu spinto dalla logica imperterrita di
riprendere; perocchè ogni cosa in quanto fa l' atto con  cui  è, pone in qualche modo sè stessa, potendosi considerare il
senza successione di tempo con atto unico, ma tale in  cui  si possono colla mente discernere più gradi ab imperfecto
un Io che già è posto; ella dunque esprime l' atto, con  cui  l' Io riflette sopra sè stesso, e non l' atto con cui l' Io
con cui l' Io riflette sopra sè stesso, e non l' atto con  cui  l' Io esiste. Da questo primo errore procede che in tali
che perciò la propria esistenza non dipende dall' atto con  cui  l' anima si conosce, perchè anzi questa cognizione suppone
dei suoi oggetti sommari. L' Io fa un altro atto, con  cui  dice: Io non sono il Non7Io . Ottimamente: distingue sè
vero che l' Io non è altro che la produzione dell' atto con  cui  si conosce l' Io, e se fosse vero che il Non7Io non è del
non è del pari altro che la produzione dell' atto con  cui  si conosce il Non7Io, in tal caso sarebbe vero che l' Io e
non sono nell' Io. Ma nell' Io solamente sono gli atti con  cui  tali enti si percepiscono, i quali atti sono accidenti
tempo che la cosa esiste indipendentemente dall' atto con  cui  la conosco; perocchè il concetto di conoscere involge
negare il principio di contraddizione e d' identità, su  cui  si fonda lo stesso sistema di Fichte, o confessare che al
nel senso volgare, come un ente reale, una intelligenza, in  cui  sono i concetti. Senza di ciò la proposizione non ha senso
col Non7Io, in quanto che si trovano nel medesimo Io, di  cui  sono egualmente produzioni, e però si radicano e immergono
un' entità diversa da sè, dunque il celebre sofisma, su  cui  si regge tutto l' idealismo trascendentale, se ne è ito a
che l' ente intelligente risulti dall' atto stesso con  cui  egli acquista coscienza di sè; la quale coscienza potendosi
cogli oggetti conosciuti, si fu quel pregiudizio, di  cui  abbiamo parlato, che « lo spirito nulla può conoscere fuori
Io? Niuna affatto; nè egli rende alcun perchè dei tempi, in  cui  questa coscienza ora si oscuri, ora s' illumini. Di più,
Io? Nulla di nuovo. Quale ragione che determini i tempi, in  cui  il Non7Io è privo di coscienza, e quelli in cui egli la
i tempi, in cui il Non7Io è privo di coscienza, e quelli in  cui  egli la acquista? Nulla per la terza volta. Passi. Ma
Io. Abbiamo esaminato i principŒ di natura psicologica, su  cui  si fonda la prima, e li abbiamo trovati insussistenti. La
chiama emanazione dell' eterno, rassomigliante a quello da  cui  emana. E poi asserisce immediatamente, senza trovar
rigorosa. Ma tale è l' indole della filosofia germanica, di  cui  si fa tanto strepito. Lasciando noi da parte questo
produttore diverso dall' eterno, un individuo produttore a  cui  l' eterno solo si riferisce? Questa è contraddizione.
cosa che venga al tutto da sè, che nessuno possa negare, di  cui  nessuno possa domandare ragionevolmente dimostrazione di
filosofo, adunque, non solamente vien meno la logica, di  cui  mostra non fare alcun caso, ma anche il senso comune, a cui
cui mostra non fare alcun caso, ma anche il senso comune, a  cui  crede di poter contrariare così leggermente e
Come s' immedesima col suo produttore? Altri enimmi, con  cui  il nostro filosofo esercita la fede dei suoi discepoli.
che intuisce e fa uso dell' idea, e l' idea intuìta e di  cui  si fa uso), ha nel suo essere tre momenti; ond' ella è: 1)
all' Idea può divenire Spirito? Questi sono misteri, di  cui  il filosofo nostro non adduce nessuna ragione sufficiente,
dell' ente, che dà il nulla, non lascia più alcun ente, con  cui  il nulla possa mettersi in equazione. 2) Di poi, se il
nulla fuori di sè. D' altra parte è il pensiero stesso, a  cui  il filosofo si appella, che ci dice: 1) Che egli può bensì
questo diventare ha in ogni caso modi, e leggi, e tempi, di  cui  conviene assegnare qualche ragione che li determini. Che
il nulla si identificano. .) Ora, poichè l' infimo grado in  cui  possa essere il pensiero è questo annullamento di sè, e da
è il diventare di Hegel. 10) Ma la maggiore attività, a  cui  possa giungere il pensiero, è quella in cui egli acquista
attività, a cui possa giungere il pensiero, è quella in  cui  egli acquista la coscienza di sè. Il pensiero consapevole
considerarle tutte come identificate al pensiero, è ciò in  cui  più ampiamente si stendono le opere di Hegel. Dobbiamo
fanno immensa opposizione le sue opere, nello stato in  cui  esse a noi pervennero. Durante il dominio della Scolastica,
il solito, la reazione violenta da parte di quelli, a  cui  divenne alla fine insofferibile, i quali lo ruppero
Ben sarebbe desiderabile che nel tempo nostro, in  cui  sembrano sedati cotesti sdegni e resa impossibile quella
ingiurie fatte a quei libri dalle vicende straordinarie, a  cui  essi soggiacquero, e dall' invida età, sieno maggiori di
la quale sta da sè. Che anzi se si considerano i corpi, da  cui  furono tratte le parole di materia e di forma, e se si
atto è impossibile considerarsi senza il suo subbietto, di  cui  è atto. Niuna meraviglia, adunque, che Aristotele si trovi
dalla materia, così neppure la materia dalla forma, di  cui  ella è il soggetto. Alle forme particolari attribuisce l'
all' atto del concepimento si fa l' anima vegetale, la  cui  indole consiste nella virtù che ha un corpo organico di
e prima la vegetale dallo stesso corpo seminale, in  cui  il calore vitale s' acchiude (1), poichè dice:
coscienza (2), che è la solita ragione dei sensisti, la  cui  leggerezza fu già da noi dimostrata (3), dice che dunque è
che ella stessa abbia qualche principio, o qualche idea, di  cui  possa far uso ed essere diretta nel suo operare »; il che
unica, che rimane nell' anima da molte sensazioni, è ciò in  cui  Aristotele vede il nascimento della mente o della ragione,
di tutte le opere di Aristotele, questo è quel luogo in  cui  il nostro filosofo più s' avvicina alla vera teoria dell'
a credere che l' uno, che trova negli individui7cogniti di  cui  parla, sussista negli individui reali stessi, mentre non
conoscerli, il quale elemento è l' idea o la specie, con  cui  li conosce. Illuso adunque Aristotele dall' errore di
si confronti questo luogo con altri di Aristotele, in  cui  egli introduce nell' anima un lume, che chiama lume dell'
cotal questione; eppure qui sta il tutto, qui sta quello su  cui  si disputa. Posto adunque lo stato della questione come
per prima compagna la sensazione, e per seconda l' idea con  cui  si concepiscono, nella quale idea sta l' universale. Se noi
delle cognizioni umane, fatta da Aristotele, e l' ordine in  cui  egli le distribuisce, troviamo: 1) che le cognizioni più
; 2) alle quali debbono precedere nella mente i principŒ da  cui  provengono, onde nel primo dei « Fisici » dice che gli
3) ma i primi principŒ sono quelli che non hanno mezzo con  cui  si dimostrino, riconosciuti evidenti tostochè se ne
(1), che non differiscono se non secondo il rispetto sotto  cui  si considerano. Dunque tutta la questione dell' origine
mente, che l' ha percepito; poichè egli è l' oggetto, su  cui  si esercita l' astrazione, e l' astrazione non si esercita
». Ciò posto, è chiaro che il reale sensibile percepito, su  cui  si esercita l' astrazione, contiene il comune e l'
l' astrazione, contiene il comune e l' universale da  cui  si può astrarre, perchè esso non è il solo reale, ma il
percepito dall' intendimento, è l' oggetto, su  cui  si esercita l' astrazione; coll' astrazione si separa da
dalle cose, l' idea specifica o generica della cosa, la  cui  sede è certamente l' intendimento, ed è principio della
con ordine intorno ai particolari reali. Ma l' ordine, con  cui  opera l' arte, procede dall' averli percepiti colla mente,
ricevesse contemporaneamente tutte le varie forme, in  cui  si presentano le cose. Così scambiavano la proprietà della
(2); anzi credevano di non aggiungervi se non l' atto, con  cui  l' intelletto li riguardava, e quindi stimavano che la
una parte in ciascun reale percepito, essendovi l' idea in  cui  si vede, vi è il comune, essendo ogni idea un tipo comune
cogli altri, poichè la similitudine esige più enti fra  cui  ella passi. Ma posciachè non era conosciuto che l' oggetto
Ma posciachè non era conosciuto che l' oggetto reale, in  cui  si trova il comune, ossia l' universale, è un oggetto misto
che sul suo significato invisibile e spirituale, in  cui  principalmente contemplava la mente di Platone. Quindi i
Ma quando viene a ricercare quale sia la causa per  cui  s' impongono nomi comuni alle cose, egli allora è costretto
l' ultimo atto perfezionatore di una data materia, a  cui  non è dato l' esistere da sè, senza la materia di cui ella
a cui non è dato l' esistere da sè, senza la materia di  cui  ella è la perfezione, ossia l' entelechia (1). L' errore di
ci avviva, ci nobilita, e ci innalza fino al soglio di Dio;  cui  si gloriò d' ignorare tutto quel secolo passato, di
degli uomini, non sono tutti oro schietto - e il saggio, a  cui  io stesso di mano in mano li posi, chiaramente lo dimostra
riguardanti. Laonde egli sembra più tosto che lo spettacolo  cui  l' uman genere presenta nei nostri tempi, abbia in sè
mostra mutato al solo mutare dell' angolo della luce sotto  cui  si riguarda. E duplice veramente si può dire che sia lo
cadere (1). Egli è poi questa mancanza di ogni sostegno in  cui  si ritrova il cuore umano dopo ch' egli fu isolato dalle
come gran base della sua esistenza e come punto intorno a  cui  l' universo, che l' uomo porta con se medesimo, si rivolga;
e di ravvedimento, ed il mistico corpo di Cristo, la  cui  prima legge è d' avere un cuor solo ed un' anima sola, si
mondo sì visibile che invisibile: è l' educazione quella di  cui  si contesta il bisogno da tutti, e si sente nella stessa
di eseguirle, o almeno che ne sieno disegnate le basi su  cui  se n' eriga con solidità l' edificio; conciossiachè una
sì luminosa e suprema verità, perchè addita lo scopo a  cui  si debbono rivolgere le sollecitudini di quelli che hanno
dall' educazione, perchè ad essa attribuiscono i mali di  cui  non sono cagione che quegl' imperiti che nell' educazione
che trovano i primi, talor anche malamente concepiti,  cui  per rispetto al fine a che intendono s' assuefanno a
labirinto senza luce, nè filo, ignaro della riuscita a  cui  lo portino gl' incerti e ciechi suoi passi. Il
regolo, onde misurare le cose tutte, o sia il fine ultimo a  cui  indrizzarle. Il Cristianesimo insegnò che bisognava
poichè di qui la scienza del prezzo di tutte le cose, su  cui  la vita cristiana s' edifica. Il Cristianesimo dà ancora l'
modo. Oltre renderla una coll' indicare il fine unico a  cui  debbe tutte le sue cure rivolgere, la rende una altresì
e nella mente del suo allievo (1). L' efficacia poi con  cui  queste massime sono fondate in lui lo rende energico, di
di ogni altra vera Educazione: cioè qualunque educazione in  cui  qualche precettore o genitore allevi la gioventù sua, non
imperfetta espressione; egli è quella vita così potente, da  cui  quanto vive succhia, quasi direi, tutto ciò per cui vive;
da cui quanto vive succhia, quasi direi, tutto ciò per  cui  vive; egli è quell' essere così assoluto, onde ogni altro
tempo tutto si muove, confluisce a quell' effetto unico a  cui  la macchina è ordinata, e senza cui non varrebbe nulla,
quell' effetto unico a cui la macchina è ordinata, e senza  cui  non varrebbe nulla, ancorchè i suoi ingegni particolari
solo nell' oggetto del nostro amore o dell' odio: di  cui  avviene che quegli che ha troppo affetto ad alcuno oggetto
della natura, che si abbandona a se medesima (1); quello  cui  toccò Paolo in quelle alte parole: « « Quando sarà venuto
non disaminano, correnti al laccio di ogni passione,  cui  non essi prendono, ma da essa son presi: nelle cognizioni
di noi per aggiustare a quelle le menti e gli animi, di  cui  si studia la cultura. E anche in ciò differisce dallo
savio navigatore, fino dallo sciogliere, sappia il porto a  cui  gli bisogna approdare. Di questo stesso principio poi non
tutti divinamente amica e benefica; il contrario di ciò a  cui  mena lo spirito di coloro, che insozzano fino le parole che
e ordinato a lui, consegua perfezione e ordine, è cosa a  cui  giunge anche il nostro naturale ragionamento; già mosso e
e svegliato dai raggi della cristiana Religione. Quello a  cui  fare non giunge virtù naturale di nostro spirito è a vedere
uomo venire a cotesta perfezione che abbiamo descritta, in  cui  domini nel suo intelletto e nel suo amore Dio con quello
che trae miele da fiore velenoso, cavatala dalla vecchia, a  cui  era stato non condonato, ma differito l' eccidio. Questo
di Dio, congiunto in una persona colla divinità. Per  cui  potè dire, alludendo al suo nascimento non fatto secondo la
il debito contratto con Dio dalla prima natura umana, al  cui  pagamento era stato accordato un respiro, anzi di più aveva
altro principio, il quale contiene il modo o il mezzo, per  cui  quanto propone quel primo si consegua, cioè per cui quasi
per cui quanto propone quel primo si consegua, cioè per  cui  quasi direi cadano sopra il nostro spirito i raggi della
e, può essere, vie più ancora di tutti i molti invidiati, a  cui  sono appagate mille curiosità, e data tutta quella
considerato qual mezzo bisognevole a quel preclaro fine a  cui  il Signore ha formata la vita presente, precetto, come si
che abbia in sè la vita, ma da pregio di quel fine stesso a  cui  la vita è volta. In quello che non è necessario la
un arbitrario diletto; nella condizione all' incontro in  cui  si trova l' uomo presentemente, il toglie da ogni ozio, e
gli appoggi da' lati e l' assistenza delle guidatrici. Di  cui  viene un altro principio grande e fondamentale di tutta la
sieno già indicate e comprese tutte le specie di unità di  cui  debbe esser fornita la perfetta educazione. Perciocchè in
morale che ricevono le cognizioni tutte dal supremo fine a  cui  è necessario che vengono indirizzate, penetri tutto intiero
ma che è al tutto opposta alle scienze degli spiriti, la  cui  natura consiste nella semplicità e nella indivisibilità.
gli uomini verrebbero a struggere quell' arti medesime, di  cui  si vantano autori per non so quale contrasto delle medesime
non è però ch' ella abbandoni giammai l' unico principio a  cui  le richiama, e col quale quasi con timone tutte insieme ad
il lavoro. Ma di qui appunto la principale imperfezione in  cui  si tiene ancora l' arte dell' educare. E non vedo che possa
con tutti gli altri uomini, cioè la natura e i fini a  cui  è destinata questa natura: ha delle altre cose comuni co'
per mio avviso origine a quattro sistemi di educazione: a  cui  si possono ridurre tutti gli altri, perchè tutti convengono
casualmente più in essa potessero. Ma vi furono poi alcuni  cui  lusingò l' aspetto della familiare felicità, e pensarono
ancora che il piega sotto la signoria del genitore, da  cui  ebbe attinto la cara esistenza. Ed allo stesso balzo rovina
dall' officina, ed essere posta nel decoroso luogo per  cui  era stata con tanta industria fusa o scolpita. E ben vedo
uomini tutti debbano uscire d' una medesima stampa; ma a  cui  pur tanto inclinano certi scrittori, e certi Ministri
doti. E non è questa, generalmente parlando, la ragione per  cui  tanto si pena a trovare dei buoni testi scolastici che
eleggendone molti. Senza noverare tutte le circostanze a  cui  pende la destinazione di una persona alla composizione d'
armoneggia eccellentemente collo spirito di un secolo, in  cui  si teme tanto di esser turbato, di esser eccitato da quel
non un' applicazione dello spirito generale del secolo in  cui  viviamo? Per altro non cerco di oscurare la questione; anzi
qualche cosa d' insolito e di misterioso, innanzi a  cui  la mente umana sia costretta di umiliarsi e di deporre la
d' imaginazione che vera realtà quell' universo morale, la  cui  natura è tutta interiore, e tanto più reale quanto più
ed aperta, che dovendosi fare scelta d' alcuna persona, a  cui  commettere la composizione di qualche libro scolastico, non
e foggie di pensare loro proprie e quasi ammanierate: per  cui  quanto l' uomo sarà più ristretto nel suo pensare, tanto
E questo sentimento comune a' veraci dotti è però tale,  cui  non s' arriva a capire giammai dai ristretti uomini di cui
cui non s' arriva a capire giammai dai ristretti uomini di  cui  parliamo, i quali si tengono gran maestri di compendii, e
oggetto appaia membro del gran corpo di cognizioni a  cui  appartiene, suggerisce ai pastori dei popoli di far
suo tutto, egli acquista una cotale grandezza e dignità, a  cui  non rifugge certo di piegarsi anche l' uomo sommo e
sapienti a questo fine è possibile senza che quegli, a  cui  spetta la direzione de' pubblici studi, li chiami e raguni
parola divina. La proposta però di una dotta assemblea, a  cui  sia commessa la composizione de' testi per le pubbliche
in sè aduna e comprende. Perciò indarno nell' opera di  cui  parlo si stancherebbero molti ingegni, se fra essi non ve
esecuzione dell' opera; e non sull' idea fondamentale, a  cui  solo qualche rarissimo può sollevarsi; ed è così semplice
servir debbano a direzione nel componimento dell' opera di  cui  parliamo. Così a ragione d' esempio, la prima proposizione
o regola generale per la formazione dell' opera di  cui  parliamo potrebb' essere appunto quella della triplice
quella della triplice unità; cioè dell' unità del fine, a  cui  tutti i testi debbono armoniosamente tendere, dell' unità
s' otterrebbe di dare un regolar movimento all' opera a  cui  molti ingegni concordemente dovessero lavorare. Ma ora è da
così savia ed intera, come vorrebbe esser questa di  cui  ho messo innanzi un desiderio, sopra cui rilevare l'
esser questa di cui ho messo innanzi un desiderio, sopra  cui  rilevare l' edificio della educazione privata; e non
sarà nondimeno foggiato sullo spirito di unità a  cui  conduce, parte con aperto e parte con insensibile impulso,
perchè ciascuna di queste arti frutti bene ai molti per  cui  è posta, ella vuole essere innestata sopra l' uomo già ben
dell' Intelletto, non sono altro che i mezzi, per  cui  formiamo il cuore dell' uomo, che è quanto dir tutto l'
nominai Grammatica, per non usare vocaboli insoliti, ma con  cui  voglio intendere sottosopra tutto ciò che viene compreso
ma per la stessa educazione dell' uman genere, la  cui  vita si protende nel successo de' secoli, non è quell'
e in modo particolare di quella provincia e città a  cui  appartiene. Questa storia che è meno lode sapere che
persona mezzo sconosciuta che in casa si alberghi, delle  cui  vicende poco si conosce, poco delle circostanze ond' è
ond' è circondata. Ed io credo esser questa una ragione per  cui  decadano le più fiorenti scuole della filosofia quando sono
ripone nell' armadio un lavorìo già compito, intorno a  cui  non gli resta più a fare, dov' esso a lungo stanziando
maggiore connessione con tutti gli altri delle scuole a  cui  appartengono, sicchè servano a più scopi ad un tempo. In
senza questo stesso intendimento, e della Archeologia, di  cui  in questa occasione si daranno le nozioni necessarie; e
e di squisita poesia: ma di qui appunto è che il male di  cui  parlo trovò dov' entrare nella italiana letteratura, e di
dignità sociale che più al basso scendere non si poteva; a  cui  perciò non che arridesse speranza di toccar sì alte cime di
finalmente quello stile di pensare e d' esprimersi in  cui  sono mescolati tanti contrari elementi, inamicabili; quello
elementi, inamicabili; quello come Caos intellettuale, di  cui  pare tipo verissimo la « Divina Commedia », lavoro
dalla pietà, e dal vizio la virtù? Questo è ciò di  cui  dubito, e di cui credo aver ragione di dubitare quand' io
e dal vizio la virtù? Questo è ciò di cui dubito, e di  cui  credo aver ragione di dubitare quand' io vedo ancora gli
prima che l' umanità trovasse questo tempo, quest' ozio, in  cui  fatta sicura di non perire, si rivolgesse alla gentilezza
rivelazione, di che poi s' accorse la spontaneità eccitata,  cui  fecondò finalmente la riflessione degli individui,
nasce quella che io chiamo scienza delle convenienze; per  cui  quasi con tatto finissimo si sente in tutte le cose quello
giustizia, ma sì con quella scienza del convenevole, di  cui  ragioniamo. Molto intesero la convenienza delle cose in
quelle sono ciò che è molto peso d' oro all' avaro, a  cui  non è cuore, nè senno d' usarlo. Tra noi però non è ancora
la beltà. Nè io stimo meno una certa non so qual Tristezza,  cui  renda lo stile, ma non qualunque Tristezza. Perciocchè ve
verissima Religione e ne segna quasi il lembo estremo, di  cui  pur tutto il rimanente aspetto si volge lieto e lucente. E
costringa a dare esecuzione alle leggi costituzionali, di  cui  anche si usurpano la interpretazione. Ci sarebbe l'
lenta a formarsi, e non è mai formata sopra una cosa, di  cui  niuno ha un' idea chiara. E le cose di cui il pubblico
una cosa, di cui niuno ha un' idea chiara. E le cose di  cui  il pubblico abbia un' idea chiara quante sono? Appena col
Governo è ugualmente una tirannide, quando la massima, su  cui  esso è fondato e da cui prende la norma di tutto il suo
tirannide, quando la massima, su cui esso è fondato e da  cui  prende la norma di tutto il suo operare, è una massima
tutte le potenze dategli dal Creatore, purchè il modo con  cui  le adopera sia inoffensivo a' suoi simili. Infatti il
è già un bene in se stesso, e che è il mezzo universale con  cui  s' acquistano tutti quanti gli altri beni. Se dunque l'
in un' esatta definizione del diritto particolare di  cui  si tratta. Così se noi riprendiamo la definizione data
costoro quel limite morale della libertà d' insegnamento di  cui  parliamo, e compariscono in sulla scena pubblica anch' essi
Cattolica, cioè a quella parte della Chiesa Cattolica, a  cui  fu da Gesù Cristo affidato, e che si chiama Chiesa docente
cosa che possa essere o contrario alla vera dottrina di  cui  essa sola conserva intemerato il deposito, o di pregiudizio
è chiaro che tocca a lei sola a scegliere le mani fedeli a  cui  confidarlo, e che ella sola è quella che può farlo passare
in altre mani perchè ella sola ha in proprio la scienza di  cui  si tratta, ed ella sola altresì ha la missione e la facoltà
annuenza della Chiesa stessa. Ma se viene un tempo, in  cui  il Governo civile, di mala fede, si faccia il protettore di
altra prova, essendo questo lo stesso diritto universale di  cui  abbiamo di sopra dimostrato la esistenza. Da questo diritto
Infatti il metodo è scienza anch' esso, e a quelli a  cui  spetta il tutto per giusta conseguenza deve spettare anche
civile monopolista dell' insegnamento lede il diritto, di  cui  trattiamo, tanto se lo fa per via di leggi , quanto se lo
concorrenza adunque, aiutata da altri mezzi onesti, di  cui  parleremo a suo luogo, basta ad ottenere, che gl' ignoranti
le accennate guarentigie, che per lo più i Governi, di  cui  parliamo, domandano a quelli, a cui essi si riservano di
lo più i Governi, di cui parliamo, domandano a quelli, a  cui  essi si riservano di concedere il permesso d' insegnare,
ch' essi elevano fino alla dignità d' una legge, a  cui  poi esigono che si presti una superstiziosa venerazione,
egli proscrive spietatamente tutti gli altri. Quelli, a  cui  il metodo decretato non piacesse, sono irremissibilmente
puniti dal Governo, o dallo sciame de' suoi impiegati, a  cui  è commessa la vigilanza sull' esecuzione del metodo
dal Governo stesso a prendervi parte. L' Inghilterra (di  cui  non lodiamo ogni cosa, come fanno certi signori
ledono anche il diritto dei padri di famiglia, a  cui  impediscono la piena libertà d' esercitarlo. Poichè è
diversamente da voi? Certo che i padri di famiglia di  cui  voi portate un giudizio così abbietto, e che volete
dissimulate. I padri di famiglia, attesi i sentimenti da  cui  al presente sono animati, se fossero liberi di scegliere le
l' opportunità loro non può venire: e guai alle nazioni, a  cui  venisse una tale opportunità! Ma, e la forma costituzionale
vostre, se vogliono partecipare anch' essi della libertà di  cui  al presente voi soli vi reputate degni, e v' erigete in
inviolabile e sacra sia la libertà naturale e giuridica, di  cui  parliamo. Ma mettersi al disopra del diritto stesso, e
è savio, l' insegnamento ufficiale migliore degli altri. A  cui  s' aggiunge, che quando gli alunni delle altre scuole
al pari degli altri alunni dell' insegnamento ufficiale, di  cui  aspirano ad essere condiscepoli; cioè di far subire ad
che abbiano le cognizioni necessarie alla carriera in  cui  vogliono entrare. Questo non dà mica al Governo il diritto
ci dissimuliamo la difficoltà di determinare il modo con  cui  si potrebbero sopprimere. E` infatti evidente, che c' è
civile trova difficile o inopportuno venire al taglio di  cui  abbiamo parlato fin qui, reputo che egli debba esigere da
altra persona nominata liberamente dal Governo stesso, a  cui  sia affidata intieramente la direzione dello stabilimento
provinciale, e il Comune verso la comunale, e il popolo, a  cui  favore cade o cader può la beneficenza, può richiederne
a beneficenza. S' aggiunge che anche tutti quelli, i  cui  diritti sono implicati in tali amministrazioni, e possono
dottrina, probità e idoneità; 3 Ai padri di famiglia la  cui  figliolanza è chiamata a godere il beneficio di tali
immutabili. Converrebbe dunque secondo noi: 1 Che quelli a  cui  è commessa l' amministrazione dei beni dello stabilimento,
le famiglie e gl' individui, che compongono la società a  cui  presiede. Non ha dunque nè il diritto nè l' ufficio d'
l' attività dei governati, ma di supplire a quello a  cui  essa non può giungere e di regolarla affinchè non nascano
tutti come preziosa ricchezza del Comune stesso a  cui  presiede. A malgrado però che i diritti di quelle quattro
e bene spesso è il caso; o di un piccolo partito, quello da  cui  dipende l' elezione dei rappresentanti, se così si vogliono
voglia di comunicare anche a' suoi lettori l' orrore, da  cui  si sentia scosse tutte le fibre, l' articolista falsificò
solo in terra » ». Il suo è certamente un timor panico, a  cui  noi non avevamo dato occasione. Ma ora gli daremo forse
del divino Maestro! Ci sono dunque degli uomini, a  cui  sembra che si tolga loro la terra sotto i piedi, se si
è appunto quell' albero che si vuole sviluppare, e a  cui  si teme che manchi sotto la terra. L' umanità quale l' ha
umanità che prospera e fruttifica da diecinove secoli, e a  cui  non manca nè la terra, nè il cielo. Ma non è questo l'
non è oggimai più quella stagione, ma il tempo è venuto in  cui  si dee sviluppare l' albero nuovo, il quale non invecchia
o castigarvi quando non trasgredite quei doveri morali, a  cui  io mi sono limitato » ». Questa è nuova! Pretendere in
vestita di Gesù Cristo. Tutti questi principii, di  cui  si fa banditore il nostro articolista, principii quanto
ora ricopia, cioè che la morale sia una scienza, di  cui  tutti possono fare i maestri, e non la sola Chiesa
che lo stesso articolista nomina bensì con onore, ma di  cui  non segue i principii, uno di quei laici che si gloriano d'
la missione, che è quello che abbiamo detto noi, e per  cui  menate scalpore: concede ai laici d' insegnarla senza
vi condanna? Avvertite ancora, che quella morale, di  cui  Alessandro Manzoni, con tutti gli altri cattolici,
d' alcune verità morali » », quando la morale di  cui  ha il magistero la Chiesa, è « « la scienza perfetta e
virtù della legge fondamentale, per la quale esiste, e da  cui  ripete l' autorità, deve riconoscere l' esistenza dei
libertà che deve avere nell' esercitarli. L' articolista, a  cui  abbiamo in essi risposto, dopo aver falsificati i nostri
tante penne e tante lingue. Questo è il maggior pericolo a  cui  possa soggiacere la Costituzione d' uno Stato: qualunque
ignoto, non incerto, non vacillante, non è una dottrina, di  cui  si vada in cerca, che si inventi alla giornata, che si muti
che io mi debba fidare di voi? siete un' idea astratta, di  cui  non so che farne, siete un gruppo di persone, rimutabile di
si voleva dare al popolo piemontese la guarentigia, di  cui  parliamo. Ma in tutti quelli organismi politici, ne' quali
con un' accorta parola chiamatela una Corte straniera , la  cui  influenza è nocevole all' indipendenza dello Stato ».
se stessa, si svela da sè come un miserabile sofisma, con  cui  i falsi politici vogliono ingannare e confondere l'
, che è quanto dire in un sistema di filosofia, con  cui  si combatte la religione positiva. - Di più, tutti gli
interno della Chiesa, noi vediamo da una parte il popolo, a  cui  già si propagano ogni dì più i lumi, e le cui facoltà si
il popolo, a cui già si propagano ogni dì più i lumi, e le  cui  facoltà si sviluppano a gran passi: egli domanda quindi
degli scienziati. - Qualità delle scienze filosofiche a  cui  è più difficile applicare il metodo con rigore. -
l' animo. - Ragionevolezza di ciò. 4 Vi hanno delle cose su  cui  tutti gli uomini convengono - Senso comune, Autorità del
- Assurdità di questo sistema (Una via senza un termine a  cui  conduca, un mezzo senza un fine, un istrumento, ecc.).
il vero, ma a ragionar bene , sia poi il vero o il falso a  cui  conduca ». Nella letteratura e nelle arti si applicò il
e nella Deontologia, noi potremo trovare un segno a  cui  dirigere le nostre ricerche, e principalmente il magistero
conoscere come il sommo bene, anzi il solo bene (quello a  cui  tutti gli altri si riferiscono, o da cui scaturiscono).
bene (quello a cui tutti gli altri si riferiscono, o da  cui  scaturiscono). Introduzione - in cui si dica che dovendo
si riferiscono, o da cui scaturiscono). Introduzione - in  cui  si dica che dovendo noi 1 esporre il metodo, 2 applicarlo
ma il ragionare suppone necessariamente una materia su  cui  rivolgasi: indi è che quelli, i quali procedono con questo
però potere caratterizzare e contradistinguere la cosa di  cui  egli parla, sicchè non la si possa scambiare con verun'
dire che una qualche definizione dell' oggetto, intorno a  cui  si volge il suo ragionamento, egli l' abbia per lo meno in
ordine tutto ciò, che si deve sapere intorno alla cosa di  cui  si tratta; e perciò non si può in somiglianti trattazioni
queste di mano in mano: e la prima di tutte, quella di  cui  tutte l' altre hanno bisogno per essere intese, è appunto
sull' uomo: non è possibile che il comune degli uomini, a  cui  si parla, conosca tutte le proprietà intime dell' uomo e le
della serie dei pensatori. - Storia degli errori, in  cui  incapparono i più grandi intelletti. - Altra ragione dell'
non si conoscerà l' essenza di nessuna cosa. Ma una cosa di  cui  non si conosce l' essenza in nessun modo, non si può neppur
escludere la cognizione, ma in attribuirla ad una facoltà a  cui  non appartiene. Nei sistemi sensistici adunque si ritiene e
cioè che prendendo la sensazione per modello, il  cui  carattere è di essere soggettivo, riducono anche le altre
a quel modo come il particolare procede dal generale. 1 In  cui  si riassumono le regole di metodo che più importano aver
definizione volgare (non analizzata), ma giusta, di ciò di  cui  si vuol trattare; II Le scienze di percezione usano per
per via di percezione, allora la definizione volgare da  cui  deve incominciare la scienza, benchè non analizzata, deve
all' oggetto. 6 Definizione volgare dell' anima umana, da  cui  conviene incominciare la Psicologia. « L' anima è il
saziare l' uomo. 39 L' uomo è fatto pel godimento di Dio, a  cui  è condizione il riconoscerlo per quello che è (Religione).
la verità, tuttavia per la limitazione degli atti con  cui  la conoscono v' intramischiano del soggettivo, e così in
che non è unito in se stesso. Quindi tutti que' sistemi, il  cui  errore consiste nella confusione di cose affini; e
» (1), allora parlò di questa disposizione di animo, per  cui  siamo sommessi ai nostri superiori; sieno tali o per la
più a Dio gradito nè più a lui dovuto di quello, con  cui  la volontà nostra a lui si sottomette. Questa è la
precetto. Se poi eleggiamo qualche persona opportuna, a  cui  sottometterci in tutte le nostre operazioni, e da cui esser
a cui sottometterci in tutte le nostre operazioni, e da  cui  esser diretti in cambio di dirigerci da noi medesimi;
Sono oltrecciò queste anime giovani e innocenti, di  cui  il nostro Signore parlò con sì grande affetto,
la loro guarigione (1). Così Dio diceva ad Ezechiello, a  cui  era stato commesso l' offizio di ammonire gl' Israeliti:
fedeltà e rigore sommo. Se quegli avessero eletto donna, a  cui  affidare comechessia l' educazione di una parte della
e peculiare, ma nè pure ordinaria e generale, di  cui  qui si parla. D' ora innanzi meditate adunque più addentro
e che possano cadere in acconcio alle varie circostanze in  cui  vi trovate. Eccovene a ragione di esempio alcune tratte
le tue giustificazioni » (9), cioè le sublimi ragioni, con  cui  si può confondere ogni temeraria censura, che gli empi
v' ha un Ordine apposito per leggere, cioè il Lettorato, a  cui  però non è commessa la lettura dell' Epistola, di cui n' ha
a cui però non è commessa la lettura dell' Epistola, di  cui  n' ha offizio il Sottodiacono; nè a questo la lettura del
secondo lo stomaco, per così esprimermi, di ciascheduna, a  cui  latte, a cui minuzzoli di pane, a cui cibo più solido. Fate
per così esprimermi, di ciascheduna, a cui latte, a  cui  minuzzoli di pane, a cui cibo più solido. Fate sempre
di ciascheduna, a cui latte, a cui minuzzoli di pane, a  cui  cibo più solido. Fate sempre precorrere il pensiero alle
ilarità, e spirito. Frapponete qualche racconto, di  cui  è avida la tenera età, e qualche piacevolezza, acciocchè
solo del male commesso, ma della disposizione dell' animo a  cui  si fa: a quello stesso modo che non si vuole già mangiare a
con una pubblica, non con un castigo; e parimenti quello  cui  conseguir basta un leggiero o celato castigo, non tentate
infinitamente l' uomo disopra degli animali tutti, e per  cui  è fatto ad immagine e similitudine della divinità (1).
bello è che illustrati sieno cogli esempi della Scrittura,  cui  lo stesso Santo ivi appresso somministra. Dopo ciò si
del corpo assai più che la crapola e l' intemperanza , di  cui  aprirete gli effetti funesti. Nè tutte queste cose, ed
e de' « Salmi », mirabile libro, che giova a tutto, e a  cui  sì spesso richiama il « Nuovo Testamento ». A maggiore
giace inerte, simile ad uomo raggiunto da morte; per  cui  i poeti sogliono dire il sonno fratello di morte. E` il
che pure « s' aggira intorno come leone ruggente cercando  cui  divorare » (5). Direte ancora, che dormendo col corpo
col corpo vigilavano col cuore que' Profeti e Santi, a  cui  nel sonno rivelava Iddio le cose future ed i suoi segreti.
della vita del cristiano, che veglia sempre ed òra, di  cui  mi verrà in acconcio di parlare altra fiata. E finalmente
delle tenebre, ed apportandovi l' arme della luce » (4); di  cui  l' una è essa dottrina, di cui ragioniamo: « ragguagliando
l' arme della luce » (4); di cui l' una è essa dottrina, di  cui  ragioniamo: « ragguagliando con mirabilissimo artifizio
dovrete abbassarvi a quelle menticine tenere ancora, e a  cui  propriamente è mestieri mollificare e tritare il cibo
l' Apostolo nella ragionevolezza quasi un fonte, da  cui  tutti i pregi a quell' ostia si derivano, come maggiormente
tempo stesso, che intendo di conciliare a questa parte, in  cui  tratto dell' istruzione cristiana più sublime, l' animo
Perciò nuovamente è da vedere la natura di quello, a  cui  esso si dà, e s' appresta. Ora la natura delle vostre
Chiesa discente, non già della docente, di essere donne a  cui  si conviene meditare in silenzio sull' esempio di Maria
con eguale contentezza, facendone sacrifizio a Cristo, a  cui  ogni ragione si deve sottomettere, anco traendo di là
in nutrizione. Or che è questa forza? Quella carità di  cui  è detto al fine del capitolo precedente. Ella fa, che il
il cibo che mangiasi non vada a male, ma sia di quello, di  cui  Cristo dicea: « Procacciatevi non quel cibo che perisce, sì
pertanto, nelle quali Cristo non si trova, sono quelle di  cui  leggesi nell' Ecclesiastico: « Non volere lambiccarti il
di quel capo. Parmi acconcio questo luogo, come quello, in  cui  si dà la nozione ben fondata e chiara della Chiesa di
la nozione ben fondata e chiara della Chiesa di Cristo, di  cui  siamo membri. Ed ho fermamente l' avviso, che il conoscere
da Paolo nel capitolo secondo della lettera stessa, a  cui  qui riferisce. Date le nozioni della Chiesa di Cristo, e
precipuamente sulla Militante come il principio, da  cui  quell' altre due si staccarono, crescendo alla perfetta
si può fare acconcia spiegazione di quella vocazione , di  cui  parla Paolo in questo luogo, mostrandola primieramente
l' interna come l' esterna. Appresso ne caccia l' ira , di  cui  si dice ne' Proverbi (3): « L' uomo iracondo provoca risse
il fratello de' falli; e quanto a certi difettuzzi, di  cui  non si corregge (perciocchè qual uomo arriva a torseli
di Dio. Tale è la perfezione ultima del mistico corpo, di  cui  parliamo, tale il fine delle sue operazioni, la terza cosa
del Padre, fontale principio delle altre due persone a  cui  compete stare sopra tutto; « essere fra tutte le cose » è
» (3); e « stare in tutti noi » dello Spirito Santo, di  cui  noi siamo templi (4). E dice innanzi tratto Dio , per
fare la nostra beatitudine infinita ed unica, di conserva a  cui  facciamo cammino seguendo la voce che ne chiama; e appresso
nobiltà che le viene dal suo principio, dallo scopo a  cui  tende, e dalla abbondante vita che ne consegue. Dopo avere
tutti sostanzialmente consistono nell' unica grazia, di  cui  parla Paolo. Chi n' ha più, chi n' ha meno secondo la
uomini, si distinguono ancora varii uffizi e dignità, a  cui  questi gradi sono ordinati. Doppiamente poi si ordina la
profeti, altri evangelisti, altri pastori e dottori ». A  cui  li diede? Agli uomini diede questi doni; e così parlando,
si può intendere per quel primo sacrifizio spirituale , di  cui  sopra parlammo. Di fatti Cristo offerse non cose fuori di
popolo, altro suo gregge. Ell' era quella stessa verga, di  cui  qual pastore di vere pecore soleva far uso, e Aronne l'
Lo stesso è in Cristo, ma in grado eminente, e in fonte, da  cui  tali doni agli uomini si derivano. Come Pontefice fu
di Cristo, è partecipazione di esso, e partecipazione a  cui  Cristo non pose limiti. Oltre poi a questa generale
non pose limiti. Oltre poi a questa generale missione, per  cui  gli Apostoli divennero luogotenenti di Cristo presso gli
che Cristo avea dato agli Apostoli (1). Or quegli, a  cui  è commessa totalmente la fabbrica d' una casa, ne forma il
ciascuno quel peculiare incarico a loro sortito, a  cui  di muratori, a cui di manovali, a cui d' altro. Vero è che
peculiare incarico a loro sortito, a cui di muratori, a  cui  di manovali, a cui d' altro. Vero è che l' unico sapiente
a loro sortito, a cui di muratori, a cui di manovali, a  cui  d' altro. Vero è che l' unico sapiente architetto fu Cristo
non avea la salute, così questo al Nuovo si avviene, in  cui  è predicato il sanatore dell' umana infermezza, e l'
il mondo fra i Gentili e gli Ebrei. Nelle tenebre, in  cui  giacevano le genti inquiete, angosciose, infelici, senza
verità, col sequestrare dall' altre quella generazione di  cui  voleva discendere. Appresso si provvide alla salute del
quella curiosità somma delle future cose, per  cui  alle pagane superstizioni ognora inchinava. Era tale
gastighi ammonendolo, il facea risentire dell' inganno in  cui  si trovava. La divina sapienza oltre ciò gli mandò dei veri
ogni uomo per Cristo, il solo nome in terra, sotto  cui  si fosse posta una speranza di salvamento; qualunque cosa
torgli da Dio; ma solo la verificazione delle profezie, di  cui  egli stesso è autore (2). Cristo era adunque il gran
dunque sommo de' profeti, Profeta per eccellenza, quegli da  cui  gli altri profeti furono ispirati; scopo e termine fisso
di Cristo, non solo perchè ciò che è detto da profeta,  cui  l' avvenimento confermi le sue profezie, vuole esser vero;
mezzo de' profeti parlato, da tutto ciò si argomenta, da  cui  si fa chiara la sua divinità. Ma veggiamo qual differenza
a Mosè simile encomio. Sembra dunque che l' Apostolato di  cui  parliamo in questo consista, nell' avere dalla stessa bocca
le fa interpretare; e tanto quegli uomini antichi, del  cui  mezzo si servì, come questi, di cui si serve, non malamente
uomini antichi, del cui mezzo si servì, come questi, di  cui  si serve, non malamente mi pajono chiamati profeti, perchè
si possono chiamare, non differendo nell' oggetto di  cui  favellano, ma solo nel tempo: mentre annunziano questi
Cristo il fonte della verità, e la pietra di paragone, a  cui  di ogni vero si fa il saggio; già non dobbiamo, a provare
ne' successi delle nazioni, e profetando un Cristo, a  cui  que' successi si riferiscono, giustificarla; nè avendo essi
e più lieto e più splendido. Quest' Evangelista poi, di  cui  per eccellenza Isaia parla, egli è il Cristo, che insieme è
novella, e apportatore di lei. Egli è quegli, in bocca di  cui  disse appresso lo stesso Profeta: « Il Signore mi ha
mi ha mandato ad evangelizzare a' poveri » (2), passo,  cui  leggendo Cristo nella Sinagoga di Nazarette, adattò a se
di Nazarette, adattò a se medesimo (3). Egli è quegli, di  cui  in un capitolo antecedente avea detto lo stesso Profeta:
di Cristo, e da lui mandata dietro alla voce di quelli, a  cui  partecipò l' incarico di evangelizzare. Questa voce
pure chiamato col nome di Evangelista (2). La ragione, per  cui  S. Paolo a' Corinti (3) mette gli Apostoli ed i Profeti, e
agli Apostoli, che non poteano esser per tutto; a  cui  provvedere furono eletti anche i diaconi, e però dicendo
Israello si può dire messo straordinario qualunque uomo, a  cui  avesse Iddio data podestà soprannaturale; non così nel
faceano nulla sopra natura, nè i Sacerdoti atto facevano, a  cui  effetto soprannaturale conseguitasse: il perchè i Sacerdoti
potere. Questione è degli eruditi diffinire il tempo a  cui  si debbano richiamare i Sapienti e gli Scribi . Quanto agli
fu anche appresso gli Ebrei di significato generale; con  cui  si nomavano tanto i sapienti, che i legisperiti o gli
veste di Cristo, che ricevette in sul Taborre dal corpo,  cui  vestiva, candidezza di neve (1). Per questa parte adunque
corpo viene dal capo, cioè Cristo. Le giunture poi, per  cui  è somministrato quel nutrimento, sono i Sacramenti della
uomo, che a Dio non sia devota, o dedicata: non tempo, in  cui  dalla unione con Dio ci possiamo dividere. Questo è il
che lo solleva al perfettissimo esemplare di tutto, a  cui  la ragionevol natura aspira e tende (2). Chi non conversa
maggiore; pensiamo di maturarci ancor noi per quel tempo in  cui  l' agricoltore celeste ci spiccherà per riporci nella sua
presente al Signore, chi forma sì fatta consuetudine, per  cui  ad ogni suo atto consulti ed interroghi l' eterna Verità, e
astro: quest' arte sincera della cristiana vita è ciò, in  cui  si vuole con tutte forze occuparsi. La mortificazione
quel Gesù che veduto avevano e toccato colle loro mani, da  cui  tanti atti d' amore, tanti saggi della più dolce amicizia
le loro lettere, di Cristo piene le loro vite. « Innanzi a'  cui  occhi », scrivea Paolo ai Galati, « fu dipinto Gesù Cristo
dimestichezza, vera fratellanza con questo amabile Dio, in  cui  il maestro, il padre, l' amico, tutto trovavano; e fuori di
il maestro, il padre, l' amico, tutto trovavano; e fuori di  cui  cosa alcuna non volevano ritrovare! Adesso Gesù Cristo al
alla cognizione e al vagheggiamento immediato di Gesù, al  cui  onore quelle pratiche pure si riferiscono? Quanto è bello,
non l' ozio, ma la preghiera lo occupi. Le brevi preci, di  cui  ho toccato anche sopra, tanto usate dagli antichi solitari
ne uscirà acconcia e vera. Questo è quello spirito, di  cui  Cristo disse: « Lo spirito è ciò che vivifica, la carne non
possesso. Ma la virtù, l' interiore mortificazione, con  cui  si rinunzia alle cose nostre, e a noi stessi; e finalmente
noi stessi; e finalmente quell' apparecchio alla morte, per  cui  in essa non altro veggiamo che lo scioglimento del nostro
verità, ma non in ispirito; si peccherebbe come coloro, a  cui  fu detto: Questo popolo mi onora colle labbra; ma il loro
preghiera. Raccomandata è dall' antichità sua, dal libro da  cui  è tratta, e da' bei sensi di cui è piena. [...OMISSIS...]
sua, dal libro da cui è tratta, e da' bei sensi di  cui  è piena. [...OMISSIS...] Parleremo ora de' soli esercizŒ
dire, essendo queste purissime, divotissime, celesti, in  cui  s' esercita la Fede, la Speranza si pruova, e lo spirituale
si studiò spesso di comporre più materiali invenzioni, in  cui  essendo alcuna cosa o un nome di santità, credesi d'
de' Dominanti: al quale è dovuto l' onore e la gloria, e da  cui  non è lecito nè rimuovere una scintilla di amore, nè
con ciò numerati tra i legittimi fratelli di Cristo, per  cui  patì, fra i molti per cui effuse il sangue), « ragionevole
legittimi fratelli di Cristo, per cui patì, fra i molti per  cui  effuse il sangue), « ragionevole » (vengono in tal modo in
cotesta unione nasce non solo per mezzo del Sacrifizio, con  cui  noi ci diamo a Dio; ma ben anco per mezzo del sacramento,
ci diamo a Dio; ma ben anco per mezzo del sacramento, con  cui  Dio e Cristo in sue carni ed in suo sangue si dà a noi da
noi sotto specie di cibo, e con noi immedesimandosi: per  cui  questo convito chiamossi con vera ragione: « Principio in
le care reliquie di Cristo, di Cristo l' ombra sotto a  cui  siedono i desiderosi di lui, il principio della sostanza
come avveniva ne' tempi primitivi a ragione beatissimi: in  cui  tanto era il fervor de' Cristiani, che potean dire con
quasi non osando di formare in tai tempi tal desiderio, di  cui  pure una volta, vergogna nostra! non si formava nè un
frutto ch' egli ne porta, diabolica. Ecco l' orazione, con  cui  nella Messa il Sacerdote, e quelli che con esso comunicano,
è pur quello stesso, che nell' altra vita si gusterà; e di  cui  Cristo disse nell' ultima cena: [...OMISSIS...] Altrove
Teodosio, non meno cristianissimo che potentissimo; a  cui  S. Ambrogio in Milano pubblicamente ricusò la comunione,
nella umiliazione di sè stesso, che nelle vittorie con  cui  avea pur allora raffrenati i nemici dell' Impero, fu visto
vi furono. Ma quanta sapienza non si vede nel modo, con  cui  il Signore provvide la Chiesa sua in ogni tempo di pubblici
ne mitigò il rigore, fece con quel senno medesimo con  cui  un tempo il pose; nè cangiò lo spirito. E non raccomanda
e' preghi cogli altri, e che cosa dica quell' adunanza di  cui  è membro. La Chiesa oltre di questo è madre al Cristiano: e
ella studia di avvezzare i balbettanti suoi figli, e  cui  eglino debbono apprendere se vogliono esser di sua
quelle cose, da quelle vengono bel bello stimando Dio, a  cui  quelle cose tributano onore. Se poi vi fate dentro alle
cosa possano essere figure o segni. L' altare è la mensa su  cui  si fa il Sacrifizio. Rappresenta il desco, a cui cenò
mensa su cui si fa il Sacrifizio. Rappresenta il desco, a  cui  cenò Cristo quando consecrò prima il pane e il vino. E come
così l' altare nostro è imagine anche della croce, su  cui  patì. Per questo a' tempi apostolici gli altari erano
marmo, e si sacrano coll' olio, perchè Cristo è l' Unto, di  cui  era imagine il sasso, su cui Giacobbe sparse l' olio ed
perchè Cristo è l' Unto, di cui era imagine il sasso, su  cui  Giacobbe sparse l' olio ed eresse a monumento, sopra del
dell' altare stanno de' gradini, che sono le virtù, per  cui  si va a Cristo. Prima di ascenderli nella Messa il
particolare la virtù della purità; il manipolo, drappo con  cui  una volta s' asciugavano le lagrime, significa la
Essendo santa essa Chiesa, sinceri sono quegli atti con  cui  la santità appalesa. Oltracciò sono fatti a Dio, col quale
Chiesa è il BELL' ORDINE, la quiete, la placidezza , con  cui  tutto si move. Ogni cosa è bene disposta e regolata. Sono
personaggio favellare, ma non intende la lingua in  cui  favella. Noi all' incontro, che intendiamo e gustiamo
delle cerimonie ecclesiastiche è quello di RIVERENZA, di  cui  sono piene verso tutti i membri della Chiesa, cioè i fedeli
Quella cerimonia però, che più al vivo mostra l' onore, di  cui  fa la Chiesa degni tutti i Cristiani, si è l' incensamento,
con quelli che pregano, ed essi nel Signore sono uniti, per  cui  al Dominus vobiscum segue l' Oremus , cioè l' invito a
d' eterna vita, quasi trasportato in Cielo a quel tempo, in  cui  l' opera di nostra salute sarà perfetta e compita, prega
la reca, che tutto pure a vicenda si viene abbracciando, da  cui  l' abbracciamento un tempo passava anche al popolo: rito
col quale principiamo il giorno; nelle Ore diurne, con  cui  fra il giorno si prega; e nella Compieta, che chiude la
delle quali brevemente diremo appresso. Nel tempo, in  cui  la Chiesa nostra era in sul primo svolgersi, pochi erano
la inesprimibile varietà e preziosità di abbellimenti, con  cui  la sposa di Gesù in ciascun giorno quasi a foggie novelle
anima morta, nella penitenza una seconda; l' ultima, in  cui  risorge il corpo, simile a quella di Cristo, compirà la
agli scritti dei dottori, alla vita de' confessori suoi, da  cui  fu fecondato, illuminato, santificato. La Domenica della
intorno a' varŒ culti di nostra divozione. Nel giorno, in  cui  si commemorano li morti nella pace di Dio, occupi il cuore
santa con iscapito perfin della vita, la provvidenza, con  cui  il Signore regge la Chiesa sua vigile sopra di lei fino al
Cristo ci ha fornito il Battesimo; dobbiamo crescere, a  cui  istituì la Confermazione; perchè ci nutriamo, pose l'
incomincia la vita eterna, per darvi esempio del modo, con  cui  giova studiare in questa materia: e a tal fine mi basterà
colla penitenza e col cibo eucaristico, quasi tempo da  cui  norma prendesse ed esempio l' anno intero, e s' innovasse
che utile sarebbe ricordarsi in tal giorno i riti, con  cui  ne venne conferito il Battesimo. Quante belle cose non
quella pugna, che coll' arma della croce e' vincerà, e per  cui  sarà coronato: gli dà il lume acceso, additandogli come
eternamente: questo reame ci fornisce di sua grazia, con  cui  superiamo gli avversarŒ santificando e ricevendo gloria noi
della stessa veste immortale da sacerdote e da re, di  cui  Cristo è fornito. Stando in questo regio e sacerdotale
regio e sacerdotale ammanto la dignità possibile d' uomo,  cui  non scemano gli esteriori mali, il Signore nel Battesimo
voi forse avere a mano qualche cantico od inno, con  cui  ringraziare nel giorno anniversario del Battesimo nostro il
eletto in ogni parte della terra? Per quelle acque, in  cui  si sommerse l' orgoglioso Faraone, trovò scampo il
impurità. Bell' esempio è la sposa de' Cantici; le mani di  cui  stillano mirra, liquore che preserva da corruzione; le
davanti al Dio suo. Ella sa l' esempio di Maria, in  cui  la Verginità e l' Umiltà così bella gara faceano, che
di te: se' mandata a chi è più santo, a quello, per  cui  tu se' santa. Ecco il Vergine esempio de' vergini, cui
per cui tu se' santa. Ecco il Vergine esempio de' vergini,  cui  umile rese non l' ingiustizia ma la carità: quella carità,
di cui, al dire de' Padri, si formavano i martiri, e per  cui  un' Agnese ed altre tali eroine prima, per dir così, d'
carità che alcuno infranga le relazioni dello stato in  cui  si trova. E` la fanciulla cristiana in numerosa famiglia?
volere agli usi innocenti, alle costumanze di quelli fra  cui  si vive, e fino a' loro gusti, se un dovere nol vieta, e
altrui la conduce, e di non ledere dovere di stato in  cui  è posta, e di non provocare dicerie. Se questi riguardi
stato prima che l' altro; ma vogliamo che dello stato, in  cui  vive, serbi le leggi. La scelta stessa però di stato
e buon garbo, o finalmente da quella ambizioncella, per  cui  si desidera altrui piacere con doti esteriori o di
di vivere cogli altri da gusto umano, e suo proprio, da  cui  sono mossi gli altri; anzi che egli ogni sensibile amore
è questo quel bello « Amore figliuolo di Sapienza », di  cui  parlano le « Scritture », più grazioso assai e leggiadro di
di quello del mondo (4). E tale è l' ornamento, con  cui  il Cristiano piace al Cristiano. Lo insegnava alle
a Dio, piace anche a quelli che sono di Dio. A coloro,  cui  altro non diletta che il puzzo di carne, debbe abborrire
non è cagione il metodo, sì quell' infelice sragionare a  cui  mi travolse gratuitamente l' orgoglio. Vero è, che se l'
uomo ebbe accolto nell' animo quell' erroneo principio , in  cui  tutto intero consiste il sistema del razionalismo,
ragioni, suppongono per dati innanzi a sè de' principii di  cui  non si fa parola, onde pure incominciano; a tal che que'
Quindi noi veggiamo le eresie di Lutero e di Calvino, di  cui  fur propaggini posteriori il Bajanismo ed il Giansenismo,
se talun di essi, per izelo indiscreto contro l' eccesso in  cui  i protestanti cadevano, massime trattandosi di sottili
cadevano, massime trattandosi di sottili questioni in  cui  è difficile cogliere quel giusto mezzo dove fermarsi,
so se io mi dica, scuola o fazione di teologi cattolici, la  cui  pendenza era già pronunciata verso il razionalismo (1).
