Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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vi scriverò. E così un malato favellando coll' altro,  ci  conforteremo a vicenda. Io vedrò di dirvi brevemente quelle
con umiltà, con amore di Dio! Quante pene e quante angoscie  ci  risparmiano nella vita a venire! I santi poi le
obbiezione, ed io fidatamente loro rispondo, che Iddio  ci  può far santi, e che io lo spero in Gesù Cristo, e che
e l' otterremo, se noi pregheremo senza intermissione e se  ci  raccomanderemo a Dio, a Gesù Cristo, alla sua Madre, e a
l' amor verace d' alcuno, se non se nel desiderio che  ci  mostra coll' opere e colle parole di giovare al suo amico?
le più volte i mezzi umani: e quanti non ne usa egli? Egli  ci  parla amorevolmente per mezzo delle prosperità e delle
la impediscono e rompono; per mezzo di quelle persone che  ci  amano e di quelle che ci odiano. Tutto dunque viene a noi
per mezzo di quelle persone che ci amano e di quelle che  ci  odiano. Tutto dunque viene a noi da quel nostro buon Padre
a noi da quel nostro buon Padre che sta nei Cieli; egli non  ci  dà se non cose utili, amandoci come fratelli del suo
medesimi son doni e chiamate preziose. Che cosa adunque  ci  dovrà amareggiare nelle vicende di questa vita? Nulla,
nostri peccati. E di questo dolor santo medesimo, onde egli  ci  debbe affliggere, l' immensa bontà di Dio ci conforta, le
onde egli ci debbe affliggere, l' immensa bontà di Dio  ci  conforta, le braccia allargando per raccoglierci e
insieme da noi laviamo e cancelliamo. Nulla adunque  ci  turbi, o caro fratello, nulla ci confonda ed opprima in
cancelliamo. Nulla adunque ci turbi, o caro fratello, nulla  ci  confonda ed opprima in questa vita; nè pure i nostri
l' indotto: anche per bocca d' una abietta servetta Iddio  ci  parla talvolta. Nè questo mel dico io: quel vaso d'
aprire le orecchie ed il cuore alle istruzioni continue che  ci  porge Iddio per mezzo di ogni uomo. Voi percorrerete per
E se io sopporto gli altrui, godo di adempire la legge che  ci  dà Iddio per bocca di S. Paolo: « Alter alterius onera
composto il libro, e che hanno tanto d' unzione e di forza;  ci  parrebbe, se l' avessimo italiano (ancorchè ben tradotto),
a questo naturale loro fine, acquistano un pregio vero e  ci  danno de' veri guadagni. Segua a nutrire e ampliare questi
di che altri si serve a ruina, adoperare a edificazione?  Ci  lascieremo noi vincere in accortezza, in sagacità, in
La cosa acquisterebbe grandezza. Intravengono difficoltà e  ci  vorrebbe in vero una direzione assai meditata. Ad ogni modo
in vero una direzione assai meditata. Ad ogni modo Ella  ci  pensi, e me ne scriva. Alle cose buone è lodevole il solo
la chiamerò con maggior gusto, egregio amico, che anche qui  ci  sono dei buoni cristiani e zelanti; anzi di questi ne
oh quanto sarebbe cosa desiderabile, quanto giovevole che  ci  trattassimo, e uguagliassimo tutti, nel Signore nostro, di
per la qualità de' tempi, parmi quasi necessaria; poichè o  ci  siamo già, o procedendo in tal modo le cose, debbe venire
forze e gli altri miei impegni. Ella mi dica pure di quanto  ci  sarebbe bisogno, ed io contribuirò quello che potrò. Oh Dio
una certa civiltà all' accortezza congiunta, quella che  ci  è suggerita dallo stesso spirito del cristianesimo? Io
per lettera, e di parlare insieme di quelle cose che più  ci  interessano, cioè di quelle in che ha parte la religione e
Veramente la cosa è bella e di gran vantaggio. Come sa,  ci  eravamo accordati di parlarne al Provveditore Traversi,
condurremo niente al suo fine, se una costante fortezza non  ci  fa superiori agli ostacoli, senza dubbio grandissimi, che
fa superiori agli ostacoli, senza dubbio grandissimi, che  ci  si attraverseranno dalla parte e dei cattivi, e degli
questo pensiero, osserviamo quanti difetti pur  ci  siano fra i cristiani nella sola assistenza alla santa
dai superiori, per bocca dei quali ordinariamente Iddio  ci  parla. In particolare poi quegli che è chiamato debbe in
istruzione in quelle parole di nostro Signore, colle quali  ci  disse, che è proprio solo del Padre conoscere i tempi ed i
e pure non lo si può creder punto esagerato. L' Apostolo  ci  mostra la carità veramente onnipossente e trionfatrice di
che facciamo torto, diffidando, alla grazia di Colui che  ci  manda. - Rispetto alla seconda difficoltà, io convengo
se queste dignità sono così necessarie che senz' esse non  ci  sarebbe nè pur la Chiesa di Gesù Cristo, che altro resta a
e di rimetterlo qui a Milano dove sto. Qualche difficoltà  ci  avrà nel cominciare; ma non sarebbe necessario al principio
de' Milanesi io sono molto contento, e La assicuro che  ci  trovo delle anime al tutto singolari; e queste non solo nel
un cuore duro alla forza che continuamente loro vien fatta.  Ci  persuadiamo di questo quando, come a me è avvenuto più
di questo quando, come a me è avvenuto più volte in Italia,  ci  abbattiamo in alcune persone, che sono profondamente
contraria, o vero il giudicarne gli accidenti particolari,  ci  può far conchiudere il contrario. Da questo mi pare di
di soda sapienza! Infatti l' eternità sola bene meditata  ci  fa conoscere quanto poco noi dobbiamo prezzare tutte le
prezzare tutte le cose terrene; l' eternità è quella che  ci  rimprovera e sgrida per gli affetti che abbiamo volti a
dovevamo tutti riserbarli per un oggetto eterno; ella  ci  nota e ci fa rincrescere per fino i momenti di tempo che
tutti riserbarli per un oggetto eterno; ella ci nota e  ci  fa rincrescere per fino i momenti di tempo che abbiamo
Se questa non è deplorabile pazzìa, qual mai sarà? Iddio  ci  dà il tempo e il modo di raccogliere tesori che debbono
ascoltate, di tutte le ingratitudini verso quel Signore che  ci  prodigava le più copiose misericordie. Sappiamo che la vita
talento è un fatto nostro. Ora il talento per se stesso non  ci  aiuta ad adoperarlo bene, anzi ci può tentare d' usarlo
talento per se stesso non ci aiuta ad adoperarlo bene, anzi  ci  può tentare d' usarlo male. Il cuore all' incontro ci
anzi ci può tentare d' usarlo male. Il cuore all' incontro  ci  inclina ad usar bene il talento che abbiamo. E` adunque più
avvenire all' uomo lode, come di cosa sua; 2 Il talento non  ci  fa felici, se è male usato; il cuore all' incontro ci
non ci fa felici, se è male usato; il cuore all' incontro  ci  inclina alla virtù, e così ci aiuta pure ad ottenere la
usato; il cuore all' incontro ci inclina alla virtù, e così  ci  aiuta pure ad ottenere la felicità. L' esperienza ne
spero, e perciò saremo al servizio dello stesso Capitano, e  ci  ameremo in lui, come commilitoni, sotto alle stesse
impossibile nei casi comuni; perchè comunemente le cose che  ci  vengono contradette, non hanno evidenza. Non avendo adunque
del Creatore, che dei suoi benefici continuamente  ci  ricolma. Sì, siamogli grati: pensiamo continuamente a lui,
e che non può dare in fallo. La sola confidenza in Dio  ci  può assicurare in molte parti, nelle quali, senza di essa,
può assicurare in molte parti, nelle quali, senza di essa,  ci  troveremo sempre vacillanti e sospesi. Questo bisogno di
fatto sentire Gesù Cristo, fra l' altre volte, allora che  ci  ha insegnato di pregare con quella petizione: « Et ne nos
o in luogo facile e piano. La confidenza sola in Dio  ci  può a pieno tranquillare nella perpetua incertezza de'
spera in lui il modo d' escirne. In fine io credo, che non  ci  sia da titubare circa il darsi alla Religione; essendo ciò
ho scritto, io sono già pronto. Non è però che all' istante  ci  possiamo unire. Debbono ancora precedere più cose, e le due
uniforme, se egli sia un solo e medesimo spirito quello che  ci  chiama. Di poi, che riceviamo la benedizione dal Santo
Intanto dunque che queste cose si preparano, noi  ci  terremo uniti collo spirito, se non col corpo, supplicando
se non col corpo, supplicando il Dio delle misericordie che  ci  unisca egli ancora coi corpi, se, quando, e come cade nell'
la strada alle costituzioni che formeremo assieme, appena  ci  potremo unire di luogo nel Signore. Le difficoltà che il
i mezzi con generosità ed abbondanza, e se questi non  ci  sono, mostra che non lo vuole. Riguardo alla seconda
perchè il Signore stesso, per le cui pecore si lavora,  ci  penserà: di poi perchè chi ama il bene delle sue pecore non
Gesù Cristo: atteniamoci alla sua missione: questa missione  ci  inspiri coraggio: da questa missione aspettiamo la grazia e
rendere conto a lui di questo danno; ogni nostra imprudenza  ci  potrebbe fare acquistare il titolo di servo infedele, «
ce le presenta, e non desiderando se non quelle che essa  ci  presenta: mentre Dio solo conosce ciò che è bene, e ciò che
est . Siamo dunque semplici, siamo sinceri. La semplicità  ci  faccia abbracciare il bene presente, senza pensare ad
il bene presente, senza pensare ad altro. La sincerità non  ci  faccia parlare che di ciò che noi sappiamo, e che il
del nostro divino Maestro. Questo lo sappiamo, o almeno  ci  pare di saperlo, perchè è vicino, e perchè le circostanze
perchè avremo dimentiche le sue parole. Ma la quaresima  ci  manifesterà qual cos' altro, ed allora che sarà venuto il
Non facciamo niente con violenza e per proprio impulso; non  ci  lusinghino le speranze; non preveniamo coi desideri il
della divina Provvidenza, non per presumere, quasi che ella  ci  dovesse dare ciò che a lei piacesse di darci. E` generosa:
semplicità e di confidenza nella divina Provvidenza, e non  ci  fa verun bene, ma molto male. Essendo io persuaso che voi
avrete pensato sopra il detto argomento. Questo carteggio  ci  sarà utilissimo, poichè farà sì che ci conosciamo
Questo carteggio ci sarà utilissimo, poichè farà sì che  ci  conosciamo scambievolmente, ciò che è tanto necessario.
del Signore. Vi ripeto; non vogliamo fare gran cose: nè  ci  imbarazziamo la mente nel futuro. Il Signore sia quello che
imbarazziamo la mente nel futuro. Il Signore sia quello che  ci  induca, anche che ci spinga, per dire così, ad ogni passo,
nel futuro. Il Signore sia quello che ci induca, anche che  ci  spinga, per dire così, ad ogni passo, sicchè non muoviamo
pace, pazienza e longanimità. Noi non sappiamo quello che  ci  facciamo; nè pure quello che dimandiamo: « Quid oremus,
dei cuori, se li troverà retti. Che farà egli dunque?  Ci  mostrerà ciò che far dobbiamo; quanto, e come, e in che
noi faremo con intelligenza ciò che faremo: perocchè Dio  ci  avrà sparsa innanzi la luce, e nulla faremo più da noi
fidiamo ne' consigli umani, spero, mio caro, che il Signore  ci  dia tali lumi da formare un Istituto forte quanto è
la santificazione di questi ». Per venire alla pratica noi  ci  uniremo all' orazione e allo studio, che saranno i due
della divina Provvidenza, seguendo tutti que' lumi che ella  ci  darà. Non dubitate, mio caro, anzi mio carissimo nel
tutti gli affetti naturali, e li dirige, per cui non  ci  accecano, ma anzi ci aiutano ad adempiere tutto ciò che
naturali, e li dirige, per cui non ci accecano, ma anzi  ci  aiutano ad adempiere tutto ciò che troviamo essere bene per
Signore, perchè come Ella assai bene riflette, quando noi  ci  abbandoniamo in Dio, allora egli ci dà il suo coraggio e la
riflette, quando noi ci abbandoniamo in Dio, allora egli  ci  dà il suo coraggio e la sua stessa fortezza. Non posso che
caro amico, temiamo, tremiamo, ma confidiamo insieme assai.  Ci  ricorda che non facciamo solo torto a Dio colla
Oh bontà di Dio indicibile! Ella si adonta se noi  ci  perdiamo di cuore; ella esige da noi coraggio tanto grande,
proprio Figlio, ma per noi tutti lo diede? Come adunque se  ci  ha donato il suo Figlio, non ci ha donato insieme con lui
lo diede? Come adunque se ci ha donato il suo Figlio, non  ci  ha donato insieme con lui tutte le cose? Come se ci ha dato
non ci ha donato insieme con lui tutte le cose? Come se  ci  ha dato il più, non ci darà il meno? Come non ci darà tutte
con lui tutte le cose? Come se ci ha dato il più, non  ci  darà il meno? Come non ci darà tutte le grazie necessarie
Come se ci ha dato il più, non ci darà il meno? Come non  ci  darà tutte le grazie necessarie alle circostanze in cui ci
ci darà tutte le grazie necessarie alle circostanze in cui  ci  troviamo? Egregiamente; dunque ai piedi del Crocifisso ella
stesso; giacchè questo è il pegno, come dice S. Paolo, che  ci  ha dato l' eterno Padre, e la certa sicurtà, che egli è per
altre cose; questo anzi è il fonte di tutte le grazie che  ci  abbisognano. La conforto adunque a farsi un gran coraggio
e tutte le cose sue, è certo che Gesù fa per lui. Non  ci  sia fatto dunque il rimprovero che Gesù faceva ai suoi
nelle mani di Quello che dispone tutte le cose. Non  ci  scandalizziamo di nulla; non esitiamo; operiamo con
orazione e rendimento di grazie. Maria nostra madre comune  ci  assista. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.27 Ella chiama
pungere ben bene le mani! La disgrazia è per coloro che non  ci  trovano che le rose. Il senso insensibile a tali spine è un
scontro della vita perfetta diventa per noi salutare, se  ci  fa dire in cuore sinceramente: ecco quanta è la nostra
cuore sinceramente: ecco quanta è la nostra debilezza! se  ci  fa intendere chiarissimo, che noi a nostra posta non ci
se ci fa intendere chiarissimo, che noi a nostra posta non  ci  possiamo avanzare nè pure di un passo, piccolo quant'
questo ribrezzo, questa ritrosia della natura, perchè non  ci  riusciremo mai; e non faremo dei nostri sforzi che cavarne
Dio in questa nostra prostrazione conosciuta, sentita! Che  ci  resta dunque a fare? Concentrarci nell' unico desiderio di
dell' imperfezione nel praticare i piccoli nostri esercizi,  ci  umilii senza atterrirci, e anzi incoraggiandoci. Il Signore
nulla per questo stesso, perchè tocchiamo con mano che non  ci  vale la possa a sollevare una paglia: giacchè sono
una parola a conoscerci. Ah preghiamo il Signore, che egli  ci  dia questa preziosa conoscenza di noi stessi congiungendola
alla conoscenza della sua bontà, perchè al tutto non  ci  atterrisca, non ci istupidisca dallo spavento! Gesù può
della sua bontà, perchè al tutto non ci atterrisca, non  ci  istupidisca dallo spavento! Gesù può vibrare in noi questi
perni di ogni sapere: il nostro nulla, il suo tutto. Ciò  ci  condurrà al pieno sacrificio di tutti noi; giacchè
rese al Signore di questa bella disposizione, suo dono! Non  ci  stanchiamo di rendere grazie a lui in tutte le cose: non ci
ci stanchiamo di rendere grazie a lui in tutte le cose: non  ci  stanchiamo di dire: « Bonum mihi, quia humiliasti me ».
simile al mio. Il mio sentimento sarebbe questo, « che noi  ci  trovassimo insieme la prossima quaresima a Domodossola, e
della carità. La dolcezza che le nostre infermità  ci  costringeranno ad usarci scambievolmente, sarà un avviso
sia gloria per tutti i secoli, amen . Maria nostra Madre  ci  interceda di dare la massima gloria al Signore. Scrivetemi
sicura la morte in un momento di grazia, dopo la quale solo  ci  potremo gloriare nel Signore! Ma la stessa incertezza in
e della nostra giustizia, la maggiore delle nostre miserie,  ci  tornerà a lucro per la bontà di Gesù che non lascia che sia
Non oso nè pure accettare de' compagni per ora, perchè non  ci  sarebbe chi tenesse bene la disciplina: io non sarei buono
tutti i secoli. Preghiamo adunque null' altro, se non che  ci  santifichi secondo l' eterna sua preordinazione: così nella
l' eterna sua preordinazione: così nella sua volontà  ci  adageremo interamente. Il suo cuore lo rivolga solo alla
[...OMISSIS...] 1.2. La volontà del Signore è che  ci  perfezioniamo: il resto è indifferente. Attendiamo a questo
sono senza sforzo e senza ansietà. Nessuna cosa della terra  ci  trattenga dal dargli ascolto, perchè non perdiamo la vita
dice. Viviamo adunque tranquilli e fermi, fino che egli non  ci  muova. Io sono qui fino dal principio della quaresima: la
gli fa sostenere il Signore. E` coi patimenti che egli  ci  prepara; ne sia ringraziato. Non ci rincresca d' essere
coi patimenti che egli ci prepara; ne sia ringraziato. Non  ci  rincresca d' essere generosi con tanta bontà. O potremo noi
con Dio; ma noi diciamo d' essere generosi, quando  ci  sembra evitare una viltà senza nome. [...OMISSIS...] 1.2.
egli manifesti la sua adorabile volontà. E certo Egli non  ci  lascia all' oscuro. Mio carissimo, vi dico il vero, io per
non dimostri essere diversa la sua volontà, purchè non  ci  attacchiamo nè al basso nè all' alto, e non ci gloriamo nè
purchè non ci attacchiamo nè al basso nè all' alto, e non  ci  gloriamo nè pure d' essere bassi, purchè in fine veramente
si va a trovare Gesù dovunque; ma il nostro Signore, che  ci  conosceva perchè ci aveva fatti, volle darci modo d' essere
dovunque; ma il nostro Signore, che ci conosceva perchè  ci  aveva fatti, volle darci modo d' essere con lui non pur
Ma presto vi tornerete, se pur a quest' ora che scrivo non  ci  siate tornato già a rendere grazie e pregare per voi e per
che il sentono! L' intima consapevolezza del nostro nulla  ci  fa sentire il bisogno dell' Onnipotente, e ci avvia sulla
nostro nulla ci fa sentire il bisogno dell' Onnipotente, e  ci  avvia sulla strada che ci conduce a lui, nostra fortezza e
il bisogno dell' Onnipotente, e ci avvia sulla strada che  ci  conduce a lui, nostra fortezza e valore. Questa confidenza
Ah il Signore la metta in noi questa giustizia! ah  ci  faccia giusti! Egli solo il può; allora non saremo più
che la maggior grazia, come voi dite, che il Signore  ci  possa fare, sia il farci patire qualche cosa per suo amore.
sarebbe caro abbracciarvi in quel tempo! ma Dio sa se voi  ci  sarete! Addio mio carissimo. Non vi parlo degli studi
predizioni. In questa inclinazione di predire il futuro  ci  può essere un' insidia dell' inimico di gran conseguenza,
di Dio; alla quale solo dobbiamo attendere; e tutto ciò che  ci  aliena da essa o ce ne toglie il pensiero, è cattivo. La
la nave viene esposta a fare naufragio. Il nostro inimico  ci  empie talora la nave di gioie false, acciocchè noi siamo
il principale affare qual è la cura di se stessi: se Iddio  ci  fa la grazia di mettere in salvo l' anima nostra e di
in salvo l' anima nostra e di purificarla da' suoi peccati,  ci  deve bastare; 7 Dirò ancora una cosa. Se Ella sentisse
una regola di condotta che discende da tutto lo spirito che  ci  deve animare, spirito di tranquillità e di fermezza. Le
contenti di conoscerne solo quella parte che Iddio  ci  viene successivamente manifestando, e del resto appagarci
Dio da giudicare che avendo lui solo, tutto abbiamo e nulla  ci  manca, e se crediamo di poter possedere Dio in tutti i
loro pomposità, in somma da una falsa apparenza che non  ci  mostra nulla di realmente grande, perchè non c' è di
di sottomettere al medesimo (qualunque fosse quegli che  ci  donasse la Provvidenza) il nostro piccolo progetto: perchè
disporrà ciò che è della sua maggiore gloria, e che non  ci  lascierà senza guida, perchè arriviamo sicuramente al
che per noi, e pel nostro piccolo affare: acciocchè Iddio  ci  salvi nel modo migliore, e provveda alla Chiesa diletta sua
del nostro maestro. Assuefacciamoci a tutto ciò a cui egli  ci  vuole assuefare; e, per non prendere un' impresa troppo
non preveniamo questo maestro buono e caritativo, il quale  ci  prova, e purga, e mortifica un poco alla volta, e, se noi
e mortifica un poco alla volta, e, se noi siamo deboli,  ci  soccorre colla sua mano, quando noi non operiamo di capo
da Dio: dunque nè pur noi vogliamola. Il zelo adunque non  ci  renda mai meno sinceri e piani in tutte le nostre vie. Io
Egli mi disse così (vi trascrivo il suo sentimento, perchè  ci  serva di norma nella nostra futura condotta): « Se Ella
a tempo e luogo, che è del suo beneplacito, senza che noi  ci  proponiamo di fare molto, ma facendo unicamente quel
facciamo la volontà di Dio, operando come operiamo e come  ci  siamo proposti per l' avvenire. 2 Che la nostra principale
da Dio stesso per mezzo del suo Vicario, si è quella che  ci  eravamo proposti, di mettere cioè sotto ai piedi ogni
disordinato, di non dare punto luogo all' immaginazione che  ci  può ingannare col proporci cose troppo grandi; ma di non
nel nostro piccolo, cioè con quei piccoli mezzi che egli  ci  ha dati, vivendo contenti nella oscurità: pensando bensì
giacchè lo stesso rappresentante di Dio sopra la terra  ci  ha avvertiti del pericolo, nel quale potremmo cadere, e
illusione dell' inimico, alla quale potremmo soggiacere, se  ci  lasciassimo indurre nella tentazione di volere da noi
e, Dio volendo, anche da approvare. Io spero oltracciò che  ci  saranno accordate delle Indulgenze per la nostra chiesa di
mi tratterrò ancora qui; lavorerò intanto delle opere, che  ci  saranno utili per la riforma degli studi ecclesiastici. La
ed usare in ciò tutto quel lume di prudenza che Iddio  ci  comunica: « in lumine ambulare ». Io sentirò volentieri il
cosa eventuale preferirlo: la promessa è un laccio che  ci  facciamo noi stessi: non possiamo più scapparci, quand'
taccia nulla, non vi posso tenere nascosto che qui a Roma  ci  sono molti Francesi; e fra gli altri de' missionari di
sangue, non presenta che piccolezza ed infelicità. E Gesù  ci  ha persuasi di tutto il contrario, ci ha fatto credere che
ed infelicità. E Gesù ci ha persuasi di tutto il contrario,  ci  ha fatto credere che i nostri occhi, le nostre mani, i
i nostri orecchi, tutti i nostri sensi c' ingannino, quando  ci  depongono sul pregio delle cose, che ci inganni il nostro
ingannino, quando ci depongono sul pregio delle cose, che  ci  inganni il nostro spirito, la nostra stessa natura! Un'
cosa di sopra alla natura, misteriosa, occulta, ma che  ci  si rivelerà un giorno, è il ben nostro. La potenza di Gesù
compiacciamocene pure, con una tenera gratitudine verso chi  ci  ha recati gratuitamente in sì ammiranda chiarezza di
gratuitamente in sì ammiranda chiarezza di verità: ed egli  ci  conservi in essa fino alla fine. Il Signore ci ha dato
ed egli ci conservi in essa fino alla fine. Il Signore  ci  ha dato ancora tutti i mezzi perchè, se noi vogliamo,
d' essere pienamente veraci, si trattasse anche di cose che  ci  dovessero umiliare; accettiamo l' umiliazioni: Iddio
di tutto ciò che facciamo, acciocchè o gli uomini non  ci  scherniscano giustamente, o non ci rimproverino la nostra
o gli uomini non ci scherniscano giustamente, o non  ci  rimproverino la nostra indiscrezione nel pretendere che
che essi credano alla cieca quanto loro diciamo, o  ci  accusino non pure di poca delicatezza, ma ancora di
senza temerle; perocchè le umiliazioni sono quelle che  ci  aprono gli occhi dello spirito, eccitano la fede,
che per voi, e per me indegnissimo peccatore, acciò Iddio  ci  salvi, e ci faccia esecutori fedeli della sua volontà che è
e per me indegnissimo peccatore, acciò Iddio ci salvi, e  ci  faccia esecutori fedeli della sua volontà che è la piena
la sola consuetudine e famigliarità alle cose sensibili  ci  produce l' effetto di avvincolarci ad esse, anche senza che
è pronto, qual bello e verissimo argomento di umiltà non  ci  dev' essere! E quanto non è consolante per noi stessi il
esteriori per ottenere quello che la nostra infermità non  ci  concede di ottenere per puro sforzo di virtù. Conviene però
atti di viva fede, credendo che Dio è onnipotente, e che  ci  può pienamente consolare. [...OMISSIS...] 1.30 Vi ringrazio
e nel cooperare alle occasioni che la divina Provvidenza  ci  manda senza punto cercarle da noi stessi; questo avrete
il sentire la dissoluzione del corpo nostro, e quanto essa  ci  sia sempre imminente! e come possa riuscirci repentina!
nostro niente, e qualunque piccola confidenza in noi stessi  ci  muore in seno, dove sorge un abbandono ed una confidenza
non ve ne verrà cosa alcuna di sinistro; perchè non  ci  poteva esser nulla di dispiacevole, come a me sembra, in
nostra, la presunzione innata e la concupiscenza ereditata  ci  mettono tanto in basso, e ci rendono così vili e spregevoli
e la concupiscenza ereditata ci mettono tanto in basso, e  ci  rendono così vili e spregevoli per noi stessi, che non si
ed è la pura misericordia di Dio quella che gratuitamente  ci  ha infusa la grazia nel Battesimo ed ha vivificato il
morta, e fruttificante sempre morte. Laonde quanto più  ci  abbassiamo, tanto più ci accostiamo alla verità. Intanto v'
sempre morte. Laonde quanto più ci abbassiamo, tanto più  ci  accostiamo alla verità. Intanto v' abbraccio con tutto il
nome. Qual sicurtà possiamo mai avere in tutte le cose che  ci  circondano? Nissuna; e se noi ne poniamo alcuna in esse,
vedremo sottrarre anche tutte l' una dopo l' altra, e non  ci  maraviglieremo, non ci turberemo di soverchio dolore;
tutte l' una dopo l' altra, e non ci maraviglieremo, non  ci  turberemo di soverchio dolore; giacchè vivremo
sparire ogni dì, ringraziando Iddio ogni momento che non  ci  sono ancora sparite; giacchè è più maraviglia che esse
è più maraviglia che esse persistano, che non sia ch' esse  ci  sfuggano, e svaniscano. Ho scritto anche al nostro
semplicità, e senza stiracchiature interessate: poco tempo  ci  vuole, ma in quel poco tempo s' odono le parole della vita.