Laonde nella bolla « In Eminenti » (6 marzo 1642), con  cui  Urbano VIII condannò l' « Augustinus », proscrisse
ma come non tremar di farlo in questa nostra età, in  cui  il bisogno della Chiesa richiederebbe pure il contrario;
nella barbarie; (1) e altrove i protestanti biblici, di  cui  un cattolico fu precursore, il P. Arduino, discepolo anch'
approssimandosi a gran passi a quello stesso risultamento a  cui  le eresie stesse pervennero, e si trovino ben presto essi
spirito ereticale. E l' origine di questo sottil errore, in  cui  si sono implicati alcuni de' nostri teologi, spiega altresì
l' insigne porporato desse questo consiglio in un tempo in  cui  tutti potevano nel regno i confessori del re di Francia? E
legittimo de' grandi meriti di quella società religiosa a  cui  essi appartenevano, lasciati da parte i partiti, si fossero
tutti i savj, in modo il più irrepugnabile (4); quegli, la  cui  opera erasi pubblicata coll' approvazione della suprema
fosse perseguitato dall' ostinata fazione dei teologi di  cui  parliamo; il che gli aggiunse la gloria di esser difeso dal
la Sede apostolica non solo le verità cattoliche di  cui  ella è maestra e custode; ma altresì i cattolici dottori
Continuò questo spirito nella fazione dei teologi di  cui  parliamo a produr fuori i suoi attossicati germogli,
da non saper ben dire che cosa sia quel Giansenismo, del  cui  nome si valgono a denigrar l' altrui fama, onde si può dir
ATEISMO! (4). Nè le riprensioni e le condanne frequenti a  cui  soggiacquero questi infaticabili calunniatori, castigati
scuole in gran parte dovevasi alla sapientissima bolla, con  cui  la santa Sede avea repressi i funesti attentati di Pistoia.
l' origine da una causa libera sia nella persona stessa a  cui  aderisce, sia in altra persona; giacchè nè Iddio, nè il
della volontà umana, necessaria nel soggetto a  cui  aderisce, benchè libera nella prima sua causa, Adamo.
moralità non proveniente dal libero arbitrio dell' uomo in  cui  ella si trova, e negano per necessaria conseguenza il
di stato o di atto morale, e, per restringerci al male, su  cui  cade principalmente il discorso, o trattasi di uno stato,
causa rimota, ma accade che nol siano più all' istante in  cui  opera la causa prossima, cioè la volontà in certe
certamente, chi ben considera, una delle funeste cagioni da  cui  nacque il lassismo, fu cagione, segreta o palese non
1679. Lo stesso si sostenne dell' uso del matrimonio, in  cui  non si volle riconoscere neppur venialità, se al fine del
nuovo; muovendo tanto Pelagio, quanto i moderni teologi di  cui  parliamo, dallo stesso principio, che la concupiscenza con
parliamo, dallo stesso principio, che la concupiscenza con  cui  or nasce l' uomo non abbia in sè niente di reo, per esser
molte eresie nacquero dallo zelo indiscreto ed amaro, con  cui  alcuni uomini, per lo più di chiostro o almen di chiesa,
Laonde qual maraviglia, se la fazione de' teologi di  cui  parliamo nata da buon zelo d' opporsi alle novità
Hanno deposto quel loro « consuetum calumniandi modum », di  cui  parla il Pontefice? Non vel crediate. Onde Clemente XII si
alla luce del sole: eccovi tutti i teologi d' Italia di  cui  parlò l' « Union » senza conoscerli, o, per dir meglio, che
teologi, ed altri che scrissero nella stessa sentenza, di  cui  si conoscono i nomi onorati e la dottrina; nè parrà mai
soli rappresentanti de' teologi italiani alcuni pochi, di  cui  s' occulta il nome, si sentono i vanti, si ammira l'
iniziali, le quali, giudicandosi dallo spirito d' errore da  cui  sono raggirati, si dovrebbe credere che mentiscano anch'
conoscere se sia la Chiesa che stia loro in sul cuore, le  cui  leggi conculcano ad occhi aperti; o più tosto quel reo
conculcano ad occhi aperti; o più tosto quel reo partito in  cui  si sono ostinatamente collegati, da alcuni sostenuto, il
altri fatti della teologica storia degli ultimi secoli, di  cui  io non avevo mai c“lto bene il segreto. Certo nè io conobbi
surta adesso, di un sistema di dottrine tradizionali, il  cui  effetto, se prevalesse, sarebbe quello (ne abbiano essi
la cattolica Chiesa, e quella stessa pietra, su  cui  ella è fondata. Non dirò io esser questo lo scopo
lo scopo conosciuto e voluto dagli scrittori anonimi di  cui  parlo, ma dirò che questo è l' effetto inevitabile di loro
della sua croce, della sua Chiesa, de' suoi sacramenti, a  cui  l' uomo inimico sempre fe' guerra, ed ora la trama più
accessorii, la triviale erudizione, il tuon magistrale con  cui  pronunciano tante inezie, e quelle stiracchiate
tante inezie, e quelle stiracchiate argomentazioni, su  cui  C. B. P. specialmente (che per brevità d' or innanzi
entrambi differiscono poi da quelli del finto Eusebio, di  cui  prendono a sostenere la causa perduta, quantunque insieme
la taccia o il sospetto dell' eresia contraria a quella a  cui  essi pendono: un esempio schiarirà meglio quanto vo' dire.
scrive, [...OMISSIS...] . Onde applicando le parole con  cui  tosto appresso il C. riprende una maniera, a suo parere, sì
essi, ma con qualche pro, io voglio sperare, pe' fedeli, a  cui  vantaggio scriviamo. Quanto dunque al « « confondersi l'
Chiesa? - Non manca la relazione. Acciocchè il peccato, di  cui  mi vuol reo, d' aver seguita la Chiesa nell' uso della
di senso diverso? Mai no. Dunque non è il caso, in  cui  una proposizione venga all' altra sostituita. Egli non
e da essa si posson dedurre tutte le altre, di  cui  qui noi non abbisogniamo. La conclusione adunque si è, che
(giacchè a queste sempre ricorrono, siccome a quelle, di  cui  non essendo definito il senso preciso dalla bolla di
l' obbiezione di Teodoro precursore de' Pelagiani, di  cui  questi poscia fecero si grand' uso, che il peccato si debba
generale: « Il peccato è ricevuto secondo che quello a  cui  si comunica può essere o no soggetto di peccato. » Resta a
L' infezione morale adunque, trovando nelle persone umane a  cui  si comunica, veri soggetti distinti di bene e di male
personale, onde a questa è comunicata l' inordinazione in  cui  il peccato consiste. Dalla qual maniera, che usa l'
il volontario necessario , come sarebbe l' atto con  cui  l' uomo tende al fine e al bene universale (6), dal
al fine e al bene universale (6), dal volontario libero , a  cui  spettano gli altri atti posti in balia dell' uomo. Non si
della Chiesa, e dall' autorità del Dottore angelico, a  cui  consentono tutti i teologi. De' quali in cosa così nota
sia pienissima coll' arrecare qualche dozzina di testi, in  cui  egli dice senza provarlo, che vi sta dentro la parola
non7libero, detto volontario7imperfetto . Il brano di  cui  parliamo è questo: [...OMISSIS...] . Or vada il C., e veda
appunto di quest' ultimo errore, quella nè più nè meno a  cui  Bajo fè guerra. Ma il vero si è, non essere già il
a dichiarare infetta di Bajanismo quella distinzione con  cui  il campione più grande della cattolica Chiesa, da tutta la
seguito in tale materia, combatte il pelagianismo; e con  cui  solamente quest' eresia può essere trionfalmente
Congregazioni de auxiliis non prescrisse altra norma, a  cui  dovessero riscontrare la sanità della dottrina moliniana,
Chiesa, e che alla dottrina di lui niente mancava di ciò in  cui  versavano le suscitate questioni e finalmente
la grazia e il libero arbitrio che lodando il decreto con  cui  Clemente VIII prescrive che non si debba partire dalla
con bel prodigio, si copre (4). Ma torniamo allo scopo a  cui  mirano i Teologi razionalisti in deprimere S. Agostino, e
C. il quale aggiunge anche un terzo brano di Bajo, in  cui  è riprodotta la stessa confusione tra la verità cattolica
sono parole non di Bajo, ma del dottor della grazia; a  cui  il Signor C. si mostra tanto nemico da confonderlo sempre
sono soli. Il signor C. è una cosa col finto Eusebio, di  cui  si fa patrocinatore, uomo tanto addentro ne' segreti dell'
E` una cosa coll' altro anonimo stampato alla macchia di  cui  dice, che il libro meriterebbe per avventura di essere più
dannazione, se il Salvator non la toglie, sia un errore, a  cui  sia bisogno soggiungere un correttivo, quand' egli è pure
teologi, benchè sia peccatore. Costante è dunque la mira, a  cui  collimano tutti i sofismi di cotesto occulto scrittore; ed
espone l' errore di Bajo, dicendo che [...OMISSIS...] . A  cui  la Chiesa risponde: Siete voi stesso in errore, e in error
risponde: convien ricorrere alla colpa del primo padre, da  cui  fu liberamente il primo fallo commesso, cagione vera di
delle ecclesiastiche autorità. Dice la prima che la pena a  cui  i bambini non rinati soggiacciono è conseguenza del peccato
della cattolica Chiesa i quali per ispiegare la pena a  cui  soggiacciono quanti individui dell' umana specie son
non per il proprio, e così vi avrebbe ingiustizia. A  cui  risponde quello stesso, che avea risposto prima il Dottor
Adamo. Quelli adunque i quali pretendono che le penalità a  cui  soggiacciono gli uomini non sien sequele del loro proprio
nei posteri; perchè lo rendono inutile a spiegare i mali, a  cui  gli uomini vanno sommessi, riputandoli questi alla sola
poco fa la dannazione che è la pena dovuta, col peccato a  cui  è dovuta; e ciò che decise la Chiesa del peccato, l'
cotal continuazione ed estensione dell' atto libero, con  cui  Adamo prevaricò, del quale è veramente effetto. Ecco dunque
nella vita di Clementino Vannetti amicissimo al Zorzi, di  cui  anche scrisse la vita, narra questo fattarello col Vannetti
cioè per allontanarsi via più dal Giansenismo, da  cui  gli autori di essa non vedeano come meglio proteggere se
lato contribuì: 1 il non cogliere essi il vero senso, in  cui  furono proscritte alcune proposizioni di Bajo, e 2 il non
ma se l' era sciolta dicendo, che l' avversione in  cui  quel peccato consiste non necessita di peccar sempre, ma
ma sana natura, ma vi fu anche nello stato di grazia, in  cui  fu Adamo costituito. Se poi s' intende un vizio nella
d' un guasto relativo allo stato soprannaturale in  cui  fu Adamo costituito, non d' un vero guasto della natura
dubbi. Essi vi arrecheranno quelle parole del Concilio in  cui  si definisce, che Adamo perdette per sè, e per noi, l'
sia decaduto solo rispetto all' ordine soprannaturale in  cui  fu costituito, ma rispetto all' ordine naturale? E` ella
uno e dell' altro argomento; cioè provava il peccato, in  cui  l' uom nasce 1 sì dal confronto tra lo stato presente dell'
confronto tra lo stato presente dell' umanità, e quello in  cui  la divina scrittura ci dipinge costituito l' uomo da Dio a
[...OMISSIS...] . Il dire adunque che il guasto con  cui  nasce al presente l' individuo umano potesse trovarsi in un
sentimento del pudore, costantemente affermando, che ciò di  cui  l' uom si vergogna, non potrebbe mai essere opera stessa di
convincer possono della vera mente di S. Agostino, a  cui  s' attiene la sede Apostolica, tutti gli uomini di buona
fosse tutto per lui, e n' adduce un breve testo, in  cui  il De Rubeis nega, che ciò che v' ha d' aderente all' anima
da trovarsi altresì nello stato di quella pura natura, in  cui  Iddio può crear l' uomo. Andiamo avanti. Questo affetto
autorità a mantenerla. Nè hanno più polso le ragioni, con  cui  si studiano sorreggerla: esaminiamole pigliandole dal P.
Come la morte del corpo è la cessazione dell' atto con  cui  il corpo vive in comunicazione coll' anima; così la morte
dell' anima è la cessazione di quell' atto dell' anima, con  cui  questa vive in comunicazione con Dio. E come la cessazione
l' anima ha già la grazia, come l' aveva Adamo, l' atto con  cui  la grazia si perde non è altro che il peccato, e in questo
vero, che il peccato consiste nell' atto dell' uomo con  cui  caccia da sè la grazia, atto che rimane poi come abito, e
che, [...OMISSIS...] ; deve pur esser falso un sistema, da  cui  risulterebbe tutt' il contrario di ciò, che ha tenuto
e non foggiata da voi stessi al vostro bisogno presente, a  cui  si possa ridurre il preteso vostro peccato originale. E voi
senza vizio che voi loro promettete, e della beatitudine, a  cui  la natura così sana come voi li assicurate ch' ella è, vien
per gratitudine, come Voltaire l' Abatino suo ammiratore di  cui  scrivea ad un suo collega che era un bon diable per
lungo se io volessi aggiungere un saggio della maniera con  cui  poi si pensano di rispondere alle difficoltà innumerevoli
(1); e non distrugge punto l' altro fatto, che i mali a  cui  l' umanità soggiace secondo il giudizio naturale degli
sola ragion naturale, l' esistenza d' un antico peccato, di  cui  tali mali sieno pene od effetti. Nè egli dimentica punto l'
in un rapporto necessario delle idee. Ora se la prova di  cui  parliamo, che dal male eudemonologico, da cui è affetta l'
la prova di cui parliamo, che dal male eudemonologico, da  cui  è affetta l' umanità, induce un male morale ad essa
il senso comune. E con un testimonio del senso comune, a  cui  rinunziano i nostri teologi, conchiuderò questo capitolo.
in altri luoghi delle loro opere facevano dallo stato in  cui  si trova l' umanità, ad una colpa originale di questo stato
che ella dovrebbe avere; quindi definiamo il reato di  cui  è presentemente l' uomo aggravato [...OMISSIS...] . Anche
». La stessa limitazione, la stessa mancanza di ciò, senza  cui  la natura può esser perfetta, è peccato, o non è peccato,
Se non che ci sarebbe senso nel dire, che un decreto con  cui  Dio decretò di dare agli uomini un dono, sia obbligatorio
uomini un dono, sia obbligatorio anche per quegli uomini, a  cui  questo dono non è dato? quel decreto di Dio poteva essere
de' suoi gratuiti favori, pel peccato del suo capo, a  cui  gli avea largheggiati acciocchè a tutta la stirpe si
mozione determinata. E` dunque manifesto, che S. Tommaso (a  cui  non si può negare il buon senso, nè attribuire che siasi
per accidente. Onde un suo interprete preclarissimo, a  cui  appellano gli stessi nostri avversarii, dopo distinto l'
nel testo addotto che Iddio avesse potuto creare un uomo la  cui  volontà non fosse subordinata a Dio, il che è il formale,
e il materiale del peccato; ma nell' ordine ipotetico in  cui  Iddio l' avesse creato tale, sarebbe un difetto, a cui non
in cui Iddio l' avesse creato tale, sarebbe un difetto, a  cui  non si potrebbero nè pure applicare tali appellazioni.
. In questo brano si vedono distinti i DIFETTI di  cui  si parla, 1 dal peccato libero di Adamo, 2 dalla privazione
Obbiezione 5. Conceduto anche, che i naturali difetti di  cui  parla S. Tommaso quando dice, che Iddio avrebbe potuto
parlerebbe egli d' un vizio opposto alla legge di Dio, da  cui  conviene togliere il cuore; per dire che il cuore è
[...OMISSIS...] (esprime il vestimento della grazia di  cui  l' uomo viene coperto, deposta la reità del peccato) (3). 3
persuasi, che oltre la redenzione di quegli uomini, a  cui  s' applicano per mezzo del battesimo i meriti della
essere, per la quale esiste. Il peccato originale dunque,  cui  l' uomo riceve coll' esser generato, è un male morale , e
razionalisti le accusano di Calvinismo e di Giansenismo: di  cui  sono un documento gli ultimi opuscoli anonimi. Noi ci
della libertà umana, fatto o dall' uomo stesso in  cui  quella trista necessità si ritrova, ovvero dal primo padre;
per esempio Dio e il prossimo in se stessi; non è questo, a  cui  si riferisce prossimamente la legge vetante. C' è l'
al peccato originale riduconsi certi atti peccaminosi, in  cui  l' uomo, se non ha la grazia di Cristo, necessariamente
commessi per ignoranza invincibile , di quelle cose, di  cui  ha l' uomo dover d' istruirsi: dovere che egli non punto
Ma poi tra questi peccati che commette ubbriaco e di  cui  nella causa è colpevole, ve ne posson essere di quelli che
mala inclinazione. Così se s' immergesse in carnalitá a  cui  l' eccitamento del vino il trascina, conoscendo e volendo
nell' articolo che segue a parlare dell' accidente, in  cui  questa deordinazione sia libera, mostrando con ciò la
ciò la differenza che passa tra il peccato della volontà di  cui  parla in un articolo, e la colpa di cui parla in un altro,
della volontà di cui parla in un articolo, e la colpa di  cui  parla in un altro, e di cui non avrebbe parlato a parte, se
in un articolo, e la colpa di cui parla in un altro, e di  cui  non avrebbe parlato a parte, se avesse creduto che l' esser
Concilio di Trento: [...OMISSIS...] . Questo peccato, sotto  cui  è servo ogni peccatore, e di cui per natura è servo tutto
. Questo peccato, sotto cui è servo ogni peccatore, e di  cui  per natura è servo tutto il mondo, è egli necessario o
ed i dannati sono in istato di peccato, del qual peccato in  cui  perdurano la causa prossima ed il soggetto è la loro
Chiesa: [...OMISSIS...] . Questo MALE MORALE NECESSARIO, a  cui  tutto l' uman genere soggiace dall' origine sua, trae seco,
morale; e questi peccati insieme coll' originale, di  cui  sarebbero un naturale sviluppo, lo terrebbero nello stato
Iddio è libero padrone di scegliere quelli che vuole, a  cui  dare i suoi doni, e l' eterna gloria fra i perduti, il che
e alla sua bontà il lasciar morire altresì degli adulti, a  cui  non sia stato annunziato il vangelo, dato anche che non
[...OMISSIS...] . Che se anco degli uomini adulti, a  cui  non fu annunziato il Vangelo, non potendo colle proprie
a intendere da certuni, i quali pongono il caso di  cui  si parla in modo alieno dal vero: immaginano cioè quell'
sinceramente di potere quel che non possono. Ora il caso di  cui  si parlava è tutt' altro. Trattavasi d' una volontà che non
della propria natura; quantunque le viziose volontà, di  cui  favelliamo, nè pure compiangano se stesse per essere
non possano meritarla. La fazione però di Teologi, i  cui  errori in questo scritto vogliam mostrare, eccedettero
non servirebbe che ad aggravare le colpe di quelli, a  cui  fosse annunziata, e da cui fosse ripulsa. XIII Indubitato è
aggravare le colpe di quelli, a cui fosse annunziata, e da  cui  fosse ripulsa. XIII Indubitato è pure, che quelli, che non
sufficientemente il Vangelo, sia data altresì la grazia con  cui  possano credervi; giacchè le parole di Cristo:
sufficiente per credere. Di più, a tutti quegl' infedeli, a  cui  Iddio dà delle grazie attuali disponitive alla
la divina giustizia, nè ne impedisce la misericordia, a  cui  apre un campo amplissimo e gloriosissimo. Ma noia tuttavia
più bisogno di Dio. Oltre questo assurdo teologico, in  cui  s' urterebbe escludendo ogni necessità dai movimenti della
dello stesso libro che censura, che le leggi fisiche a  cui  obbedisce la volontà possono dalla libertà esser dominate,
noi, attribuendo noi sempre la necessità alla fretta con  cui  opera la spontaneità, quando tal fretta non lascia tempo
(e ne' nostri tempi sono troppi) pe' quali scrivono e di  cui  allettano, favellando religiosamente gli orecchi. A questi
E nè pure è da credere, ch' essi parlino d' un uomo « in  cui  cessi da ogni suo ufficio la ragione »; poichè anzi essi
»; poichè anzi essi parlano solamente d' un uomo, in  cui  la ragione cessa dal suo ufficio di deliberare; parlano di
cessa dal suo ufficio di deliberare; parlano di un uomo a  cui  la passione ha tolto intieramente l' uso morale della
l' uso morale della ragione, o, in altre parole, in  cui  è sospeso quest' uso della ragione morale , com' io più
l' uso della ragione in universale presa come potenza a  cui  appartengono le funzioni del percepire, dell'
vel crediate o no, nei bambini pure col primo riso, con  cui  salutan la madre. Negli ubbriachi parimente e ne'
anima. La mancanza adunque dell' uso della ragione, di  cui  parla S. Tommaso, che rende l' azione involontaria e, come
sua forza, ma dal grado relativo alla virtù dell' uomo in  cui  ella opera; poichè un uom virtuosissimo dominatore di sè,
il nostro teologo nasconde nel silenzio il preciso caso di  cui  si tratta. Non si tratta già in universale dell' uomo che
la sana dottrina, sia un errore così sformato, a  cui  nè pure giunsero gli eretici fin qui conosciuti. Diamone un
non attribuisce tale denominazione, se non a ciò, a  cui  la volontà consente, quantunque necessariamente, se questa
lo spontaneo consentire della non anco libera volontà, di  cui  si parla nel « Trattato della Coscienza » e il libero
nel « Trattato della Coscienza » e il libero consenso, di  cui  si parla nella « Risposta ad Eusebio », vi ha un immenso
consente ALL' UNA DELLE DUE VOLIZIONI buone e cattive, fra  cui  elegge, e questo è appunto il consenso sempre personale, di
elegge, e questo è appunto il consenso sempre personale, di  cui  parla S. Tommaso, e di cui noi, attenendoci alla sua guida,
il consenso sempre personale, di cui parla S. Tommaso, e di  cui  noi, attenendoci alla sua guida, parlammo nella « Risposta
torbida e violenta passione, non solo per le occasioni, a  cui  probabilmente s' espose, e per gli irritamenti a lei
forze proprie, ma di ricorrere a G. Cristo liberatore, di  cui  hanno un bisogno assoluto, per andar salvi dalla crudele
loro propria concupiscenza. A torto dunque i teologi di  cui  parliamo sostengono, che le forze del battezzato, e del non
La « Storia del popolo di Dio » di quest' ultimo, di  cui  s' era promessa la correzione, uscì alle stampe ancor tale,
è la riformazione e il miglioramento dell' anima umana, di  cui  l' uomo non ha coscienza, benchè poscia ne sperimenti i
la descrizione e le prove dell' esistenza della malattia, a  cui  egli, il battesimo, è soprannaturale rimedio. Fu
egli la giustizia rendevasi anche indegno della grazia, in  cui  era stato da Dio costituito. La giustizia originale in
suoi ad un tempo quell' ordine di ragione, come quella la  cui  attività è perduta in parte nell' animalità, il che GESU`
diligentissimamente tra il sentimento della carne, di  cui  si ha coscienza, e quella mala qualità e disposizione dell'
e quella mala qualità e disposizione dell' anima di  cui  la coscienza ci manca e in cui il peccato originale
disposizione dell' anima di cui la coscienza ci manca e in  cui  il peccato originale risiede; stringendo quegli eretici a
. Il perchè accorda a Giuliano, che l' argomento di  cui  egli si serviva a negare il peccato d' origine (il non
della concupiscenza; ma non è la concupiscenza di  cui  si parla, occulta madre di quel sentimento. La
sentimento. La concupiscenza, quella concupiscenza cioè in  cui  l' essenza del peccato originale consiste, è una mala
tanto che non erompe a' suoi atti. E quella disposizione in  cui  consiste il peccato non è già la semplice tendenza al bene
della volontà pel bene è quel languor naturae (3), in  cui  S. Agostino cogli altri Padri ripongono l' originale
prima, la precedente volontà, ma scaduta di posto (1), a  cui  perciò compete più l' appellazione di persona, onde la
andar col suo peso; anzi la miglior parte di lei, quella in  cui  l' uomo personalmente esiste è nella mano di Dio che se l'
della concupiscenza colla testimonianza di S. Agostino, di  cui  adduce questo testimonio: [...OMISSIS...] . Sulle quali
più questioni. Primieramente dico, che nel caso in  cui  il fomite della concupiscenza tragga l' uomo a seguire
bambini, ne' pazzi, negli ubbriachi, e in tutti quelli in  cui  la forza dell' imaginativa esaltata e della passione
e la vita », eccettuate sempre le colpe veniali, a  cui  anche i battezzati soggiaciono. Oltre di ciò se ne'
intenda dir S. Tommaso, quando parla de' peccati mortali, a  cui  il non battezzato necessariamente soggiace (1). Egli dice,
tale da staccar la persona dall' oggetto buono e morale a  cui  aderisce. Onde non vi sarà che colpa veniale di cui rimane
a cui aderisce. Onde non vi sarà che colpa veniale di  cui  rimane la miniera anche ne' battezzati, per usare una frase
col libero; e quando incontrandosi in alcuni luoghi in  cui  noi parliamo della volontà e delle leggi che ad essa
superiore alla volontà che perturba e modifica le leggi a  cui  la volontà da sè sola ubbidirebbe. Ora quali sono le leggi
(cioè al modo che è sensibile l' azione delle cose reali di  cui  ha percezione); ed è attratto fortemente dalla dilettazione
tali per la loro interna efficacia, e per la certezza con  cui  realizzano l' eterna predestinazione (1): tuttavia egli
o altri santificati nelle acque del battesimo, in  cui  il libero arbitrio sia impedito o legato, è in istato di
de' sacerdoti e de' laici. Ma successe un tempo, in  cui  alcuni religiosi, credendosi aver trovato de' mezzi
che a ognuno è permesso. Del resto alla Chiesa, di  cui  mi glorio essere figliuolo e discepolo ogni mio sentimento
antico, surse nella Chiesa il Semi7Pelagianismo (3) a  cui  diedero il loro nome anche uomini, che onoriam sugli
recò pur troppo i suoi frutti amari alla civil società, in  cui  i fanciulli educati rifondonsi. Invano sperossi di
ingrato spense altresì in odio di lei i collegi stessi di  cui  molti buoni piansero la rovina; veggendo perire così i
solo contro la sana dottrina col deplorabile impegno in  cui  ella è entrata, pecca ancora contro la savia politica. Deh
li condurrà più facilmente in quella via di solidi studi, a  cui  abbiamo sempre desiderato di provocarli. Chè anzi a chi
tutta la polemica aristotelica, che è quel delle idee , su  cui  in luoghi diversi e tante volte ricade il suo ragionare
dell' opera più importante d' Aristotele: arduo lavoro, a  cui  fin qui niuno italiano, ch' io sappia, aveva posto mano, e
venerazione superstiziosa che si faceva dei suoi detti, a  cui  era temerità il contraddire; dopo la sua caduta, l'
dal medio evo, e quanta più ce n' era nelle contumelie, di  cui  lo coprirono i sofisti del secolo XVIII: si sa come la
disistima e licenza, del soverchio cieco ossequio con  cui  da prima aveva scemato e legato a se stesso il libero
quasi sopravviventi d' una vita tenacissima al sistema a  cui  appartengono. Pare accertato dalle accurate ricerche de'
agli universali una vera esistenza, perchè una cosa di  cui  si cangia la natura, non è più quella. Nel sistema d'
il concettualismo d' Abelardo, non solo per l' autorità da  cui  procedevano, ma perchè richiamavano l' attenzione alle
a Roscellino (2). Ma erano dottrine passeggere su  cui  non si fermava l' attenzione, di cui non si osservavano
dottrine passeggere su cui non si fermava l' attenzione, di  cui  non si osservavano troppo le differenze, non si prevedevano
al nominalismo , ma come un' opinione vagante, di  cui  non s' era trovata la formula. Tuttavia il realismo si
sia per la similitudine . Il realismo dunque delle idee, di  cui  si disputava, si cangiò in un realismo di sussistenze :
con somma facilità questa realità che è in fatti il senso a  cui  fu poi ristretta questa parola. In una tale condizione
si possono pensare esistenti in altro modo da quello in  cui  noi li pensiamo. Di poi , se questi reali e sussistenti
, se questi reali e sussistenti sono quegli universali di  cui  partecipano le cose create, dunque anche queste sono
mettendo se stessa nelle cose: diventa così la materia di  cui  constano le cose. Ma tutte le idee si riducono all' essere
. Le idee reali dunque, l' universalissima massimamente, in  cui  tutte rientrano, l' essere reale essendo Dio (se rimane in
reali, non si considerano veramente più come esemplare , da  cui  è totalmente distinta la copia: onde questa si confonde con
abolire fino a che non si fosse abbattuto il principio da  cui  derivavano; onde a quando a quando ricompariscono nelle
e dall' Eriugena per la prima volta latinizzate, in  cui  si legge: [...OMISSIS...] ; in S. Massimo monaco, che non
nazione (1). A tutti costoro mancando la materia intorno a  cui  pretendono lavorare col loro pensiero, cioè la realità di
perchè si riferiscono a un oggetto diverso da quello a  cui  le riferisce, e a cui solo può riferirle, il filosofo
a un oggetto diverso da quello a cui le riferisce, e a  cui  solo può riferirle, il filosofo naturale. Laonde tali
(n. 1126, m. 119.): tutti realisti nel significato di  cui  parliamo. Ma per vedere come il realismo arabico s'
distinto il realismo impropriamente detto, dal realismo di  cui  parliamo. Il primo sta nella sentenza di quelli, che quando
due entità infinitamente distinte. E nel vero, ciò a  cui  dapprima si volge naturalmente l' attenzione umana, sono
o contemplazione, trova ancora un ente reale, il  cui  termine esterno è il mondo. Fin qui tutto è realità nel
fanno parte della scienza (1). Viene più tardi il tempo in  cui  la riflessione speculativa s' affissa sulle stesse idee: e
fa comparire una molteplicità di sistemi. Ma quello a  cui  lo spirito umano può difficilmente e dopo più lungo tempo
, lo scetticismo ; o si cade in quel realismo , di  cui  noi stiamo dimostrando le assurde conseguenze. Il qual
più le idee che di nome, poichè gli atti della mente, la  cui  esistenza nemmeno il nominalismo ha mai negata, sono tutto
sua intuizione, e non secondo quel modo tutto diverso con  cui  conosce Iddio. Rimane certamente qualche oscurità nella
delle idee, questa ha luogo solo nella mente umana , a  cui  è data la contemplazione delle idee stesse: e nella nostra
gli universali non esistono: sono puri nomi. Coloro la  cui  attenzione fu più colpita dalla prima proposizione che « le
si movesse nelle menti il sospetto che l' esemplarismo , di  cui  si riteneva il linguaggio, fosse qualche cosa di
conseguito una momentanea prevalenza. Ammonio Sacca, da  cui  prese la scuola profana d' Alessandria un nuovo vigore dopo
divinità, realità prima emanatrice di tutte le altre di  cui  si compone il mondo, e se n' aveva il panteismo , il
altro scampo che di combatterlo con la forza bruta, di  cui  trovavasi ben armato. Non ragionò dunque, ma distrusse a
sulla terra, è indubbiamente quella delle due società, di  cui  fa menzione il « Genesi » (3); e ogni qualvolta comparisce
divenuta un' arma possente nelle mani dell' empietà, con  cui  questa tenta niente meno che l' intera distruzione del
opposizione alla dottrina cristiana. Questa la ragione, per  cui  l' averroismo infiltrato nelle scuole lungamente vi si
E questa non fu la minore delle deplorabili calamità a  cui  questa nazione soggiacque. Lo stesso studio incessante d'
non poco a mantenere più a lungo nelle cattedre autori, i  cui  principŒ erano prolifici delle più perniciose dottrine: si
ciò che quegli errori contenevano di seducente. Coloro a  cui  basti la perspicacia per rannodare le conseguenze più
averroistico, che trovò tant' altre cause a lui affini con  cui  associarsi. Queste parti integranti dell' ordine e dello
dal Leibnizio nel 1670; e nella dissertazione, di  cui  il maggior filosofo arricchì quell' edizione, non dubitò di
per massima di dire sempre un po' di bene di tutto ciò di  cui  fu detto male, e un po' di male di tutto ciò di cui fu
ciò di cui fu detto male, e un po' di male di tutto ciò di  cui  fu detto bene. Quanto a noi, siamo d' avviso che tutte le
di questo fatto si trovano le ragioni: 1 nel disordine con  cui  furono affastellati gli scritti d' Aristotele: nella
parti), basta por mente alla maniera e al fine diverso in  cui  e per cui egli compose quei diversi scritti, per avvedersi
basta por mente alla maniera e al fine diverso in cui e per  cui  egli compose quei diversi scritti, per avvedersi tosto
di allettarne e molcerne gli orecchi con insegnamenti, di  cui  pur conoscevano tutta la falsità. Finalmente i libri
stesso. S' aggiunga la maniera sospensiva e dubitosa con  cui  esprime le sue proprie opinioni, sulle quali sembra spesso
ha già posto le conseguenze. Il che vale pel caso in  cui  i principŒ siano pienamente definiti e determinati. Ma
esposto ed esaminato » »? Domanda ragionevolissima a  cui  brevemente dobbiamo rispondere. Dicevamo che in Aristotele
ad ogni vocabolo filosofico sia appunto quello di  cui  in essi fa uso. Con questa cura si conciliano, a dir vero,
filosofico e razionale . L' ultimo risultato, a  cui  tendono di loro natura le diverse ricerche ed osservazioni
eterna sostanza, scevra d' ogni materia, mente divina; a  cui  le cose tutte tendendo incessantemente, come al bene,
incessantemente, come al bene, acquistassero la specie di  cui  sono capaci. Così credette d' aver trovato due punti fissi
inestricabili. Uno di questi luoghi è appunto quello in  cui  pretende che le specie stesse, che nella mente sono
emenda il linguaggio. Ma noi crediamo che la maniera, con  cui  Aristotele tenta di conciliarsi con se stesso, non si
delle parole filosofiche, in vano si cercherebbe quello di  cui  abbisogniamo, dell' universale : convien dunque che noi lo
ma è opportunissimo a indicare quell' universale, in  cui  massimamente concentrò la sua attenzione Aristotele, e con
massimamente concentrò la sua attenzione Aristotele, e con  cui  volle discacciare di luogo l' idea platonica. Che queste
è un reale, che in essa s' afferma. Il reale compiuto, su  cui  non è stata ancora esercitata astrazione di sorta, è un
l' individuo reale . L' universale poi rimane del modo con  cui  si pensa l' individuo reale, perchè si può pensar questo
individuo, per esempio l' umanità realizzata in Socrate, di  cui  l' altre categorie o essenze accidentali si predicavano.
da quell' ambiguità, da quella specie d' antinomia, in  cui  la questione degli universali involgeva la mente. Poichè 1
rispetto ad altri individui. Questa risposta, di  cui  si fecero forti i nominali, non può soddisfare, se non a
di materia e di forma. La materia è il subietto ultimo di  cui  tutto si predica, anche l' essenza sostanziale, o sostanza
Il composto di materia e di forma è un subietto, di  cui  propriamente non si predica l' essenza sostanziale seconda,
contesa da Platone, che ogni cosa deriva da Dio, alla  cui  natura compete al sommo l' unità e la semplicità. Ma il
da questa? Come sarà prima ciò che si conosce, di ciò, con  cui  si conosce? Come si avrà il fine prima d' avere il mezzo
sua opera futura ». Quand' anco dunque la specie , secondo  cui  opera l' artefice, si chiamasse arte , non sarebbe con
e insegna pure che la specie all' incontro è ciò, in  cui  tende il moto, [...OMISSIS...] , e che « « nè move, nè si
se la specie, per confessione d' Aristotele « « è ciò in  cui  tende il moto com' a suo fine » », questo, che si dice
si dirà, che il moto tenda nel nulla, perchè anzi ciò, in  cui  tende, è dichiarato più nobile di quelle cose, che sono al
chiamandola ad un tempo un certo chè e un cert' abito a  cui  , [...OMISSIS...] . Il certo chè è la specie, l' abito poi
[...OMISSIS...] . Il certo chè è la specie, l' abito poi a  cui  , è la tendenza alla specie, che ancora manca nella
si faccia ( «u») e quest' è la materia , e un altro, in  cui  termini l' operazione ( «eis ho») e quest' è la specie . La
- Qui comparisce la difficoltà, perchè la specie reale, in  cui  termina la trasmutazione, non è nella mente, ma nella cosa
l' Arte, e che l' Arte è lo stesso che la specie, secondo  cui  opera l' artefice: quasi dica, che i principŒ moventi,
specie nell' artefice, è, ma in un altro modo da quello in  cui  sono le specie nelle sostanze naturali (e certamente anche
nelle sostanze reali, e posteriormente nell' intelletto, a  cui  dà la facoltà di prendersi per sè quell' elemento
d' esempio dice che la specie è l' « uno ne' molti »(2),  cui  l' intelletto poi separa. Ora mentre qui fa, che la specie,
enti è singolare; e che la specie dell' intelletto, con  cui  si conosce, è un universale . Il singolare non può essere
materia (la mente possibile e le condizioni preparatorie su  cui  operare) emette un atto che non avea prima e sono le
in noi, perchè non c' è la cognizione antecedente, da  cui  generarli. Conchiude adunque che si deve ammettere una
E così si fa a spiegare questa facoltà inferiore, da  cui  poi s' hanno i primi principŒ della ragione. Da questo
» [...OMISSIS...] . Così distingue questa mente di  cui  parla e che è sola vera mente, dal senso. E quanto sia
o differenze appartengono alla stessa parte dell' anima di  cui  ha detto voler parlare (1). Ma l' averle chiamate,
di questa si attuano, la specie intellettiva e quella, di  cui  partecipano le cose reali fuori dell' anima, non sono
da ciò, l' incertezza, l' improprietà e l' incoerenza, con  cui  parlano, il manifesta. E riguardo ad Aristotele, s' osservi
deve prendersi in altro significato da quello in  cui  la prende poco appresso, quando dice che [...OMISSIS...] .
avanti, cioè che Aristotele per la Mente possibile di  cui  parla nel citato capitolo quarto, intende l' unica mente
essere il medesimo della « materia ideale »di Platone, di  cui  abbiamo parlato, poichè di questa prima materia ideale,
inteso » » [...OMISSIS...] . Principio affatto gratuito, di  cui  Aristotele non reca in alcun luogo la minima prova, e
questa distinzione tra le due maniere d' esistenza di  cui  parliamo, e avesse riconosciuto che « la materia ideale, di
parliamo, e avesse riconosciuto che « la materia ideale, di  cui  si formano tutte le idee determinate »non ha e non può
è diversissima dall' atto, essendo puramente oggetto in  cui  termina l' atto dell' intelletto. La confusione di questi
strettamente, distinse due principŒ, denominandoli con  cui  , [...OMISSIS...] , quo appresso gli scolastici, l' uno de'
Aristotele a considerare l' anima come un istrumento con  cui  noi operiamo, dall' aver fondata la sua psicologia sulla
e di forma [...OMISSIS...] , e questo composto è quello, a  cui  attribuisce gli atti che si fanno coll' anima. Ma in vano,
del corpo, e intende coll' idea, e non è quella, con  cui  si sente e s' intende da un composto. Un' inesattezza così
, il secondo è la scienza appresa come abito , di  cui  dà in esempio la grammatica, il terzo è l' atto della
stata suggerita ad Aristotele dalla stessa lingua greca, di  cui  la sua filosofia è una continua interpretazione, poichè da
, si derivava «menos», che significava « anima mente », da  cui  il latino mens . Viene dunque a dire Aristotele, che data
è l' avente , altro la cosa avuta . La mente dunque di  cui  qui parla Aristotele non è il principio subiettivo, che ha,
stesso, di considerare la mente come un istrumento, di  cui  si vale l' uomo alle diverse sue operazioni intellettive,
una facoltà subiettiva d' intendere, ma il mezzo , con  cui  l' uomo intende. Così appunto chiama Aristotele la mente e
la mente e anche l' anima intellettiva « principio con  cui  », principium quo degli Scolastici. Di che apparisce la
dava egli questo nome di cognizione, se non a quella, di  cui  l' uomo ha consapevolezza: perciò, secondo lui, si conosce
perciò, secondo lui, si conosce solo quell' oggetto, di  cui  si è consapevoli o di cui si può esser consapevoli, quando
conosce solo quell' oggetto, di cui si è consapevoli o di  cui  si può esser consapevoli, quando si vuole [...OMISSIS...]
(1): e questo è un principium quod , cioè un principio, in  cui  si porta l' atto della consapevolezza. Ammise dunque nell'
lui stesso, acciocchè facesse vedere i colori diversi, di  cui  egli non era che il complesso. Del resto l' aver distinto
dichiarato il subietto conoscente, questa il mezzo , con  cui  conosce, conferma ad evidenza, che per mente agente
filosofo, si cava che non si può dividere il principio con  cui  si conosce, da ciò che si conosce, perchè non si può
Esaminiamo con diligenza i luoghi più classici, in  cui  egli espone la sua mente. Nel terzo della sua Psicologia al
tale: dunque ella stessa è il primo degli intelligibili, da  cui  tutti gli altri. Cercando quale sia il primo degli
del subietto, e non viceversa, fece che il corpo di  cui  si predica la specie dell' anima sia il subietto di questa,
(1), dove allude alla dottrina di Anassagora, di  cui  accenna nel XII dei Metafisici (2). Nel qual libro questa
(3). Questo motore dunque deve essere un principio, la  cui  essenza sia atto; [...OMISSIS...] , e, sia uno o più, dee
che non è scienza, o abito di scienza, ma è ciò da  cui  viene la stessa scienza, e questa cognizione anteriore sono
esser la scienza, [...OMISSIS...] . E che la scienza, di  cui  aveva parlato, fosse raziocinativa e dimostrativa, l' avea
non ogni anima è atta a ciò, ma quella che è tale, cioè a  cui  è venuta dal di fuori questa mente divina, [...OMISSIS...]
, e l' uomo non può saper nulla per via di dimostrazione, a  cui  appartiene la scienza, se non conosce prima que' principŒ
, che è la specie o essenza prima e indeterminatissima, a  cui  tutte le altre si riducono: onde ne dà appunto questa
l' ombre ed i sogni. Queste cose sono un chè, ma non ciò di  cui  producono la fantasia, [...OMISSIS...] . Quest' acuta
che ogni ragione è falsa d' altro che non di ciò, di  cui  è vera, suppone che la ragione resti, e diventi vera o
vera o falsa, secondo che l' uomo l' applica all' ente a  cui  appartiene o a un altro, e in quanto resta ella è vera del
Questa ragione poi, che è sempre vera in sè, ma di  cui  l' applicazione può essere falsa o vera, è il principio,
anima », [...OMISSIS...] », ed è definita « « quella con  cui  l' anima raziocina e percepisce », [...OMISSIS...] » (2).
Aristotele che sempre sono in atto, e non mai in potenza da  cui  passino all' atto: [...OMISSIS...] . Questi intelligibili
diverse espressioni secondo il diverso genere d' entità a  cui  si applica. E questo primo principio per Aristotele è
e però riman fermo il principio di contraddizione, la  cui  difesa fatta da Aristotele nel IV de' Metafisici obbliga il
obbliga il filosofo a riconoscere che questo principio a  cui  riduce tutti gli altri, non è infine se non « « la
: 4 istrutto l' umano intendimento di questi principŒ, di  cui  a principio non è consapevole, ma che possiede impliciti
lo stesso che l' uno, lo chiama primo, [...OMISSIS...] a  cui  tutte le notizie intorno all' ente si riducono (4): primo
materia, ci sono altre specie separate dalla materia, il  cui  domicilio è la mente. Così cominciò ad ammettere in qualche
molto più lontana dalla materia e dai reali sensibili, a  cui  credea prima d' aver legate, quasi schiave alla catena, le
la dichiarò essere Iddio, Primo Motore di tutte le cose, in  cui  finisce ogni contemplazione ed ogni appetito. Così trovò
egli adduce contro le idee platoniche, o le nove forme di  cui  le riveste. Ma facciamolo in modo da restringere il
servono a spiegare l' esistenza de' reali sensibili, di  cui  consta il Mondo, perchè sono da questi intieramente
secondo il bisogno del momento e dell' argomento di  cui  scrive, onde una grande apparenza almeno di contraddizione.
giunta direttamente opposto a quello di Platone, ma la  cui  opposizione s' andrà scemando di mano in mano, che si vedrà
concetto una relazione alle sostanze individuali e reali di  cui  si predicano, quelli non possono essere prima di queste,
queste non si potrebbero concepire senza quelle prime, di  cui  si predicano; ma non prova punto, che avanti questi generi
un reale possibile . Ora essendo la ragione aristotelica di  cui  parliamo, puramente dialettica, ella non ha virtù d' uscire
che esistano tanti e tanti subietti, ma almeno qualcuno, di  cui  si dicano le idee specifiche e generiche, e in cui sieno
di cui si dicano le idee specifiche e generiche, e in  cui  sieno quelle degli accidenti [...OMISSIS...] . E` dunque
si predica non fosse veramente partecipata dal subietto di  cui  si predica. Esser partecipate vuol dire che il subietto non
se l' idea è universale in relazione agli individui a  cui  può essere partecipata, ella per sè, nella sua essenza
partecipazione loro agli individui reali e irrazionali, di  cui  si compone il mondo materiale e sensibile. Ma di mano in
separate, perchè i predicabili suppongono il subietto, di  cui  si predichino? D' altra parte si contraddice anche in
. Questo è quello che non intende Aristotele, e in  cui  sta tutto il nodo della questione. Egli reputa
in fatti è una relazione al principio senziente, a  cui  non appartiene, come confessa Aristotele, l' esistenza vera
Aristotele, la sostanza esiste in se stessa, e in ciò di  cui  è sostanza, [...OMISSIS...] , niente più domanda Platone,
[...OMISSIS...] , niente più domanda Platone, secondo  cui  l' essenza esiste in se stessa non comunicata a' sensibili,
stessa non comunicata a' sensibili, ed esiste in questi di  cui  è sostanza, ossia essenza. Una obbiezione più speciosa, ma
(proveniente forse dalle scuole platoniche, contro  cui  sembra combattere), si riconosce dallo stesso discorso d'
ideale suppone già le idee, e sono appunto queste di  cui  si disputa: onde la distinzione applicata al caso nostro ci
idee, e non vale a chiarirla. Consideriamo l' esempio con  cui  Aristotele stesso illustra questa distinzione (1). Un corpo
e d' idea. Questo modo dunque di separazione non è tale su  cui  si possa istituire la questione se egli sia uno de' due
è sempre necessario che si conosca l' essenza della cosa di  cui  si tratta. [...OMISSIS...] . Ma quest' essenza o si
distinzione di concetto suppone che i concetti, secondo  cui  si distingue la cosa, sieno bensì diversi, ma non
[...OMISSIS...] . Ammette dunque una natura per sè, di  cui  siano i principŒ e le cause supreme, [...OMISSIS...] . Ora
tutte la prima, [...OMISSIS...] , perchè l' altre tutte, di  cui  tratta la Fisica e le scienze inferiori, sono parziali,
[...OMISSIS...] , e minori di quella prima natura a  cui  nulla aggiungono, ma da cui rescindono una parte,
minori di quella prima natura a cui nulla aggiungono, ma da  cui  rescindono una parte, [...OMISSIS...] : quella natura
per così dire, senza una singolare e compiuta sostanza in  cui  fossero? No, certamente; ma la sede delle sue idee era Dio
quella sostanza singolare che non si predichi d' altro, in  cui  sieno, non ha forza per due ragioni: l' una , che le idee
l' altra , che è soddisfatto al bisogno d' un subietto in  cui  le idee si trovino, nella dottrina di Platone, che le
cosa sia a se stessa, ma ad un' altra cioè alla mente, di  cui  è obietto. Dunque le idee non sarebbero a se stesse, se non
filosofia, ed un risultato di quella sua dialettica, con  cui  egli l' ha lavorata, e che egli chiama perciò appunto la
degli enti, ma non sono ancora l' ente assoluto in  cui  risiede come in prima fonte l' assoluta verità delle cose.
Platone fa che preceda l' atto (1), riponendole in Dio, a  cui  ascende appunto per un simile argomento, ricopiato poi da
loro è quella stessa che sta e si conosce nelle idee di  cui  partecipano. E benchè Aristotele sparli di questa
[...OMISSIS...] . Come poi Platone connetta i sensibili, a  cui  appartiene il moto, coll' idee o essenze, che sono
si confonde con essi. Gli altri quattro generi dunque, a  cui  tutti i generi inferiori si riducono, sono per la
dal concetto dell' essere, fornendolo di tutto ciò di  cui  abbisogna affinchè sussista come essere compiuto, perviene
una cosa si possa dire in due modi: per sè, e per quello di  cui  partecipa. Quindi una prima antinomia nasce da questo che
a quest' ultima, dove sta il nodo della difficoltà, e a  cui  si rivolgono le obbiezioni d' Aristotele, è prima di tutto
reali sono in Platone il sostegno delle idee, sono quelli a  cui  esse appartengono, e ne' quali si copulano e congiungono
non perchè esse sieno tali, ma perchè i subietti reali in  cui  sono operano secondo esse, come secondo altrettante norme e
che l' anima conosca, e l' essenza sia conosciuta » ». A  cui  Teeteto: « « L' asseriscono certo » ». Ottenuta questa
non pone la materia eterna, ma la fa veniente da Dio, da  cui  pure fa venire le idee (1). Nel decimo libro della «
pittore (2). Se adunque Platone fa che le idee stesse, in  cui  ripone la natura delle cose, sieno generate o prodotte da
genera », [...OMISSIS...] ». La materia corporea: « »ciò in  cui  si genera » [...OMISSIS...] ». La specie: « « ciò da cui
in cui si genera » [...OMISSIS...] ». La specie: « « ciò da  cui  nasce assimilato quello che si genera », [...OMISSIS...] ».
madre la materia corporea che riceve; al padre la specie da  cui  riceve; e alla prole la natura che ne risulta media ossia
immaginazione le aggiunge quasi di furto tutte le forme, di  cui  l' avea spogliata l' astrazione, e così si concepisce. La
atto dunque col quale Iddio crea la natura sussistente, le  cui  parti poscia coordina e armonicamente dispone, non è già
ora nella materia ricade. E` sempre il sensibile da  cui  parte, e la prima ragione su cui fonda il raziocinio è il
E` sempre il sensibile da cui parte, e la prima ragione su  cui  fonda il raziocinio è il testimonio de' sensi anche dove
derivano dal Bene. Il Bene dunque è l' essere assoluto, la  cui  più alta denominazione è quella di Bene (3). Questo colla
quale vide che si potevano stabilire delle ferme basi su  cui  ragionare, e spiega tosto la via che tiene in tutto il suo
oltre le cose dunque, c' è qualche altro elemento, di  cui  le cose partecipano per esser quello che sono, ed esser
idee è appunto quello che il filosofo chiama dialettica , a  cui  di conseguente tutta si richiama la filosofia. Essendo
unità per l' unico subietto, che è l' idea fondamentale, a  cui  sono congiunte organicamente le altre. Che anzi, a
tutte le idee, l' Esemplare voglio dire dell' Universo, di  cui  gli altri sono parti, e non diversi esemplari (1). E non è
dell' esemplare non è l' anima del mondo, ma quella da  cui  fu ricopiata. Ma Iddio che fece e l' esemplare e il mondo
causa. Questa non può esser causa se non ha l' anima in  cui  sta la forza causale e le idee, cioè l' Esemplare, e la
di quello che hanno veduto a cagione delle similitudini di  cui  è abbellito l' Universo. Anche nel Cratilo Giove è detto «
qualche gran pensiero » » (2), che è certamente quello con  cui  il Bene ossia Iddio produsse l' idee del Mondo quando s'
quali sono nell' Ente assoluto, a diversità del modo in  cui  sono nel mondo, usa delle parole «alethos kinesin k. t.
e appresso dice che sono «os onta» (.). L' atto poi con  cui  è l' essere, e queste idee a lui essenziali, sembra un atto
sembra un atto d' intelligenza, quella «megale dianoia» di  cui  nel Cratilo dice che Giove sia figlio, «ekgonos» (9). Così
con un atto di pensiero divino diverso da quello con  cui  creò il Mondo, ma con lo stesso atto fece essere l' uno in
un atto di quella immaginazione e affermazione divina con  cui  Iddio pensando gli esistenti, li pone. Onde Platone
e questa non potendo stare da sè, dovea avere un' anima in  cui  fosse. Il mondo dunque dovea risultare d' intelligenza, d'
le opposte nature. La sostanza dunque media di Platone, su  cui  tanto fu disputato, altro non è che il subietto stesso
screziandolo di diversi istinti relativi allo spazio in  cui  finiva, e con questi disegnare nello spazio stesso de'
che si move da sè medesimo » » (2), o in altre maniere in  cui  si vede ritenuta qualche particella della dottrina, non
vece di dare all' anima le idee e notizie preconosciute, di  cui  all' occasione delle sensazioni non faccia che ricordarsi,
cosa sia la natura del Diverso e la natura del Medesimo, di  cui  Platone compone l' anima, e come essi rispondano ai due
ancora come per questa forza di sentimento armonico, di  cui  l' anima è per sè stessa dotata da Dio, ella era e dovea
Non rimanendogli tempo, nella vastità delle ricerche in  cui  era occupato, di meditare una teoria più ampia per compiere
modi d' operare dell' anima appariscano i tre elementi, da  cui  essa risulta. Le quali membra spirituali dell' anima
per toni interi, avanzandone il mezzo tono minore, la  cui  ragione è computata 256 .diviso . 243, e lo stesso, benchè
anima fu distinta in membra rispondenti alle ragioni, in  cui  è compartito a consonanze, a toni e mezzi toni il
di quest' armonica distribuzione dell' anima mondiale, a  cui  dovea rispondere il mondo visibile, prese ad esempio un
s' estende a tutto lo spazio, c' è per così dire la morsa a  cui  attaccare il corporeo. Poichè il corporeo non è che il
del medesimo e del ciclo del diverso , i due elementi di  cui  l' anima si compone. 5 Che quindi la causa efficiente e
ciò che non ha moto nè quiete, cioè l' essere puro, a  cui  nel Sofista nega ogni quiete ad un tempo ed ogni moto, d'
Laonde nell' esemplare del mondo Iddio pensò l' imagine a  cui  doveva crearsi il tempo , e questa imagine che forma parte
Platone anche qui quelle due specie d' intelligibili di  cui  abbiamo parlato di sopra: 1 il primo intelligibile, che è
che il pensiero divino imaginasse un esemplare a posta a  cui  similitudine creare il mondo, che a lui somigliasse, di
formando, delle reliquie di quella stessa sostanza, di  cui  aveva elaborata l' anima del mondo, un certo numero d'
ancor prima che per la virtù organizzatrice degli astri a  cui  appartengono le anime seminali, queste ricevessero i loro
fatali » », [...OMISSIS...] (2), e in queste l' equità con  cui  furono a principio create tutte allo stesso modo, rimanendo
che i sensibili, tacendosi interamente dell' anima nel  cui  seno sono creati i corpi, onde dalla congiunzione di essa
come la estensione, che è nell' anima, è quella stessa in  cui  è diffusa la materia e la forza corporea (1) ai cui
in cui è diffusa la materia e la forza corporea (1) ai  cui  elementi però è determinata dal Creatore la quantità e la
desiderato. [...OMISSIS...] . Quella insufficienza con  cui  l' uomo conosce il Bene, quell' augurarsi che sia veramente
Bene, che dee essere misura di tutti i beni e le cose, di  cui  si pervertirebbe il concetto se d' alcuna sua minima parte
da questo corpo) almeno sufficiente notizia del Bene a  cui  aspira? Partendo dai più eccellenti intelligibili dati all'
dati all' anima umana, dall' idee più eccellenti di  cui  ella sia stata fatta partecipe. Noi dicemmo che l' oggetto
dal corporeo ed ascendere all' invisibile e all' ottimo, a  cui  Platone riserva il nome di filosofia. Primieramente
e percorre pure due stadii. Poichè primieramente l' idea da  cui  parte, suol esser cavata dalle percezioni precedenti, e
non riflessa e inconsapevole. In luogo di questa, di  cui  pure sentiva il bisogno, Platone introdusse a colmar la
Da queste idee inferiori prossime ai sensibili, di  cui  sono l' intelligibilità, move il raziocinio per due vie a
servendo i sensibili come di simulacri a quelle idee a  cui  la mente si rivolge, atteso che queste idee ai sensibili
come il pittore che ripulisce prima la tavola su  cui  deve dipingere, e poi lo istituisce alle virtù per modo che
ragiona nel « Filebo ». Questo dunque è il solo bene di  cui  noi uomini e ogni altro ente creato abbiamo esperienza, un
adunque è quello di formarsi un concetto del Bene, di  cui  è suscettibile quest' universo, nel modo più perfetto.
e meno, è il fonte, secondo Platone, delle imperfezioni a  cui  soggiacciono le nature finite e composte, ed essa stessa è
[...OMISSIS...] . Trattasi qui di quella mistione da  cui  risulta il bene dell' animale intelligente (non essendo
assoluto. A queste tre idee si riducono quelle tre altre di  cui  fa uso nella « Politeia » di ciò che è giusto, bello,
ammodato [...OMISSIS...] e a qualunque altre cose tali, di  cui  convenga credere aver sortito una sempiterna natura
dar segno di quella sua solita riverenza e modestia, con  cui  parla delle cose divine e che s' addice tanto ad un uomo,
che le abbia in sè. Dipoi vengono i beni elementari, di  cui  questo bene composto, proprio dell' ente creato, si
e all' uno dà le idee più sublimi, come appunto quelle dal  cui  complesso si arriva all' idea del Bene; e questo pone il
l' essere ideale, [...OMISSIS...] è il principio, da  cui  vuole che si muova la filosofica disciplina, e il Bene,
disciplina, e il Bene, [...OMISSIS...] è il termine, a  cui  deve pervenire. Così descrive il filosofo dal principio e
Si direbbe, paragonando certi luoghi d' Aristotele, in  cui  parla delle dottrine di Platone, con altri che ancor si
dall' uomo col senso, la mente trapassa alle idee , di  cui  quelle sono similitudini, ossia alle essenze de' medesimi
1 materia, [...OMISSIS...] ; 2 specie, [...OMISSIS...] (a  cui  si riduce anche il terzo elemento, la privazione ). Ma
, come aveva appreso da Platone. Ora i due elementi, di  cui  si compongono gli enti, e il principio e il fine del loro
o genericamente diversa, secondo Aristotele, da quella, di  cui  si compone il mondo sublunare (1). Questa dottrina d'
secondo Aristotele, dai due elementi materia e specie , di  cui  risulta il mondo, ma sono virtù efficaci inerenti ai
s' incapperebbe nel sofisma del terzo uomo , di  cui  lo stesso Aristotele accusa ingiustamente Platone (2).
ultima specie. Il che s' evita nel sistema di Platone, in  cui  la specie è una sola, e ne' sensibili c' è soltanto l'
mente di chi conosce s' aduna insieme colla specie, su  cui  è stata esemplata. Onde la similitudine, che ha il
motore (natura), ossia la causa efficiente ; quella a  cui  arriva, è il fine ossia la causa finale . Aristotele dunque
, poichè in questo sta il nerbo del suo discorso, su  cui  torna spesso in altri luoghi (3): suppone che le cause
secondo le regole d' un' assoluta sapienza, l' opera a  cui  volea por mano, e questo è l' Esemplare eterno composto
vaniloquii e poetiche metafore »: sono anzi sì alte cose a  cui  il volo d' Aristotele non pervenne. Ma di questo meglio in
meglio in appresso. Ora veniamo al secondo aspetto in  cui  dicemmo (1) considerate da Aristotele le sue quattro o sei
; 2 la causa movente [...OMISSIS...] ; 3 il fine o specie a  cui  tende il moto [...OMISSIS...] . Da questo deduce che il
un altro genere di produzioni, quelle dell' arte , a  cui  riduce quelle che vengono da una potenza d' operare e dal
. Le produzioni dell' arte, dice, sono quelle « « di  cui  la specie è nell' anima » ». [...OMISSIS...] (5). L' anima
del pensiero, [...OMISSIS...] , trova la specie ultima a  cui  si rattacca l' azione, per esempio la frizione; allora
quali sono nella mente, sono cause efficienti delle cose di  cui  il mondo sensibile risulta (2). Stabilisce dunque
Gesù e Maria vi benedicano e vi diano quel bene vero per  cui  siete stato creato e chiamato alla perfezione. 1.43 Che
consolazione e della pace. Statevi certo che la tristezza a  cui  andate soggetto non è altro che una sottile frode dell'
non è in sostanza che turbamento, amarezza interiore, a  cui  succede l' offuscazione della mente, la desolazione, lo
conduce a sottilizzare, e ad attristarsi. Questo difetto, a  cui  conviene riparare per tempo, suole produrre dei funesti
è un puro sofisma del diavolo: è quello stesso sofisma con  cui  ha ingannato o tentato d' ingannare Don Giulio. Ma questi
sortes meae ». Lungi da noi l' essere di quegli uomini di  cui  dice S. Paolo, « ignorantes enim iustitiam Dei, et suam
tristezza involontaria che non si può scacciare, ma su  cui  non si può fondare alcun giudizio temerario contro noi
dal nemico dell' anime nostre. Sono quegli uccelli di  cui  parla Cristo nel capo XIII di San Matteo, i quali portano
alcuna esitazione alla verità della Religione cattolica, in  cui  pro milita quella sola prova di cui s' è convinta. Ma ella
Religione cattolica, in cui pro milita quella sola prova di  cui  s' è convinta. Ma ella non s' è potuta convincere della
verità che aveva già conosciuta, mediante quella prova di  cui  non può dubitare. Ma questa persona non può capire molti
di credere, rinunziando all' inclinazione di ragionare, di  cui  non ho più bisogno ». Con questa ferma risposta il nemico è
di credere tutto ciò che si contiene in quella Fede di  cui  ha conosciuto in generale la verità. Così noi sacrifichiamo
misteri d' amore, sono un abisso infinito di carità, di  cui  non possiamo certo colla nostra ragione trovare il fondo. E
ogni cosa. Nel che parmi che il punto principalissimo a  cui  tendere, sia quello di formare un clero santo ; poichè,
opportunamente divengano altrettanti centri intorno a  cui  s' adunino gli altri. Dove si può far sì che i parrochi non
divien facile solo allora quando le persone verso  cui  si dee praticare sono scelte d' un merito reale. Perciò
un bel compendio è quello fatto dal P. Mauro Schenkl, di  cui  vennero fatte diverse edizioni in Germania, e che forse a
e modificando i noti regolamenti di san Carlo Borromeo, di  cui  vidi ottimi effetti nella mia parrocchia sopra più di mille
de' punti principali, su' quali debbano insistere, e in  cui  la riforma è più necessaria. Dopo i quali, servirebbe assai
i meriti, le buone opere, divien poi anche quasi terreno su  cui  si possono fabbricare cose maggiori, diviene il germe di
Tutto ciò rileverà, Monsignore, dalle brevi Regole di  cui  le trasmetto un centinaio di copie, e ch' Ella, bramandolo,
lunghissima lettera. [...OMISSIS...] 1.44 Quella persona di  cui  ella mi scrive dee ben mettersi in guardia dagli inganni
homini ! » Aggiunga ancora a tutto ciò la persona di  cui  si tratta, una somma vigilanza sui propri interni
dannoso ogni orgoglio alla polvere ed al fango di  cui  siamo composti, e quanto renda l' uomo ributtante agli
i decreti di Dio, volesse stabilire i tempi e i momenti, in  cui  le nazioni sono mature alla messe! Vi ripeto adunque che,
propria scienza, colla propria eloquenza, col falso zelo da  cui  si sentono invasi, convertire il mondo. No, no, mio caro
dottrina sia quella che dicono gli eretici e gli empi, e su  cui  fondano le loro obbiezioni; e la confutazione di queste
non sia che una deploranda illusione, e però non quella a  cui  il vero virtuoso, il vero grande debba rivolgere i suoi
chi dunque fu soggetta veramente Maria, se non a Colui, di  cui  disse ella stessa: « Ecco l' ancella del Signore? »Onde se
un mero vicario o rappresentante dello Sposo celeste, a  cui  aveva ben di cuore la sua sposa ceduta e tutta sacrata.
gran Vergine) che, allorquando fu compiuto il tempo in  cui  dovette nascere il Redentore, ella dovette essere sorpresa
mortali, non divide con nessuno le materne sollecitudini a  cui  ella sola, come sola genitrice in terra, ha tutto il
s' intima la legge della purificazione (Levit. XII), le  cui  espressioni tutte sono tali, che dichiarano quella legge
onore della pura Sposa del Re della celeste Gerusalemme, a  cui  le applica la Chiesa, di quella per la quale passò il Verbo
non potrebbe essere universale se non avesse unità, di  cui  Roma è centro. Se si trattasse di sapere quali sono le più
e non assottigliarci per misurare i passi nostri, con  cui  l' andiamo cercando. Esclusi i mistici, a lei sono già noti
altro non mi muove che quella carità del Signor nostro in  cui  ritrovo contenuto ogni bene. Credo però d' avere ora
unione, e meco conviene nel riconoscere che l' atto, con  cui  un cristiano offerisce sè stesso, la propria vita, il
praticarla o, per dir meglio, i sentimenti e gli affetti da  cui  essa deve essere accompagnata quando si recita; acciocchè
di fervorosi sentimenti, pei quali ho lodato il Signore da  cui  provengono. Avendomeli Essa mandati per ubbidire al suo
colle quali Ella sembra di credere che in certi stati, in  cui  Le avviene di trovarsi, le potenze del suo spirito sieno
avvertenza delle loro operazioni, ed essendo l' oggetto, in  cui  sono occupate, generale, onde non ammette discorso e
la penso, se si trattasse di dovere uscire dal luogo, in  cui  ora felicemente si trova: perocchè, già per questo solo, la
mi fu tutto rubato da minuti affari e convenienze a  cui  la carità non permetteva che mi sottraessi. Sono però
purifica le anime a lui care, come in altri momenti in  cui  le ricolma di prosperità e le incoraggia colle consolazioni
la bontà del cuore e le beneficenze del Conte Masino, a  cui  non mancarono, come mi fu scritto da Torino, nè pure nell'
di quel combattimento fra la natura e la grazia, in  cui  egli li vede valenti e trionfanti: ed anzi li fa tali egli
fa tali egli stesso. Chi non ha più in terra le persone in  cui  riponeva i suoi legittimi affetti, questi ha più diritto di
circa la maniera di condurre un sì importante Istituto, in  cui  si formano ai più sacri ministeri i giovani leviti. E` già
cagioni fu il meschino disegno, le anguste proporzioni a  cui  si ridusse l' istituzione ne' Seminari. Vorrei poter
d' una vocazione ingombra e macchiata di fini umani, a  cui  l' acquisto d' un benefizio, d' un posto lucroso, d' uno
e della santità sono altrettanti doni del Signore, di  cui  la sua lettera contiene una non dubbia espressione. Voglia
possano prima di morire arrivare a quest' unità, verso  cui  sono mosse dal divino Spirito, senza però che il loro
spirito del Signore avrebbe condotto nell' errore colui, di  cui  Ella parla nella sua lettera, ed altri, in cui Ella stessa
colui, di cui Ella parla nella sua lettera, ed altri, in  cui  Ella stessa riconosce l' operazione e la volontà di Dio? E
a questo: ma noi preghiamo specialmente per colui, di  cui  il Signore si servì e si serve per purificare la chiesa
l' afflizione del mio carissimo amico Gustavo, di  cui  troppo conosco il tenero cuore. Ed ecco la sua lettera, che
e virtuosi colloqui, non più appare qual centro, intorno a  cui  consorte, figliuoli ed amici si trovavano così volentieri
religioso suo cuore, il mio carissimo marchese Gustavo, di  cui  ho prova nella stessa sua lettera: e quanta soavità di
i sentimenti che io veggo in Lei, mio caro Marchese, e di  cui  io pure traggo come in questa, così in ogni altra sciagura
il pensiero di avere questo conforto con Lei indiviso, al  cui  dolore partecipo. Ma dobbiamo ancora non poco rallegrarci
lontana dalla visione della faccia del suo Creatore, a  cui  non può essere ammesso chi sia della luce men puro: il
divisione rispondente a quella dell' Ordine gerarchico a  cui  deve servire. Venendo ora al discorso de' riti orientali,
di tutti i nostri doveri. Per questa via le due parti, in  cui  non voi solo, mio dolcissimo, ma tutti siamo pur troppo
raffreddare o disviare da quel santo proponimento in  cui  Ella ha posto la mira, e a cui non conduce, nè invita le
quel santo proponimento in cui Ella ha posto la mira, e a  cui  non conduce, nè invita le anime giammai il nemico dell'
intrinseco, indipendente affatto dall' oggetto intorno a  cui  si esercita, o dall' essere prudente o non prudente il
nel prezzo morale dell' atto, non nella materia intorno a  cui  s' esercita; e la perfezione consiste nel cercare solo il
l' ubbidiente è preso sotto la protezione di Dio stesso, a  cui  intende ubbidire ed ubbidisce nel superiore, perocchè colui
deduxit Dominus per vias rectas ». Iddio dunque è quello in  cui  l' ubbidiente confida, e questa confidenza non può essere
il sommo bene degli ubbidienti, la somma loro santità a  cui  risponde una somma gloria. Per questo lo Spirito Santo dice
all' unico nostro fine, a quello che è vero fine, e da  cui  tutti gli altri ricevere possono qualche valore. Dunque «
[...OMISSIS...] 1.4. Nelle più gravi sventure, da  cui  noi siamo colpiti, vi è la mano dell' amore infinito. «
e la sua dolcissima serenità in sul letto di morte, di  cui  voi mi parlate, come è pegno e preludio della prossima
questo caro nostro fratello, che fu uno dei primi, di  cui  gustassi lo spirito: l' ho venerato profondamente, e molte
questi gli altissimi sentimenti della sublime vocazione a  cui  Iddio ci ha fatto la grazia di chiamarci? Pensa forse il
cara al cuore del pastore partecipe di quella carità, di  cui  ardea colui che è il buon Pastore, e che cercò noi stessi
scuola miglior discepolo. Ma rigettare ora un fardello, di  cui  vi aggrandite colla imaginazione il peso senz' averne
del vostro stato, nè all' imitazione di quell' esempio, a  cui  tutti i cristiani debbono conformarsi. Ed io menzionavo le
ella bensì appagò il mio desiderio di sapere la malattia di  cui  è aggravato e che forse a quest' ora ci ha tolto il caro
in voi, e non mancherete, se vivrete di quella fede di  cui  vive il giusto, e che tanto ingrandisce i nostri cuori,
menti, e pur troppo ancora secondo le varie passioni da  cui  si lasciano agitare gli uomini e le cieche fazioni che ne
d' accordo d' indurre i cristiani cattolici, a  cui  sono mandati a predicare, a provvedersi d' un simil libro,
volontà del vostro Superiore, e in essa quella di Dio, da  cui  imploro sopra di voi ogni celeste benedizione.
che non mi appartiene ancora il titolo di Eminenza di  cui  mi onora, giacchè l' esule Pontefice ha sospeso per intanto
che addussero i giornali, ma per le dolorose circostanze in  cui  si trova al presente la Chiesa Romana. Venendo ora all'
pienamente alla gloria di Dio. Così fecero gli Apostoli, ai  cui  piedi i fedeli della primitiva Chiesa ponevano il prezzo
Nè prova in contrario l' esempio o la parola di Cristo, a  cui  Ella si appella. Non l' esempio, perchè Cristo, sebbene re
solo che ancor resta: giacchè come la santità è quella da  cui  vengono alla Chiesa i beni temporali ch' ella riceve, come
a prendere al zelantissimo vostro P. Provinciale, a  cui  vi raccomando di aprir tutto voi stesso, e di ricorrere
alla grazia. Il tenore dell' ossequiatissimo foglio, di  cui  Vostra Beatitudine mi onorò in data 10 corrente, mi fa
mio attaccamento alle dottrine della Santa Romana Chiesa di  cui  sono figlio. Beatissimo Padre, io bramo modificare tutto
aspetto dalla sapienza dell' Eminentissimo Cardinale Mai, a  cui  ora intendo che Ella ha rimesso da esaminare nuovamente i
essa insegnatemi, che mi glorio di ritrattare gli errori in  cui  potessi essere incorso contro alle infallibili sue
di Sua Santità la Sacra Congregazione dell' Indice, di  cui  è Prefetto l' Eminentissimo signor Cardinale Brignole,
e da uno stato di cose così imbrogliate e difficili, in  cui  al presente si trova lo Stato Romano, dal quale non si vede
ma alla privata persona del Rev.mo Padre Buttaoni, a  cui  ho somma devozione e stima, aggiungerò che, per pura grazia
Padre, se La ho trattenuta con questa inutile lettera, a  cui  non s' incomodi a rispondere. La ho scritta pel dovere di
e renderlo migliore: fategli fare il cinto ed il tabarro di  cui  abbisogna, come vedrete dalla annessa lettera. La carità
carità pazientissima usata da lui col caro Don Roberto, la  cui  anima godrà ora la vista di Dio, merita che noi pure siamo
clima come le rondini, sono quel tesoro inapprezzabile di  cui  parlano le divine Lettere. Voi, mio soavissimo Paolo, siete
a consolarli: ma l' ingombro delle cose che ho a Roma, e di  cui  non so ancora come disporre, mi rallenta l' esecuzione di
affanno che del peccato. Fu retta l' intenzione con  cui  furono scritte, la coscienza mi rende questo testimonio.
queste belle parole: Padre mio, si ricordi della porpora di  cui  coprirono le spalle di nostro Signor GESU` Cristo : egli
sottrarre agli occhi del pubblico quelle dottrine di  cui  si potesse temere abuso, è verisimile che per quest' ultima
Papa, mi ammonì di ricordarmi di quel cencio di porpora di  cui  furono coperte le spalle di Gesù Cristo. Coraggio adunque!
sue opere », il che io intesi di qualche esame privato, di  cui  mi sarebbe comunicato il risultato. In quella vece non si
mia causa stessa l' abbandono intieramente al Signore, da  cui  viene ogni cosa e per la causa del quale ho scritto quello
la Chiesa. Io credo che se voi conosceste le circostanze in  cui  si trovava a Gaeta ed ora in Napoli il Santo Padre, vi
l' opera che avete alle mani è opera grande, opera di Dio,  cui  prego di cuore di volervi rendere un nuovo Calasanzio.
operette non ha potuto togliermela; nè il modo segreto con  cui  fu condotta, nè i maneggi d' ogni specie che vi si
di là venni a sapere ciò che si lavorava in Napoli, di  cui  fu effetto la congregazione straordinaria che proibì le mie
semplice atto doveroso per ogni figliuolo della Chiesa, di  cui  io sono l' ultimo; nè per grazia di Dio un tale avvenimento
come pure ho consegnata l' acchiusa per l' Em.mo Tosti, a  cui  fu aggraditissima. Non è facile a dire quanto La ami e La
ed esige la maggiore cooperazione da parte dei vocati, il  cui  numero potrà essere accresciuto soltanto per virtù d'
conchiudere di non eleggere alle Missioni straniere, in  cui  si tratti di diffondere il Vangelo agli infedeli, se non
o cognizioni che richiedesse la missione particolare a  cui  si destinano. Io vorrei che, se Iddio ci dà la grazia di
dottrina che dobbiamo annunziare. Quanto alla lingua, di  cui  fa d' uopo vestirla, chi n' ha più bisogno e chi meno, e
è liberale, egli è anche geloso, e pretende che quelli, a  cui  egli è andato incontro il primo, offerendo loro i più alti
noia e fastidio di trattare con esso lui nell' orazione, la  cui  conversazione non ha amarezza nè fastidio, ma ogni letizia
l' infinita grandezza e dolcezza e bontà di quel Dio a  cui  si sta presente, e a cui parla. Onde se costui vuole
e dolcezza e bontà di quel Dio a cui si sta presente, e a  cui  parla. Onde se costui vuole veramente il bene e il vero, nè
tempo d' essere fatica, e diventa soavissimo esercizio, a  cui  l' anima infervorata trae e anela, siccome l' affamato al
dunque, carissimo figlio, dalla bassezza della tiepidità in  cui  pare siate caduto, e staccandovi da voi stesso e da ogni
con un valido clamore, siccome nostro vivo modello, in  cui  ci sforziamo continuamente di trasformarci, facendo in lui
ci pasciamo di vento, non possiamo avere quella carità a  cui  ci obbligammo, a cui, in cui, e per cui debbono essere
quella carità a cui ci obbligammo, a cui, in cui, e per  cui  debbono essere tutte le nostre operazioni. Voi direte che
propriamente a insegnare se non per questo gran fine, in  cui  la carità di Gesù Cristo consiste. Onde il fermarsi coll'
altra scienza profana, senza pervenire fino al Vangelo, in  cui  sta la salute, è somigliante a chi si trattenesse in sul
stesso. Questo scopo (che finalmente è la patria celeste, a  cui  noi siamo avviati, e a cui dobbiamo trarre con ogni
è la patria celeste, a cui noi siamo avviati, e a  cui  dobbiamo trarre con ogni industria insieme con noi quanti
e che castiga, secondo il divino beneplacito, le colpe di  cui  pur troppo siam gravi. [...OMISSIS...] 1.50 Ho inteso dalla
insegnerò dunque ad uscire dai pericoli e dalle angustie in  cui  vi trovate, purchè mi diate ascolto e adoperiate i seguenti
che vi pare d' incontrare, e le debolezze, le cadute di  cui  vi rimorde la coscienza: e ricevete da lui con grande
a Gesù Cristo ed alla vostra amabilissima madre Maria, di  cui  spero che sarete figlio amoroso e devoto, e sempre più
nella via dello spirito, verso a quella perfezione, a  cui  voi dovete con animo generoso, ma umile insieme,
de' mezzi opportuni per uscire dallo stato di tentazione in  cui  vi trovate? E` vero che io non v' ho detto di essere
cagione, perchè non dovete già credere che le tentazioni, a  cui  si resiste, sieno peccati: fatevi coraggio, e da una parte
Ma cacciate i pensieri contro la santa vocazione, in  cui  Iddio vi ha chiamato, e dove potete assicurare la vostra
infinita, e un bene che condisce ogni amarezza, e in  cui  si perde dolcemente il cuore che non può abbastanza
nemici che ci vogliono offuscare quel cielo sereno, sotto  cui  dobbiamo e possiamo vivere, in cui astro fulgidissimo è il
quel cielo sereno, sotto cui dobbiamo e possiamo vivere, in  cui  astro fulgidissimo è il sole della giustizia, che «
tenera e perseverante orazione, ci arrecherà quella luce di  cui  abbisognamo per intendere praticamente tutto quello che ho
divine carte, e ci confermerà in quei santi propositi, a  cui  l' uomo non può venire meno se non si abbandona alle
Lei, e di conoscere di persona l' egregio Gino Capponi di  cui  ho tanta venerazione; e ben mi desidero, ma non ispero così
de' modi, ma ferma ed irremovibile, è quell' arma a  cui  deve di continuo por mano, ed è un' arma così potente che
teneramente, e abbraccio con voi tutti cotesti carissimi, a  cui  prego dal Signore grazie e virtù da conoscere ed amare
qualche spiegazione declaratoria di quelle proposizioni, di  cui  hanno abusato gli avversari per sollevarmi contro la
senza far più menzione delle spiegazioni declaratorie, di  cui  già aveva espresso desiderio il Santo Padre, invece Ella mi
vuol dir questo? Se voi conosceste abbastanza quel bene, a  cui  aspira, ed a cui è consecrato tutto il vostro cuore, non
Se voi conosceste abbastanza quel bene, a cui aspira, ed a  cui  è consecrato tutto il vostro cuore, non sareste più qui, in
alle tre importanti questioni che mi proponete, e di  cui  mi domandate la soluzione. Poichè quantunque sappia che in
e possedute solo dall' uomo perfetto, è quella appunto a  cui  si deve applicare chi allo studio della perfezione si è
sarebbe impossibile, ma ne restano sempre molti liberi in  cui  l' intelligenza può e deve avervi un luogo grandissimo.
con Dio si congiunge, è una potenza diversa dalle altre con  cui  si opera esternamente; e però quando l' uomo è venuto ad un
quest' applauso viene da sè, attribuirlo a Gesù Cristo, a  cui  solo appartiene, e per conto proprio averne paura come di
o dal giudicare gli altrui difetti, come quelli di  cui  non appartiene ad essa il giudicare, ma al solo Iddio; il
colla mente l' eccellenza della carità del prossimo, a  cui  la divina bontà ci ha chiamati: nella quale carità consiste
sua Provvidenza, e l' indifferenza perfetta a tutto ciò, a  cui  può esser chiamato un uomo dalla medesima Provvidenza,
o adoperandola soverchiamente, o ad altro uso da quello per  cui  è fatta, si logorasse in breve tempo, disordinasse od
sua propria naturale organizzazione, è un' altra base su  cui  edificasi l' armonia desiderata fra esso corpo ed i
fra esso corpo ed i reverendissimi Prelati della Diocesi a  cui  serve. Quando si convenga in questi principii e si
ora dall' attacco alla famiglia, alla patria o al luogo in  cui  tali sacerdoti si trovano; ora dall' ambizione e da certi
caso. E` dunque molto più ampia e più libera la sfera, in  cui  può spiegarsi l' autorità e la volontà del Vescovo,
ci accostiamo a lui coll' intermezzo di Maria santissima, a  cui  Ella è figlio divoto: che dubitar dunque con tale
gustare, in leggendola, di quella dolcezza e giocondità di  cui  parla il Profeta Reale in quelle parole del Salmo:
vi arrecano quei documenti di consolazione celeste di  cui  fanno uso ancor prima con sè stessi per attenuare il
i religiosi, quantunque in varii Ordini distribuiti, di  cui  è ricca la Chiesa, e tutti i servi di Dio; e non solo in un
da quell' Eterno nostro Signore e Creatore, senza il  cui  volere niente si fa, nè in cielo, nè in terra, e ogni cosa
dubitasti? » Anzi imbracciato lo scudo della fede, contro  cui  tutte le saette si spuntano, consoliamoci in quelle parole:
a questo effetto concorrono tutte le diverse membra, di  cui  il Corpo si compone, e i loro diversi uffizi. Onde avviene
quelli che l' amano, trovata. E ciò non ostante, coloro a  cui  Iddio ha dato la missione di lavorare immediatamente alla
miei carissimi fratelli vi riscaldiate nell' impegno in  cui  siete di dover riscaldare gli altri, ma che v' incendiate
che ci vengono dalle cose terrene e corruttibili di  cui  siamo composti e in mezzo alle quali viviamo, e come noi
un umore ugualmente lieto ed affabile con quelli con  cui  trattate, e del resto non pensate più avanti: Iddio ci
parte ne sia dovuta all' imperfezione de' documenti, da  cui  noi siamo obbligati d' attingere la sua dottrina, o quella
impossibile a dirsi, ed inutile alla filosofia. A questa, i  cui  studŒ ed amori sono tutti collocati nella verità, importa
Poichè l' esposizione dei fatti della natura, di  cui  non si può assegnare alcuna ragione, sarà una storia
cercare il loro perchè. Così qui vi dice, che la materia di  cui  constano certi enti si move da sè, la materia di cui
di cui constano certi enti si move da sè, la materia di  cui  constano altri non si move da sè, ma deve essere mossa
dall' arte. Ma perchè questa differenza tra le materie di  cui  constano diversi enti della natura? Questo perchè manca
e senza questa gli rimane l' ipotesi; ma l' ipotesi, con  cui  egli travalica l' esperienza, è assurda, perchè è la
riceve la sua spiegazione: e tutto ciò che è, ed il modo in  cui  è, e ciò che avviene, ricupera l' ultima sua ragione, da
è, e ciò che avviene, ricupera l' ultima sua ragione, da  cui  dipende, come un frutto da una pianta, la sua possibilità.
quale, ne' corpi, deve esser una; e le materie seconde , a  cui  Aristotele, come vedemmo, lascia certe forme, dalle quali
spettasse: 1 trovare la dottrina della prima causa da  cui  procede la natura e l' uomo con tutte le sue leggi e forze;
cominciato con una materia, ma non che questa materia con  cui  hanno cominciato non sia stata creata con un' azione, che è
che è tutt' altro che una trasmutazione, con un' azione la  cui  natura non ha niente di simile alle azioni della natura,
e la quantità, la qualità, la disposizione delle cose di  cui  consta il mondo, senza ragione sufficiente, e però la sua
e dice esser cosa da ricercarsi, se questo principio la  cui  produzione non ha causa, si riduca ad uno dei tre generi di
mente fu obbligata ad uscire dell' ambito della natura, a  cui  pur era così tenacemente appiccicata. Ma non potè
E qui riconosce ancora che, qualunque sia il movimento di  cui  la materia sia suscettiva, ella non può mai dare da sè a sè
parola che potea dire la filosofia, ma insieme quella in  cui  la filosofia stessa veniva meno. Poichè in quella parola
egli senz' accorgersi la faccia poi universale), di  cui  l' uomo partecipa per brevi istanti, non potendo durare
de' diversi luoghi paralleli dell' opere d' Aristotele, di  cui  molti abbiamo già riferiti. Il seguente ne fa la conferma.
toccata, di fare che Iddio non conosca le cose mondiali; a  cui  pure vien meno il sistema. Ve n' ha una terza a cui il
a cui pure vien meno il sistema. Ve n' ha una terza a  cui  il sistema in qualche modo risponde, ed è questa: « se l'
c' è, dunque anche questa ». Un secondo argomento poi con  cui  Aristotele dimostra la sussistenza di Dio, è quello da noi
cose (1), e considerati i reali unicamente come subietti, a  cui  s' attribuiscono que' predicati. Egli non s' accorse
c' è sempre nascosta una doppia predicazione, l' una, in  cui  tanto il subietto quanto il predicato sono entità mentali o
il predicato sono entità mentali o ideali, l' altra in  cui  il subietto è reale e il predicato ideale. Così in questa
non è nè aceto nè vino, e però è un ente mentale, a  cui  si può attribuire poi indifferentemente la qualità di vino
tendente al sommo bene, cioè all' ultimo perfetto atto, in  cui  nulla più resti di potenziale, supponendo che tutti quelli
il sommo bene, non arrivano che a certi atti ossia forme, a  cui  sono in potenza e non ad altre. Ciascuna materia dunque non
, ossia mancanza di quella forma ultima o perfezione a  cui  tende (1). Tende dunque a cacciare da sè questa privazione,
o volibile, appartiene al sistema di Platone da  cui  è tolta, ma in quello d' Aristotele è un fuor d' opera.
, ma questa qualità di esser primo, è relativa alla serie a  cui  il primo si riferisce, quindi Aristotele distingue « « l'
sente come alla dimostrazione manchi il fondamento su  cui  si vuole edificare. Ma non è questo solo che vogliamo
Ora a ciascuno di questi si può applicare l' argomento con  cui  egli provò che il primo Motore dee essere « « un'
prime »non avendo moto non hanno appetito alcuno con  cui  tendano verso la suprema tra queste prime sostanze. Egli è
che hanno per solo oggetto se stesse. L' ordine, dunque, in  cui  le dispone Aristotele, sembra appiccicato, non procedente
un certo chè » », [...OMISSIS...] . Ma quest' uno finale a  cui  sono ordinate le cose è rassomigliato all' ordine e al bene
koinon, eis to holon», onde non c' è più un ente supremo a  cui  tutto sia ordinato, ma a questo è sostituito nella famiglia
ma si parla di tanti beni , quanti sono gli atti compiuti a  cui  possono arrivare le diverse cose, ciascuna secondo la sua
la quarta categoria che è appunto la relazione , di  cui  le altre sei, cioè il dove , il quando , il sito , l' avere
natura di ciascun ente risultante dalle forme diverse di  cui  è suscettivo. Questa classificazione distingue le specie in
riferisca a questa, come quella natura che ha più atto, a  cui  tutte l' altre devono riferirsi quasi potenze. Pure il
è costituito tra due atti, quello che ha, e quello a  cui  tende; il primo è la causa efficiente , il secondo la causa
enti materiati , degli enti potenza7atto . La specie a  cui  tende l' ente che si fa, può appartenere all' uno o all'
cioè sostanza, quale, quanto e relazione . Se la specie  cui  tende di conseguire è sostanziale , il movimento dell' ente
gradi d' attuazione, l' uno de' quali simile al sonno in  cui  la scienza è in noi come abito, e l' altro alla veglia, l'
L' atto ulteriore o specie della scienza , che è l' atto, a  cui  è già uscita la mente in potenza, e quest' atto s' unifica
4 L' atto ulteriore finalmente della contemplazione , con  cui  attualmente contempla le specie. Per ridurre questa
sentenza che Aristotele dia la denominazione di mente di  cui  si fa tutto , [...OMISSIS...] , all' imaginazione e a quel
appetisce il bene, l' ottimo, il divino, per la specie a  cui  tende di pervenire (5), che, separata dalla materia, è
conosciute da una mente sapientissima. Ma questo luogo in  cui  suppone Aristotele, che le notizie delle cose vili sieno
assoluta (3). Convien dunque ricorrere alle specie con  cui  conosciamo ogni cosa (4) per trovare una notizia vera e
dicendo che il sensibile ha la sua fermezza nell' anima in  cui  si attua la forma sensibile (2). Poichè l' anima stessa ha
nelle sue mani più cose, secondo la diversa relazione sotto  cui  la riguarda. Poichè pare che talora la consideri sotto la
ultimissima, l' essere o la mente in senso obbiettivo, di  cui  riconosce l' eterna sussistenza. La riprensione dunque che
E qui appunto ha luogo il doppio aspetto, sotto  cui  dicevamo che Aristotele considera l' idea o specie, cioè in
come Aristotele distingue gli oggetti delle scienze in  cui  divide la speculativa che sono fisica, matematica e
ad un tempo il concetto di concavo e la materia corporea di  cui  necessariamente il naso si compone, e però essendoci la
che ripugna ad Aristotele non è già che l' essere , a  cui  si riduce l' uno, sia una sostanza separata ed eterna, ma
l' oggetto d' alcuna scienza; e nelle predicazioni, in  cui  l' ente si predica per sè, sia de' generi, sia delle
essenze, disse che dovevano essere eterne sostanze, di  cui  le sostanze sensibili partecipassero, e così spiegò l'
seguirebbero due assurdi: il primo , che tutti gli enti di  cui  si predica un universale, sarebbero il medesimo ente, l'
cosa, perchè l' essere della cosa è il subietto stesso, di  cui  si predicano l' altre cose, ed Aristotele dice appunto, che
egli dunque è veramente il primo subietto (dialettico) di  cui  tutto il resto si predica. L' essere dunque non si predica,
ma colla predicazione egli diventa uno con ciò di  cui  si predica, e perciò l' essere della cosa di cui esso si
con ciò di cui si predica, e perciò l' essere della cosa di  cui  esso si predica è reale o ideale, sostanza o accidente,
la mozione d' altre cose che sono in quel medesimo atto, a  cui  esse passano. Laonde, se rispetto a quelle cose, che,
che « « l' atto di chi opera, si fa in quello in  cui  si opera » » (2). Primieramente la materia corporea,
dice nulla di reale, o significa un germe, un principio, da  cui  si sviluppi quello che inchiude. In tal caso converrebbe
potrebbe essere il vero subietto dell' anima vegetale, di  cui  la materia non sarebbe che un puro termine. Che cosa poi
qualche intelligibile, che sussista da se solo. Su  cui  ci par necessario d' aggiungere alcune altre
aristotelico, e in qualche parte anche quello di Platone, a  cui  Aristotele riferisce la distinzione tra la specie negli
è detto da Aristotele fattivo : quel pensiero poi la  cui  azione non esce dal subietto pensante o è speculativo se è
sviluppo l' anima si provvede di specie determinate, di  cui  si compongono le arti, e ogni specie è nuovo principio d'
le specie intelligibili in potenza . Quando l' animale di  cui  si tratta, abbia un' anima intellettiva, le specie
fabbrichi una teoria, considerandole come il bene a  cui  tende la natura inanimata. E come tutto il bene ha ragion
(e in questa tra la materia reale, e la forma reale di  cui  si compone, la qual forma reale, riguardo alla pietra,
una cotale imagine dell' idea. Questo è dunque il passo in  cui  Aristotele cade e contraddice alle verità da lui stesso
o intendere » » (5), perchè i sensibili sono quelli a  cui  l' intendimento applica l' essere ideale, e con questo
del resto, soggiunge: [...OMISSIS...] , parole su  cui  insiste lo scoliaste Filipono, come concludenti a provare
dunque si distinguano accuratamente due significati in  cui  sono presi i vocaboli specie e genere . Talora s' intende
lo trova impossibile. Da questi due aspetti diversi sotto  cui  Aristotele considera la cosa stessa, mi pare che derivi
indeterminato: ossia un primo intelligibile, l' essere da  cui  quel principio si prende. L' essere dunque è l' ultimo atto
nel terzo libro dell' Anima (capitoli quarto e quinto), di  cui  pure abbiamo fatta l' analisi. La storia del modo con cui
cui pure abbiamo fatta l' analisi. La storia del modo con  cui  l' anima intellettiva procede fino agli ultimi
distingue primieramente la sensazione dall' ente a  cui  la sensazione si riferisce: poichè dice: « « si sente il
Perciò distinguendosi nella stessa mente due elementi da  cui  risulta, si può benissimo senza contraddizione trovare in
davanti a tutto « « un principio della scienza con  cui  si conoscono gli stessi termini primi ed indimostrabili » »
da ciò che è primo nella serie e che ha la natura di  cui  si tratta più compiutamente, e quest' è causa degli altri,
all' atto dell' intendere, ella è come una tavoletta in  cui  non c' è nulla di scritto in atto, ma ella stessa è quella
non possano esistere da sè soli separati dalle sostanze di  cui  si predicano, o che hanno in sè, o in cui sono, e per la
dalle sostanze di cui si predicano, o che hanno in sè, o in  cui  sono, e per la stessa ragione assai meno l' uno , e quello
è immista e semplice, e così pure l' essere è una tavola in  cui  niente è ancora scritto, e così l' essere che non è ancora
è il luogo di tutte le forme, e così l' essere è quello in  cui  sono poi tutti gl' intelligibili in atto, [...OMISSIS...] .
genere, non ci sarà un uno superiore che misura e con  cui  si conoscono i generi stessi? Aristotele lo ammette e lo
(4). [...OMISSIS...] Ecco dunque il principio con  cui  si conosce, l' uno: ma l' uno non differisce dall' ente; l'
l' ente dunque è, secondo Aristotele, il principio con  cui  si conoscono tutte le cose. E infatti il conoscere, come
in potenza. L' essere dunque o l' uno è il principio con  cui  si conoscono tutte le cose quasi con una misura. E infatti
quasi con una misura. E infatti la mente d' Aristotele con  cui  si conosce, è detta da lui uno e principio; quest' uno è il
scienza. [...OMISSIS...] . La mente dunque è quell' uno con  cui  si ha la dimostrazione e la scienza; ma quest' uno, come
come c' è un solo e indivisibile sensitivo nell' anima con  cui  ella sente più cose (1), così c' è pure un unico e
(1), così c' è pure un unico e indivisibile scientifico con  cui  sa più cose, e questo è l' essere. Poichè Aristotele
che, a ragion d' esempio, di quella parte dell' anima con  cui  sente il dolce, e di quella con cui sente il bianco,
parte dell' anima con cui sente il dolce, e di quella con  cui  sente il bianco, risulti nell' anima un uno con cui senta
con cui sente il bianco, risulti nell' anima un uno con  cui  senta l' un e l' altro [...OMISSIS...] . C' è dunque
i varŒ intelligibili; e quest' uno è il mezzo unico con  cui  si sente, ovvero con cui si conosce, [...OMISSIS...] .
e quest' uno è il mezzo unico con cui si sente, ovvero con  cui  si conosce, [...OMISSIS...] . Quest' uno poi che è nell'
si distinguono nell' essere, quasi su tavola liscia, su  cui  si scrivono; 4 Che le determinazioni del primo
che è la materia corporea diffusa nell' estensione in  cui  termina: questo è dunque la prima causa della moltiplicità.
desume dal grado di atto e di specie, maggiore o minore, a  cui  ogni materia può pervenire nel suo movimento ascendente.
Ma riconosce nulladimeno che l' ultimo grado del bene a  cui  un ente possa pervenire, è la mente. Quando poi viene a
proprio e indivisibile di essi, ma un istrumento di  cui  essi fanno uso. A questo riesce indubitamente la teoria d'
« « niuna anima può essere in un altro, se non in quello di  cui  ella è, nè ci può essere niuna parte » » di questo « « se
a dubitarsi. Ma si può dubitare se quest' ultimo atto a  cui  tutti gli enti a ciò idonei tendono (che è il divino), sia
corpo e in tutti gli enti naturali, ma l' ultimo oggetto a  cui  tende quest' appetito, e che solo da alcuni enti viene
anima più nobile di tutte, che è l' anima intellettiva, a  cui  le stesse virtù morali e tutte l' altre cose, come mezzi al
che disse prima che una tal vita non è umana, ma divina, a  cui  sembrava alludere colle parole dette poco innanzi; che la
per la quale non si rendono conto della ragione da  cui  sono mossi. Interpretando dunque a questo modo il brano che
gli fa il vero, a Platone. [...OMISSIS...] . Ciò dunque a  cui  l' anima deve tendere è di sottrarsi alla sensazione, e
in un terzo sistema , ed è forse il più frequente, ma di  cui  non si rende conto, di considerare cioè Iddio come una
Iddio come una natura comune e dispersa nella natura, di  cui  una cosa più o meno partecipi, il che conduce ad una specie
Platone, ma senza trovare più una sostanza o mente reale in  cui  risieda, perchè specie comune alla prima e all' altre menti
accettato, senza sufficiente esame, taluni elementi con  cui  compone il suo sistema da due fonti irrazionali, cioè dal
costituisce poi le menti degli uomini e la specie pura a  cui  tende tutta la natura? Questo miscuglio di materialismo e
rimane in Aristotele come rottami di fabbriche diverse di  cui  si serve per costruire una fabbrica nova, rimane come un
gli esseri intellettivi hanno per oggetto loro o specie, in  cui  contemplano il Bene eterno, Iddio immobile, l' essere per
e il vivere loro dalla prima ed eterna divina mente, verso  cui  tutte aspirano; non a dir vero come da un Dio creatore, ma
poi la prima è la finale: onde la nobilissima scienza, a  cui  l' altre tutte devon servire, è quella del fine e del bene
finali; poichè la causa finale è un termine, in grazia di  cui  sono tutte le altre cose: questo termine non si troverebbe
dunque che ci sia un primo sempiterno e incorruttibile da  cui  parta e a cui tenda incessantemente (6). Poichè la natura
sia un primo sempiterno e incorruttibile da cui parta e a  cui  tenda incessantemente (6). Poichè la natura opera come l'
e il fine ultimo essendo l' ultima specie, Iddio, da Dio, a  cui  tendono (.), deriva tutta l' azione, la vita, la forma
de' cieli non per l' appetito di tutto il corpo celeste a  cui  nulla, come ad essere divino, potea mancare, ma per l'
come primordiali, seppe cansare il manicheismo (1), in  cui  urtarono alcuni neo7platonici, ingegni tanto inferiori allo
prova la necessità che ci sia un tale principio, di  cui  l' essenza stessa sia atto, [...OMISSIS...] (3). E atto
si considera in relazione cogli elementi materiali di  cui  la cosa si compone: questi elementi, come i materiali della
fino all' ultima specie, se non andare da una specie a  cui  resta qualche materia e potenzialità, e non è ultimata,
la mente d' Aristotele. Per la stessa ragione poi per  cui  Aristotele disse che la prima filosofia trattava dell' ente
della mente e de' primi intelligibili, e de' principŒ di  cui  la mente è il primo; disse anche che trattava delle cause,
valendosi di quel lume che la forma, cioè dell' essere, a  cui  si riducono appunto i due primi intelligibili l' ente e l'
conosce queste oltre di quelli. A questa difficoltà, di  cui  abbiamo già toccato prima leggermente, dobbiamo far qui più
è mente perfettamente teoretica ossia contemplativa, di  cui  l' uomo non gode che momentaneamente. Poichè la perfezione
ed hanno una base eterna nell' essere puro ideale, in  cui  eminentemente si contengono, e che rimane immutabile
sussiste separato e da sè, costituisce l' appetibile a  cui  tutte le cose tendono: egli è manifesto che questo divino,
altro, che il concetto di fine , di estremo, di termine a  cui  tendono tutte le entità finite più o meno, senza
siccome Aristotele dichiarò che Iddio come fine ultimo, a  cui  ogni natura finita tende, contiene tutto lo spazio che
niuna di esse (1); 3 Finalmente come la prima sostanza, a  cui  convenga la denominazione di «cinai ti» senza uscire da se
purissima attualità (2). E veramente per Aristotele ciò a  cui  conviene, prima che ad ogni altra cosa, la parola di essere
la prima sostanza separata, e così costituisce il punto a  cui  l' universo è sospeso, ed esso è ancora sparso nell'
formale, o specie; epperò tutte le specie e le categorie, a  cui  come in classi si riducono, formano un solo genere supremo,
riferendo le essenze specifiche alla prima essenza, a  cui  tutta la materia tende per l' innato appetito e ne prende
di materia, è la causa per la quale la essenza o forma , a  cui  ciascuna materia perviene, o sia limitata, più o meno
attualissimo, il quale ora comparisce come ideale, da  cui  la mente umana trae i suoi principŒ logici, e mediante
e mediante questi tutte le sue idee; ora come reale, da  cui  l' artista ne trae le sue specie, la natura le sue forme.
del suo essere (reale), è lo stesso che cercare ciò in  cui  è contenuta la sua materia: onde in questa ricerca ciò di
è contenuta la sua materia: onde in questa ricerca ciò di  cui  si cerca la causa deve avere meno estensione di concetto
; il secondo è quello delle specie di vegetabili , il  cui  complesso, e il cui nesso è la vita o anima vegetativa; il
quello delle specie di vegetabili , il cui complesso, e il  cui  nesso è la vita o anima vegetativa; il terzo è quello delle
vegetativa; il terzo è quello delle specie sensibili , il  cui  complesso e il cui nesso è la vita o anima sensitiva che
è quello delle specie sensibili , il cui complesso e il  cui  nesso è la vita o anima sensitiva che costituisce l'
il quarto grado è quello delle specie intellettive , il  cui  complesso e il cui nesso è l' anima intellettiva. Ogni ente
è quello delle specie intellettive , il cui complesso e il  cui  nesso è l' anima intellettiva. Ogni ente mondiale è
entelechía prima, perchè l' essenza è il fine (2) a  cui  tende la materia che acquista un' esistenza determinata,
che ha unito il concetto di quell' essenza che è il fine a  cui  tende ciò che è in potenza (3), [...OMISSIS...] (4). La
della mente fu anche cagione a Platone delle sue idee, di  cui  Aristotele ritenne il principio modificandolo. Ma ora
genere degl' intelligibili; che sono i due sommi generi in  cui  ripartì tutte le cose. Ora in questa virtù dell' anima, di
ripartì tutte le cose. Ora in questa virtù dell' anima, di  cui  è propria la ragione, distinse quella facoltà, che può
l' una è quella che riguarda una collezione d' individui di  cui  dice «he gar epagoge dia panton» (1) e questa non dà nulla
fine dell' Universo [...OMISSIS...] , cioè l' ultimo atto a  cui  tende tutto l' Universo, e questo gode dell' ottima vita
le forme specifiche (2), tutto ciò che è qualche cosa, e di  cui  si parla, è forma; e però la natura dell' essere è detta
rimase dalle antiche memorie perite negli sconvolgimenti in  cui  più volte le arti e la filosofia sono perite e rinate (1).
attive); e fuori de' sensibili non pone che l' atto puro a  cui  tende come a fine la materia prima e ab aeterno s' informa
siamo dunque ricondotti di novo alle specie platoniche, di  cui  i sensibili non sono che imagini: e la specie nella mente
conoscere; e si divaria soltanto pe' diversi subietti, a  cui  è unita, come meglio diremo in appresso. 3 Finaente in atto
principio del comune qualunque sia. In fatti, tutto ciò in  cui  si può osservare una natura comune e una natura propria,
pervenire a quell' atto che costituisce l' anima umana, di  cui  la parte più elevata è la mente. Ho detto che l'
per esservi poi attuate dalla specie sostanziale in  cui  sono. Quindi ancora la specie sostanziale è il massimo
dunque una specie sostanziale perviene ad un atto puro in  cui  si libera dalla materia, allora diventa intelligibile e
perciò nulla possiamo conoscere senza questo principio, da  cui  il vero ed il falso (2). Di questi primi termini dunque,
pura intuizione. Ma questa è una specie sostanziale , in  cui  le specie accidentali inesistono. Queste non sono
e indipendente da tutta la natura, come causa finale , a  cui  tende incessantemente la stessa natura. « « Sembra, dice,
prenderanno per mente, o sia per divinissimo, le specie di  cui  ogni ente anche inanimato è fornito? In tal caso questo
umana? In tal caso abbiamo una mente che intende, ma il  cui  oggetto essenziale non è identico con essa. Dunque ella
umana, che è l' ultimo atto, l' ultima specie sostanziale a  cui  può giungere la natura: 1 Nascendo per un passaggio di ciò
, ossia in potenza ad esser fatta, [...OMISSIS...] , di  cui  parla Aristotele nel III, 5 dell' « Anima », e finalmente
si deve confondere colle due prime, benchè la brevità, con  cui  ne parla Aristotele, non nominandola che una sola volta,
chiarezza. In fatti supponendo che l' anima umana in  cui  è la mente sia giunta all' intuizione dell' essere (Mente
sono sottratte all' anima insieme all' organo corporale di  cui  abbisognano (1). All' incontro non perisce nè la mente
capace di ricevere tali specie. Questa è quella mente, con  cui  l' anima pensa e percepisce, [...OMISSIS...] : onde
unite colla materia, onde il pensiero intermittente, di  cui  parla Aristotele, è quello che si riferisce alle cose
e però rispetto a sè è mente teoretica o contemplativa, di  cui  si può dire che l' intelligente e l' inteso sia il
chiara la sua mente, alle quali dà certe risposte, di  cui  non fu bene intesa generalmente la forza. Avea detto, che
natura che arrivano ad attuarsi per via di generazione, il  cui  atto però non essendo ultimo, non hanno la natura di menti.
il motivo di luogo, sieno parti della stessa anima di  cui  è la mente. La mente essendo nella stessa anima, e in senso
a raccogliere tutte le specie naturali, che ha in sè e di  cui  è essa il contenente, cioè a dire ad attuarle in sè
le specie naturali in atto: la prima è la tavoletta su  cui  si scrive, la seconda è le cose scritte (2): anche la
e che perciò è «dynamei ta eide,» e l' ultimo stato in  cui  ha acquistate queste specie in atto, c' è la disciplina
media tra una entelechia e l' altra. L' atto poi con  cui  si fa questa disciplina è il pensiero, [...OMISSIS...] ,
essere data all' uomo da Dio stesso, come uno strumento con  cui  procacciarsi coll' induzione e col raziocinio tutte le
obiettivo e lo strumento, ovvero organo dato all' uomo con  cui  conoscere l' altre cose (1). Con questo dunque l' uomo dee
si predicano d' altre, e queste devono avere un subietto di  cui  si predicano, e che egli stesso non si predica. Il subietto
logon». Questa ragione comune è la contenente, l' essere in  cui  tutti si risolvono. Di che procede che dove si trova l'
tante sono le parti della filosofia (1). L' essenza di  cui  tratta la filosofia prima, è l' immobile e separata dalla
essere come essere è quell' essenza immobile e perfetta a  cui  appartiene il nome di Dio. Ma anche le specie ossia i
Laonde riferendo le opinioni intorno a quella scienza a  cui  s' appartiene il nome di sapienza, le assegna questi
causa formale delle specie. Ma in quest' universalissimo la  cui  scienza è chiamata da Aristotele «theia ton epistemon» e
modo di essere (7). Parmi che i luoghi frequenti in  cui  s' esprime in questo modo, e rifiuta le idee separate di
che inesistere nell' ente (composto [...OMISSIS...] ) di  cui  ella è essenza, esista anche in sè stessa: anzi questa è la
la specie esista eternamente in atto, ma solo nell' ente di  cui  è specie unita colla materia, e nella mente umana come
degli enti naturali, ma bensì il loro comune principio, di  cui  dice: « « C' è negli esistenti un certo principio, circa il
« « La scienza è da per tutto propriamente del primo , e da  cui  dipendono l' altre cose, e per cui si dicono » » (5).
del primo , e da cui dipendono l' altre cose, e per  cui  si dicono » » (5). Poichè dunque la prima scienza è dell'
alla quale le altre sieno posteriori, come la cosa di  cui  il principio è principio, al principio, e la scienza di
[...OMISSIS...] , cioè l' ente e l' uno universalissimi da  cui  viene la dimostrazione (6). Questi universalissimi dunque
, il quale è il primo tra le cose scibili e verissimo, da  cui  procede all' altre cose l' essere scibili e l' essere vere;
ad un tempo: atto purissimo, causa finale, verso a  cui  tutti gli enti mondiali sono portati per un loro proprio
natura (3): questo è l' Essere necessario, il principio da  cui  pende il cielo e la terra (4), Iddio. Questo è il principio
in quanto si conoscono, egli è il primo intelligibile, da  cui  i principŒ del ragionamento, e quindi stesso il principio
del mondo, che esiste per questo, che gli atti, a  cui  questa potenzialità trapassa naturalmente, sono variamente
» », dove si vede la perpetua esitazione aristotelica, di  cui  abbiamo fatto menzione. Riconosce però che quella essenza,
il primo movimento è massimamente quello del pensiero, da  cui  l' appetito: domanda perchè solamente quelli che si movono
ridurre le cose naturali alla prima causa, in grazia di  cui  esse operano. Reca quindi la questione: « Se i principŒ
che prive d' ogni ragione rimangono abbandonate al caso, a  cui  Teofrasto, fedele al suo maestro, ne lascia una gran parte.
altra che esse vengono da Dio come desiderato, come fine a  cui  si slancia la natura, il quale slancio è appunto la forma
slancia la natura, il quale slancio è appunto la forma di  cui  ciascun ente naturale si veste.
che prima di tutto dia uno sguardo generale ai materiali di  cui  può disporre, ed esaminandoli parte a parte li classifichi.
la sua materia distinta in classi, prepara il terreno su  cui  deve poi esercitarsi l' argomentazione circolare e
teoretica. Per Categorie intendiamo le classi ultime a  cui  si riducono tutte le varietà dell' essere in qualunque modo
di maggior estensione: perchè, quando il concetto su  cui  si fonda la classificazione è un concetto elementare «(
, n. 413) » e non primitivo, egli dipende dal concetto di  cui  è elemento, e onde fu astratto; e nel pensiero totale dell'
corrispondenza perfetta tra l' ordine ideale e il reale, a  cui  si riduce, come vedemmo, il problema ontologico. Ma non va
perchè è questo che cerca la mente in tutte le cose, e di  cui  ha bisogno per soddisfarsi. Ma l' unità si presentava sotto
più valori, ma primieramente due, secondo che il subietto a  cui  s' attribuisce la qualità astratta è ideale o reale .
poteva cogliere distintamente la differenza de' due modi in  cui  si concepivano; onde si distinsero all' ingrosso
altri, aveva in questo una potenza dialettica secreta, con  cui  disputando traeva gli altri, che tali cose confondevano
confondevano insieme, in inestricabili contraddizioni, di  cui  appunto il « Parmenide » è un saggio maraviglioso. Ma
l' esser le cose più o meno molteplici negli elementi di  cui  risultano, costituiva una differenza tra loro così fatta,
incognita. Il che è tanto vero, che anche al presente, in  cui  l' ingegno umano ha fatte tante analisi e l' ha trovata, è
ci fossero altre differenze; poichè nella pura materia a  cui  manchi ogni numero non ci possono essere infatti interne
sussistente. Noi ne dobbiamo parlare nell' Ontologia a  cui  rimettiamo il lettore. Qui ci basta osservare, che, quando
passioni e gli abiti di esso ente, cioè le modificazioni di  cui  era suscettivo, e le proprietà che aveva. Gli abiti poi del
nel tre quella di rappresentare l' ente completo, in  cui  essendoci principio, mezzo e fine, vi sono insieme
Il che pure riconosce Aristotele in tutti que' luoghi in  cui  accenna l' indefinita diade [...OMISSIS...] come la materia
alla dialettica, osserva che, qualunque sia la cosa su  cui  si specula, questa si presenta da prima alla mente come «
la diade, il pari, il numero indefinito; e l' uno ultimo, a  cui  perviene la mente, ha nel suo seno l' impari, il numero
come la causa materiale delle cose. Ciò dunque da  cui  il pensiero incomincia il suo lavoro, secondo Platone, è l'
dell' uno è un numero determinato, il due; e quella, da  cui  separandosi la forma dell' uno e ogni numero veniente dall'
come uno, ossia è l' uno che ha nel suo seno la diade, e da  cui  viene di conseguente la diade quando si astrae dall' uno,
la diade non considerata come uno, ma in uno stato in  cui  si sottrae all' intelligenza, di modo che non si può
fine un resto incapevole di distinzioni, onde la mente, il  cui  ufficio per Platone è quello di distinguere o d'
come vedemmo, all' indefinito. Poichè questo pitagorico, di  cui  Platone comperò a caro prezzo i libri, per testimonianza di
la materia ideale secondo Platone. Ora essendo quella in  cui  si trovano poi i numeri, cioè le specie distinte, ma in cui
cui si trovano poi i numeri, cioè le specie distinte, ma in  cui  non ci sono attualmente; convien dire ch' essa sia l' idea
2 l' uno. Questi sono i due che nomina Aristotele, da  cui  dice secondo Platone, non dissomigliantemente dai
(2), poteva ridurre in sommi generi gli enti composti, di  cui  risulta l' Universo, distinguendo in ciascuno di essi i due
nome; e così nacquero quelle categorie, o principii, di  cui  parla Aristotele (4). Questa classificazione aveva il
il vantaggio d' esser dedotta da un solo principio, di  cui  mancano le Aristoteliche: che è la censura, che giustamente
poichè: 1 c' era il concetto di ente indeterminato, a  cui  corrispondevano le sue determinazioni come determinante; e
che costituivano esse pure una pluralità indeterminata, a  cui  corrispondeva l' ente o l' essenza come determinante e
escono dall' oscurità primitiva dell' indefinito in  cui  giacciono. Non è che l' idea dell' essere, la materia
ciò che non è un ente da sè, ma è uno degl' ingredienti di  cui  qualche ente si costituisce (2). I primi Italici, come
come le confuse Aristotele stesso, che nelle Categorie,  cui  chiama anche « generi dell' ente », divide l' ente in
ente in sostanza e accidente , i quali son due elementi di  cui  si compongono o tutti o certo molti degli enti finiti.
come la seconda, e la quantità come la terza: ordine,  cui  Aristotele disse rovesciato, che pose la quantità (
e la quantità dalla materia, nel sistema Aristotelico, in  cui  si negano le idee separate dalla materia, esse doveano
dalla materia, esse doveano collocarsi dopo di questa, di  cui  sono, quasi direbbesi, un atto accidentale, di cui la
di cui sono, quasi direbbesi, un atto accidentale, di  cui  la stessa materia è il subietto. L' Uno dunque causa prima,
Uno dunque causa prima, è l' uno nel secondo significato, a  cui  si dà un subietto massimo. In questo subietto massimo c' è
primamente è indefinita e indeterminata, materia ideale (a  cui  risponde il nostro essere ideale ); e questa materia ideale
della materia reale, e così producono i varŒ enti reali, di  cui  l' universo si compone [...OMISSIS...] . Questa è una
Dalle quali cose si raccolgono i diversi significati in  cui  è preso l' uno da Platone, cioè: 1 l' uno puramente mentale
, l' uno indefinito (genere più o meno esteso), su  cui  s' esercita l' analisi dialettica; principio de' numeri o
l' uno dialettico . L' uno dialettico, cioè quello su  cui  Platone insegna ad esercitarsi l' analisi dialettica, è
e finisce pure nell' indefinito. L' indefinito, da  cui  comincia, è definibile, e quest' è quello che dà occasione
che dà occasione al lavoro dialettico; l' indefinito, in  cui  termina il lavoro dialettico, è l' indefinibile, puramente
simili al primo; per esempio, se era un genere quello su  cui  s' esercitava la dialettica, si deducevano le specie. E
sceglie, tra questi uni possibili ad analizzare, quello la  cui  analisi fa conoscere l' intima costituzione dell' essere o
nel « Parmenide » e nel « Sofista » di proposito, e su  cui  torna spesso negli altri dialoghi. Nella seconda parte del
da Platone come la materia universale delle idee di  cui  l' uno è la forma. Ora da quello che segue s' intende
il concetto di parte , perchè tutti gli elementi, di  cui  consta l' uno, sono come parti di lui. Di conseguente anche
corpi; onde rimane a cercare che cosa sia quest' altro, in  cui  dice Platone che dee essere l' uno ente considerato nel suo
Platone separate, benchè l' ente reale tocchi la specie di  cui  è informato e in cui è come in se stesso; e così pure Iddio
l' ente reale tocchi la specie di cui è informato e in  cui  è come in se stesso; e così pure Iddio non tocca la specie,
elemento ( «peras»), e però s' applica non solo a Dio da  cui  è emanato, ma anche alla materia ideale o reale (
dal passato viene e tocca il presente, in questo momento in  cui  è presente non diventa già più vecchio e più giovane di se
annunziata, che egli distinguesse due altri , quello in  cui  era contenuto l' uno come tutto, l' idea o forma di tutte
appartiene alle cose temporanee, e non alle sempiterne, di  cui  è proprio il sapere per intuizione o il sapere per sè.
Così si moltiplica l' essenza e ne viene il numero, da  cui  tutto il resto. Platone dunque, distinti nel « Sofista »
quattro. Poichè distingue tra ciò che è ciascuno, e ciò di  cui  partecipa: niuno può congiungersi col contrario a ciò che
(che è la prima delle due fondamentali ipotesi intorno a  cui  s' aggira la dialettica nel « Parmenide »): se poi si
s' era pervenuto al non ente, negato da Parmenide, di  cui  l' Ospite Eleate reca i versi. Quello adunque che aggiunse
tutto, sia reale sia ideale; e questo alla mente divina, in  cui  solo può consistere simultaneamente in quella grande unità
l' uno anteriore a tutti gli altri contenente tutto da  cui  tutti gli altri uni procedono, altro non si fa colla
indicato è quello dell' uno puro [...OMISSIS...] , a  cui  nulla s' aggiunga, nè anima, nè intelletto, nè altro (e
si vede, che la parola ente è presa nel significato, in  cui  si prende nel « Sofista », dove si considera l' ente come
generi la relazione , perchè è posteriore ai termini tra  cui  passa la relazione: e così pure il dove che importa
che sono specie e parti di quella; così v' è una mente di  cui  l' altre sono specie e parti. La scienza una ha in potenza
ordini di intelligenze. Questo stesso è il principio da  cui  si trassero le genealogie degli Eoni de' Gnostici, che
cosa di quell' Uno, che pure doveva essere puro uno di  cui  nulla si predicasse (2). Da quest' Uno vien prima la Mente
ha identità con lui. Il fondo del pensiero plotiniano, a  cui  si riduce pur quello de' neoplatonici, è questo: In ciò che
una base ipotetica, e però in aria. Le contraddizioni, in  cui  cade Plotino e tutto il neoplatonismo, ben dimostrano che
di cose con questo ragionamento: Iddio è quell' uno in  cui  non cadono differenze; Quando dunque nascono in lui per la
che ciò che esce tosto non perda l' identità col fonte da  cui  è uscito (1); procede che ci intervenga una specie di
è un altro: quest' altro è l' Anima; l' anima universale, i  cui  oggetti sono tutti i generi minori e le specie distinte
Anima, ha come due atti: col primo riceve ed è l' atto con  cui  essa è, e coll' altro dà; col primo è generata, coll' altro
reale operando non fa che contemplare le varie forme di  cui  si veste e in cui si pone. Come dunque dall' Anima esce la
non fa che contemplare le varie forme di cui si veste e in  cui  si pone. Come dunque dall' Anima esce la Natura reale? L'
cinque generi, e questi trovandosi in tutte le specie in  cui  si dividono; per partecipazione in tutte queste si
eccellente di queste generazioni è quella dell' uomo, in  cui  è l' Anima umana. Di qui il principio dell' Etica
quali comunica da una parte immediatamente col Bene, da  cui  esiste; dall' altra coll' Anima cui produce: la seconda, da
col Bene, da cui esiste; dall' altra coll' Anima  cui  produce: la seconda, da una parte comunica immediatamente
da una parte comunica immediatamente colla Mente da  cui  pure esiste; dall' altra col Male, cioè colla Materia, cui
cui pure esiste; dall' altra col Male, cioè colla Materia,  cui  produce. I sommi generi o categorie sono nella Mente e la
il suo Uno (Dio) privo irremediabilmente di intelligenza, a  cui  si può applicare quello, che egli trova assurdo per la
d' essere idea e diventi una persona. Se dunque ciò, su  cui  Plotino specula, sono le idee che hanno un' esistenza
di diversa natura dalle idee stesse, elemento variabile, a  cui  la idea si congiunge, cioè la realità; ma in tal caso,
sono ipotetici, nè dicono esplicitamente il principio su  cui  si fondano, ma, senza accorgersene essi medesimi, lo
esige prima di tutto che si dissolvano gli enti fattizi, di  cui  la ragione sufficiente sta appunto nella fattura e nella
gli equivoci a consilio in tre classi: I Quelli, la  cui  denominazione comune esprime varie loro relazioni di
varie loro relazioni di dipendenza con uno stesso oggetto a  cui  primieramente spetta il nome [...OMISSIS...] . Così si dirà
che entrambi hanno coll' atto del rodere; II Quelli, la  cui  relazione comune esprime varie relazioni di ordine ad un
all' effetto di restituire la sanità; III Quelli, la  cui  denominazione è comune a ragione della proporzione che
proporzione che hanno tra loro, e questi sono quelli a  cui  gli antichi riserbarono il nome di analogici (2), come si
delle cose spirituali, e massimamente delle divine, in  cui  non cade la quantità; ovvero che volendola a ciò usare si
più cose aventi la stessa proporzione ai subietti, di  cui  si dicono. I nomi proporzionali si possono pigliare come
possono cadere ed esser da noi conosciute tra le cose, di  cui  abbiamo cognizione e percezion positiva, e le cose, di cui
cui abbiamo cognizione e percezion positiva, e le cose, di  cui  non abbiamo che cognizione ideale negativa. Raccogliere
con accuratezza le due principali specie di analogia, di  cui  favelliamo; perocchè ci bisogna distinguere queste due
ma quel modo di essere che tali doti tengono nell' uomo, in  cui  solo si percepiscono. Di che avviene, che così fatti
a Dio analogicamente a cagione della limitazione in  cui  tali cose sono dall' uomo percepite. Si distingua adunque
cosa adunque si predica di Dio veramente; ma il modo, con  cui  l' uomo la percepisce, si predica di Dio solo
traslata del vocabolo relativamente a' diversi oggetti, a  cui  significare fu trasferito. Nel primo caso i due oggetti
dal vocabolo, ma hanno un ordine ad un terzo oggetto a  cui  si riferiscono, come il vocabolo ente applicato a più
uni e negli altri si dee distinguere la prima essenza a  cui  appartiene il vocabolo in senso proprio: ne' primi equivoci
sempre agli atti e alle forme cogitative. La scienza, a  cui  Aristotele pose più attenzione, è quella di predicazione;
predicazione; trascurò alquanto quella d' intuizione , di  cui  s' occupò cotanto Platone. Si può forse dire che di qui
ossia della predicazione, distinse tre cose: 1 Il modo con  cui  si predica, ossia la natura del subietto considerato in
copula, che è la predicazione stessa. I Circa il modo con  cui  si predica, Aristotele distinse l' essere che si predica
coll' essenza dell' uomo; poichè la ragione fisica per  cui  ride è l' esser uomo, e non viceversa; se non in una
loro oggettività (1): li considera dunque come subietti di  cui  si predica in diversi modi l' essere. Il riconoscere
. Così il cieco nato dà le proprietà dei suoni ai colori di  cui  sente ragionare, e dirà il color rosso dover esser simile
singolare: tuttavia esso considera le dieci categorie, in  cui  lo riparte, come i dieci generi supremi dell' ente (3).
schemi di categorie dell' ente? e che cosa è l' ente di  cui  sono categorie? E se anche la specie e la materia sono
Lasciati dunque da parte gli altri significati, in  cui  si prende la parola genere (2), Aristotele nelle categorie
che Aristotele ammette primieramente due principii (a  cui  aggiunge poi per terzo la privazione «he steresis») che non
generi , nelle Categorie: la prima poi è il principio, da  cui  vengono, non i generi, ma gl' individui , supposta la forma
e reale; perchè, essendo questa il subietto reale a  cui  convengono i predicati, è chiaro che dire: o che il
( «pu»), e della situazione ( «keisthai») non sono modi con  cui  si predica l' ente in universale, ma un ente particolare,
può appartenere a più predicamenti, secondo l' aspetto in  cui  la si considera e il modo con cui ella verbalmente s'
secondo l' aspetto in cui la si considera e il modo con  cui  ella verbalmente s' esprime. Prendiamo l' esempio dall'
di predicare li chiama predicamenti o categorie , e ciò di  cui  in ciascun modo si predica, li chiama predicabili o
li chiama predicabili o categoremi. I predicabili, di  cui  parla ne' libri « De' luoghi » si riducono a quattro: il
una tale qualità che sia propria di quella sola cosa di  cui  si parla, come dell' uomo aver la facoltà d' imparare la
il dialettico Kant diede nell' eccesso opposto a quello in  cui  avea peccato il dialettico Aristotele. Il Kant s' accorse
rigorosa, giacchè trattasi del fondamento unico su  cui  posa tutto l' edificio della sua filosofia. E pure nulla di
quasi per incidenza (3) come cosa che viene da sè, su  cui  non si aspetta dal lettore la minima opposizione.