per me vi conforto a farlo quanto so e posso, e spero che  ci  saranno di consolazione al cuore che si riscalda con quelle
molto coraggio e molta forza nel nostro spirito, forse  ci  dimenticheremmo di dimandare a Lui continuamente aiuto e
riconoscere la nostra estrema debolezza, che pur troppo  ci  fa venir meno anche nelle più piccole cose. Ciò ci servirà
troppo ci fa venir meno anche nelle più piccole cose. Ciò  ci  servirà molto per allontanar da noi la tentazione di essere
Certo non siamo capaci di grandi cose: persuasi di questo  ci  contenteremo di tutto, e ringrazieremo Iddio di non far
di Gesù Cristo: qui siamo un cuore e un' anima sola.  Ci  si è aggiunto da pochi giorni un altro compagno, di cui
fu la Provvidenza sola che ce lo mandò: riceviamo ciò che  ci  dà, rendendo grazie. Preghiamo unanimemente. Ogni sera
e nella frequente comunicazione epistolare, colla quale  ci  manifesteremo a vicenda tutto ciò che la misericordia
nostro Don Giovanni è dello stesso avviso; e parmi che così  ci  uniformiamo meglio alla mente del Santo Padre Pio VIII di
sempre maggiormente che, per sua divina misericordia, non  ci  lasci mettere piede in fallo, ma ci diriga tutti
misericordia, non ci lasci mettere piede in fallo, ma  ci  diriga tutti sicuramente « in viam salutis aeternae ». E`
un Padre amoroso nel nostro Dio! E` egli possibile che non  ci  ascolti? E` possibile che tutto ciò che ci dà non sia
che non ci ascolti? E` possibile che tutto ciò che  ci  dà non sia buono? Oh ripugni pure alla nostra inclinazione,
sacrifichiamo a lui col cuore. Io spero che il Signore  ci  salverà il caro Matteo, lo donerà alle orazioni vostre e di
in primo luogo, per quella carità di Gesù Cristo che  ci  lega insieme, e che, ho grande fiducia nel Signore, non ci
ci lega insieme, e che, ho grande fiducia nel Signore, non  ci  slegherà più mai per tutta l' eternità, che vi avverta che
fatto col Vescovo, senza darmene avviso. No, mio caro, non  ci  lasciamo trascinare mai dall' insofferenza d' aspettare,
costa qualche cosa a farci sapere la sua volontà? o forse  ci  terrà occulto ciò che sarà bene? Ah! no, perchè è ottimo: e
quello sviluppo, di cui parlano le costituzioni. Noi non  ci  dobbiamo pensare; è Iddio quello che, se vorrà, a tempo e
S. Giacomo, e che accennate nella vostra cara, quella che  ci  conviene: « fructus autem iustitiae in pace seminatur ».
di questa piccola società del Calvario, nella quale non  ci  è nessuno a cui io sia degno di allacciare le scarpe. E
che Iddio, come dicea, va benedicendo. In tal modo  ci  stringeremo tutti alla croce, ed avremo in questa il vero
non possiam desiderare. Circa il numero dei soggetti non  ci  pensate punto: voi altri tre siete abbastanza: il tutto sta
il tutto sta a formarsi: non dubitate, Iddio aiuterà e  ci  condurrà con soavità dovunque vuole: abbandoniamoci solo a
nostro Dio, noi abbiamo ottenuto tal cosa, che altro non  ci  resta più a desiderare; noi abbiamo ottenuto il tutto,
A che dunque altro pensare, se non a ciò che Gesù Cristo  ci  ha insegnato in quelle parole: « porro unum est necessarium
saremo sgravati ed alleggeriti del fardello molesto, onde  ci  carica e ci aggrava la secreta nostra presunzione e la
ed alleggeriti del fardello molesto, onde ci carica e  ci  aggrava la secreta nostra presunzione e la scuola sempre
questi esercizi, delle difficoltà e degl' impedimenti che  ci  troveranno: (e il demonio certo ne metterà in mezzo d' ogni
uniti tutti nell' amore di Gesù Cristo! L' amore, che  ci  avremo scambievolmente, sarà il segnale che saremo i suoi
anima sola, giacchè all' altare spezziamo un solo pane che  ci  nutre tutti e ci vivifica d' una stessa vita, e simboleggia
all' altare spezziamo un solo pane che ci nutre tutti e  ci  vivifica d' una stessa vita, e simboleggia la nostra
colpo e lasciando fare a Dio in tutte le cose. Eh se Iddio  ci  desse la grazia di essere suoi servi fedeli, di mantenere
per fare il bene, e che se noi saremo veramente umili e  ci  terremo buoni da nulla, come siamo, ci terremo assai
veramente umili e ci terremo buoni da nulla, come siamo,  ci  terremo assai indietro, e non assumeremo mai le cose di
potente e in un modo inaspettato feconda. Ma perchè prenda  ci  vogliono delle menti forti, e degli animi nobili e nuovi.
fede nella divina misericordia, e di acquistarci ciò che  ci  manca, sodezza, risoluzione, ordine fermo, interiore ed
ristarcene mai, noi siamo sicuri della vittoria, che Iddio  ci  ha destinata. [...OMISSIS...] Oh è pur questa sicurezza
le pene nostre non sono mai perdute, nè pure allorquando  ci  sembra di non potere fare alcun passo innanzi, e di essere
medesimo sembra sordo alle nostre querele, e pare che  ci  abbandoni, anche allorquando ci lascia cadere
nostre querele, e pare che ci abbandoni, anche allorquando  ci  lascia cadere sventuratamente in peccato. Allora è il tempo
facciamo, tanto internamente quanto esternamente, che più  ci  abbassi e valga a procacciarci un disprezzo infinito di noi
di vanità; se cerchiamo l' approvazione degli uomini, e non  ci  contentiamo di quella di Dio; se lodiamo direttamente o
a questi vizi! Discendiamo alla pratica, ed ogni volta che  ci  troviamo colpevoli, consideriamo le cagioni che ci hanno
che ci troviamo colpevoli, consideriamo le cagioni che  ci  hanno condotti in queste miserie, le occasioni nelle quali
di mezzo la nostra cara Madre Maria Santissima che tutto  ci  otterrà dal suo divin Figliuolo. Lo stesso facciamo anche
e perpetua. E facendo così, non dubitiamo punto: il Signore  ci  renderà poverelli di cuore e semplici, scopo dei nostri
cara all' incontro, fin che l' avremo quaggiù in terra,  ci  sarà sempre cagione di affanno, perchè sempre in cimento di
di esserci tolta, e in una sicurezza che in ogni modo  ci  sarà tolta. Viviamo dunque coll' anima nostra nel cielo, in
alla pace ed alla consolazione. Il cielo, il nostro Dio non  ci  sarà tolto giammai; e con questo solo avremo tutto, in
bene non reputassero talora di non riceverli); che non  ci  sono regole fisse che determinino il cibo e le altre cose
Oh sì che non vi è altro, mio caro signor Phillipps, che  ci  possa dar vera e soda e inesausta consolazione, se non il
circa i mezzi di sussistenza in Inghilterra, sa Iddio cosa  ci  vuole; non vi date punto alcuna pena, perocchè poco
non vi date punto alcuna pena, perocchè poco veramente  ci  basta, e se non ci fosse anche nulla affatto, desiderandolo
alcuna pena, perocchè poco veramente ci basta, e se non  ci  fosse anche nulla affatto, desiderandolo il Vescovo, ci
non ci fosse anche nulla affatto, desiderandolo il Vescovo,  ci  verremo nulla ostante: vivendo con quello che abbiamo del
tutte le eresie moderne: e penso che non senza significato  ci  abbia la divina Provvidenza chiamati in Trento, dove fu il
Provvidenza chiamati in Trento, dove fu il Vescovo che  ci  volle; e le cose procedono, per la sola grazia di Dio,
col Magno che convertì l' Inghilterra alla fede, che egli  ci  mandi costà. In quanto a noi, spero che in men di due anni
perfezione, egli è manifesto che, ogniqualvolta il prossimo  ci  domanda d' aiuto, e noi possiamo aiutarlo, ci incombe l'
il prossimo ci domanda d' aiuto, e noi possiamo aiutarlo,  ci  incombe l' obbligazione o almeno il consiglio di farlo. In
punto gli infermi per risanarli, ma gli venivano portati, e  ci  volle molta instanza dalla parte della Cananea per essere
di tutti i cristiani e di tutti i Sacerdoti: e chi  ci  autorizza a restringere la legge di Dio, e limitare il
delle meditazioni tutte al loro scopo, e son certo che  ci  guadagneremo. Quello che vi raccomando in visceribus
una subita occupazione militare. Voi poi dite che non  ci  vedete questo male del sapere e dell' approvare che fa il
allora che la necessità, cioè il dovere morale, esige che  ci  mettiamo con essi a contatto. Se dunque questa approvazione
generosamente, e ne' nostri mancamenti una profonda umiltà  ci  sorregga; non rifiniamo mai di confessare i nostri falli, e
non est abbreviatum ». Per altro se le parole degli uomini  ci  recano qualche perturbazione, entriamo in noi stessi, mio
Questi, o mio caro, sieno i nostri sentimenti: e questi  ci  renderanno imperturbati, o certo forti contro le tentazioni
imperturbati, o certo forti contro le tentazioni che  ci  assalissero. Ricordatevi i proponimenti fatti in Trento, le
andare a prenderli lontani, perchè sono andati lontani. Non  ci  sarà nè chi sappia somministrare, nè chi sappia ricevere i
del trattare, ed altre cagioni. Perciò in questo punto  ci  vorrà una somma vigilanza e provvidenza da parte dei
pensare da sè, scrivere e mandare. Io poi vi manderò, se  ci  sarà bisogno, un Regolamento definitivo per vostra buona
disposizione. Qui siamo tutti dello stesso cuore, e  ci  siamo offerti al Vescovo, prima d' ora. Anzi questo
della sua santa Madre. Non siamo troppo solleciti, e non  ci  chiameremo pentiti di questa nostra confidenza e di questo
ogni dì più questa Provvidenza: seguiamola, ed essa  ci  scorgerà soavemente per la via della nostra eterna salute e
che se n' andrà. Intanto questi son tutti sperimenti che  ci  fa prendere il Signore di noi stessi, acciocchè veggiamo
e quasi oppresso, abbassa l' altezza del nostro pensiero, e  ci  costringe quasi involontariamente a riconoscere ciò che
tanta nostra miseria vien reso dalla grazia il veicolo che  ci  conduce alla cognizione di Dio. Poichè non trovando in noi
della sua provvidenza in sul genere umano, che per essa  ci  ha lasciato le infermità e la morte, che fa di essa le
non fosse ciò abbastanza a renderci dolce ogni patire,  ci  aggiunge ancora che ce ne trarrà fuori, e ci glorificherà.
ogni patire, ci aggiunge ancora che ce ne trarrà fuori, e  ci  glorificherà. E di che gloria! « Non sono condegne - dice
che sarà per noi mai questo mondo corruttibile, sopra cui  ci  siamo immensamente innalzati? Allora sentiremo tutta la
quello che l' Apostolo chiama peregrinare dal Signore , e  ci  nascerà in cuore quella parola non intesa, se se non da chi
dissolvi et esse cum Christo ». E se pur viveremo, ciò non  ci  sarà tollerabile per altro, se non per fare la volontà di
Istituto nel quale Dio solamente per sua misericordia  ci  ha insieme congregati e congiunti. Se non colla corporale
per il bene spirituale e l' ordine di tutta la Casa,  ci  mostrerà veri seguaci del nostro Maestro che ha detto: «
Superiore è la volontà di Gesù Cristo: e però quello che  ci  comanda il Superiore eseguiamolo; quello che desidera il
non abbiamo altre ripugnanze, che di quelle cose che  ci  sono da' Superiori vietate, nè altre propensioni, che di
vietate, nè altre propensioni, che di quelle cose che  ci  sono da' Superiori comandate. Vinciamo noi stessi: dobbiamo
noi stessi: dobbiamo essere vittima con Cristo, e ciò che  ci  immola, come Isacco, dee essere il ferro dell' ubbidienza.
strettamente privati; mossi poi da' prelati principalmente,  ci  prestiamo a quelle prime opere, qualunque sieno, che ci
ci prestiamo a quelle prime opere, qualunque sieno, che  ci  vengono dimandate. Che « se si volesse dare al Gentili co'
su questi o su que' mezzi, pei quali la divina bontà  ci  voglia condurre al fine. Ciò che è degno di altamente
non conosciamo nè pure quali sieno i mezzi particolari che  ci  facciano ottenere il nostro fine. Siamo ignoranti, e perciò
fine. Siamo ignoranti, e perciò conviene rimetterci a chi  ci  vede, che è Dio, ricevendo tutto dalle mani di Dio con
amore della verità , noi la cercheremo da per tutto, e  ci  chiameremo sempre felici quando potremo averla acquistata.
il Signore per tanti bisogni che abbiamo. Se egli non  ci  assiste, che possiamo noi fare? Vi raccomando l' anima di
proprio interesse. In vero nè Gesù Cristo, nè gli Apostoli  ci  hanno mai insegnato a non poter sopportare sotto gli occhi
il loro aspetto da noi: Gesù Cristo e gli Apostoli non  ci  hanno mai insegnato ad essere tanto insofferenti che ci
non ci hanno mai insegnato ad essere tanto insofferenti che  ci  riesca di una noia insopportabile il sentirci a domandare
grande di cuore; perchè tutto ciò che vuole l' ubbidienza  ci  dee rallegrare sempre, qualunque cosa ella voglia, e senza
ella voglia, e senza pensare altro. Se l' ubbidienza non  ci  rallegra, ma ci rattrista, ma ci fa dare indietro, ma ci fa
e senza pensare altro. Se l' ubbidienza non ci rallegra, ma  ci  rattrista, ma ci fa dare indietro, ma ci fa pensare all'
Se l' ubbidienza non ci rallegra, ma ci rattrista, ma  ci  fa dare indietro, ma ci fa pensare all' una cosa e all'
ci rallegra, ma ci rattrista, ma ci fa dare indietro, ma  ci  fa pensare all' una cosa e all' altra, e c' induce a
ciò perchè nulla sarebbe il portare la croce, se prima non  ci  fosse l' annegazione di se stesso. Non ogni croce è la
non è quella che diamo noi a noi stessi; ma quella che  ci  è data dall' ubbidienza, con negazione della nostra volontà
la grazia e la virtù viene a gradi: a quelli che ancor  ci  mancano, suppliamo coll' umiltà e col riconoscere
per venire a Rovereto, dove vi fermerete in casa mia, ed io  ci  verrò pure tosto; mi direte tutti i vostri impegni,
coraggio nel Signore, che è con chi spera in Lui. Egli  ci  aiuterà indubitatamente. Vorrei fra le altre cose, che in
conseguenze: dobbiamo tornarci sopra, e il tempo che  ci  impiegheremo non riuscirà certamente perduto. Si dà dunque
volgari; la negheremo affatto; e poscia che il reale  ci  cade almeno sotto i sensi, diremo che tutto è reale , e che
è reale , e che tutto ciò che non è reale, è un nulla, e  ci  daremo così il vanto d' appartenere alla scuola de'
e dell' ideale; e dopo aver fatte tutte le prove, qualora  ci  riuscissero indarno, confesseremo bensì ingenuamente la
monumento di Rezzonico, o quel di Cristina? »I due artisti  ci  dicono in pieno accordo, che essi dipinsero e scolpirono i
quella vece delle mani, lasciando loro la sola mente: essi  ci  diverranno de' meri contemplativi, godranno da se soli la
non sia preso per vestigio d' intelligenza e quindi  ci  richiami a una causa intelligente, il che è quanto dire, a
non iscambiamole: il senso comune degli uomini  ci  dice bensì, che l' ideale e il reale sono distinti, che
e il reale sono distinti, che sono due modi diversi, ma non  ci  dice mica, che possano trovarsi assolutamente separati.
Si sarebbero trovati i battelli o i vagoni a vapore, se non  ci  fosse stato prima qualche uomo che avesse concepite queste
i raggi quasi altrettante freccie che le colpissero. Nè  ci  vuol molto a chi si contenta d' osservare la cosa come è,
nè alcun altro ente reale qualsiasi. Ma troppe altre cose  ci  restano a dire in conferma di questa verità; molti sono
locuzione, è forse esatta? Noi troveremo che no. Quando  ci  pare di modificare un' idea e di trasformarla in un' altra,
il ringiovanisce; perchè, qualunque sia il tempo a cui noi  ci  trasportiamo, vediamo che l' essere ideale si sta lì uguale
perdere la ragione e a fargli disconoscere la verità. Noi  ci  siamo resi assai volentieri a questa ricerca i discepoli
Noi abbiam detto di volere starci col senso comune, che  ci  par l' arca di sicurezza, e credemmo che ai nostri Filosofi
umano per tutta confutazione. Assicurata così la verità non  ci  arretrammo però dall' instituire un' indagine più profonda,
con che rapporto si congiungano »; e nel tempo medesimo che  ci  proponemmo di condurre la nostra investigazione con quel
con quel coraggio che dee essere qualità dei Filosofi,  ci  facemmo altresì un dovere di escludere da noi quella
al vero, e molto più di quella porzione di vero che  ci  frutteranno, se pure a qualche risultamento riuscissero. Nè
lavorato indarno: se la natura dell' ideale e del reale non  ci  si svelò intieramente, abbiamo però scoperti e fermati
caratteri che distinguono l' uno dall' altro, e che  ci  persuasero l' ideale non solo esser distintissimo dal
E quelle case, que' monti, que' libri, i quali  ci  sono ancora del tutto ignoti, non sussiston forse senza la
una tra tutte, non la principale, ma la prima che  ci  si offre. Gli artisti dicono essere conveniente a persona
idee sono nostre, non sono del reale esterno. Ma questo non  ci  autorizza ancora a dire che la produciamo noi stessi con un
oggetti corporei, anzi assai meno. L' osservazione interna  ci  dice, che l' idee s' intuiscono bensì, si contemplano, ma
della mente in essa. Questo risultato dell' osservazione  ci  è confermato ampiamente dal ragionamento, il quale ci
ci è confermato ampiamente dal ragionamento, il quale  ci  mostra nelle idee tali caratteri, che eccedono ogni finita
giunti a conoscer la natura dell' essere ideale, onde non  ci  possiamo pentire della perseveranza nelle nostre indagini.
per non perdere il frutto, che non forse l' immaginazione  ci  intorbidi il vero che abbiamo scoperto; giacchè noi esseri
il quale così contraffatto non sarebbe più desso,  ci  sarebbe già sfuggito di mano. Su questa avvertenza dovremo
tutto ciò che noi possiam conoscere dell' essere reale  ci  viene mediante l' idea, non ci resta che d' incominciare a
conoscere dell' essere reale ci viene mediante l' idea, non  ci  resta che d' incominciare a vedere come si forma la
dello spirito; a conoscere il secondo cioè l' essere reale,  ci  vorranno necessariamente due atti, l' uno dei quali termini
dell' ideale, poichè se fosse simile, già il reale stesso  ci  si presenterebbe come l' ente ideale. Se dunque l'
sentimento nè nelle nostre idee, è impossibile che noi  ci  formiamo alcuna cognizione. Questa è una verità d'
un' attività, noi sentiamo un' opposizione, una forza che  ci  modifica, la quale non è noi . Ecco una terza cosa che cade
chiamare in ajuto l' idea. Ma in qual modo l' idea  ci  presterà questo servigio? Ciò che noi contempliamo nell'
oppure sono elle identiche nella realtà e nell' idea? Che  ci  dice intorno a ciò, miei signori, il senso comune?
potrà dire con proprietà ch' ei si conosca? Sì, purchè però  ci  intendiamo, purchè si spieghi di che cognizione si parli.
ed è l' unica che si possa aver del reale. Poichè noi  ci  chiamiamo paghi del nostro sapere quando conosciamo le cose
congiunta indivisibilmente alla cognizione dell' ideale, e  ci  vuole gran fatica di mente per estrarnela e separarla. Nè
intanto noi raccogliamo dal nostro ragionamento quello che  ci  eravamo proposto, cioè che il solo essere ideale è
merita di essere esaminata diligentemente, e noi  ci  proponiamo di farlo nella seguente lezione. Noi abbiamo
tentato altresì di penetrarne e determinarne la natura, e  ci  riuscì di conoscere, che la natura dell' ideale consiste
nuovo atto del medesimo essere. Ma dopo di tutto ciò noi  ci  facemmo un' obbiezione; dicemmo che ciò suppone data
che dobbiamo ora affrontare. Già vi ricorda che noi  ci  movemmo la questione, se le idee si formino dallo spirito
così dinnanzi schierate, gran fatto sarebbe ch' egli non  ci  potesse dar qualche occhiata, almeno per caso, senza
addentro sulla natura delle idee; solo il concepirle meglio  ci  può dare speranza di sciogliere sì difficile questione. Poi
come è determinato e limitato il reale: è vero che non  ci  bisogna l' idea speciale a cui il reale risponde; posciachè
s' abbia l' idea. Ciò posto, vedesi che l' obbiezione che  ci  facevamo non ha alcuna forza contro i nostri ragionamenti.
Così le nostre ricerche hanno già fatto un passo di più;  ci  hanno condotti più avanti nella cognizione dell' ente
determinata e l' idea indeterminata; chè, senza di ciò,  ci  rimarrebbe ancora molto di oscuro nella natura dell' essere
detto, che datoci un reale per via di sentimento, noi  ci  applichiamo l' esistenza quale la conosciamo nell' idea
effettivi, non ne troviamo pure il valore limitato, perchè  ci  ha troppo più; ma noi possiamo nondimeno pigliarne una
e al tutto universale. Laonde se affermare un reale che  ci  cade nel sentimento non è altro che prendere dall' essenza
esistenza ideale senza limiti quella porzione limitata che  ci  bisogna, la quale così diventa idea speciale o concetto; 3)
e vi so dire che ce ne sono delle altre, che gli uomini non  ci  hanno veduto ancora; perocchè la fecondità di un principio
dir questo implicitamente? Vuol dire che le conseguenze  ci  sono, ma che la mente ancora non ce le vede; esprime una
Ma una questione ne trae un' altra. Qui da se stessa  ci  si presenta la domanda: se coll' affermazione noi ci
stessa ci si presenta la domanda: se coll' affermazione noi  ci  procacciamo la conoscenza del reale, ond' è poi che anche
è poi che anche passata l' affermazione questa conoscenza  ci  rimane? Se rimane dopo l' affermazione, dunque tale
noi stessi, tanto più avremo profittato, massime se  ci  riuscirà poscia di cavarci felicemente dallo stesso
cade nel nostro sentimento. Ma quando il reale non  ci  è più presente, non è più nel nostro sentimento, come ci
ci è più presente, non è più nel nostro sentimento, come  ci  possiamo noi pensare ancora? Il fatto è certamente
molto: è chiaro, vi dice, noi ne conserviamo la memoria, e  ci  pensiamo mediante questa facoltà del ricordarci.
possa spiegare appunto la memoria de' reali quando essi non  ci  sono oggimai più presenti - . Il filosofo superficiale ci
ci sono oggimai più presenti - . Il filosofo superficiale  ci  replica: E che? Non sapete voi, che sebbene il reale non
o per gli uni e l' altre. In quanto alle idee, sia pure che  ci  rimangano; ma le idee, le sole idee, noi l' abbiamo veduto,
s' intuisce nell' idea sia reale, di maniera che altro non  ci  abbia che la sola realtà, hanno torto marcio e il senso
non ne dubitano: ma in che modo? - E non vedete, essi  ci  dicono, che le immagini delle cose vedute sono quelle che
fatto, ed ora ce lo negate invece di spiegarcelo; poichè  ci  dite, che non è vero che noi pensiamo o parliamo de' reali,
io volevo prima di tutto, che fosse deciso il fatto, se  ci  pensate o no: dopochè saremo d' accordo sul fatto vedremo
che finalmente io penso e parlo di Firenze reale, ma io  ci  penso e ne parlo per via d' immagini a quella stessa
- Io non dico che sia inesplicabile, ma dico che  ci  ha delle difficoltà, ed eccovene una. Se per mezzo delle
de' colori, egli è vero, cogli occhi nostri; ma non  ci  potrebbe mai venire in capo, che quei colori siano un'
supponendo che la Firenze reale, che è il rappresentato,  ci  sia prima cognito, che quindi noi riscontriamo la
della Firenze reale. Acciocchè dunque le immagini  ci  possano prestare il servigio di far sì che il nostro
rappresentative . Onde non sono le immagini quelle che  ci  fanno pensare alla Firenze reale, ma è il pensiero della
Firenze reale, che produce e informa le immagini vive, che  ci  fa prendere per immagini o rappresentazioni di Firenze
è il sofisma della forma: idem per idem . Come dunque  ci  trarremo noi dall' imbarazzo? V' ho da dire, o signori, che
del nostro sentimento, e tuttavia il sentirlo modificato,  ci  fa distinguere un diverso da noi, che è appunto la realità
il nostro spirito intelligente afferma la forza reale che  ci  modifica. Convien dunque che restringiamo tutta la nostra
atto? A quella realità che era prima nell' idea; ma che non  ci  era affermata, ci era solo possibile. Dove sta dunque la
che era prima nell' idea; ma che non ci era affermata,  ci  era solo possibile. Dove sta dunque la difficoltà? La
esser questo un fatto primitivo ed evidente, che nell' idea  ci  ha tutto ciò che la cosa reale contiene, solamente che l'
è qui che s' apre la porta onde uscire dal labirinto, dove  ci  eravamo volontariamente perduti. Perocchè quelle stesse
egli afferma. Ma quando questo sì fu già pronunciato, non  ci  ha più bisogno della presenza del reale a provocarlo. Basta
influendo su di lei, non viene a mutarglielo. Perocchè come  ci  bisogna una causa a produrlo, così ci bisogna una causa a
Perocchè come ci bisogna una causa a produrlo, così  ci  bisogna una causa a distruggerlo; nulla mai avvenendo di
Non entrano esse per nulla a costituire la cognizione che  ci  rimane dei reali, dopo rimossi questi dai nostri sensi? -
In qual parte dunque la cognizione dei reali che  ci  rimane dopo la percezione, dipende dalla prima
del tutto. Ne viene forse necessariamente da ciò che non  ci  rimanga più alcuna cognizione del reale percepito? No,
questa conseguenza non è necessaria. Potrebbe essere che  ci  rimanesse la persuasione fermissima d' aver veduto e
un dato tempo, e in un dato luogo una certa cosa di cui non  ci  rimane più immagine alcuna, e che non sappiamo nè pur
il luogo. Può essere ancora, che della cosa allor percepita  ci  rimanga qualche cognizione puramente intellettuale, ma
nè la sua statura, nè il suo vestito. Qui non solo  ci  resta la persuasione dell' esistenza d' un ente; ma di più
come possiamo averne piena cognizione, quand' egli  ci  si presenta come fenomeni distaccati nuotanti nell'
distaccati nuotanti nell' infinito mare dell' essere, e che  ci  scappan di mano quando vogliamo prenderli, come le bolle di
questo fatto: « se tra le specie delle cognizioni umane  ci  ha quella che noi chiamiamo positiva; e se questa specie si
chiama cognizione percettiva . Questa cognizione percettiva  ci  fa conoscere un ente particolare cioè noi stessi, in quanto
poi difficile a riconoscerlo per quell' umile elemento che  ci  era stato dato prima nella semplice percezione. Ma il
via dalla percezione l' atto dell' affermare. Ciò che  ci  rimarrà sarà tutto oggettivo, tutto cognizione, ed ecco la
questi i soli nostri avversarj. Ve n' hanno di quelli che  ci  rimbrottano dell' eccesso contrario: secondo essi il
o giallo, o un altro colore qualsiasi. Quelli dunque che  ci  dicono, che noi non conosciamo il sentimento, perchè non
perchè non possiamo rispondere alle domande che essi  ci  fanno intorno alla natura del medesimo, non provano con
negare l' essenza è un atto che si concepisce, di cui  ci  formiamo un' idea, che esprimiamo in parole: ha dunque un'
perchè nell' astratto è tolto via o parte o tutto ciò, che  ci  dà il sentimento. Quegli astratti che sono mere relazioni,
necessaria della cognizione umana? Questo è quello che  ci  proponiamo di ricercare nella seguente lezione. Il
certo metterli tutti egualmente in un fascio; ma non  ci  pare poter essere accusati con ragione di temerità, se
temerità, se aprendo i loro libri leggeremo ciò che dentro  ci  sta scritto. Ebbene, noi troviamo un gran numero d'
cognizioni positive sono limitate. Conviene dunque ora, che  ci  spieghiamo maggiormente su questa limitazione della
sua attività. Ma, miei signori, rovesciamo la medaglia. Non  ci  sarà egli ugualmente facile il considerare il sapere dell'
scibile umano presenta due faccie, come vi dicevo; da una  ci  si mostra infinito, dall' altra ci apparisce assai finito.
come vi dicevo; da una ci si mostra infinito, dall' altra  ci  apparisce assai finito. Dove dunque sta il vero? A quale ci
ci apparisce assai finito. Dove dunque sta il vero? A quale  ci  atterremo noi di queste due proposizioni: « il sapere dell'
Sì, noi non ricusiamo mai di accettare tutto ciò che  ci  dice il senso comune, e questa volta pare che egli ci dica
che ci dice il senso comune, e questa volta pare che egli  ci  dica due proposizioni contradittorie. Ma non manchiamogli
senso comune degli uomini. Ed egli è qui, miei signori, che  ci  tornerà facile a spiegare come v' abbiano dei filosofi i
anche della cognizione positiva, tuttavia, dicevo, ciò che  ci  ha di positivo nella cognizione nostra naturale presente è
cognizione nostra naturale presente è relativo e questo  ci  basta. E come e perchè, mi domanderete? Perchè anche l'
umana perfezione. Ma qui si sollevano delle turbe. E come?  Ci  dicono molte voci: voi sostenete, che ciò che sa l' uomo di
sarebbe falsa, se non fosse soggettiva; poichè ella  ci  farebbe conoscere le cose non come sono, ma come non sono.