Kantiana, il postulato arbitrario, il punto in aria a  cui  il filosofo appoggia la leva per muovere da' suoi cardini
queste sue produzioni. Tale adunque fu il campo, in  cui  si esercitò il filosofo di K”nisberga. Quel pregiudizio
il necessario, l' universale, l' eterno », caratteri di  cui  sono forniti gli esseri ideali, e che, o convien negare i
tuttavia non è lo stesso tempo. Laonde quel tempo puro di  cui  parla Kant come necessario a conoscere il tempo empirico,
non è il tempo, ma è la stessa eternità dell' ente di  cui  noi abbiamo l' intuito, alla quale noi confrontiamo le cose
altri sensisti. Ma fra i sensisti ve n' ebbero alcuni a  cui  ripugnò di negare affatto i concetti, i quali sono ammessi
i concetti, i quali sono ammessi da tutto il mondo, e la  cui  esistenza è troppo evidente; e di questi uno fu Kant. Che
, una varietà, [...OMISSIS...] cioè tutti gli oggetti a  cui  si possono riferire; e che era lo spirito quello che
come tale, ed è universale in questo senso che l' essenza,  cui  rappresenta, può essere realizzata replicatamente senza
classificar questi? Si sente da per tutto l' imbarazzo con  cui  procede Kant, pel principio sistematico di confondere la
di queste forme in un luogo del « Nuovo Saggio », a  cui  rimandiamo il lettore (1). Di più dalla critica, che testè
com' ei lo chiama, della ragion pura , cioè il sofisma con  cui  egli pretende che la ragione inganni l' uomo quando ella
paralogismo è del filosofo, e non della ragione stessa, con  cui  il filosofo si compiace di mettersi in lotta. D' altra
a vedere se sia possibile di uscire dall' intrico, in  cui  questo uomo si confessò preso quasi fra l' uscio e il muro.
il cominciamento è un' esistenza preceduta da un tempo, in  cui  la cosa ancor non è » ». Ma questa proposizione è falsa,
successione e questa possibile successione è il tempo di  cui  parla » ». Rispondo, essere vero che a questo tempo o
di questo argomento, è il solito pregiudizio sensistico, su  cui  il Kant fabbrica tutta la sua dottrina. Ciò che abbiamo
non libera si avrebbe un ricorso di cause all' infinito, di  cui  non si potrebbe aver mai l' ultima, e quindi non si
azione. Un secondo errore contiene il ragionamento con  cui  Kant pretende provare questa sua antitesi, ed è che se vi
e traviare forse per secoli la Germania. Gli argomenti con  cui  egli le fortifica non sono nè pure di sua invenzione: sono
i quali danno biasimo e mala voce a quella ragione, a  cui  come ad ammirabile sofisticatrice e lor degnissima madre
consistendo l' ideale d' ogni spezie in un individuo, a  cui  di tutti gli attributi opposti se ne dà uno, quello che è
la qual maniera di conoscere non appartiene alle idee, a  cui  solo Kant pone mente. Questo filosofo dunque sbaglia: 1 nel
concessione. Egli riconosce altresì che quest' idea ,  cui  nomina anche essere primitivo, è semplice. [...OMISSIS...]
l' elemento razionale puro come parte di un tutto da  cui  è indivisibile, si considera come un tutto egli stesso,
Or tutto lo studio di Fichte si riduce a trovare un ente, a  cui  si riducano tutti gli enti; e trovato quest' ente
ente. Ora questo intento suppone, che la stella polare, a  cui  affidano il corso de' loro ragionamenti, è il principio
di sua natura, giacchè ognuno esperimenta ciò di  cui  è conscio; dannosa, perchè presuppone l' errore che v'
inesistere in un altro, rimanendo distinto da quello in  cui  si trova. Questo principio è supposto gratuitamente da tali
dove manca il principio che sia consapevole, e manca ciò di  cui  tal principio possa essere consapevole? La coscienza pura
che il filosofo è uscito dalla sfera della coscienza, in  cui  si proponeva di rimanere. Nè basta a trattenerlo il puro
della coscienza empirica? E` quel punto d' indifferenza di  cui  abbiamo parlato dove non v' ha nè oggetto nè soggetto. Ma
non resta dunque che una chimera; ovvero un' entità a  cui  non si può applicare il nome di coscienza, perocchè non vi
perocchè non vi si trova nè chi sia consapevole, nè ciò di  cui  possa esser consapevole. Con eguale improprietà egli dà il
su di me nè punto nè poco. In secondo luogo, l' oggetto, di  cui  sono consapevole, potrebbe essere uno spirito, potrei
l' oggetto non sono la coscienza, e molto meno due parti in  cui  ella si divide. In quanto al soggetto la coscienza ci dice,
il soggetto essere senza sè stesso: egli è atto primo, di  cui  gli atti secondi sono derivazioni. Molto meno l' oggetto
altro è lei stessa, altro i suoi oggetti; altro l' atto con  cui  ci rendiamo consapevoli, altro ciò di cui ci rendiamo
altro l' atto con cui ci rendiamo consapevoli, altro ciò di  cui  ci rendiamo consapevoli. La coscienza è un nostro atto o
La coscienza è un nostro atto o abito; ma l' oggetto, di  cui  ci rendiamo consapevoli, non è mica sempre un nostro atto,
Quest' Io altro non è che il principio dell' atto di  cui  l' Io posto è il termine. Così lo descrive lo stesso
e non precrea il mondo, quando concepisce un ideale, a  cui  s' ingegna poscia di modificare il mondo. Tanto è lungi che
l' uomo non è mica attivo sul mondo collo stesso atto con  cui  è passivo. Non si possono negare all' Io moltiplicità di
una quantità così piccola, che è nulla verso la potenza con  cui  il mondo resiste a' suoi disegni? E riserbandosi questo
una descrizione accurata e filosofica della maniera con  cui  l' uomo si pone da sè stesso? Ora sentitene la spiegazione:
nulla colla stessa facilità (mi si perdoni il paragone) con  cui  si rivolta la frittata nella padella. Quando poi vengono
concetti gli oscuri loro sistemi: ciascuno de' concetti, di  cui  fanno uso, sarebbe importante e fecondo; ma, scambiati gli
l' occasione, mediante il sentimento che serve di termine a  cui  si riferisce l' essere universale e così lo si limita.
ci faccia conoscere se non la sussistenza di quell' ente di  cui  ci occasiona l' idea; idea che ci è data, come da vera
reale con noi, o d' identità (se siam noi stessi l' ente di  cui  si tratta), o d' azione. Questa relazione reale , non
trae l' uomo da uno stato all' altro; ella è la causa per  cui  l' uomo abbozza ideali di sè e del mondo, riformando sè e
fondamentale adunque di Fichte, come di tutta la scuola a  cui  appartiene, è di non poter intendere l' esistenza di un
l' idea; e questa poi partecipa l' oggettività al reale, a  cui  ella si unisce nella cognizione. Il supporre adunque che l'
di divenire una Divinità, col supremo innalzamento a  cui  aspira, qual è la massima sommissione e umiliazione alla
nella sua natura, ma non brama cangiar natura; la  cui  brama avrebbe d' altra parte per oggetto un assurdo. Dall'
s' intende una dote della volontà). La libertà dunque di  cui  parla qui Schelling è una cieca necessità. 2 Si dice che la
lo spirito; ma non ne vien mica per questo, che l' atto con  cui  esiste lo spirito sia il primo oggetto della conoscenza. L'
l' assoluto, la ragion sufficiente degli atti umani ». A  cui  si deve far susseguire quest' altra proposizione: « Ora la
accordarono la virtù creatrice. IV L' assoluto di Fichte, a  cui  si attribuisce il poter creatore, è impotente , perchè si
Egli era già in fatti uscito dall' uomo, perchè l' Io a  cui  ricorreva per ispiegare l' esistenza dell' uomo, niente
» espone così questa specie di emanazione o di panteismo a  cui  s' abbattè Fichte quando riconobbe l' insufficienza del suo
Fichte fece al Kantismo quasi direi la sommità di  cui  credeva privo l' edificio del suo maestro, e così gli parve
ragione essendo balenata finalmente agli occhi di Fichte, a  cui  anco doleva di vedersi considerato in Germania come un
aveva collocato l' assoluto. E questo fu l' addentellato a  cui  raggiunse Schelling la sua fabbrica. Ma accettando il Dio
piccol quadro il disegno della Schellinghiana filosofia (a  cui  però l' autore stesso più tardi dovea aver rinunziato).
in fallo. Esiste adunque un altro essere, oltre Iddio, a  cui  appariscono le limitazioni che Iddio pone a sè stesso. Ora
fosse il modo di esistere di Dio: onde il panteismo di  cui  fu accusato. Ma se l' identità assoluta esiste solo come
un perdere il tempo il ripetere tutte le frivolezze di  cui  questo filosofo empisce il suo libro intitolato: « Idee
e l' ideale accade al nostro filosofo pel materialismo di  cui  va infetta la sua « Filosofia della Natura ». Perocchè la
legge , cioè un fatto costante. La luce è un corpo di  cui  non si conosce ancora la natura; e se si piglia come
Quando il cieco procaccia di distinguere i sette colori di  cui  vuole parlare, per l' analogia che aver possono co' suoni,
via positiva ed empirica è quella che ora preferisce e a  cui  più si applica. Noi non ci allungheremo dimostrando quanto
già qui comincia a manifestarsi l' abuso d' astrazione, di  cui  parlavamo. Perocchè si pretende la potenza di essere come
prima degli antichi; alla quale, con una contraddizione in  cui  gli antichi non caddero, dà ad un tempo l' esser cieco all'
a qualunque mostruoso assurdo; e questo è quello di  cui  si gloria la filosofia di Hegel, che non è infatti che la
scuola di sofisti, assai simili a quelli della Grecia, di  cui  Kant è il fondatore (2). I dati erronei ed arbitrari da cui
cui Kant è il fondatore (2). I dati erronei ed arbitrari da  cui  partono e che noi abbiamo esposti, sono sempre i medesimi;
cavare ogni cosa dal pensiero, era dovuto a Fichte, a  cui  l' avea suggerito la filosofia di Kant; e Schelling ed
a grande stento filate. L' unica cosa forse, in  cui  si dipartì dal suo maestro, si fu che sostenne non doversi
disse che [...OMISSIS...] , come accade nell' intuizione a  cui  si vuol ridurre la riflessione, quasi facendola
IDEA, di aver cioè di queste due cose fattane una sola, a  cui  appartenessero indistintamente gli attributi dell' una e
dalla stessa parola idea . L' intuizione è l' atto con  cui  lo spirito contempla l' essenza pura della cosa; ed appunto
non è una operazione dello spirito, ma è un oggetto, in  cui  si può ben terminare un' operazione dello spirito (l'
idea, e colla sua ricca immaginazione inventa un dramma in  cui  ella interloquisce tutto ciò che il filosofo le mette in
e stentati periodi, pronunciati con quella sicurezza con  cui  sogliono insegnare i professori di quella nazione)
e n' è prova altresì l' abbondanza delle metafore di  cui  lussureggia lo stile di que' filosofi. Il vedere l' idea
la vista logica dello spirito, e quella falsa maniera con  cui  egli classifica ciò che pensa secondo forme vuote che egli
enti di ragione e di concetti fattizi e vani, in  cui  Hegel di continuo l' avvolge, convien incessantemente
relazione, perocchè ogni relazione suppone un ente di  cui  sia relazione. L' indeterminazione poi, o l'
è un concetto che si riferisce del pari ad un soggetto, a  cui  l' indeterminazione appartenga, ma di più lascia in dubbio
mente nostra privo di determinazione. Che anzi l' essere, a  cui  si riferisce la mancanza di determinazioni, è doppio:
tutte le radici degli errori hegeliani. La fallacia con  cui  questo sofista inganna i suoi discepoli consiste appunto
logico , e avendola fatta passare per lo stesso subietto, a  cui  ella appartiene, ed essendo questo moltiplice; ne venne ch'
le categorie di Kant alle due leggi di causa e di sostanza,  cui  restringe poi ad una sola. Per sè, al suo parere, la
sostanza e causa differiscono come due rispetti sotto  cui  si considera la stessa cosa. Perocchè, dice egli, le idee
poi al Verbo, qualora piacesse di chiamarlo un modo in  cui  Dio è, non dovrebbe in ogni caso dirsi che egli è un modo
ch' egli è un modo dell' essere Divino, un modo in  cui  l' essere divino E`: il che è pur tutt' altro. Poichè il
queste suppongono innanzi di sè le percezioni delle cose a  cui  si riferiscono. Se dunque si pone in Dio l' idea dell' uno
di Dio si moltiplicano grandemente sopra il numero tre a  cui  le restringe con tanto arbitrio il sig. Cousin.
molte altre idee e percezioni a quelle precedenti, di  cui  quella è un astratto molto elevato. Primieramente l' idea
numero specifico è un' astrazione che suppone le entità da  cui  si astrae e le percezioni di esse. Se si dovesse dunque
riduce a questi tre il numero, il peso e la misura, secondo  cui  la Scrittura dice esser fatte tutte le cose (5). Ma la
dell' eclettismo francese, come le tre idee supreme, a  cui  tutte le altre si riducono, sono un cotal riflesso dell'
ciò che mi chiedete « qual differenza passi tra il modo con  cui  Iddio si trova in tutte le cose, e quello con cui si trova
modo con cui Iddio si trova in tutte le cose, e quello con  cui  si trova nell' anima del giusto ». Pregate il Signore che
col lume naturale che c' è Dio, e 'l possederlo di quelli a  cui  Iddio ha dato sè stesso, è tanto grande, che non si può
essenzialmente, e che è un atto d' egual bontà quello con  cui  ci umilia, e quello con cui ci esalta; onde se viviamo di
atto d' egual bontà quello con cui ci umilia, e quello con  cui  ci esalta; onde se viviamo di fede, come devono vivere i
così trattato, e che tuttora è tenuto sotto un processo di  cui  parla tutto il mondo, che lo copre d' una nube di sospetti,
ponga sotto la protezione di S. Pietro, che è la pietra su  cui  s' innalza l' immenso e perenne edificio della sua chiesa.
non solo vi sarà facile di rassegnarvi alla condizione in  cui  siete, ma quella vi riuscirà cara, da non volere cangiarla
di tutte le loro brame, come in un bene infinito, a  cui  non manca nulla. Conviene dunque che cerchiate di conoscere
e non v' investite del santo spirito dell' Istituto a  cui  Iddio vi ha chiamato, e non volete esser docile e
Se farete così, conoscerete allora quella felicità di  cui  potreste godere, e non volete, per rendervi infelice,
i suoi per varie strade, e assegna a ciascuno la sua,  cui  battendo salverà l' anima in eterno. [...OMISSIS...] 1.52
sono comprese nei frutti dello Spirito Santo, la  cui  enumerazione fatta da san Paolo incomincia « charitas,
specialmente in grado minimo, come è quello di  cui  si tratta. Sono quindi atti d' immortificazione e di
il giudicare che i Superiori dieno le mortificazioni (da  cui  lo spirito ripugna) senza legittimi motivi ; essendo
come venienti da Dio le tribulazioni e le infermità con  cui  a lui piacesse di affliggere la nostra natura. E` un'
un' illusione diabolica l' interpretare i beni naturali, di  cui  si può godere, come un segno che Iddio vuole che la natura
a quelli che lo servono, il necessario vitto e vestito di  cui  devono essere contenti secondo la dottrina di S. Paolo; è
e non anzi a favore della mortificazione della natura, di  cui  erano tanto avidi tutti i santi! E` un grave errore poi il
e le mentite date in faccia ai propri Superiori, di  cui  si ricusa la caritatevole istruzione, specialmente da un
particolari grazie spirituali, specialmente quelle di  cui  più s' abbisogna, subordinatamente alla volontà divina; ed
di pazienza, ecc.. Così fece molto più Maria Santissima, di  cui  tante poche azioni si conoscono, che non facesse lo stesso
con infinito amore e collocati in luogo così distinto, di  cui  possiamo dire col Salmista, « in loco pascuae, ibi me
quale sia il vero spirito dell' Istituto della Carità, di  cui  formate parte. Penetrandovi di questo spirito, che nelle
non è possibile che l' uomo molto s' affezioni a quello, a  cui  egli pensa di rado o negligentemente, e a cui non applica
a quello, a cui egli pensa di rado o negligentemente, e a  cui  non applica il proposito della sua libera volontà. Conviene
ubbidienza, intendo anche dire lo spirito d' ubbidienza, di  cui  tutta la stessa vita di Cristo fu informata, dicendo egli
in quel fuoco che Cristo ha posto tra gli uomini, e la  cui  accensione è il suo desiderio: « Ignem veni mittere in
le sue lettere; e non solo a me, ma anche a' fratelli a  cui  ne comunicai alcuni brani. Mi riservo a scrivergli altra
altro che raccomandasse prima i ministri della Chiesa, da  cui  dipende la salute di tante anime, e poi i parenti, anche
di non esser esaudite, morendo per esempio uno, per  cui  si prega, impenitente, esse potrebbero turbarsì, o
di far intervenire Maria SS., e altresì quei santi a  cui  il cuore più facilmente si rivolge. Attendete, adunque, a
di superbia nè difetto di sorte. E` un' allegrezza santa, a  cui  ci conforta il Salmista quando dice: « laetetur Israel in
et filii Sion exultent in rege suo »: è quella gloria di  cui  scriveva S. Paolo: « qui gloriatur, in Domino glorietur ».
Che cosa è dunque quel piacere puramente soggettivo, di  cui  non si può dire altrettanto? Questa specie di piacere è
poichè questo non è che un amor naturale e spontaneo, di  cui  non possiamo essere del tutto privi. Sebbene tuttavia da
perchè rimane assorbito da ciò che sente in sè ed in  cui  si compiace di trattenere l' attenzione; così giudica ad un
è il grande lavoro della mortificazione cristiana, in  cui  si travagliarono tutti i santi dal principio fino alla fine
più si fa l' abito di quegli atti intellettivi o morali, da  cui  nasce il detto sentimento soggettivo, questo riesce tanto
di superbia, quanti sono gli ordini della riflessione, a  cui  l' uomo nel suo sviluppo può arrivare. La riflessione pecca
quel sentimento istintivo della propria eccellenza di  cui  abbiamo parlato. Già se l' uomo giudica con troppa
in se stessa. L' ira per cagione di piccole offese,  cui  sente e ingrandisce l' amor proprio, e che talora non sono
non paia, ed avviene a molti per quel giudizio abituale di  cui  abbiamo toccato di sopra, pel quale si credono sempre
quale si credono sempre qualche cosa di più degli altri, di  cui  non sanno mai concepire un' alta stima, dimenticano
scienza e l' autorità di Dio stesso. L' altra maniera con  cui  dicevamo potersi peccare di superbia con un giudizio
o meno a fine se medesimo, ossia la propria eccellenza, in  cui  si compiace; e questo equivale ad un pareggiarsi, o ad un
benedirà. Apprezzate ed amate grandemente il ministero, a  cui  siete stato chiamato; perchè è un ministero regale, anzi
di Dio Padre, cioè consacrato Re e Sacerdote, « «quello  cui  il Padre santificò » (cioè consacrò qual vittima al
aver essi tessuto l' istoria solo di un anno, di quello in  cui  anche patì. Lasciato dunque da parte l' anno i cui
in cui anche patì. Lasciato dunque da parte l' anno i  cui  avvenimenti erano stati esposti dai tre, narrò i fatti del
di Caio discepolo di Paolo e quello stesso, forse, a  cui  egli invia la terza sua lettera «(Athan. in Synops. ;
creato tutto nel principio. Il principio adunque, di  cui  si parla, è il cominciamento delle cose create; e poichè il
esprime una relazione di tempo, cioè un punto nel tempo a  cui  ne risponde un altro che si esprime coll' avverbio dopo . E
le prime parole di Giovanni: « Nel principio, in  cui  Dio creò il cielo e la terra, era già il Verbo ». Ma in
in un certo tempo infinitamente remoto dal punto, in  cui  le cose, effetto di quell' atto, cominciarono ad esistere;
il Verbo » » si vogliono spiegare anco da quella parte, in  cui  nel Verbo si considera l' Esemplare del mondo, convien dire
riferisce al proprio concetto l' opera sua, è poi quella di  cui  fa parte anche agli uomini, onde dice che « « sue delizie
Verbo e nient' altro, che è Verbo per sua essenza, ossia la  cui  essenza è di esser Verbo ». Una parola sonora non è
essere; quindi che egli è Dio, perchè Iddio è quegli la  cui  essenza è l' essere. Per tal modo quell' espressione
dunque quello che rende pronunciabili le cose, è quello in  cui  si radica la possibilità di tutti i pronunciati parziali,
ragionato altamente del Verbo di Dio, espressione di  cui  anch' essi facevano uso, commendarono altamente il
anteriore al presente, esemplare nella mente di Dio, da  cui  Dio ritrasse tutte le cose create, e che egli chiama pure
consegue che sieno due atti distinti quelli con  cui  la mente umana le apprende: l' uno dei quali, l'
sussistenza dicesi Dio. Iddio è dunque quel solo essere la  cui  sussistenza è l' essenza. Se dunque Iddio sussiste per
fa nella percezione dei contingenti. L' atto dunque, con  cui  la mente apprende l' essere assoluto a cui è essenza la
atto dunque, con cui la mente apprende l' essere assoluto a  cui  è essenza la propria sussistenza, deve essere un terzo atto
la parola visione , acconcissima ad esprimere il modo con  cui  i Santi in cielo apprendono Dio, suppone una distinzione e
veduto, e però non sembra potersi applicare al modo con  cui  Iddio apprende ed intende se stesso; laddove l' espressione
tanto alla visione beatifica, quanto all' atto con  cui  Iddio comprende se medesimo. Ma sotto un altro aspetto
quanto è necessaria la sussistenza dell' essere di  cui  parliamo, nè v' ha pure distinzione tra questo atto e la
sè oggetto intellettivo, di modo che l' atto conoscitivo di  cui  si tratta è la medesima sussistenza. La sussistenza divina
questa comprensione non abbracciasse anche tutti i modi in  cui  l' essere reale e sussistente può venire limitato. Ma
quello che è, cioè assoluto per essenza; quindi i modi, con  cui  l' essere può ricevere limitazioni, sono i modi onde l'
le essenze delle cose contingenti, le idee pure, a  cui  non è necessariamente unita alcuna sussistenza, ma che
in quanto è la sussistenza divina che comprende i modi in  cui  può essere limitata, con che non è più sussistenza divina a
può essere limitata, con che non è più sussistenza divina a  cui  è essenziale essere illimitata, è l' esemplare de' mondi
Ma qui s' intenda bene. Quando si parla de' modi in  cui  può essere limitata la sussistenza divina, non è che la
stesso dell' essere suppone dinanzi a sè l' essere da  cui  proceda, cioè la sussistenza dell' essere. Altra è dunque
divina: questa li determina e prescrive coll' atto con  cui  vuol crearlo. Di che procede che nel Verbo divino come tale
manifesta, è sapientissima; e però non poteva concepire a  cui  dar l' esistenza, se non un ente finito in cui risplendesse
concepire a cui dar l' esistenza, se non un ente finito in  cui  risplendesse il carattere della sapienza che lo ideava e
doveva ancora risplendere la stessa sapienza nel modo con  cui  la pluralità degli enti tendesse in tale unità; e questo
il Verbo di Dio non reca immutazione di sorta al Padre a  cui  è essenziale. S. Gregorio Nazianzeno e S. Basilio
immanente e semplice; atto primo, cioè l' atto stesso con  cui  è Dio; atto per conseguente che è Dio stesso. Avanti quest'
la possibilità di pensarlo incompiuto , quando l' atto di  cui  si parla è per propria essenza compiuto, senza possibilità
del Padre che lo pronunzia e lo genera, e così il verbo con  cui  l' uomo pronuncia se stesso è quello che rende l' uomo
Se questo verbo non riguarda che l' amore razionale con  cui  può l' uomo aderire ad una cosa, si può dire che quell'
Onde l' atto stesso essenziale alla divina sussistenza (a  cui  è pure essenziale la libertà) è quello con cui è creato il
(a cui è pure essenziale la libertà) è quello con  cui  è creato il mondo, e però con quell' unico atto, chè altri
verbo umano riceve dal Verbo divino tutti gli elementi di  cui  egli si compone. Perocchè 1 riceve le essenze delle cose,
nulla riceve da un maggiore di sè, ma solo dal Padre, a  cui  è uguale, perchè è la sussistenza divina per sè intesa,
cose, hanno una speciale analogia col Verbo divino, di  cui  sono privi gli altri verbi umani; perocchè la convenienza
dall' uomo se non fosse prima pronunciata da Dio, nella  cui  natura Iddio vede qual sia l' essere finito complesso di
si fece l' antica rivelazione per man de' Profeti, di  cui  dice S. Pietro: « Spiritu Sancto inspirati locuti sunt
della luce: « Et habemus firmiorem propheticum sermonem,  cui  benefacitis attendentes quasi lucernae lucenti in
del verbum cordis; 3 Finalmente, e questo è quello a  cui  mirava principalmente tutto il nostro discorso, che
processione delle persone fra loro, altro è l' ordine con  cui  si manifestano nella mente umana. In questo il primo che si
lo vide e n' esultò »(4) », e così è da dirsi degli altri a  cui  altre cose furon mostrate. Le quali non si riducevano
verità stesse che sensibilmente eran segnate. Ma il Verbo a  cui  ministravano gli Angeli, non era tuttavia quello che
nè divise dalla personalità, ma sono divise nell' uomo a  cui  vengono comunicate, e in questo stato di divisione non
il lume soprannaturale, che accompagna le verità rivelate a  cui  prestiam fede, è l' essere reale, ossia la divina
dallo spirito umano con un atto diverso da quello con  cui  egli conosce la loro essenza. Ed è oltracciò da osservare,
L' uomo, le cognizioni dell' uomo, le virtù ed i vizii di  cui  è suscettibile, essendo così molteplici come gli abbiamo
perocchè Iddio non agisce se non con quell' atto stesso con  cui  esiste, e propriamente si riducono alla cognizione del
il quale è chiamato Verità e il fonte della sapienza nel  cui  spirito « desiderant Angeli prospicere ». Tutte le verità
Ebrei. 2 Ovvero si conosce che tutte le speciali verità di  cui  parliamo sono contenute nel Verbo, e nello stesso tempo si
nell' abisso? cioè per risuscitarne Cristo » » (da  cui  è la salute). « « Ma che cosa dice la Scrittura?: Vicina è
la fede, ne' meriti del quale vengono rimessi i peccati di  cui  sono macchiate le loro opere, non è lontano, anzi egli
anima pel carattere indelebile e per la grazia, in virtù di  cui  sta eziandio sulla bocca dei Cristiani che pronunciano al
(4) », o anche assolutamente « Fidelis et Verax », a  cui  si soggiunge: « et vocatur nomen ejus Verbum Dei (5) ». Le
da lui instituiti; ed altresì coi segni delle parole di  cui  si tesse l' evangelica predicazione. Onde, quando S. Paolo
si è perchè egli toglieva a scrivere la vita di Cristo, di  cui  conveniva innanzi tutto esprimere l' eterna generazione
generazione volendo dimostrare l' origine della persona di  cui  parlava. Cominciando dall' annunziare il divin Verbo, egli
che è il principio fontale dell' altre due persone, a  cui  comunica la stessa sua propria natura divina numericamente
della nostra intelligenza, la necessità di Dio Padre presso  cui  fosse. Volendo ora noi venir dichiarando il valore del
Verbo era appo Dio, ci ebbe posto in mano il principio da  cui  cavare la conseguenza che dunque il Verbo era Dio,
come sappiamo dal Vangelo (1), cioè a Cristo, come uomo, a  cui  pure disse: « « Tu sei sacerdote in eterno secondo l'
fra loro, non avendovi nelle cose create alcun esempio in  cui  cada l' identità di sostanza con diversità di persona. D'
abita presso il Padre, di maniera che la persona presso  cui  un' altra abita si suppone la principale e autoritativa in
principalità, un' autorità o priorità della persona, appo  cui  si dice stare un' altra; conviene vedere quale tra questi
sembrato ch' egli fosse la stessa persona del Padre,  cui  nominò prima appunto Dio coll' articolo «ton Theon». In
o presso il Padre, anzichè dire che il Verbo era Dio. A  cui  noi soggiungeremo cosa, che o sarà uno svolgimento della
questo versetto con l' approvazione dell' Angelico, di  cui  riferiremo qui le parole: « « Origene poi, molto bellamente
esempio in quelle, onde conviene dare ai vocaboli, con  cui  si esprimono le divine, un valore novello. La particella
anche nelle cose create sovente la forma dalla materia di  cui  sono composte, e della forma si fa un elemento a parte
si fa un elemento a parte astraendolo da' suppositi in  cui  si trova e considerandoli come causa immediata del medesimo
ne' libri contro Ario. E questo è il solo aspetto sotto  cui  seppero considerarlo in qualche modo i Platonici, fra'
sempre la personalità del Verbo. I due aspetti, sotto  cui  noi diciamo doversi il Verbo considerare, rendono appunto
avesse un primo oggetto, un noto per se stesso, una luce in  cui  tutte le cose si vedessero; ma hanno ignorato che questo
incontro S. Paolo espresse magnificamente i due aspetti in  cui  conviene riguardarsi il Verbo in quelle parole: « cum sit
tale, dee sussistere a se stesso e agli altri enti a  cui  ha per sua natura rapporto. Ma in Dio non può esservi
d' origine alla generazione ed alla spirazione per  cui  è lo Spirito Santo, e posteriore all' amor divino, quindi
l' oggetto di questo pronunciamento sia nel Verbo, in  cui  le cose sono per sè note, e quindi nel Verbo e pel Verbo
e fatto, onde anche il primo libro del Pentateuco, in  cui  si narra la creazione del mondo, si intitola in greco: «
quindi in questo senso il Verbo è quella materia invisa da  cui  dice il libro della Sapienza che furono create le cose
[...OMISSIS...] ; in questo senso il Verbo è quello in  cui  sono contenute quelle cose invisibili, da cui, secondo S.
id est in Christo, fecit Deus coelum et terram (6) ». A  cui  consente S. Agostino: « In hoc principio, Deus, fecisti
fiunt (2) ». E questi sono appunto i due aspetti, sotto  cui  noi abbiamo detto doversi considerare il Verbo, come
la parola cieli significasse anche le cose spirituali di  cui  i cieli materiali erano l' emblema, il simbolo. Onde le
tempo: cominciarono tutte ad essere in un istante, a  cui  si riferisce il detto della Scrittura: « Qui vivit in
e accidentale, perocchè questa non sta senza quella, di  cui  è il compimento. E però quantunque S. Giovanni, dicendo: «
della doppia esistenza delle cose: nel Verbo divino, in  cui  esistono oggettivamente; e in se stesse, a cui esistono
divino, in cui esistono oggettivamente; e in se stesse, a  cui  esistono soggettivamente. Questa doppia esistenza spiega
non faccia menzione che degli uomini, come di quelli a  cui  il suo Vangelo era ordinato. E qui deve osservarsi che
essere astrattamente, secondo il nostro parlare umano, da  cui  viene il significato di quella parola, di maniera che la
di essa, e però ad essa straniera come nell' uomo, in  cui  per conseguente la persona è distinta realmente dalla
è sentimento: infinito sentimento, che accoglie tuttociò a  cui  può estendersi il significato di questa parola. E che la
divina il triplice sentimento e la triplice vita, di  cui  abbiam favellato. Per appropriazione poi il sentimento
è la spirazione unica comune al Padre ed al Figliuolo, il  cui  termine è la sussistenza amata come tale, sussistente qual
e si compiscono. Nella causa doveva esser prima quello di  cui  poi partecipa l' effetto, e questo rimane spiegato quando è
a se stessa, ma ad altro, cioè al soggetto sensitivo di  cui  ella è termine. Laonde S. Tommaso dice: « « Si conserva
gradi della vita, come si scorgono ne' vari esseri di  cui  il mondo si compone. Ciò che è creato oltracciò non
loro non più potrebbero essere che principii sensitivi, il  cui  sentire limitatissimo non avrebbe altro termine che quello
rispetto ai suoi principii medesimi. Nella qual sentenza, a  cui  suffragano i progressi delle scienze naturali e delle
Non è dunque la nuda idea dell' essere quella vita, di  cui  parla S. Giovanni, che è la luce degli uomini. Che anzi
queste parole di S. Giovanni, generali come sono, e tali in  cui  si parla degli uomini senza distinzioni, siano vòlte a
ogni vita è intellettiva, ma v' ha una vita animale, nella  cui  causa non è a noi necessario vedere l' oggetto7luce che si
terra (2) » ». La quale imagine e similitudine di Dio, a  cui  fu fatto l' uomo, si vede primieramente in questo, che
intellettuale, e morale che le due prime congiunge e nel  cui  abbracciamento affettuoso consiste. Ma la forma oggettiva
una cotal percezione del Verbo, nel che sta il carattere di  cui  parliamo. La stessa parola di carattere è propria del
che S. Paolo chiama «karakter tes ypostaseos autu» (1), da  cui  crediamo esser provenuta la denominazione di carattere, a
parla di Adamo, se non andiamo ingannati, in quel tempo in  cui  non aveva ancora peccato nè ricevuto da Dio l' ajuto che
erano i tralci che dalla vite suggevano l' umore vitale di  cui  si nutrivano e vivevano (3). E` la vite il principale
opera tutto il bene soprannaturale nel corpo de' fedeli di  cui  è capo, il fedele sente profondamente la verità che Cristo
di Cristo, di quel Leone di Giuda che è in lui, con  cui  abita in un modo più vicino e più stretto che non il
ma al bene, non alla morte, ma alla vita di quello entro  cui  vive ed opera; ma dandogli la propria vita immortale invece
la gioia e la forza. Il cristiano non ha altra vita con  cui  opera e di cui fa stima che la vita di Cristo. La sua vita
la forza. Il cristiano non ha altra vita con cui opera e di  cui  fa stima che la vita di Cristo. La sua vita naturale nulla
nella virtù e nel conoscimento ed amore di Dio, alla  cui  contemplazione poteva attendere se avesse voluto, e più o
e un limite posto con un precetto divino alle cose di  cui  doveva l' uomo cibarsi. Convien dunque riflettere che le
fine. Ora questa seconda specie di moralità era quella a  cui  Adamo doveva innalzarsi in appresso col suo libero
in appresso col suo libero arbitrio, ma non era quella in  cui  venne da Dio costituito. Perocchè Iddio nell' istituire l'
celesti e divine, ed accennava la requie perpetua e beata a  cui  eran chiamati dopo compito lo stadio delle occupazioni
adunque delle principali differenze fra la condizione in  cui  da Dio fu posto Adamo, e la condizione del Cristiano, si è
morte. Perocchè, in un modo ineffabile e misterioso di  cui  ci verrà forse altrove occasion di parlare, l' umanità
pel peccato, l' essersi reso l' uomo inetto al fine per  cui  fu creato. Da questo principio muove S. Paolo nella sua
che la disordina, quale nel caso nostro è il corpo, la  cui  concupiscenza non è più in balìa totalmente della ragione
della superbia, disconoscendo essi l' impotenza in  cui  erano di operare il bene, o gloriandosi e giudicando gli
doveva aspettare il rallargamento dei proprii limiti, a  cui  l' idea illimitata dell' Essere che gli splendeva innanzi
fisica ed intellettuale, e dimenticò la grandezza morale a  cui  non si volse come ad oggetto; la qual grandezza morale e
cogli angeli prevaricatori mangiando il frutto vietato di  cui  essi erano probabilmente in possesso. Tutt' altra è la via
primieramente il poter de' miracoli promesso alla fede di  cui  Cristo disse: [...OMISSIS...] . Ed ancora: [...OMISSIS...]
si contenta dell' ordinaria provvidenza di Dio, nelle  cui  mani sta; il suo unico desiderio è di possedere la santità,
possedere in Cristo il tutto, e con esso tutte le cose di  cui  egli è Signore, onde S. Paolo: « Si Deus pro nobis, quis
tanquam nihil habentes, omnia autem possidentes (3) ». A  cui  s' aggiungono le ricchezze non corrotte e non corruttibili
al Cristiano dalla voce di Cristo in un altro tempo, di  cui  potrà goderne senza timore e senza diminuzione di santità:
affrontare e condurre a termine le opere straordinarie a  cui  Iddio dà la mossa, e che mostra di volere. La quiete nasce
manifesta, quando si presenta quella necessità morale, di  cui  diceva S. Paolo: [...OMISSIS...] (4), allora l'
de' doni di Cristo, e quella cotal maniera di gloria di  cui  l' Apostolo dice: « Qui autem gloriatur in Domino glorietur
tutto il bene in noi, attribuendone a lui solo la gloria di  cui  egli ci fa partecipi (5); vuol dire di gloriarsi non della
nell' uomo santo, ed incorruttibile, egli è come seme da  cui  dee rinnovarsi l' intera natura umana e tutto ciò che è
tutte incorporate e formanti con esso lui un solo corpo, di  cui  egli è il capo e lo spirito vivificante; perocchè con
non è fatta dal solo Cristo, ma da Cristo coll' uomo, a  cui  s' è congiunto. L' uomo, acciocchè abbia luogo questa
la vita di Cristo comunicata all' uomo era quella in  cui  doveva porsi ogni speranza, contenendo il seme dell'
carnali, ma spirituali, cioè tolte dalla vita di Cristo di  cui  egli partecipa, e di cui solo tien conto, come sua propria
cioè tolte dalla vita di Cristo di cui egli partecipa, e di  cui  solo tien conto, come sua propria vita. La frase poi esse
nel che sta l' effetto della grazia. Perocchè lo spirito di  cui  si parla è lo spirito di Cristo, onde soggiunge: « Si quis
viatore, cioè la vita adamitica, e la vita di Cristo in  cui  siamo incorporati, vengono primieramente due parti della
consentimento della quale si compie il peccato formale,  cui  tende produrre in noi il demonio. E chiama i demoni
del diavolo per grazia singolare ricevuta dal Figliuolo di  cui  ella era Madre. Ma, universalmente parlando, ne' Santi
aliena da ogni cosa carnale, il quale stato della mente, a  cui  ottenere assai conferisce la sobrietà, facilita oltremodo
e nequitosità, e per rammentare la perdizione a  cui  sono destinate nel fuoco eterno della malizia onde
di Dio stesso trova tali ammaestramenti e tali sentenze con  cui  repellere tutti i sofismi e le tentazioni dell' inimico; di
tutti i fedeli che costituiscono insieme un solo corpo di  cui  è capo Gesù Cristo, e particolarmente per i ministri
evangelica verità e di aprirne agli uomini il mistero. . A  cui  s' aggiunge, qual conseguenza necessaria, la vigilanza
individua di queste due parti costituisce la razionalità in  cui  risiede la natura umana. Ma nella parte intellettiva e
dalla grandezza della promessa e dalla pienezza di  cui  godeva della vita umana, tenendosi sicura soverchiamente
e col frutto mangiato si unì colla grandezza diabolica da  cui  s' era data a sperare sì gran fortuna. Così da una parte l'
ogni gloria; ed era un atto d' amore verso gli uomini, di  cui  voleva partecipare la somiglianza e tutti i mali, eccetto
loro più comodamente trattare, e istruirli sull' abisso in  cui  erano caduti e sulla necessità di convertirsi a Dio colla
del libro della Sapienza il fatto dell' odio gratuito, con  cui  il perseguitarono gli uomini: odio tutto proprio di Cristo
volere questa grandezza e perfezione morale di Cristo, in  cui  l' umanità doveva essere recata all' estrema altezza della
cerco la volontà perfettissima ed infinita di Dio Padre da  cui  procedo, e da cui sono mandato al mondo. Or questa volontà
perfettissima ed infinita di Dio Padre da cui procedo, e da  cui  sono mandato al mondo. Or questa volontà del Padre era ella
dell' essere, perchè non vi ha l' ordine dell' essere di  cui  la forma morale è parte completiva. Ora questa forma morale
Convien dunque dire che la volontà del Padre, di  cui  parliamo, sia la ragione prima anteriore ad ogni moralità;
ma la volontà di colui che lo ha mandato, di colui da  cui  egli stesso generato ab eterno aveva ricevuto di spirare,
. E dice che questo mandato del Padre è la vita eterna, a  cui  riscontro sta la vita temporale; perocchè quel mandato
attuava la massima virtù morale, il massimo amore, di  cui  il sacrificio della vita temporale è il massimo atto, la
et in resurrectionem multorum in Isra‰l, et in signum  cui  contradicetur, et tuam ipsius animam pertransibit gladius,
ammazzarlo (2), per indicare che, quantunque la turba a  cui  favellava non avesse forse attuata una tale intenzione,
la portava virtualmente in se stessa nel peccato di  cui  era infetta. Non avendo adunque Cristo difeso se stesso, e
a tutte le infermità e dolori provenienti dal peccato, di  cui  egli non partecipava, egli era il Figliuolo dell' uomo .
acciocchè non morisse nella tristezza e nell' agonia in  cui  era caduto, dando un ristoro fisico alla sua umanità
sofferire sino alla morte dell' una e dell' altra parte di  cui  risulta la facoltà sensitiva dell' uomo, cioè da parte
prevale di tanta potenza accordatagli, di quella potestà di  cui  Cristo stesso aveva detto « dedisti ei potestatem omnis
preda della morte, la vita sua propria: l' affetto, di  cui  ardeva verso Dio e verso i suoi simili, troppo più
che dell' uomo e della donna fa una sola carne, in  cui  vivono due anime concordi. Questa imagine viene adoperata
preludii in terra dello stabile indissolubile matrimonio la  cui  consumazione è la stessa beata eternità: quivi non cade
partecipi della sua gloria i suoi discepoli. Il ritorno di  cui  parla Cristo, nel quale viene a prendergli, a riceverli a
dello Spirito Santo, il quale segna Cristo nelle anime in  cui  viene, e dà loro la caparra dell' immortalità e della
per gli altri uomini il dono dello Spirito Santo, di  cui  siamo per conseguente obbligati all' umanità di Gesù
Dio partecipando della Figliuolanza del Verbo incarnato a  cui  sono indivisamente uniti. Di che S. Paolo attribuisce al
a Cristo, e divenuto un membro di quello stesso corpo di  cui  Cristo è il capo, dovea partecipare di tutte le vicende del
dalla morte, non può dirsi rimesso il peccato a quelli, in  cui  ne dura la pena. Finalmente fa intendere che senza la
posciachè dovrebbero sperare unicamente nella presente, a'  cui  diletti hanno rinunziato, ed è da loro considerata
non commenda il loro stato pel presente godimento a  cui  fossero ammessi, ma per la speranza, perchè « spes illorum
vi si offerisse un sacrificio pe' morti in battaglia, a  cui  erano stati trovati sotto le tuniche doni degl' Idoli, il
il nuovo uomo, s' intende Cristo che è nell' uomo e la  cui  vita è eterna. Coll' incorporazione dell' uomo in Cristo
appresso il Padre e meritato colla sua passione e morte, di  cui  per questo pure è la vivente memoria, perchè egli dura e
farina impastata coll' acqua, come osserva S. Cipriano, di  cui  Innocenzo III cita questo testo: [...OMISSIS...] La fede è
in lui stesso una fonte copiosa e perenne di acqua viva, a  cui  continuamente si abbevererà, e quest' acqua salirà fino
di Dio e creda in Lui. Attesa questa vita eterna di  cui  l' anima è dotata per la grazia di Cristo, nel quale ella è
Cristo; non riman senza vita, perchè ha la vita eterna: il  cui  termine reale era probabilmente nel triduo della morte di
Cristo, nel suo essere sacramentale di cibo; la fede di  cui  disse Cristo «: Ut omnis qui videt Filium et credit in eum
anche questa si attribuisce convenientemente al Padre, a  cui  s' attribuisce la creazione; e conviene poi al Padre in
avere qualche notizia del futuro Redentore del mondo, su  cui  si fondasse la fede in esso. E al Padre s' attribuiscono
appunto quelle rivelazioni e istruzioni soprannaturali di  cui  abbiamo parlato, e che abbiam detto non essere ancora il
eterna, e poi dice di essere egli stesso pane di vita, di  cui  quegli che avrà mangiato, vivrà in eterno. Se la Fede basta
e così ravvivarli da quello stato di tenebre e di sonno in  cui  si trovavano; e, mettendoli a parte della propria vita
visione di Dio; la fede loro era per essi il titolo, con  cui  sono morti, di un diritto ad rem, che fu poscia effettuato
da Cristo, quando diede loro il possesso delle cose in  cui  speravano, onde il loro divenne un diritto in re . Il
come accade a molti bambini, e come accadde a colui, a  cui  disse Cristo in Croce: « Hodie mecum eris in Paradiso (1).
Che se noi osiamo favellarne, è solo per la persuasione in  cui  siamo che così voglia Iddio in questo tempo. Quel sommo
nondimeno lo accenna colle parole di C. Gregorio Magno, di  cui  allega due testi, continuandosi in questo modo:
Ma poscia, venendo a parlare di quell' altare sublime in  cui  il sacerdote prega che sia portata dall' Angelo l'
[...OMISSIS...] Ed acconciamente pel sublime altare, di  cui  è fatta menzione nelle citate parole che pronuncia il
la quale è fatta partecipe degli stessi divini misteri, di  cui  si rende partecipe il credente viatore su questa terra,
della vita palese e a pieno manifesta. Così le tre parti in  cui  la Chiesa è divisa, cioè la trionfante, la purgante e la
in gradi e modi diversi, e che abbiano uno stesso mezzo con  cui  partecipare di questa vita. Conviene riflettere che il
uomo e glorificato partecipasse d' un alimento sacro di  cui  potessero altresì partecipare gli uomini, e questo alimento
voleva pure comunicare agli altri figliuoli degli uomini a  cui  s' era fatto fratello secondo la carne, a cui voleva pure
uomini a cui s' era fatto fratello secondo la carne, a  cui  voleva pure esser fratello secondo la divinità. Quindi, in
tutte le forme o specie di onore e di gloria di  cui  ella fosse suscettibile (1), giacchè invitava tutti gli
tutto dimostra un ineffabile amore per l' umana natura, di  cui  Iddio si rende il campione prendendone la difesa: dimostra
perpetuo inimico, e quella cotal riverenza verso essa, di  cui  favella il Libro della Sapienza, ove dice: « Tu autem,
ma la vita divina partecipata, la vita essenziale di  cui  dice S. Giovanni: « « In ipso vita erat ». » Questa vita è
del suo sentire. Ora, essendosi guastato il primo modo, con  cui  si doveva propagare la vita naturale, per opera del
non potevano non essere pienamente esaudite; quella vita di  cui  rese grazie Cristo quando istituì il Santissimo Sacramento:
solamente il sacramentum . Questo non è quel mangiare di  cui  parla Cristo; perchè « « Spiritus est qui vivificat, caro
fa pure l' Eucaristia togliendo i peccati veniali, in  cui  quotidianamente l' uomo incappa, rimettendo in lui e
riceve più significati dalle diverse maniere di vita a  cui  si riferisce. Perocchè noi abbiamo distinte in Cristo
noi abbiamo distinte in Cristo quattro maniere di vita di  cui  partecipa il Cristiano, a ciascuna delle quali si riferisce
vita naturale, ma soggetta irreparabilmente alla morte, di  cui  porta i germi in se stesso, e quindi egli non ha che una
risorgimento è simboleggiato dall' uscita dell' acqua, in  cui  l' uomo era stato immerso quasi in sepolcro. Di che l'
eucaristica quella unione perenne con Cristo glorioso di  cui  disse Cristo: « Qui manducat meam carnem et bibit meum
e la quale, alla morte, presta « quel lume di gloria », di  cui  parlano i teologi, che rende l' anima atta a vedere Iddio
cosa nel Figliuolo e nel Padre [...OMISSIS...] ; quelle in  cui  è il Figliuolo [...OMISSIS...] ; quelle che Gesù Cristo
Egli dice [...OMISSIS...] Attribuisce dunque alla fede, di  cui  egli è autore e consumatore (4), non a qualunque fede,
nello stato di tenebre e d' inazione, cioè fino al tempo in  cui  Gesù Cristo avesse istituito il mistero della risurrezione,
Questa misteriosa parola indica la risurrezione di  cui  parliamo, che avviene all' anima mondata subito dopo aver
stato palese risponde quella risurrezione dell' anima di  cui  dice Cristo che passa dalla morte alla vita [...OMISSIS...]
il vino eucaristico è soprattutto il cibo del Sacerdote, a  cui  dalla Chiesa venne riserbato in proprio il calice,
recato dall' angelo al profeta Elia fuggente da Acabbo, di  cui  è scritto [...OMISSIS...] E veramente l' uomo non ha altra
dall' aver Cristo in se stesso. E la vita di Cristo, di  cui  l' uomo partecipa cibandone il corpo sacratissimo, è tanto
avendo anche l' anima quella specie di morte naturale di  cui  abbiamo parlato, oltre la morte del peccato. Sicchè gli
maggiore di santità e di unione col fonte della santità di  cui  quelli si vantaggiano, ma altresì rispetto alla condizione
al presente dee fare tutte queste cose mediante la fede di  cui  vive (1), per la quale egli le fa senza averne la piena
perchè non sono degni nè atti di vedere Iddio in  cui  è Cristo, nè è degna o atta di vederlo quella vita, quell'
nostra vera vita, è nascosto al presente in Dio, alla  cui  destra egli siede. Tuttavia voi vivete, benchè non abbiate
anche noi la nostra carne, come ha fatto Cristo, la  cui  carne era innocente e solo per sua volontà ebbe condizione
e passibile, per aver voluto assomigliarsi a noi, la  cui  carne materiale, non solo mortale ma corrotta, è veramente
metterci. Di questa « vita nascosta con Cristo in Dio », di  cui  in questa terrena peregrinazione vive il cristiano, accenna
ed ineffabile, di lui a noi, parte di quella vita di  cui  gode egli stesso, e così ravvivare la nostra vita
All' incontro l' umanità di Cristo, per la virtù divina di  cui  è informata, poteva operare fisicamente e in modo
stesso amore del quale ama il suo Figliuolo diletto in  cui  si compiace, [...OMISSIS...] e le preghiere de' quali,
fede in Colui che toglieva e cancellava i loro peccati, i  cui  meriti per la fede si sarebbero loro applicati. Quindi gli
[...OMISSIS...] giacchè non vi ha la vita soggettiva di  cui  parliamo dove non vi ha carità, almeno abituale, non
fu manifestato ai Santi, e non dicendosi a tutti quelli  cui  fu predicato, ben s' intende che l' Apostolo parla d' una
santità; ma tutto vi è velato, e in un modo sentimentale a  cui  non giunge o debolmente giunge la riflessione generatrice
essendone suscettibile, come quello che è immutabile, ed in  cui  non cadono accidenti di sorta. Ma è da riflettere, qual
(assolutamente reale), ma non è nelle creature stesse, la  cui  esistenza propria è soltanto soggettiva, di maniera che
negli adulti. Questi sono quei doni e quelle grazie, di  cui  parla il sacrosanto Concilio di Trento come dispositive
si contiene. [...OMISSIS...] Di poi viene la fede, di  cui  così lo stesso ecumenico e sacrosanto Concilio:
le quali persone sono come membra di quel corpo mistico di  cui  il Verbo è capo. Nulladimeno, atteso che questo capo, cioè
seguente conghiettura. La carne ed il sangue di Cristo, in  cui  si è convertita la sostanza del pane e del vino, è termine
non ci avrebbe nell' Eucaristia tutto il Corpo di Cristo. A  cui  si risponde che appunto perchè il Corpo di Cristo è unico
che si comunica in grazia diventi un solo principio. A  cui  si risponde, che l' immedesimazione de' principii non ha
suo corpo naturale, come abbiamo di sopra accennato, e per  cui  fu esaudito, come dice S. Paolo, quando pregò d' essere
ma tutto ciò nell' ordine della mente e del sentimento in  cui  non giace la santificazione. Perocchè è da osservare che
cioè « vede me come Verbo, e in me conosce il Padre mio di  cui  sono l' imagine ». Laonde colla Eucaristia si completa
col corpo di un fedele, sia diversa da quella parte con  cui  più strettamente si lega il corpo di un altro fedele; e
secondo il terreno o secondo la qualità della pianta in  cui  viene innestata. L' unione poi dei fedeli fra loro, l'
determinazione e l' attività sua dal termine immanente con  cui  è legato per sintesi ontologica, e il termine del principio
la società dell' uomo con Cristo ordinata dal Padre, di  cui  dice l' Apostolo: « Fidelis Deus, per quem vocati estis in
massimamente nelle creature intelligenti e libere, di  cui  l' atto soggettivo, che può essere di maggiore o minore
dare l' atto soggettivo dell' amore se manchi l' oggetto  cui  amare, secondo l' adagio voluntas non fertur in ignotum;
dal soggetto. Nell' ordine della vita soprannaturale, di  cui  parliamo, l' oggetto immediato è sempre Cristo. Ora l' atto
lo ami. Il Verbo si rimane distinto dal soggetto uomo in  cui  dimora per quella differenza che v' ha fra l' oggetto e il
apporta una interna pace e consolazione in coloro in  cui  abita: felice quella famiglia che è composta di persone
una volta; e quanto rari e pochi esempi non sono quelli in  cui  Iddio ha tutto in un tratto cavate altrui le spoglie dell'
quel tesoro di sapienza divina ed umana, quel Paolo,  cui  solo il nominarlo supera qualunque elogio, egli non
vi diriga; allora assicuratevi quello esser l' organo per  cui  Iddio vi vuol ricolmare delle sue grazie: allora mettetevi
della sacra Scrittura e delle pubbliche preci, di  cui  per poco è composto il libro, e che hanno tanto d' unzione
piacere, ma ben anche con ammirazione della saviezza, di  cui  Dio l' ha fornita. Mi pare di entrare perfettamente nelle
trovare, per quanto cercassi, nè pure un prete solo, su  cui  io potessi fondare speranza di averlo come membro. Questo
santa, e che a Dio solo sono noti gli infiniti ornamenti di  cui  tuttora a' suoi occhi risplende: conosco che i buoni hanno
d' una unità cristiana: non per motivi di questa terra, in  cui  non aspettiamo nè cerchiamo requie, ma per le ragioni dei
usassimo gli atti amorevoli che gli convengono, e da  cui  può ritrarre un vero vantaggio! Introdotta questa comunione
idea non mi sembra impossibile oggidì, colla facilità a  cui  sono ridotte le comunicazioni vicendevoli e, per la qualità
o procedendo in tal modo le cose, debbe venire l' epoca in  cui  non solo al fervente cattolico, ma a quello stesso che solo
sue idee? Ho interpretato con verità i pii sentimenti, di  cui  arde Ella, mio sig. Marchese, e ardono tutti i buoni
che mai potessi, basta che mi venga accennato il modo in  cui  io potrei giovare. Il tenore della mia vita e le molte
giovare. Il tenore della mia vita e le molte brighe da  cui  sono distratto, e per cui Dio sa quanto stretto conto dovrò
mia vita e le molte brighe da cui sono distratto, e per  cui  Dio sa quanto stretto conto dovrò rendere, fa sì che io sia
appunto di Gesù Cristo che arriva fino al sangue, e per  cui  S. Paolo diceva di essere crocifisso al mondo e il mondo a
pensava, invidiando quei primi tempi del cristianesimo, in  cui  i fratelli , come si chiamavano, erano un solo cuore ed un'
sono contrari nel loro pensare, come la terra e la luna. A  cui  perciò giovano dei libricciuoli brevi, ma calzanti ed
giovano dei libricciuoli brevi, ma calzanti ed eloquenti; a  cui  sono più utili delle opere grandi e sistematiche. Malgrado
so e posso, ad occuparsi nell' opere sì bene ideate, e da  cui  si può certamente promettersi, colla grazia di Dio, del
fra le quali anche la composizione di qualche libro, in  cui  già mi sono inviluppato, mi tolgono la possibilità d'
e delle lettere in codesta città, della libreria di  cui  Ella è custode, delle sue occupazioni che sento essere
della sua santa opera! Così si può dire di ognuno, a  cui  il Signore ispirasse l' esecuzione di qualche disegno utile
del prossimo. In fatti la religiosissima sua lettera, in  cui  traspira la sua bell' anima e il suo ardente amore di
a parlarmi di quello che sommamente mi è gradevole, e di  cui  Ella sa così bene e così caldamente parlare. Il suo
io ben li credo quei piaceri purissimi, e soavissimi, di  cui  mi dice Ella di godere molte volte! Sono tali i piaceri che
universale de' cristiani gusti il succo, per dir così, di  cui  sono pieni gli uffici e le preghiere della santa Chiesa,
in disuso, la poca istruzione che vi è nei cristiani, per  cui  difficilmente oggidì gustano certe idee sostanziose, ma
e pii e gentili e congiunti per la più soave amicizia, a  cui  Ella è capo. Oh quanto è preziosa, massimamente ne' nostri
è intrinseca. Tutto quello che è fuori della virtù, a  cui  spetta l' unità in sommo grado, è molteplice, e però fra sè
hanno lezioni proprie adattate a quel tempo festivo in  cui  cadono. Avvegnachè la Chiesa tutto l' anno celebra le
scontriate il comune delle ferie, cioè di quei giorni in  cui  non si celebra alcun Santo: di poi le feste mobili, e con
dalla perfettissima instituzione di Gesù Cristo, a  cui  si avvicina? In questo modo si otturerebbe maggiormente la
divisione invece di maggiore unità nella santa Chiesa, il  cui  corpo veramente tanto è più bello e più forte, quanto è più
ha capito da tutto questo, quale sarebbe il disegno, su  cui  (se a Dio piace) io bramo ardentemente di vedere eretta una
cominciare a scusarmi per questa mia troppa diligenza, per  cui  vengo sì presto a disturbare V. S. Illustrissima, occupata
dirò così, mostrato come a Mosè il modello dell' Ordine, a  cui  instituire erano preordinati. Su questo fondamento
è tanto facile ch' entri d' ogni lato il rilassamento, per  cui  infine, come ella riflette benissimo, non possa sussistere.
de' religiosi, appunto per questa perfezione di carità a  cui  stabilmente si trova astretto; e come gli altri
debbe dipendere dal Senato, dirò così, del superiore, da  cui  vengono le ubbidienze impreviste, tanto pei posti a cui
da cui vengono le ubbidienze impreviste, tanto pei posti a  cui  fosse aggiunto onore, come ignominia. La sola saviezza di
non sono comprese naturalmente quelle precauzioni, da  cui  tutto debbe essere munito. La prego oltracciò d' avvertire
di due cose, del cuore umano, e dello stato del mondo a  cui  si cerca di giovare. Se non si conosce lo stato del mondo,
La cosa più di tutte necessaria è la prudenza , con  cui  si debbe usare la carità . Ora questa non s' acquista senza
di tutto quello che non entra nel loro circolo, e di  cui  per ciò non intendono la importanza; e in conseguenza
a me piacciano quelle sue parole, che la Congregazione, di  cui  è il discorso, « germogliasse veramente sul Calvario tra
se la supplico a meditare bene questo grande affare, da  cui  potrà venire tanto bene alla santa Chiesa, quando ciò sia
uno stato di preparazione a tutti quegli uffici di carità a  cui  Iddio li destinasse. Come tutte le Società, così anche
secondo i bisogni e le intenzioni della Chiesa di G. C., la  cui  gloria solamente debbono avere continuamente innanzi agli
tenore dello spirito di raccoglimento e di preparazione, da  cui  vorrebbe essere animata questa Congregazione, debbono
principalmente tre riguardi; cioè: 1 la perfezione con  cui  si possa eseguire l' opera caritativa; 2 l' esistenza dell'
più da vicino Gesù Cristo loro Redentore e Sacerdote alla  cui  imitazione sono consacrati; e perchè la Congregazione di
volontà divina. Per ciò stesso poi il sistema, con  cui  l' unione dei Sacerdoti della Carità pensa di regolarsi, si
tale concetto, per sentire se mai ostasse alcuna cosa, per  cui  il medesimo non dovesse essere eseguito, ovvero anco per
della Carità rivolta a cooperare a questo sviluppo, a  cui  tende la Chiesa di Gesù Cristo, non ha in vista se non
principalmente tre riguardi; cioè 1 la perfezione con  cui  si possa eseguire l' opera caritativa; 2 l' esistenza dell'
che in qualunque modo giovi alla salute del gregge: per  cui  lo stato del pastore è stato perfettissimo. Ma per quello
ho avuto sempre presente la sua stimabile persona, della  cui  amicizia mi compiaccio come d' un vero tesoro. Da qualche
ottimi semi posti in questa terra fertile da San Carlo, di  cui  per tutto si veggono non solamente le grandi opere di cui
cui per tutto si veggono non solamente le grandi opere di  cui  ha ornato la città, ma ben ancora il vivo spirito. Il culto
della nostra religione partecipa di quella forza divina di  cui  la nostra religione è fornita. Per comprendere questo,
anche la facoltà dell' imaginazione è un dono di Dio, di  cui  dobbiamo essere molto grati, quando rivolgiamo l'
non piace la vita che conducete. Le fatiche materiali, a  cui  v' obbliga la scuola; le molte ore della giornata e le più
lascierà per sempre, entrando nudo in quella terra da  cui  è uscito e senza avere fatto nulla per l' ETERNITA`! Se
al capezzale della morte, poveri di tanti meriti di  cui  potevamo arricchire; di comparire al tribunale d' un Dio
sa in quale stato allora io mi trovi! forse in uno stato da  cui  voi rifuggirete. Pregovi perciò solo d' una cosa: di non
questa pietosa. In questi sei mesi molte cose ho fatte, di  cui  quanto diletto avrei se potessi parlarne con voi a voce!
ogni cosa più per minuto che potete delle circostanze in  cui  vi trovate, e delle occupazioni in cui dividete la vita.
delle circostanze in cui vi trovate, e delle occupazioni in  cui  dividete la vita. [...OMISSIS...] 1.27 Voi vorreste sapere
mi sparge di fiori veramente questi aspri sentieri, in  cui  da per tutto trovo degli ingegni caduti, precipitati.
ricevute. Le osservazioni di quei degni soggetti, di  cui  l' E. V. ha avuto la bontà di sentire il parere, spero che
è obbligato già precedentemente di fare dallo stato in  cui  si trova: gli stessi voti religiosi, non solo di loro
dirò così, che un sistema di mezzi a fare bene ciò a  cui  si è precedentemente obbligato. Ritenendo questa
i Sacerdoti della Carità sono nella stessa condizione in  cui  si ritrova qualunque fedele desideroso di santificarsi:
Instituto, estimata secondo il giudizio dei Superiori; per  cui  si vede che lo spirito di questo Instituto porta, che il
ciò che comandano sia del maggior bene spirituale di quelli  cui  lo comandano; poichè la carità verso di questi e la loro
possiede; e la lite dovrebbe farsi a spese del soggetto a  cui  spettano i beni di cui si tratta. Ciò che tal cosa può
farsi a spese del soggetto a cui spettano i beni di  cui  si tratta. Ciò che tal cosa può avere di poco conveniente è
voglia positivamente intraprendere tutto ciò a  cui  non si limita: il che se fosse, bisognerebbero dei soggetti
quarto paragrafo, oltre notarsi l' estensione del piano, di  cui  ho parlato, si nota l' estensione del voto dell'
perchè non ammette esclusione di oggetti intorno a  cui  si possa esercitare la carità; è anche limitata a quel modo
degli studi, e di tutti i mezzi di preparazione di  cui  l' Instituto intende di non trascurare nessuno; a malgrado
assicurare dell' umana malizia e dell' umana debolezza, per  cui  delle persone che avranno anche date tutte le prove e che
i lumi che crede necessari. V. Em. è la sola persona, in  cui  abbia piena confidenza: la natura del piano fa sì che vada
nel nostro talamo . Oh quanto sono dolci le caste rose, di  cui  tutto è cosperso! oh quanto è magnifico questo talamo agli
di Salomone! Beato dunque io vi credo di tale sposalizio, a  cui  il Signore vi vuole elevato. Ma vi potrò tacere, mio caro
Essendo voi di Ignazio, non cessate di essere di Gesù, di  cui  sarò anch' io, lo spero, e perciò saremo al servizio dello
tanto più quant' essa è tutta fiorita, come la stagione in  cui  siamo, ed invita come essa i nostri pensieri a sollevarsi
così sento che dice il mio, per la grazia del Signore, a  cui  male rispondo. Non v' ha nulla di più dolce di questa
che voi diciate nella soluzione del difficile caso, in  cui  si collidano insieme i doveri verso all' obbedienza e
». Iddio solo può tenerci lontani da quegli accidenti, in  cui  la virtù più forte può essere messa a pericolo, e che non
pronto anche a predicare, a confessare, a fare tutto ciò, a  cui  siete meno portato dalla natura, o meno inclinato dall'
o ad un altro, secondo che i superiori stimano meglio: per  cui  la prudenza dei superiori guidata dalle regole stabilite è
dei superiori guidata dalle regole stabilite è ciò sopra  cui  insiste tutto il buon esito delle fatiche della società. La
in soli quei casi, ne' quali la prudenza del superiore a  cui  spetta, giudica ciò opportuno: cioè in quei casi, ne' quali
la società abbia veramente quella persona da fidarsi, a  cui  commettere senza pericolo, e con morale certezza di buon
che questa persona non l' ha, o fino che il superiore a  cui  spetta mandare, non giudica in coscienza di averla, non è
qualche parte di vero, e che non sia questo un disordine su  cui  debbono gemere tutti quelli che amano sopra tutte le cose
nè assolutamente; quest' ovile, queste pecore per  cui  l' Uomo7Dio ha dato il sangue, e delle quali ha detto, che
che si porta alla Chiesa di Gesù Cristo, è il fine per  cui  il religioso debbe amare il suo instituto; l' amore che il
società religiosa, amando se stesso nella congregazione a  cui  appartiene; non si dividerà dalla carità di Cristo per
non avvenga se non al presentarsi dei casi particolari, in  cui  la prudenza dei superiori giudichi che quel dato membro
abbandonata; primieramente perchè il Signore stesso, per le  cui  pecore si lavora, ci penserà: di poi perchè chi ama il bene
è tuttavia utile che sieno addetti ad un corpo, in  cui  vi sieno tali dignità, e non sia un' aggregazione di
poco quella prudenza che vi ho tanto raccomandato, e di  cui  abbiamo tanto bisogno. Mio caro amico, lasciate che vi
nella quiete e nella oscurità del suo stato naturale, in  cui  Dio l' ha posto, tranquillissimo, contentissimo. Può essere
con questi mezzi; mentre non vogliamo se non far ciò, a  cui  il Signore ce ne somministra degli altri: [...OMISSIS...] .
sua misericordiosa generosità. Ecco lo spirito, mio caro, a  cui  ho desiderato e desidero di conformarmi, e che sarà pure
Gesù santifica tutti gli affetti naturali, e li dirige, per  cui  non ci accecano, ma anzi ci aiutano ad adempiere tutto ciò
rendimento di grazie, per ottenere quel vero bene, fuori di  cui  non c' è del bene che l' apparenza. Quanto Ella fa
non ci darà tutte le grazie necessarie alle circostanze in  cui  ci troviamo? Egregiamente; dunque ai piedi del Crocifisso
perchè questa via è tutta d' un ordine soprannaturale, a  cui  nulla valgono le forze naturali, ma solo quelle che vengono
inquietudine che a malo est . Egli è questo il tempo in  cui  vuole il Signore persuaderci di una grande verità, che egli
et pax »: quiete e tranquillità nel nostro Signore, a  cui  mi raccomandi. Io pure il fo indegnamente. Mentre scriveva
dello stato del suo corpo a quello del suo spirito, di  cui  ben conosco qual sia il segno diletto: è di legno anzichè
nello studio della religione, verrà un momento, in  cui  riconoscerà il bisogno di mettere a prova le idee ricevute.
E perchè adunque imbarazzarsi cogli scrittori, il  cui  dettato non viene da Dio, sebbene abbiano un' apparente
e desidero ancora che Ella voglia accettare il candore, con  cui  le parlo, quale pegno del più grande interesse che prendo
formare. Io finisco abbracciandovi caramente nel Signore, a  cui  solo sia gloria per tutti i secoli, amen . Maria nostra
ci potremo gloriare nel Signore! Ma la stessa incertezza in  cui  viviamo di noi stessi e della nostra giustizia, la maggiore
gloria della sua grazia; che avvenga il suo regno di  cui  Cristo è il Re, quel regno preordinato dalla costituzione
perchè in questi altresì si compia quella salute di  cui  Iddio si compiace. Godo moltissimo che si sia ascritto alla
Dio ne piace. Tante e poi tante cose ai suoi buoni figli, a  cui  voglio tanto bene, e sono tanto obbligato della
è di quattro: ma non è ancora venuto l' amico, a  cui  Ella manda i saluti: lo aspetto però, sebbene delle dure
più raro e sublime, come è quello che hanno i cristiani, a  cui  è caro Gesù, egli è impossibile che non senta il suo
cosa tutti con Gesù, in Dio Padre, pel santo Spirito! a  cui  gloria in tutti i secoli. Amen. [...OMISSIS...]
comunicatami, è il seguente: 1 Circa la convulsione da  cui  Ella si trova assalita del pianto e del riso ne' momenti di
rispetto profondo da noi dovuto alla divina Provvidenza , i  cui  arcani non dobbiamo temerariamente indagare; ma adorare
pure occasione di esercitare quei tratti di carità, di  cui  l' età senile ha bisogno; e voi saprete gustare il piacere
del nostro maestro. Assuefacciamoci a tutto ciò a  cui  egli ci vuole assuefare; e, per non prendere un' impresa
scarsi d' assai di ciò che si richiedeva per l' affare di  cui  si trattava. Ora permettetemi che io vi dica che, se la
di continuare ad applicarmi nei lavori scientifici a  cui  sto attendendo, con delle parole così gentili, che ho
tutto ciò egli uscì a parlarmi del nostro comune affare, di  cui  era stato prevenuto favorevolmente, massimamente dal
anche solo considerando i tempi nostri e le circostanze in  cui  viviamo ». Qui cominciò a parlare d' una Congregazione che,
Tutti e due meritano di essere incoraggiati alla virtù, a  cui  sono rivolti, colla dolcezza e coll' affetto, mezzi a'
che spese ad assistere un moribondo, dopo un giorno in  cui  non avea trovati che pochi momenti da pranzare e cenare
è vero, ma niente varrebbe senza la grazia del Signore, da  cui  viene la vera fortezza. A Dio. Tanti miei complimenti in
Gran conforto mi dà il pensare che verrà il giorno in  cui  li possederò vestiti delle stesse carni e delle stesse
se non per la forza di questi centri inconcussi, su  cui  la Chiesa stessa è fondata. Esaminando voi la carta che
potrete conoscere assai bene la natura di una società di  cui  non esiste che il piccolo seme, e potrete conoscere quanto
eremitaggio, e nulla più cerco. Faccia poi il Signore, la  cui  grazia sola desidero. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.30
stato, e se non potete voi, pregate di ciò il caro Quin, a  cui  farete i miei più teneri saluti. La morte della Marchesa
già il ristoro che saprete derivar alla tribolazione, in  cui  vi mette il Signore, dall' orazione fatta al piè della
i miei più affettuosi saluti. Continuatemi l' amore, di  cui  mi fido; voi pure fidatevi, che v' amo. [...OMISSIS...]
volta, o si prenderanno per argomento le Regole comuni , di  cui  vi manderò copia, coll' intenzione di ripetere le
che non siamo stati capaci di fare, mi disse una persona a  cui  l' ho insegnata, che la trovò efficacissima per acquistare
Ci si è aggiunto da pochi giorni un altro compagno, di  cui  spero bene: fu la Provvidenza sola che ce lo mandò:
occhi, Iddio in tutto e il nostro Signore Gesù Cristo, a  cui  solo onore e gloria ne' secoli de' secoli. Amen, amen . La
ed ingrandito. Più cose Le avrei da scrivere, in  cui  questa operazione mirabile della mano di Dio si vede ogni
amici nostri: in particolare Besi suo, e Gentili, a  cui  dica che aspetto lettera. Tornando dal Tirolo, mi sono
primo e la serenità e la calma al secondo. I sentimenti di  cui  avete riempita la vostra lettera, mi mostrano quel
interminabili e fallaci desiderŒ. Ma è questo un inimico, a  cui  dobbiamo fare una implacabile guerra, giacchè, se l' avremo
non conviene dunque pensare a tutto quello sviluppo, di  cui  parlano le costituzioni. Noi non ci dobbiamo pensare; è
nè mettere impedimenti: questo è un articolo essenziale, di  cui  mi riservo di parlarvi a voce. Noi non dobbiamo pensare ad
che la compongono: questo si può ottenere in ogni stato, in  cui  ella si trovi; dunque è sempre contenta e perfetta. Mio
e perfetta. Mio carissimo, questo è il gran travaglio, a  cui  si deve pensare sul principio, a formare i membri della
e sicurezza. V' abbraccio tenerissimamente nel Signore, in  cui  sommamente vi amo con tutti i nostri. [...OMISSIS...] 1.31
e carissimi sacerdoti nel Signor nostro Gesù Cristo, a  cui  solo sia onore e gloria, amen . Per quanto io sia misero e
e fin anche per la falsa prudenza di questo secolo, a  cui  noia infinitamente l' unità della Chiesa, giacchè nell'
società del Calvario, nella quale non ci è nessuno a  cui  io sia degno di allacciare le scarpe. E giacchè tengo che
nessuno, senza prima averlo scritto a me. La sola persona a  cui  li prego di comunicare tutto è il nostro stesso Monsignor
mia risposta. Non aggiungo altro. Amiamoci nel Signore, a  cui  solo ogni onore e gloria. Non viviamo che per lui, non
sempre lo stato presente come opera finita. Ciò in  cui  dobbiamo essere incontentabili, e dobbiamo vederci andar
buon effetto al loro santo desiderio. Vi ha una massima, su  cui  tutta si regge la piccola società del Calvario, e che n' è
quale sono ciò che le conseguenze verso il principio, da  cui  derivano. Or questa massima è la seguente: « di
divina volontà, e così di non contraddire a quel Dio, al  cui  possesso solo aspiriamo. Consideriamo seriamente, miei
la nostra ineffabile unità. Viva dunque Gesù, di  cui  siamo tralci; viva Maria nostra madre tenerissima e nostra
Abbracciate teneramente don Giulio, e tutti gli altri a  cui  posso estendere questa affettuosa confidenza. 1.31 Ella mi
e paziente meditazione di quella Teoria filosofica , di  cui  non ho finora messo in pubblico che la radice. Io desidero
adunque di vergogna per la nostra tanta presunzione, di  cui  portiamo la radice nel peccato originale, e che sempre
unico nostro bene, unico amore, unica felicità, fuori di  cui  niente vogliamo, ecc.. Così partiremo dall' esame
mi ha passato il cuore. Non c' è che mirare alla mano in  cui  sta la verga per consolarci, e son ben certo, e il veggo
nessuno è giudice in causa propria, nè pure il superiore, a  cui  viene assegnato chi pensa per lui; che tutto viene regolato
e questo caso deve ben essere raro in una società, in  cui  nulla è più raccomandato che la dolcezza verso gli altri
vincere la miseria umana, e conseguire quella perfezione a  cui  vi sentite chiamato. Ah! mio caro sig. Phillipps, è questa
a cotesta vostra patria, tanto degna d' affetto, a  cui  non posso pensare, senza sentirmi intenerire e piangere il
che Dio vi fa col darvi lume a conoscere la perfezione a  cui  vi chiama, e voglia di conseguirla: ed è un obbligo questo
di applicare ancora i mille anni dell' Apocalisse, di  cui  voi mi parlate. Il Signore sa tutte le cose, egli conosce i
non era nè pure in mio arbitrio, giacchè è il fine, da  cui  non si può prescindere, essendo stabilito non da me, ma da
a cercare le necessità del prossimo, perchè il prossimo, a  cui  dobbiamo accorrere, non è già rappresentato nel Vangelo in
ha giudicato che convenga riceverli per ubbidire a Dio, la  cui  volontà nelle circostanze esterne si manifesta. Un altro
dell' affare, senza darmi la trista nuova del pericolo in  cui  era la casa. Ma io non voglio, mio caro, che con me usiate
questo Istituto non hanno un particolare oggetto esterno in  cui  sia loro essenziale l' occuparsi, nè intraprendono cosa
scritte nella mente, sieno il fondamento e il principio da  cui  deducano poi quelle altre regolette più particolari che
i proponimenti fatti in Trento, le promesse date, di  cui  il tremendo giudice certamente vi domanderà conto. D' altra
uman genere, perchè è finalmente la causa di Gesù Cristo, a  cui  è data ogni podestà in cielo ed in terra. Credo che molto
buona quello splendore che penetra ovecchesia, e a  cui  nulla s' agguaglia: o, per dir meglio, gli uomini si
po' meditato sui bisogni dell' umanità e sulla malattia da  cui  è travagliata: non parmi che sia un puro e vano sentimento
avventurati, i travagli per Cristo. In quanto alla casa di  cui  sono livellario, io la metto in pienissima disposizione del
che benedicono ogni giorno il cielo per la contentezza di  cui  godono. I Superiori ancora possono sciorre i membri da'
alla protezione della Vergine, nostra carissima Madre, da  cui  dobbiamo aspettare ogni lume e conforto. Sì, la cara e
mezzo di ottenere questa grazia, che è il solo vero bene di  cui  abbisogniamo, se non quello di fare opere della sua gloria,
rivolge finalmente a Dio, quasi per una felice necessità di  cui  si serve la grazia, ed in Dio intieramente s' abbandona; ed
che sarà per noi mai questo mondo corruttibile, sopra  cui  ci siamo immensamente innalzati? Allora sentiremo tutta la
altro, se non per fare la volontà di quel Signore appunto a  cui  notte e giorno dall' esilio sospiriamo. [...OMISSIS...]
che i difetti, se ce ne ha, vedrà ed amerà le rare virtù di  cui  il nuovo vostro Padre va fornito, e con una carità che
Istituto. La relazione che l' Istituto ha coi vescovi, di  cui  l' Em.mo desidera special contezza, la troverà chiaramente
che or venite ad avere sempre sott' occhio, e ne'  cui  teneri cuori dovete coltivare le care virtù proprie dell'
che vi abbisogna, e di prepararvi allo stato chericale, a  cui  sarete ascritto ricevendo la chericale tonsura. E dopo che,
sono ancora, dalla casa di Trento. Ora sono con voi, la  cui  lettera mi fu carissima, per le notizie genuine che di voi
: perchè altrimenti, se non fossimo convinti che ciò di  cui  formiamo materia di pubblica accusa non fosse nè pure
ricevuta dal superiore dell' Istituto della Carità a  cui  è soggetto ». La prima questione può essere controversa, ed
vi trovereste alla fine privo di tutti quegli appoggi di  cui  ora vanamente vi lusingate. Di questo ho moral certezza, e
di troppa sicurezza: « debbo disingannarla di un errore in  cui  so essere stato ecc.. Tanto Ella che Don Giovanni hanno
né per questo dobbiamo negarlo. Sa il bambino lo scopo a  cui  dovrà tendere nella Famiglia, nella Patria, nell'umanità?
fulminati, sotto i nostri monti vulcanici. Ciò di  cui  importa conviverci è questo che, qualunque sia il fine
conviverci è questo che, qualunque sia il fine verso  cui  tendiamo, noi non potremo scoprirlo e raggiungerlo, se non
e degli atti che vi si accostano. Gli atti e lo scopo verso  cui  camminiamo devono essere sottomessi al giudizio di tutti.
dallo spirito e dalle consuetudini di quel governo sotto  cui  mi trovavo non cercando che la verità e quell' assestamento
del genere umano che appartiene alla società teocratica, di  cui  ne è l' abbozzo; questa maniera di concepire e di
concepì un potere vago ed assoluto che dovesse far tutto, a  cui  nulla fosse illecito, nulla ingiusto, da cui ogni altro
far tutto, a cui nulla fosse illecito, nulla ingiusto, da  cui  ogni altro potere derivasse, ogni altro potere dovesse
ufficio; nè lo possono esercitare alla meglio se la società  cui  presiedono non è costituita regolarmente: il loro unico
parziale: una opinione che riconosce in altrui il potere a  cui  obbedisce, e a cui si porge come cieco stromento dei suoi
che riconosce in altrui il potere a cui obbedisce, e a  cui  si porge come cieco stromento dei suoi voleri. Che cosa
a chi spetti il diritto di comandarle, ed a quel primo in  cui  crede di vederlo, a quello obbedisce. Nè pure una masnada
elemento morale, sebbene disguisato e guasto dal mal fine a  cui  si assoggetta; perocchè l' obbedire al comando suppone,
volta ella crede che le sia stata fatta ingiustizia; per  cui  si può dire che l' ingiustizia sia la ferita dell' ente
essere riparati dal peso enorme del sociale potere sotto  cui  altrimenti sono in pericolo di venire schiacciati. Giacchè
dunque è impossibile di levare dalla società il caso in  cui  non si ritrovi la detta tentazione. Quando anche le forze
di tutti, la buona fede, la rettitudine, la moralità, su  cui  riposa la tranquillità e l' esistenza stessa del genere
coscienza dei governatori: questa coscienza e i lumi di  cui  è fornita, qualunque sia, è l' unica guarentigia dei
è una resistenza più durevole, allora viene il momento in  cui  vi ha rivoluzione. Se il lavoro di cui parliamo, che rende
viene il momento in cui vi ha rivoluzione. Se il lavoro di  cui  parliamo, che rende il popolo voglioso di guarentigie si va
rovescia di nuovo il governo e ne fabbrica un nuovo da  cui  tutto si spera: la giustizia e la libertà si proclamano e
pari alla metà dei membri di una Camera. Il Tribunale di  cui  parliamo non deve già essere un' inquisizione; anzi nulla
i grandi sconvolgimenti delle società civili ed i mali a  cui  esse si trovarono continuamente soggette condussero talora
regolare, la quale sia come la regola e l' ideale a  cui  paragonare le società civili sussistenti, e conoscere i
della società naturale, possano muovere la società, a  cui  appartengono, verso la sua perfezione, rivolgendo tutte le
mediante la società, si debbono prender da essa le leggi a  cui  il cuore umano è sottoposto, le diverse trasformazioni ch'
tuttavia rimanesse venerabile come un tipo di perfezione a  cui  avvicinarsi, da cui solo si può prendere tutto ciò che si
venerabile come un tipo di perfezione a cui avvicinarsi, da  cui  solo si può prendere tutto ciò che si può far di bene sulla
prendere tutto ciò che si può far di bene sulla terra, ed a  cui  si debbe raffrontare ciò che fatto si trova per conoscere
ma egli è falso, che la perfezione non sia lo scopo a  cui  debbono tendere tutti i voti e le azioni degli uomini. Egli
gradi e tutte quelle parti di una estrema perfezione di  cui  l' uomo è suscettibile. A tenore di queste idee abbiamo
non sia ancor successo alcuno di quei casi accidentali per  cui  viene accelerato il tempo agli uomini che si trovano nello
dove che sia, senza rispetto a' diritti di quelli nelle  cui  mani sta già per giusti titoli il regolamento della
non è che una serva della prima. Queste tre branche in  cui  vien diviso dal progetto della Commissione il civile
del Tribunale. Venuto adunque il giorno della sessione, in  cui  la Commissione doveva riferire ai Padri lo stato dei suoi
s' erano ragunati. Dimostrò ancora che questo Potere, a  cui  si sarebbe commesso di stabilire la modalità dei diritti di
mentre anzi noi protestiamo aver in animo che la società di  cui  si tratta debba essere rivolta a difendere imparzialmente
è diversa secondo la diversità dei diritti stessi: per  cui  adesso che si deve procedere a stabilire un potere
fosse costituita sulla Giustizia, che era la prima base su  cui  erano convenuti, si doveva nel fondarla attenersi
indigenti, ed è impossibile che v' abbia alcun uomo a  cui  questa voce sia totalmente straniera e che parlandogli al
ad una stessa società generale qual' è quella in  cui  sono gli uomini per la comunanza della natura. Ma questa
e non possono per ciò entrare in una società, il  cui  scopo è l' amministrazione della proprietà, poichè non
dunque aggiunge bensì qualche cosa allo stato di natura in  cui  si trovano presentemente le famiglie, ma non è già che
si può dire ch' egli non sia altro se non un mezzo per  cui  si conservi lo stato di natura. I diritti sono nello stato
promulga: ed essa è quella che fa quello stato di natura,  cui  il potere civile non può distruggere nè produrre: quello
distruggere nè produrre: quello stato di natura umana in  cui  gli uomini sono legati fra loro per affezioni ad essi
occupare nella società ciascuna delle quattro classi in  cui  si divisero tutte le persone da associarsi: in tanto si
di far osservare che nella proposizione fatta, e sopra  cui  si rivolge la presente discussione, non fu già detto solo,
cadde nell' anarchia; fino a che tali uomini sapienti, il  cui  merito proclamato da se stessi diede loro la filosofica
moglie; e che finalmente veniva quello del padrone, il  cui  titolo non riguardava altro che l' operazione del servo a
trovasse nella detta società quella rappresentazione di  cui  è suscettibile, e che si può accordare colla giustizia. Per
la società glielo restituisca? e potrà l' uomo libero, a  cui  è più cara la vita intellettuale della corporea, ritrovare
sebbene non proprietarŒ, uomini cioè che hanno una vita  cui  nessun potere può loro restituire dopo tolta e dei costumi
per campare la vita? quest' è una derrata sporca, sopra  cui  nulla si può calcolare fino che non è stata appurata dall'
nulla a temere nei tempi di sterilità, nelle calamità a  cui  può soggiacere l' industria, il commercio, e i mestieri,
quale ricchezza, se quella è ricchezza, più incerta e su  cui  meno debba appoggiarsi il provento di una generale
continuamente mutabile di valore, di un valore sporco per  cui  si debbe detrarre dal medesimo il mantenimento dell'
dell' individuo e fors' anco della sua famiglia, a'  cui  bisogni egli può non bastare nè pure nel tempo del suo
alla patria che quanto dà il mercenario al padrone al  cui  soldo lavora: è un contratto che fa colla sua patria: e se
non può, dico, incaricarsene perchè non ha il mezzo di  cui  parliamo, ma può goderne perchè l' Amministrazione che se
che egli ha, ma bensì far uso di tutte le sue azioni, per  cui  non resta più al servo alcun modo di provvedere a sè
questi non ne ha il modo, egli diventa uno di quei casi in  cui  la giustizia non ha il pieno suo effetto, non per mancanza
in tal modo costituiti dalle due specie di diritti a  cui  convenivano due specie di rappresentazione. In ogni specie
2 quello di esser pronte, nei casi controversi in  cui  l' una si richiama d' essere stata offesa dall' altra, a
dai proprietarŒ, perocchè non avendo essi nessun fondo da  cui  ritrarre con sicurezza il loro mantenimento ed
che non v' ha nessun mercenario preso individualmente, la  cui  esistenza non sia precaria, e la cui libertà non sia
individualmente, la cui esistenza non sia precaria, e la  cui  libertà non sia dipendente dal corpo dei benestanti, da cui
cui libertà non sia dipendente dal corpo dei benestanti, da  cui  sono pagate le mercedi, sicchè se i benestanti volessero,
il conoscere che fu introdotta nell' umanità, e di  cui  non porta in sè medesima la necessaria esecuzione: il
di mantenere costantemente un numero fisso di mercenarŒ. A  cui  la Commissione rispose: che no: che il corpo dei mercenarŒ
benestanti perchè l' umanità, di fatto e per una legge a  cui  irrefragabilmente obbedisce, non può ad occhi aperti nè
comune del prezzo, una materia che abbia qualche valore a  cui  paragonare le altre; e il danaro generalmente introdotto
e consimili mormorii un' ampia dottrina del diritto, su  cui  opinava doversi formare la civile società: disse, che
o l' aumento dei diritti, i quali erano quei due scopi a  cui  finalmente tendeva ogni civile società. Mostrò come la
cercasse e procacciasse l' utilità, erano i due perni su  cui  si volgeva tutta la società civile, a quel modo che la
per eleggere un membro al tribunale politico, nella  cui  elezione non si doveva riguardare ad altri dati che alla
certezza fisica, e che escludesse ogni controversia; per  cui  anzichè ai dati esterni conveniva rimettersi in tali
cognizione e capacità che non sia a dare il voto di  cui  si tratta; poichè lo scopo di questi voti non è solamente
modo ch' ella si trova instituita presso varŒ popoli, in  cui  vi fossero già delle persone che s' incaricassero di tutte
solo punto della discordia, innanzi cioè che si sappia a  cui  delle due parti appartenga il diritto conteso. Se dunque il
Tribunale, nel qual tempo il Tribunale ancora non esiste a  cui  richiamare; ma questa piccola irregolarità, di natura sua
ma sì illimitata: cioè tale che non vi sia nessun caso in  cui  essi credano: d' avere all' esterno qualche diritto,
abusi: ma nuoce anche diminuire il grado dell' autorità di  cui  s' abusa: conviene ricercare quale più nuoca. Dio l' ha
sollecitudine del legislatore: allora è il caso in  cui  il legislatore concentra il suo studio nel prevenire
vi soddisfi pienamente; perciocchè quel mezzo ingegnoso con  cui  egli ha pensato di ovviare ai disordini, quelle sue
ordinate, sebbene partano dal principio che gli uomini per  cui  sono fatte sieno cattivi, tuttavia non possono mai supporre
politici foggiati su tale principio relativi al tempo in  cui  sono fatti, ed al grado di corruzione di cui sono arrivati
al tempo in cui sono fatti, ed al grado di corruzione di  cui  sono arrivati i loro autori a formarsi l' idea, durano un
sono in mano degli uomini, perchè non ve n' ha alcuno di  cui  essi non possono abusare. E` dunque da osservare
debbono esse contorcere e guastare per ovviare agli abusi a  cui  sono soggette tali relazioni per altro naturali degli
giovati coll' esser privati dei loro beni: ed è il tempo in  cui  la tirannia si proclama come la benefattrice del genere
quello di corruzione sociale; ma è uno stato di natura in  cui  gli uomini non sono legati insieme per falsi vincoli: in
gli uomini non sono legati insieme per falsi vincoli: in  cui  la ragione non è ottenebrata da vizŒ, o non è per una somma
da vizŒ, o non è per una somma ignoranza impotente: 2) in  cui  finalmente l' onestà e la giustizia non sono voci vane che
essere che accidentali e minori di numero dei casi in  cui  non abusano: questi casi dunque particolari di abuso non
le quali non apportino un colpo sopra dette autorità, la  cui  natura in somma consiste appunto nell' essere preventive e
mercenari. Prevedendo la Commissione che in quelli, nelle  cui  mani veniva a riporsi la pubblica autorità, potevano
dei falsi principŒ per non conoscere ben a fondo le basi su  cui  si veniva erigendo la civile società, si avvisò di fare
azione, la propria azione dunque è diversa dall' azione con  cui  si cautela, e questa viene dopo di quella: questa perciò
tante assurde costituzioni degli Stati, ed è quello da  cui  la Commissione temette con ragione che potesse venir
un governo sopra questo altro principio che fosse quello la  cui  forza per la divisione ingegnosa della medesima in diverse
condotti a fare delle riforme che alterino le prime basi su  cui  è costituito, o per dir meglio non siate costretti a
che adattato a pochi ingegni, e non, di certo, argomento in  cui  si possa esercitare con isperanza di riuscita la maggior
solo, non si avrebbe, come diceva, che un tal risultato di  cui  nessuno saprebbe il vero valore pratico; mentre nè l'
e nelle loro mani abbandonata. Quegli uomini, a  cui  è commesso il progetto di società, non sono solamente
distrugge prima, come vi diceva, lo stato di natura in  cui  siete presentemente, per edificare tal cosa di cui nessuno
in cui siete presentemente, per edificare tal cosa di  cui  nessuno può prevedere con sicurezza le conseguenze. Or via
avanti o indietro. Dovendo dunque voi fare una mutazione di  cui  l' esito vi fosse incerto per ottenere un fine, qual' è l'
adottata, era irrevocabilmente il principio secondo  cui  doveva la società stessa instituirsi. Quando sia così,
si riconoscesse nel tempo stesso potervi aver un caso in  cui  un diritto dei suoi membri venisse privato della
potere: e non debba verificarsi verun caso in  cui  il potere civile sia scompagnato dal possesso naturale
tale dichiarazione? quella stessa che avrebbe una carta su  cui  un uomo qualunque, od anche un fanciullo, avessero scritti
fa da sè ciascuno dei suoi membri o un promemoria di ciò in  cui  tutti convengono, non contendo di parole: questa
Intanto anche le basi qui dettate sono tali, pare a noi, a  cui  non si può ripugnare, perchè dedotte dalla rettitudine, e
mila lire fino a un milione, nella quinta quelle la  cui  entrata fosse dai nove fino ai dieci milioni. Ora vedete a
elettore al Tribunale, era nello stesso tempo un dovere a  cui  si obbligavano i padri di famiglia. Nella rappresentazione
danneggiata dal delegato, come sarebbe nel caso, in  cui  si potesse provare o la intenzione di nuocere col suo
Ogni Assemblea inferiore debbe eleggersi un Ministro, le  cui  attribuzioni sono le seguenti: 1 di convocare l' Assemblea
La Commissione propose, che conveniva stabilire i casi in  cui  le Assemblee inferiori si dovessero convocare, e fu
può far una causa simile verso un' altra persona, a  cui  sieno scemati i beni di fortuna. 3 Ciò che è detto nei
a suo luogo; e nella sentenza è fissato il tempo preciso in  cui  s' intende cominciata la mutazione. Dopo aver data un' idea
prevenzione sfavorevole quella istituzione così nuova, di  cui  nessuna traccia si rinvenga esser stata prima dei tempi
parmi che sempre l' abbiano desiderato, come cosa di  cui  la natura umana provava il bisogno; parmi che egli sia
il termine dei loro sforzi; perchè è legge fermissima, a  cui  le umane forze soggiacciono, che non ottengano la
il potere nelle mani di uno, e ridottovi così forte a  cui  nessuno possa resistere, tutti quei disordini son tolti
a forza. Il perchè è al tutto indiscreta la severità con  cui  si giudica dei superiori; esigendo ch' essi veggano i
un simile corso d' idee che fa lo intendimento umano, per  cui  l' uomo assai prima di giudicare di sè stesso giudica degli
dell' uomo; ma all' indole stessa dell' umana natura, per  cui  l' uomo crede non esserci niente da temere da parte sua, ma
nello stato di natura porta la pretesa di risarcimento,  cui  l' offeso verifica per le vie di fatto se l' offensore non
adunque, sintomo del diritto violato, è la ragione per  cui  gli uomini vogliono che sia resa loro giustizia; egli è
politico apposito, allora il giudizio è dato ad un terzo a  cui  di concordia le parti si rimettono. Un tribunale adunque
Ho ancora osservato nella prima parte la cagione per  cui  l' antichità amava tanto le Repubbliche. Non si era giunto
i re della terra un Tribunale, una giustizia, un Monarca, a  cui  rendere il conto delle arbitrarie sentenze. Conviene
due modi di fare il Senato cristiano o il Tribunale di  cui  parliamo; nell' uno l' Imperatore coll' Impero romano
Stati. Bensì dei due modi proposti, cioè in quello, in  cui  l' impero veniva conservato, i popoli pure conservavano a
l' impero veniva conservato, i popoli pure conservavano a  cui  avere ricorso ne' loro mali, cioè la Camera imperiale; e
Impero romano7germanico, verso il Tribunale politico di  cui  parliamo, e che noi grazie alle false teorie politiche dei
lungi d' essere una chimera è anzi quel fermo scopo a  cui  tende continuamente la cristiana società. Tuttavia nell'
doveva risultare dalla natura della religione cristiana a  cui  essi presiedono: di una religione cioè che ha fissato un
voglia che questi ritornino alla sapienza dei loro avi, da  cui  hanno ricevuto le loro corone gloriose e santificate. Sono
che è proprio del potere amministrativo , e viceversa; per  cui  non s' avrà mai la chiara distinzione fra i due poteri. E
rigenerate alla giustizia dell' Evangelio. Tutto ciò a  cui  si sono potuti elevare i romani si fu di staccare l'
gran tempo di naturale giustizia anzi che il Tribunale di  cui  parliamo: perciocchè il primo scopo del Tribunale di cui
di cui parliamo: perciocchè il primo scopo del Tribunale di  cui  parliamo sta tutto nell' interno della Repubblica, essendo
come un voto, un' intenzione uno scopo della natura, a  cui  incessantemente tende di condurre gli uomini, e che non si
dall' Amministrazione, o di avere un' Amministrazione in  cui  ci sia il detto squilibrio, e perciò di conservare nella
molteplice di tutte le altre. Questa è la modificazione a  cui  soggiace la Società umana passando dallo stato domestico e
considerata come la forza prevalente: allora è il caso in  cui  le contese non hanno più un oggetto personale, ma un
un oggetto personale, ma un oggetto reale, vale a dire in  cui  non si questiona e non si guerreggia se non per la
Ciò che nacque ai tempi eroici della Grecia, in  cui  cominciò l' organizzazione sociale mediante una militare
personale che è la legge della società domestica,  cui  susseguì la divisione delle terre, e venne ben presto la
ancora l' esistenza di un' Amministrazione perfetta, in  cui  la proprietà sia perfettamente equilibrata col potere
debbe sempre avere maggior forza, nelle costituzioni in  cui  questi due elementi rimangon confusi, dell' elemento
fronte delle cose. Ma invece di ciò, che si fece? I mali di  cui  era aggravata la Francia erano reali: si disse di volervi
volentieri le istantanee creazioni della loro mente, alle  cui  decisioni con una inconcepibile presunzione e cecità,
questa forza era in mano dei minori proprietarŒ, da  cui  avrebbero dovuto temere, quando anche non si fossero stati
non era che una conseguenza naturale della debolezza a  cui  s' erano ridotti; non fu difficile spogliare i ricchi
esperimentò Napoleone quando tornò a usare di quelli di  cui  avea fatte le fortune: tanto è vero, che i proprietarŒ sono
abbiamo detto si può vedere, che quella stessa ragione per  cui  la ricchezza terriera viene ad influire nel governo, vale
del governo: i mercatanti sono i nuovi proprietarŒ, la  cui  esistenza ha reso irregolare la forma del governo: perchè
è accorto della ragione politica di questa umiliazione, in  cui  si tenevano l' arti e i commerci. Dagli antichi proprietarŒ
Sig. Raynal menavano appunto ai furti politici, contro a  cui  invano ultimamente declamava. Aveva egli diritto quest'
intendimento di far una teoria sociale per li selvaggi di  cui  non hanno bisogno. Scrivendo dunque per gli altri uomini
la gente ricca; che perciò non sono mai i ricchi quelli da  cui  si debba temere la servitù, ma bensì i poveri, i cui animi
da cui si debba temere la servitù, ma bensì i poveri, i  cui  animi sono domati dal bisogno, e comperati con facilità da
quale è quello d' America. In una nazione che comincia, in  cui  le proprietà sono presso a poco eguali, come sarebbe in una
se questi non sono i proprietarŒ. V' è però un caso, in  cui  lo squilibrio fra la proprietà ed il potere amministrativo
si trova squilibrio fra la proprietà ed il potere, per  cui  lasciando tutti gli altri stati di squilibrio, i quali anzi
A tal fine non è bastevole di sapere, che quello stato a  cui  si vogliono applicare è governato a principe; ma bisogna di
che il principato assoluto. Questa fu la prima cosa di  cui  Dio ammonì gli Ebrei, quand' essi vollero un re. Egli
difendere la propria autorità. Ma all' incontro nel caso in  cui  il potere civile sia equilibrato colla ricchezza, allora
di potere civile e di ricchezza forma una forza a  cui  non ve n' ha nissun' altra che possa tener fronte: quindi
da preferirsi. In tutta l' Europa vi fu un tempo in  cui  il Monarca si unì per sostenersi col terzo stato. 1)
ricevuto dalla liberalità dell' imperatore Ottone, di  cui  s' era con ciò reso vassallo. Egli è ben naturale che i
nol volevano mai troppo ricco, e questa fu la ragione per  cui  dopo il grande interregno si determinarono di dar la corona
sulla finzione e non sulla realtà. Per altro la finzione di  cui  parlo fu universale di tutta Europa: e sembrerebbe a dir
in feudo. Ciò si faceva per i vantaggi e privilegi di  cui  godevano i feudi rispettivamente ai beni allodiali. Con
ed i giudici dei popoli, con quella facilità con  cui  si prende posto in un luogo vacante, o si occupa una
sapevano conoscerle nè il risentimento delle parti per  cui  era seguita l' ingiusta sentenza poteva muovere la nazione
ne fosse il proprietario. D' altra parte la condizione a  cui  era soggetto, cioè di non poterle ritenere per sè, e di
ed è ciò che faceva nascere quella finzione di proprietà di  cui  parliamo. Ma ben presto ci si accorse che quella finzione
esser di più della proprietà e però darsi lo squilibrio di  cui  parliamo fra la proprietà ed il potere. E questa debilezza
pieni di guerre, e la sua estensione è dovuta al bisogno in  cui  le nazioni si ritrovarono di dar al loro capo una forza
non ha riguardo che allo stato di guerra: ad uno stato in  cui  la nazione o debbe essere forte o debbe perire. In tali
non perderli intieramente. Egli è il caso, come diceva, in  cui  la modalità diretta dal principe prende una grande
questa costituzione non può durare se non in quel tempo in  cui  la modalità oggetto del governo, è nè più nè meno della
nè meno della misura fissata. Poichè venendo quel tempo in  cui  quel governo non abbia bisogno di usare tutta quella misura
si renderà tirannico; ed all' incontro in altro tempo in  cui  le esigenze del ben pubblico costringano il governo a
le guerre insorte tra' figliuoli di Carlo Magno, di  cui  ecco la disposizione che ne conseguì, e che narrerò colle
secondo i bisogni del paese. Laonde venendo il tempo in  cui  non si rendesse più tanto necessario di esercitare con
che tenendo dietro alle mutazioni successe nel tempo in  cui  furono dati i feudi. Carlo Martello, seguendo la
le parole e le difinizioni antiche alle cose nuove, a  cui  non sono applicabili, portò sempre un gran male nella
s' imaginava di ritenere in qualche modo una padronanza di  cui  non gli rimaneva che il nome. I nobili all' incontro che
nobili che non aveva limiti si impossessò di tutto ciò a  cui  poteva, sebbene assurdamente, attaccare il comodo titolo di
proveniente dallo spirito d' usurpazione della nobiltà, a  cui  i principi erano troppo debili per resistere, sebbene
si hanno degli esempŒ di principi che obbligavano quelli a  cui  conferivano qualche carica o dignità, di riconoscere con un
fatti a riconoscere l' esistenza continua della legge di  cui  parliamo, dell' equilibrio cioè tra la proprietà ed il
che l' altra, di appigliarsi all' uno dei due partiti a  cui  egualmente lo invita la legge feudale, l' uno dei quali non
nello stato. Il primo di questi due partiti è quello di  cui  abbiamo parlato, cioè ch' egli sia inclinato a donare e a
la legge feudale, cioè quei di Francia alle donazioni con  cui  ingrandivano i nobili, e quei d' Inghilterra al dispotismo
i nobili, e quei d' Inghilterra al dispotismo con  cui  gli opprimevano, che ne vennero poscia le conseguenze, che
equilibrio fra la proprietà ed il potere. L' errore di  cui  parliamo rende ragione del fatto che ci si oppone, ed in
che fosse media proporzionale fra quelle due estreme, in  cui  il potere civile nè fosse diviso in parti eguali fra gli
differirebbero essenzialmente riguardo agl' interessi di  cui  assumono l' avvocazia. A malgrado però che i diritti
speranza di fare una valida difesa, allora è il caso in  cui  lo stato si pone in convulsione, poichè la minorità fa
e le passioni sollevate: e questo è appunto il caso in  cui  il governo italiano nel secolo XIII venne in mano alla
Politico. Queste osservazioni spiegano la ragione per  cui  nei tempi in cui si avevano più nobili idee del governo, e
osservazioni spiegano la ragione per cui nei tempi in  cui  si avevano più nobili idee del governo, e in cui si faceva
tempi in cui si avevano più nobili idee del governo, e in  cui  si faceva più conto del suo vero splendore morale e
fosse più negligentata. Nei nostri tempi all' incontro in  cui  l' amministrazione si è tanto migliorata, la dignità del
esser riparati dal peso enorme del sociale potere sotto  cui  altrimenti sono in pericolo di venire schiacciati. Giacchè
dunque è impossibile di levare dalla società il caso in  cui  non si ritrovi la detta tentazione. Quando anche le forze
di tutti, la buona fede, la rettitudine, la moralità, su  cui  riposa la tranquillità e l' esistenza stessa del genere
sottomettervisi con dignità, e senza quelli avvilimenti a  cui  irreparabilmente soggiace il dispotismo, o tutto ciò che n'
dico, a quella somma ed irrefragabile legge sotto  cui  l' umiliarsi rende l' uomo degno di regnare? quale è e può
pregiudizŒ de' contemporanei ed i vizŒ de' trapassati, con  cui  hanno combattuto i loro secoli, e che vincenti o vinti
che ci tenga sempre nell' angoscia di perderla, e di  cui  godiamo tutti gl' istanti con quell' ansietà onde gode il
dalla vendetta che rallegra l' ira degli oltraggiati, e la  cui  aspettazione contamina la vita degli oltraggiatori. Nè vale
soffrire, o che dubitano che sia ingiusto; o di  cui  abbiano un pretesto di dubitare. Ed ora il solo Tribunale
di quella opinione non pubblica ma universale, contro  cui  tutto perde sua forza: di quella opinione dico dalla quale
mirasi il delitto di lesa umanità. Egli è dunque il caso in  cui  gli uomini si troveranno tutti uniti, non per un legame
egli è paruto che gli abbia anzi nociuto che giovato: per  cui  questa che è la massima la più universale e la più durevole
troveranno in essa il punto d' appoggio del Tribunale di  cui  parliamo. Si consideri che un carattere che questo
di una forza fisica prevalente quelle instituzioni la  cui  natura porta che sieno armate, e di cui l' intenzione non è
instituzioni la cui natura porta che sieno armate, e di  cui  l' intenzione non è palese, sicchè v' ha sempre ragione di
viene da Dio. L' esatta determinazione poi dello scopo, a  cui  debb' essere rivolto questo Tribunale politico nella
gl' interessi più cari e più grandi agli occhi di quelli a  cui  gl' interessi appartengono. Non è ch' io non conosca come
ingiusto occultare gl' interessi agli occhi di quelli a  cui  appartengono e a cui vedere perciò n' hanno il diritto: che
gl' interessi agli occhi di quelli a cui appartengono e a  cui  vedere perciò n' hanno il diritto: che ciò è sempre
quelli che ha il mondo generalmente: sentimenti d' equità a  cui  non si può ripugnare senza sedurre prima se stessi: e che
la società, e quest' è l' unico officio del Tribunale di  cui  parliamo. Egli è dunque evidente che il secreto di stato,
Tribunale sarebbe un dovere dell' amministrazione, di  cui  il Tribunale la scarica. L' amministrazione adunque debbe
pubblica, che fino a questi tempi mancano interamente e a  cui  per una inconcepibile spensieratezza degli uomini non si è
spensieratezza degli uomini non si è pensato giammai, ma di  cui  il mondo sente sempre più il bisogno, e le domanda e le va
bisogno, e le domanda e le va quasi a tentone cercando: la  cui  mancanza produce tante dissensioni e tante inimicizie; e
il quale fornito di una forza fisica insieme e morale a  cui  niuno potrebbe resistere, si crede facilmente disobbligato
era la condizione del mondo sotto la tirannia de' Cesari la  cui  dignità non era alla fine, come suona il nome d'
quale è stato sempre attribuito da tutti i secoli, ed a  cui  è stato individualmente congiunto; sicchè quando si è
ma alla parte opposta, cioè al popolo: delle due parti fra  cui  verte il giudicio lo rapiscono a quella nelle cui mani i
parti fra cui verte il giudicio lo rapiscono a quella nelle  cui  mani i secoli lo hanno consecrato per darlo alla parte
messo a quel partito le sue piccole forze intellettuali, a  cui  non sogliono essere messe negli altri uomini men di lui
o degli officiali civili non possono esser quelle a  cui  s' appartenga di comporre il Tribunale politico
la virtù: ecco i criterŒ unici che debbe proporsi colui, a  cui  fosse commesso l' incarico di fare la scelta delle persone
pei quali solo debbesi aprir l' adito al Tribunale di  cui  parliamo: non in quel senso per ciò ancora che ciascuno
così sola è una di quelle idee astratte ed imperfette di  cui  vedemmo provenir tutti i mali. Nel mentre adunque che si
alla vita di infiniti uomini: questi uomini adunque, la  cui  vita è messa in pericolo da chi vuol tor via dal mondo ogni
noi posta era in vigore specialmente in quel primo tempo in  cui  gli uomini erano raccolti in società domestiche, mentre la
fatto un riparto uguale, in breve tempo quelle schiatte, i  cui  successivi padri avessero generato meno figliuoli,
ricche, usurpano a queste il diritto della generazione di  cui  esse hanno già pienamente fatto uso, mentre le ricche non
dallo spirito e dalle consuetudini di quel governo sotto  cui  mi trovavo non cercando che la verità e quell' assestamento
del genere umano che appartiene alla società teocratica, di  cui  ne è l' abbozzo; questa maniera di concepire e di
concepì un potere vago ed assoluto che dovesse far tutto, a  cui  nulla fosse illecito, nulla ingiusto, da cui ogni altro
far tutto, a cui nulla fosse illecito, nulla ingiusto, da  cui  ogni altro potere derivasse, ogni altro potere dovesse
ufficio; nè lo possono esercitare alla meglio se la società  cui  presiedono non è costituita regolarmente: il loro unico
parziale: una opinione che riconosce in altrui il potere a  cui  obbedisce, e a cui si porge come cieco stromento dei suoi
che riconosce in altrui il potere a cui obbedisce, e a  cui  si porge come cieco stromento dei suoi voleri. Che cosa
a chi spetti il diritto di comandarle, ed a quel primo in  cui  crede di vederlo, a quello obbedisce. Nè pure una masnada
elemento morale, sebbene disguisato e guasto dal mal fine a  cui  si assoggetta; perocchè l' obbedire al comando suppone,
volta ella crede che le sia stata fatta ingiustizia; per  cui  si può dire che l' ingiustizia sia la ferita dell' ente
essere riparati dal peso enorme del sociale potere sotto  cui  altrimenti sono in pericolo di venire schiacciati. Giacchè
dunque è impossibile di levare dalla società il caso in  cui  non si ritrovi la detta tentazione. Quando anche le forze
di tutti, la buona fede, la rettitudine, la moralità, su  cui  riposa la tranquillità e l' esistenza stessa del genere
coscienza dei governatori: questa coscienza e i lumi di  cui  è fornita, qualunque sia, è l' unica guarentigia dei
è una resistenza più durevole, allora viene il momento in  cui  vi ha rivoluzione. Se il lavoro di cui parliamo, che rende
viene il momento in cui vi ha rivoluzione. Se il lavoro di  cui  parliamo, che rende il popolo voglioso di guarentigie si va
rovescia di nuovo il governo e ne fabbrica un nuovo da  cui  tutto si spera: la giustizia e la libertà si proclamano e
pari alla metà dei membri di una Camera. Il Tribunale di  cui  parliamo non deve già essere un' inquisizione; anzi nulla
i grandi sconvolgimenti delle società civili ed i mali a  cui  esse si trovarono continuamente soggette condussero talora
regolare, la quale sia come la regola e l' ideale a  cui  paragonare le società civili sussistenti, e conoscere i
della società naturale, possano muovere la società, a  cui  appartengono, verso la sua perfezione, rivolgendo tutte le
mediante la società, si debbono prender da essa le leggi a  cui  il cuore umano è sottoposto, le diverse trasformazioni ch'
tuttavia rimanesse venerabile come un tipo di perfezione a  cui  avvicinarsi, da cui solo si può prendere tutto ciò che si
venerabile come un tipo di perfezione a cui avvicinarsi, da  cui  solo si può prendere tutto ciò che si può far di bene sulla
prendere tutto ciò che si può far di bene sulla terra, ed a  cui  si debbe raffrontare ciò che fatto si trova per conoscere
ma egli è falso, che la perfezione non sia lo scopo a  cui  debbono tendere tutti i voti e le azioni degli uomini. Egli
gradi e tutte quelle parti di una estrema perfezione di  cui  l' uomo è suscettibile. A tenore di queste idee abbiamo
non sia ancor successo alcuno di quei casi accidentali per  cui  viene accelerato il tempo agli uomini che si trovano nello
dove che sia, senza rispetto a' diritti di quelli nelle  cui  mani sta già per giusti titoli il regolamento della
non è che una serva della prima. Queste tre branche in  cui  vien diviso dal progetto della Commissione il civile
del Tribunale. Venuto adunque il giorno della sessione, in  cui  la Commissione doveva riferire ai Padri lo stato dei suoi
s' erano ragunati. Dimostrò ancora che questo Potere, a  cui  si sarebbe commesso di stabilire la modalità dei diritti di
mentre anzi noi protestiamo aver in animo che la società di  cui  si tratta debba essere rivolta a difendere imparzialmente
è diversa secondo la diversità dei diritti stessi: per  cui  adesso che si deve procedere a stabilire un potere
fosse costituita sulla Giustizia, che era la prima base su  cui  erano convenuti, si doveva nel fondarla attenersi
indigenti, ed è impossibile che v' abbia alcun uomo a  cui  questa voce sia totalmente straniera e che parlandogli al
ad una stessa società generale qual' è quella in  cui  sono gli uomini per la comunanza della natura. Ma questa
e non possono per ciò entrare in una società, il  cui  scopo è l' amministrazione della proprietà, poichè non
dunque aggiunge bensì qualche cosa allo stato di natura in  cui  si trovano presentemente le famiglie, ma non è già che
si può dire ch' egli non sia altro se non un mezzo per  cui  si conservi lo stato di natura. I diritti sono nello stato
promulga: ed essa è quella che fa quello stato di natura,  cui  il potere civile non può distruggere nè produrre: quello
distruggere nè produrre: quello stato di natura umana in  cui  gli uomini sono legati fra loro per affezioni ad essi
occupare nella società ciascuna delle quattro classi in  cui  si divisero tutte le persone da associarsi: in tanto si
di far osservare che nella proposizione fatta, e sopra  cui  si rivolge la presente discussione, non fu già detto solo,
cadde nell' anarchia; fino a che tali uomini sapienti, il  cui  merito proclamato da se stessi diede loro la filosofica
moglie; e che finalmente veniva quello del padrone, il  cui  titolo non riguardava altro che l' operazione del servo a
trovasse nella detta società quella rappresentazione di  cui  è suscettibile, e che si può accordare colla giustizia. Per
la società glielo restituisca? e potrà l' uomo libero, a  cui  è oiù cara la vita intellettuale della corporea, ritrovare
sebbene non proprietarŒ, uomini cioè che hanno una vita  cui  nessun potere può loro restituire dopo tolta e dei costumi
per campare la vita? quest' è una derrata sporca, sopra  cui  nulla si può calcolare fino che non è stata appurata dall'
nulla a temere nei tempi di sterilità, nelle calamità a  cui  può soggiacere l' industria, il commercio, e i mestieri,
quale ricchezza, se quella è ricchezza, più incerta e su  cui  meno debba appoggiarsi il provento di una generale
continuamente mutabile di valore, di un valore sporco per  cui  si debbe detrarre dal medesimo il mantenimento dell'
dell' individuo e fors' anco della sua famiglia, a'  cui  bisogni egli può non bastare nè pure nel tempo del suo
alla patria che quanto dà il mercenario al padrone al  cui  soldo lavora: è un contratto che fa colla sua patria: e se
non può, dico, incaricarsene perchè non ha il mezzo di  cui  parliamo, ma può goderne perchè l' Amministrazione che se
che egli ha, ma bensì far uso di tutte le sue azioni, per  cui  non resta più al servo alcun modo di provvedere a sè
questi non ne ha il modo, egli diventa uno di quei casi in  cui  la giustizia non ha il pieno suo effetto, non per mancanza
in tal modo costituiti dalle due specie di diritti a  cui  convenivano due specie di rappresentazione. In ogni specie
2 quello di esser pronte, nei casi controversi in  cui  l' una si richiama d' essere stata offesa dall' altra, a
dai proprietarŒ, perocchè non avendo essi nessun fondo da  cui  ritrarre con sicurezza il loro mantenimento ed
che non v' ha nessun mercenario preso individualmente, la  cui  esistenza non sia precaria, e la cui libertà non sia
individualmente, la cui esistenza non sia precaria, e la  cui  libertà non sia dipendente dal corpo dei benestanti, da cui
cui libertà non sia dipendente dal corpo dei benestanti, da  cui  sono pagate le mercedi, sicchè se i benestanti volessero,
il conoscere che fu introdotta nell' umanità, e di  cui  non porta in sè medesima la necessaria esecuzione: il
di mantenere costantemente un numero fisso di mercenarŒ. A  cui  la Commissione rispose: che no: che il corpo dei mercenarŒ
benestanti perchè l' umanità, di fatto e per una legge a  cui  irrefragabilmente obbedisce, non può ad occhi aperti nè
comune del prezzo, una materia che abbia qualche valore a  cui  paragonare le altre; e il danaro generalmente introdotto