tanto l' assoluta quanto la relativa, tanto quella che  ci  fa conoscere l' essere quanto quella che ci fa conoscere il
quella che ci fa conoscere l' essere quanto quella che  ci  fa conoscere il sentimento (giacchè l' essere noi lo
assoluta . E che ella sia vera, il provammo perchè ella  ci  dice le cose tali quali sono; ci presenta cioè le cose
il provammo perchè ella ci dice le cose tali quali sono;  ci  presenta cioè le cose soggettive come soggettive, e quando
errore, ed oltre esser vera quella cognizione nostra, ella  ci  è anche utile e necessaria, e preziosissimo dono della
necessaria, e preziosissimo dono della natura, poichè ella  ci  è sufficientissima regola ad evitare il male e ad operare
ottenere il nostro fine essendo pure tutte cose soggettive,  ci  ha mestieri di norme soggettive per regolarle e
che abbiam detto, altrettanto è importante, signori, perchè  ci  scorge a trovare una bellissima verità. Infatti che cosa
quando si vedono in lui. Ma lo svolgere questo concetto  ci  condurrebbe troppo a lungo, e le cose dette innanzi intorno
nostro bisogno chiariscono la cosa abbastanza per chi  ci  medita. Veniamo dunque all' altra maniera di cognizione,
che rivendicammo fra l' ideale ed il reale; i quali  ci  dimostrano com' ella, maneggiata secondo una buona
com' ella, maneggiata secondo una buona dialettica,  ci  diviene in mano un' arma potentissima, con cui combattere
della natura ogni cosa appaja mescolata col tutto; niente  ci  abbia al loro vedere di distinto, e la Filosofia così
dimostriamo tosto quanto l' analisi delle cognizioni umane  ci  spiani dinnanzi una via regia da condurci a vedere la
menomamente da questa evidentissima conseguenza, anzi  ci  confessano che l' oggetto della intuizione primitiva del
non senza morder noi d' empietà come quelli che  ci  dipartiamo dal celebre principio del greco poeta: « a Iove
ed è per ciò che oso dire, che il sistema che  ci  si contrapone da Vincenzo Gioberti come religiosissimo,
la realtà delle cose? Dal sentimento, dal sentimento che  ci  costituisce, e poi dall' azione delle cose stesse reali su
Ma come l' essere possibile, essendo meramente possibile,  ci  fa egli conoscere le sussistenze? Noi l' abbiamo veduto,
abbiamo già spiegato precedentemente: non è che egli solo  ci  faccia conoscere le sussistenze, il che sarebbe assurdo; ma
conoscere le sussistenze, il che sarebbe assurdo; ma egli  ci  mette in grado di conoscerle all' occasione dei sentimenti;
l' ultima espressione del suo sistema, il signor Gioberti  ci  dice, che « Iddio è l' oggetto universale del sapere , » e
alla pagina VI e VII della citata « Avvertenza », che  ci  dicono tutto questo, e ce lo dicono come un riassunto del
da tanta vergogna, o almeno da tanto abbaglio, se mai  ci  riesce possibile; se non che non rimanendoci oggi mai più
disamina, piglieremo a nostro pro un avvertimento che  ci  dà lo stesso Gioberti, ed è [...OMISSIS...] Non applichiamo
certamente coprire anche cenci o piaghe profonde. Onde non  ci  vorremo noi lasciare illudere al suono delle parole, ma col
che ignora e disconosce il signor Gioberti; e però egli  ci  dà un giusto sospetto, o per dir meglio, ci spiega per qual
e però egli ci dà un giusto sospetto, o per dir meglio,  ci  spiega per qual via egli pervenne al suo errore, ignorando
egli uno dei sistemi di panteismo, pretendendo che non  ci  sia che l' altro dei due grandi sistemi da noi indicati,
egli si sbraccia a difendersi, ed è questa apologia che noi  ci  siamo proposti di esaminare nella lezione presente con
parola sua, assai mingherlini. In secondo luogo egli stesso  ci  avverte di non lasciarci illudere, come avete udito, «
al mondo, e molto meno un filosofo; ma il signor Gioberti  ci  fa sapere che questo povero goffo è il Rosmini. Peccato che
si conosce per un intuito speciale e diretto, il quale  ci  rivela non la sola corteccia, ma la sostanza delle cose.
come si conosca la realità individuale. Che cosa dunque  ci  rivela l' intuito? nient' altro ci può rivelare se non il
Che cosa dunque ci rivela l' intuito? nient' altro  ci  può rivelare se non il suo oggetto. Ma da una parte si dice
oggetto è Dio, dall' altra si dice, che quest' oggetto che  ci  si rivela è « « non solo la corteccia, ma ben anco la
Il qual risultato noi l' abbiamo colto in sulla via, perchè  ci  veniva tra' piedi, senza che fosse propriamente l' intento
qui senza paura di contradirsi viene con noi, e  ci  divide in due parti l' oggetto del conoscere, cioè nella
che essi talora adoperano, e dalle quali il Gioberti già  ci  mise in gran guardia. In fatti abbiamo veduto che l'
poi distinguendoli toglie loro l' identità, e così  ci  mette una semplice distinzione di ragione. Di che conchiude
noi dobbiamo per doppia ragione. La prima, perchè, se mai  ci  riesce di averne il lietissimo risultato, che il
discolpa. [...OMISSIS...] . Qui subitamente già troppe cose  ci  si presentano, troppe cose ci si rivelano. La prima si è,
subitamente già troppe cose ci si presentano, troppe cose  ci  si rivelano. La prima si è, che l' idealità si dichiara
separato dal reale, non è più il nulla, come tante volte  ci  ripete il Gioberti per provare che ripugni intrinsecamente
poi un assurdo panteistico, o d' altro genere. E pure non  ci  dee fare meraviglia, o signori, se il Gioberti ponga nell'
eterno come pensato da Dio » ». Anche di questo intrico  ci  sembra oltre modo malagevole uscire senza ricorrere ad un
insieme la natura divina e l' umana. Se il signor Gioberti  ci  riesce, lui fortunato! Intanto però egli ci protesta che «
signor Gioberti ci riesce, lui fortunato! Intanto però egli  ci  protesta che « « il subbiettivo dell' idea non si può
andarsene pura dal veleno panteistico. Ora il Gioberti  ci  accorda espressamente che Iddio non è identico alle sue
questo non basta, miei signori; converrebbe che egli qui  ci  dicesse di più che la natura di Dio e la natura delle
sono dunque due nature realmente diverse: converrebbe che  ci  dicesse ancora che queste due nature non hanno niente,
che due pensieri, e non un solo pensiero, sia quello che  ci  fa conoscere cose così al tutto diverse: giacchè due sono
scusare i suoi gravissimi errori. E di vero, se così  ci  replicasse il Gioberti, noi gli diremmo, che consultando i
dire di conoscere il corpo nella sua possibilità? Non  ci  ha dubbio che l' idea di corpo c' è in Dio in qualche modo:
e questa idea fa loro conoscere la possibilità di esse.  Ci  vedono ancora le cose come nella loro causa creante, e
arde tutta la propria. Al che dimostrare maggiormente non  ci  vien meno, o signori, sempre nuova messe ogni qual volta
anche prescindendo dalla questione del panteismo, esse  ci  accordano più cose che prima ci sembrava negare. Esse ci
del panteismo, esse ci accordano più cose che prima  ci  sembrava negare. Esse ci accordano prima di tutto il fatto
ci accordano più cose che prima ci sembrava negare. Esse  ci  accordano prima di tutto il fatto capitale da cui movono i
cercare se, qualunque sia la origine di quel concetto, egli  ci  stia dinanzi alla mente, e però sia qualche cosa, ovvero
congenito alla umana natura perchè egli è nulla, e poi  ci  fa sapere che l' uomo sel forma per astrazione, allora si
abbiam tolta via la pietra? Così appunto il Gioberti: egli  ci  consente che coll' astrazione si possa levare la realità
ente possibile, astratto, comunissimo. Ma dopo tutto ciò,  ci  soggiunge tuttavia: [...OMISSIS...] . Non è questo un
lasciamoli pure da parte (1), e concludiamo che il Gioberti  ci  concede che l' ente comunissimo, ideale e possibile, possa
Prendiamo dunque a conto queste concessioni che egli  ci  fa, e che sono pure il tutto nella disputa che egli move
Ma egli tuttavia ce ne fa un' altra non meno importante:  ci  concede ancora che noi diciamo bene quando affermiamo che
infinito e il finito . Ascoltate attentamente, perchè già  ci  avviciniamo di nuovo alla questione del panteismo, che è il
che è il principale argomento, di cui al presente  ci  dobbiamo occupare. Non è già che con quelle parole il
tra l' idea di Dio e l' idea dell' essere comunissimo non  ci  può correre quella infinita distanza che pretende il signor
. Ma ad ogni modo resta sempre fermo, che il Gioberti  ci  accorda, che l' ente ideale non è Dio, e questa è quella
suo sistema da così brutta colpa? Questo è quello che noi  ci  proponiamo d' investigare, miei signori, in altra lezione.
ammetta questo dogma cristiano della creazione, e che non  ci  illuda con pompose parole; che lo ammetta nella sua
avvertenza ce la insinua egli stesso, poichè egli stesso  ci  ammonisce [...OMISSIS...] . E veramente se gli stoici
cattolico, come l' ammettiamo noi. E` questa la ricerca che  ci  rimane a fare: a noi riman di vedere qual sia il concetto
riman di vedere qual sia il concetto che il signor Gioberti  ci  dà della creazione, come ce la spieghi; giacchè egli
Nella lettera XI di quelle che dirige al professor Tarditi,  ci  narra la storia dei suoi pensieri, parlando di se stesso in
sì illuminati, al men rispetto ai due primi. Laonde noi  ci  atterremo, miei signori, all' interpretazione che dà il
Filosofo faccia nascere le cose create, perocchè questo  ci  fa conoscere qual sia il concetto che egli si è formato
certe proprietà dell' Ente divise dalle altre. Perciò egli  ci  dice che « « l' atto creativo immanente non è cosa
è sostanzialmente distinto dall' ente »(2) »: questa frase  ci  fa concepire un raggio di speranza, che il Gioberti
altrettanto s' allontani il pericolo che le sue frasi  ci  illudano. L' oggetto dell' intuito giobertiano è l' ente,
delle scienze è quella che consiste nel concreto, egli  ci  soggiunge che il concreto della Filosofia [...OMISSIS...] .
rimedio che apporta a tant' errore il nostro Gioberti. Egli  ci  fa osservare che il centro non istà senza il circolo, nè il
a quello dell' unica sostanza di Spinosa, e ditemi che  ci  trovate di diverso, se non forse una nuova fraseologia, una
cosa alcuna, se quella frase sia veritiera, o per avventura  ci  mentisca come tutte le altre. Per venirne a capo, noi
La differenza che si pone tra l' idea e la cosa,  ci  sarà pure tra il valore delle parole idealmente e realmente
altri non sono che logicamente derivati . E bene, questo  ci  appiana la strada ad intendere come il nostro Autore
la quale è Dio. Ora se questa ragione necessaria che  ci  fa conoscere la realtà finita e contingente fosse cosa
signori, e poi finisco, che è ben tempo. Il signor Gioberti  ci  fa sapere che non v' ha un solo panteista che non si
che non si può dimostrare per via di raziocinio (3),  ci  assicura sulla sua parola d' onore ch' egli la vede proprio
miei signori, dalla definizione che il nostro Filosofo  ci  dà poco appresso del possibile, definendolo:
si contenga nell' oggetto dell' intuito. Il signor Gioberti  ci  insegna che l' uomo nello stato di intuito [...OMISSIS...]
nell' intuito, è Dio stesso. Ma nello stesso tempo egli  ci  dice, che l' oggetto dell' intuito è quello che egli chiama
intorno alla creazione quello appunto che adesso  ci  ripete come una novità, come un sistema da lui trovato,
ce ne assicura. Con queste spiegazioni che egli medesimo  ci  somministra de' suoi pensieri, e della maniera con cui
la mente dell' uomo sorgente del generale, come egli  ci  imputa colla sua solita infedeltà; diciamo anzi che la
Quindi la ragione è palese del perchè egli cotanto  ci  replichi, che le cose contingenti non si posson percepire
o assai meglio Iddio è un' attuazione del corpo, e però  ci  vede anco l' affermazione di Dio stesso. Udite:
individuarsi del quale è l' atto creativo. Lo stesso egli  ci  ripete in altro luogo: udite attentamente: [...OMISSIS...]
corpo è », il verbo è « esprime una forza viva », perchè  ci  mostra [...OMISSIS...] . Di più, fin qui voi eravate in un
il signor Gioberti da tutti gli altri panteisti, non  ci  resta che denominarlo il panteista intuitivo. Dovrei
questi beni siano in mano delle persone peggiori che  ci  vivono. Sappiam tutti che bella cosa sarebbe, o parer
dell' animo e il carattere sacerdotale del suo autore  ci  danno ampio diritto di pretendere da lui, ch' egli sappia
sovrumana verità. [...OMISSIS...] L' amore della verità  ci  induce a rispondere col presente articolo alle difficultà
sarebbe contro il buon senso il sostenere che nelle idee  ci  fosse la realtà della cosa, per es. che nell' idea dell'
la realtà della cosa, per es. che nell' idea dell' albero  ci  fosse l' albero stesso reale; giacchè in tal caso un' idea
di essere stato accusato presso di me. Mio caro, qui non  ci  ha accusa di sorta. Fra di noi non vi possono essere
sincerità, tranquillità e buon fine. Egli è Dio stesso che  ci  difende quando siamo innocenti, e a lui dobbiamo
proprio. Questo imbroglione si veste talora da umiltà. Egli  ci  fa parere i nostri difetti maggiori che non sono, e anche
non sono, e anche nelle accuse che si fanno ai Superiori  ci  suggerisce di esagerare. Esaminatevi anche su questo punto:
una singolare contraddizione; secondo la prima non  ci  sarebbe difetti in voi, secondo l' altra ve ne sarebbero
ed adempire. Ma quando la dolcissima volontà del nostro Dio  ci  impone qualche sacrificio grave alla natura, oh allora mi
avete detto le mille volte, come la nostra santa religione  ci  converta in letizie i più inamabili avvenimenti. Ma
celeste amore; e il magistero delle tribolazioni, con cui  ci  forma, non è meno ammirabile di quello, con cui ha creato
cui si è innamorato . A conseguire tutto ciò una cosa sola  ci  abbisogna, ed è: che dinanzi al suo intelletto sia posta
per Cristo rifulge mirabilmente da sè in noi. Tuttavia  ci  sono dati dal Maestro7Dio i mezzi della grazia, e
I motivi secondari sono: 1 La voce della buona natura, che  ci  chiama a seguire la virtù; per esempio, la compassione, l'
l' amor de' nostri simili, ecc.. 2 L' utilità che  ci  viene dalla pratica della virtù; per esempio, dalla
con fortezza quelle prove, tuttochè dure, alle quali  ci  pone la divina Provvidenza? Avremo la viltà di disertare
a voi stesso le decisioni della Sede Apostolica, cioè  ci  aggiungete quello che essa non dice, e così rendete a voi
egli possibile che ritirandoci dall' ordine spirituale, noi  ci  restringiamo nell' ordine puramente temporale? Questa
imperfezione, credere alla potenza della grazia di Dio, che  ci  perfeziona: « Credidimus charitati », dice san Giovanni, «
in nobis (1, Io. III) ». Vero è che la grazia stessa che  ci  comunica Gesù Cristo, ha i suoi gradi; ma ogni grado, per
nomine meo, dabit vobis - confidite: ego vici mundum! » Che  ci  resta dunque a fare? Metter solo il collo sotto il soave
formano la santità. E ogniqualvolta una turbazione di animo  ci  pone in uno stato di perplessità e di dubbiezza,
e per questo siamo nell' Istituto. Il secondo segno che  ci  fa conoscere quest' ottimo e desiderabilissimo volere di
arbitrario. Fare tutto il bene, che la divina Provvidenza  ci  presenta nelle occasioni esterne da noi non cercate, farlo
è subordinato al primo, cioè a dire se la legge di Dio  ci  obbliga ad una cosa, a quella dobbiamo attenerci; ma se non
obbliga ad una cosa, a quella dobbiamo attenerci; ma se non  ci  obbliga, dobbiamo attenerci all' ubbidienza. Se poi neppur
nostro, e nel dobbiamo ringraziare; peraltro ciò non  ci  dee distorre dalla confessione, la quale è un atto di
amore verso il bene infinito che dobbiamo amare, perciò  ci  è uopo d' altro lato riflettere che questo amore
soprannaturale è esso stesso un dono di Dio, dono che egli  ci  fa in certa misura; e però si contenta che l' amiamo con
di più. Perciò Gesù Cristo, comandandoci l' amor di Dio non  ci  ordinò di amarlo infinitamente , com' ei si merita; ma ci
ci ordinò di amarlo infinitamente , com' ei si merita; ma  ci  ordinò di amarlo con tutto il cuore ecc., che è quanto dire
in noi. E quanto al precetto dell' amor del prossimo, che  ci  comanda di amare gli altri come noi stessi, non parla di
istintivo; e queste considerazioni debbono quietare, se  ci  sembra di non amar gli altri quanto noi stessi, bastando
con gran fervore di poter intendere le lezioni che  ci  ha dato Gesù Cristo suo Figlio dalla sanguinosa cattedra
Cristo suo Figlio dalla sanguinosa cattedra della Croce.  Ci  potrebbe anco condurre all' intelligenza e al possesso di
nostro Signor Gesù Cristo; perocchè questo infiammato amore  ci  porterebbe indubitatamente ad intendere gli ammirandi suoi
dicendo nella vostra lettera che due soli sono quelli che  ci  possono comandare, la ragione nostra ed il superiore
s' inganna sempre la ragione nostra individuale , quando  ci  persuade di non ubbidire. Imperocchè quando è, di grazia,
imitazione in una parola di Gesù Cristo Crocifisso, noi  ci  fermiamo a delle considerazioni umane e di altro ordine
proprio ed al nostro proprio giudizio? E se Gesù Cristo  ci  ha insegnato che la perfezione nostra sta in quell'
trono della Maestà, domandiamo, come dicevo, al Padre che  ci  tragga a Cristo Signor nostro; perocchè indubitatamente è
dal profondo del cuore in nome del suo diletto Unigenito,  ci  aprirà gli occhi dell' anima e ci farà cadere le cateratte
suo diletto Unigenito, ci aprirà gli occhi dell' anima e  ci  farà cadere le cateratte che le nostre passioni su vi
in cui siamo gittati. Vedremo che la sola stella che  ci  possa scorgere a certo segno, non è la povera e inutile
qualunque ei sia; perocchè qualunque ei sia (purchè non  ci  comandi il peccato), egli è sempre l' inviato da Dio, è
tutto questo rispetto a noi; ma vedremo molto più se  ci  viene dato il lume dell' umile sapienza di Cristo, rispetto
genere umano, e insegnandoci ad invocare il Padre nostro ,  ci  fè riconoscere tutti per fratelli ». Niente di più vero
si debbono intendere i Santi e i maestri di spirito, quando  ci  esortano a rinunziare alla nostra ragione e giudizio
della fede. Ma la fantasia non opererebbe, se in noi non  ci  fosse l' attacco a noi stessi, ai paesi da cui noi
la virtù che noi sacerdoti dell' Istituto della Carità  ci  siamo proposto di esercitare. Coraggio adunque, mio caro
possano entrare anco nella vostra. Ma che perciò? non  ci  sarà per noi, mio carissimo, anche una larga vena di
alla casa del nostro Padre! e vi troveremo ogni cosa che  ci  bisogna: gli amplessi paterni ci aspettano. E` vero che se
vi troveremo ogni cosa che ci bisogna: gli amplessi paterni  ci  aspettano. E` vero che se noi dovessimo sperare in noi
Iddio, che da lui stesso possiamo aspettare fin anco che  ci  muti il cuore, fin anco che produca egli in noi la
noi la corrispondenza nostra alla grazia sua, fin anco che  ci  comunichi egli stesso il coraggio e la fortezza che ci
che ci comunichi egli stesso il coraggio e la fortezza che  ci  manca per fare quelle risoluzioni generose e grandi di cui
E bene, questo desiderio benchè sterile è la caparra che  ci  dà Iddio di voler fare con noi de' prodigi di misericordia;
preghiamo poco, ma con frequenza ed ardore; preghiamo che  ci  accresca il dono di pregare: egli ci esaudirà, e dietro la
ardore; preghiamo che ci accresca il dono di pregare: egli  ci  esaudirà, e dietro la preghiera verranno a noi tutte l'
la preghiera verranno a noi tutte l' altre grazie che  ci  bisognano, e più ancora. Non meritando che di essere
Non meritando che di essere mercenari nella casa paterna,  ci  troveremo senza saper come ridivenuti figliuoli, e della
caro Signore e la dolce nostra Madre, stiamone certi,  ci  esaudiranno: ci faranno suoi , che è quello solo che noi
e la dolce nostra Madre, stiamone certi, ci esaudiranno:  ci  faranno suoi , che è quello solo che noi vogliamo:
fuor di questione indegnissimi; trattasi di sapere se noi  ci  possiamo credere di quegli avventurati zoppi e storpi e
fatta da Cristo per noi n' è la gran ragione: sopra questa  ci  possiamo riposare. Come Ella vede, io parlo di alcune
essa riposa tutta sull' autorità di Dio rivelante, il quale  ci  fa conoscere la verità col mezzo della S. Chiesa. Su quest'
più alta e solenne. - Ma questo involontario errore  ci  sarà egli dunque nelle vostre opere? Ella mi domanda. Le
da me adoperato, e di cui nostro Signore e tutti i Santi  ci  hanno dato l' esempio. Fino che considererete la causa, di
in questo seminario, dove questi ottimi sacerdoti  ci  accolsero colla loro solita cordialità. Non è però solo il
i sacrifici e gl' insulti presso le nazioni infedeli, se  ci  foste mandato ad annunziarvi il Vangelo? E forse che
1.42 Sento con mio sommo dispiacere che in cotesta Casa non  ci  sia quella perfettissima unione, che è il segnale dei veri
pensieri, delle nostre parole ed azioni, anche quando  ci  sembra che nulla di male sia in esse: tenendo per fermo che
quindi come grazie speciali e segni dell' amore che Dio  ci  porta, poichè, come dice la Sacra Scrittura: « Iddio
e stimiamo le cose col lume verace della fede; il qual lume  ci  mostra, che là appunto sta nascosto il maggior bene, dove
la carne nostra peccatrice esperimenta il maggior male; e  ci  fa rallegrare e gioire immensamente di quello, di cui
dolore e nella stessa tribolazione temporale, che da essa  ci  viene. Onde posso anche aggiungere con uguale sincerità,
Poichè egli non se ne adonta; ma ascolta anche questi e  ci  compassiona nella sua immensa tenerezza; e o ci fortifica,
questi e ci compassiona nella sua immensa tenerezza; e o  ci  fortifica, o a quei bisogni stessi immaginari maternamente
la vista dei propri difetti. GESU` Cristo è morto per noi;  ci  ha conservata fin qui la vita, perchè abbiamo tempo di
di tutte le penitenze è la pazienza nelle croci che egli  ci  manda, adattandole amorosamente alle nostre spalle, ed
d' intelletto, nè adempire per forza di volontà; sicchè non  ci  resta che di pregare colla faccia in terra che ella si
in terra che ella si manifesti a noi colla sua luce, e  ci  avvivi colla sua vita, e si compia in noi da sè medesima
Per questo dobbiamo essere in verità fanciulletti, come  ci  ha insegnato il Maestro nostro, e così entrare nel regno
della sua carità. E parmi che allora appunto quando siamo e  ci  sentiamo più infermi, dobbiamo dimandar cose più grandi
aveva disposto altramente. Egli è buono anche quando  ci  castiga. Per altro parmi veramente di poter dire, che il
corpo: ella ora guarda in giù ed ha compassione di noi, che  ci  vede ancor nell' esilio, e sorride alla nostra semplicità
credere eletta sposa di sua Divina Maestà. Egli è vero, che  ci  si farà innanzi eziandio il pensiero che, non ammettendosi
e fragilità, possiam dubitare che anco all' anime che  ci  paiono le più monde, uscite di questa vita rimanga tuttavia
La grande stima che noi portiamo ai cari defunti non  ci  renda adunque meno solleciti a suffragarne le anime con
nuovo motivo di consolazione, pensando che il buon Dio  ci  ha voluto dare anche questo soccorso, prova della tenerezza
di quella che noi amiamo e che a torto piangiamo; e  ci  si cangierà la scena; ci cadranno piuttosto lagrime di
amiamo e che a torto piangiamo; e ci si cangierà la scena;  ci  cadranno piuttosto lagrime di dolce letizia per la sua
occasione dataci dal Signor nostro ed un avviso acciocchè  ci  disinganniamo vie più delle cose terrene, e ci innamoriamo
acciocchè ci disinganniamo vie più delle cose terrene, e  ci  innamoriamo delle celesti, ed a queste ci prepariamo; oh
cose terrene, e ci innamoriamo delle celesti, ed a queste  ci  prepariamo; oh quanto renderemo contenta quella che ci ha
ci prepariamo; oh quanto renderemo contenta quella che  ci  ha preceduti nel gran viaggio! Ella altro non vuole da noi,
Ella altro non vuole da noi, altro non aspetta, altro non  ci  domanda: ed altro non domanda altresì per noi al celeste
volto, le care parole, la dolce consuetudine di Colei che  ci  fu tolta; se all' improvviso ella ci si affaccia alla mente
di Colei che ci fu tolta; se all' improvviso ella  ci  si affaccia alla mente come per dirci che non c' è più, che
rivedremo mai più in questa vita; e se questo pensiero che  ci  restituisce di nuovo in vita Colei che è morta, per
morta, per rapircerla subitamente, questa imaginazione che  ci  mette lì come ancora esistente e parlante quella con cui
momento dopo crudelmente la cara illusione, se tutto questo  ci  stringe il cuore e ci manda agli occhi delle lagrime
la cara illusione, se tutto questo ci stringe il cuore e  ci  manda agli occhi delle lagrime involontarie; e che per ciò?
reca alla corona. E` l' orazione, mia signora Marchesa, che  ci  conduce alla vittoria dello spirito; come è il tempo che
a ricevere alcuno. Sono contentissimo del piccol numero che  ci  manda il Signore: vedo anche in questo la sua sapienza e
dice: « et venientem ad me non eiiciam foras »: parole che  ci  mettono davanti a questo proposito le Costituzioni, e che
tutti i mezzi, tutte le doti, tutti i talenti che  ci  dà Iddio; non ne vogliamo di più, ma nello stesso tempo non
umano. Siamo pazienti e longanimi, e il nostro Signore  ci  proteggerà. Col dirvi questo, non intendo scusare tutto ciò
Oh quanto poco si pensa a questa parola INFINITAMENTE! Se  ci  si pensasse, non cadrebbero a terra tutti i nostri timori?
pensasse, non cadrebbero a terra tutti i nostri timori? non  ci  terremmo sicuri della vittoria sopra tutti i nostri nemici?
si exurgat adversum me praelium, in hoc ego sperabo »? Non  ci  lasciamo adunque ingannare dall' inimico che tende talora a
Guai a confidare in noi stessi! ma quanto al nostro Dio non  ci  stanchiamo di dire: « In te Domine speravi, non confundar
è bestemmia il supporre che l'opera di Dio, la casa ch'egli  ci  ha dato, possa, senza peccato, sprezzarsi, abbandonarsi ai
Il giudizio che s'adempirà su ciascun di noi, e che  ci  farà inoltrare sulla scala del Perfezionamento o ci
e che ci farà inoltrare sulla scala del Perfezionamento o  ci  condannerà a trascinarci nuovamente nello stadio
della dissimulazione e fin anco della ipocrisia. Dio  ci  guardi fin dall' ombra di tali mali spirituali! tanto più
bontà di Dio una illimitata confidenza, senza che questa  ci  si diminuisca mai, nè pure per le nostre miserie, tenendoci
questo mondo, e si deve trovar conforto in pensando che non  ci  tolgono la grazia di Dio, che vengono rimessi colla
perfetta ubbidienza. Noi non dobbiamo pretendere che Iddio  ci  dia l' allegrezza, ma dobbiamo ricevere ugualmente l'
ad ogni maniera di peccati. E nello stesso tempo vuole che  ci  crediamo giusti in Cristo , cioè nella speranza della sua
frutti si conosce l' albero; e però se i nostri pensieri  ci  apportano frutti sì amari, come sono quelli della
noi dunque perciò alla ragione? No certamente; ma  ci  terremo bensì in guardia contro i ragionamenti sottili che
cattivo , che un dato ragionamento produce nell' anima. Se  ci  mette la guerra, non può venire da Dio che è la verità, ma
buon uso, questo contrassegno insegnatoci da GESU`, che  ci  disse: « Non si turbi il vostro cuore: credete in Dio e
la Religione cattolica è un tutto solo indivisibile che  ci  si presenta come fondato sulla parola di Dio; nè Iddio
errore e dall' ignoranza, effetti del peccato: un Dio che  ci  rimette i peccati e che stabilisce de' suoi ministri che
cielo ciò che essi scioglieranno in terra: un Dio7Uomo, che  ci  dà se stesso in cibo, e che ci promette di darci se stesso
in terra: un Dio7Uomo, che ci dà se stesso in cibo, e che  ci  promette di darci se stesso in un modo aperto e svelato in
amor di Dio; perocchè la Fede cattolica finalmente non  ci  propone altro e poi altro da credere, se non gli eccessivi
lettera delle tentazioni che patisce contro la Fede, non  ci  stia a credere, non sono vere tentazioni: la sua fede sta
come dell' infinita bontà di Dio e del paradiso che  ci  aspetta, moderata ricreazione e sollievo anche di corpo,
ben conoscente della vita interna. Molti altri mezzi  ci  somministra la bontà del nostro Signor GESU` Cristo per
è possente questo mezzo per ottenere la grazia e i lumi che  ci  bisognano, qualora lo pratichiamo assiduamente e con
ogni avvenimento piccolo e grande per nostro bene: onde non  ci  è maggior gioia che il conoscerla, che l' amarla, che l'
converrà esaminare le cose per minuto, ma poi non  ci  sarà forse difficoltà. Ma non così la penso, se si
i secreti del proprio cuore, e sapere con sicurezza, che  ci  abbia nel fondo, dove non vede che l' occhio di Dio! Di
che è l' interprete fedele del divino volere. « « Se  ci  amiamo scambievolmente, dice S. Giovanni, Iddio si tiene in
tosto una mobile tenda nel deserto. E questi amari casi che  ci  fanno sentire vie più che questa non è la nostra patria,
E quel che è più, le disgrazie nostre temporali  ci  migliorano il cuore, ce lo fanno più umile, più dolce, più
spirito ». Certo che, essendo noi vestiti di corpo, quando  ci  viene rapita dai sensi nostri un' amata persona, non
più, nè udendola parlare, nè potendo noi più parlare a Lei;  ci  sembra d' averla intieramente perduta. Ma quant' è più
Ma quant' è più sublime il senso della Fede! Questa  ci  dice tutto il contrario, questa ci assicura che ciò che è
senso della Fede! Questa ci dice tutto il contrario, questa  ci  assicura che ciò che è perduto della cara persona è il
carnali, nè la memoria; ma ella pensa a noi ancora, e  ci  ama di più puro amore, ed è grata ai benefizi ricevuti
le virtù conosciute delle persone passate di questa vita  ci  danno piena fiducia della loro salvezza, non possiamo però
questo principio vitale e sostanziale! quanto facilmente  ci  si contenta ne' chierici d' una bontà mediocre, d' una
quella, e speriamo, che quando il Signore, venuto il tempo,  ci  avrà esauditi, rinnestando questo tralcio separato nella
d' un giorno all' altro il doloroso annunzio, ch' ella  ci  ha abbandonati. Mi figuravo il dolore di tutta l' egregia
ella non rimane però priva nè di Dio, nè di noi, che in Dio  ci  rinviene e possiede. Che se qualche leggera macchia tenesse
puro: il Signor nostro Gesù Cristo nella sua immensa bontà  ci  ha lasciati anche i mezzi efficaci per accelerare, coll'
Ed anche questa istituzione divina e questa efficacia, che  ci  attesta la fede delle orazioni, e dei suffragi, e delle
voi potete raccogliere che è una somma grazia che Iddio  ci  fece traendoci fuori dal caos di questo mondo e mettendoci
al proprio, e quindi adduce all' ubbidienza , nella quale  ci  ha sempre un atto di umiltà, all' ubbidienza verso tutti,
inferma senta potentemente la scossa della sciagura che  ci  priva delle cose più care. Così Iddio permise che fossimo
la virtù, la fortezza, la generosità del nostro compagno  ci  brilla dinanzi agli occhi più bella e più desiderata nel
agli occhi più bella e più desiderata nel momento che  ci  vien tolta, dovremo noi forse, mio carissimo, pensare a
carissimo, pensare a gettare giù dalle spalle la soma che  ci  ha imposto il Signore, quasi sfiduciati per la mancanza
Signore, quasi sfiduciati per la mancanza dell' aiuto che  ci  prestava quell' operaio, che avendo finita la sua giornata
altissimi sentimenti della sublime vocazione a cui Iddio  ci  ha fatto la grazia di chiamarci? Pensa forse il soldato
cercò noi stessi prima di tutto come pecore sbrancate, e  ci  ridusse, senza badare a ciò che gli costavamo di affanni e
sovvenga di ciò che c' insegna la Scrittura divina, quando  ci  ammonisce che [...OMISSIS...] . Dalle quali parole s'
della dottrina che è la virtù, e che la stessa Scrittura  ci  avverte che l' uomo non è sapiente se non è forte, e non è
la malattia di cui è aggravato e che forse a quest' ora  ci  ha tolto il caro Boselli, benchè sulla natura di tal
molte menti traviate al retto sentire. E` dall' alto che  ci  dee venire l' aiuto, è il lume celeste che dee sgombrare le
figlio. Beatissimo Padre, io bramo modificare tutto ciò che  ci  fosse da modificare nelle mie opere, di correggere tutto
da modificare nelle mie opere, di correggere tutto ciò che  ci  fosse da correggere, di ritrattare tutto ciò che ci fosse
ciò che ci fosse da correggere, di ritrattare tutto ciò che  ci  fosse da ritrattare. Ma il conoscere questo assai più che
il sereno dopo la tempesta, e tanto più presto, quanto meno  ci  porremo dell' opera nostra e più della fede in lui; 4
per poterlo meglio servire; quel tanto d' onore che  ci  bisogna a un tal fine, Egli saprà mantenercelo, senza che
inopportunità di quegli scritti e il pericolo d' abuso. Non  ci  affliggiamo punto di questo, mio caro, ma, come dicevo,
sottomissione e nella docilità, baciando anche la mano che  ci  percuote; l' altro che non si raffredderanno punto, nè
non me la conferirà più; questo è affatto nulla, perchè non  ci  pregiudica, ed anzi ci può aiutare ad ottenere il nostro
questo è affatto nulla, perchè non ci pregiudica, ed anzi  ci  può aiutare ad ottenere il nostro fine. Se questo è un
nelle mani paterne del Signore, e a quelle dolcemente  ci  abbandoneremo. Nessun motivo mi fu comunicato della
Gesù Cristo, e che egli sa qual sia il grado d' onore che  ci  faccia bisogno per meglio servirlo in quelle cose nelle
unione sia tolta, o almeno differita. Io credo che non  ci  saranno promozioni alla porpora prima che il Papa entri in
Quanto poi s' attiene alla mia persona, nulla affatto  ci  penso, come nulla so di quanto sarà per disporre il sommo
di amore che possiamo maggiori, e il più che vi manca e che  ci  resta quasi in abito deve supplirsi colla conoscenza del
il mondo, ma noi soli sentiamo. Questo principio verissimo  ci  dispensa altresì dal sottilizzare sull' autorità che ci
ci dispensa altresì dal sottilizzare sull' autorità che  ci  parla e sugli atti suoi, e ci dispensa da una scienza
sull' autorità che ci parla e sugli atti suoi, e  ci  dispensa da una scienza travagliosa e pericolosa. Tanto più
col Papa, mi assicurò egli stesso, che in quel libro non  ci  avevano dottrine condannabili, ma era stato proibito per
di Dio. « Nos vero orationi instantes erimus . » E questo  ci  dee fare conchiudere di non eleggere alle Missioni
fonte si deducesse la loro istruzione teologica. Quando  ci  fosse tutto questo, ove avessero appreso un compendio
particolare a cui si destinano. Io vorrei che, se Iddio  ci  dà la grazia di vedere istituito e consolidato questo
l' anima aperta a ricevere tutto quello che egli  ci  mette, e gli orecchi del cuore aperti a non perdere sillaba
Perocchè la dottrina celeste è così fatta, che quand' anche  ci  avesse un uomo che la sapesse e potesse ridurla ad una
le quali partendosi di questo mondo nella fede di Cristo  ci  si tolgono dagli occhi, non è vero che sieno morte, ma solo
ultima forma dell' esser suo. E credo veramente che, se noi  ci  staccassimo col retto giudizio e coll' affetto da questa
« vigilate et orate », e ancora: « petite et accipietis »,  ci  stieno presenti, e siano da noi adempite coll' opera,
titolo alla mercede e alla gloria, e non anzi una legge che  ci  condanni: conviene altresì che portiamo di continuo dipinto
con un valido clamore, siccome nostro vivo modello, in cui  ci  sforziamo continuamente di trasformarci, facendo in lui e
poco, fa poco bene; chi prega molto, ne fa assai, e noi  ci  siamo obbligati, mio caro, colla nostra professione di vita
veniamo meno al nostro dovere, falliamo al nostro fine,  ci  pasciamo di vento, non possiamo avere quella carità a cui
pasciamo di vento, non possiamo avere quella carità a cui  ci  obbligammo, a cui, in cui, e per cui debbono essere tutte
di vita che rianima i morti stessi: [...OMISSIS...] .  Ci  ascolterà, ci esaudirà, se lo pregheremo: perocchè questo,
che rianima i morti stessi: [...OMISSIS...] . Ci ascolterà,  ci  esaudirà, se lo pregheremo: perocchè questo, mio caro, egli
[...OMISSIS...] . Sia in noi l' afflizione che salutarmente  ci  umilii, non l' avvilimento che ci sgagliardi, o l'
che salutarmente ci umilii, non l' avvilimento che  ci  sgagliardi, o l' indifferenza che ci insuperbisca: sia il
non l' avvilimento che ci sgagliardi, o l' indifferenza che  ci  insuperbisca: sia il rispetto e l' affetto filiale e l'
e l' affetto filiale e l' obbedienza all' autorità che  ci  percuote e che castiga, secondo il divino beneplacito, le
casa eterna, dove riposeremo dalle fatiche e dalle noie, nè  ci  sarà più cosa che ci arrechi tedio o fastidio. Col pensiero
dalle fatiche e dalle noie, nè ci sarà più cosa che  ci  arrechi tedio o fastidio. Col pensiero a questa grand'
Col pensiero a questa grand' opera, a compir la quale Iddio  ci  ha posti quaggiù, quello che in sè stesso è molesto e alla
che in sè stesso è molesto e alla nostra infermità pesante,  ci  parrà cosa preziosissima: il tesoro infinito del merito che
e nel patimento, stando sempre davanti agli occhi nostri,  ci  conforterà, e ci rallegrerà assai più che non faccia al
stando sempre davanti agli occhi nostri, ci conforterà, e  ci  rallegrerà assai più che non faccia al cuore dell' avaro un
per l' amore del nostro Dio; perchè esse sono un difetto, e  ci  rubano la dolcezza del cuore, e diminuiscono in noi la
tutte le cose e le persone perfette su quell' ideale che  ci  sta nella mente, e questo sembra che sia un volere il bene,
non badiamo che esse sono opposte alla sapienza, la quale  ci  dice di non doversi aspettare quaggiù la piena perfezione,
in pace e in rassegnazione le nostre angustie, e in esse  ci  consoliamo al pensiero di rassomigliarlo da lontano e di
modo colla nostra pazienza; perchè egli si rallegra se  ci  vede portare con fortezza le nostre afflizioni, e si
le nostre afflizioni, e si rallegra per l' amor che  ci  porta, cioè perchè vede che il nostro patire generoso ci
ci porta, cioè perchè vede che il nostro patire generoso  ci  ammigliora e ci perfeziona, giacchè la sola pazienza « opus
perchè vede che il nostro patire generoso ci ammigliora e  ci  perfeziona, giacchè la sola pazienza « opus perfectum habet
« opus perfectum habet », e arreca a noi stessi, se  ci  pensiamo al vero suo lume, l' indicibile contento d' essere
speranza! Ma se non abbiamo un cuore di sasso, non  ci  deve essere men cara la speranza, ed anzi la certezza, di
certezza, di essere a lui simili in terra. Questa certezza  ci  abbellirà e spargerà di fiori e di viole, e di gigli, tutte
gigli, tutte le nostre occupazioni, le quali per se stesse  ci  fossero pure ingrate, ma specialmente quelle che noi
aggiungerà vita alla nostra vita, e come noi dell' Istituto  ci  proponiamo di fare tutto per questi amori, tutto altresì ci
ci proponiamo di fare tutto per questi amori, tutto altresì  ci  ritornerà abbellito, e infiorato, e illuminato dal
opera! vincendo noi stessi, vinceremo i nostri nemici che  ci  vogliono offuscare quel cielo sereno, sotto cui dobbiamo e
tutto l' orazione, una tenera e perseverante orazione,  ci  arrecherà quella luce di cui abbisognamo per intendere
scritto in questa lettera, traendola dalle divine carte, e  ci  confermerà in quei santi propositi, a cui l' uomo non può
serena e lieta: così spero nel Signore, così ne lo prego.  Ci  consoleremo a vicenda, abbiamo entrambi delle afflizioni,
i semi, così scarsi tutt' altrove, delle speranze che  ci  rimangono. Gli educatori e le educatrici, che io in qualche
di GESU`, se arrivate a questo, ed anzi felice, perchè  ci  arriverete sicuramente, avendo con voi il vostro sposo
le azioni; ma tuttavia quanto spirito di intelligenza non  ci  vuole ad adempirlo con perfezione? Prendete a considerare
rispettose osservazioni con vero spirito di intelligenza,  ci  vogliono tre condizioni: la prima, che non procedano da
e l' azione, perchè non c' è nessun maestro che  ci  possa insegnare una scienza così sublime, se non quel Gesù
intima, e continuamente attuata con Gesù Cristo, che non  ci  distoglie dalle opere di esterna carità, ma che anzi vi ci
ci distoglie dalle opere di esterna carità, ma che anzi vi  ci  sprona ed aiuta? Il primo di tutti i mezzi è l' intenzione
e noi stessi, e quindi a portar frutti di vita eterna,  ci  vogliono due cose: la prima e principale è, che la carità
prima e principale è, che la carità sia sempre quella che  ci  diriga, e poi che domandiamo a Gesù Cristo il lume della
dimanda, dico che è necessario supporre che nella persona  ci  sia il fondamento di una solida umiltà, la quale consiste
con alcun proprio fallo; ma quando, a malgrado di ciò,  ci  viene il disprezzo, noi dobbiamo riceverlo con allegrezza,
vostro ufficio, secondo che eravamo stati intesi, quando  ci  siamo ultimamente veduti. Ora ricevo infatti la cara vostra
dell' infinito bisogno che abbiamo della grazia divina che  ci  sostenti e preceda, e accompagni, e sussegua; poichè chi è
eccellenza della carità del prossimo, a cui la divina bontà  ci  ha chiamati: nella quale carità consiste la sicura e
che ha per voi la sua sollecitudine. Badate che qui non  ci  sia nascosto dell' amor proprio, il quale noi dobbiamo
diamo addosso a noi stessi: e quante cose allora, che prima  ci  offendevano, ci sembreranno innocenti, o frivolezze, o
noi stessi: e quante cose allora, che prima ci offendevano,  ci  sembreranno innocenti, o frivolezze, o fors' anche motivi
di Dio, la quale è infinita. Questa parola infinita  ci  deve aprire il cuore ad ogni speranza. Ella e il suo figlio
che quella di esaltare la sua bontà. Gusta ancora che noi  ci  accostiamo a lui coll' intermezzo di Maria santissima, a
perchè è qualche cosa di più di speranza. Gesù Cristo  ci  ha portato la sua pace, riposiamo in lui. La ringrazio di
risuona celeste sapienza, c' incoraggiano nelle avversità e  ci  si dimostrano quasi nostri compagni in essa, e,
il combattimento, la prova, l' arduo cimento? Quegli che  ci  ha assegnato il posto nell' esercito è un capitano che
contrabbilancia alle forze nostre l' impeto del nemico; che  ci  somministra le armi; e quali armi? Le armi della fede. E a
vestra possidebitis animas vestras ». Acciocchè poi non  ci  venga meno la fede, preghiamo senza intermissione:
e anche avendone il sentimento, operare come se non  ci  fosse, nè ragionare più con esso, come si fa colle
se non con lungo tempo, ma si può operare come se non  ci  fosse, senza lasciarlo influire nelle nostre azioni, nelle
e d' aspettazione di cose grandi dalla bontà divina che  ci  ha in cura. - Con questi mezzi e colla costante volontà di
colla costante volontà di proceder avanti con buon ordine,  ci  riuscirete. [...OMISSIS...] 1.51 Avreste fatto bene ad
praepara animam tuam ad tentationem (Eccli., II, 1), » dove  ci  comanda di stare nella giustizia e nel timore dell' umiltà,
colla buona volontà e coll' orazione. Nello stesso tempo  ci  ha confortati e assicurati, se noi così facciamo, del suo
conosce chi è Dio, l' abbandonare il posto, nel quale egli  ci  ha messi, non sia un buttarci all' inferno. Anche lo
avviene che si crede poco all' efficacia degli aiuti che  ci  dà lo stesso GESU` Cristo che ci ha data la legge di
efficacia degli aiuti che ci dà lo stesso GESU` Cristo che  ci  ha data la legge di perfezione, e si ha la stoltezza
azioni molte di grazia a lui, che per pura misericordia vi  ci  ha condotto. Dar opera diligente ad arricchire la mente di
, e godendo di questa come di cosa che piace a Dio e che  ci  ottiene indubitatamente le grazie più preziose per l'
de' proprii compagni. Non avvilirsi mai, anche se  ci  occorresse di cadere, o di non fare quel profitto che
trova nella nostra Religione santissima, e come questo bene  ci  compensi di tutti gl' incomodi e le noie e i travagli, che
compensi di tutti gl' incomodi e le noie e i travagli, che  ci  vengono dalle cose terrene e corruttibili di cui siamo
mai di noi, di Dio sempre, in qualunque condizione  ci  ritroviamo. D' altra parte è necessario, mio caro, di
di Dio. Quando amaste cotesto luogo e cotesta vita, che  ci  fate, con attacco impeditivo dell' ubbidienza, benchè
che sarebbe di noi in questa o quella ipotesi; chè non  ci  sono pensieri più vani di questi, nè più atti a turbare la
con cui trattate, e del resto non pensate più avanti: Iddio  ci  pensa. Scrivetemi poi a quando a quando, se le cose vi
un fine, uno scopo. Il fine ultimo, pel quale fummo creati,  ci  è tuttora ignoto, e non può essere altrimenti; né per
parola? Rassegniamoci dunque all'ignoranza sulle cose che  ci  sono per lungo tempo ancora inaccessibili, e non
questa verità che l'Antichità ha voluto insegnarci, quando  ci  narrava che il Despota voglioso di raggiungere il cielo non
Le nostre facoltà sono gli strumenti di lavoro che Dio  ci  dava. È dunque necessario che il loro sviluppo sia promosso
dalla Chiesa? La Chiesa è indipendente dallo Stato?  Ci  sono tre sistemi: il sistema di quelli che dicono la Chiesa
Come quando voglio sapere che cosa sia un albero, non  ci  arriverei punto con il pensare solamente che è una certa
comune a tutte le cose, e non propria del solo albero; ma  ci  arriverò con l' osservare come sia fatto l' albero stesso
senza collisioni: il che non potendosi ottenere, se non  ci  sia nel mezzo di tutti questi uomini una mente sola, o
sua massima e totale potestà, ritorniamo alla questione che  ci  eravamo proposta: - Lo Stato è egli indipendente dalla
le prevenzioni, e gli sarà facile convincersi, che non  ci  sono che due vie per le quali mettersi, o quella di
ingiusto, del lecito e dell' illecito. Nel resto, come  ci  risultò da quella discussione, lo Stato è indipendente; ed
Stato, grande o piccolo, ha la sua Autonomia. Perché dunque  ci  proponiamo noi una questione intorno all' Autonomia dello
crederemmo inutile il parlare di questo argomento. Ma  ci  sono alcuni, che, invece di riporre l' Autonomia dello
vecchia e accreditata vogliono introdurre una teoria nuova,  ci  obbligano a proporci la questione: « Se ci abbia un'
teoria nuova, ci obbligano a proporci la questione: « Se  ci  abbia un' Autonomia dello Stato presa sotto questo nuovo
dunque, che una tale autonomia dello Stato né c' è, né  ci  può essere. Che cosa importa l' Autonomia in questo senso?
parlamentari . Se si trattasse dell' arbitrio di un solo,  ci  avrebbe, lo concediamo, dispotismo; ma presso di noi vale
mai essere veramente sottomesso a tali leggi, se non  ci  fosse nel mondo costituita da Dio una autorità reale e
orbite con tanta regolarità, se nel bel mezzo di essi non  ci  fosse il sole, che con la sua attrazione ne determinasse
allo Stato. Questo fonda sulla supposizione che  ci  sieno delle materie veramente miste. Altri negano che
veramente miste. Altri negano che queste materie miste  ci  sieno, tra i quali monsignor Affre, il glorioso martire
ricorrere all' ateismo dei suoi inventori. Poiché, se noi  ci  rivolgessimo a de' filosofi atei, ma del resto ragionevoli,
precetto che si dà ai legislatori civili, crediamo che  ci  risponderebbero: « Noi reputiamo che le religioni sieno de'
inventare il sistema della legge atea. Che cosa dunque  ci  bisognava di più? Era necessario che all' ateismo si unisse
della medesima. Quand' anco dunque si conceda che  ci  sia una sfera d' oggetti propri della legislazione civile
che non hanno natura d' oggetti religiosi, e quindi che  ci  possa essere una separazione tra oggetti non religiosi e
del quale almeno una parte è certamente essenziale:  ci  sono case, luoghi, persone e azioni sacre, e anzi tutte le
a regolare le cose dei concreti; ben inteso che quando  ci  mettono le mani essi, sono i primi a cadere nelle più
sotto la forma di indifferenza religiosa. E quando non  ci  fosse nell' animo che un ateismo senza odio, rimarrebbe
collisioni devono indubitatamente essere frequenti, come  ci  può essere libertà religiosa sotto una legge che osteggia e
o di molestarci in conseguenza della legge atea che  ci  farete ogniqualvolta noi soddisferemo ai nostri doveri
governi popolari? Si può rispondere evidentemente di no.  Ci  può essere sicuramente qualche ateo tra i padri di
che per coloro che non hanno religione d' alcuna sorte non  ci  sono oggetti sacri, ma son tutti profani. Interrogheremo
quell' oggetto sia sacro. Ora la Religione Cattolica  ci  dice nello stesso tempo e che il matrimonio è sacro, e che
sacro. Quando dunque i signori del giusto mezzo gravemente  ci  dicono, che il matrimonio è profano come contratto, ed è
della prima. Vi dicono: Accordiamo che nel matrimonio  ci  sia un contratto sacro, ma aggiungiamo che ce n' è anche
reciproca, che nasce pel consenso dei contraenti.  Ci  vorranno dunque due consensi, e non basterà uno solo per
valido dallo Stato; di maniera che, secondo questi,  ci  sarebbe un contratto valido di matrimonio benché la Chiesa
il contratto matrimoniale è un Sacramento, e che non  ci  può essere alcun contratto valido di matrimonio, cioè
che sarà necessariamente questa: La questione, se  ci  possa essere o no un matrimonio civile, è superiore e
di legge presentati al Parlamento piemontese. Che anzi, se  ci  fu mai legge che fino dalla sua origine portasse con sé i
e ad affliggere un popolo così sveglio e religioso. Noi  ci  proponiamo di cercare in che cosa consista la libertà di
all' atto questo principio. Tale è l' intento che noi  ci  proponiamo nello svolgere la presente questione. Tre di
e ingannevoli sistemi intorno alla libertà di coscienza  ci  si presentano, che noi chiameremo: il sistema legale, il
emani dalla sua fede religiosa », egli è evidente, che non  ci  può essere niuna legge civile, qualunque sia, che offenda
principio quel che è subordinato alla legge civile, e che  ci  facciano tali leggi che hanno i principii non di sopra, ma
della parola), e cerchiamo se in questo secondo sistema  ci  abbia più sincerità che nel primo. - In uno Stato ci sono o
ci abbia più sincerità che nel primo. - In uno Stato  ci  sono o ci possono essere anche di quelli che non hanno
abbia più sincerità che nel primo. - In uno Stato ci sono o  ci  possono essere anche di quelli che non hanno alcuna
civili ad ammettere il divorzio, è la libertà dei culti.  Ci  sono dei culti che autorizzano il divorzio; ce ne sono
dell' uniformità della legge civile, del quale noi  ci  proponiamo di trattare a parte in un' altra questione. Qui
proponiamo di trattare a parte in un' altra questione. Qui  ci  basta di riconvenirli, che non fu dunque il princìpio della
essere uguali ed uniformi per tutti i cittadini. Ma poiché  ci  sono sempre molte altre leggi civili che involgono diverse
dei due princìpii abbandonarono? Furono forse sinceri?  ci  dissero chiaro e da galantuomini che il princìpio dell'
dalla supposta moglie, l' altra dal supposto marito. Ma non  ci  sono cause per ottenere dalla legge un altro divorzio. La
che sono cose che non hanno per essi realtà, o se  ci  danno qualche peso, le considerano sempre come subordinate
con questa della libertà di coscienza si complicano; il che  ci  proponiamo di fare in appresso. Per ora ci contenteremo di
il che ci proponiamo di fare in appresso. Per ora  ci  contenteremo di conchiudere indicando i due caratteri
civile considera la differenza di sesso, e molte leggi  ci  sono che, fatte per l' uno dei due sessi, non possono
a favore de' soldati di statura più alta. Certamente  ci  sarebbe in tal caso l' uniformità materiale della legge, e
una tale risposta sia di buona fede? Quando sia così, ella  ci  rivela la più crassa ignoranza di ciò che costituisce una
intento la confusione stessa de' concetti. Tutto questo non  ci  può sorprendere. Ma c' è una cosa che deve cagionare
per essere in certe circostanze inopportuna e disutile: non  ci  vedono costoro nessun male intrinseco ed assoluto: tutti
che l' utilità e la disutilità nelle azioni umane, non  ci  può essere azione alcuna che non sia essenzialmente
licenziose e a pretendere disposizioni immorali, quando  ci  trovino il tornaconto, o credano secondo il loro calcolo di
perché non esiste più la natura del diritto, quando non  ci  sia di contro l' obbligazione morale che lo protegga; né
dunque noi vogliamo partire da questi semplici princìpii,  ci  riuscirà facile rilevare quale sia la natura dei governi
animo di molti s' è confitta questa assurda opinione, che  ci  possa essere un diritto del vizio. Il vizio non può essere
questa pretesa libertà. Questa è la seconda questione che  ci  proponevamo. Ai primi adunque crediamo superfluo
sopprimere senza cagionare un male maggiore. Ma poiché  ci  sono indubitatamente anche quegli atti viziosi ed immorali,
la licenza: tentiamone la soluzione. Ma prima qual è,  ci  si dice, la soluzione della questione nel sistema
d' attingere la sua dottrina, o quella che per sua  ci  è presentata, questo è impossibile a dirsi, ed inutile alla
il vero dal falso, acciocchè l' autorità degli antichi non  ci  trattenga più indebitamente dal libero uso del pensiero
che non può trovarsi, perchè si suppone che affatto non  ci  sia. Così al caso , nel più stretto senso, Aristotele,
continuità del moto, egli stabilisce col suo sistema, che  ci  sia stato nel mondo un vero ricorso di cause all' infinito.
e così all' infinito, ricadremmo nel detto assurdo: dunque  ci  deve essere una materia prima eterna: la qual materia prima
Aristotele, ma non ne sarebbe mai del tutto priva. Anzi  ci  sarebbero diverse materie prime, secondo lui, aventi
[...OMISSIS...] Dopo aver dunque Aristotele confessato, che  ci  sono eventi accidentali, che questi essendo incerti non
il tempo è continuo ed eterno (1): dunque è necessario che  ci  sia un motore continuo ed eterno: perchè l' effetto non può
contrario, cioè che le universali non sarebbero senza che  ci  fossero prima le singolari. Fatto sta che Aristotele parla
più resti di potenziale, supponendo che tutti quelli che  ci  potessero giungere, con questo appunto otterrebbero la
nel loro perpetuo conato di giungere al puro atto, non  ci  pervengono, e alcuni più, alcuni meno vi s' avvicinano?