e consimili mormorii un' ampia dottrina del diritto, su  cui  opinava doversi formare la civile società: disse, che
o l' aumento dei diritti, i quali erano quei due scopi a  cui  finalmente tendeva ogni civile società. Mostrò come la
cercasse e procacciasse l' utilità, erano i due perni su  cui  si volgeva tutta la società civile, a quel modo che la
per eleggere un membro al tribunale politico, nella  cui  elezione non si doveva riguardare ad altri dati che alla
certezza fisica, e che escludesse ogni controversia; per  cui  anzichè ai dati esterni conveniva rimettersi in tali
cognizione e capacità che non sia a dare il voto di  cui  si tratta; poichè lo scopo di questi voti non è solamente
modo ch' ella si trova instituita presso varŒ popoli, in  cui  vi fossero già delle persone che s' incaricassero di tutte
solo punto della discordia, innanzi cioè che si sappia a  cui  delle due parti appartenga il diritto conteso. Se dunque il
Tribunale, nel qual tempo il Tribunale ancora non esiste a  cui  richiamare; ma questa piccola irregolarità, di natura sua
ma sì illimitata: cioè tale che non vi sia nessun caso in  cui  essi credano: d' avere all' esterno qualche diritto,
abusi: ma nuoce anche diminuire il grado dell' autorità di  cui  s' abusa: conviene ricercare quale più nuoca. Dio l' ha
sollecitudine del legislatore: allora è il caso in  cui  il legislatore concentra il suo studio nel prevenire
vi soddisfi pienamente; perciocchè quel mezzo ingegnoso con  cui  egli ha pensato di ovviare ai disordini, quelle sue
ordinate, sebbene partano dal principio che gli uomini per  cui  sono fatte sieno cattivi, tuttavia non possono mai supporre
politici foggiati su tale principio relativi al tempo in  cui  sono fatti, ed al grado di corruzione di cui sono arrivati
al tempo in cui sono fatti, ed al grado di corruzione di  cui  sono arrivati i loro autori a formarsi l' idea, durano un
sono in mano degli uomini, perchè non ve n' ha alcuno di  cui  essi non possono abusare. E` dunque da osservare
debbono esse contorcere e guastare per ovviare agli abusi a  cui  sono soggette tali relazioni per altro naturali degli
giovati coll' esser privati dei loro beni: ed è il tempo in  cui  la tirannia si proclama come la benefattrice del genere
quello di corruzione sociale; ma è uno stato di natura in  cui  gli uomini non sono legati insieme per falsi vincoli: in
gli uomini non sono legati insieme per falsi vincoli: in  cui  la ragione non è ottenebrata da vizŒ, o non è per una somma
da vizŒ, o non è per una somma ignoranza impotente: 2) in  cui  finalmente l' onestà e la giustizia non sono voci vane che
essere che accidentali e minori di numero dei casi in  cui  non abusano: questi casi dunque particolari di abuso non
le quali non apportino un colpo sopra dette autorità, la  cui  natura in somma consiste appunto nell' essere preventive e
mercenari. Prevedendo la Commissione che in quelli, nelle  cui  mani veniva a riporsi la pubblica autorità, potevano
dei falsi principŒ per non conoscere ben a fondo le basi su  cui  si veniva erigendo la civile società, si avvisò di fare
azione, la propria azione dunque è diversa dall' azione con  cui  si cautela, e questa viene dopo di quella: questa perciò
tante assurde costituzioni degli Stati, ed è quello da  cui  la Commissione temette con ragione che potesse venir
un governo sopra questo altro principio che fosse quello la  cui  forza per la divisione ingegnosa della medesima in diverse
condotti a fare delle riforme che alterino le prime basi su  cui  è costituito, o per dir meglio non siate costretti a
che adattato a pochi ingegni, e non, di certo, argomento in  cui  si possa esercitare con isperanza di riuscita la maggior
solo, non si avrebbe, come diceva, che un tal risultato di  cui  nessuno saprebbe il vero valore pratico; mentre nè l'
e nelle loro mani abbandonata. Quegli uomini, a  cui  è commesso il progetto di società, non sono solamente
distrugge prima, come vi diceva, lo stato di natura in  cui  siete presentemente, per edificare tal cosa di cui nessuno
in cui siete presentemente, per edificare tal cosa di  cui  nessuno può prevedere con sicurezza le conseguenze. Or via
avanti o indietro. Dovendo dunque voi fare una mutazione di  cui  l' esito vi fosse incerto per ottenere un fine, qual' è l'
adottata, era irrevocabilmente il principio secondo  cui  doveva la società stessa instituirsi. Quando sia così,
si riconoscesse nel tempo stesso potervi aver un caso in  cui  un diritto dei suoi membri venisse privato della
potere: e non debba verificarsi verun caso in  cui  il potere civile sia scompagnato dal possesso naturale
tale dichiarazione? quella stessa che avrebbe una carta su  cui  un uomo qualunque, od anche un fanciullo, avessero scritti
fa da sè ciascuno dei suoi membri o un promemoria di ciò in  cui  tutti convengono, non contendo di parole: questa
Intanto anche le basi qui dettate sono tali, pare a noi, a  cui  non si può ripugnare, perchè dedotte dalla rettitudine, e
mila lire fino a un milione, nella quinta quelle la  cui  entrata fosse dai nove fino ai dieci milioni. Ora vedete a
elettore al Tribunale, era nello stesso tempo un dovere a  cui  si obbligavano i padri di famiglia. Nella rappresentazione
danneggiata dal delegato, come sarebbe nel caso, in  cui  si potesse provare o la intenzione di nuocere col suo
Ogni Assemblea inferiore debbe eleggersi un Ministro, le  cui  attribuzioni sono le seguenti: 1 di convocare l' Assemblea
La Commissione propose, che conveniva stabilire i casi in  cui  le Assemblee inferiori si dovessero convocare, e fu
può far una causa simile verso un' altra persona, a  cui  sieno scemati i beni di fortuna. 3 Ciò che è detto nei
a suo luogo; e nella sentenza è fissato il tempo preciso in  cui  s' intende cominciata la mutazione. Dopo aver data un' idea
prevenzione sfavorevole quella istituzione così nuova, di  cui  nessuna traccia si rinvenga esser stata prima dei tempi
parmi che sempre l' abbiano desiderato, come cosa di  cui  la natura umana provava il bisogno; parmi che egli sia
il termine dei loro sforzi; perchè è legge fermissima, a  cui  le umane forze soggiacciono, che non ottengano la
il potere nelle mani di uno, e ridottovi così forte a  cui  nessuno possa resistere, tutti quei disordini son tolti
a forza. Il perchè è al tutto indiscreta la severità con  cui  si giudica dei superiori; esigendo ch' essi veggano i
un simile corso d' idee che fa lo intendimento umano, per  cui  l' uomo assai prima di giudicare di sè stesso giudica degli
dell' uomo; ma all' indole stessa dell' umana natura, per  cui  l' uomo crede non esserci niente da temere da parte sua, ma
nello stato di natura porta la pretesa di risarcimento,  cui  l' offeso verifica per le vie di fatto se l' offensore non
adunque, sintomo del diritto violato, è la ragione per  cui  gli uomini vogliono che sia resa loro giustizia; egli è
politico apposito, allora il giudizio è dato ad un terzo a  cui  di concordia le parti si rimettono. Un tribunale adunque
Ho ancora osservato nella prima parte la cagione per  cui  l' antichità amava tanto le Repubbliche. Non si era giunto
i re della terra un Tribunale, una giustizia, un Monarca, a  cui  rendere il conto delle arbitrarie sentenze. Conviene
due modi di fare il Senato cristiano o il Tribunale di  cui  parliamo; nell' uno l' Imperatore coll' Impero romano
Stati. Bensì dei due modi proposti, cioè in quello, in  cui  l' impero veniva conservato, i popoli pure conservavano a
l' impero veniva conservato, i popoli pure conservavano a  cui  avere ricorso ne' loro mali, cioè la Camera imperiale; e
Impero romano7germanico, verso il Tribunale politico di  cui  parliamo, e che noi grazie alle false teorie politiche dei
lungi d' essere una chimera è anzi quel fermo scopo a  cui  tende continuamente la cristiana società. Tuttavia nell'
doveva risultare dalla natura della religione cristiana a  cui  essi presiedono: di una religione cioè che ha fissato un
voglia che questi ritornino alla sapienza dei loro avi, da  cui  hanno ricevuto le loro corone gloriose e santificate. Sono
che è proprio del potere amministrativo , e viceversa; per  cui  non s' avrà mai la chiara distinzione fra i due poteri. E
rigenerate alla giustizia dell' Evangelio. Tutto ciò a  cui  si sono potuti elevare i romani si fu di staccare l'
gran tempo di naturale giustizia anzi che il Tribunale di  cui  parliamo: perciocchè il primo scopo del Tribunale di cui
di cui parliamo: perciocchè il primo scopo del Tribunale di  cui  parliamo sta tutto nell' interno della Repubblica, essendo
come un voto, un' intenzione uno scopo della natura, a  cui  incessantemente tende di condurre gli uomini, e che non si
dall' Amministrazione, o di avere un' Amministrazione in  cui  ci sia il detto squilibrio, e perciò di conservare nella
molteplice di tutte le altre. Questa è la modificazione a  cui  soggiace la Società umana passando dallo stato domestico e
considerata come la forza prevalente: allora è il caso in  cui  le contese non hanno più un oggetto personale, ma un
un oggetto personale, ma un oggetto reale, vale a dire in  cui  non si questiona e non si guerreggia se non per la
Ciò che nacque ai tempi eroici della Grecia, in  cui  cominciò l' organizzazione sociale mediante una militare
personale che è la legge della società domestica,  cui  susseguì la divisione delle terre, e venne ben presto la
ancora l' esistenza di un' Amministrazione perfetta, in  cui  la proprietà sia perfettamente equilibrata col potere
debbe sempre avere maggior forza, nelle costituzioni in  cui  questi due elementi rimangon confusi, dell' elemento
fronte delle cose. Ma invece di ciò, che si fece? I mali di  cui  era aggravata la Francia erano reali: si disse di volervi
volentieri le istantanee creazioni della loro mente, alle  cui  decisioni con una inconcepibile presunzione e cecità,
questa forza era in mano dei minori proprietarŒ, da  cui  avrebbero dovuto temere, quando anche non si fossero stati
non era che una conseguenza naturale della debolezza a  cui  s' erano ridotti; non fu difficile spogliare i ricchi
esperimentò Napoleone quando tornò a usare di quelli di  cui  avea fatte le fortune: tanto è vero, che i proprietarŒ sono
abbiamo detto si può vedere, che quella stessa ragione per  cui  la ricchezza terriera viene ad influire nel governo, vale
del governo: i mercatanti sono i nuovi proprietarŒ, la  cui  esistenza ha reso irregolare la forma del governo: perchè
è accorto della ragione politica di questa umiliazione, in  cui  si tenevano l' arti e i commerci. Dagli antichi proprietarŒ
Sig. Raynal menavano appunto ai furti politici, contro a  cui  invano ultimamente declamava. Aveva egli diritto quest'
intendimento di far una teoria sociale per li selvaggi di  cui  non hanno bisogno. Scrivendo dunque per gli altri uomini
la gente ricca; che perciò non sono mai i ricchi quelli da  cui  si debba temere la servitù, ma bensì i poveri, i cui animi
da cui si debba temere la servitù, ma bensì i poveri, i  cui  animi sono domati dal bisogno, e comperati con facilità da
quale è quello d' America. In una nazione che comincia, in  cui  le proprietà sono presso a poco eguali, come sarebbe in una
se questi non sono i proprietarŒ. V' è però un caso, in  cui  lo squilibrio fra la proprietà ed il potere amministrativo
si trova squilibrio fra la proprietà ed il potere, per  cui  lasciando tutti gli altri stati di squilibrio, i quali anzi
A tal fine non è bastevole di sapere, che quello stato a  cui  si vogliono applicare è governato a principe; ma bisogna di
che il principato assoluto. Questa fu la prima cosa di  cui  Dio ammonì gli Ebrei, quand' essi vollero un re. Egli
difendere la propria autorità. Ma all' incontro nel caso in  cui  il potere civile sia equilibrato colla ricchezza, allora
di potere civile e di ricchezza forma una forza a  cui  non ve n' ha nissun' altra che possa tener fronte: quindi
da preferirsi. In tutta l' Europa vi fu un tempo in  cui  il Monarca si unì per sostenersi col terzo stato. 1)
ricevuto dalla liberalità dell' imperatore Ottone, di  cui  s' era con ciò reso vassallo. Egli è ben naturale che i
nol volevano mai troppo ricco, e questa fu la ragione per  cui  dopo il grande interregno si determinarono di dar la corona
sulla finzione e non sulla realtà. Per altro la finzione di  cui  parlo fu universale di tutta Europa: e sembrerebbe a dir
in feudo. Ciò si faceva per i vantaggi e privilegi di  cui  godevano i feudi rispettivamente ai beni allodiali. Con
ed i giudici dei popoli, con quella facilità con  cui  si prende posto in un luogo vacante, o si occupa una
sapevano conoscerle nè il risentimento delle parti per  cui  era seguita l' ingiusta sentenza poteva muovere la nazione
ne fosse il proprietario. D' altra parte la condizione a  cui  era soggetto, cioè di non poterle ritenere per sè, e di
ed è ciò che faceva nascere quella finzione di proprietà di  cui  parliamo. Ma ben presto si si accorse che quella finzione
esser di più della proprietà e però darsi lo squilibrio di  cui  parliamo fra la proprietà ed il potere. E questa debilezza
pieni di guerre, e la sua estensione è dovuta al bisogno in  cui  le nazioni si ritrovarono di dar al loro capo una forza
non ha riguardo che allo stato di guerra: ad uno stato in  cui  la nazione o debbe essere forte o debbe perire. In tali
non perderli intieramente. Egli è il caso, come diceva, in  cui  la modalità diretta dal principe prende una grande
questa costituzione non può durare se non in quel tempo in  cui  la modalità oggetto del governo, è nè più nè meno della
nè meno della misura fissata. Poichè venendo quel tempo in  cui  quel governo non abbia bisogno di usare tutta quella misura
si renderà tirannico; ed all' incontro in altro tempo in  cui  le esigenze del ben pubblico costringano il governo a
le guerre insorte tra' figliuoli di Carlo Magno, di  cui  ecco la disposizione che ne conseguì, e che narrerò colle
secondo i bisogni del paese. Laonde venendo il tempo in  cui  non si rendesse più tanto necessario di esercitare con
che tenendo dietro alle mutazioni successe nel tempo in  cui  furono dati i feudi. Carlo Martello, seguendo la
le parole e le difinizioni antiche alle cose nuove, a  cui  non sono applicabili, portò sempre un gran male nella
s' imaginava di ritenere in qualche modo una padronanza di  cui  non gli rimaneva che il nome. I nobili all' incontro che
nobili che non aveva limiti si impossessò di tutto ciò a  cui  poteva, sebbene assurdamente, attaccare il comodo titolo di
proveniente dallo spirito d' usurpazione della nobiltà, a  cui  i principi erano troppo debili per resistere, sebbene
si hanno degli esempŒ di principi che obbligavano quelli a  cui  conferivano qualche carica o dignità, di riconoscere con un
fatti a riconoscere l' esistenza continua della legge di  cui  parliamo, dell' equilibrio cioè tra la proprietà ed il
che l' altra, di appigliarsi all' uno dei due partiti a  cui  egualmente lo invita la legge feudale, l' uno dei quali non
nello stato. Il primo di questi due partiti è quello di  cui  abbiamo parlato, cioè ch' egli sia inclinato a donare e a
la legge feudale, cioè quei di Francia alle donazioni con  cui  ingrandivano i nobili, e quei d' Inghilterra al dispotismo
i nobili, e quei d' Inghilterra al dispotismo con  cui  gli opprimevano, che ne vennero poscia le conseguenze, che
equilibrio fra la proprietà ed il potere. L' errore di  cui  parliamo rende ragione del fatto che ci si oppone, ed in
che fosse media proporzionale fra quelle due estreme, in  cui  il potere civile nè fosse diviso in parti eguali fra gli
differirebbero essenzialmente riguardo agl' interessi di  cui  assumono l' avvocazia. A malgrado però che i diritti
speranza di fare una valida difesa, allora è il caso in  cui  lo stato si pone in convulsione, poichè la minorità fa
e le passioni sollevate: e questo è appunto il caso in  cui  il governo italiano nel secolo XIII venne in mano alla
Politico. Queste osservazioni spiegano la ragione per  cui  nei tempi in cui si avevano più nobili idee del governo, e
osservazioni spiegano la ragione per cui nei tempi in  cui  si avevano più nobili idee del governo, e in cui si faceva
tempi in cui si avevano più nobili idee del governo, e in  cui  si faceva più conto del suo vero splendore morale e
fosse più negligentata. Nei nostri tempi all' incontro in  cui  l' amministrazione si è tanto migliorata, la dignità del
esser riparati dal peso enorme del sociale potere sotto  cui  altrimenti sono in pericolo di venire schiacciati. Giacchè
dunque è impossibile di levare dalla società il caso in  cui  non si ritrovi la detta tentazione. Quando anche le forze
di tutti, la buona fede, la rettitudine, la moralità, su  cui  riposa la tranquillità e l' esistenza stessa del genere
sottomettervisi con dignità, e senza quelli avvilimenti a  cui  irreparabilmente soggiace il dispotismo, o tutto ciò che n'
dico, a quella somma ed irrefragabile legge sotto  cui  l' umiliarsi rende l' uomo degno di regnare? quale è e può
pregiudizŒ de' contemporanei ed i vizŒ de' trapassati, con  cui  hanno combattuto i loro secoli, e che vincenti o vinti
che ci tenga sempre nell' angoscia di perderla, e di  cui  godiamo tutti gl' istanti con quell' ansietà onde gode il
dalla vendetta che rallegra l' ira degli oltraggiati, e la  cui  aspettazione contamina la vita degli oltraggiatori. Nè vale
soffrire, o che dubitano che sia ingiusto; o di  cui  abbiano un pretesto di dubitare. Ed ora il solo Tribunale
di quella opinione non pubblica ma universale, contro  cui  tutto perde sua forza: di quella opinione dico dalla quale
mirasi il delitto di lesa umanità. Egli è dunque il caso in  cui  gli uomini si troveranno tutti uniti, non per un legame
egli è paruto che gli abbia anzi nociuto che giovato: per  cui  questa che é la massima la più universale e la più durevole
troveranno in essa il punto d' appoggio del Tribunale di  cui  parliamo. Si consideri che un carattere che questo
di una forza fisica prevalente quelle instituzioni la  cui  natura porta che sieno armate, e di cui l' intenzione non è
instituzioni la cui natura porta che sieno armate, e di  cui  l' intenzione non è palese, sicchè v' ha sempre ragione di
viene da Dio. L' esatta determinazione poi dello scopo, a  cui  debb' essere rivolto questo Tribunale politico nella
gl' interessi più cari e più grandi agli occhi di quelli a  cui  gl' interessi appartengono. Non è ch' io non conosca come
ingiusto occultare gl' interessi agli occhi di quelli a  cui  appartengono e a cui vedere perciò n' hanno il diritto: che
gl' interessi agli occhi di quelli a cui appartengono e a  cui  vedere perciò n' hanno il diritto: che ciò è sempre
quelli che ha il mondo generalmente: sentimenti d' equità a  cui  non si può ripugnare senza sedurre prima se stessi: e che
la società, e quest' è l' unico officio del Tribunale di  cui  parliamo. Egli è dunque evidente che il secreto di stato,
Tribunale sarebbe un dovere dell' amministrazione, di  cui  il Tribunale la scarica. L' amministrazione adunque debbe
pubblica, che fino a questi tempi mancano interamente e a  cui  per una inconcepibile spensieratezza degli uomini non si è
spensieratezza degli uomini non si è pensato giammai, ma di  cui  il mondo sente sempre più il bisogno, e le domanda e le va
bisogno, e le domanda e le va quasi a tentone cercando: la  cui  mancanza produce tante dissensioni e tante inimicizie; e
il quale fornito di una forza fisica insieme e morale a  cui  niuno potrebbe resistere, si crede facilmente disobbligato
era la condizione del mondo sotto la tirannia de' Cesari la  cui  dignità non era alla fine, come suona il nome d'
quale è stato sempre attribuito da tutti i secoli, ed a  cui  è stato individualmente congiunto; sicchè quando si è
ma alla parte opposta, cioè al popolo: delle due parti fra  cui  verte il giudicio lo rapiscono a quella nelle cui mani i
parti fra cui verte il giudicio lo rapiscono a quella nelle  cui  mani i secoli lo hanno consecrato per darlo alla parte
messo a quel partito le sue piccole forze intellettuali, a  cui  non sogliono essere messe negli altri uomini men di lui
o degli officiali civili non possono esser quelle a  cui  s' appartenga di comporre il Tribunale politico
la virtù: ecco i criterŒ unici che debbe proporsi colui, a  cui  fosse commesso l' incarico di fare la scelta delle persone
pei quali solo debbesi aprir l' adito al Tribunale di  cui  parliamo: non in quel senso per ciò ancora che ciascuno
così sola è una di quelle idee astratte ed imperfette di  cui  vedemmo provenir tutti i mali. Nel mentre adunque che si
alla vita di infiniti uomini: questi uomini adunque, la  cui  vita è messa in pericolo da chi vuol tor via dal mondo ogni
noi posta era in vigore specialmente in quel primo tempo in  cui  gli uomini erano raccolti in società domestiche, mentre la
fatto un riparto uguale, in breve tempo quelle schiatte, i  cui  successivi padri avessero generato meno figliuoli,
ricche, usurpano a queste il diritto della generazione di  cui  esse hanno già pienamente fatto uso, mentre le ricche non
e lunghe disputazioni a restituirla in quella luce, in  cui  si trova nelle menti del volgo. Ma onde mai una cosa sì
nè per questo il Fisico nega o gli enti o i fenomeni, di  cui  non può discoprire le ragioni e le leggi. E qui osservate,
godranno da se soli la bellezza di quell' ideale a  cui  ascende il loro genio, ma il mondo non possederà più di
nelle miniere di Carrara, ovvero è il concetto sublime di  cui  il colore e il marmo si fa espressione ed indizio? Io credo
donna argomentava all' altezza di quella mente divina in  cui  se ne doveva contener l' idea prima ancora che Laura
E voi vedete che quest' è, miei signori, il fondamento, per  cui  nel creato vede la mente vostra i vestigj della divina
giunta all' ideale conchiude all' esistenza di una mente in  cui  si trovi. Laonde coloro che vogliono distruggere l' ideale
dunque l' ideale col reale è toglier via il mezzo con  cui  si sono fatte, si fanno e si faranno tutte le invenzioni
dall' oggetto e scopo dell' atto? Altro è l' atto con  cui  io scrivo, e altro è lo scritto che resta in sulla carta;
i mari ed i fiumi: e qual fu la regola, qual fu il tipo su  cui  si eseguirono tanti battelli? Sempre fu quella prima,
idea non si può dunque confondere nè la mente reale in  cui  ella si trova, nè alcun altro ente reale qualsiasi. Ma
nè il ringiovanisce; perchè, qualunque sia il tempo a  cui  noi ci trasportiamo, vediamo che l' essere ideale si sta lì
poichè che cosa è il necessario? Il necessario logico di  cui  qui parliamo altro non è che il possibile . Ora il reale
e sì ben le distingue; ha ragione sopra i Filosofi di  cui  parliamo, perchè l' amor proprio non entra a fargli perdere
se il tutto risultante da queste parti, se i nessi con  cui  queste parti si legano acciocchè divengano un tutto solo,
nella sua mente una regola diversa da tali idee, secondo  cui  portar di esse giudizio, e scegliere il bello separandol
non aver bene inteso la natura di queste idee superiori di  cui  si serve l' artista a giudicare della bellezza e deformità
accozzare le parti belle. Perocchè quelle idee superiori di  cui  parliamo, che sono altrettante regole che dirigono la mente
necessario dell' intuizione, a trovar quell' unica idea di  cui  si tratta, tra tutte le idee. E qui di passaggio giova
di una determinazione immaginaria a formare quell' atto con  cui  essa intuisce e riguarda piuttosto un' idea che un' altra.
l' idea rimarrebbe sempre il mezzo di conoscere , ciò con  cui  si conosce. Vero è, che queste due cose si troverebbero
qualche cosa di simile si avvera in Dio, dottrina il  cui  sviluppo spetta alla Teologia. Sarebbe ancora l' ideale
nè poco a costituire l' oggetto intuito, cioè l' idea di  cui  questa è appunto la natura, d' escludere, per ripeterlo, il
sentito coll' intuente. Ma qual è poi l' altro atto con  cui  il nostro spirito perviene al reale? Non può esser
sensibile coll' intuente; al contrario sarà dell' atto con  cui  lo spirito giunge al reale. Dunque il reale sarà lo stesso
atto è appunto quello che noi cercavamo; è l' atto con  cui  dopo d' aver noi concepito l' ideale, giungiamo ancora a
se stesso. Ma che differenza vi ha dunque tra il reale di  cui  si conosce l' essenza nell' idea, e il reale stesso fuori
solo nell' idea. Che cosa è dunque questo più di  cui  si arricchisce il nostro sapere? Non è un' essenza, poichè
qualche cosa che non è l' oggetto ideale della mente, e di  cui  nell' oggetto si conosce appieno la natura. Ma come posso
filosofica il distinguere in questa cognizione mista, di  cui  gli uomini continuamente fanno uso, quella parte che
si muove a riguardare e a vedere l' idee, e il punto in  cui  lo sguardo si fissa, convien dire, che l' ajuto che
le si formi. Ma poichè l' immagine è bensì il punto a  cui  si volge lo sguardo dell' intendimento, ma non è l' idea
alle loro idee? Egli è chiaro, che se lo spirito di  cui  si parla non fosse che meramente sensitivo, finirebbe ogni
l' esistenza di ciò che opera nel suo sentimento e a  cui  poscia dà il nome di albero. Dunque è mestieri prima di
altra? Dal sentimento, senza dubbio; è il sentimento , a  cui  egli applica l' idea di esistenza, e pronuncia l'
il reale: è vero che non ci bisogna l' idea speciale a  cui  il reale risponde; posciachè la determinazione di questa
l' esistenza, non potendosi predicare una cosa ignota di  cui  non s' abbia l' idea. Ciò posto, vedesi che l' obbiezione
ad esempio lo stesso monte d' oro e i due soldi di  cui  abbiamo fatto menzione. L' oro come vedete è un metallo
nè diminuisca la semplicità del primitivo essere ideale in  cui  si ravvisano. Niuna maraviglia dunque che contemplando il
all' essere indeterminato, come un caso particolare di  cui  si giudica si riporta ad un principio. Se non piace questa
secondo il limite e il modo dell' ente reale e sensibile di  cui  ha sperienza, ossia dell' immagine. Egli è per questo che
come il negativo non s' identifica col positivo, di  cui  è anzi l' opposto. S' identifica dunque in quanto è idea; e
per negarlo. Questo non è ancora che il fatto stesso, di  cui  parlavamo: il fatto, dico, che pensiamo al reale già veduto
esse - Ma non è propriamente ad esse che voi pensiate e di  cui  parliate: l' oggetto immediato del vostro pensiero e del
siano pietra, legno, ferro, bronzo, oro, argento di  cui  pure la città di Firenze si compone? O che parlate dunque
della pietra, del ferro, del bronzo, del legno reale, di  cui  realmente Firenze si compone, o che voi parlate di una
la vera Firenze, e la vorrete far creder tale a quelli con  cui  parlate, voi avrete prima ingannato voi stesso, e poscia vi
che si avverino più condizioni: 1) che le immagini di  cui  fate uso vi rappresentino veramente Firenze, e le cose in
lezioni precedenti, non incomincia se non a quel momento in  cui  il nostro spirito intelligente afferma la forza reale che
dunque è un assenso dell' animo, è un assenso per  cui  l' animo pone se stesso in uno stato diverso dal primo; si
E veramente l' affermazione de' reali non è già un atto con  cui  l' anima esca, quasi direbbesi, materialmente da se stessa,
l' anima stessa essendo durevole, dura in quello stato in  cui  si mette fino a tanto che qualche nuova cagione, influendo
in un dato tempo, e in un dato luogo una certa cosa di  cui  non ci rimane più immagine alcuna, e che non sappiamo nè
del reale? No certamente; perocchè quell' uomo di  cui  io immagino la fisonomia, le fattezze, le vestimenta, non
non è però l' effetto suo proprio, quell' effetto a  cui  è ordinata da natura. Quale è dunque l' uso della immagine
conoscerne le leggi e trovare qualche unico principio, a  cui  tutte s' annodino? E se non si può trovare un principio a
tutte s' annodino? E se non si può trovare un principio a  cui  ridurre le leggi tutte del sentimento, come possiamo averne
opinioni sui limiti del saper umano? Certo che a quelli a  cui  piacesse giocare d' ingegno anzi che seriamente filosofare,
alle cose più comuni, chiude gli occhi alle più evidenti su  cui  non c' è costume di riflettere. Si dà dunque la percezione
attenzione alla cognizione riflessa, siccome quella di  cui  si fa maggior uso, e su cui cade l' insegnamento
riflessa, siccome quella di cui si fa maggior uso, e su  cui  cade l' insegnamento dottrinale, ebbe pronunciato; che
relativamente alla cognizione degli enti; è l' atto con  cui  il soggetto intelligente si rende persuaso della loro
E qui apparisce quale risposta noi facciamo a quelli, a  cui  sembra, che noi limitiamo la cognizione positiva entro
le specie delle cognizioni umane. Che queste cognizioni di  cui  l' uomo viene in possesso con le sue facoltà sieno
cognizioni, perchè n' è l' espressione. Tutto ciò dunque, a  cui  noi abbiamo imposto un nome, lo conosciamo in qualche modo,
e questo negare l' essenza è un atto che si concepisce, di  cui  ci formiamo un' idea, che esprimiamo in parole: ha dunque
mentale negativa, esprimendo quel momento dell' animo in  cui  resta privo dell' ente e s' accorge della sua privazione, e
l' altre particolarità; ma pure saprei che quell' essere a  cui  penso non solo appartiene al genere degli animali, ma
dell' uomo stesso, e non da un qualche modo particolare con  cui  l' uomo conosce, il quale sia più imperfetto degli altri.
amplificazioni della grandezza dello spirito umano, di  cui  sono pieni i libri dei filosofi e degli oratori? Chi di noi
invecchia, quasi fosse corruttibile, e viene un' epoca, in  cui  un gran numero d' uomini, sebben dotati di perspicacissime
di spegnere in sè stessi quel lume della ragione da  cui  non seppero cavar altro che angosciose esitazioni? E quegli
l' umano intelletto, e quanto tutte le cose intorno a  cui  s' affatica, sieno piene di misteri? E che direm dunque?
maniere e si fecondano ritenendo la natura de' principj da  cui  derivano: lo scibile umano dunque è un miscuglio d'
non fa ulteriori confronti e ricerche. Ma l' uomo in  cui  è sviluppata maggiormente la riflessione, dimentica per
perfezione morale che è la perfezione propria dell' uomo, a  cui  tien dietro la felicità. Ebbene, a questo gran fine che è
soggettive per regolarle e indirizzarle a quello scopo a  cui  devono tendere. Il che videro gli stessi Scettici dell'
maniera di cognizione, cioè alla cognizione assoluta, il  cui  carattere distintivo è d' avere per oggetto un oggetto. Che
le qualità sensibili dei corpi, insomma tutto ciò a  cui  si stende la percezione, tutto ciò che forma la nostra
dialettica, ci diviene in mano un' arma potentissima, con  cui  combattere gli errori più disparati e più perniciosi.
vi recherò in esempio quell' erroneo e mostruoso sistema di  cui  più che mai si parla a' nostri tempi, cioè il Panteismo. E
stato appunto d' ignoranza, di rozzezza, di confusione in  cui  si trovan le menti negli esordj delle nazioni (2)? Per la
essere divino che è sempre lo stesso: l' essere reale di  cui  parliamo, è contingente, cioè egli è tale di cui si può
reale di cui parliamo, è contingente, cioè egli è tale di  cui  si può pensare tanto che sia, quanto che non sia; ma se di
nostri un solenne sproposito; e vogliono che il mezzo con  cui  la mente umana conosce non sia solamente ideale, ma sia
umano conoscere. Prima di tutto se l' essere ideale con  cui  l' uomo conosce è anche reale, quest' essere
essi, l' oggetto dell' intuito primitivo, il mezzo con  cui  l' uomo conosce tutte le cose reali, è Dio stesso. E bene,
l' uomo a conoscere, qual sia la natura dell' atto con  cui  l' uomo conosce i reali. Si direbbe egli che l' uomo
reale, se ignorasene la sussistenza. L' atto dunque, con  cui  si conosce una cosa reale, involge, come sua condizione
secondo i nostri avversarj è nel primo intuito, il  cui  oggetto è Dio stesso; dunque l' essere reale di tutte le
l' oggetto immediato di ogni scienza, ed ogni cosa di  cui  tratta una scienza qualsiasi, ha per essere suo Iddio
formola più esatta della sapienza, quella famosa formola di  cui  egli parla con tanta compiacenza, e dall' alto della quale
gerarchia, che il culto delle scienze e delle arti, i  cui  sacerdoti sono tutti gli uomini dotti, industriosi, e che
si possa confondere l' ente ideale col reale, l' idea con  cui  l' uomo conosce tutte le cose, colla realità di Dio, senza
esser Iddio stesso il mezzo unico e necessario con  cui  si possono conoscere tutte le cose reali, è lo stesso che
una volta, dico, non potrà mai più venire un tempo in  cui  questa dottrina cessi dall' essere panteistica, poichè ciò
Gioberti, il quale spera appunto che verrà un tempo in  cui  non sarà più panteistico il dire che « Iddio è in tutta la
Ma concedetemi che io vi legga anche questo brano, in  cui  egli va preconizzando i destini della nuova teoria.
mai più tempo in questa lezione da svolger le ragioni con  cui  egli toglie a giustificarsi, ne riserveremo la trattazione
riescono al medesimo risultato, benchè i termini da  cui  muovono siano diversi; poichè vi ha tanto dalla natura a
è appunto quello che egli disconosce, la via per  cui  egli se ne va a precipitarvi è appunto quella che egli
la cura per non confondere l' idea elemento divino con  cui  si conosce, colla cosa reale che affermando si conosce, la
tra la cosa contingente e l' elemento divino con  cui  ella si conosce, credevamo d' avere estirpato il panteismo
contro gli altri sistemi, e specialmente contro quelli da  cui  egli ha preso di più, e tutte le magnifiche lodi che dà a
teme d' incorrere; benchè predica che verrà un tempo in  cui  non si avrà più per panteistico il dire quel ch' egli dice,
Iddio stesso è il termine immediato di tutte le scienze di  cui  si compone l' Enciclopedia, e che questa è una religione, e
un solo oggetto. E pure il Gioberti nel luogo citato, in  cui  prende a separare il suo sistema dal panteismo, parla di un
oggetto scientifico, un composto di materia e di forma, di  cui  Iddio sia la forma? All' incontro, basta conoscere i primi
Primieramente quand' anco si trattasse d' idee nel senso in  cui  solitamente le intendono i filosofi, e non nel senso
con esso un solo oggetto; e in questa conjugazione, per  cui  Iddio diventa un oggetto solo col corpo, sta, dice il
« la sintesi maravigliosa dell' intuito umano ». Da  cui  trae questo conseguente, che [...OMISSIS...] . Notate bene:
strano l' immaginare un ordine contingente di cose, in  cui  l' ideale stia separato dal reale; giacchè in un ordine
contingente, ma all' ordine necessario, a Dio stesso, di  cui  è un' attinenza. Se si prende nel senso giobertiano, nel
contingente, se non fosse nel sistema panteistico, in  cui  del contingente e del necessario si fa una cosa sola. Il
il contingente ed il necessario come aspetti diversi, sotto  cui  lo stesso essere si considera; e quello a ragion di esempio
identico alle sue creature, ma che queste sono effetto, di  cui  Dio è causa. Per evitare il panteismo questo non basta,
la quale insegna che v' ha un solo intuito nell' uomo, il  cui  oggetto contiene tutto lo scibile sì del necessario, come
è la stessa essenza divina, perchè Iddio è un atto solo con  cui  è e con cui opera. Dunque coll' introdurre l' atto creatore
essenza divina, perchè Iddio è un atto solo con cui è e con  cui  opera. Dunque coll' introdurre l' atto creatore non si può
nelle lezioni precedenti tutte le giustificazioni, di  cui  il signor Gioberti riputò bisognevole il suo sistema per
del mondo, e lo si fa causa spirituale e intelligente a  cui  compete lo scegliere, il deliberare, l' esser libero. Con
legittimamente purgato il suo sistema dal panteismo, di  cui  teme egli stesso possa venire accusato, conveniva che oltre
Esse ci accordano prima di tutto il fatto capitale da  cui  movono i nostri ragionamenti, cioè che « la mente umana
conviene dunque aver prima ammesso che l' essere di  cui  si parla non sia nulla; questione che riguarda la sua
alcuno per via d' astrazione, come vogliono i sensisti, la  cui  sentenza è ammessa senza esame per assioma indubitato dal
il fusto di questa colonna. Astraete da esso la pietra di  cui  ella è formata: che cosa vi resta? Mi resta l' idea d' un
forma, ma che non contiene, non determina alcuna materia di  cui  sia composta, nè pietra, nè legno, nè metallo, nè altro.
questione del panteismo, che è il principale argomento, di  cui  al presente ci dobbiamo occupare. Non è già che con quelle
che il Rosmini denunziò forse il primo al pubblico, e  cui  egli impose il nome. Egli dice così: [...OMISSIS...] . Così
stesso Verbo (1), distinguendosi solo rispetto all' uomo a  cui  è dato in modo sì limitato. Neppure mi fermerò a pregarlo
noi gli domandiamo, dovrà egli immedesimarsi coll' uomo, a  cui  solo risplende come il lume agli occhi? Forse perchè è
dimostra in un lungo dialogo (1) con argomenti evidenti, di  cui  il Gioberti non fa parola, che, quantunque l' essere ideale
confessione del signor Gioberti intorno alla maniera con  cui  egli concepisce « l' essere possibile, ideale, comunissimo
uomo suppone un primo reale, cioè una mente sussistente in  cui  egli si trovi come in proprio luogo, e così per via di
e l' individualità sono il reale senza l' ente, da  cui  nascono le idee riflesse. E per istare nel discorso che
della creazione, anzi lo pone a segno caratteristico da  cui  distingue i filosofi puri di panteismo da quelli che ne
Iddio CAUSA IMMANENTE di tutte cose, che è la frase di  cui  tanto si compiace il Gioberti, non era questo immune da
quale si fonda lo stesso principio di contraddizione, e da  cui  procede la forza d' ogni dimostrazione (1). Ora un assioma
primo di tutti gli assiomi è il più necessario di tutti, da  cui  deriva la necessità agli altri. Se dunque il principio di
contraddizione è necessario, se è necessaria la forza con  cui  conchiude il sillogismo, ancor più necessario o almeno
E che cosa allora ne è rimasto dell' Ente, cioè di Dio, su  cui  si esercitarono tali operazioni? Egli è rimasto l' ente
chiama le creature) per altro in modo diverso da quello in  cui  appartengono a Dio, perchè in Dio quelle nozioni sono unite
è in Dio è Dio. Dire che il concreto e il particolare, da  cui  prima avea detto che nascono le creature, quando tali
sapere. Ora noi abbiamo da una parte un sistema intero da  cui  risulta che la sostanza è unica; ed abbiamo dall' altra una
al vostro spirito, miei signori, la penetrazione di  cui  siete dotati, delle quali alcune saranno forse le seguenti:
del reale, li considera meramente come due rispetti, sotto  cui  si riguarda la cosa stessa, la stessa sostanza; protestando
il centro è indivisibile dalla periferia! Povera gente, a  cui  non è riuscito di trovare quest' accorta distinzione
sta unicamente nella forma; il cangiamento di forma a  cui  l' Ente, cioè Iddio oggetto dell' intuito soggiace, è la
appartener possa a quelle frasi magnifiche e menzognere di  cui  i panteisti appunto, massime del nostro tempo, fanno uso,
Ora quando si udì mai che Iddio abbia un suo archetipo su  cui  possa esser creato? E se non ha l' archetipo, come l'
il nostro Filosofo per idealmente, che cosa per idea, da  cui  viene la voce idealmente . Ora tutto il suo sistema para a
intende il nostro Filosofo sotto la parola di creazione, a  cui  egli ricorre, come ad unico scudo, onde salvare il suo
distinzioni di semplici rispetti e di puri aspetti, sotto  cui  si considera sempre la stessa cosa. [...OMISSIS...] . IV L'
buona la scusa, anzi il volle convinto di quell' errore, di  cui  certo una parola non basta a purgarsi. Ora noi abbiamo
creazione, anzi è velo trasparente assai e squarciato, con  cui  egli spera di togliere agli occhi altrui la schifezza del
le separiamo da Dio? Non già per mezzo dell' intuito, il  cui  oggetto è ideale, ma per mezzo della riflessione, la quale
forme passeggiere. Non vedete voi qui aperto quel fonte a  cui  il signor Gioberti sembra aver attinto il suo sistema della
trattenermi un poco anche su questo punto determinato, in  cui  l' individuale contingente concentra la sua realità; ma
ci somministra de' suoi pensieri, e della maniera con  cui  toglie a distruggere il panteismo, noi intendiamo, o
nell' albero stesso, essa è il soggetto sostanziale di  cui  l' albero è l' atto accidentale retto e sostenuto; laddove
dunque intuire le esistenze create, senza intuire Iddio di  cui  sono l' attuazione? (perocchè Iddio in questa dottrina non
Iddio senza intuire le esistenze che sono il creato, di  cui  Iddio stesso è assai meglio l' attuazione? « Quindi
vi vede l' insidenza del corpo nell' Ente, cioè in Dio, di  cui  il corpo è un' attuazione, o assai meglio Iddio è un'
così parlo), imparate a conoscer l' ignoranza profonda in  cui  fin qui foste stati immersi, e con voi insieme tutti gli
tempo che noi poniam modo a questa lunga discussione, in  cui  abbiamo spese diverse lezioni. L' attenzione che voi mi
la potenza di ricevere in sè la potenza di percepire Iddio,  cui  Dio stesso, comunicandosi all' anima, crea in essa. Di qui
Nell' incertezza se Ella abbia sott' occhio la Tavola di  cui  le parlo, gliene unisco qui un esemplare. Col volgere poi
una sublimazione del sentimento e della intelligenza, a  cui  azioni ed oggetti divini si comunicano; un perfezionamento
due relazioni, o in quanto ritiene dell' essere divino da  cui  fu preciso, e intanto non è creatura, ma ritiene delle
non è una creatura in quanto ritiene dell' essere divino da  cui  fu preciso, lo concedo: benchè non gli possa perciò
giacchè l' idea non si mangia nè nutre. Se gli elementi, di  cui  si fa risultare la cognizione del reale, non hanno in sè la
o ragionevole cagione; questo spirito di umiltà, in  cui  dee essere tenuto l' Istituto stesso, non che li singoli
amorevole sopra un fondo di dolci e gravi pensieri, di  cui  dee essere sempre occupato l' animo di un cristiano, d' un
di quelli onde già siete incaricati da Monsignore, e la  cui  assunzione gli dispiacesse. Ma al tempo stesso per
dell' Istituto costà. Sì, di questa ubbidienza perfetta, a  cui  siete chiamati, credo io che vi sarà dimandato conto dall'
E tenendo io questo punto dell' ubbidienza per lo perno su  cui  tutto s' aggira nella vita religiosa, sì il bene spirituale
fra quelle che non sono contrarie alla fede, giacchè ciò in  cui  dovete mettere importanza, è solamente in praticare la
Istituto; consideri quanto sia grande l' umana debolezza da  cui  sono circondati anche gli ecclesiastici, anche i religiosi;
mie riflessioni sieno mal fondate e che il Vescovo, di  cui  si parla, non solo conosca profondamente la vita religiosa,
quello che non possono dare e che è contrario al fine per  cui  furono istituiti. Così in una città d' Italia un piissimo e
utile e buona, se potesse esistere un religioso Istituto, i  cui  membri senza perdere lo spirito potessero essere ad nutum
Dio che suole proporzionare i pesi alle forze di quelli a  cui  li impone, e che suole anche accrescere nel bisogno queste
al celeste amore; e il magistero delle tribolazioni, con  cui  ci forma, non è meno ammirabile di quello, con cui ha
con cui ci forma, non è meno ammirabile di quello, con  cui  ha creato l' universo, sebbene sia un magistero occulto, e
Il mondo è perverso, e forse era difficile al giovane di  cui  siam privati, di tirare innanzi con buon esito: Iddio lo
come non dimentico nelle mie povere orazioni quelli a  cui  ho tanta obbligazione e amicizia. Noi cerchiamo sempre più
anzichè ad amare, nel quale amore starebbe pure la virtù, a  cui  si dee bramare di condurlo. Non è però che tutti questi
che operi in conformità alla bellezza di quella verità di  cui  si è innamorato . A conseguire tutto ciò una cosa sola ci
sia posta ben chiara la vista della morale verità di  cui  si tratta; la luce poi onnipotente di questa verità non
più ne divien vago, e fin pazzo. Però quegli animi, a  cui  pur una volta venne gustata questa cotale ineffabile e
salvasse, e voi periste? Quid prodest , se nella casa, in  cui  siete, andasse tutto a vostro gusto, e voi non andaste a
vostra è sulla strada dell' abisso! E come no, se voi, la  cui  anima è stata riempita di grazia mediante i Sacramenti
in fronte il carattere di cristiano e di sacerdote,  cui  porterete vivo e rosseggiante per tutta l' eternità, vi
il Decano del Sacro Collegio, il Santo Padre stesso, di  cui  è l' organo? A me sarebbe facile, e più facile sarà
elleno abbiano relazione colla eterna salute dell' anima, a  cui  presiede. Ora quale difficoltà ragionevole può mai trovarsi
nell' ordine puramente temporale? Questa parola, a  cui  mi sono abbattuto nei vostri scritti, mi ha inorridito. E
Crocifisso: in quanto che da lui sono uscite le virtù, in  cui  l' Istituto mira come in suo fine, e perciò lo
vero sbaglio o difetto non può cadere nel volere di Dio, di  cui  quel comando è segno indubitabile. Di maniera che è da
legge di grazia portataci da Gesù Cristo, e come quelle, a  cui  debbono prestare egualmente ubbidienza e i Superiori e i
in Dio, unito strettamente col proprio Superiore, in  cui  ravvisi come in imagine Dio stesso, uniti ancora tutti fra
è cosa al tutto divina , e quelli soli ciò intendono, a  cui  lo Spirito Santo comunica questa sapienza sopraumana.
ad intendere gli ammirandi suoi esempi e le parole con  cui  ce l' ha insegnata: parole ed esempi non compresi se non da
e che questa ragione è l' ultima di tutte le ragioni a  cui  tutte le altre debbono cedere? Perocchè la ragione del
vi può essere più grande di quella di ottenere il fine, per  cui  siamo creati, e di ottenerlo nel più perfetto modo
ad altro che a farci conoscere la condizione disperata in  cui  siamo gittati. Vedremo che la sola stella che ci possa
a loro ministro e l' adoperano a tutte quelle cose grandi a  cui  l' hanno ab eterno predestinato. Stringiamoci adunque all'
sapere altro se non Gesù Cristo, e questo crocifisso, da  cui  vi prego salute e benedizione ne' secoli. [...OMISSIS...]
che come la più importante di tutte, così è quella di  cui  men parlano i letterati. Tutta da capo a fondo è religiosa
hanno grande virtù di ottenerci la grazia e la fortezza di  cui  abbisogniamo continuamente in questa nostra peregrinazione.
a far conto solamente delle ragioni grandi o primarie, di  cui  parlo: elle sono quelle che formano la semplicità, la
abitare in Italia. Ma il disegnare da se stessi il luogo in  cui  si deve abitare, non è ella cosa direttamente contraria al
in gran parte la fantasia, la quale spesso c' inganna, e a  cui  convien resistere valorosamente, opponendole lo scudo della
se in noi non ci fosse l' attacco a noi stessi, ai paesi da  cui  noi proveniamo, ai conoscenti, al proprio benessere, e alle
ci manca per fare quelle risoluzioni generose e grandi di  cui  abbisogniamo. Non n' abbiamo noi il desiderio? E bene,
religiosa che si possa concepire: e questa è quella a  cui  siete chiamata nell' Istituto della Provvidenza. Badate di
d' impegnarvi grandemente a divenir perfetta nello stato in  cui  vi trovate e in cui certamente vi ha posta il Signore,
a divenir perfetta nello stato in cui vi trovate e in  cui  certamente vi ha posta il Signore, cacciando ogni altro
adunque stanno per Lei racchiuse le penitenze, di  cui  si sente verso Dio debitrice. Ella le fa tutte ubbidendo.
altra: il che però non vuol dire che io sappia questa in  cui  scrivo. [...OMISSIS...] 1.41 La sua cara lettera è un pegno
più. Io ne La ringrazio con tutto il cuore. L' opuscolo di  cui  Ella mi parla, come messo in giro anche costì, ma da Lei
in essi, a fin di mostrare qual sia la strada perversa in  cui  quelli eransi incamminati, e qual sia per ciò la contraria
per ogni canto, massime che vi sono anche assai di quelli a  cui  buccinano da sè gli orecchi. Questo dee portare di
possa avere per ottenere da Dio i lumi e la fortezza di  cui  Ella abbisogna nelle circostanze in cui Ella si trova, e
e la fortezza di cui Ella abbisogna nelle circostanze in  cui  Ella si trova, e che nella sua lettera mi descrive. Non è
giustizia, e perciò a Dio ed alla santa Chiesa Cattolica, a  cui  ha la grazia di appartenere. Con questa retta intenzione
e La difenderà da molti pregiudizi ed opinioni false, di  cui  sogliono essere imbevute le società particolari, e i
avversario, io credo che sia questo da me adoperato, e di  cui  nostro Signore e tutti i Santi ci hanno dato l' esempio.
hanno dato l' esempio. Fino che considererete la causa, di  cui  si tratta, come mia personale, mi condannerete, può essere,
degli epiteti umilianti come ne usò, perchè era Dio, a  cui  solo conviene il mihi vindictam , e nol possiamo mai noi,
materialità esterna delle parole, ma nello spirito con  cui  sono proferite. Sono certo che voi ben vi ricorderete che
ma ciò non vuol dire altro se non che le occasioni in  cui  giova usare questi secondi sono più scarse, che le
usare questi secondi sono più scarse, che le occasioni in  cui  giovi usare quei primi. E certo in tutte le cause personali
delle cose e delle circostanze, e la natura del male, a  cui  si deve opporsi. Ad ogni modo, nel dubbio in cui mi avete
male, a cui si deve opporsi. Ad ogni modo, nel dubbio in  cui  mi avete messo, io approfitterò del vostro avviso in altre
quale sia la scuola del nostro Signor GESUÙ Cristo, in  cui  vi trovate? E non intendete voi il senso profondo di quelle
io aspetto da voi: ecco la vera scienza dell' Istituto a  cui  Iddio si è degnato di chiamarvi, Istituto che professa di
di noi che la sola parola di vita di Cristo. Beati quelli a  cui  la parola: « qui vult venire post me, abneget semetipsum »
vero piacere che Ella sia pienamente contenta della cura, a  cui  sottomise costì la figlia maggiore, mi recò gran pena il
Questi so e vedo dalla sua lettera che sono i sentimenti da  cui  Ella è penetrata, e però non dee sgomentarsi, se sente la
e ci fa rallegrare e gioire immensamente di quello, di  cui  piange la carne e mena alti lamenti. Basta adunque che
sarà ricevuta con gradimento: Ella avrà dei momenti in  cui  sentirà profondamente il proprio nulla, e farà di quegli
quod vis ». Oh volontà dolcissima del Signor nostro, nel  cui  solo compimento sta tutta la nostra beatitudine! Ella poi è
è il regno degli umili che non hanno volontà propria, ma la  cui  volontà è quella di Dio. In questa nostra nullità possiamo
cose più grandi ancora, giacchè è infinito il Signore a  cui  le dimandiamo, e le nostre miserie non gli possono metter
La Chiesa non ha da sperar altro che dalla santità , a  cui  serve tutto. La parte dell' uomo consiste nello studio di
per le sue indivise sorelle, per tutti i suoi congiunti, a  cui  s' era resa tanto amabile, e da cui era tanto amata, egli è
i suoi congiunti, a cui s' era resa tanto amabile, e da  cui  era tanto amata, egli è pur questo un acerbo distacco! Mia
della duchessa di Tonner e di tutta cotesta famiglia, di  cui  ella era divenuta per affetto sì cara parte. Se non che
fonte di spirituale consolazione. A quanti superstiti a  cui  muoiono i parenti, anche dopo esser giunti al colmo delle
è entrata in porto. Ella ha portata seco la vera fede, di  cui  le aveva Iddio fatto dono conducendola alla Chiesa
il gaudio eterno incomincia, un gaudio perfetto, di  cui  non possiamo formarci un' idea adeguata, ma di cui però
di cui non possiamo formarci un' idea adeguata, ma di  cui  però sappiamo che l' unire insieme colla nostra
che rilevano l' efficacia loro dal sangue di Cristo, il  cui  merito è infinito, debbono esserci nuovo motivo di
che d' un po' di ritardo posto al sospirato momento, in  cui  venga lo Sposo divino, e tutte belle e lucenti le introduca
che ci mette lì come ancora esistente e parlante quella con  cui  eravamo soliti di passare tante ore, per dissiparci un
spirito; come è il tempo che medica le ferite profonde, di  cui  si risente la carne. Godo che il mio buon abate Molinari
quello che voi dite intorno all' ingegno ed altre doti di  cui  bramereste forniti i nostri. Il vero scopo dell' Istituto,
neppure siano state ammesse al Noviziato. La trafila per  cui  devono passare i nostri è lunghissima, come sapete, vi ha
opera di carità è aliena dal loro Istituto: quella poi a  cui  attendono con più cura presentemente, si è l' educazione
se i Superiori lo permettono. Se questa adunque è la via a  cui  vi sentite chiamata, fatevi coraggio; chè non manca il
perciò non dubito punto del buon esito: MARIA Santissima, a  cui  sono tanto devote le Suore della Provvidenza, v' accoglierà
di accennarle, che a mio parere il maggior studio a  cui  dee applicarsi chi predica a' giovanetti, si è quello di
convien richiamarsi ciò che abbiam detto sullo stato in  cui  è uscito dalle mani di Dio l' uomo primitivo. La sede del
sue potenze sole far non potevano. Due cose le potenze di  cui  la natura umana è fornita far non potevano: 1. esse non
che lo circondano potesse essere un cotal simbolo, in  cui  contemplasse, la mente umana, quasi in ispecchio, il
molti uomini, se la madre gli mostra il ritratto del padre  cui  le vicende han lontanato di casa, od egli vide mai,
rappresenta un uomo; secondo, che un uomo di tali fattezze  cui  il ritratto dimostra, si chiama papà: associando così la
a quella che rende l' impianto di una formola algebrica di  cui  non si avesse ancora trovato lo sviluppo, la quale
E sono appunto queste solenni impressioni, le prime da  cui  era colpito, quelle che meglio potevano prestare a lui il
divino, e che questo vocabolo fosse un astratto, la  cui  significazione si rendesse concreta solo allorquando si
sua colà dove l' ha lasciata per condurla alla perfezione a  cui  è ordinata. E però egli non fa che aggiungere efficacia e
nell' uomo stesso, nel quale si producono, per la grazia di  cui  egli è in possesso, trovare una cotal forma o virtù
grazia. Ma perchè si possa ciò intendere, quegli oggetti da  cui  procedono queste sensazioni efficaci in un cotal modo
Provvidenza più volte di vedere questa luce ineffabile di  cui  parlo, di cui la faccia dell' uomo santo è soffusa e come
più volte di vedere questa luce ineffabile di cui parlo, di  cui  la faccia dell' uomo santo è soffusa e come dorata. E di
vita per nome Maria Moerl abitante nel borgo di Caldaro, i  cui  meravigliosi doni non possono capire in questo libro; ma di
meravigliosi doni non possono capire in questo libro; ma di  cui  pur non tacerò che in quel volto contemplante, da cui l'
ma di cui pur non tacerò che in quel volto contemplante, da  cui  l' anima è peregrina, tutti veggono Iddio che si trastulla
cogli occhi suoi? o l' aria celeste e lo spirito divino di  cui  quel volto è luccicante, e la beatitudine che sì maestosa e
abbiamo ragionato di sensazioni che nulla significano e a  cui  pure fu annessa una virtù soprannaturale. E dissi
corrispondente a ciò che significano. Nei quali segni (a  cui  come ognun vede appartengono i Sacramenti della Chiesa)
visibile, ma al Dio vivo e vero come autore del tutto, di  cui  l' ordine naturale è il principio, e l' ordine
della vita« (6). » Ma perciocchè la vita più nobile di  cui  l' uomo goder possa, è quella che nasce a lui dalla
quei dodici effetti dello spirito di Gesù Cristo  cui  enumera S. Paolo e chiama appunto « frutti dello spirito«
nell' ultimo stato di gloria e beatificatore de' Santi a  cui  si comunica in cielo, che nello stato onde comunica sè
cattolici, e, ciò che è più, di S. Tommaso d' Aquino. A  cui  io potrei rispondere che egli è vero non darsi Sacramento,
quel mirabile complesso di simboli parlanti e efficaci di  cui  fatta menzione. E a trovare questa spiegazione ci farà la
anima intellettiva, quasi per una cotal legge di armonia a  cui  deve ubbidire, quei movimenti animali? E come certi suoni
hanno affinità colla passione dell' ira o dell' audacia, i  cui  moti vengono da quei suoni eccitati, e come dietro a questi
prima nell' animalità stessa le più dolci passioni, da  cui  l' anima razionale sentesi invitata a sperare o ad amare
pur certo è che dunque anche allo stato di santità, in  cui  l' anima si trova colla suprema sua parte, deve
e l' universo può considerarsi come un tutto complesso, la  cui  parte più sublime era Dio stesso e la più materiale i
dati all' uomo innocente: tale il sistema primitivo in  cui  era posta l' umanità. Un fatto memorabile sopra ogni altro
quella vicenda di alterazioni e disordinati mutamenti a  cui  necessariamente la espone la natura delle proprie
e quella di significare un cotal ordine misterioso, di  cui  appena con delle idee negative rimaneva traccia nella umana
e di operare nell' uomo per mezzo delle cose corporee, di  cui  era entrato in balìa. Circa il modo onde il demonio si rese
corso dell' esistenza della creatura trovasi un momento in  cui  sia mancato l' onore a Dio, egli è di natura sua
egli è di natura sua irreparabile: nè gli altri momenti in  cui  Dio fu onorato valgono a risarcire quel momento vuoto della
della creatura, e questa soggetta a tale obbligazione a  cui  non ha onde soddisfare; 3. Perchè la creatura dopo il
si esclude nulla dell' essere che sussiste e del tempo in  cui  sussiste. La natura umana adunque era, come si diceva,
che vietava il far ciò, vale a dire il debito dell' uomo,  cui  Cristo col prezzo di sè stesso largamente pagò. Ora potendo
servono alle sensazioni; e gli altri sistemi, di  cui  è il corpo umano composto, non ne sono immediatamente
nascere la persona e essere figlia di quel principio da  cui  riceve la sussistenza come persona. Di maniera che l'
vestire indica la conservazione della natura umana sopra  cui  la nuova persona si veste e si depone (5). Le fasi poi:
peccato; è la terza differenza che li separa dai segni con  cui  il Creatore perfezionava a principio gli uomini innocenti.