gli enti conseguirebbero la stessa forma, e in tal caso non  ci  sarebbe diversità tra gli enti componenti il mondo. Le
sono simili a lui, ma solo analoghe (2). E veramente, se  ci  fosse un' essenza (non la semplice esistenza) comune a Dio
dunque più movimenti ne' cieli, argomenta Aristotele che  ci  devono essere più Iddii, o prime sostanze, immobili e
2 può essere ultimata totalmente, di modo che non  ci  possa esser nulla di potenziale nè di accidentale, e così
dunque tutte tendono all' intellezione, benchè tutte non  ci  arrivino per difetto della loro materia. Stabilisce così un
nel XII de' « Metafisici », c. 7, per provare che  ci  deve essere un' intellezione pura, hanno alcun valore a
non vedendosi ragione alcuna intrinseca, per la quale non  ci  possano esser molte di quelle intellezioni pure: anzi
di enti, o ad una inferiore. Su questo dunque conviene che  ci  tratteniamo. Aristotele suppone che ci sia passaggio da una
dunque conviene che ci tratteniamo. Aristotele suppone che  ci  sia passaggio da una sostanza all' altra. La sua maniera di
un' attualità ulteriore del medesimo subietto. Nella natura  ci  sono degli enti sensitivi, secondo Aristotele, che hanno la
la ragione, «logon» (1). Senza la forma universale non  ci  sarebbe il ragionamento, perchè non si dà passaggio dal
atto o specie naturale che si chiama anima intellettiva,  ci  sia la materia ossia la potenza, e con essa l' atto, qual
separata dalla materia, è divina (6). Ma altrove dice, che  ci  hanno degli oggetti vili del pensiero e degli oggetti
essere stesso delle cose alla ragione (1). Che cosa dunque  ci  dà il senso, secondo lo stesso Aristotele? Delle apparenze
dimora la verità. Di che conchiude, che, affinchè  ci  sia la scienza e la verità, è necessario che ci siano degli
affinchè ci sia la scienza e la verità, è necessario che  ci  siano degli altri enti oltre i sensibili (6). E in fatti
che queste, concede lo stesso Aristotele, che non  ci  potrebbe essere nè scienza nè verità, e che avrebbero
il divino può comporsi colla materia? Della prima questione  ci  verrà occasione di trattare in appresso. La seconda e la
è predicabile , può essere il primo principio, perchè non  ci  può essere nulla d' anteriore al primo principio; e i
e la specie nella materia, [...OMISSIS...] (2). Poichè se  ci  fosse quella terza specie (3), per la stessa ragione ce ne
stessa e 2 il singolare composto di materia e di specie,  ci  fosse una terza cosa che potesse essere principio comune a
difficile determinare rispetto a quali cose questa specie  ci  sia, e rispetto a quali cose non ci sia »(6) ». Toglie
cose questa specie ci sia, e rispetto a quali cose non  ci  sia »(6) ». Toglie dunque a determinare rispetto a quali
gli elegantissimi, [...OMISSIS...] , cioè ai Platonici, che  ci  debba essere un' eterna sostanza e separabile, non potendo
soluzione di questa difficoltà è oscura in Aristotele: pure  ci  pare, che egli l' intenda così. Ammette queste due
od atto? In tal caso si supporrebbe che prima dell' essere  ci  fosse qualche cosa, che potesse servire di subietto all'
predicato. Ma prima dell' essere non c' è nulla, perchè se  ci  fosse, sarebbe già essere (1): egli dunque è veramente il
inefficaci trapassiamo per brevità), è sempre stato. Dunque  ci  si dovea trovare tutto ciò che c' è al presente. Poteva
Aristotele dunque trova, che nell' università delle cose,  ci  sono e ci devono essere sempre state queste cinque cose: 1
dunque trova, che nell' università delle cose, ci sono e  ci  devono essere sempre state queste cinque cose: 1 materia
In tal caso converrebbe che nella pura materia corporea  ci  fosse in germe la vita vegetale. Ma se questa ci fosse, non
corporea ci fosse in germe la vita vegetale. Ma se questa  ci  fosse, non sarebbe più la materia pura ma formata, e non
come suppone Aristotele, non sente nulla, in che modo  ci  può essere un germe del sentimento che non sente nulla? Nel
Arrivati noi qui agl' intelligibili d' Aristotele,  ci  si offre di nuovo la questione che abbiamo trattata
nuovo la questione che abbiamo trattata precedentemente: se  ci  sia per Aristotele qualche intelligibile, che sussista da
qualche intelligibile, che sussista da se solo. Su cui  ci  par necessario d' aggiungere alcune altre considerazioni,
dee essere in atto », [...OMISSIS...] (2). Questo principio  ci  conduce egli a qualche specie in atto compiuto e
dell' atto contemplativo, e però potenziali, quando nulla  ci  può esser d' eterno, che sia in potenza. La qual censura
da atti della divina mente. Che anzi lo stesso Platone non  ci  sembra andare del tutto immune dalla stessa colpa d'
(3). Sia, ma in tal caso si vuol dire non già che ne' corpi  ci  sieno specie sensibili , ma soltanto una certa forza e
sensibili in potenza. Parliamo dunque chiaro: ne' corpi non  ci  sono in nessun modo forme sensibili, nè pure in potenza;
sono in potenza nello stesso subietto senziente prima che  ci  sieno eccitate; eccitate poi, sono nel medesimo in atto.
c' è affatto nulla dell' intelligibile; e però questo non  ci  può essere nè pure in potenza; stante che la potenza e l'
che è in atto deve essere della stessa specie, conviene che  ci  sia nell' anima un primo sentito che sia in potenza tutti
dell' intelligenza. Anche secondo Aristotele questa non  ci  sarebbe, se ci fosse solo il sensibile, essendo ella d'
Anche secondo Aristotele questa non ci sarebbe, se  ci  fosse solo il sensibile, essendo ella d' altra natura, e
divisi gl' intelligibili? A questa questione che già prima  ci  avevamo proposta, ora dobbiamo rispondere. Che Aristotele
designare il singolare, ossia l' individuo reale, non  ci  arriva, chè la sua mente corre a un universale ch' egli
e materia «kata topon.» Convien dunque che qualche cosa  ci  sia di separato dalla materia. [...OMISSIS...] Da per tutto
quello che è indeterminato è la materia, gli parve che non  ci  fosse a ciò bisogno di materia, anzi, che questa fosse d'
Onde anche nell' ordine delle operazioni intellettive  ci  deve essere, secondo Aristotele, un atto primo d'
riconosce che nella stessa mente umana da una parte  ci  devono essere tutte le cognizioni in potenza, dall' altra
devono essere tutte le cognizioni in potenza, dall' altra  ci  dee essere un atto, che tragga all' atto quelle cognizioni
chiamare assolutamente gli universali . Acciocchè dunque  ci  sia nell' uomo la mente in atto, che tragga in atto gli
colla mente separati gli uni dagli altri: questo fa che  ci  sia distinzione di concetto, ma non è una distinzione
sono uno di specie, allora in ciascuna di esse conviene che  ci  sia la specie identica. Se dunque gl' intelligibili sono
ogni ordine di cose, ad una prima causa. Convien dunque che  ci  sia una prima specie che produca le altre; e questo è l'
vederlo con chiarezza conviene che andiamo indietro, e che  ci  richiamiamo il principio della filosofia d' Aristotele in
cognizione delle cose contenute in ciascun genere, non  ci  sarà un uno superiore che misura e con cui si conoscono i
Onde dice Aristotele che nell' acquisto del sapere, « «  ci  accade come se un' altra cosa ci misurasse, e così
acquisto del sapere, « « ci accade come se un' altra cosa  ci  misurasse, e così conoscessimo quanto siamo grandi con
conoscessimo quanto siamo grandi con questo che tante volte  ci  è stato applicato il cubito » » (7). Nel qual luogo
che è in noi, e però in altro senso si può dire che questa  ci  misuri (1). Ma più esattamente parla Aristotele poco
modo: [...OMISSIS...] . Questa parola ragione , «logos,»  ci  richiama alla distinzione aristotelica tra le cose « «
(7). Da tutte queste considerazioni adunque possiamo, come  ci  sembra, senza temerità conchiudere: 1 Che tutti gli
questo novo atto e specie sostanziale, si esige che già  ci  sia prima in atto la mente nel genitore del nuovo essere
potesse essere in un altro e rimanere la medesima. Ma egli  ci  dice, come vedemmo, che è la stessa di specie e non di
può essere in un altro, se non in quello di cui ella è, nè  ci  può essere niuna parte » » di questo « « se non è partecipe
è desiderabile o eligibile (1). Conviene dunque che  ci  sia una sostanza prima dell' intelligibile, e semplice e in
ella una di numero o di specie? Dipoi rispetto agli uomini,  ci  dice esser beatissimo quell' atto che è cognatissimo all'
(2) e poi dice, che « « al di fuori del cielo non c' è, nè  ci  può essere, nè corpo, nè luogo, nè vacuo, nè tempo »(3) »;
e così par che lo prenda lo stesso Aristotele quando  ci  fa sopra una teoria filosofica; e così lo spiega il suo
umani. Considerata la dottrina dalla sola parte spirituale,  ci  si trova un' ingegnosa unità, ma ben tosto questa s'
enti che non operassero per un fine, e questo immobile, non  ci  potrebbe essere la mente (1). Ma la mente è il luogo delle
le cose dipendono dalle loro cause formali, e queste non  ci  sarebbero se non ci fossero le menti, consegue che tutte le
dalle loro cause formali, e queste non ci sarebbero se non  ci  fossero le menti, consegue che tutte le cose ricevono
di tutte le forme » ». [...OMISSIS...] Infatti, dice, non  ci  può essere una serie di cause all' infinito, ma in ciascuno
grazia di questo, [...OMISSIS...] (2). E` impossibile che  ci  sia una catena infinita di cause finali; poichè la causa
Aristotele, se la serie fosse infinita, e quindi non  ci  sarebbe il Bene (3): non ci sarebbe la mente, poichè quei
fosse infinita, e quindi non ci sarebbe il Bene (3): non  ci  sarebbe la mente, poichè quei che l' hanno, operano per un
poichè quei che l' hanno, operano per un fine (4), nè  ci  sarebbe l' intendere, poichè non si può intendere senza
in uno intelligibile, [...OMISSIS...] (5). Ma del pari non  ci  potrebbe esser nè pure la generazione, perchè anche la
ed è media tra l' ente e il non ente: convien dunque che  ci  sia un primo sempiterno e incorruttibile da cui parta e a
perchè dunque non generano sempre, ma or sì ed ora no? (2).  Ci  vuole dunque per terza la causa del moto, che pretende
la parte mossa e non motrice (3). Nell' uomo dunque  ci  sono tutti i motori, e comparativamente anche negli altri
non può distruggersi, poichè per nascere o per distruggersi  ci  sarebbe bisogno di qualche altra causa e questa ancora
e separato. E infatti Aristotele prova la necessità che  ci  sia un tale principio, di cui l' essenza stessa sia atto,
che abbia materia [...OMISSIS...] (1). Riconosce dunque che  ci  debbono essere specie sussistenti da sè ed eterne
da Aristotele in due cose: 1 che subiettivamente altro non  ci  sia che atto di contemplazione; e 2 che oggettivamente sia
la possibilità della sua distruzione, benchè mai non  ci  arrivi. L' essere separato dunque, il Dio d' Aristotele,
separata dagli enti composti di materia e di forma,  ci  deve essere pure una scienza diversa dalla fisica, e questa
dunque nell' essere attualissimo materia alcuna, non  ci  può essere questa causa di limitazione, e però non ci
non ci può essere questa causa di limitazione, e però non  ci  possono essere le forme o essenze specifiche così limitate,
come all' atto , non come all' intelligibile . E però non  ci  sembra che abbia colto il vero sentimento del nostro
intese questa dottrina d' Aristotele l' arabo commentatore,  ci  sarebbe una mente sola di numero (1), comune a tutti gli
di fuori? Di maniera che anche nell' uomo da principio non  ci  sia inserito dalla natura se non quella «dynamin kritiken»
nulla opera, ma solo si lascia vedere. Conviene dunque che  ci  sia in atto l' energia che lo veda, poichè la potenza non
la ragione deve preesistere, [...OMISSIS...] (5). Se non  ci  fosse dunque nell' uomo per natura una cognizione prima
intellezione [...OMISSIS...] (3). Senza l' intellezione non  ci  potrebbero essere che intelligibili in potenza. Se dunque
essere che intelligibili in potenza. Se dunque non  ci  fosse nell' uomo un' intellezione in atto, mancherebbe il
il mondo cioè dell' ultima sfera, oltre la quale nega che  ci  sia più nè luogo nè spazio: [...OMISSIS...] . E alludendo a
: il che è, secondo lui, quella parte di verità, che  ci  rimase dalle antiche memorie perite negli sconvolgimenti in
dalle specie reali che sono più e proprie di ciascun ente.  Ci  hanno dunque due maniere di specie, e le specie reali o
è una, [...OMISSIS...] : onde se essendo unica la mente  ci  fosse stata una sola materia senza differenze intrinseche,
un ente solo (1). Il quale argomento non avrebbe valore se  ci  potessero essere più menti o di numero o di specie diverse.
qualche cosa di comune, ritorna lo stesso ragionamento, che  ci  conduce ad una serie d' idee all' infinito, cioè all'
tutte nella mente del sommo Artefice. Ora Aristotele non  ci  può ritornare senza rinunzia al proprio sistema, anche per
che sono al tutto così fuori di lui. Vediamo nondimeno dove  ci  conduca questo strano e insufficiente, ma ingegnoso
sostanziali sono eterne nella natura, e se una di esse non  ci  fosse stata ab aeterno, o si potesse distruggere, non
necessario che sieno eterne in atto nel mondo, bastando che  ci  sieno in potenza, per esservi poi attuate dalla specie
la fanno i sistemi precedenti, [...OMISSIS...] (1). Ed ora  ci  sembra di potere stabilire la principale differenza tra la
la stessa natura. « « Sembra, dice, che tra gli apparenti  ci  sia uno divinissimo » » (2): questo divinissimo degli
quindi quella cognizione immediata, priva di coscienza, non  ci  soddisfa, non pare cognizione nostra, e non è cognizione
pervenuta a costituirsi come atto, entelechia, tuttavia  ci  sono delle altre specie sostanziali nella natura che
nel quale c' è la specie ultima cioè la mente, conviene che  ci  sieno pure quelle quattro specie anteriori e d' inferiore
(2), ma questi non si potrebbero raccogliere se non  ci  fosse prima il luogo dove raccoglierli [...OMISSIS...] , la
serie degl' intelligibili mancherebbe del suo primo, se non  ci  fosse uno intelligibile in atto perfetto e illimitato senz'
agli altri suoi atti. Così Aristotele dice, che Iddio  ci  dà la mente (2). Infatti conoscendo l' essere si possono
ma si distinguono per la loro limitazione: così suppone che  ci  sia in fondo a tutto un essere solo immateriale, il quale
che abbiamo già data, e che ripeteremo in altre parole.  Ci  sono delle cose che si predicano d' altre, e queste devono
del primo ente. Non basta dunque per Aristotele, acciocchè  ci  sia l' universale, che colla mente s' astraggano le specie
[...OMISSIS...] . In fatti, esclusa la materia, non  ci  rimane che la specie pura, che è già un universale, in
di quest' ordine, la specie di tutte le specie, il che  ci  ricaccia alla dottrina di Platone, che l' uno sia la forma
tutti gli enti sarebbero essenze sostanziali, e non  ci  sarebbero gli accidentali, raccolti nelle nove categorie
sì la natura, che la cognizione nostra propria che  ci  formiamo per via d' induzione. [...OMISSIS...] Dal qual
da questo salendo ancora, intende la necessità che  ci  sia l' Essere separato al tutto, prima causa dell' essere
essere nelle cose; e ciò perchè essendo l' essere comune  ci  vuole un' unica causa che spieghi questa comunanza od
principŒ sono essi singolari o universali? [...OMISSIS...]  Ci  ha dunque da amendue i lati difficoltà: ci ha difficoltà
[...OMISSIS...] Ci ha dunque da amendue i lati difficoltà:  ci  ha difficoltà ugualmente a dire che i principŒ sieno
natura (1). Non ho fatto menzione fin qui del frammento che  ci  rimane della « Metafisica » di Teofrasto, coll' intenzione
il discepolo non s' è scostato molto dal suo maestro, e  ci  sembra piuttosto un compendiatore e un interprete d'
essenze da sè esistenti. Aristotele concesse a Platone che  ci  sia una specie separata, la mente; negò che le specie
facendosi ogni sostanza dai contrari » ». Ma che  ci  sieno dei principŒ materiali pare non doversi ammettere;
con ordine, ragione, forme, forze, e circuiti: come non  ci  sarà nulla di tutto ciò ne' principŒ? Conviene d' altra
di tutto ciò ne' principŒ? Conviene d' altra parte che  ci  sieno nella natura le specie, acciocchè si possano ridurre
cosa singolare. - Il fine poi da entrambi questi rispetti.  Ci  sono anche alcune cose che sono fine degli universali:
a questo spettacolo morale che il presente stato del mondo  ci  somministra, rimangono colpiti da affetti non pur diversi
Chiesa, che ingrossò le colonne de' nostri nemici, ed esse  ci  apparvero sì formidabili: quelli per altro ignoranti
parola resa potente dal zelo de' primi tempi della Chiesa  ci  atterriscono, senza avvilirci, e ci annunziano, come
tempi della Chiesa ci atterriscono, senza avvilirci, e  ci  annunziano, come dicevo, l' ira del cielo sopravveniente,
questa seconda dell' unità che pure fa un passo innanzi e  ci  porta sulla strada per eseguir quella prima; conciossiachè
è smanioso ed irrequieto pel bisogno ch' egli ne sente. Non  ci  chiede adunque che ci affaccendiamo a persuaderlo che sia
pel bisogno ch' egli ne sente. Non ci chiede adunque che  ci  affaccendiamo a persuaderlo che sia bene ciò, di che tutte
noi dobbiamo concepire disposte tutte le cose, se non  ci  apre altresì il modo nel quale il nostro spirito può
disvelamento e confusione della nostra ingenita superbia,  ci  mostra tutta la famiglia degli uomini considerata da Dio
che nell' ordine della grazia fondato in Gesù Cristo, e  ci  dice con sentenza, ove sta un abisso di lume, che come
dilettarci è un indugio alla rapida corsa verso il fine che  ci  è proposto. E la dottrina di questo successivo lume
di parole, ma con ogni semplicità, brevità, ed altezza,  ci  aveva già il Maestro divino insegnate con quell'
al nostro mediatore, l' abbiamo da lui medesimo quando  ci  disse, il precetto della Carità fraterna non esser d'
imprende, cioè da una forza fuori di lui (1). Laonde non  ci  farà nessuno inganno alla mente il celere promuovimento
sul tutto di questo corpo cada l' errore. Sono alcuni che  ci  oppongono non essere poi necessario a formare una
si tengono gran maestri di compendii, e sorridono di chi  ci  trova tai nodi. Ma la ragione principale della necessità di
rispetto a noi siamo instruiti ed esercitati in tutto che  ci  risguarda; il bene all' incontro della società non risulta
nostra, se cozziamo con essa, per molti mali si vendica e  ci  castiga. Noi adunque seguaci della natura cercheremo prima
meglio detto che in tutto il curricolo degli studi non  ci  occupiamo d' altro affare, che di formare il cuore dell'
assai comodo anche in Italia, se dalla lingua tedesca  ci  fosse tradotto. La connessione poi di queste lingue, che
memoria, o s' ella verrà mettendosi ancora nell' intelletto  ci  starà tutta inerte, senza vita, senza moto, e sarà come
aria, senza ch' egli tocchi nè veda il sentiero onde altri  ci  va co' suoi piedi; questo secondo modo non è che
necessità i Gesuiti maestri s' erano accorti, i quali  ci  diedero molti classici latini saviamente acconciati per l'
da coltivare, e che le sole cognizioni della mente non  ci  rendono più felici nè migliori senza che questo senso del
come il frutto d' ogni educazione. Ma il precettore perchè  ci  riesca vuole esser tale, che ne castighi severamente se
Vero è che non si vide ancora attuata mai, ma non  ci  vuol molto a scoprirne la ragione. Le leggi fondamentali
di cui anche si usurpano la interpretazione.  Ci  sarebbe l' opinione pubblica che potrebbe fino a un certo
interessati. Noi vogliamo tentare di restituirle, se  ci  vien fatto, le più semplici forme. I limiti d' un diritto
insegnare non esiste se non alle seguenti condizioni; che  ci  sia: 1 scienza in colui che insegna; 2 onestà in ciò che s'
prima di queste due cose è tanto difficile, che non credo  ci  possa essere Governo tanto povero d' intelligenza d' aver
in tali esperimenti, sieno i più sapienti tra quanti  ci  possono essere nella nazione. Quando anco il Governo avesse
ed esaurito, ovvero, se crede che in quanto al metodo  ci  potrebbe pur essere qualche ulteriore miglioramento, collo
essere i maestri della nazione, salve però le pulighe, che  ci  rimangono nel gettarli. Così questo grand' uomo sarebbe
ufficiali non siano fatte per via delle consorterie: non  ci  vogliono nè consorterie metodistiche, nè consorterie
più odioso. Ma quest' è un pericolo così grave che gioverà  ci  torniamo anche sopra. I padri di famiglia hanno dalla
il diritto? « Noi non vogliamo favorire una consorteria,  ci  rispondono; ma vogliamo, che prima di tutto i padri stessi
. Ma chi è che giudica dell' opportunità? Siamo noi,  ci  dite. Ma non ci siete altri che voi al mondo? E se altri
è che giudica dell' opportunità? Siamo noi, ci dite. Ma non  ci  siete altri che voi al mondo? E se altri giudicassero
Dico in un' intolleranza religiosa, perchè fino a tanto che  ci  sarà religione, si porrà sempre dai padri di famiglia una
queste provvidenze governative, non vedo che difficoltà  ci  possa essere a lasciare interamente libera la beneficenza.
assoluta di questo genere d' industrie, benchè non  ci  dissimuliamo la difficoltà di determinare il modo con cui
è speculazione , come dicevamo, ed altro è insegnamento .  Ci  vogliono delle guarentigie, acciocchè questo non sia
difficili a determinarsi; e tutte sarebbero inutili, se non  ci  fosse in primo luogo una moralità e religiosità non comune
Se poi la concederà a tutti quelli contro i quali non  ci  sia un carico di notoria immoralità o un delitto, si
le persone. Se mi si domandasse oltracciò, quando  ci  sia questa rappresentazione degli interessi in quel gruppo
che presiedono alla società, e la governano, e quando non  ci  sia, risponderei: « C' è la rappresentanza degli interessi
e un Governo generale di diritto sociale, c' è anche o  ci  deve essere quell' associazione dei Comuni, e non si vede
dovrebbe lasciarlo integro e liberissimo. Ma che non  ci  abbia ancora nei Comuni un' autorità che si possa dire
ciò fosse, la spesa non potrebbe mai eccedere, poichè se  ci  possono essere tra i proprietari alcuni prodighi non può
si può dire: « Qui c' è un corpo di rappresentanti »non  ci  sia da cercar altro, non importi più esaminare come questo
ignobile servitù (1). Abbiamo già detto qual concetto noi  ci  facciamo del Consiglio provinciale: è un corpo di persone,
o governo proprio e veramente sociale . Tra gli Stati, che  ci  furono al mondo, e che ci sono anche al presente, non
sociale . Tra gli Stati, che ci furono al mondo, e che  ci  sono anche al presente, non mancarono e non mancano di
esterna e affettata è molta, ma l' indifferenza interna non  ci  può essere: chi non l' ama, l' odia cordialmente.
ritorniamo sopra per l' importanza dell' argomento, e però  ci  rifaremo a dire ancora qualche cosa in difesa de' diritti
a rispondere all' autore di quell' articolo, noi  ci  limitammo a circonvenirlo di falsità nel riprodurre la
falsificazioni le confermò, e di più, essendo egli anonimo,  ci  rimproverò di « « lavorare all' ombra del mistero e dell'
si lascia colla sola dottrina religiosa del divino Maestro!  Ci  sono dunque degli uomini, a cui sembra che si tolga loro la
anche noi maestri di morale. E però è conseguente che  ci  sieno di quelli che si adirino all' intendere che nessuno
Chiesa. Che per riguardo alle altre dottrine, nelle quali  ci  manca la scienza perfetta, si riconosca in tutti il diritto
noi concediamo alle nominate persone giuridiche, è nulla, e  ci  colloca tra « « coloro che una cosa sola al mondo ritengono
principii. Il Governo d' una nazione, nella quale non  ci  fosse una religione dello Stato, ma diversi o tutti i culti
in nessun caso autorità sulla fede religiosa, e se egli  ci  vuol mettere la mano, fa un atto di arbitrio e non d'
parte buona. - Relazione dell' Eclettismo colla via che noi  ci  proponiamo di seguitare nelle nostre lezioni (sincretismo).
la parte logica. - Noi entreremo in questa via - così  ci  solleveremo sopra tutti i sistemi - l' imparzialità -
il razionalismo filosofico . - Se si penetra nel suo fondo  ci  si trova la mancanza di fede, dico d' una fede filosofica
colle sue applicazioni. Ma vi ha egli nessuna norma che  ci  diriga in queste applicazioni? Ecco l' argomento della
comune, ma l' osservazione nostra propria. L' osservazione  ci  dimostra, che la sensazione è sempre particolare. - Si
cognizioni, e quali siano le cognizioni particolari che  ci  rimangono, le quali sole, se pure esistono, si possono
è conoscerne l' essenza. Dunque se egli è vero che i sensi  ci  somministrano qualche cognizione, questa cognizione è però
qualche cognizione, questa cognizione è però tale che nè  ci  fa conoscere che sia una data cosa, nè ci dà la possibilità
però tale che nè ci fa conoscere che sia una data cosa, nè  ci  dà la possibilità di affermarla. Avete veduto, miei
ciò proceda? La conseguenza legittima si è, che i sensi non  ci  fanno conoscere niente; poichè se ci facessero conoscere
si è, che i sensi non ci fanno conoscere niente; poichè se  ci  facessero conoscere qualche cosa, noi sapremmo che cosa
l' essenza della cosa. Ma siamo convenuti, che i sensi non  ci  possono far conoscere l' essenza della cosa, perchè l'
e i sensi non danno che particolari. Ancora, se i sensi  ci  facessero conoscere qualche cosa, noi potremmo affermarla o
o negarla. Ma noi siamo convenuti, che i sensi non  ci  danno la possibilità di affermare cosa alcuna e però nè
si annulla affatto la cognizione stessa, e perciò se  ci  rimane qualche cosa, quello che rimane non è più
cognizione senza cognito, non è cognizione quella che non  ci  fa conoscer nulla. Voi mi direte che i sensisti deducono
l' udito » (2). In fatti, non già le cose che noi leggiamo  ci  giovano per se medesime, ma la disposizione dell' animo,
che almeno di questo secondo rimedio, che il Signore  ci  dà ne' buoni libri, profittevolmente usiamo, leggendoli con
storia ecclesiastica della sua diocesi, perchè sappia chi  ci  abbia recato il lume dell' evangelio, per mezzo di quai
santa, e una vera indifferenza a tutte le altre cose,  ci  rendono facile udire la voce di questo Direttore, che in
facile udire la voce di questo Direttore, che in mille modi  ci  parla. Tante volte non si può avere un Sacerdote che ci
ci parla. Tante volte non si può avere un Sacerdote che  ci  diriga, fornito delle tre gran doti richieste da S.