di un' indole particolare, i quali chiamiam Sacramenti, di  cui  al tempo della innocenza non era bisogno, ciò che anco fece
di segni e per questi rivelandole le verità, di  cui  ella vieppiù si ammaestrasse: ma l' istituzione de'
loro sopra gli altri efficaci. E il torne alcuni pochi a  cui  aggiunger Dio questa sua virtù era massimamente necessario
chi ricevesse e conservasse il deposito delle verità, a  cui  conservare diligentemente si esigeva oggimai che fosse
pure l' Apostolo [...OMISSIS...] . Ora il preciso tempo in  cui  Dio cominciò a dare a una famiglia particolare i segni
la circoncisione e promesso Isacco, o l' anno appresso in  cui  questi nacque: dopo che erano passati dal diluvio più di
in Haran dove dimorò alquanto. Spacciato poi del padre,  cui  sepellì in Haran, fu nuovamente da Dio chiamato, perchè se
fu promesso e gli doveva già tosto nascere quell' Isacco la  cui  discendenza avrebbe posseduta la terra della santità e
luogo ove era stato nascosto l' antico: la quale acqua, di  cui  Neemia aveva fatto aspergere le legne e le vittime
finito e che non si fa che aspettare l' ordine nuovo a  cui  preparare quell' antico era rivolto. Non lasciano dubitare
Qui finiscono i Profeti, l' ultimo de' quali è Malachia, di  cui  pure è la profezia del secondo tempio visitato dal Messia,
preciso della venuta dell' aspettato Legislatore, e il  cui  principio cade appunto nell' anno indicato della nuova
da essa del popolo eletto è come il costante segno a  cui  mirano le predizioni precedenti appartenenti all' antico
ebreo fu da Dio intieramente ottenuto e compito al tempo in  cui  Israello tornò dalla schiavitù babilonica, riedificò
delle rivelazioni. [...OMISSIS...] Il tempo adunque entro  cui  furono dati da Dio i segni istruttivi alla stirpe d'
pure egli par probabile, che fra le molte ragioni a  cui  poteva riguardare la divina Provvidenza in così facendo,
e di spargere presso l' altre genti i divini oracoli, di  cui  l' israelitico popolo era il depositario. Quasi per intero
nelle idolatriche superstizioni dei popoli fra  cui  vivevano. Ora di ciò quei popoli idolatri ricevevano la
quest' uomo nè intenderebbe cosa alcuna di quelle voci di  cui  componesi la lingua parlatagli, nè verrebbe mai a capo d'
fu dato nel tempo della nuova legge nell' utero di Maria,  cui  per consenso di tutti i Padri e gl' interpreti figuravano i
uomini, sono prese per emblema a significare uomini, verso  cui  sono i doveri morali, si vedrà come falsamente il Calmet ed
gli animali, è emblematico. E in quegli animali (di  cui  si fa pure rispettare emblematicamente il sangue), si
sarà sparso« (4). » Dove si vede che l' imagine di Dio su  cui  è fatta l' anima umana varrebbe a riparare i buoni dall'
e impressa negli uomini, perchè la fondamentale a  cui  tutte le altre si riferivano. .. La torre di Babele tipo
ma più ancora il futuro. Avvicinandosi però il tempo in  cui  le promesse dovevano cominciare ad avverarsi, Iddio
fra i quali parla un solo e un solo è adorato da Abramo a  cui  dànno l' annunzio del prossimo nascimento d' Isacco, sono
nelle divine Scritture, ma è uno di quelli altresì di  cui  par che dica l' Apostolo che allora stesso furono intesi e
però è tipo principale di Gesù Cristo. Le pelli caprine di  cui  egli si copre per ottenere la benedizione paterna, sono un
un tipo, secondo S. Agostino, dei peccati degli uomini di  cui  apparve Gesù caricato (2). 5. La scala di Giacobbe . -
i Re Egiziani è il tipo della schiavitù del demonio da  cui  ci libera Gesù Cristo figurato in Mosè. Già ho accennato
Paolo. 2. Legge morale . - Iddio fu Re di questo popolo, la  cui  forma di governo da Giuseppe Ebreo fu chiamata
stesse leggi morali. Eccone alcuni (3): a ) Il Sabbato in  cui  ogni uomo si doveva astenere dalle opere servili,
rappresentava la libertà e la pace dei figliuoli di Dio,  cui  pienamente goderebbero nella requie eterna. Questo è uno
della legge mosaica significavano la giustizia di Cristo, a  cui  disponevano altresì gli uomini (7). 3. Legge cerimoniale .
non sarebbe bisogno recare tante prove di questa verità di  cui  tratta tutto il presente libro, se degli eruditi, o più
tutte con materno affetto, alla condizione degli uomini  cui  voleva istruire e abbonire si accomodava. Ma non è mio
essere tutte piene de' segni istruttivi emblematici , di  cui  parliamo. A suggellare un tal fatto sostenga il lettore che
Cristo « il ministro della santità e del vero tabernacolo  cui  ha formato il Signore e non l' uomo« (1). » L' antico
faceva il santo Re Giosia (6). d ) Anche il monte Moria su  cui  era edificato il tempio, era uno de' monti santi. I quali
sono gli emblemi delle due parti della giustizia di  cui  parliamo. Poichè questi sono i due perni di tutto l'
dice appunto così: [...OMISSIS...] . (Ecco le due cose di  cui  parliamo, l' una appartenente all' essere reale e all'
il medesimo dal lato dell' abbondanza di tutti i beni di  cui  godono i Santi che compongono la Chiesa, massime nella
l' ottavo dì della quale era la festa della Colletta, in  cui  mettevasi a parte ciò che il popolo voleva offerire per
di questi animali erano significati i varii vizii di  cui  i Gentili erano macchiati. Il mangiare nelle sacre
la pianta che produceva negli anni seguenti frutti puri, di  cui  potevano raccogliere e mangiare i figliuoli d' Israello.
valeva almeno altrettanto di tutti i beni terreni di  cui  era madre; 2. che questa giustizia sebbene insensibile
l' oro non appurato nella miniera. La materia dunque su  cui  esercitare l' estrazione non mancava più: era posto da Dio
rimastasi sola reggentesi da se stessa come una volta a  cui  si tolgano di sotto le armature e le centine. Ora tutto il
scegliere doveva riflettere al valore delle due cose fra  cui  cadeva la scelta. Preferendo la giustizia al figlio, egli
l' abbia fatto venire in collisione colla giustizia e di  cui  non abbia richiesto il sacrificio (3). Grande era l' amor
astratti del giusto e dell' ingiusto. La materia adunque da  cui  si toglie l' idea della giustizia è data nell' ordine della
le cose, il quale da queste interamente differiva e la  cui  natura era tanto grande e levata che da mente umana
il Signore glorioso. Essendo poi Gesù Cristo quegli dalle  cui  mani è condotta la Provvidenza del mondo, secondo il detto
purgatorio (1). La tradizione di questa terribile forza di  cui  va Dio circondato passò a tutte le genti; ed è per questo
l' esemplare veduto dal Santo Legislatore in quel monte a  cui  similitudine fece poi l' arca (5), perpetuo trofeo della
del tempio profanato e della città santa, non più santa, in  cui  abitava, abbandonandola in preda a nemici ministri dell'
di bue, e di aquila, impresse nei dossi de' due cerchi di  cui  ciascuna è composta, incrocicchiati l' un nell' altro e
militante non ha altre insegne che quelle di Cristo, alla  cui  similitudine si deve volgere tutta e conformare e per lo
A ragione di esempio Osea (II) parla di una vigna di  cui  spianterà le viti e le ficaie. Ma egli è facile d'
in virtù delle circostanze di chi parla e di quelli a  cui  parla. Sapendosi che chi parla è un inviato dal cielo a
Re potenti, e che erano essi i nemici più formidabili da  cui  aveva essa a temere. 4. Può togliersi l' incertezza del
spirito, ciò che unisce quelle varie parti è un segno a  cui  se le attacca. Questo segno, cioè la parola, acquista virtù
riprendiamo in mano questi vantaggi nell' ordine in  cui  gli abbiamo registrati; cominciamo dalla percezione, a cui
cui gli abbiamo registrati; cominciamo dalla percezione, a  cui  corrisponde l' istituzione de' nomi proprii . Ho detto che
; ma rimanendo un tal pronome separato da esso nome comune  cui  determina, non ne cangia la natura. Così se io dico: quest'
gli esempi se non dalla lingua ebraica, molti sono i nomi a  cui  è affisso dal loro istitutore il pronome possessivo mio :
possessivo mio : così Rachele impose a Beniamino, il  cui  parto difficile la fece morire, il nome di BEN7ON7I, che
tutta a sè la nostra attenzione: e suol essere quella a  cui  rivolgiamo il nome che imponiamo all' oggetto. Così a
ragion di esempio nella ebrea, in quel luogo del Genesi, in  cui  la Volgata dice che la terra era inane e vuota (4); altri
da quelli che ebbero dopo; e questa è la ricerca a  cui  noi ora poniam mano. La differenza de' Sacramenti si dee
quale stato viene determinato dalla natura della grazia da  cui  sono illustrati. Conviene adunque rammentare ciò che noi
il discepolo colla sua mente. Si pensi dunque un maestro la  cui  parola sieno le verità stesse senz' altro segno; sicchè
gradi pei quali l' uomo si avvicina sempre più al Verbo, di  cui  riceve un cotal riflesso di luce che cresce fino a che è
opera della salute umana; e questa è quella grande opera di  cui  sì spesso parla Cristo aver ricevuta dal Padre,
per istrumento da percepire ed attingere le cognizioni di  cui  è privo in nascendo; conveniva che il Verbo a rendersi
dal Padre. Così la rivelazione esterna fu compita, a  cui  rispose il compimento dell' interna, cioè la grazia data
d' indicare con tutta distinzione queste due parti, di  cui  è formato il Sacramento; ma volle anche fare intendere che
è porzione e propaggine della carne del primo uomo, a  cui  il lume d' intelligenza è stato affisso, così essendo stato
a comunicare agli uomini la cognizione del Verbo da  cui  era informata, e la pienezza della grazia. Ma ciò potea
ma il principio religioso . La potenza e la necessità con  cui  opera questo principio è tale, che l' atto e l' effetto suo
. E sono i Sacramenti quelli che infondono la fede, di  cui  tante cose dice S. Paolo, massime il Battesimo, il quale è
per essi ad esistere e ad operare. Il principio adunque da  cui  dedurre la differente virtù degli antichi e de' nuovi
da quelli del nuovo S. Agostino dice: [...OMISSIS...] . A  cui  consuona quanto il Sommo Pontefice Eugenio IV scriveva agli
[...OMISSIS...] . Un altro ufficio, ed il più nobile, a  cui  furono destinati i Sacramenti dell' antica legge era di
quale operazione è una cotale emissione del suo spirito, di  cui  dice S. Pietro [...OMISSIS...] . E S. Giovanni osa ancor
continua dell' umana specie abbandonata a sè stessa, a  cui  riparare dovette Iddio, venir crescendo successivamente i
per ciò dà origine ad una« nuova legge di perfettibilità« a  cui  è avventuratamente soggetta non l' umanità abbandonata a sè
voleva adunque un altro principio, argomenta S. Paolo, da  cui  venisse la salute umana. E questo principio qual poteva
menomamente« (5). » Egli reca l' esempio di Abramo, la  cui  giustificazione provenne anch' essa da una gratuita
è quella beatitudine che Davidde commenda in coloro a  cui  furono rimesse le colpe (2): erano colpevoli, ma sono
La legge perfetta è una legge interiore e soprannaturale a  cui  non giungono le forze della volontà naturale, se non
al tutto negativa l' idea), ma per la forza o energia da  cui  era accompagnata, il che spiega medesimamente come ciò che
nell' antico tempo non s' aveva che quella idea negativa di  cui  toccammo, egli è manifesto che questa idea non poteva
bisogno de' simboli instruttivi e d' indizii: 1 quello in  cui  si percepisce interamente la cosa reale, nel quale cessa
divina cognizione è lo stato de' comprensori; 2 quello in  cui  si percepisce in parte la cosa reale e in parte non si
e di Cristo glorioso si accenna; 3 finalmente quello in  cui  la cosa reale punto nè poco si percepisce, nel quale stato
(2) e quanto a ragione Cristo ebbe a dire al popolo a  cui  predicava: [...OMISSIS...] . E per mostrare che quella
La dottrina morale rispondeva all' imperfezione in  cui  era la cognizione di Dio presso gli uomini. Non avendo
che per questa morte Cristo riparò anche a quelle colpe, a  cui  la legge avea data occasione (4), che solo dopo la morte
però di cose naturali aveva un fine soprannaturale, a  cui  cercava di rivolgere la mente e lo spirito degli uomini, ma
facilmente, ove si tenga ben presente il gran principio da  cui  muovono tutte le nostre parole. Nell' antico Testamento Dio
de' servi caratterizzata dall' ignoranza e dalle tenebre in  cui  i servi sono lasciati dal padrone, come avveniva appunto
» Che dunque faceva Iddio? quello che fa un creditore, a  cui  venga dimandato dilazione al pagamento dal suo debitore.
posta per trasgredirla fino a tanto che venisse quel SEME a  cui  era stato promesso« (6). » Questa fede poi che pienamente
infrazione del patto naturale. Ora un contratto positivo in  cui  entri l' uomo, conviene che abbia delle forme esterne che
tutte simultaneamente, purchè abbiano materia ed oggetto in  cui  occuparsi, e ciò per istinto. L' uomo acquista più tardi, e
ordine soprannaturale s' innesta su quello della natura, di  cui  è compimento. E poichè l' ordine della natura era guasto,
fino ab antico quelli che facevano sacrifizii, o quelli per  cui  si facevano, partecipassero delle cose offerte al Signore;
quando entrarono al possesso della terra promessa, tempo in  cui  si costituirono in nazione (1): di che all' entrare in
ragione il bambino che moriva prima dell' ottavo giorno, in  cui  solo era prescritto la circoncisione non è a riputarsi
si chiamava il seno di Abramo (5). Era la fede di Abramo, a  cui  si riferivano, che le salvava. Secondo la maniera di dire
(4). Tali erano le condizioni spirituali del patto; di  cui  le condizioni temporali non erano che figure e sostegni
pervenire al cielo significato dalla terra promessa verso  cui  uscendo dall' Egitto si rivolgevano. Or questo Sacramento
nella fede di Abramo; eccetto quei Santi privilegiati a  cui  dava Iddio delle particolari illustrazioni, attuali il più,
sua promessa, la massima delle promesse, quella promessa a  cui  le altre tutte erano ordinate come mezzi e apparecchiamenti
[...OMISSIS...] . In questo gran fatto pertanto, in  cui  Iddio da parte sua liberava la sua fede agli uomini,
o finalmente rispetto al perfezionamento della volontà a  cui  la santità si riferisce. Conciossiachè certa cosa è che il
egli sia luce e splendore, perocchè il Verbo all' anima a  cui  si comunica non è che luce. E questo dice S. Ambrogio nel
gerarchia: [...OMISSIS...] . Nè questa luce di  cui  si parla è altro che intellettiva, la qual dà all' anima
Iddio e tirarlo per così dire ad abitare nell' anime a  cui  si applicava l' effetto di quel sacerdozio, viene
accennammo, la condizione del primo stato d' innocenza, in  cui  non erano d' uopo de' patti positivi fra l' uomo e Dio (2).
L' ordine in che stanno fra loro questi tre aspetti, in  cui  il carattere può considerarsi, è appunto questo accennato,
questa natural congiunzione colla grazia santificante, di  cui  il carattere è come un fonte, viene altresì che i Padri
al carattere l' essere segno di distinzione fra quelli di  cui  Cristo ha preso il possesso e fatti suoi, e gli altri da
è acconcissima a indicare la parte suprema dell' anima in  cui  viene impresso il carattere. Solamente si può aggiungere,
il carattere. Solamente si può aggiungere, che il segno di  cui  parla l' Apocalisse, non è il carattere solo, ma unito
carattere solo, ma unito colla grazia, poichè è quello di  cui  sono segnati gli eletti. E per la medesima ragione, onde al
ragione, onde al carattere gli Angeli conoscono quelli  cui  difendono, i demonii conoscono quelli da cui hanno a
quelli cui difendono, i demonii conoscono quelli da  cui  hanno a temere: [...OMISSIS...] . S' intende anche da ciò
ma lo suppongono. Il Matrimonio è un sacramento la  cui  essenza consiste in un contratto consumato e indissolubile.
essere che pel contatto delle sue sacratissime carni da  cui  usciva virtù di sanare non meno il corpo che l' anima (3):
dire, che quel primo contatto dell' acqua del Giordano, in  cui  s' immerse il Redentore, fosse fatto, non tanto a
e fosse fatto altresì a determinare il momento, in  cui  alla volontà sua piaceva di lasciare uscir libera di suo
un tal sacrificio era già consumato nel cuore di Cristo, i  cui  patimenti d' infinito valore erano già incominciati.
Cristo non poteva unirsi coll' anima se non a quel modo in  cui  veramente si trovava essere. Dunque Cristo ancora vivente
all' anima del battezzato Cristo, in quello stato in  cui  si ritrovava. Or abbiamo detto, che dalla volontà di Cristo
è altro che una rappresentazione o effettuazione di ciò a  cui  altri si dee conformare; è una norma, un' immagine e quasi
. Ora perchè mai questa virtù del Battesimo, di  cui  parla S. Leone, non si può intendere di quella, che anche
dimoravasi per questo in cielo, ma là dove era Cristo, a  cui  stavasi unita; l' essere in cielo è aggiunta di maggior
ha virtù di aggiungere vita alla materia inanimata, e di  cui  parla S. Paolo, ove dice: [...OMISSIS...] il quale spirito
bene: tre elementi contemporanei dello stato di santità in  cui  l' uomo viene costituito. E qui ci sia permesso aggiungere
che Cristo è verità: è quanto dire, che Cristo è degno a  cui  si creda. Perocchè se noi veggiamo la verità, noi non
de' principi captivati in battaglia e fatti schiavi, a  cui  ben si assomigliano gli uomini non rigenerati che servono
il Battesimo, l' uomo possiede in sè stesso un tesoro di  cui  può più o meno usare e cavar profitto secondo il libero
riflessione sopra le cose udite. Lo Spirito Santo adunque a  cui  Cristo attribuisce di suggerire le cose da lui insegnate,
è questa l' opera dello Spirito Santo nell' anime (1), di  cui  parla sì lungamente Gesù Cristo nei capitoli XIV e XV di S.
che s' ha mediante il Sacramento della Cresima, è ciò per  cui  l' uomo spirituale diviene da pargoletto grande e perfetto.
Spirito, e l' infanzia significa quello stato dell' uomo in  cui  è ben nato per l' unione del Verbo, ma non ha ricevuto
e non eran due ma uno. Quindi il sangue dell' agnello, di  cui  tinsero gli Ebrei le imposte delle loro case, serve ai
Queste quattro denominazioni nascono dalle quattro parti di  cui  il Sacramento della Confermazione si compone; e si spiegano
in sulla nostra fronte la croce (5). Ma se il Sacramento di  cui  parliamo è bene spesso chiamato « il segnacolo« o« il
« segnacolo« ciò non si fa per escludere l' altre parti di  cui  questo Sacramento si compone, ma per la comodità di avere
qualsivogliano di esse. E veramente si brama un luogo in  cui  si faccia menzione ad un tempo del segno, dell' unzione, e
Ordine Romano, dove si veggono espresse le tre parti di  cui  parliamo. Ella è la seguente: [...OMISSIS...] . Ecco l'
sangue. Or Cristo dava immediatamente quell' acqua viva di  cui  egli parla alla Samaritana « saliente in vita eterna« (3),
e del sangue di Cristo; poscia rispetto ai battezzati di  cui  egli è soprasostanziale nutrimento; e finalmente rispetto
potente perciò a comunicare vita e pienezza di vita, a  cui  se ne ciba vivendo. E nello stesso significato soggiunse
che dar si volesse a quelle parole; giacchè quel vino a  cui  alludeva era cosa reale e non puramente allegorico e
mangiato nuovo nel suo regno, è appunto questa pasqua, di  cui  così favella fino a principio del suo discorso? e che però
cioè di pane e di vino (6), 3 che il pane e il vino di  cui  Cristo si nutriva diventava una cosa stessa col corpo di
degli accidenti, mediante la soprannaturale nutrizione di  cui  parliamo siasi cangiata nella vera e viva carne di Cristo,
e reso questo al tutto perfetto, anche l' operazione di  cui  parliamo non delle sue imperfezioni parteciperebbe, ma più
1. ch' egli perda qualche parte della sostanza di  cui  si compone, come avviene ora in noi, 2. nè che egli abbia
con essi bevuto un vino nuovo. E questo vino nuovo, di  cui  s' era inebriato, rammentava Pietro dicendo, che « aveano
nè sieno inutili: sebben l' uso loro sia d' un modo, di  cui  non possiam avere esperienza, e scevro da ogni presente
che come tutte le sue azioni, così questa massimamente di  cui  parliamo conferisca alla pienezza del gaudio che il rende
dire, del corpo di Cristo, e quelle stille di sangue, in  cui  si convertì il pane ed il vino. Le parole adunque, che si
che informa la materia. Questo sentimento e la vita da  cui  proviene rimangono sempre gli stessi, cioè egli è sempre
non altrove che nella sua divinità (1) sempre identica, a  cui  esso corpo appartiene (2). Le particelle adunque che
il massimo e il più intimo cangiamento possibile, e tale a  cui  solo pienissimamente conviene il vocabolo consecrato dall'
sulla identità del corpo, e non nominano le particelle di  cui  questo è composto, se non in ordine alla identità di lui;
nella vita presente perde continuamente delle particelle di  cui  è composto, le quali separandosi da lui perdon la vita, di
è composto, le quali separandosi da lui perdon la vita, di  cui  a lui unite erano informate; come pure è certo ch' egli
altre particelle che prima di unirsi con lui erano morte, e  cui  la vita sua egli comunica. Or questa è legge della natura
dovette constare di tutte quelle identiche particelle di  cui  constava il corpo vivo. Ma nel corpo morto di Cristo
» e non disse:« queste sono le particelle identiche di  cui  il mio corpo è composto«. Ed ella è consentanea altresì
un momento più tosto che un altro della vita di Cristo, in  cui  si consideri il suo corpo; perocchè da un momento all'
di quelle identiche particelle (materialmente prese) di  cui  consta ora il corpo suo glorioso in cielo nè più nè meno: e
posso vedere in ciò che una pura sottigliezza d' ingegno, a  cui  ricorse il Bellarmino nella persuasione che di lei avesse
vien prodotto nello stesso modo e nello stesso senso in  cui  si dice che il pane ed il vino viene distrutto. L' esempio
avvenga in Dio, ma come si faccia nel soggetto stesso in  cui  viene l' azione. Il Bellarmino costituisce veramente due
manca il vero e proprio concetto di transustanziazione , a  cui  voglion supplire interpretando questa parola con vana
una connessione prima di essere annichilata, nel punto in  cui  ella s' annichila, s' annichila con lei ogni connessione.
termine, così spiega la cosa il Bellarmino, il termine in  cui  la cosa si trasmuta esiste tanto nella conversione
ma solo sono conversioni apparenti, e però tali a  cui  il nome di conversione non appartiene in proprio, ma solo
perocchè il conservarsi o l' annichilirsi dell' oggetto in  cui  luogo si mette un altro è straniero alla natura dell' atto
tre istanti assai distinti fra loro, cioè: 1. quello in  cui  cessa l' essere; 2. quello in cui è cessato interamente il
loro, cioè: 1. quello in cui cessa l' essere; 2. quello in  cui  è cessato interamente il pane e non ancora addotto il corpo
addotto il corpo di Cristo; 3. e finalmente quello in  cui  il corpo di Cristo viene addotto. E veramente il corpo di
è già cessato; altramente vi sarebbe un istante in  cui  si troverebbero insieme il pane ed il corpo di Cristo: ciò
così pure ragiono. Nessun altro caso si può accennare in  cui  Iddio distrugga una sua creatura cessando dal conservarne
sua creatura cessando dal conservarne l' essere; egli di  cui  è scritto: [...OMISSIS...] . Ora ciò di cui non v' ha che
essere; egli di cui è scritto: [...OMISSIS...] . Ora ciò di  cui  non v' ha che un caso solo ed unico, è alquanto ripugnante
egli questo caso unico, questo fenomeno così isolato, in  cui  si vedrebbe Iddio divenuto quasi crudele e inimico alle sue
a questo medesimo si riferisce quel luogo di Teofilatto, di  cui  hanno abusato gli eretici, dove dice, che « il pane si muta
infinito se raccoglier volessi tutti i passi de' Padri in  cui  si descrive in questo modo la consecrazione del pane e del
volta a dileguare maggiormente il timore di quelli a  cui  paresse che nel nostro sistema rimanesse qualche cosa della
non si vedrebbe in tutto ciò se non un' opera divina, in  cui  l' umanità non sarebbe che passiva, e però non sarebbe
dal Verbo con quella onnipotenza che è comune col Padre da  cui  procede, toglie punto nè poco, che anco negli effetti della
una cosa sola, un atto solo coll' atto consecratorio, di  cui  sono una cotale appendice, non però mai necessaria (1). E a
di tante maniere, niuna n' abbiano arrecato di quelle in  cui  apparisse un totale annientamento dell' essere della cosa
render più facile a concepire questa transustanziazione, di  cui  non avrebbero più dato alcuno esempio. Sia pur dunque che
debba al tutto essere un fatto solitario, di  cui  in tutto l' operare divino non apparisca niente di simile.
quelle leggi applicate sieno talora novissimi, e tali in  cui  si perde l' umano intendimento. Certo negli antichi Padri
. Or considerando la similitudine tratta dalla terra di  cui  Iddio compose il corpo di Adamo, non v' ha qui una materia
esse pure partecipano l' identità del corpo e del sangue a  cui  individuamente si congiungono. Per sì fatto modo rimangono
Padri, e convenientissime si ritrovano le comparazioni, a  cui  essi sono ricorsi, per dare in qualche modo convenevole
considerare la cosa dalla parte del corpo di Cristo, in  cui  il pane si dee convertire; e provare che anco da questa
nel sistema de' nostri avversari. 1. Il corpo di Cristo, in  cui  il pane si dee convertire preesiste; 2. Questo corpo di
2. Che l' altro individuo pure sussistente, in  cui  si vuole che il primo si cangi, non può ricevere in sè
di nuovo. V' ha solo diversità in questo che quel corpo in  cui  l' altro si converte, oltre conservarsi nel suo luogo, vien
egli oltre essere in cielo avrebbe un sito di più in  cui  si troverebbe, cioè sotto le specie del pane e del vino
che la cosa che si converte S' IDENTIFICHI colla cosa in  cui  si converte (1). Ora questa identificazione non può seguire
esprime la cosa di prima che non è più. 2. Che la cosa in  cui  si converte non perda la sua identità ma rimanga
la propria natura e prendere la natura di quella in  cui  entra, conviene che tutte e due le cose, la trasmutantesi ,
che due e due facciano uno. All' opposto se l' individuo in  cui  l' altro si converte è complesso, egli è facile a
fuori, ma nella sua congiunzione individua collo spirito da  cui  è informato, e con cui produce insieme il sentimento
individua collo spirito da cui è informato, e con  cui  produce insieme il sentimento fondamentale, rimane
primitiva, a dire, che questo sostanzial principo in  cui  consiste l' identità del corpo esige certe potenze ed atti
origine. A redimere l' umana famiglia dalla perdizione, in  cui  l' ebbe rovesciata la disubbidienza del padre suo,
mira a distruggere tutta intera la cristiana religione; la  cui  causa, come disse divinamente S. Agostino, si racchiude in
cagion di una guerra così incessante contro tal verità, la  cui  tradizione conservossi da tutti i popoli, conviene
L' astuzia del diavolo primo autor suo, e il razionalismo a  cui  l' uomo spesso, come dicevamo, si lascia guidare, non cessò
Scuole, traendone cagione dalle differenti opinioni in  cui  si dividono. Conciossiacchè la divisione nelle mere
per vie diverse, la verità; e di ciò che tutti amano e per  cui  tutti egualmente i veri teologi di qualsivoglia Scuola
le Scuole cattoliche a pieno giustificate; nè ciò, in  cui  peccarono gli scrittori, benchè non possa a meno di
foggia. Perocchè distinguansi tre maniere di peccati, in  cui  avviene che incappano i difensori dell' una o dell' altra
E questa è la terza maniera appunto di peccati, a  cui  posson trascorrere; il disorbitar voglio dir da' limiti
peccato d' origine consiste unicamente nella privazione, in  cui  nasce l' uomo, della grazia santificante, e che l' uomo ora
storia dell' altre discipline, massime poi di quelle, in  cui  le passioni e l' animo umano prende gran parte; legge per
perversità, ci sarà facile rinvenire i due estremi, tra di  cui  quelli andarono vibrandosi, i quali sono stati, volendo noi
nel seno stesso della Cattolica Chiesa. All' epoca in  cui  nacque il Cristianesimo, il fatto umanitario, che riscosse
che attribuiva la creazione del mondo, ed il male a  cui  l' uomo soggiace, agli angeli, uscita da Samaria, fu
depravandola. Perocchè se Cerdone avea detto che quel Dio a  cui  era dovuta l' origine della legge e de' profeti non era
della quale rifondevano nella pravità della materia, di  cui  il corpo umano componesi, e questa concupiscenza
umano componesi, e questa concupiscenza disordinata, in  cui  sentivano il male insito alla natura, traevali ad odiare le
Terebinto (2), divennero i maestri del persiano Manete, la  cui  nascita sembra doversi collocare nel secolo terzo non molto
lungo, allorquando trattasi d' una questione difficile, in  cui  suol esser più facile intendersi la proposta che la
fu l' eresia manichea , così la prima forma completa in  cui  si manifestò il razionalismo fu l' eresia pelagiana . Se si
ed il male morale alla libera volontà dell' individuo in  cui  esso bene ed esso male si trova; e« in non voler
contrae per generazione; 2. Dunque non esiste la grazia con  cui  Iddio ci santifica, o ci aiuta a' singoli atti della
volontà fosse piegata al male necessariamente, il male a  cui  fosse indotta non sarebbe più male morale«, indurrebbe
contro le tentazioni. Egualmente nella seconda opinione, in  cui  tutto ciò che avviene per necessità e non per arbitrio si
cura che queste fossero molte o poche, giacchè tutto ciò a  cui  tali forze venisser meno non sarebbe mal morale, nè egli
(1), e invece di ragionare immaginarono un' ipotesi vana a  cui  dieder cieca credenza; agli autori del secondo errore
meno che del necessitismo ; che sono i due sommi generi a  cui  si possono ridurre le eresie tutte, coll' abbracciare,
fa specialmente precursore e principe (6) de' Pelagiani, di  cui  il nomina anche l' amoroso (7). E veramente in Origene non
in fine anche quell' errore contenuto nel principio da  cui  partirono e che non volevano abbandonare dovetter ricevere.
di ogni male. 5. Discendendo al particolare, il peccato, a  cui  soggiacque la creatura umana, entrò da principio nel mondo
per necessità, venendo tutti informati dalla libertà con  cui  fu commesso da Adamo il primo peccato. Che anzi la dottrina
. Giansenio dunque avendo forse presente la condanna da  cui  era stato colpito Baio, ricorse alla libera volontà di
e delle sue relazioni col bene e col male morale, da  cui  solo si ritrae la natura di ciò che è retto ed onesto, e di
è rivolta la dottrina contenuta in questi Opuscoli, di  cui  qui diamo il compendio. 13. Il secondo uffizio del teologo
del teologo cattolico (ed è anche un secondo carattere, a  cui  si può riconoscere la verità e la sufficienza del sistema
distruggere entrambi quegli errori sotto tutte le forme di  cui  possano rivestirsi, cioè che li colpisca nella loro
parlare della natura del peccato originale de' bambini, in  cui  sta, come dicevamo, tutto il nodo della questione. 15.
è quella della natura del peccato originale ne' bambini, di  cui  dice S. Agostino: « quo nihil est ad intelligendum
» conviene che premettiamo alcune nozioni generali, di  cui  dovremo poi fare nell' applicazione un uso frequente. 16.
buona o cattiva consiste nell' abitudine o relazione in  cui  sta la volontà dell' uomo inverso alla legge o naturale o
stato morale dell' uomo nasce dalla doppia attività di  cui  è fornita la sua volontà, secondo la qual doppia attività
bene e di quel male sono essi medesimi i liberi autori, a  cui  perciò è congiunto il merito o il demerito, come diremo. Di
nelle sue potenze un movimento che egli non vuole, e a  cui  contrasta colla volontà superiore. 22. Finalmente dobbiamo
viene poi a definire i peccati proprii della volontà di  cui  noi parliamo, in questo modo: [...OMISSIS...] . E poichè è
2.. E in questa l' Angelico segue ancora S. Agostino, della  cui  autorità si prevale citando la definizione che questo Padre
; e dimostra che la sola Trinità augustissima è ciò di  cui  si dee fruire come del solo fine, dell' altre cose poi
sè permanente questa deviazione e perdita del suo fine, in  cui  consiste la forma del peccato, la morte dell' anima. E così
dire, deviazione e quindi perdita del fine dell' uomo, in  cui  sta la sua vita. Per riguardo poi alla maniera di parlare
del peccato colpevole e demeritorio, che è quello di  cui  si suole più di frequente e comunemente tener discorso, il
sopravvenienti suppongono prima quello di peccato su  cui  si fondano. E per modo d' esempio, come dice il Gaetano:
stesso dicasi dei moti involontarii della concupiscenza, a  cui  la volontà suprema ripugna. Lo stesso dell' uso della
sia relativamente al primo padre che l' ha commesso, e da  cui  il bambino per generazione lo ha ricevuto«. Poichè il
bambini, perchè non sapevano come incolparli di una cosa di  cui  non era causa il loro libero arbitrio, incolpando gli altri
nessuno si può pentire se non degli atti suoi proprii, di  cui  egli avesse avuto il libero dominio. In fatti che cosa
senza che sia posto dalla libera volontà di quello a  cui  si imputa, e di novo tra le altre ha condannata questa
ne' bambini manca rispetto ad essi della forma di colpa, di  cui  esso è come la materia, ma non manca per questo della forma
quod justitia vetat, et unde liberum est abstinere , » di  cui  si abusò cotanto anche di poi (1). Che cosa rispose loro
specie convenire quella definizione, non alla seconda, a  cui  appartiene il peccato originale ne' bambini.
da una parte e i Manichei dall' altra coi due aspetti in  cui  si deve considerare il peccato originale ne' bambini, in sè
alla volontà libera di Adamo che ne fu causa, da  cui  viene la nozione di colpa. Pe' quali due aspetti, il
chiama peccato comune in quanto è un solo nell' origine di  cui  tutta la massa è stata corrotta e macchiata, è una sola la
ordinem ad finem illum , » perciò distingue tre ordini in  cui  possa cadere il peccato preso in questa generalità, cioè l'
abiti non si meriti, perchè essi non sono atti liberi, a  cui  solo il merito è dovuto. Di nuovo dunque il testo citato
, » è vero tanto se si intende nello stesso senso, in  cui  S. Agostino aveva detto: « nisi voluntas mala, non est
di due concetti che sono, quasi voleva dire, i poli su  cui  si gira l' intiero Cristianesimo: tolta la colpa con
perchè questa appartiene alla natura e non alla volontà , a  cui  solo spetta il peccato«. Tanto risulta dai luoghi di S.
il peccato«. Tanto risulta dai luoghi di S. Agostino, in  cui  reca la dottrina di Pelagio, e dai propri testi dell' opere
da non esporre un fianco indifeso all' eresia pelagiana, di  cui  credevano non esserci forse gran fatto a temere. Pochi
di considerare il figlio o il servo come una cosa , di  cui  la volontà del padre e del padrone potesse disporre anche
un peccato proprio solo interpretativamente quello in  cui  nascono i bambini? Quale interpretazione arbitraria e
ammettere. Primieramente, perchè la dignità personale, a  cui  spetta la moralità, non può essere materia di un contratto
sia che questo patto lo faccia la stessa persona della  cui  dignità e moralità si tratta, sia molto meno che lo
natura umana, ma non la persona de' suoi discendenti, della  cui  sorte si tratta, giacchè in quella natura non sussisteva
da parte di Adamo, quanto da parte de' suoi discendenti, il  cui  consenso si presume. Da parte di Dio, il quale dispone
imputato l' altrui peccato, pel buon volere di altri, a  cui  è piaciuto di fare un patto pel quale si obbligarono, in
nella sola privazione dell' ordine soprannaturale, a  cui  il primo uomo era stato elevato per mezzo della grazia
di tutta la tradizione, prima de' nuovi teologi di  cui  parliamo: [...OMISSIS...] . 51. Coi Cattolici questi
sarà per dir poi di tanti lamenti e vituperi, di  cui  è piena la dottrina e la tradizione cattolica intorno all'
di Dio, senza intervento alcuno del bambino stesso, della  cui  sorte nelle mani di Dio si sarebbe così infelicemente
meglio dire, quelle vane frasi di parole e distinzioni di  cui  lo vestono, perchè ora vi dicono che il bambino è peccatore
la solidità di queste molteplici e diverse maniere di  cui  si riconosce aver bisogno il sistema di cui parliamo,
maniere di cui si riconosce aver bisogno il sistema di  cui  parliamo, affinchè possa essere insinuato nell' altrui
il peccato stesso, il quale conterrebbe solo la ragione per  cui  quello spogliamento sia giusto. b ) Gli argomenti a favore
per esistere de' due estremi, apparisce che la relazione di  cui  si tratta, può esistere bensì in una mente che col pensiero
che pretende, che la stessa privazione della grazia con  cui  sono puniti i bambini, dalla qual privazione provengono
espressa menzione, onde rimane un' ipotesi congetturale, su  cui  non si possono stabilire i dogmi inconcussi della fede
habet ad peccatum Adami (2). » Ma il dire che il peccato in  cui  nascono i bambini, e che inest unicuique proprium secondo
come peccato (così diceva appunto uno degli autori a  cui  noi rispondiamo) (3), unicamente perchè fu un effetto della
per non ignorare che questa è una di quelle proposizioni di  cui  S. Pio V nella sua Bolla dice, che « aliquo pacto sustineri
pelagiana si riduce a sostenere che« l' ordine morale, a  cui  appartiene il peccato è opera così esclusivamente propria
dipendente dalla natura degli oggetti che essa apprende e a  cui  aderisce come a fine, e questa specie di moralità non
che le sono offerti sceglie l' oggetto buono e ordinato a  cui  aderire, e rigetta l' oggetto non buono e disordinato: e
E qui si può riferire un luogo difficile di S. Agostino, in  cui  dice che si può peccare non solo voluntate peccati, ma
, il quale dà all' uomo un certo essere o natura morale, in  cui  si radica la stessa potenza della volontà, di maniera che
in modo che le possano esser dati sussistenti tra  cui  eleggere. 62. Dimostrato adunque che ci sono nell' uomo due
e ragionando abbatteremo anche alcuni di quelli, la  cui  confutazione giova a far via meglio conoscere la condizione
meglio conoscere la condizione del peccato d' origine, di  cui  ci siamo proposti trattare in questo paragrafo. 64. a ) Se
la spontanea consensione alla piega che le dà la natura, di  cui  è, come dicevamo, il modo di sussistere. Di che consegue
con quelli; e con essi si collegano tutti gli oggetti in  cui  li ravvisiamo. In quinto luogo, molte operazioni
passione la cova. Il primo sistema, nel punto medesimo in  cui  scaturisce dall'io, è già un sistema sociale. Con questo
nuovo corso di pensieri? Qual è il principio intorno a  cui  può costituirsi un nuovo sistema? Il principio è ancora il
quei barbari poteri, concepisce già l'idea d'un ordine di  cui  sente d'esser principio in seno alla sua tribù; ed
non poteva luttare colla tradizione dell'errore nel  cui  seno veniva insensibilmente e quasi secretamente nascendo.
i sistemi tradizionali, tanto delle nazioni barbare le  cui  facultà non furono peranco esercitate, quanto delle nazioni
furono peranco esercitate, quanto delle nazioni vetuste le  cui  facultà erano già ricadute nel sonno. L'opposizione
gioventù. Il progresso nella proporzione medesima con  cui  fornisce nuove idee, fornisce anche nuova occupazione
in tal maniera essere unificati nel sentimento comune, di  cui  l' uomo è fornito; e in questa unificazione sta la
ne' sensi; il primo forma della cognizione, cioè, ciò in  cui  l' essenza della cognizione consiste; il secondo materia
consiste; il secondo materia della cognizione, cioè, ciò  cui  la cognizione illumina e mostra e in che si riporta come in
delle cose, è un vero attestato dal senso comune, di  cui  il testimonio non sarà difficile trovarlo evidente, purchè
, l' universale e il particolare. Ogni nome proprio, con  cui  l' uomo esprime la cognizione che ha della cosa reale,
e ristringe tanto, quanto è ristretto il particolare a  cui  si applica; la quale restrizione e limitazione è appunto
serve allo spirito dell' uomo per misura e termine fisso a  cui  riferire l' essere ideale che anticipatamente possiede, e
sussistenza, io devo pensare in qualche modo questa cosa, a  cui  applico il predicato di esistenza, e questo mio pensiero
posso aver in mente, in qualche modo, un soggetto , di  cui  prédico l' esistenza, anche se io non ho percepita quella
degna di fede, di costui sarebbe per me l' indizio a  cui  penserei che una cosa è dentro a quel pugno, sebbene io non
che un essere sussiste; 2. determina un punto fisso a  cui  dirigere l' attenzione, per guisa che la mente possa
cognizione negativa . La cognizione negativa adunque di  cui  parlo comprende anch' essa tre parti e sono le seguenti: 1.
della esistenza di Dio, il segno (che mi fa da soggetto) a  cui  io applico l' essere ideale , è un complesso stesso d'
è di Dio palese, non è che questo nome intellettuale, di  cui  parliamo, e non ancora Dio stesso (1). Adunque nel concetto
percezione o visione , sta questo nome intellettivo di  cui  parliamo, risultante da un complesso d' idee, esprimenti
incognita, ed egli mi vale un segno, un nome della cosa, su  cui  dirigo io poi il giudizio che quella cosa, pensata
generica o specifica che essa ha comune con altre cose di  cui  avemmo già prima la percezione. Ma all' opposto Iddio non
non l' essere (l' attto iniziale dell' essere). La cosa, di  cui  affermiamo l' essere, non ci è nota se non per un concetto
nè divise, ma molte insieme varie e congiunte, con regole a  cui  obbediscano, per conseguire qualche effetto, queste azioni
L' uomo, nel conseguire le varie maniere di cognizioni di  cui  è capace, ha bisogno di alcuni mezzi, ed è limitato a certe
al suo naturale sviluppo ed adempite quelle condizioni a  cui  è legato, quando cerchiamo i confini a cui può giungere il
condizioni a cui è legato, quando cerchiamo i confini a  cui  può giungere il suo senno naturale, o, che è il medesimo,
e così via indefinitivamente. Le operazioni della mente di  cui  parlo, sono: 1 l' analisi, 2 la sintesi, 3 l' integrazione.
cognizione dell' effetto ella conchiude alla causa, di  cui  non ebbero ancora nissun indizio i sensi; ella va sino alla
di questa potenza segna pure il limite della scienza a  cui  essa dà l' esistenza. Il principio della Teologia naturale
Per un' altra cagione furono rivelate altresì cose, a  cui  forse il senno naturale poteva giunger da sè, vale a dire
si mettono sopra le linee dei contorni, o come la carne con  cui  si rimpolpa e si adegua l' ossatura ignuda di uno
questo nuovo senso, delle percezioni interamente nuove, di  cui  prima non si poteva formare imagine alcuna. Egli in queste
che sono, ma intende il genere delle sensazioni, a  cui  appartengono. Intende ancora che quella specie di
dalle relazioni di essa luce e colori colle cose, di  cui  ha la percezione, o colle sensazioni di cui è in possesso.
colle cose, di cui ha la percezione, o colle sensazioni di  cui  è in possesso. Egli può sapere che luce e calore si trovano
egli intende ancora il senso di tutte le parole di  cui  ella è composta, perchè sa che cosa voglia dire percepire ,
questa vita, di che la oscurità e la chiarezza insieme di  cui  si mescolano le verità rivelate, e l' esser la fede alla
all' uopo nostro, e alla similitudine del cieco, di  cui  abbiamo fatto uso. Egli ci dice manifestamente che, non
Dio stesso, che è l' Unigenito Figliuolo di Dio Padre, e a  cui  perciò sono aperti e palesi tutti i tesori della divinità,
sono aperti e palesi tutti i tesori della divinità, in  cui  comunica. Tale è la rivelazione che venne fatta di una cosa
discorsi che odono intorno agli oggetti di quel senso di  cui  mancano (1). D' altra parte questa fede ingrandisce
intendere come esigerebbe la percezione dell' oggetto, di  cui  si afferma, la quale a noi manca. Oltre queste verità poi,
pure il sistema dei medesimi, i fini o l' intendimento, a  cui  furono ordinati e operati. Si può adunque dire che la
, la concezione delle quali è positiva , cioè tale di  cui  hassi la percezione. Ciò che abbiamo detto fin qui della
e potenza di volere: giacchè la rivelazione esterna a  cui  presta l' assenso può essere concepita, come diceva, colle
de' colori. Egli è bensì vero che il termine ultimo a  cui  finisce quest' atto è oggetto soprannaturale, ma, come
contingenti, la venuta di Cristo, ecc.), cioè tali di  cui  si ha o si ebbe la percezione, come della Chiesa, dell'
Cristianesimo, è propriamente quel dogma fondamentale su  cui  il Cristianesimo stesso si erige come sopra sua base, è
soprannaturale, quella essenza che ricercavamo, di  cui  non v' è nulla di simile nella natura, nulla di simile in
irrigidite nella carità, dissipate, estenuate nella fede, a  cui  mancan quasi le forze da sollevarsi oltre il confine della
che opera per la carità (2). » Ed è questa quella fede di  cui  dice che «« vive il suo giusto« (3). » Le opere buone
La Teologia naturale è composta di cognizioni negative e a  cui  giunger può il naturale ragionamento degli uomini: la
della prima, come il ricamo suppone il drappo, sopra  cui  si rileva, o il colore suppone il corpo, dal quale viene
furono dati della religione negli ultimi tempi, concetti a  cui  la distruzione di ogni Religione assai facilmente
fare; ma non diverso, ma sempre identico e unico sono IO, a  cui  tutti questi atti appartengono, come a loro soggetto e
allora solo si ha concepita quella essenza dell' anima, di  cui  parliamo, e dove in prima si eseguisce la mirabile
la specie di tutte le specie ; poichè ciò, per  cui  ogni altra idea è idea, è per esservi mescolata la
e rinnovata per sè stessa, quando l' intelletto, da  cui  ella nasce, fosse invigorito e accresciuto: e perciò dice:«
quando si tratta di idee positive cioè di idee di cose, di  cui  abbiamo avuto la percezione, di cose che hanno agito sui
(1), e degli affetti dilettevoli, de' godimenti di  cui  questa fu alle volte accompagnata: ma la memoria ossia il
come l' Essere divino è il capo dell' universo, il perno su  cui  tutto si mantiene e muove. Ma questo Essere, che deve esser
che deve esser l' oggetto d' un infinito amore, e verso  cui  dobbiamo esaurire tutti gli affetti del nostro cuore che
disordinato, come non può non essere nella condizione, in  cui  egli si trova presentemente. Egli è adunque impossibile
alle forze naturali dell' uomo l' amare Iddio, di  cui  ha solo una fredda idea , a preferenza delle creature, di
ha solo una fredda idea , a preferenza delle creature, di  cui  ha la percezione , e il raffrenare, il metter ordine, con
esteriori e che li strappa e travolge da quella altezza, a  cui  la tenue e solo abbozzata idea di Dio, qual l' abbiamo
soave e tutto conforme a quella savissima dispensazione con  cui  tutto governa, e muove le sue creature al loro ultimo bene.
sentimento, lo estende, lo eleva, lo approfonda: a  cui  alludendo S. Paolo, dice: [...OMISSIS...] . A malgrado di
questo raccoglierci che noi facciamo sopra i sentimenti da  cui  siamo affetti, questo darvi la nostra attenzione, è un atto
a chi osserva che ella dipende da una legge generale, a  cui  è soggetto il sentimento: la quale è questa, che« non si
della nostra consapevolezza. Quando però la potenza, di  cui  parliamo, primo effetto della grazia, è già in noi formata,
animo suo erigere veramente un tempio a quella divinità, la  cui  azione sente in sè stesso, e preferire il sommo Essere,
divino, la punta, quasi direi, della divina sostanza, con  cui  Dio tocca l' uomo. Perocchè in questa parte occulta l' uomo
del TUTTO non v' è alcun limite: ed è di questo concetto di  cui  si serve propriamente la grazia divina per signoreggiare l'
si fa viva e più sensibile, accade quella contentezza, di  cui  molto parla Santa Teresa, la quale all' uopo nostro dice
che sorge in noi fornito di [quelle] soavi persuasive di  cui  parla S. Agostino, le quali inclinano (1) l' animo nostro a
proprio della volontà nostra ed è soggetto alle leggi, a  cui  sono soggetti gli atti della volontà, esposte da noi più
non un puro giudizio speculativo: è un giudizio, con  cui  non solo affermiamo Dio e le cose divine, ma con cui gli
con cui non solo affermiamo Dio e le cose divine, ma con  cui  gli diamo la nostra stima: è un atto di giustizia verso Dio
l' amore, e le operazioni sante e meritorie con  cui  la fede diviene viva. 6. Amore che conseguita a quell' atto
rivelazione adunque è l' operazione della grazia, per  cui  nelle idee che hanno tutti gli uomini, l' uomo illuminato
che non è comparabile a cosa alcuna, al saggio della  cui  immensità l' uomo è vinto e come annichilato, una
Didimo aveva egregiamente distinto l' ordine ideale, a  cui  appartengono le scienze, dall' ordine reale, a cui
a cui appartengono le scienze, dall' ordine reale, a  cui  appartiene lo Spirito Santo; e mostrato quanto gran
fra il partecipare di quelle e di questo. Il luogo, di  cui  parlo, è bellissimo e lo recherò tradotto in nostra lingua.
Ora la modificazione stessa è una forma (un atto nuovo), di  cui  la cosa viene informata: ma il corpo eterogeneo a lei
lo Spirito Santo ora al fuoco che riscalda la materia, in  cui  entra, ora agli aromi che si attaccano ed aderiscono alle
fa nascere in quell' essere sensitivo l' intendimento, la  cui  funzione essenziale non è altro che la percezione appunto
vita. Per ben conoscere la natura della causa formale, di  cui  parliamo, conviene fare le osservazioni seguenti: 1. Che
lo stesso Padre dichiari quella qualità della divina natura  cui  l' uomo riceve dalla grazia, col paragonare Iddio a dell'
la ragione del non patir egli nulla dalle creature, in  cui  opera; ciò nasce pel suo modo di operare in attività di
contempliamo un oggetto (il verbo), avvi quest' oggetto, in  cui  termina la nostra azione, ma anche il soggetto ha sofferto
FORMATUR (2) ». Io ho già dimostrato che questa verità , di  cui  parla S. Agostino, e che informa la mente umana, è l' idea
questa dottrina, parrebbe oltremodo oscuro. Nel brano, di  cui  parlo, S. Basilio dice che, per conoscere Iddio, noi
fra di loro, che riconobbi esser le tre forme, di  cui  era informato l' universo, ossia i tre modi dell' essere
il vero, e il bene erano appunto stati i tre elementi, a  cui  l' antica filosofia aveva ridotte tutte le supreme nature
state fatte, veniamo all' intelligenza della Trinità, di  cui  nella creatura apparisce, come è degno, [un] vestigio« (3)
più attenta investigazione e analisi. Nell' Ideologia , a  cui  mi devo riferire e rimettere spesso in questo trattato, io
vero nel libro de' Principii della Scienza Morale , a  cui  mi richiamo. Ivi mi sono fatta la obiezione:« che se la
con una intelligenza possibile. E veramente l' ordine di  cui  parliamo, suppone un rapporto di fine e di mezzo, e un
per sè solo fuori della mente (1). Di più l' ordine, di  cui  parliamo, suppone de' fini e de' mezzi: ma io ho dimostrato
consenzienti alla verità. L' ordine morale adunque è ciò a  cui  tende ogni ordine, e senza il quale nessun ordine ha
tutti gli esseri, invece di dire la specie , dice « ciò per  cui  si discernono le cose « », che è appunto quello che noi
la quale fosse fornita di quella specie di trinità, di  cui  fornito si scorge l' effetto, e nulla più. Ora la Trinità
Quindi nell' uomo, che è l' unico essere personale, di  cui  abbiamo esperienza, non vi è che una persona, la quale si
base e la sua qualità dalla forma intellettuale7morale, di  cui  è informata quella sostanza (1). All' incontro il mistero
che consiste in quel modo di comunicazione di sè, a  cui  tende. E per ciò se questo modo è quello di generazione,
ciascuna di esse in diverso modo, cioè nell' ordine in  cui  procede: onde avviene che la operazione creante si possa
ma che tutte le forze e che tutte le cose racchiude, a  cui  non manca niente, che ci riempie perfettamente, ci sazia e
la nostra volontà: queste sono le tre forme o modi, in  cui  si appalesa in noi il sentimento soprannaturale e deifico,
appalesa in noi il sentimento soprannaturale e deifico, di  cui  parliamo. E si osservi bene la natura di questo triplice
non è nulla più che quel carattere di trina forma, di  cui  abbiamo già detto essere suggellato e stampato l' universo
nè cosa maggiore, nè cosa che non sia nulla verso a ciò  cui  ella sperimenta. Indi avviene che tanto le divine
uomini che hanno descritti questi fatti soprannaturali, di  cui  fu consapevole il loro spirito, parlando separatamente ora
percepire Iddio? di sofferire quella operazione deiforme di  cui  parliamo? Allora quando noi sentiamo in noi un sentimento
a immaginare la possibilità di una parola sussistente, di  cui  non ha mai avuto esempio alcuno sott' occhio nè trovasi un
conoscersi; tuttavia nel tempo dell' Evangelio, in  cui  abbiamo quella notizia e quella fede, noi conosciamo
col Verbo che è una sostanza stessa col Padre, di  cui  ha perciò la visione beatifica, cioè la massima intuizione
eletti che il seguono: il compimento di quella grazia, di  cui  scrisse S. Giovanni, « che la legge è stata data per Mosè,
quell' atto stesso, col quale egli è, con quell' atto, con  cui  procede dal Padre e dal Figliuolo, perocchè aver non vi può
in noi che si attribuisce al Verbo, ed è quello di  cui  s' intendono pur dette quelle parole di S. Giovanni, che il
e applicare a sè il più che possa di quella amabilità, alla  cui  esca è stato preso il suo cuore. Ciò che degli innamorati,
un tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore ». A  cui  soggiunge: «« Camminate adunque siccome figliuoli della
intelletto« (1) ». E veramente la sapienza è il Verbo, la  cui  sede è nell' intelletto: ma l' uomo non l' ha, no 'l
si fa, o in tutto, o in parte, forma dell' oggetto, in  cui  esercita l' operazione. Talora all' opposto la causa
comunicò dei lumi interiori alle anime, di quei doni, di  cui  parla Davidde, ove dice di Cristo, che ricevette dei doni
provenendo quei doni parziali d' intelletto e di volontà di  cui  erano fornite quelle anime sante, dalla essenza divina che
Figliuolo; il primo è come la via, il secondo è il fine, a  cui  la via mette. Or l' uno e l' altro di questi amori vengono
i doni, il secondo è la stessa persona dello Spirito, di  cui  l' anima si fa partecipe. Or quando è che si può dire,
del quale egli stesso sia la forma , un sentimento, per  cui  l' anima senta l' amabilità di Dio per modo che quest'
Or dunque, ove il sentimento di soprannaturale carità, di  cui  parliamo, non sia un sentimento TOTALE e che accusi nell'
sè stesso. E` questa la grazia della nuova legge, quella di  cui  dice S. Giovanni: « la legge fu data per Mosè; la grazia e
visibile immediatamente il Padre, ma si bene nel Verbo, la  cui  visione o percezione veniva spirata e impressa pure dalla
pure dalla visione della divina umanità del Redentore, da  cui  usciva una virtù soprannaturale e misteriosa. Risponde
. E dice: non credete; per indicare che quella visione di  cui  si parlava, fondavasi nella fede; che era una visione
imperfetta, incipiente; che era quel conoscere insomma, di  cui  parla S. Paolo, ove dice che « conosciamo in parte e in
di tutti i possibili e contingenti. Il secondo carattere, a  cui  si conosce il sentimento Verbi7forme, abbiamo detto essere,
esserci anche questi doni od effetti spirituali, di  cui  parliamo. E certo l' aver gli Apostoli lasciato tutto e
e disse: « Ricevete lo Spirito Santo: i peccati di quelli a  cui  voi li rimetterete, sono rimessi, e a cui li riterrete,
di quelli a cui voi li rimetterete, sono rimessi, e a  cui  li riterrete, sono ritenuti« (1) ». E certo fu quello un
dunque il Verbo, come lo Spirito insegnano alle anime in  cui  risiedono tutte le cose , ma le insegnano in diverso modo .
e massime di una riflessione innamorata della verità, su  cui  si porta e ripiega (5). Tutto questo dice Cristo con quelle
sentimento espresse Cristo quando, parlando del giorno in  cui  i suoi discepoli dovevano ricevere lo Spirito Santo, dice
quel luogo, ignorava di conoscere Cristo Via, e il Padre a  cui  andava; ciò che pur Cristo avea detto esser da essi
fiumana di acqua derivasi; quell' alto è il luogo, di  cui  disse: « Vado a prepararvi il luogo« »; appunto allora
sovrabbondante dell' opera è il carattere appunto, a  cui  si distingue l' opera dello Spirito Santo. Un' altra prova
carne: là dove la volontà, ove opera lo Spirito Santo e a  cui  essa consente, ha un altro principio attivo più elevato,
dall' essere unito co' suoi discepoli, neppure nel tempo in  cui  si operava la sua passione e la sua morte; tuttavia
di questo sentimento noi abbiamo un sentimento tale, in  cui  non manca nulla, un sentimento onde siamo consci di sentire
il Verbo, se non nella sua relazione col principio , da  cui  procede; perocchè la conoscibilità di una cosa suppone e
relazione, noi intendiamo che aver ci dee il principio da  cui  provenga: e questo è il Padre. Se fosse possibile che noi
senza che in lui si conosca la necessità del principio da  cui  è, cioè il Padre. Quindi i Padri della Chiesa dicono del
naturali dello spirito umano, questa propria di quelli a  cui  Iddio comunica la grazia che trasporta l' uomo in uno stato
alle medesime, perchè non provarono quei sentimenti a  cui  quelle idee si riferiscono; giacchè come il medesimo
l' uomo non potrebbe intendere tutta quella parte di  cui  parliamo, di segreta e sublimissima teologia. Un' altra
che l' uomo ha di Dio, il quale non comunica sè stesso a  cui  non fa degno (2). La Teologia è dunque dottrina comune e
virtù e valore. I primi hanno una cognizione naturale, il  cui  principio è l' idea : i secondi hanno una cognizione
l' idea : i secondi hanno una cognizione soprannaturale, il  cui  principio è il Verbo di Dio, che si dà loro a percepire
racchiude ella sola e vale assai di più per un uomo, a  cui  Dio siasi degnato di palesarsi interiormente, che non delle
interiormente, che non delle biblioteche intere di volumi,  cui  a leggere non bastino le vite di molti uomini, per chi non
dotte disputazioni. Ma che fa tutto ciò? L' uomo idiota, a  cui  ha parlato Dio stesso, ne sa più di lui (2). In questo
dei Padri, fino dai primi secoli, contro la filosofia  cui  chiamano infettrice e interpolatrice della verità (1);
essere quello stesso che dice il libro Dell' Imitazione le  cui  parole abbiamo surriferite: [...OMISSIS...] E il medesimo
idee, ma in sentimenti e perciò in reali percezioni, di  cui  egli ha sperimento. Questa sperienza gli dice, che vale più
nell' uomo di Dio, che ha in sè stesso una tale misura a  cui  confrontarla, nasce una cotal freddezza e indifferenza per
fucata, verbosa, ambiziosa, conghietturale ed incerta, di  cui  solo fa pompa l' uomo del secolo perchè crede che sola essa
e disgiunte. Ecco come S. Paolo parla della scienza,  cui  egli professava di sapere: [...OMISSIS...] Ecco le due
maraviglia che popoli staccati dall' ordine religioso, di  cui  hanno sentito lungamente l' influenza, non precipitino
regalo fanno essi presente alla nostra povera umanità, a  cui  si presentano con tante promesse, con tanta baldanza?
un ossequio ragionevole (2); e che Cristo era la luce  cui  le tenebre non hanno compresa (3). Spieghiamo queste
e fingere un evento soprannaturale e miracoloso, di  cui  non si può assegnare in alcun modo un certo carattere, per
che mettere a testa ragionatori con ragionatori, uomini a  cui  la ragione dice una cosa, con uomini a cui la ragione
uomini a cui la ragione dice una cosa, con uomini a  cui  la ragione medesima dice tutto il contrario, e che s'
il canone di quel primo emendatore del Vangelo, alla  cui  santa anima ha dedicato il suo libro (1): che fu quel
perocchè la ragione tua non è che un raggio di quella  cui  tu partecipi; e se tu, ragionando, ti trovi discordare da
che lo spirito portasse in sè un principio, una regola, su  cui  giudicarle. Così è nella religione medesimamente: non è
ma aspetta che glie ne vengano offerte per aver materia a  cui  applicarsi. Quindi medesimamente sebbene noi abbiamo la
tanto certa, come quella che nasce dalla ragione, i  cui  decreti si appalesano all' uomo nella sua propria
ella si rimane per avventura come quel gigante Polifemo, a  cui  s' è cavato un occhio, e non ne aveva di più. Tale è la
vizio, come abbiamo detto, del più de' protestanti, presso  cui  il disprezzo de' cattolici tiene solitamente quel luogo che
può essere questo che la natura non possa produrre ciò a  cui  non si estendono le sue forze? Che difetto sarà per un
una parola sarà alla natura intera il non poter far ciò, a  cui  ella non è ordinata, che è contrario alle sue leggi, e per
ella non è ordinata, che è contrario alle sue leggi, e per  cui  fare non ha punto di natural virtù? Or s' ella è così, chi
stesso colla vista dell' essere: per ciò questo essere di  cui  ci serviamo a conoscere Iddio convien che sia una
Vescovo che non potremmo conoscere che i varii esseri,  cui  noi percepiamo, sono più o meno imperfetti, se in qualche
cioè per intrinseca sua esigenza e necessità, l' intero a  cui  ella si appartiene, e dal quale ella è, relativamente al
occhio intellettivo che prende sì poco dell' essere e in  cui  non può quindi attingere ciò che pure vi sta, se non dopo
sono tratte dal niente e sono niente (3). Platone, a  cui  piace di vestire le sue dottrine con imagini prese dalle
Videro o certo travidero gli antichi savii questo vero,  cui  l' ideologia da noi esposta mette nella luce più patente,
solo che è sempiterno, che non ha nascimento nè morte e a  cui  nessuna vice di tempo reca mutazione (3). Nel dichiarare il
avuta giammai la congiunzione reale di quel sommo bene a  cui  la sua volontà è indeclinabilmente volta e nel quale solo
dalla natura dell' essere e del bene in universale a  cui  tende in lui l' intendimento e la volontà, che gli sarebbe
meglio di quella felicità e tutta quella dignità morale, di  cui  la sua natura è capace, e che però sarebbe stato
conveniente all' uomo, come conveniente parimenti a Dio, le  cui  opere son tutte perfette, come dicono le Scritture, che l'
che l' imagine sia espressa, cioè cavata dalla cosa di  cui  essa è imagine; sicchè un fratello non direbbesi imagine
E S. Giovanni Crisostomo parimente osserva: che nessuno a  cui  fosse ignoto l' oro potrebbe vedere la natura di questo
uomo mette questa imagine, ad esser quest' imagine, di  cui  l' uomo si adorna, una partecipazione dell' unica e vera
facessero conformi all' IMAGINE del Figliuol suo« (2) »: a  cui  soggiunge l' Apostolo: « Acciocchè egli sia primogenito fra
di quello perciò che è solo naturale imagine del Padre, a  cui  noi ci rendiamo conformi appunto con affrattellarglici.
dell' uomo primitivo, che è pure il massimo oggetto di  cui  tratta quel sacro libro. Perocchè se quelle parole: Iddio
della grazia, ove è la narrazione dell' intelligenza, di  cui  l' ha fornito? Sicchè quello spiracolo di vita (3) si deve
si conveniva e alla sapienza dell' ottimo Creatore, le  cui  opere sono sempre perfette, come dice la Scrittura.
se fossero state manchevoli e disgiunte da quel Dio, a  cui  son fatte e il quale solo è buono. Di qui è che S. Tommaso
effige divina. E pare che il peccato di quel Cherubino di  cui  dice Ezechiele per ischerno: Tu sei il suggello della
corruzione; e ivi finalmente risiedeva la mente provvida, a  cui  ogni cosa obbedendo rendeva un' armonia, più soave d' ogni
segni, siccome ad uomini, cioè ad esseri intelligenti, a  cui  è dato un corpo qual mezzo del loro sviluppamento e della
Sembrerebbe potersi dire che fra i segni sensibili a  cui  è fissa la grazia, gli atti della volontà onde l' uomo vi
all' uomo, favellandogli, tutte quelle notizie di  cui  egli abbisognava, tuttavia restava all' uomo ancora di fare
di ampiezza tutti quegli ordini delle varie riflessioni, il  cui  numero è indefinito. Tutto ciò modificava e perfezionava in
tutti i suoi beni. In che adunque consiste, nello stato in  cui  ora è l' uomo, la santità? Nella fede, per mezzo della
gittato nelle anime, la qual grazia è il Verbo stesso  cui  noi portiamo nell' essenza dell' anima, ma ancora velato, e
ma non è simile rispetto al corpo, perocchè la grazia di  cui  è fornita l' umanità rifabbricata da Dio, si vantaggia
calcolare l' una dopo l' altra tutte le semplici forze di  cui  sono forniti. Supponiamo adunque l' uomo nelle pure
manifestamente che tutte le tentazioni di peccare, a  cui  può soggiacere una creatura intellettiva, si possono
adunque il cimento di violare le leggi della giustizia, a  cui  può esser messa una natura intellettiva e volitiva sì come
in tal modo da dover vincere il valore della libertà di  cui  era l' uomo fornito? In quanto alla prima di queste
qual scelta non poteva farla con altro che colla ragione di  cui  era fornito, e doveva essere ragionevole, cioè gli
considera l' uomo entro la sfera delle cose naturali, e in  cui  egli non ha che a scegliere fra beni de' quali egli ha
cose tutte, e che pur dell' essere che lo illuminava e in  cui  le cose sussistevano, gli era maravigliosamente occulta la
lui essere imaginato un cotal cumolo di beni a lui noti, a  cui  quel bene incognito paragonato, gli paresse maggiore; e
deiforme della grazia rompe, per così dire, le angustie in  cui  sono le creature, toglie via, quasi direbbesi, i loro
saldava e rinforzava, anzi pur completava l' ordine , in  cui  debbono tenersi questi principii, sia di soggezione all'
può rendere efficace su di noi un bene futuro, di  cui  si abbia avuto sensibile esperienza. Or dunque quest' arma,
è quanto dire da Dio; questo principio di bene operare, a  cui  convenevolmente tutte le buone azioni e l' attual volere si
che l' uomo merita o demerita; perciò il bene morale, di  cui  il primo uomo si abbelliva e fregiava, era a lui giusta
fra essi formano quella giusta e conveniente armonia, da  cui  la natura tanto riceve di nativa bellezza e nobiltà. Ora
per la quale la morale dignità di Adamo, quella cioè in  cui  fu costituito, dovesse passare a' figliuoli suoi. E di
non dovesse esistere se non completata dalla grazia di  cui  abbisognava, accadeva che questa natura, neppur
per la propagazione, scadesse dalla sua perfezione in  cui  il Creatore tenerla voleva, ma che tutta intera e completa
dell' uomo doveva essere la più tenue di tutte le grazie di  cui  fossero fornite le altre specie intellettive più eccellenti
la sua cognizione dell' essere come sono i sensi animali di  cui  l' uomo è fornito. Ma in luogo di questi vedeva l' essere
allora nascerebbe quel peccato contro allo Spirito Santo di  cui  disse Cristo: « Che non sarà rimesso nè nel presente secolo
particolari e accidentali che entrano, o nella materia di  cui  si compone il generato, o negli organi generanti, o nel
intrinseca di ciascheduno, questo è data per le leggi a  cui  soggiace la natura e la generazione, e ho manifestato di
virtuosi o viziosi, e in generale pel bene e pel male a  cui  può soggiacere l' umanità nelle tante e sì varie sue
natura. E gli uni e gli altri vanno in cerca di un bene di  cui  godere: gli uni e gli altri tentano di acquistare una
sono manifestamente ingannati: perocchè la perfezione a  cui  volgono l' animo e le fatiche, migliora sì alcune parti
dei figliuoli degli uomini, fa nascer d' essi i giganti  cui  descrive come uomini potenti, uomini avidi di gloria,
riprovati dall' Eterno. Ciò nasceva perchè la perfezione  cui  questi tendevano di conseguire e di promuovere non era la
celere il loro viaggio verso alla somma perfezione umana a  cui  tutti pure eran volti. Di che s' intende come gli uomini,
quale, sarebbe allora cominciato in lui quell' arbitrio, di  cui  parlammo, di dedicare sè stesso o più direttamente al
natura alla sua sensibilità e alla sua contemplazione, a  cui  la cognizione di sè stesso sarebbe succeduta poscia quasi
di un progresso, al tutto indefinito, sotto ogni aspetto in  cui  si considera l' atto morale. L' atto morale, come ho
che tiene proporzione col grado di luce e di cognizione di  cui  gode la mente contemplante, dietro al quale grado di lume
con essa la fedeltà che gli piace di quell' uomo semplice  cui  distingue perciò e decora coi doni suoi. Tuttavia, chi ben
ha per grazia, è un principio della visione di Dio (2), il  cui  termine è il Verbo: e quell' amore onde l' uomo per grazia
per grazia ama Iddio è un principio di quel possesso il  cui  termine è lo Spirito Santo. E ora egli è manifesto che
inferiori potenze, e quella cotale spiritualizzazione, di  cui  parla l' Apostolo, del corpo stesso (3). Il che tutto però
e le tradizioni de' popoli. Di più quello stato in  cui  abbiamo contemplata l' umanità, non è solamente dato dalle
v' ha questa differenza fra l' ideale stato dell' uomo a  cui  la mente cerca di sollevarsi, e quello che ci narra la
da Dio innocenti in mezzo a questo universo sensibile di  cui  erano costituiti regi, rimane di abbassare ora lo sguardo a
del cuore umano e quella felicità indefinita e immortale a  cui  aspira continuamente l' anima dell' uomo, e si paragona
campa per accidente, e ogni passo che fa, ogni respiro con  cui  assorbe l' aure della vita, è anco un passo che lo avvicina
la rivelazione, d' una tanta inclinazione al male, da  cui  l' uomo viene senza posa impulso? Una legge che porta nel
dell' uomo reale a lui medesimo. Uno dei sistemi di  cui  parliamo, fu quello che trovando nell' uomo due principii
luce che renda una verisimile ragione del grande fatto di  cui  parliamo, cioè dello stato misero e triste della specie
Ma dopo aversi dato questo vanto, veniva il momento, in  cui  sentivano la voce della propria coscienza, che diceva loro
una tale questione dipendeva dalla notizia di un fatto , di  cui  i racconti tradizionali avevano col procedere de' secoli
peccato originale (che come ognuno si accorge è il fatto di  cui  parliamo) fu nel suo fondo creduto da tutti i popoli, come
conversavano insieme, per così dire, a tu per tu, stato di  cui  non si può avere esempio e già esso solo difficile a
su la morale conveniente all' uman genere nello stato in  cui  ora si trova caduto. E questa certa notizia dell' origine
fu la Fede quella che soccorse al bisogno degli uomini a  cui  non poteva soccorrere la ragione umana. La qual fede vinse,
fermato a pensare lungamente e faticosamente in cosa a  cui  non prestava fede e nella quale nulla cagione il persuadeva
e disgrega quell' ordine e bellezza di giustizia, di  cui  l' anima doveva altramente essere decorata. Egli è evidente
un errore manifesto a supporre che vi avesse un tempo in  cui  l' uomo fosse, e tuttavia non avesse la potenza della
parte del suo oggetto , o dalla parte del soggetto uomo, di  cui  essa è atto. Egli è evidente che la volontà può venire
cotale alterazione e disordine dalla parte del soggetto a  cui  appartiene. Perocchè se l' uomo, l' IO, soggetto della
in essa nello stato di vivere dovizioso e ampio in  cui  era passato e nel quale aveva tratti da sè de' nuovi voleri
e direttamente il guasto del soggetto stesso a  cui  la facoltà di eleggere appartiene (1). Per sopraggiunta
l' ordine intrinseco del medesimo e di quelle abitudini di  cui  questo primo atto è vestito; e non già nelle loro
conseguente dell' uomo. Conciossiachè la potenza attiva, in  cui  il soggetto principalmente risiede, è l' atto prevalente, e
e la volontà cercatrice e al tutto bisognosa del bene di  cui  è privata, lungi dal poter aiutare il soggetto, dal non
(3). Per ciò non vi è imputabilità dove il principio da  cui  muove l' azione non sia la persona. Ma il peccato originale
primo principio formale. Per ciò è manifesto il perchè per  cui  il peccato originale venga imputato all' uomo che per
è la pena di questa morale corruzione in tutti quei mali a  cui  va soggetto (1). Alla terza questione finalmente che cerca
avesse un proprio sentimento sì forte e dignitoso, in  cui  trovasse più nobil diletto che in quello che a lui dà o
la ragione, separandola da quella passione smodata a  cui  va soggetto l' uomo corrotto, i teologi inventarono il nome
, dalla debolezza che impiaga quella interna forza per  cui  l' uomo è atto alle cose difficili, e che fu detta
l' uomo, il quale si trova nell' ordine della natura, e a  cui  perciò è impossibile l' operare nulla nell' ordine
i quali hanno pure delle forze e delle potenze, ma il  cui  oggetto non è Dio conoscibile e amabile. Sarebbe ciò contro
azione che fanno su di noi le cose reali, cioè le cose di  cui  abbiamo la reale percezione. E tutto ciò prova la poca
Dio, soggiunge: « Ah! da più alto tu fai misericordia a  cui  fai misericordia, e misericordia farai a cui la farai: chè
misericordia a cui fai misericordia, e misericordia farai a  cui  la farai: chè altramente il cielo e la terra parlano ai
originale, rimane qualche parte di libero arbitrio con  cui  può fare degli atti di virtù naturale (1). Sarebbe poi un
essere più bene per noi, tutto ponderato, nell' istante in  cui  operiamo, quello indubitatamente operiamo. Pratico adunque
particolare, del bene risultante da tutte le circostanze in  cui  ci troviamo. E questo è ciò che il distingue dal giudizio
e non calcola le circostanze tutte dell' istante in  cui  cade l' operazione: ma solo ha riguardo all' oggetto e alle
di origine dalla parte di Dio è la perdita della grazia. A  cui  consegue la morte dell' anima. Perocchè abbiamo definita la
ordinate e volte a servire quest' uomo, delizia di Dio e in  cui  era Dio. Ma dall' uomo peccatore Iddio si separò: la causa
quanto è uopo perchè servano acconcissimamente al fine , a  cui  sono subordinati. Per la massima gloria adunque di Cristo
morti senza battesimo o più generalmente di quelli  cui  non altra colpa danneggia che originale, il quale è: « la
perocchè l' essere ideale si può dire creato nel modo in  cui  è veduto dall' uomo, cioè in quanto egli è separato dalla
dell' Angelo delle scuole, non è precisamente quella di  cui  trattavasi e questionavasi dai Padri, e che però non può
più è riprovato dall' Angelico Dottore in quell' articolo  cui  egli intitola come questa dimanda: Se l' anima intellettiva
tenuta per indubitabile almeno sette secoli. E il terzo, a  cui  diedero luogo gli scolastici, i quali, si può dire, diedero
piante e degli animali che dovevan poi nascere. Cosa a  cui  la impercettibile lor piccolezza non fa punto di ostacolo,
per poco indefinita della materia e la sottigliezza a  cui  ella può pervenire, come vedesi nella luce e suoi colori e
dotate bensì di percezione e di senso, ma prive di ragione,  cui  acquistassero poi mediante la generazione (2). Ma confesso
di questa una spiegazione tratta dalla natura dell' animale  cui  abbiam definito: un sentimento che sussiste da sè, in
dalla madre, possa avverarsi quell' equilibrio di forze, di  cui  abbiamo ragionato, il qual valga a conservare quella massa
che non è se non il costituirsi un sentimento da sè, a  cui  è inerente di sua natura il principio senziente; non è più
i discendenti del primo uomo con quell' atto stesso con  cui  fu data al primo uomo. In tal modo non è che l' animale e
uomo è animato dalla divina sostanza (5): espressione con  cui  egli commenta il soffio divino della Genesi. L' autore
che si fa ai membri di una società pel peccato del capo, in  cui  essi non abbiano avuta alcuna parte, nè l' abbiano potuto
quale nè costituisce la detta natura, nè riceve il nome con  cui  la medesima natura si appella. Vi ha dunque una terza
che quasi direi uscendo dal profondo dell' oscurità in  cui  sicuramente si custodivano e venendo a galla secondo l'
la apparecchia. E che almeno oscuramente la verità di  cui  parlo si trovi deposta negli scritti di quelli che dànno
d' Ippona, dove accenna quella congiunzione fisica di  cui  parliamo: [...OMISSIS...] . Si noti in che modo S. Agostino
che pure non ispiega: ed esorta tuttavia Giuliano, contro  cui  scrive, a tenerlo per fede, quantunque per argomento d'
adamitico mostra la congiunzione fisica e propria di  cui  parliamo, secondo la quale origine , dice S. Agostino,
le difficoltà che implica quest' ultima sentenza e di  cui  va immune la nostra. Al che fare destineremo un apposito
di Aristotele; ma egli non può valere, preso nel senso in  cui  lo dice Aristotele, se non nel sistema delle tre anime
E questo stato di mezza morte, questa vicissitudine a  cui  andrebbe soggetto il feto, non la mostrerebbe alla
anima sensitiva perisca, se non corrompendosi il corpo a  cui  è aderente? Noi appronfondendo la natura dell' anima
non ha da sè sussistenza. Essa è passiva e il corpo a  cui  aderisce è attivo: ella nulla può adunque soffrire se non
dall' origine se non la pura materia bruta e inanimata di  cui  è composto il nostro corpo; ed in tal caso, nè pur questa,
quando l' origine sua è purissima? E se vi avesse alcuno a  cui  piacesse di negare questa verità evidente, che l' identità
viziandosi e corrompendosi pel contatto del corpo in  cui  viene infusa, come liquore da un vaso infetto; tuttavia l'
anzi una potenza che serve d' impaccio, impedimento, e la  cui  azione gli conviene contrariare e sospendere con dei
mortale? Ma io rispondo: L' anima sensitiva, ove il corpo a  cui  aderisce distruggasi, ella pure si strugge e si dissipa:
del sentimento, il sentito; ma non v' è altra maniera in  cui  concepir si possa dissolvibile l' animale, come dissi di
non può perire, non venendogli mai meno qualche cosa  cui  senta. Or questo appunto succede in darsi che si fa la
ma rimane sussistente per sè, cioè per l' oggetto a  cui  è aderente e cui sentendo ha sua vita (2). Ed egli, chi ben
sussistente per sè, cioè per l' oggetto a cui è aderente e  cui  sentendo ha sua vita (2). Ed egli, chi ben considera, fu da
doti da qualche cosa di sublime, d' immortale, di eterno, a  cui  la trovarono essere aderente. Fu perchè la videro dotata
stirpe divina e partecipante dei pregi di questi oggetti a  cui  ella aderisce; e per ciò della loro immateriale e eterna
sola, cioè nell' ENTE universale, luce semplicissima, di  cui  è partecipe e dove sussiste l' anima intelligente? Sicchè
personale, guastò la persona (6). Ora la natura è una  cui  egualmente partecipano molte persone. Or questa natura o
ciò che è stato concepito da un seme immondo?« (3) ». E di  cui  perciò tanta è la miseria che la corruzione abita ne' primi
severamente intesi in questa parte. Così Enrico di Gand, a  cui  si appone di far consistere l' essenza del peccato
origine del male. [...OMISSIS...] . Ora una tal carne, di  cui  anche più sopra aveva detto: « Io so che non abita in me,
abbiamo detto esser cagionata da una morbosa qualità di  cui  è infetta la carne, nella quale egli fu generato. Ora egli
dal generato, in quanto prima la massa carnea di  cui  egli è composto formava parte di essi, e poi diviso ed
altri; perocchè in questo sistema, sebbene il germe da  cui  dovea poscia svilupparsi Cristo, passasse di parente in
rimanendosi egli sempre inviluppato fino al momento, in  cui  fu depositato nel corpo purissimo di Maria Vergine
priva di aiuto e di forze, qual' è la volontà di quello  cui  manca la grazia, la trae agevolmente dalla sua e la fa
spiega lo spirito di questa, e per l' opposto lo spirito da  cui  è animato il mondo. La Chiesa professa che l' uomo nasce
per la educazione senza più. Dell' ignoranza pertanto, in  cui  il mondo si tiene volontariamente del peccato originale, è
è effetto a un tempo e cagione lo spirito di superbia di  cui  sempre è gonfio il figliuolo di questo secolo. Quanto più
possibile all' uomo di resistere contro all' ingiustizia  cui  gli vien suggerendo la concupiscenza originale, nella
stessa l' opera di quel medesimo uomo infermo e scaduto  cui  solo può guarire e rilevare un medico maggiore di lui, un
modo che una dipintura suppone sotto di sè la tela sopra di  cui  è lavorata; e molte dottrine rivelate, o non sono
quelle naturali verità che formano come l' addentellato a  cui  esse si continuano, o certo, trovate queste, cessano dall'
secoli l' hanno insegnata, confessano inesplicabile e di  cui  non dànno altra prova che la divina rivelazione: una
la oscurità di questo mistero. S. Agostino stesso, la  cui  mente era considerata da un filosofo dei nostri tempi
viso tutti i cattolici. Perocchè l' accordo perfetto in  cui  ella verrebbe a trovarsi col Cristianesimo, e segnatamente
essere e vi sono nell' anima dei sentimenti e delle idee di  cui  l' uomo non ha nessuna avvertenza per molto tempo,
il metodo in tutta quella estensione di significato, di  cui  può essere suscettibile questa parola; e però noi dobbiamo
il metodo sperimentale: il metodo baconiano: quello, a  cui  si devono gl' immensi progressi fatti dalla Fisica nei
altro, dico qualcosa di più. Il metodo espositivo , di  cui  si occupa la scienza del diritto ragionare, contiene le
dimostrano, che manca ancora all' arte del metodo, di  cui  parliamo, una base ferma, da tutti ammessa e tale, che ove
disciplina. Molte possono essere le regole speciali a  cui  soggiace il metodo espositivo, nè sono punto ignote. Ma
senza più poniam mano a quella principale ricerca, da  cui  tutte le cose, che in appresso sarem per dire, verremo di
più va perduta rispetto agli altri maestri e istitutori, a  cui  non trasmettono le osservazioni da essi fatte nel giungere
come uno sviluppo e un' applicazione. Ma acciocchè quelli a  cui  mancassero tali notizie possano seguirci, io verrò qua e
questa legge, partiamo da un pensiero qualsiasi di  cui  la mente nostra possa essere occupata: analizziamolo, e
del pensiero? E` il termine di questo atto, la cosa su  cui  l' attenzione si pone; e nel caso nostro, il fiore in
sta propriamente la natura del pensiero) e dagli oggetti a  cui  lo spirito pensa, che sono la condizione data allo spirito,
additandogli il vivo colore di porpora di quest' ultima, a  cui  impongo il nome di Saffo, in confronto del colore
domanda alcuna attenzione alle differenze particolari e a  cui  basta che in sua mente egli si disegni un cotale abbozzo
essere disposte in luoghi diversi, secondo le classi a  cui  appartenevano; 2 La riflessione sopra il modo di disporre
intende, e così prende la prima proposizione che ode e a  cui  attribuisce un cotal senso a capriccio, e la ripone nel
l' inganna, come abbiamo veduto accadere al fanciullo, a  cui  si faceva conoscere la classificazione delle piante andando
metodo che mantiene l' ordine progressivo delle idee e di  cui  noi andiamo cercando i principii: 1 far cadere la mente in
che quel primo è nato e gli ha somministrata la materia di  cui  bisogna. Ora da qui l' ordine naturale e necessario di
di ordini non ha fine: indi l' infinito sviluppamento a  cui  è ordinata l' umana intelligenza, al termine del quale ella
abbiamo scoperto altresì in esse il solido fondamento su  cui  possiamo erigere il Metodo d' insegnamento . Questo metodo
invariabile, come naturale e invariabile è il fondamento su  cui  si appoggia, cioè la legge indicata costitutiva dell' umana
mai fatto, che non si è mai pensato di proposito a fare; la  cui  necessità direttamente non si è veduta. Per lo contrario
noi parliamo di quel gruppo di sensazioni, nello stato in  cui  ora siamo pervenuti di grande sviluppamento intellettivo,
Considerate nel loro elemento soggettivo, l' ente a  cui  esse appartengono è il soggetto: esse sono atti7passivi di
Considerate nel loro elemento extra7soggettivo, l' ente a  cui  esse appartengono è un ente diverso dal soggetto
è un ente diverso dal soggetto (extra7soggettivo), di  cui  esse sono atti7attivi. L' intendimento adunque, il quale
sensazioni se non a condizione di percepirle negli enti a  cui  appartengono. Ma esse appartengono a due enti: al soggetto
da' quali solamente egli cerca le grate sensazioni, di  cui  è vago, e di cui abbisogna. Egli non pone adunque la sua
egli cerca le grate sensazioni, di cui è vago, e di  cui  abbisogna. Egli non pone adunque la sua attività
al suo è quella, ch' egli presente, e che preimagina, ed a  cui  va incontro prima d' averla, bastando a tutto ciò che ne
domandiamo: qual è lo stato di massima imperfezione, in  cui  esse si trovano? Conosciuto questo estremo, potremo salire
che tutti quegli enti non sono, che un corpo solo, da  cui  tutte quelle azioni diverse su lui promanano, e così
a riconoscere per segni di quei corpi stessi tattili, a  cui  già imparò a riferire molte sensazioni di diversi sensi.
intorno alla stessa materia. Poichè la percezione, di  cui  io mi ricordo o che in me riproduco coll' imaginazione, è
del primo ordine d' intellezioni, del primo stadio, in  cui  si trova l' umana intelligenza. In quarto luogo
se non per molta attenzione sulle piccole differenze, di  cui  il fanciullo nel primo tempo non cura, le memorie tuttavia
fa tosto fondamento all' idea specifica piena imperfetta di  cui  parliamo, perocchè lo spirito vede incontanente e
Opera che ho pubblicato col titolo d' « Antropologia », a  cui  mi convien rimettere il lettore, che abbia vaghezza di
l' istinto sensuale , altro ramo dell' animale attività, di  cui  noi qui parliamo. Sarebbe difficile il definire se le prime
uscito alla luce, consuma l' ossigeno e il carbonio, di  cui  ha bisogno il suo sangue; di che nasce in lui il bisogno di
corrispondente. Fra i piaceri, che prova l' animale, e di  cui  ben presto diviene avido, ci ha quello dell' agire . L'
in quelle volizioni, che abbiamo dette affettive (2), in  cui  il soggetto sensitivo e volitivo vuole l' oggetto percepito
più tardi ebbe il bambino i sentimenti animastici, di  cui  abbiamo parlato. Ma nella seconda età, in cui si mette in
di cui abbiamo parlato. Ma nella seconda età, in  cui  si mette in movimento l' intelligenza avviene l' opposto:
si può concepire se non si suppone un essere animato, verso  cui  si eserciti: perocchè tutto ciò che è inanimato, se
Educazione progressiva » che abbiamo più volte citata, e a  cui  molte altre volte ricorreremo per attignervi e osservazioni
; 2 Questa grazia fu annessa a certi riti esteriori, di  cui  è depositaria la Chiesa Cattolica, i quali si chiamano
se non si trovi in uno stato sereno e tranquillo, in  cui  solo il fanciullo può raccogliere la sua attenzione. Il
più minute parti degli oggetti. Ecco un vasto campo, in  cui  si dee esercitare il fanciullo, campo che non eccede
per trastullarsi poi dandogli de' solidi regolari, alle  cui  forme e misure proporzionate egli avvezzi l' occhio e la
esistere nel bambino una attività atta a fare tutto ciò, a  cui  si estendono le potenze del bambino. Questi non osservano
dell' imaginazione. Se vi potesse esser dunque potenza, a  cui  dovessimo attribuire un movimento indipendente dagli
sarebbe fuor di dubbio l' imaginazione. Ora il fatto di  cui  parlo prova il contrario; cioè dimostra costantemente, che
susseguenti, gli oggetti conosciuti e gli atti, con  cui  si sono conosciuti. Ora sebbene questa materia sia data al
materia, che pur avrebbe, e però non le forma. Quelle, a  cui  manca la materia , sono del tutto impossibili a formarsi.
materia , sono del tutto impossibili a formarsi. Quelle, a  cui  manca lo stimolo , non sono veramente impossibili, ma
rendono possibili in ciascun ordine quelle intellezioni, di  cui  il fanciullo ha già la materia. Ma già ritorniamo a
bambino. Ma veggiamo quali siano le intellezioni nuove, a  cui  si solleva il fanciullo mediante il linguaggio che egli
delle intellezioni di secondo ordine. L' operazione, di  cui  parlo, somiglia nei suoi effetti all' astrazione, ma non è
da prima il bambino non astrae mai quel preciso elemento, a  cui  dall' uso comune è affisso il vocabolo, ma suole sempre
esso sia, come segno a distinguere quali sieno le cose, a  cui  quelle denominazioni convengono. Allora solamente lo si può
di astrarre (1). In questa mirabile operazione adunque, a  cui  la mente viene mossa dal bisogno d' intendere e viene
quell' elemento comune, egli se ne serve di segno a  cui  conoscere quali sieno gli oggetti ch' egli deve richiamarsi
con quell' elemento, ma l' unisce con tutti gli oggetti in  cui  egli ravvisa quell' elemento. Quell' elemento adunque è già
, dice un nome astratto, pronuncia non più l' oggetto in  cui  si trova la bianchezza, ma questa qualità sola precisa
un astratto, egli ha il fondamento di una classe, in  cui  ridurre gli oggetti. Quando egli è giunto a formarsi, per
del secondo, al quale appartengono le astrazioni , di  cui  parliamo. Ma chi bene osserva, tuttavia conoscerà che vi
Laonde mi fa maraviglia come nelle grandi famiglie, in  cui  si vuol pure dare a' figliuoli la più fina educazione, non
della parola legge, giustizia ecc.. Gli astratti adunque, a  cui  il nostro fanciullo arriva, sono quelli somministrati dalle
porremo qui uno schema: [...OMISSIS...] All' esercizio di  cui  parliamo non appartengono i nomi indicanti le idee
di tutte le facoltà . A ottenere questi effetti, di  cui  essa natura ha il segreto, assai sovente è corto l'
il suono del vocabolo associato a diversi oggetti, della  cui  percezione ha memoria, e di cui ritien l' imagine, ma un
a diversi oggetti, della cui percezione ha memoria, e di  cui  ritien l' imagine, ma un po' alla volta diventa una vera
invecchiando declinano le sue facoltà; egli è l' oggetto, a  cui  l' uomo volge l' ultimo sospiro morendo e che spera di
è buono, questo è malo ». Il bene ed il male adunque, di  cui  ha l' idea il nostro bambino, è un bene ed un male
anima, benchè pure per mezzo del corpo. Se quest' azione, a  cui  finora i filosofi non hanno fatto attenzione, è un fatto
idea di bene è idea7concetto (1). Le percezioni adunque su  cui  vien lavorata l' idea del bene (per quantunque questa sia
essere, ma delle percezioni già alquanto perfezionate, in  cui  si afferma ancora il bene. Ma l' affermare il bene, l'
fa ricadere sopra se stessa, nel seno di quel soggetto da  cui  emana. Noi parleremo più innanzi della cognizion di noi
e spogliare le forze esterne delle vesti usurpate, di  cui  si coprirono fino dalla nostra infanzia, si abbellirono, e
da lui amato: insomma è quella benevolenza stessa, a  cui  si riduce finalmente la virtù dell' uomo in qualsiasi altra
essere umano: questi e somiglianti sono gli elementi da  cui  trae quel concetto di bene, che dirige poscia tutti i suoi
Egli dunque ritrova e riconosce il bene in tutto ciò, da  cui  gli vengono delle sensazioni aggradevoli, e tutto ciò l'
male, non finirà egli a persuadersi che l' oggetto di  cui  gli si parla è male? Il suo senso gli dice il contrario:
per tempo nel bambino la facoltà della persuasione (2) di  cui  una funzione è la credenza volontaria, la volontaria
i mali discorsi: fossero questi anco di cose prave, a  cui  il fanciullo non sente ancora alcun malo eccitamento, egli
l' altra tenta di edificare. Il povero infante non sa più a  cui  attenersi; non sa se sia la facoltà del senso che lo
morale, se pure è sofferire; è di più una scuola in  cui  guadagna l' intendimento e l' animo del fanciullo. Egli
e ne abbiam parlato. Queste passioni e delle altre, di  cui  parleremo in appresso, si appalesano fino dalla prima
in un grande arbusto: n' escono di que' giovani il  cui  freddo e cattivo carattere è inesplicabile: n' escono degli
suoi simili rimangono per lui degli esseri misteriosi, da  cui  non aspetta bene, e de' quali teme la forza: non essendo
a queste? In qual maniera cominciar a disamar quelle a  cui  hanno dato tutto il loro amore? Che demerito si hanno? Che
tutti i suoi affetti alle persone e alle cose tra  cui  si trova, ha tracciato in ciò stesso la sfera della sua
sola: già gli rompe quel cotal suo paradiso infantile a  cui  è attaccato e che non vuol vedere mutarsi, come non vuole
gli amanti non vogliono amar altro che la identica persona  cui  consecraronsi, e vogliono essere amati nello stesso modo:
occhi dei bambini potrà testimoniare altri fatti simili, in  cui  il loro amore non termina a delle belle qualità delle
ossia compirle. Questa maniera d' amor filosofico, a  cui  veramente si riduce il meglio della naturale virtù, non
rendono amabili. L' altra specie d' amore all' opposto, di  cui  parliamo, ama i sussistenti senza più; dimenticando le doti
fare le seguenti riflessioni. Il sentimento è ciò in  cui  consiste la realità. Un essere reale come tale, cioè in
tutte le ha fatte e le fa, raccoglie in sè tutto il bene, a  cui  tenda ogni cuore; e nell' amore divino vi ha perciò
e ne' suoi affetti, e contornandosi questa di limiti,  cui  quella rompe e trasporta. La natura dunque inclina l' uomo
religiose trovano in quell' idea una saldissima base su  cui  elle si edificano, un centro intorno a cui si aggruppano:
base su cui elle si edificano, un centro intorno a  cui  si aggruppano: la religione allora cresce, per così dire,
confine, quando anche egli fosse limitato a quell' ordine a  cui  è arrivato, e non gli fosse dato di ascendere ad uno
Ma quando si voglia determinare il tempo preciso in  cui  la mente passa da un ordine all' altro, allora s' incontra
la fine delle sei settimane; perocchè questo è il tempo in  cui  solitamente i bambini sorridono alle madri, primo segno
del second' anno a segnare il principio della quarta età di  cui  ci proponiamo a parlare in questa sezione, perchè nel terz'
Ora poi se io continuo a riflettere su questa rosa, di  cui  ho argomentato l' esistenza, e riflettendo di nuovo
Ora, se noi volessimo tener dietro a tutte le classi in  cui  si divide il terz' ordine d' intellezioni, e più ancora gli
di sviluppo intellettivo che di mano in mano fa l' uomo, a  cui  possiamo riscontrare quel metodo che più s' avviene. In
In prima, in ciascuno degli ordini d' intellezioni, di  cui  avremo a parlare in appresso, cominceremo dal divisare
colle quali si formano le intellezioni di quell' ordine di  cui  si tratta: di poi parleremo degli oggetti di quelle
una o all' altra delle tre nostre supreme categorie, in  cui  consideriamo partite tutte le cose che cadono nel pensiero
dee riuscire inutile l' accennare qui la legge universale  cui  seguita lo sviluppo dello spirito umano, la quale si è la
se non avessi prima l' idea astratta della pecora, in  cui  ciascuna pecora della mandra conviene; perocchè la
solo; egli non distingue se non due percezioni diverse, di  cui  non sa ancora farne l' analisi; la moltiplicità è tale per
per tanti ordini d' intellezioni, quanti sono i numeri di  cui  ella giunge a formarsi una distinta idea. E dico una
a un numero sommamente piccolo per trovar quello di  cui  gli uomini, anche dotti, abbiano un' idea distinta propria,
e così trascorrendo tutti gli ordini delle collezioni a  cui  i numeri appartengono. In vece la mente, come diciamo, s'
l' uomo ha nella mente sua un principio secondo  cui  giudica; perchè ogni giudizio suppone una regola che si
seguono fedelmente anche prima di saperli esprimere, e di  cui  nessuno saprebbe spiegare l' origine: nessuno infatti gli
in esse pensieri e volontà: trova con ciò nuovi lati, da  cui  poter se stesso a loro uniformare e acconciare. Queste
Ora l' unione che vuole l' amore, l' immedesimazione a  cui  tende non può aver luogo, se non mediante conformità di
son tendenze naturali dell' essere intelligente, a  cui  il fanciullo cede, perchè niente si oppone alla sua
la mente del discepolo dall' ordine d' intellezioni in  cui  si trova, a quello che gli è prossimamente superiore. 3
intellezioni. Perocchè nella lingua e nelle varie parti, di  cui  ella si compone, cade ben sovente il bisogno di usare un
ordini anteriori, o tra quelle dell' ordine prossimo a  cui  può salire col primo passo della sua mente, o tra quelle di
della sua mente, o tra quelle di questo medesimo ordine a  cui  è già salito, sono vocaboli del tutto perduti,
le quali non suppongono che un solo ordine di più, quello a  cui  la mente dee sollevarsi, e nel caso nostro è il quarto. Si
« « nettamente e giustamente tutti i suoni elementari, di  cui  si compongono le parole intere (2) » ». Io credo che
piaceri e dolori; ma questi non avendo un soggetto a  cui  riferirli, li riferisce agli oggetti che glieli cagionano;
« dobbiamo applicare i suoi principŒ morali e non i nostri,  cui  egli non intenderebbe »ne viene di conseguente che quanto
anco dall' istinto del dolore a fuggire quelle azioni, la  cui  dolcezza lo inganna. E questo aumento di resistenza suol
si trascurino di procacciare al bambino quelle grazie, di  cui  abbiamo parlato alla prima età. Tutte le operazioni proprie
la questione, per quanto io sappia, dell' età in  cui  l' uomo percepisca se stesso. Essi hanno comunemente
reggono all' osservazione esatta del fatto importante di  cui  si tratta. Il fatto anzi dimostra che l' uomo percepisce e
Laonde accordo che il sentimento stesso essendo ciò in  cui  si veggono le cose che si veggono dall' intendimento, egli
si deve distinguere nel sentimento sostanziale l' atto con  cui  questo sentimento vede l' essere dagli altri atti di lui.
vede l' essere dagli altri atti di lui. Ora l' atto con  cui  vede l' essere, non può mai essere quello con cui vede se
atto con cui vede l' essere, non può mai essere quello con  cui  vede se stesso; ed anzi egli è un atto che esclude la
opera conoscendo; e conosce prima le cose di  cui  abbisogna; ora egli non abbisogna punto di conoscere se
in aiuto, quando osservava e quando scriveva, una donna di  cui  riferisco sempre volentieri le osservazioni, perchè
bene i tempi vedesi manifestamente nella gradazione con  cui  apprende il linguaggio, specchio del suo concepire. Egli
intrinsecamente ossia metafisicamente impossibile, a  cui  nè pure il fanciullo dà mai l' assenso. Senza di ciò niente
operazioni proprie della natura umana, come son quelle di  cui  parliamo, sebbene si facciano in tutti gl' individui umani
ingalluzzire di soverchio e poco stimar gli altri uomini, a  cui  resta in retaggio non la scienza sistematica, ma il buon
perocchè egli se le formava dietro quelle apparenze a  cui  egli riputava dover aderire, dietro quelle parole alle
della sua coll' altrui volontà deve stare il sommo bene, a  cui  gli altri debbono cedere. Il secondo è pure oltremodo
prima i progressi della cognizione naturale di Dio, a  cui  poscia aggiungeremo quanto spetta alla comunicazione
fanciullo, o sia al quart' ordine della sua intelligenza a  cui  siamo pervenuti. Appena il bambino percepì un ente reale,
a conoscere nella madre, intelligenza e bontà assoluta a  cui  egli può già dare ammirazione e benevolenza infinita, che
mente del bambino quella di una volontà suprema, ottima, a  cui  egli dee pienamente sottomettersi. Già abbiamo veduto come
maggiore ancora di quella che esse realmente abbiano, a  cui  egli è spinto dall' universalità dell' essere che
Altissimo, pregando per lui, usando de' sacramentali, a  cui  è aggiunta una virtù benefica per la potestà della Chiesa
ma come maestro degli uomini, avente una volontà, a  cui  tutti debbono conformare la propria: ecco venuto il tempo,
debbono conformare la propria: ecco venuto il tempo, in  cui  si può aprire il Vangelo d' innanzi alla giovane
cimentate col prescrivergli cose false, irragionevoli o di  cui  egli non potesse mai intendere una ragione, la sua virtù
in ciascun ordine de' vegnenti. I quali, in questo di  cui  trattiamo, cominciano a rendersi manifestamente necessarŒ,
un breve tempo piuttosto che di un lungo. La proprietà di  cui  io parlo è più costante: ella non è formata nè da una
mai formole morali superiori all' ordine d' intellezioni, a  cui  egli è arrivato; o tutt' al più ad un ordine immediamente
della parola già comunicata al fanciullo; una musica, a  cui  il fanciullo presta gli orecchi come ad amica ed affettuosa
analizzare le parole scomponendole ne' suoni elementari di  cui  constano; e lo scritto finalmente giova ad analizzare le
stesse, elementi delle parole, notandosi ciascuna parte di  cui  le lettere si compongono. Vi ha dunque un progresso d'
si compongono. Vi ha dunque un progresso d' analisi, di  cui  deve fare uso il savio institutore. Vi ha parimente una
da farsi da' cultori della grand' arte dell' educare, di  cui  abbiam però ben avviati dei tentativi nobilissimi. Un
ragione d' esempio, che al quart' ordine d' intellezioni, a  cui  siam pervenuti, il fanciullo può formarsi una distinta idea
debbono far servire da noi quasi come altrettanti cappŒ in  cui  le idee s' annodano. E però, se al terz' ordine d'
darsi pensiero della scelta dell' idea o del principio a  cui  si devono legare, creando così nelle menti un cotale ordine
varie facoltà animali è tutta nell' unità del soggetto, in  cui  tutte le potenze e i loro atti si radicano. La seconda
libera in ciascun uomo si estende solo a quel tanto a  cui  s' estendono le sue attuali complesse intellezioni ». Il
età, voglio dire a riconoscere tutto l' ordine oggettivo di  cui  è capace; al che fare è necessario che i nessi delle cose
ma dee farsi sempre coll' idea propria di quell' età in  cui  il fanciullo si trova. Nel primo e second' ordine d'
documenti i quali servir debbono non pure per questa età di  cui  parliamo, ma ben anco per tutte le altre avvenire.
traendolo al conoscimento d' un' altra intelligenza buona a  cui  non può a meno di dare tanta stima e affetto maggiore,
lui che questa volontà sia buona, perchè è buono l' ente di  cui  ella è. Perciò la sua spontanea obbedienza è maggiore,
la sua benevolenza e la stima verso l' ente intellettivo a  cui  ubbidisce, e la sua benevolenza e stima è maggiore, quanto
che da quella immediata comunicazione delle anime, di  cui  abbiamo parlato, che si fa tra il bambino e le persone che
ma la giudica buona per l' opinione formatasi che l' ente a  cui  ella appartiene sia buono. Or quando nasce collisione tra
quella vince questa, è la misura della sua forza morale di  cui  si può disporre. Qual sagacità non si richiede nel
è altissima, suprema sopra tutte le altre volontà, a  cui  bisogna dare ubbidienza pienissima, conformandovisi in
come volontà di un ente supremo, assoluto ed ottimo, di  cui  la volontà è pure altissima, assolutamente rispettabile, e
trova un soggetto risultare da due elementi, una cosa di  cui  viene predicata qualche cosa, e una cosa che si predica.
due parti: ma questo paragone non è l' operazione, con  cui  si scompone e distingue sostanza ed accidente, ma da quella
acciocchè gli servano di via o scala ad altre operazioni, a  cui  intende come a fine: e mentre queste scolpisce con
che gli bisognano a farsi il passaggio alle ultime, a  cui  vuol pervenire. Ora, se nella scomposizione elementare vi
della cosa che predica; 2 e il concetto di quella di  cui  la predica. Laonde questa operazione non può aver luogo al
può ridursi a questa formola « delle due sole maniere, in  cui  può essere (o farsi o avvenire) una cosa, essa cosa dee
successivi, contenti come siamo d' aver segnato l' età in  cui  l' opera delle collezioni incomincia e la legge secondo la
sviluppo. Nel quart' ordine solamente, ordine in  cui  comincia l' intendimento a notare distintamente le
reo. Fra l' azione ch' egli pone e concepisce, e le cose di  cui  egli sente l' esigenza (poniamo la rispettabilità delle
rimorso della coscienza , perchè nasce dal giudizio con  cui  imputiamo a noi stessi il fallo commesso: il primo è un
intelletto ubbidisce e consente in tal caso non al vero, a  cui  solo dee arrendersi, ma alle suggestioni della volontà, che
retto, se non giudica arbitrariamente a danno di quelli, di  cui  non conosce la reità, e giudica a favore di tutti gli
dei dati, sui quali apprezza ed ama l' intelligenza, da  cui  provengono, e della quale le attestano il prezzo. Sicchè l'
più tosto che i suoi accidentali beneficŒ, l' oggetto in  cui  termina l' atto morale dell' appreziazione. E tuttavia
eccellenza si può acconciamente nominare. Il principio, a  cui  il nostro fanciullo è pervenuto (benchè nol sappia
principio dee prima determinare i gradi « di dignità »di  cui  sono forniti gli esseri intellettivi da lui conosciuti.
cosa morale. Che un essere intelligente del pari, in  cui  questa stima e questa affezione è nata, inchini e si pieghi
era qualche cosa di reale, che si faceva sentire, e a  cui  l' ente, che la sentiva, aggiungeva quell' elemento ideale,
quando anco nessun ente sussistesse, la norma di  cui  parliamo si concepirebbe egualmente come necessaria,
quegli, che opera il bene e il male; 2 e l' oggetto, verso  cui  il bene e il male viene operato. - Nel secondo stadio tutti
vi è, chi opera il bene o il male; 2 vi è l' oggetto, verso  cui  si opera; 3 vi è finalmente la norma o regola, secondo la
arringo, e il percorrerlo con felicità? La bontà morale, a  cui  è chiamato dall' istante, ch' egli è venuto in possesso
facile, come quella che gli era destinata in quell' età, in  cui  le sue norme di operare sono ancora concrete? Sarebbe un
seguitare le norme astratte, sia più facile di quella, le  cui  norme sono concrete. Di tanto è più difficile all' uomo l'
ciò non sia stato fatto, viene pel fanciullo l' età, in  cui  da una parte ha una norma astratta, un' idea, secondo la
una violazione della dignità dell' essere intelligente, il  cui  altissimo bene si è il vero, e il cui proprio male si è il
intelligente, il cui altissimo bene si è il vero, e il  cui  proprio male si è il falso. Dunque il mentire è peccato e
Di che la ragione si è che la verità è un essere ideale, di  cui  sebbene intenda il prezzo, tuttavia non lo intende per modo
la prima, la terza le altre due. La prima forma, di  cui  parliamo, avea per oggetto e per norma insieme l' essere
dilettevolissimi senza confini. Ma questo stato felice, in  cui  la sua fantasia e sa muoversi e nel muoversi non trova
operare, lo rende accorto de' confini più precisi, entro a  cui  son racchiuse le nature nelle loro azioni: i tipi dell'
certi fenomeni dell' animo del fanciullo al tempo, in  cui  la sua imaginazione prende quel rigoglio di cui abbiamo
tempo, in cui la sua imaginazione prende quel rigoglio di  cui  abbiamo parlato. Uno di questi fenomeni si è, che entro
importa solo di pensare, di contemplarsi quell' uomo, di  cui  nel suo spirito ha già ricevuto l' idea, e nella idea
come fanno gli ispirati incominciando da' primi profeti, a  cui  Dio parlava per visioni e per segni, fino ai Padri della
gli è il modo più facile di concepirne qualche cosa, di  cui  ha voglia: altramente dovrebbe sospendere l' atto suo per
assai lungo, fino allora che abbia scoperto il vero ente a  cui  rattaccar que' fenomeni. Per quantunque in questo modo
funesti alla morale bontà. Gli errori funesti tra quelli, a  cui  dà occasione l' attività fantastica, son quelli che si
passato, il futuro: onde vedesi ragione, perchè all' età in  cui  è pervenuto il nostro fanciullo, comincino le sue illusioni
nella loro mente la formazione di un mondo fantastico, a  cui  essi dan fede, e in cui credono d' occupare un posto del
di un mondo fantastico, a cui essi dan fede, e in  cui  credono d' occupare un posto del pari imaginario; dal qual
li tradì, ma l' imaginazione non fu che la maga, di  cui  i genitori, gli amici, gl' istitutori, la turba di quanti
illuderli e perderli (1). La specie di errori immorali, di  cui  parliamo, mostrasi in un' ampiezza molto maggiore nella
finiscono di reclamare dall' imaginazione degli idoli, a  cui  dian fede, a cui si prostrino adoratori: di reclamare che
dall' imaginazione degli idoli, a cui dian fede, a  cui  si prostrino adoratori: di reclamare che essa dilati i
cangiano di natura, se essi si considerano nell' età, in  cui  l' uomo non ha ancora la coscienza di se stesso, il
la legge, non si manifesti di subito, se non dopo l' età in  cui  è comparsa la voglia d' influire su gli altri; tuttavia
se l' egoismo è già nato nel cuore umano, la malattia, di  cui  parliamo, prende anch' essa tosto da questo un carattere
sè, è da una parte come l' aver trovato uno scoglio, contro  cui  può rompersi la morale bontà; così d' altra parte egli è
La forma di governo risulta dal numero di quelle persone a  cui  viene affidata l' autorità di tutelare e di governare,
o persone, e queste solo incaricate di un tale ufficio, a  cui  tutte le altre ubbidissero, se n' avrebbe avuta la forma
nella loro unione non si può trovare l' indipendenza, di  cui  ciascuno di essi è privo. Se dunque non è altro lo Stato
o contraria alla legge di Dio, il supremo giudice, a  cui  spetta di conoscere della questione, non è lo Stato
non è lo Stato medesimo, ma la Chiesa Cattolica, alla  cui  decisione, quando sia emanata, lo Stato ha obbligazione di
elementi dello Stato. Qualora adunque quelle persone, nelle  cui  mani è depositata l' autorità civile dello Stato, invece di
adunque noi un senso a questa espressione, quel senso a  cui  sembra che mirino quei dottrinari, che ne fanno più uso.
Dalla legge naturale? No, perché l' Autonomia, di  cui  si parla, non è obbligata ad alcun riguardo verso le leggi
e probabilmente non ne vide, tutte le conseguenze di  cui  era gravido (1). L' Hegel fa l' ostetrico del parto
avessero per sé considerati tutta l' efficacia di  cui  si dicono forniti; che cosa si potrebbe conchiudere intorno
cose, e lo dichiarò quella sublime ed altissima potenza, da  cui  dipende tutta l' umanità e il fine di tutto l' universo, si
evo concepì, e più tardi partorì la civiltà europea, di  cui  noi godiamo. Il corso di questa civiltà non può dare
e un tribunale altissimo di morale sopra la terra, a  cui  promise immancabilmente assistenza; e poi facendo entrare
dei due poteri, sì dall' ordine e dalla chiarezza con  cui  devono entrambi procedere, e giova oltremodo alla
esige che serva ai suoi capricci. Ma viene un tempo in  cui  la Chiesa non può, non vuole assolutamente farlo. Allora
della Chiesa unisce gli uomini in una gran famiglia di  cui  è capo Iddio, acciocché socialmente uniti, e con vari
mezzi, cioè i beni temporali; e questa è la ragione per  cui  ella si move ad istituire la società civile. Come dunque l'
della totale separazione dello Stato dalla Chiesa, di  cui  noi abbiamo veduto l' erroneità e l' impossibilità, fu
riguardo ch' egli ha alle altre condizioni di fatto in  cui  si trova l' umanità, agli altri istinti, passioni e forze
contiene in se stesso quello degli uomini, è lo spirito da  cui  uscì una tale dottrina. Ora l' odio d' Iddio e degli uomini
deve ricorrere il governo per conoscere la Religione di  cui  si tratta, in tutte le sue parti. Questo vuol dire non
materia degli oggetti religiosi, tali essendo i diritti di  cui  parliamo (2). b ) In secondo luogo, come certe disposizioni
vita de' cittadini. Il fine è temporale, ma l' oggetto di  cui  dispone, cioè l' adunanza sacra, è religioso. D' un oggetto
da alcuni che non intendono affatto la questione di  cui  si tratta, e sono ignoranti sotto sopra di buona fede) gli
politica. Nello stesso tempo che diffusero le massime di  cui  questa teoria si compone tra i popoli, adulandoli ed
con la Religione, come vogliono i filosofi politici di  cui  parliamo, essa offenderà indubitatamente la libertà
che questi padri nel loro mandato impongano alle persone a  cui  affidano il governo la obbligazione di comporre e
il Sacramento non è altro che la qualità di sacro, di  cui  gode, per giudizio della Chiesa Cattolica, e per
con ciò vogliamo dimostrare, che questi diversi sistemi, a  cui  si appigliano gli uomini di legge, non sono punto atti a
legge, non sono punto atti a risolvere la vera questione di  cui  si tratta. Infatti la questione fondamentale è questa: « Se
l' unica questione veramente importante al presente, da  cui  conviene che noi partiamo per risolvere l' altra delle
ne' suoi passi a quel tempo e in quella nazione in  cui  egli, rompendo violentemente ogni tradizione co' secoli
storia siccome un indelebile commentario della maniera in  cui  veniva intesa da quei governatori riformatori la libertà di
riconoscere che in taluni di tali uomini l' incoerenza di  cui  danno manifesta prova quando parlano di libertà di
d' essere invitati a considerare le contraddizioni in  cui  cadono, forse senz' avvedersene, quando prendono a ridurre
esclusi dalla libertà religiosa, secondo i legisti di  cui  parliamo: godevano però i cittadini cristiani di quel tempo
Che se non avevano altra fede religiosa che quella i  cui  atti erano proibiti dalle leggi civili, quei magistrati di
i legisti (già s' intende, non tutti, ma quella specie di  cui  parliamo) scelgono che il principio della libertà di
di Federico Barbarossa partivano dallo stesso principio da  cui  partono oggidì gli avvocati degli Stati costituzionali e
almeno professarne nessuna. Da questo i filosofi, di  cui  parliamo, si credettero giustificati a dedurre, che la
che ne cavano) deve permetterlo, affinché quelli la  cui  credenza l' autorizza, possano farne uso ». Questo
tra tutte le gradazioni di credenza c' è anche quella in  cui  ogni credenza svanisce, e perciò la legge si dovrà adattare
profferivano. Ma il fatto si è, che l' unico princìpio, di  cui  fecero pompa nei motivi della legge, fu quello della
princìpio proprio, prendono i princìpii da quei partiti a  cui  s' associano, e il più delle volte ne' tempi nostri s'
né più né meno, che viene loro imposta dai partiti su  cui  s' appoggiano. Riassumendo, tre sono dunque le false ed
l' opportunità a seconda di quel partito, qualunque sia, in  cui  si credono consistere la forza maggiore. Con l' aver noi
indeterminati, e che involgono dell' incertezza nel modo in  cui  si possono intendere. Or bene, eccovi lo spirito d'
s' accorgono e non vogliono accorgersi dell' incoerenza, in  cui  poi cadono, quando nella formazione dell' altre leggi non
non sono differenze esterne; e che le altre differenze a  cui  la legge ha riguardo, essendo esterne, sono tali che
tien conto, secondo il dovere, delle diverse condizioni in  cui  i cittadini si trovano, e delle varie loro differenze? Se
coerenza, non si trova punto dalla parte de' legislatori di  cui  parliamo, e di cui è infetta l' Europa. Non è in un qualche
punto dalla parte de' legislatori di cui parliamo, e di  cui  è infetta l' Europa. Non è in un qualche ragionamento che
applauditi dagli increduli o settari di professione, a  cui  s' accordano tutti quelli che vogliono ficcarsi negli
e ragionevole soddisfazione di tutti i cittadini, per  cui  dovrebbe esser fatta. Costoro straziano i popoli e guastano
alla legge civile, e superiori a tutta la forza da  cui  è circondata: poiché questa Religione è essenzialmente
sia più facile dominare un popolo corrotto e sfibrato, a  cui  in pari tempo sia dato ad intendere che è libero, perché è
grave di morale, e può essere anco di religione, su  cui  si può disputare e si può non intendersi. Ha il governo
terza questione di politica, o di prudenza governativa, la  cui  soluzione varia indefinitamente secondo le indefinite
varia indefinitamente secondo le indefinite circostanze in  cui  si trova la società civile. Ma qualunque sia la maniera di
non è l' utilità, e che quella è d' un valore assoluto, a  cui  niun vantaggio temporale è comparabile. Se poi, rinunziando
rappresentasse: e accennava a Roma, la Città Santa, le di  cui  pietre, ei diceva, erano meritevoli di riverenza. L'uomo
più e più sempre vasta, coi nostri simili è il mezzo per  cui  si moltiplicano le nostre forze, il campo sul quale si
tradurre la scelta in atto. Il progresso è il fine a  cui  dovete mirare scegliendo, ed è ad un tempo, quando è
quali l'università dei cittadini consente nel periodo in  cui  lo Stato è fondato. Ponete che un nuovo e vero principio,
civiltà. L'associazione deve essere progressiva nel fine a  cui  tende, non contraria alle verità conquistate per sempre dal
chiara e distinta, perché questa ne suppone altre da  cui  debba distinguersi. Fra queste deve a grado a grado farsi
uniforme e tedioso a chi vi rimane. Nella regione in  cui  viviamo, la quale è pure una delle più amene e adorne, un
di raggiungerlo a grado a grado, l'avvenire insomma, il  cui  simbolo vivente è il bambino, legame tra noi e le
chiamati dalle loro tendenze speciali o dalle condizioni in  cui  vivono, l'uno a diffondere il pensiero dell'associazione
Umana. Oggi, la metà della famiglia umana, la metà a  cui  noi cerchiamo ispirazioni e conforti, la metà che ha in
per l'opinione della quale io parlo, se non quel luogo in  cui  i nostri diritti individuali sono più sicuri? Cos'è la
nostra mente; è storia, storia dei nostri tempi, storia le  cui  pagine grondano sangue del popolo. Interrogate tutti gli
d'uno solo. L'analisi è sempre analisi; è sempre un attocon  cui  la mente distingue le parti d'un tutto. a l'occhio non
della scienza e della coscienza. L'analisi è la piramide di  cui  la sintesi è la sommità. 2. Quando Cartesio, con un atto
templi; spento veniva riacceso con mistiche solennità, la  cui  tradizione ive tuttavia fra le mutate nostre credenze. La
il ricambio, vien maledetto con formule sacre, alla  cui  giustizia si attribuisce ogni seguente calamità. Laonde se
della Francia stessa e dell'Italia. V'è un momento in  cui  l'analisi officiale rompe le sue catene nelle libere città
di quel caleidoscopio e calcolò altre combinazioni a  cui  forse la madre natura non aveva peranco avuto occasione;
Bacone è divulgata a tutti. Vi sono società d'uomini la  cui  vita consiste nell'attendere a fare scoperte; e d'altri
nell'attendere a fare scoperte; e d'altri uomini la  cui  vita consiste nell'attendere ad annunciarle. È l'analisi
e dalla Francia in fuori, non v'è forse Nazione i  cui  confini corrispondano a quel disegno. Essi non conoscevano
e che chiamarono soggiorno d' espiazione, e il cielo a  cui  l'uomo poteva, per virtù di grazia e di fede, salire e dal
ma come interromperla se non cangiando il principio da  cui  partono per dirigersi? Come e in nome di chi convincerli