ma GESU` Cristo, che di tutto questo ha la pienezza, non  ci  manca mai. La principal cosa adunque è di rendere l' animo
Senza di questo nè pure un uomo fornito di tutte le doti  ci  potrebbe dirigere. Poichè tutta la virtù sta nell'
di ubbidire consiste ogni vantaggio, che un Direttore  ci  potrebbe apportare. Quando disse il nostro Signore: « Se
questa è un' ubbidienza di consiglio. Alla quale se  ci  obblighiamo per voto, entriamo in quella che si dice
due cose adunque sta il pregio dell' avere una persona che  ci  diriga, cioè nel soggettamento elettoci per nostro volere,
amico fedele, quella guida sicura, che fra le migliaia  ci  avvisano i Santi di ricercare, e che lo Spirito divino
ciascuno del suo fratello, a pigliarci tali cure di carità  ci  chiama in molti luoghi nelle Scritture. Così prima d'
dallo scandalezzare i fanciulli colle parole surriferite,  ci  incoraggia a edificarli, [...OMISSIS...] . Vedete se a tali
. Vedete se a tali parole dobbiamo avere fiducia, che  ci  darà anche forze valevoli a sostenere il carico. Dio
o per errore. Quanto alla prima cagione, qual conforto non  ci  dà Cristo quando ci disse: « Il mondo gli ha odiati perchè
alla prima cagione, qual conforto non ci dà Cristo quando  ci  disse: « Il mondo gli ha odiati perchè non sono del mondo,
Dio di Cristo uomo, e che è padre di Cristo Dio, e il quale  ci  mandò Cristo Dio e Uomo in una congiunto . Dopochè ben a
della vita. Di spesso accade, che la virtù e la perfezione  ci  sia mostrata, ma non ci sia indicata la via d' andarvi. Voi
che la virtù e la perfezione ci sia mostrata, ma non  ci  sia indicata la via d' andarvi. Voi poi dovete anzi
discuopre la nostra infermità. Tutti i bisogni nostri  ci  mostrano limitati e miseri. Quando la fame ci avvisa di
nostri ci mostrano limitati e miseri. Quando la fame  ci  avvisa di prender cibo, ci avvisi anche che abbiamo
e miseri. Quando la fame ci avvisa di prender cibo,  ci  avvisi anche che abbiamo peccato. Perocchè sebbene anche
della quale morte esso è sì viva immagine. Quando poi  ci  svegliamo è da sovvenirci della futura risurrezione,
risurrezione, effetto de' meriti di Cristo. Avanti Cristo  ci  dovea il sonno sembrare la morte; dopo Cristo la morte a
Ma guai se mentre Cristo rese a noi un sonno la morte, noi  ci  rendessimo una morte il sonno, e morte dell' anima! Questo
trae fuori quasi a farle corteggio. Quando adunque innanzi  ci  diede a misura della scienza la fede , parlò di una fede
usi viene bisognevole. E per aver un filo, che sicuri  ci  conduca e ci scorga in tanta ampiezza di dottrina, e
bisognevole. E per aver un filo, che sicuri ci conduca e  ci  scorga in tanta ampiezza di dottrina, e diversità di vie,
dagli altri: perciò non sentiamo bastevolmente qual forza  ci  lega e aduna insieme, e ci dovrebbe formare una cosa sola
bastevolmente qual forza ci lega e aduna insieme, e  ci  dovrebbe formare una cosa sola per lo scambievole amore.
che dobbiamo camminare nella nostra vocazione, la quale  ci  chiama ad essere tempio vivo d' Iddio, ce ne viene
unita che fosse al proposito del battesimo, a Cristo  ci  incorporerebbe, per dir così, mentalmente, o, a esprimermi
per dir così, mentalmente, o, a esprimermi meglio,  ci  farebbe accostare e disporre alla vera incorporazione che
i desiderŒ nostri col beato godere, è quegli stesso che  ci  ama con paterno affetto, e a sè ci scorge; anzi dice padre
è quegli stesso che ci ama con paterno affetto, e a sè  ci  scorge; anzi dice padre di tutti , cioè tanto di Cristo
come delle membra, acciocchè riconosciamo l' amore, che  ci  vuole mercè del nostro capo, e i doni che dobbiamo
alto », risponde il Profeta, « menò schiava la schiavitù ».  Ci  narra il suo trionfo, a detta di Paolo, per farci intendere
pastore veramente buono, che fra' pericoli di questa vita  ci  conduce nella promessa terra del cielo colla verga della
già non dobbiamo, a provare gl' insegnamenti che dati  ci  vengono, al futuro ricorrere, ma solo all' esemplare
così a noi che la tolga a sè, ma se stesso dà a noi, e così  ci  dà tutto, perchè tutto in sè possede. Cristo veramente è lo
a formare l' armonia del tutto (4). Ma nel corpo non solo  ci  vogliono membra che lo compongano, ma è conveniente che
allora saremo quei membri di giusta misura, quali Iddio  ci  aveva destinati ab eterno, che bene s' avvengono al capo,
capo, non più fanciulli ma interamente formati. Acciocchè  ci  rendiamo tali, Cristo pose i governatori della Chiesa. Ecco
come crescono le membra: crescono per la fedel carità che  ci  incorpora in Cristo, e ci fa partecipe del suo già compito
crescono per la fedel carità che ci incorpora in Cristo, e  ci  fa partecipe del suo già compito accrescimento. Quanto non
devota, o dedicata: non tempo, in cui dalla unione con Dio  ci  possiamo dividere. Questo è il precetto dell' amor divino,
che in Cielo. Quaggiù l' infermità di nostra natura non  ci  permette di stare attuati mai sempre in pura
ancor noi per quel tempo in cui l' agricoltore celeste  ci  spiccherà per riporci nella sua dispensa. E allorchè già
da tutti i beni momentanei e ingannevoli? Così da per tutto  ci  parla la sapienza nel succedere delle stesse visibili cose
insegue dovunque con mille artifizj l' avversario, dovunque  ci  stia sempre presente con mille ajuti il comune difensore
le cose! e non solo rammentar che è Dio, il che più tosto  ci  sbalordisce e ci perde; ma averlo presente qual uomo, qual
solo rammentar che è Dio, il che più tosto ci sbalordisce e  ci  perde; ma averlo presente qual uomo, qual uno di noi, uno
infermità, fuor del peccato, che con noi gusta e patisce,  ci  compassiona, ci conforta, ci allegra, c' incoraggia, ci
del peccato, che con noi gusta e patisce, ci compassiona,  ci  conforta, ci allegra, c' incoraggia, ci ajuta, ci riprende,
che con noi gusta e patisce, ci compassiona, ci conforta,  ci  allegra, c' incoraggia, ci ajuta, ci riprende, ci minaccia;
ci compassiona, ci conforta, ci allegra, c' incoraggia,  ci  ajuta, ci riprende, ci minaccia; e in tutto fedele, in
ci conforta, ci allegra, c' incoraggia, ci ajuta,  ci  riprende, ci minaccia; e in tutto fedele, in tutto amico,
conforta, ci allegra, c' incoraggia, ci ajuta, ci riprende,  ci  minaccia; e in tutto fedele, in tutto amico, presente in
Giova ancora per rimanere in ispirito d' orazione, come  ci  è comandato, l' uso ben disposto d' ogni parte di tempo, e
questo fa, che pur noi, sacrificate le vane cose che  ci  aderiscono, siamo resi puri, resi spirito, emulatori de'
alcuno de' suoi mirabili effetti in chi prega. Iddio non  ci  ha lasciati però senza guida, anche rispetto alla forma
questo il Sacrifizio che dà la salvezza: mentre niente  ci  varrebbe la stessa morte di Cristo, fuori che a condanna,
nè pure il sacrifizio di Cristo, non che quegli antichi,  ci  potrebbe giovare cosa alcuna, se non unissimo il sacrifizio
unione nasce non solo per mezzo del Sacrifizio, con cui noi  ci  diamo a Dio; ma ben anco per mezzo del sacramento, con cui
dal Signore colle sue carni « incontro a quei che  ci  tribolano », tutti ne invita e ne chiama l' amorosissimo
spirito della quale, poichè non possiamo alla lettera, noi  ci  dobbiamo conformare. Assistere cioè alla Messa così mondi,
merito di quell' atto. Ma perchè impariamo come degnamente  ci  dobbiamo accostare alla divina mensa; dicendo Paolo, che «
impaurire e rimovere i disposti. Ciascuno pensi, che non  ci  è comandata tale frequenza prima che la rettitudine della
, che tengono luogo della rivelazione , perchè con questi  ci  desidera la Chiesa il possesso dei beni celesti, operando
pubblica preghiera. Che questa è a Dio carissima: a questa  ci  giova conformare la privata, che allora è fatta rettamente
portamento, quegli ampli addobbi de' Sacerdoti e del Tempio  ci  parlano di Dio; e che mentre glorificano Dio insegnano al
vortici del profumo odoroso ascendere in alto, e in quelli  ci  vengono a mente i nostri preghi che ascendono a Dio per
e in tutto il lento e variato procedere della cerimonia  ci  troviamo agevolmente colla mente in Cielo, nella corte di
l' onore, in che reciprocamente, se cristiani siamo,  ci  dobbiamo tenere. Quanto civile, umano, riverente non è
non è dunque il tratto dell' uom cristiano? quanto lontani  ci  conviene essere ne' nostri modi dallo sprezzo, dalla non
a lodare Iddio. Nel giorno, fra tante cure e pericoli,  ci  bisogna un peculiare sostegno divino ad ogni passo, e
e pregarlo, come si fa col principio di Compieta, che e'  ci  voglia ricondurre ad esso e ritenere il suo sdegno. I padri
Santi la magnificenza ammiriamo del regno di Cristo, che  ci  dà quaggiù un cotale saggio di celeste gloria, ed amiamo lo
tutto l' opera della divina incarnazione? Così preparati,  ci  nasce il Salvatore, viene circonciso, datogli il nome di
e della riprovazione della nazione santa, colla quale però  ci  rimane la dolce speranza di riunirci nella fede in fine del
dormienti. Quale mutazione di scena! che frutti consolanti  ci  promettono le nostre pene offerite al Signore! Abbiamo
Corpusdomini danno grandi cose alla mente. Quest' ultimo  ci  chiama ancora a riflettere in sulla dignità sacerdotale, e
occupato ne' mezzi, co' quali lo Spirito Santo  ci  si dona, e nelle opere sue fatte in tutti i tempi. Le
vita spirituale tiene alcuna similitudine alla corporea, e  ci  bisogna in quella altrettanto, dirò così, che ci bisogna in
e ci bisogna in quella altrettanto, dirò così, che  ci  bisogna in questa. Anche in quella dobbiamo primieramente
in quella dobbiamo primieramente nascere, e a questo Cristo  ci  ha fornito il Battesimo; dobbiamo crescere, a cui istituì
dobbiamo crescere, a cui istituì la Confermazione; perchè  ci  nutriamo, pose l' Eucaristia; ammalandoci dello spirito, ci
ci nutriamo, pose l' Eucaristia; ammalandoci dello spirito,  ci  fornì la Penitenza e l' Estrema Unzione, ordinata la prima
E poichè nel Battesimo il Santo Spirito dandosi a noi  ci  applica i meriti di Cristo, gli Apostoli attesero di
e di questo reame. Quel sacerdozio, che riceviamo,  ci  dedica al culto divino, imprimendo in noi questo carattere
a servire alla divina gloria eternamente: questo reame  ci  fornisce di sua grazia, con cui superiamo gli avversarŒ
Quella destinazione, o carattere, che al culto di Dio  ci  consacra, nol possiamo perdere più mai: possiamo però
perdere più mai: possiamo però perdere la grazia, che  ci  mette a parte della gloria e della corona. Ogni Cristiano
è il sacerdozio, e unico il regno da lui posseduto, di che  ci  chiama a parte nel possesso. Ciò s' esprime dalla Chiesa
non si curò di torci le umane miserie, mentre nulla con ciò  ci  avrebbe aggiunto o di grandezza o di nobiltà. Considerati i
in Gesù Cristo; e per li meriti suoi, mentre l' acqua  ci  lava il corpo, lo Spirito Santo ci lava l' anima. Cristo
suoi, mentre l' acqua ci lava il corpo, lo Spirito Santo  ci  lava l' anima. Cristo adunque era in quel passaggio
uno dell' altro è adempiere a tutta la legge cristiana (2).  Ci  sono dati intorno a questo primo comandamento di Cristo gli
cioè il piacer proprio, o l' altrui. Piacevole in vero  ci  è naturalmente la compagnia; essendo noi alla compagnia
degli altri formati da natura; piacevoli ancora nell' uso  ci  si rendono que' bei tratti, e que' gentili portamenti, e
per lo meno sospetto. Dobbiamo vedere dentro di noi da che  ci  venga questo piacere; poichè egli può nascere o da certa
è bello ed onesto, se apportiamo piacere colla virtù. Così  ci  insegnò anche Cristo a vivere cari agli altri: « Splenda la
In realtà la dichiarazione d' un luogo del nostro autore  ci  conduceva da se stessa a un altro chiamato in aiuto per
emendato dai lavori di valenti filologi italiani. Non  ci  dimentichiamo che anche la filologia greca nacque presso di
discrepanze e scissure, che nelle opinioni degli uomini  ci  furono sempre intorno alle vere dottrine dello Stagirita, e
nè può esser molteplice , poichè se fosse molteplice  ci  sarebbe un altro genere superiore, e così all' infinito.
noi poniamo mente all' incostanza del suo ragionare. Egli  ci  cangia improvvisamente l' universale in una similitudine
Ma che cos' è la similitudine ? Quest' è quello che  ci  si doveva dire, e quest' è quello che ci tace. E pure nell'
è quello che ci si doveva dire, e quest' è quello che  ci  tace. E pure nell' arcana natura della similitudine giace
particolare: non potendo Roscellino concepire che  ci  fosse qualche cosa di comune , era condotto necessariamente
mente di Gilberto un altro principio erroneo, quello che  ci  possa essere in Dio vera composizione, come accadrebbe se
opposto dell' individuo singolare : essi non trovarono che  ci  potesse essere di reale altro che questo: conchiusero
Dio, e di esse in quanto sono reali partecipa il mondo, non  ci  può esser più che una cotal specie d' emanazione della
di non uscire dalle dottrine della fede, e che non  ci  sono sole, ma mescolate con altre del tutto opposte al
il che è impresa non solo temeraria, ma assurda. Ma se  ci  trasportiamo veramente in quell' ordine divino e
veramente in quell' ordine divino e soprannaturale che  ci  ha rivelato e apportato il cristianesimo, nel quale
nel quale troviamo i veri mistici, in tal caso,  ci  si fanno incontro di quegli uomini che ci parlano della
in tal caso, ci si fanno incontro di quegli uomini che  ci  parlano della realità di Dio, per averne un' interiore
chiusa e segreta. Conviene che noi lo diciamo, sebbene  ci  sia noto che una simile sentenza turbi non leggermente i
dell' attenzione e della riflessione, perciò inosservate:  ci  sono come non ci fossero pel ragionamento riflesso: le idee
e della riflessione, perciò inosservate: ci sono come non  ci  fossero pel ragionamento riflesso: le idee in questo stato
in che modo esse siano nella mente. Può intendersi che  ci  siano come atti della mente, e in tal caso non esistono più
dottrina di Platone, quale risulta dalle opere che di lui  ci  rimangono e dalle indicazioni che ce ne dà Aristotele; ma
dalle antiche filosofie e dalla loro degenerazione: ma non  ci  fu campo, nè tranquillità sufficiente a richiamare in esame
senza però che osasse metter fuori le unghie: nè  ci  fu alcuno degli ultimi filosofi cattolici, nè Boezio, nè
fuoco vulcanico che coperto in parte da ceneri e da rovine,  ci  fa ancora sotto le piante traballare ed ardere il suolo
più giù fino al Vanini (3); 2 il costume ; e l' averroismo  ci  dà gli epicurei di Firenze del secolo XIV coi loro
si persuadono facilmente che in tali giudizi non  ci  sia altro che talune contraddizioni casuali, la causa delle
se prima non è filosofo egli medesimo . Tale vicenda  ci  porge, come dicevamo, la filosofia d' Aristotele, ora
nella grotta ove furono nascosti dagli eredi di Neleo, e  ci  rimasero sì a lungo per sottrarli ai re di Pergamo, che
conciati gli scritti del nostro filosofo, di maniera che or  ci  è impossibile trovare quanto quelli che abbiamo, s'
parti. Certo (anche senza contare che alcuni dei libri che  ci  rimangono col nome d' Aristotele non sono autentici, altri
Laonde nè pure in questi il sistema (quando anco  ci  si contenesse) potrebbe apparire in piena luce. Al che s'
e molte significazioni, e quando l' usa è ben rado ch' egli  ci  avvisi in quali di esse lo prende. Mancando questo
di quei filosofi, condiscepoli ed emuli d' Aristotele, non  ci  rimangono gli scritti, ma frammenti scarsissimi: la solenne
provano nel cuore un crudel dolore che ne li fa lamentare.  Ci  si dirà forse che le varie difficoltà fin qui indicate
della dottrina aristotelica. E se la cosa è così, come voi  ci  annunciate un' opera che la espone? o che cosa dunque vi
, scriviamo un giudizio sopra un' antica filosofia: vi  ci  accingiamo spassionati, senza lasciarci prevenire da alcuna
andremo esponendo, si è di vagliare il vero dal falso che  ci  possa essere in tutto quell' ammasso di opinioni che si
d' incorrervi nuovamente: porgendo netto il vero, se  ci  riesce, e procurando di fare che ciascuno veda l' evidenza
luoghi delle sue opere e il fondo stesso della sua dottrina  ci  persuade del contrario. Sappiamo che Platone stesso si
generati, contro la madre »(3) », ed Eliano e Diogene  ci  narrano l' arroganza del discepolo, che obbligava il
idee. Egli riconosceva: 1 che senza le idee universali non  ci  può essere scienza [...OMISSIS...] , ammetteva dunque idee
fa costantemente, che « « senza gli universali non  ci  può essere scienza » », giacchè la necessità stessa della
essenza prima e singolare, e quella costituisse questa,  ci  sarebbe una dualità di sostanze nello stesso individuo, per
di Aristotele: « « tolte via le sostanze singolari, non  ci  sarebbe più nulla »(2) ». La qual sentenza non gli può
che non sono dunque i primi, e che senza le sostanze non  ci  sarebbero le altre cose degli enti (4). Ottimamente; ma
il contrario? In un altro luogo, volendo provare, che non  ci  sono elementi comuni alla sostanza e all' altre categorie,
comuni alla sostanza e all' altre categorie, dice che, se  ci  fossero, sarebbero anteriori alle categorie, perchè l'
ad un tempo, non fossero necessarie le idee, quando non  ci  fosse da spiegar altro che le cose reali; ma se oltre
da spiegar altro che le cose reali; ma se oltre queste  ci  sono le specie, se ci sono le cose possibili , che non
che le cose reali; ma se oltre queste ci sono le specie, se  ci  sono le cose possibili , che non essendo reali pur sono
, che non essendo reali pur sono qualche cosa, in tal caso,  ci  sono anche queste da spiegare, e così le idee ridivengono
dell' uomo è universale, ma non ce n' è alcuno »(1) »;  ci  sono soltanto degli uomini singolari. Quelli dunque sono i
che l' opera abbia raggiunto e sia realizzato, poichè, se  ci  tende, non l' ha raggiunto ancora. Nè si dirà, che il moto
bastandogli la specie a spiegare la produzione delle cose,  ci  aggiunge un abito attivo che è veramente un quarto
materia o la specie fosse l' effetto della trasmutazione,  ci  fosse un' altra materia, e un' altra specie anteriore, e
Da questo adunque argomenta Aristotele, che le specie non  ci  possono essere, secondo Platone, che delle sole cose in
posteriori, e nel terzo dell' anima; ma come gli riesce?  Ci  troviamo alcune sentenze generali, ma la questione non si
quest' essenza seconda dei reali, e il filosofo non  ci  tiene anche qui a bada con delle metafore, è da
una esistenza ciascuno separata, e senza alcuna comunanza,  ci  sia il comune o l' universale (e se non vi fosse l'
a Platone. Se dunque noi prendiamo da Aristotele quello che  ci  concede, che « le cose non si potrebbero conoscere per
sono fuori di questo ». Ma pure conviene, che Aristotele  ci  dica chiaro, se la forma reale , che ha ciascuno degli enti
opere esigendo una diversa interpretazione, conviene che  ci  atteniamo a quella che meglio e più facilmente concilia
scrive da sè stessa (2). Ed aveva già prima avvertito, che  ci  sono due maniere di patire [...OMISSIS...] . Onde non è
sistema, se c' è sistema; e se non c' è, che fa credere che  ci  sia. Ora quella particella è appunto la più trascurata dal
la interpretazione, e supponendola chiara da sè, non  ci  fa commento. Intanto da quella proposizione limitata e
non sieno in qualche modo nella mente, ma che semplicemente  ci  sieno: altramente la conseguenza dovrebbe essere, per non
. Poichè se quando gli intelligibili sono in potenza, non  ci  potesse essere una mente, in tal caso la mente sarebbe solo
la mente sarebbe solo degli intelligibili in atto, e non  ci  sarebbe una mente potenziale, «dynaton», che non ha niuno
può ripensare alle cose che sa, quando vuole, e quando non  ci  pensa è in potenza all' operazione del contemplare. Prima
passasse una similitudine maggiore di quella, che veramente  ci  passa, come risulta da questo luogo: [...OMISSIS...] . Egli
dunque passa a questi suoi atti? Se fosse materia inerte,  ci  vorrebbe una causa esterna che la movesse. Questa causa
a ciò mi movono sono le seguenti: 1) Aristotele dice, che  ci  deve essere nell' anima intellettiva, « « una mente tale
interpreta dunque a questo modo la mente d' Aristotele, non  ci  rimarrebbe altro che un viluppo di contraddizioni e di non
Ammise dunque nell' anima qualche cosa COL QUALE  ci  procacciamo consapevolmente le cognizioni, ma non qualche
sapere e credere più delle conclusioni, altramente essi non  ci  potrebbero servire di mezzo a conoscere queste.
possiede un sentimento fondamentale , dove si può dire, che  ci  sono in potenza le specie sensibili delle cose sentite (5),
conviene intendere tutto ciò metaforicamente, ed allora non  ci  rimarrebbe alcuna spiegazione del fatto della cognizione
determinato (che altramente non sarebbe sensibile),  ci  abbisogni il fantasma? Anche questo è fuori di questione.
nelle specie sensibili, non perchè quivi essi veramente  ci  sieno, ma perchè la mente stessa colla sua attività ve li
stessa colla sua attività ve li pone, benchè per sè non  ci  sieno punto. E porre ne li deve indubitatamente, se si
è essa stessa per natura sua in atto, altrimenti  ci  vorrebbe un' altra causa che la riducesse all' atto, onde
è trattata più pienamente. Quivi prende a dimostrare che  ci  deve essere « «una qualche sostanza eterna ed immobile »,
brevità, oscurità e dubbiezza qua e colà ne' varŒ libri che  ci  rimangono. Cominciamo dalla mente umana. Nel secondo «
nel seme [...OMISSIS...] , e nel concepito [...OMISSIS...]  ci  sia l' anima, e onde venga [...OMISSIS...] ; e prima dice
perplessità. Da una parte egli riconosce che niuna scienza  ci  può essere, se l' uomo non conosce avanti que' principŒ;
[...OMISSIS...] . Dall' altra, trova pure assurdo, che  ci  sieno in noi gli abiti della scienza, senza che noi n'
così il secondo principio nasce quando s' è conosciuto che  ci  hanno degli enti contingenti e degli enti necessari, pei
indimostrabili, notissimi, tutto ciò in una parola che  ci  può essere d' anteriore alla dimostrazione, di cognizione
essere uno e immoto, altramente, se tutto si movesse, non  ci  potrebbe essere movimento. E venendo al sensibile dice:
Aristotele, che antecedentemente a tutte le scienze  ci  sia una scienza, che non tratta d' alcun essere
come contraria la necessità degli universali , perchè  ci  sia la scienza e non restino le cose al buio. Tentò dunque
le cose reali e singolari e che sono unite colla materia,  ci  sono altre specie separate dalla materia, il cui domicilio
sciogliendo l' apparenza della discordia: il che  ci  obbliga a cercare tutte le vie di conciliare il maestro e
, ma un che sciente, [...OMISSIS...] , affinchè  ci  sia l' atto compiuto, poichè [...OMISSIS...] . Conviene che
dividendola dalla seconda, e cerchiamo a che s' estenda,  ci  accorgeremo ch' ella è atta solamente a dimostrare, che le
e non sono in esso, quelle che si dicono del subietto, e  ci  sono, quelle che non si dicono del subietto, e ci sono, e
e ci sono, quelle che non si dicono del subietto, e  ci  sono, e quelle che nè sono nel subietto, nè si dicono di
tra Aristotele e Platone, che abbiamo già toccata e che  ci  conviene ora meglio sviluppare. L' argomento che fa
non partecipate ed eterne, e partecipate. Se questo è così,  ci  sarà ancora qualche cosa di comune tra le idee eterne e le
d' un subietto; dal che deduce, che dunque avanti ad esse  ci  dee essere il subietto. Platone nega, che le idee sieno
si disputa: onde la distinzione applicata al caso nostro  ci  rimanda alla dottrina delle idee, e non vale a chiarirla.
l' università delle cose, e però basta a soddisfarvi che  ci  abbia un atto primo anteriore a tutte le entità potenziali,
dicevano esser enti per la imitazione di esse »(2) »: non  ci  sono dunque due serie di enti, ma una sola, che ha due
cose, qualunque sia, purchè non involga contraddizione, non  ci  deve turbare, nè dobbiamo, uscendo di senno per la
coll' immaginazione nostra e coll' arbitrio. Ora che cosa  ci  risulta da questa attenta osservazione delle cose tutte da
attenta osservazione delle cose tutte da noi conosciute?  Ci  risultano queste conclusioni: 1 Che niuna cosa può essere
l' ente del non ente, e il non ente dell' ente, come  ci  rimproverano gli avversari, quasi cadessimo in
ciò che appartiene all' ordine reale sia apparente, e non  ci  sia di vero che l' ordine ideale, come falsamente gli viene
subiettivo capace d' acquistare la detta virtù (1);  ci  sono le cose reali atte a divenire intelligibili: c' è il
idee si contiene l' essere del Mondo. Tra queste idee  ci  sono quelle dell' anime finite. Il Bene che colla facoltà
quali danno necessariamente una pluralità, anche dove non  ci  potrebbe essere, e però una cognizione imperfetta, ma l'
che noi, discorrendo per via di ragioni , come l' unica che  ci  resti, troviamo necessarie perchè esso sia, sono per la
quest' ottimo esemplare, conveniva che in questo esemplare  ci  fosse l' idea non meno dell' anima che del corpo del mondo,
l' Esemplare dall' effetto che è l' Universo, nel quale  ci  sono i vestigi dell' esemplare e c' è l' anima
integrità della mente » » (4), perchè nell' Esemplare non  ci  sono che pure idee scevre da ogni concrezione e realità.
che compongono, secondo le ragioni della mente umana, Dio,  ci  sono delle altre idee relative alle cose mondiali, che
Conveniva dunque che ricevesse un ordine. Ma se non  ci  fosse un' intelligenza che intendesse quest' ordine, era
aggiunta di qualche altra cosa. E a questa seconda sentenza  ci  atteniamo: giacchè crediamo difficile a provare che gli
può rappresentare l' anima compiutamente; perchè quantunque  ci  vengano rappresentati sensibilmente i movimenti dei due
infinito occupato dall' anima, dove non dice Platone se  ci  sia moto o quiete, e vuol forse significare ciò che non ha
poichè non sarebbe perfetto se alcuna ne mancasse. E però  ci  doveva essere anche la generazione degli animali mortali, i
o convenienza di ciascuna a ciascuno de' detti corpi, nè  ci  giova entrare a discutere se e come Platone ammettesse i
memoria, secondo la quale ne' discorsi intorno a tali cose  ci  esprimiamo. Le forme adunque e la distribuzione delle cose
all' essenza, è patire (3). E che conoscere sia agire, non  ci  può esser dubbio; ma noi neghiamo che all' agire
è la causa del mondo, Iddio, atteso che in quest' esemplare  ci  sono i vestigi del divino suo autore ed è con esso
armonico di sapienza e di piacere , è manifesto che  ci  deve essere una causa che abbia così opportunamente
dunque del Bene, cioè, ciò che è per sè il Bene quaggiù  ci  manca. Possiamo in quella vece esprimerlo con una cotal
Si ferma Platone nel « Filebo » a tre di queste idee che  ci  servono a conoscere, come possiamo, il Bene stesso.
del Bene appena visibile, [...OMISSIS...] ) (1), noi così  ci  formiamo la cognizione del Bene puro . Dimostra adunque
nè pur sono piaceri. [...OMISSIS...] . E dimostra che  ci  sono de' piaceri veri e dei falsi: i primi ordinati e
Bene partecipa, e quelle stesse idee eterne, che al Bene  ci  conducono, e a questo di nuovo, come ad ultimo principio,
eterno, non ha bisogno d' alcun esemplare, e però non  ci  sono le idee , che lo compongono, separate e indipendenti
poichè questi sono diversi (4), perciò, secondo Aristotele,  ci  devon essere altrettante materie diverse che li
classificano in dieci supremi generi che sono le categorie.  Ci  hanno dunque due generi di specie , secondo Aristotele: 1
veramente se fossero numericamente diverse, di maniera che  ci  fossero due forme, la reale e l' ideale (come in cert'
Aristotele accusa ingiustamente Platone (2). Poichè se  ci  sono due specie della casa, devono aver qualche cosa di
all' effetto all' ultima più remota, ed è su questo che  ci  dobbiamo estendere. Tutte queste cause, come vedemmo, si
cose reali sieno nelle stesse cose reali, perchè dice, se  ci  fossero specie fuori delle cose reali, queste nè potrebbero
cangiano e trasformano è l' unica maniera di produzione che  ci  sia nell' universalità delle cose. Se questa è l' unica
alla materia, e sia concorsa alla produzione del mondo. Non  ci  sono dunque le idee separate di Platone. Il mondo dunque è
come vuole Platone: dunque di separato dalla natura non  ci  può essere una causa efficiente , ma solo una causa motrice
o dal caso, s' avrebbe ugualmente la sanità, benchè non  ci  fosse la specie pura nella mente. Di più, quando trovata
n' abbiamo indicate: affrettiamoci ad esporre quelle che  ci  restano, e a rinforzare di nuovi ragionamenti quelle che
sensazioni inaccessibili all'uomo con quegli apparati che  ci  diede la natura. È ben lecito imaginare che come da natura
fa la bussola, le influenze magnetiche. Quella società he  ci  diede a scorta l'ago calamitato ella vastità dei mari e nei
solo a renderci pienamente tranquilli e contenti. La fede  ci  dice che se cangiano gli uomini, Iddio è sempre il
e che è un atto d' egual bontà quello con cui  ci  umilia, e quello con cui ci esalta; onde se viviamo di
d' egual bontà quello con cui ci umilia, e quello con cui  ci  esalta; onde se viviamo di fede, come devono vivere i
onde se viviamo di fede, come devono vivere i giusti,  ci  dobbiamo ugualmente rallegrare, colla parte superiore dell'
perchè bastano a ciò le opere e i fatti. Gesù Cristo  ci  ha insegnato a giudicare « ex fructibus », e così devono
che questa volontà si manifesti, quasi che ella non  ci  fosse stata manifestata dal Vangelo, e dalla dottrina de'
de' miei difetti ecc. »; quasichè al presente non  ci  siano più molti difetti: il che mostra una deplorabile
rendano brutte di tanta ingratitudine verso quel Dio, che  ci  ha prescelti con infinito amore e collocati in luogo così
dirige le nostre stesse orazioni; poichè qual cosa altro  ci  resta da domandare al Signore, se non ch' egli ci aiuti e
altro ci resta da domandare al Signore, se non ch' egli  ci  aiuti e conforti a far ciò che c' impone l' ubbidienza,
la dolcezza e la mansuetudine, acciocchè quel divin foco  ci  s' accenda e ci consumi! Per le quali ragioni fu cosa
la mansuetudine, acciocchè quel divin foco ci s' accenda e  ci  consumi! Per le quali ragioni fu cosa giusta e naturale se
quali ragioni fu cosa giusta e naturale se io e noi tutti  ci  siamo rallegrati all' intendere che voi, e con voi i
sempre colla condizione della maggior gloria di Dio. E se  ci  fosse un altro che raccomandasse prima i ministri della
l' uomo vive, questo può sempre esser convertito; ma se  ci  fosse rivelato da Dio che una persona, per la quale noi
la seconda norma. Finalmente anche senza di ciò, quanto più  ci  spingiamo avanti verso il bene insegnatoci da Gesù Cristo,
amore obbiettivo anche rispetto a noi stessi; onde quando  ci  rallegriamo dei doni e delle grazie che ci ha date Iddio e
onde quando ci rallegriamo dei doni e delle grazie che  ci  ha date Iddio e delle buone azioni che per sua grazia
grazia facciamo, riservandone a lui ogni onore e gloria, e  ci  rallegriamo altresì perchè l' anima nostra acquisti così
nè difetto di sorte. E` un' allegrezza santa, a cui  ci  conforta il Salmista quando dice: « laetetur Israel in eo
in questo godimento ponessimo noi stessi per fine ultimo,  ci  sarebbe peccato grave, peccato indubitatamente di superbia;
ordine più o meno alto. Onde se la riflessione è superba,  ci  hanno tante maniere o forme di superbia, quanti sono gli
augurii, e ve li ricambiamo di cuore. Ma non meno grate  ci  giunsero le notizie del vostro stato e del vostro esordire
a sè stessi s' arrischia di fare dei giudizi falsi, che  ci  portino o all' avvilimento o alla presunzione; ovvero,
o alla presunzione; ovvero, rimanendo nell' oscurità,  ci  troviamo agitati dalla stessa incertezza. E` meglio dunque
un tutto, non è però questo tutto che si cerca, chè non  ci  sarebbe cagione di cercarlo, già possedendolo. L' essere,
( «dyas»), che doveva essere compito dall' unità acciocchè  ci  fosse l' ente (1). IV Unità come tutto formale . - Si
»; primo a significarsi, perchè l' astratto puro, benchè  ci  sia nella mente, pure non si denomina subito e neppure si
e in Aristotele comparisce bensì la distinzione (3), ma non  ci  è sempre osservata; chè anche in questi filosofi si tratta
fosse quella che è per avere in sè quel numero, e che non  ci  fossero altre differenze; poichè nella pura materia a cui
poichè nella pura materia a cui manchi ogni numero non  ci  possono essere infatti interne differenze. Ma quando poi,
parlare nell' Ontologia a cui rimettiamo il lettore. Qui  ci  basta osservare, che, quando Aristotele dice che i
(3), era l' indefinito pe' Pitagorici. Ora, che differenza  ci  passa tra il pari e la diade? (4). E non può esser
è perfettamente uno, e nè pure è qualche cosa di completo:  ci  vuole un ente in qualche modo ultimato e determinato
determinato, è la realità pura, ossia la materia reale .  Ci  sono dunque per Platone tre indefiniti: l' uno indefinito ,
dei Pitagorici, e fosse cotanto da queste scuole reputata.  Ci  pare dunque indubitato doversi distinguere l' uno
poi i numeri, cioè le specie distinte, ma in cui non  ci  sono attualmente; convien dire ch' essa sia l' idea senza
di numero il «to proton hen» dei più recenti (2).  Ci  riserbiamo a mostrare altrove come i Pitagorici traessero i
il solo principio del determinato , ovvero « se tutto che  ci  avea nell' universo fosse moto e quiete », come insegnavano
lo spazio buio, gli dà le forme e lo determina. Questo  ci  chiama alla mente la specie «eidos, idea» di Platone, il
e ciò in due modi: a) trovando in esso tutto ciò che  ci  si potea distinguere; quindi in ogni genere, che è appunto
sia, arguisce dall' esserci l' uno , che è necessario che  ci  siano i molti come sua condizione, altramente non sarebbe,
ne trae la prima Antinomia speciale: cioè nell' uno essente  ci  sono necessariamente in un modo implicito tutti i numeri
più, nel due c' è due volte l' uno, e nel tre tre volte .  Ci  sono dunque dentro i concetti di due e di tre , e di due
essente, e però nè pure nel non uno; poichè se in questo  ci  fosse, già ci sarebbe anche nell' uno, chè il predicato
però nè pure nel non uno; poichè se in questo ci fosse, già  ci  sarebbe anche nell' uno, chè il predicato diverso è
distinguere in essa il due o altro numero definito, non  ci  sarebbe tatto, perchè questo non ci può essere se non tra
numero definito, non ci sarebbe tatto, perchè questo non  ci  può essere se non tra due o più cose, tra le quali i
in tal caso si può dimandare se nell' uno e nell' altro  ci  sieno anche, oltre i concetti trovati fin qui, il concetto
di maggiore e di minore. Ora questi concetti appunto  ci  si trovano. Poichè abbiamo veduto, che tutte le parti
c' è, fino che tutte l' altre cose, sino all' ultima, non  ci  sieno, e però l' altre cose sono anteriori e più vecchie
il sapere per intuizione o il sapere per sè. Poichè, se non  ci  fosse tempo, cioè il rapporto tra l' identità e la
avere più sensazioni, e immutazioni; e di conseguente non  ci  sarebbero i nomi e la lingua. Convien dunque dire che,
, ossia il non ente. Poichè, dice l' Ospite d' Elea, che  ci  tiene le prime parti [...OMISSIS...] . E dopo avere
anche la dialettica, ossia il ragionamento che vi  ci  ha condotti, trova nell' essere stesso per sè considerato
dicesi da prima quello che è congiunto coll' uno, benchè  ci  sia un concetto anteriore, quello dell' uno? - Ciò che è
perchè, se l' uno ente è per sè molti, come non  ci  sarà il numero? Laonde Platone nella stessa essenza ( «to
mistione di moto e di stato [...OMISSIS...] . Il che però  ci  sembra implicato di molti equivoci. Poichè se l' ente è un
identità e la diversità il quarto e il quinto: se qui non  ci  sono tutti i numeri, c' è però fino al numero cinque; e
tutti i numeri, c' è però fino al numero cinque; e così  ci  sono abbondantemente gli elementi di tutti gli altri
Primieramente, dice, come la scienza è una, e tuttavia  ci  sono molte scienze, che sono specie e parti di quella; così
del tutto insufficienti a dimostrare, come nell' uno non  ci  sia nè essere, nè azione, e tuttavia produca, e produca
è questo: In ciò che è assolutamente primo, non  ci  possono essere differenze di sorta, perchè, se ci fossero
non ci possono essere differenze di sorta, perchè, se  ci  fossero differenze, quale di esse sarebbe la prima? O
differenze, quale di esse sarebbe la prima? O questa  ci  sarebbe, o niuna sarebbe logicamente antecedente all'
dall' ente logico all' ente subiettivo, essa però non  ci  obbliga di dare a Plotino la taccia di Panteista. Poichè
l' identità col fonte da cui è uscito (1); procede che  ci  intervenga una specie di creazione, e che la prima Mente
che non si vede come evitarsi; 2 Riconosce Plotino che non  ci  potrebbe essere intelligenza senza una dualità, cioè un
solo una, ma anche molte. Ma se si concede che molte menti  ci  sieno, perchè ci sono molte idee, non rimane per questo
molte. Ma se si concede che molte menti ci sieno, perchè  ci  sono molte idee, non rimane per questo provato che la Mente
deve essere identico a quello che conosce i generi. E, se  ci  fosse un subietto che conoscesse i soli generi e non le
da' suoi lettori che la indovinino da sè stessi e non  ci  facciano mai sopra difficoltà, è la stessa che quella che
che la Mente comprende tutte le cose, se non so ancora che  ci  sieno le cose, e che cosa importi questo tutte? Voi
qualche cosa al di sopra e al di sotto dell' essere stesso!  Ci  ha dunque abuso di speculazione per mancanza di vera e
da un debitore per via l' incontro di un creditore:  ci  si affacciano dappertutto importune con quel terribile -
per vere categorie. L' affinità e continuità delle sentenze  ci  persuase che riuscirebbe più naturale e facile la nostra
delle dispute che ebbero luogo nella scuola di Platone,  ci  consigliano ad esporre il suo sistema alquanto più
partizioni dell' ente sopraccennate, tuttavia confusamente  ci  appariscono; e però noi raccoglieremo da' libri di questo
delle riflessioni non solo v“lte a distinguere quello che  ci  sembra inesatto, ma a perfezionare anche quello che ci
che ci sembra inesatto, ma a perfezionare anche quello che  ci  sembra esatto e vero: il che ci risparmierà il dover
anche quello che ci sembra esatto e vero: il che  ci  risparmierà il dover ripetere le stesse cose altrove.
filosofo ritorna in altri scritti ancora. All' uopo nostro  ci  limiteremo ad accennare quanto egli tocca in principio all'
principali specie di analogia, di cui favelliamo; perocchè  ci  bisogna distinguere queste due specie a spianarci il
essenza dell' essere assoluto, poichè altramente tal essere  ci  riuscirebbe manchevole, ma non sappiamo in che modo le
all' incontro, che è il determinante, ha numero, cioè  ci  sono diverse specie. Ricercando quali sieno, si viene a
generi sono « la specie e la materia », convien dire che  ci  sia una materia ideale , che costituisce il genere delle
non trovasi nella natura delle cose, dove, quantunque  ci  sia distinzione, non vi ha separazione, cioè non c' è
è sostanza (propriamente detta) divisa dagli accidenti, nè  ci  hanno accidenti divisi dalla sostanza; ma la sostanza e gli
come la quarta, che è la relazione «pros ti». Vero è, che  ci  hanno certe relazioni oggettive: ma, oltre che il filosofo
inconseguenza, che prestano tutta fede alla ragione quando  ci  asserisce qualche cosa intorno agli oggetti sensibili, e le
fede quando con eguale o ancor maggior asseveranza ella  ci  asserisce qualche cosa intorno agli oggetti intelligibili;
quali sieno le partizioni dell' ente, che questo filosofo  ci  viene proponendo. L' ente di Kant, parte prodotto, parte
trascendentale, cioè la dottrina della sensitività,  ci  sembra la parte migliore della « Critica della Ragione pura
un modo di concepire simultaneo ed immobile, e questo  ci  viene dalla natura dell' ente intuìto che è fuori dello
[...OMISSIS...] 1 Queste quattro grandi classi di giudizŒ  ci  sono date da Kant sulla sua parola, poichè non fa alcun
, ma puramente dialettica, e però ella è tale che non  ci  può somministrare in modo alcuno la partizione dell' ente o
che l' azione e la passione siano reciproche; quando  ci  sono passioni ed azioni che non finiscono in un solo
difenderla dal suo proprio furore, (il che d' altra parte  ci  sarebbe impossibile), e ci rassegneremmo ad essere anche
furore, (il che d' altra parte ci sarebbe impossibile), e  ci  rassegneremmo ad essere anche noi stolti, avendo una
chiama intuizione) dà degli oggetti, e senza questi non  ci  hanno che idee; dunque noi non possiamo dimostrare che vi
oggettivo, come potete voi dimostrare che la ragione non  ci  illuda? Vedo bene che voi negate solo che la ragione ci
non ci illuda? Vedo bene che voi negate solo che la ragione  ci  illuda primitivamente , e con questo accordate che ci
ci illuda primitivamente , e con questo accordate che  ci  illude posteriormente. Ma dove fondate voi questa
assoluta incondizionata del soggetto pensante , ed ella non  ci  perviene se non per via di un paralogismo, che le fa
al dovere di scegliere? Vi può essere un dovere morale che  ci  obblighi ad abbandonarci all' illusione? E a mentire a noi
è coscienza, se teniamo fermo quello che lo stesso Fichte  ci  ha accordato, cioè che la coscienza esiga un soggetto ed un
coscienza di sè che per riflessione, come lo stesso Fichte  ci  accorda, e però ha bisogno di essere oggettivato acciocchè
non cadono che gli oggetti. Ma la coscienza stessa  ci  dice che un oggetto non è l' altro, nè si può coll' altro
si pronuncia col monosillabo IO. Or come la coscienza  ci  dà la distinzione di tutti i suoi oggetti, così ci dà la
ci dà la distinzione di tutti i suoi oggetti, così  ci  dà la distinzione dell' IO da tutti gli altri innumerevoli
che alla coscienza appartengono. La coscienza dell' IO  ci  dice bensì, che quest' io è il principio consapevole, ma ci
ci dice bensì, che quest' io è il principio consapevole, ma  ci  dice in pari tempo, ch' egli, principio consapevole, è un
un solo di tutti gli innumerevoli oggetti della coscienza,  ci  dice che l' IO ha una relazione con tutti gli oggetti, ma
riconoscere per buoni gli argomenti di Fichte, questi  ci  condurranno alla necessità di riconoscere che l' Io, ossia
STESSO come un essere riflettente e pensante, ed allor solo  ci  rendiamo conscii di noi medesimi. [...OMISSIS...]
dato allo spirito umano per natura nel primo suo oggetto,  ci  conduce da un ente all' altro, e talor anco dall' ente
si divida in soggetto ed oggetto. Anzi la coscienza stessa  ci  attesta, che tanto il soggetto quanto l' oggetto non sono
in cui ella si divide. In quanto al soggetto la coscienza  ci  dice, ch' egli è quello che è consapevole, ma non è la
la coscienza o parte di lei. Anzi è la coscienza stessa che  ci  attesta, che altro è lei stessa, altro i suoi oggetti;
è lei stessa, altro i suoi oggetti; altro l' atto con cui  ci  rendiamo consapevoli, altro ciò di cui ci rendiamo
l' atto con cui ci rendiamo consapevoli, altro ciò di cui  ci  rendiamo consapevoli. La coscienza è un nostro atto o
coscienza è un nostro atto o abito; ma l' oggetto, di cui  ci  rendiamo consapevoli, non è mica sempre un nostro atto, o
suo concetto. Ma il concetto del principio di quest' atto  ci  dimostra anzi, che si può egualmente pensare che esista o
Io) sussiste, pone il suo termine; questa proposizione nè  ci  conduce ad un Io, ma ad un principio di atto; nè ci conduce
nè ci conduce ad un Io, ma ad un principio di atto; nè  ci  conduce ad un principio necessario, ma contingente, e tale
non si considerava, che è la coscienza stessa quella che  ci  dice che ella non crea le cose, ma non fa che affermarle; e
degli enti. E non di meno l' affermazione , colla quale noi  ci  persuadiamo della sussistenza degli esseri, è una
aver veduto ch' ella non è di facile spiegazione, è ciò che  ci  fa lodare di profondità il pensiero di Fichte. Il
non si dee mettere a suo conto l' occasione ch' ella  ci  porge di avere l' idea determinata dall' ente, perchè
limita. Rimane adunque che l' affermazione per sè altro non  ci  faccia conoscere se non la sussistenza di quell' ente di
conoscere se non la sussistenza di quell' ente di cui  ci  occasiona l' idea; idea che ci è data, come da vera causa,
di quell' ente di cui ci occasiona l' idea; idea che  ci  è data, come da vera causa, dall' intuizione dell' essere,
anche oltre l' atto dell' affermazione; Fichte non  ci  può mica dire, che quest' è un' illusione trascendentale.
in antinomie, categorie ed altro, e in vece di verità  ci  ha lasciato contraddizioni. Se dunque cotesto smembramento
essere la base del sapere e della certezza, e di questo  ci  congratuliamo; ma, nello stesso tempo che in questo vero
senza cognizione e senza ragione; 3 Il dire che non  ci  possiamo innalzare al di sopra di quest' azione, è un
che assai più vero sarebbe dire il contrario, cioè che non  ci  possiamo abbassare al di sotto di quest' azione. Che se
sia vero); in tal caso è da osservare che l' astrazione non  ci  conduce mica sempre ad esseri più nobili e perfetti, ma
Separarlo dagli oggetti reali che non sono lui stesso. Che  ci  rimane allora? Lo spirito solo; quello spirito che si aveva
quest' altra proposizione: « Ora la ragion sufficiente  ci  dee essere: dunque è falso quest' argomento ». 6 Uno
uomo, cioè nel contingente, e per quantunque astrazioni  ci  abbia fatto sopra, per quanto l' abbia distillato nelle
e rigiri circolari: egli era impossibile che finalmente non  ci  sentisse l' angustia del luogo, e non gli venisse voglia di
maestro, e così gli parve d' averlo ultimato. Or noi non  ci  tratterremo a dimostrare l' enormità di queste cotali
sua filosofia ricade troppo a scapito della verità, di che  ci  dava sospetto pure al primo sguardarla. Questo filosofo
è quella che ora preferisce e a cui più si applica. Noi non  ci  allungheremo dimostrando quanto sia erroneo e dannoso
Perocchè dallo stato di potenza allo stato d' infinito atto  ci  ha una distanza infinita, e una distanza infinita non può
riguardo vale in buona parte anche per lui; parte perchè  ci  bisognerà discuterlo altrove dove favelleremo della
filosofo. E veramente l' attenta osservazione della cosa  ci  dimostra che nè l' idea di spazio, nè quella di tempo, si
del fatto come stanno queste cose. La quale osservazione  ci  dà, che la sostanza è il principio, il soggetto, e, se si
e dietro la quale tutti parlano e operano gli uomini,  ci  conduce a conchiudere evidentemente, che l' Essere (preso
come, date le percezioni sensitive delle cose, noi  ci  possiamo formare le idee delle medesime? Se il senso
come noi passiamo dunque ad avere il modo ideale ? Onde  ci  vien percepito questo modo ideale dell' essere? Da quale
cosa particolare: come appunto è della luce, che  ci  risplende sì, ma non ha forma particolare, cioè non è
esercitato sopra di noi quella sensibile azione. Quando noi  ci  persuadiamo che una cosa sussiste, diciamo una parola a noi
che lascia dopo di sè) fa tre cose in noi, cioè: 1.  ci  dà un argomento onde noi ci persuadiamo che un essere
fa tre cose in noi, cioè: 1. ci dà un argomento onde noi  ci  persuadiamo che un essere sussiste; 2. determina un punto
del suo potere immediato sopra di noi, un effetto che  ci  mostra la natura di quella causa operante, e che ci fa
che ci mostra la natura di quella causa operante, e che  ci  fa partecipare di quella sua attività stessa colla quale
affermare del suo modo di esistere , è quella insomma che  ci  produce quella cognizione della cosa che io chiamo positiva
questo che esiste un certo suo effetto, sebbene la causa  ci  rimanga al tutto velata e in nessun modo percepita? Una
è quella appunto che, per distinguerla dall' altra,  ci  parve poter chiamare cognizione negativa . La cognizione
alla sussistenza di questo Dio. Tuttavia queste idee che  ci  segnano l' essere divino e ci convincono insieme la
Dio. Tuttavia queste idee che ci segnano l' essere divino e  ci  convincono insieme la necessità della sua sussistenza, non
esse non ne contengono se non la prova: questo essere  ci  resta nascosto dietro una tenda, noi non lo percepiamo . Il
esempio, che sia un corpo o altro, secondo gli indizi che  ci  sono dati (1), possiamo imaginare quella essenza generica o
loro causa che è l' essere ella medesima. Giacchè, se non  ci  avesse questa comunanza, non ci sarebbe veicolo o passaggio
medesima. Giacchè, se non ci avesse questa comunanza, non  ci  sarebbe veicolo o passaggio veruno, per la quale potesse la
di Dio, riguarda il concetto espresso nella parola DIO che  ci  tien luogo di soggetto nel giudizio:« esiste Dio«. La
dell' essere). La cosa, di cui affermiamo l' essere, non  ci  è nota se non per un concetto puramente ideale. Ove dunque
che comprende il concetto che noi abbiamo di Dio e che  ci  determina l' essere divino; 3. parte negativa che comprende
primo capitolo, intorno alla natura della umana cognizione,  ci  spiana la via a trovare la risposta conveniente a questa
puramente formale , ma bensì la materiale . Perchè se non  ci  fossero state comunicate se non verità, le quali non
teologia rivelata senza la percezione di Dio, quando non  ci  fossero altre cognizioni che le positive . Ma ciò che pochi
ciò che avviene al cieco nato che acquista il vedere,  ci  darà la via di farci intendere. Se un cieco nato
relativamente alla parte sua materiale . La rivelazione  ci  narra cose nuove di Dio, cioè di un Essere che noi non
alla similitudine del cieco, di cui abbiamo fatto uso. Egli  ci  dice manifestamente che, non avendo nessun uomo veduto mai
che, non avendo nessun uomo veduto mai Iddio, quello che  ci  narrò tante cose intorno alla divinità da lui veduta e a
alla divina natura i ciechi siamo noi, il veggente, che  ci  parla è Dio stesso, è Gesù Cristo suo Unigenito. Tale è il
chi lo vide, deve succedere necessariamente, che in ciò che  ci  vien narrato di Dio a noi appariscano delle oscurità e dei
delle cose rivelateci: perocchè è la ragione quella che  ci  mostra la necessità, che a quelli che sono privi di un
naturale. Tutte le cose dunque dell' universo sensibile che  ci  circonda, e noi stessi in esso, con tutte le mutue azioni
dell' uomo, di un' azione reale ; mai dentro l' uomo esser  ci  potrebbe niente di veramente soprannaturale, e lo spirito
d' amore che spande nell' animo che la divina grazia  ci  rende meditativi della santa legge e delle cose divine, nè
fa nell' uomo la grazia. S. Giacopo dice: « Volontariamente  ci  ha generati colla parola di verità, acciocchè siamo un
ammettere d' innato questa idea, acciocchè nell' uomo  ci  abbia l' elemento intellettivo. L' assurdità del primo di
per modo che ha ricevuto l' essere in sè stessa. Non  ci  inganni il parerci che in molti casi grande sia la potenza
quanto più sono astratte e negative, cioè tali che non  ci  dànno la rappresentazione positiva della cosa, ma ce la
ma ce la segnano solo e contraddistinguono (2). Le idee  ci  fanno semplicemente conoscere le cose, e il semplicemente
ricorrono alla mente, si mescolano nel concetto di Dio, e  ci  mettono a pericolo di dare ad esse quell' adorazione e
di nessun sentimento, se non a condizione che noi  ci  raccogliamo in noi stessi e ci badiamo a quel sentimento.
se non a condizione che noi ci raccogliamo in noi stessi e  ci  badiamo a quel sentimento. Non badandoci noi, non ponendovi
poniamo giù la stessa nostra [vita] o, se avvenir potesse,  ci  annulliamo. Perciò il bambino non può sentir l' atto onde
. Noi abbiamo veduto che, sebbene la divina rivelazione  ci  narri della natura divina delle cose assai più eccellenti
un concetto negativo (2). Tuttavia questo concetto negativo  ci  contraddistingue Dio. Avendo in noi la operazione divina,
soave e sublime, uscente da quella percezione, che  ci  persuade la verità delle cose percepite (2). 4. Potenza di
nella divina Scrittura anche il lume della grazia che  ci  fa percepire l' essere reale; mentre sembrerebbe che solo
del chiamarsi propriamente anche cognizione il lume che  ci  viene dato dalla grazia. La prima di queste due ragioni è,
cioè nell' esser essa indistinta , sebbene tale che noi  ci  accorgiamo di percepire con essa TUTTO L' ESSERE, TUTTO IL
il poeta Arato, citato da S. Paolo: « In lui viviamo e  ci  moviamo e siamo« (1). » Ma tutto questo non fa sì ancora
fra l' idea e l' essere reale che opera in noi, e che  ci  imprime quello che egli chiama il carattere divino : ecco
lo Spirito Santo; e mostrato quanto gran differenza  ci  corra fra il partecipare di quelle e di questo. Il luogo,
[...OMISSIS...] Di una terza maniera di causa formale  ci  viene data notizia dalle sensazioni. Noi colle sensazioni
e l' uomo a una statua dorata (1); poichè nella indoratura  ci  ha lo stesso oro, e non già qualche altra cosa, solamente
e le specie, non si possono nè pur pensare; a tale che  ci  sembra che, anco rimosse le idee, le cose riterrebbero le
come amata, come termine dell' amore, sussiste. Nel che  ci  ha questa differenza fra l' amore che abbiamo noi di noi
lo Spirito Santo l' amore del Padre e del Figlio: e non  ci  avviene di riflettere molto che ciò che formano le persone,
della operazione della grazia e forma dell' anima santa,  ci  parve poter acconciamente chiamare questa operazione non
I Padri della chiesa, dietro le divine Scritture,  ci  dicono lo stesso della operazione triniforme. E` una
un sentimento della santissima Trinità in noi quella che  ci  fa sperimentare e percepire appunto, sebbene
tutto ineffabile e che è ignoto all' uomo animale, il quale  ci  rivela Iddio. Abbiamo detto che la natura, l' essenza di
e che tutte le cose racchiude, a cui non manca niente, che  ci  riempie perfettamente, ci sazia e perfettamente accontenta,
a cui non manca niente, che ci riempie perfettamente,  ci  sazia e perfettamente accontenta, che insomma con esso noi
personalità; sentesi la presenza in noi di tal cosa che  ci  invade e domina sostanzialmente; e si sente in questa
sua bellezza ineffabile la volontà e l' amor nostro, e  ci  prende allora tale un amore che è qualche cosa di pieno, di
che è qualche cosa di pieno, di sostanziale, una manna che  ci  pasce, un vino che ci letifica: nutrimento e delizia
pieno, di sostanziale, una manna che ci pasce, un vino che  ci  letifica: nutrimento e delizia incomparabile dell' anima
sempre una cotale persuasione che in ciò che percepisce  ci  abbia il TUTTO, e che ivi nulla manchi dove ha il suo
in ogni sentimento intellettivo e sentesi una forza che  ci  fa passivi, ed una specie ed una bellezza ed amabilità che
il medesimo tutto, il tutto in tre modi, quasi per tre vie,  ci  inabisseremo nel medesimo infinito e assoluto essere. La
idee negative della divinità, che la divina rivelazione  ci  somministra: il che è ciò che insegnava l' Apostolo,
come germe, e di mano in mano disviluppata. E` così che  ci  descrive l' Apostolo la mirabile dispensazione delle divine
nella comunicazione del Verbo. Nelle divine Scritture  ci  è descritta questa comunicazione del Verbo colle anime,
» E veramente anche nell' antico Testamento i Santi che  ci  vissero, parteciparono della grazia del Redentore, nel
l' unione col Verbo divino. E veramente S. Giovanni  ci  dice, che Isaia vide la gloria di Cristo, e che parlò di
. Or hassi a portar oltre questa dottrina: al che  ci  fa il ponte questa denominazione di dono , che ab aeterno
ma con questa giungiamo alla loro sussistenza; quella poco  ci  affetta e muove, verso di questa che vede i pregi o i
s' invita per così dire, come ha fatto con Zaccheo, ma non  ci  viene se non venendo di buon animo ricevuto. E questa
dovendo noi farci ancora su questa materia più sotto dove  ci  cadrà di parlare dell' ordine nel quale le divine persone
dell' uomo è opera dello Spirito Santo, il quale  ci  fa percepire il Verbo. Ma questo ha bisogno di spiegazione,
del primo, si è che quel sentimento dee essere cotale che  ci  faccia sentire una cosa sussistente , e non puramente
una cosa sussistente , e non puramente ideale. Ora Cristo  ci  fa notare questi due caratteri nella comunicazione che fece
una comunicazione sostanziale, giacchè la natura divina non  ci  si fa nota per altra via, come ho mostrato più sopra (2),
staccate e distinte le une dalle altre: in questo modo anzi  ci  assicurò Cristo che gli Apostoli non le sapevano, perchè,
percepisca ciò che è formalmente nel Verbo, ma non ciò che  ci  sta eminentemente , come le notizie di tutti i possibili e
che il sentire in sè stessi una sussistenza, un bene che  ci  riempie: [...OMISSIS...] . E spiega in che maniera si
non più io, ma vive in me Cristo« (4) ». Non già che noi  ci  cangiamo nella persona di Cristo, o la persona di Cristo in
la grazia sua, dice S. Agostino, che diede a noi pur quando  ci  elesse innanzi alla costituzione del mondo (3). Il gaudio
qualche modo nella generazione del Verbo, è tutto ciò che  ci  può essere di più grande nella cognizione, nella percezione
che Dio fosse per manifestare. [...OMISSIS...] Nulla più  ci  vuole: la disposizione buona della volontà, l' implicito
Spirito Santo fa sapere che si sa il Verbo, fa che noi  ci  accorgiamo di saperlo, e ne tiriamo di quella nostra
sentimento è totale, cioè si sente in esso il tutto, se  ci  sazia perfettamente, non può essere che sostanziale la sua
non può essere che sostanziale la sua forma. E ora, che  ci  sazii interamente, è insegnato nel discorso tenuto da
quella verità sussistente nella quale si vede il Padre? Chi  ci  dà, chi porge alle nostre menti questa verità divina?
semplicemente acciocchè il Padre suo sia glorificato, ma  ci  aggiunge il modo di questa glorificazione, cioè nel
Verbo il Padre, cel veggiamo perchè la rivelazione esterna  ci  ha detto esservi, e perchè il sentimento interiore ci dice
ci ha detto esservi, e perchè il sentimento interiore  ci  dice altro essere la luce, e altro la forza onde cominciò a
presumere di investigare ciò che non si può. Checchè però  ci  sia dato da Dio di poter conoscere in tale argomento, è
dell' essere, questa relazione, noi intendiamo che aver  ci  dee il principio da cui provenga: e questo è il Padre. Se
nelle anime pel suo Verbo. Vero che in questa vita non  ci  viene svelato il modo di questa missione o generazione; e
come generante , e come tale solo il crediamo , perchè  ci  è rivelato dalle parole del Figlio, e perchè nel generato
che dal protestantesimo rientrarono nella chiesa. Or non  ci  ha più mezzo fra questi due estremi: due soli sistemi sono
che udiamo i fondamenti di quel suo razionalismo (2) che  ci  presenta come il frutto dei lumi e delle scoperte dei
eterno artefice fabbricato? E qual ripugnanza vi ha che  ci  sia nell' uomo una potenza sublime che abbia per oggetto
e trovarsi veramente giunta al suo fine? Che è, che  ci  descrive tanto lontano questo Dio da noi? Che si teme tanto
Ora egli starebbe a vedere se nel ragionamento surriferito  ci  fosse per avventura dell' arroganza aggiunta a della
che trattasi di spiegare, perocchè sanno bene anch' essi (e  ci  vuol poco a saperlo) che delle cause, che restano occulte
che delle cause, che restano occulte nella natura troppe  ci  sono, e quanto poco sia quello che noi conosciamo dei
consiste in definire e sapere, se questi motivi ragionevoli  ci  sono, come opinano i cattolici, o non ci sono, come opinano
motivi ragionevoli ci sono, come opinano i cattolici, o non  ci  sono, come opinano i razionalisti. V' hanno adunque due
dell' autorità che [a quello] della ragione, e quindi  ci  dirà al suo solito non volerne sapere di autorità alcuna,
stesso è essenzialmente oggettivo , cioè è tale facoltà che  ci  spinge fuori di noi e ci fa tendere in un oggetto infinito.
, cioè è tale facoltà che ci spinge fuori di noi e  ci  fa tendere in un oggetto infinito. 4. Quindi che è un puro
quei marmi parlanti, quelle poesie e musiche che tanto  ci  incantano e ci trasportano. Perocchè altro è il poterle
parlanti, quelle poesie e musiche che tanto ci incantano e  ci  trasportano. Perocchè altro è il poterle riconoscere,
Perocchè altro è il poterle riconoscere, quando  ci  sono date, e altro è il produrle in atto nella nostra
spirito, e non ha bisogno di educazione: ma la quale non  ci  presenta alcuna bellezza, ma aspetta che glie ne vengano
favola che Cesare o Cicerone abbia esistito? E il quale se  ci  fosse, non s' inviasse all' ospizio de' pazzi? Sebben che a
volgiamo il discorso a parlare di persuasione religiosa,  ci  cresce in mano assai d' argomento. Perocchè potè mai la
da sorreggerla e munirla d' alcuna prova? Ma pare che qui  ci  sia nè sana ragione, nè senso comune, nè pudore. Dirà per
noi non possiamo tenere una regola di fede nè comune nè che  ci  duri un anno: noi vogliamo variar sempre e non possiamo a
che la ragione stessa, pigliata nel suo ampio significato,  ci  conduce alla storia e concilia a lei la nostra fede: mentre
a lei la nostra fede: mentre questa ragione medesima  ci  fa sommamente diffidare e ci mette in iscredito la ragione
mentre questa ragione medesima ci fa sommamente diffidare e  ci  mette in iscredito la ragione de' razionalisti, una ragione
autorità della Bibbia, ma sull' autorità della Chiesa che  ci  dà la Bibbia. Noi abbiamo un' autorità infallibile,
copiati i suoi argomenti (1). E pure questi nuovi sapienti  ci  dicono le sentenze più comuni con tanta gravità e con tuono
quando noi parliamo di azioni di Dio immediate e mediate,  ci  opponiamo punto alla verità, la quale per noi è un dogma,
(1). Ma veniamo al secondo argomento. Nel secondo argomento  ci  si presenta pur nell' esposizione stessa qualche cosa più
trovare al suo dubbio una sufficiente risposta. Noi  ci  conterremo in poche osservazioni. In primo luogo non è
colla vista dell' essere: per ciò questo essere di cui  ci  serviamo a conoscere Iddio convien che sia una similitudine
trova [che] l' essere, col quale conosciamo le cose, non  ci  potrebbe prestare questo mirabile servigio di renderci note
solo l' idea di ciò che è perfetto in qualsivoglia genere  ci  può aiutare a scorgere e conoscere e giudicare i varii
in quella guisa appunto che negli enimmi, de' quali quando  ci  è comunicata la soluzione tutto ci riesce chiarissimo e
enimmi, de' quali quando ci è comunicata la soluzione tutto  ci  riesce chiarissimo e vediamo come le circostanze indicate
che una maggiore e più intima visione della cosa, la quale  ci  sarebbe stata necessaria per trovare il conveniente
queste che le cose stesse agiscano nel nostro sentimento e  ci  lascino delle modificazioni, che sono altrettante traccie e
colla quale noi veniamo a conoscere le cose contingenti,  ci  apparirà che si può dire in un senso verissimo, e l' hanno
questa impressione e sensazione che in noi produce ciò che  ci  fa indurre esistere la cosa che ci ha modificati: tale è la
in noi produce ciò che ci fa indurre esistere la cosa che  ci  ha modificati: tale è la nostra percezione delle cose, e la
nostro proprio moto: e così quelle che sono azioni in noi,  ci  diventano altrettanti esseri, non perchè, come dicevamo,
creazione, e che noi, come dice la Scrittura, siamo,  ci  moviamo e viviamo in Dio (1); e che Dio porta tutte le cose
che esse non sono l' essere, che esse non sono, e non  ci  si fanno conoscere se non come azioni e termini dell'
questa loro contingenza, questa deficienza di essere,  ci  conduce a vedere la necessità dell' essere, cioè di un
alle creature; e anzi applicandolo al Creatore non  ci  dà la piena notizia di lui (5). La quale non si può avere,
perciò che è solo naturale imagine del Padre, a cui noi  ci  rendiamo conformi appunto con affrattellarglici. Questa è
natura, mista di materia e di spirito. E però il Genesi  ci  dipinge Iddio che va diportandosi per lo giardino della
egualmente adattata all' umana natura. Sicchè Colui che  ci  ha dato i sacramenti nella legge evangelica dimostra d'
ripugniamo eziandio che sappiamo per fede che dopo la morte  ci  sta preparata una nuova vita per Cristo: ma, come dice l'
la quale veniva a noi come una veste di gloria che  ci  sopravvestiva senza bisogno di spogliarci delle membra del
prezzo che egli pur merita. In questi due casi adunque non  ci  sarebbe cagione alcuna dalla quale la natura ragionevole
Angelico conviene qui tirare intanto questa conseguenza che  ci  gioverà poscia in futuro, cioè: che la grazia di Adamo
questo non è sicuramente la mente del santo Padre che ora  ci  serve di guida. Ma che il fondo dei suoi pensieri io reputo
essere che gli sta innanzi tutto ciò che vuole, ma anzi non  ci  vede nulla se l' esperienza del senso animale non lo aiuta
animalità senza ragione, dir non si potrebbe che in lui  ci  avesse deformità o guasto morale, ma solo alcun disordine
sono altrettanti atti morali e meritorii, i quali per ciò  ci  accrescono la perfezione della persona. E tuttavia come si
questi atti perfettivi della nostra personalità, se non  ci  fosse data occasione a farli da quei difetti di natura che
quale per ciò nè pur Dio stesso avrebbe potuto fare che non  ci  fosse. E una tale intrinseca e naturale limitazione
supremo principio devono essere mosse e guidate. Sicchè ove  ci  avesse difetto nel principio supremo, tutto l' uomo sarebbe
la personale perfezione. Or qui il pensiero naturalmente  ci  porta a dimandare a noi stessi: in che ordine gli oggetti
parti della sua natura. Imperciocchè in quanto a quello che  ci  dice circa una tale questione l' esame della umana
nell' umanità presente non può giammai essere tale che  ci  rechi senza morte alla visione beatifica di Dio: laddove
dell' uomo a cui la mente cerca di sollevarsi, e quello che  ci  narra la cristiana verità, che la prima colla sua
eccede i confini dell' essere ideale , quando la seconda  ci  parla di uno stato che appartiene all' essere reale : cioè
natura che ha messo in noi questi indettamenti, or come  ci  ha poi fatti così infelici? Che maligno diletto potea
tolte egualmente secondo ogni apparenza dal Bramaismo,  ci  parlano di una ribellione di spiriti o di angeli acciecati
alla spiegazione del male che da questo fatto dipende, non  ci  voleva meno che la testimonianza di un' autorità
il peccato originale. Fin qui le nostre ricerche  ci  condussero a vedere che cosa non è il peccato originale,
Dobbiamo adunque ora seguitare la ricerca per comporci, se  ci  riesce, la notizia positiva di questo misterioso peccato
fosse terminata solo all' essere ideale indeterminato, non  ci  sarebbe stata cagione di volere di più, almeno per molto
del santo Dottore manifestatamente si appalesa. Perocchè  ci  riconosce in esse che non può avervi formal peccato prima
in detrimento e perversione della sua volontà , per ciò noi  ci  tratterremo solo a raccogliere qui in poche parole ciò che
ragionamento: e le cose quivi ragionate or più che mai  ci  bisogna rammemorare. Conciossiachè risulta da quanto colà
e sommamente contrario alla cattolica verità, la quale  ci  ammaestra anzi a credere che anche il giusto, fin che
sussistenza in sè che noi non veggiamo e che veggendola noi  ci  si rivelerebbe in forma divina e lo percepiremmo allora
che perchè nel modo di eseguire i precetti naturali non  ci  abbia peccato, è necessario che essi si eseguiscano per un
conoscono Dio come essere sussistente o che attualmente non  ci  pensano, basta come dicevamo che le operazioni loro sieno
con la quale l' uomo esercita la virtù naturale. Ora  ci  rimane a dichiarare meglio la natura di questo
del bene risultante da tutte le circostanze in cui  ci  troviamo. E questo è ciò che il distingue dal giudizio
c ) Dai quali principii procedono alcune conseguenze che  ci  dànno lume a far probabile conghiettura dello stato dell'
esponiamo la dottrina della sua propagazione. E a tal fine  ci  è bisogno cominciare dal riassumere ciò che abbiamo detto
Apostolo, si nasconde un vero profondo e misterioso; che  ci  confessa di avere bensì il desiderio di vedere e penetrare,
si fa, come abbiamo altrove veduto, perchè Cristo  ci  comunica un principio nuovo vitale. Simigliamente la
un principio nuovo vitale. Simigliamente la generazione  ci  deve comunicare un principio di morte spirituale. Questi
fanno contro il peccato originale e che troppo a lungo  ci  menerebbe il riferirle. Ma non credo però inutile anzi
uno e l' altro, che Cristo fu immune dal peccato perchè non  ci  intervenne l' uso del seme, e non quella concupiscenza che
principio è nella parte più alta di essa natura. E questo  ci  valga a conciliare, a legare insieme e a ricapitolare
occulta nelle viscere della cristiana teologia, che noi  ci  siamo proposto di aiutare perchè venga alla luce: facendo
di aiutare perchè venga alla luce: facendo ancor noi, (se  ci  è permesso di usare in altro senso la frase di Socrate) l'
questo che d' innato; e questa ricerca da noi affrontata  ci  condusse alla teoria della naturale intuizione dell' essere
la soluzione che noi ne abbiamo dato; e poi quanta luce,  ci  si dica, non manda fuori di sè un insegnamento sì strano a
nessun segno esterno di uso di ragione? Non cerca: solo  ci  dice che questo è la verità e ci ingiunge di crederlo. - Ma
ragione? Non cerca: solo ci dice che questo è la verità e  ci  ingiunge di crederlo. - Ma non è egli una tale dottrina
risulta dai principi filosofici per noi dimostrati, non  ci  rende egli manifesto come la infusione delle virtù
una transazione codarda, la via di godere, disertarono e  ci  furono nemici acerbi al di dopo. Pochi anni di pericoli, di
da voi, un altro Dovere, non meno solenne di quello che  ci  stringe a fondare la Patria Libera ed Una. La vostra
Predicate il Dovere a' nostri padroni, alle classi che  ci  stanno sopra e che trattando noi come macchine, fanno
potenza. Lasciate che abbiamo esistenza riconosciuta;  ci  parlerete allora di doveri e di sacrifizio. Così dicono
abbiamo detto che la specie astratta è quel concetto che  ci  fa conoscere « « l' atto pel quale l' ente sussiste »(1) »;
stessa, quando i diversi gruppi di effetti sensibili, che  ci  fanno conoscere l' ente, non differiscono che per la loro
». Dunque la materia non si conosce che da ciò che  ci  ha dato il senso, su cui fece il suo lavoro l' astrazione
delle sensazioni che la veste, che a noi la determina, e  ci  fa conoscere ch' ella è una e non un' altra. Ma questo
una cognizione soggettiva, per quella legge ontologica che  ci  obbliga a dare a tutte le cose che noi pensiamo la forma di
senza la quale non può esser l' ente? Ecco la questione che  ci  proponevamo. Noi l' abbiamo toccata altrove, e abbiamo
il che è nulla meno che trasformare l' uomo in Dio. Noi non  ci  indugeremo a confutare un paradosso contraddetto da tutte
predicazione . Quanto all' intuizione pura e sola, ella non  ci  fa conoscere che l' essere in universale. La predicazione
ne rileviamo le relazioni di vario genere. Ora, se non  ci  è data la percezione, ci manca il fondamento di tutto
di vario genere. Ora, se non ci è data la percezione,  ci  manca il fondamento di tutto questo lavoro. Che cosa può
dell' essere assoluto ed infinito, cioè di Dio, essa  ci  può venir da tre fonti: Dalla rivelazione; e questa, ove
questa, ove prescindiamo dall' interno lume di grazia, non  ci  dà che una cognizione analoga, perchè il mezzo onde ci
non ci dà che una cognizione analoga, perchè il mezzo onde  ci  viene comunicata è quello dei vocaboli, cioè di segni
effetti, cioè dalla creazione, ecc.; e questi ancora non  ci  danno che una cognizione analoga, non vedendo noi il modo
e sopra eminente. Dal ragionamento ontologico; e questo  ci  dà ancora delle cognizioni analogiche di Dio; ma nel tempo
delle cognizioni analogiche di Dio; ma nel tempo stesso che  ci  dimostra che tali cognizioni sono meramente analogiche, e
a farci conoscere l' Essere supremo positivamente,  ci  dimostra di più che, come degli enti da noi conosciuti la
modo di visione o apprensione intellettiva, della quale non  ci  è dato esempio in natura, il quale è di sì fatta indole che
rimane a vedere quali possono essere le cognizioni, che noi  ci  procacciamo naturalmente di questo essere superiore alla
in universale, in quanto è intuìto dall' anima, niente  ci  fa conoscere di reale, di maniera che con esso solo neppure
il nostro linguaggio; ma esso non ha niente a sostituire;  ci  protegge dunque dall' errore, ma non ci somministra perciò
a sostituire; ci protegge dunque dall' errore, ma non  ci  somministra perciò altre idee ed altri vocaboli accomodati
perchè sopraggiunge il ragionamento ontologico, il quale  ci  dice: 1 che ciascuna di quelle perfezioni che sono separate
sì bene un vero essere sussistente. Ma il ragionamento che  ci  dice che così deve essere rispetto all' Essere supremo, non
dice che così deve essere rispetto all' Essere supremo, non  ci  spiega però come ciò sia, vale a dire non ci mostra nessuna
supremo, non ci spiega però come ciò sia, vale a dire non  ci  mostra nessuna perfezione sussistente, nessuna specie
sussistente, nessuna specie piena sussistente; onde  ci  dice quello che Iddio non è (non essendo nulla di diviso in
nulla di diviso in genere, specie e sussistenza), ma non  ci  dice già quello che è: « una sussistenza, che nella sua
racchiude ciò che ha la specie ed il genere »; non  ci  mostra, non ci fa percepire, pensare una tale sussistenza,
ciò che ha la specie ed il genere »; non ci mostra, non  ci  fa percepire, pensare una tale sussistenza, più che la
che la definizione del colore lo faccia pensare al cieco;  ci  mostra i termini, ma non il loro nesso, nel quale consiste
l' analogia delle cose da noi percepite. Questo ragionare  ci  conduce ad una scienza negativa e limitata, ma verace, non
. Finalmente il ragionamento ontologico è quello che  ci  avvisa della limitazione e imperfezione di quella nostra
limitazione e imperfezione di quella nostra scienza, e così  ci  protegge dall' errore; perocchè non erra colui che, avendo
legge adunque della spontaneità dovendo noi ragionare, non  ci  fermeremo a descriverne la natura, il che facemmo altrove
libera dall' attualità della vita diretta. E qui di nuovo  ci  piace osservare che, essendo la spontanea azione dell'
che si prese un tratto, anche dopo qualche tempo che non  ci  si pensa, riesce migliore, ha più probabilità di riuscire,
della forza. Ma questa sola causa non basterebbe, se non  ci  fossero negli animi delle interne ed occulte disposizioni
l' anima del suo a mettere in essere l' armonia »; ma colà  ci  limitammo a parlare dell' anima sensitiva, come quella che
colui che volesse comporre un trattato di Callologia . Noi  ci  contenteremo di distinguerle in due grandi generi: Il
uno stagno in una barchetta, mentre un' altra barchetta  ci  passa al fianco in direzione contraria. L' occhio nostro,
direzione opposta all' altro allontanandosi? A saperlo dire  ci  vuole il calcolo, conviene rilevare la distanza dei due
che forma l' oggetto di sua contemplazione, non  ci  fossero certe relazioni e corrispondenze coll' ideale, dove
studiandoci di aggiungere qualche chiarezza maggiore, se  ci  vien fatto, e qualche nuovo svolgimento delle cose dette di
quella da parte, di cui abbiamo sufficientemente ragionato,  ci  continuiamo nel discorso di questa, tracciando più alla
del sentimento, potremo rispondere alla domanda che  ci  facevamo: « quale relazione abbia l' eccitabilità
l' unità del suo principio, come diremo in appresso;  ci  si renderà chiaro il fatto delle località morbose,
non gliela possiamo negare, poichè la continua esperienza  ci  attesta che l' anima colla propria energia modifica il
alle parti più resistenti, e il fenomeno da spiegare  ci  presenta in quella vece una quantità di moto
innanzi sicuro. La media sentenza da noi accennata, che  ci  pare vera, discende quale naturale corollario dalle cose
produce tuttavia gli uni e gli altri. Le ragioni, che  ci  condussero ad ammettere l' animazione dei primi elementi
extra7soggettivi nei movimenti dei quali niuna sensazione  ci  si presenta, chè nè la nostra coscienza ce l' attesta, nè
i fenomeni analoghi a quelli del sentimento nostro non  ci  si manifestano. La differenza fra queste due sentenze sta
e prima di tutto determiniamo in quale ampio significato  ci  sembra di dovere noi prendere questa parola. I fisiologi
che riposa sopra un supposto erroneo, qual' è quello che  ci  siano tali comunicazioni materiali fra gli organi che
sta nel solo sentimento. Ad illustrare il qual principio  ci  valgono le due proposizioni seguenti. Talora il sentimento,
istinto sensuale, secondo i loro prossimi effetti e scopi,  ci  condurrebbe troppo a lungo, perchè dovremmo classificare
stato non soddisfacente ed inquieto. Il qual cenno tuttavia  ci  sembra sufficiente a dimostrare che ogni funzione ha per
di renderci conscii di ogni nostro sentimento, ma di alcuni  ci  possiamo formare la coscienza senza difficoltà, altri con
non l' abbiamo se non a condizione di formarcela; benchè  ci  paia di averla abitualmente per la grande prontezza con cui
E non ce la formiamo senza avere una ragione che a ciò  ci  muove. Per esempio, se trovandoci noi a stretto colloquio
sono stimolati tutti e due contemporaneamente. Questo fatto  ci  fornì una prova della semplicità dell' anima (2) e della
in sè, ma secondo certe relazioni da noi contemplate, che  ci  generano le opinioni; e che insomma l' operare della natura
al fenomeno extrasoggettivo, è perchè l' esperienza  ci  ha mostrato tante volte quella coesistenza. Ammaestrati
sono locali, e noi ne vedremo poco appresso la ragione.  Ci  basta qui avvertire che questa località, secondo l'
per dir così, lo rende opportuno ovvero importuno. Questo  ci  conduce al metodo antico, al senno ippocratico. E
fibra, dopo l' infiammazione, si rimanga modificata. Ma  ci  sembra una proposizione troppo ardita, e fin' ora non
grado di mutazione in questa. L' importanza della materia  ci  consiglia a procurare di recarvi qualche maggior luce collo
fondamentale. A priori, non abbiamo a dire di più; solo  ci  resta il poter ricorrere all' esperienza per conoscere in
che può prendere il sentimento. E posciachè l' esperienza  ci  attesta che la natura del principio sensitivo racchiude un
pochi, comparativamente, i dati di fatto che l' esperienza  ci  somministra. Se il problema così detto dei tre corpi riesce
sono comparativamente i dati di fatto , che l' esperienza  ci  può somministrare. Innumerevoli le cose che il medico
stato d' infiammazione. Perocchè, se ciò che abbiamo detto  ci  fece trovare della debolezza nella stessa località
o l' occasione dell' accresciuto stimolo; quanto più  ci  sarebbe facile osservare una debolezza coesistente all'
dell' arte salutare. Torniamo al nostro assunto, dal quale  ci  allontanò una digressione, che non ci pentiamo d' avere
assunto, dal quale ci allontanò una digressione, che non  ci  pentiamo d' avere intromessa, come quella che ci spiana il
che non ci pentiamo d' avere intromessa, come quella che  ci  spiana il resto del cammino nell' argomento che trattavamo.
ma alcune volte in pari tempo la perturbano. Questo  ci  richiama a parlare delle diverse maniere di debolezza e di
benissimo essere mutate in altre migliori dai dotti; ma  ci  si permetta di adoperarle intanto a significare,
egli sia più forte, ma solo che egli sia più irritato, se  ci  si concede di così parlare, a quel modo appunto che un
restano conseguentemente anche i nervi, che vanno ad esse.  Ci  rimane in fine a parlare delle località, di cui abbiamo
il che sarebbe troppo superiore alle nostre cognizioni.  Ci  proponiamo unicamente di tentare qualche soluzione di
della località. Alla prima abbiamo risposto altrove, e qui  ci  basterà osservare che se il movimento nervoso venisse
sua azione nel sentito. Questa esperienza extrasoggettiva  ci  rappresenta il corpo in modo meramente fenomenale, il corpo
tutte queste nostre sensioni. Queste sensioni unite insieme  ci  danno la figura del corpo; e la figura di esso e delle sue
e la figura di esso e delle sue parti (2) è quella che  ci  costituisce l' immagine del corpo; e l' immagine del corpo
delle località. Perocchè dato, come supponevamo, che  ci  venga punta una mano, la sensazione di questa puntura
che la cosa accada così: abbiamo percepita la spina che  ci  punse, abbiamo osservato che, infiggendosi la spina nella
il luogo della sua causa extrasoggettiva. E questo  ci  è facile a farlo, perchè il dolore non avendo per sè
e distinguerne le parti. La sensione quindi dell' occhio  ci  rimane come in aria, cioè non collocata distintamente in
qual causa è organica, ma non sensifera. Le immagini dunque  ci  restano come campate in aria, o, per dir meglio, esse sono
ragionamenti comuni intorno al corpo. Il primo fenomeno che  ci  si presenta occasionato, per esempio, da una contusione nel
vero si tentò da noi di porre in evidenza, e tuttavia non  ci  confidiamo d' averne persuaso ogni fatta di persone. I
ogni fatta di persone. I medici, non senza qualche ragione,  ci  garriranno: come avete voi messo la falce nella messe
veramente l' uomo. L' intendimento dell' opera presente non  ci  sembra aver bisogno di maggiore dichiarazione; e speriamo
chi poi lo ignora, e però stupisce e si scandalizza che noi  ci  avvolgiamo in medici studi all' intento di ravviarli, con
a quell' accento divino. Giudicateci tali; quella parola  ci  necessita ad accettare il vostro giudizio in pace. Ma ora,
si sveglino poscia, e da lei si distinguano: ricerca che  ci  obbligò d' entrare in alcune questioni ontologiche, le
non fu ancora da noi raccolto. I nostri lunghi ragionamenti  ci  avranno dunque condotti alla porta del giardino, senza
potervi entrare? E fino sotto alla bella pianta, senza che  ci  sia dato di spiccare la rubiconda e saporosa poma che vi
quali è via al secondo, dove dei destini dell' anima umana  ci  converrà distesamente ragionare. Toccammo già del perchè
dell' armonia, finirono col dichiararla un niente. Il che  ci  dice appunto Cicerone, parlando di Dicearco:
quali aggiungono ai numeri qualche cosa per determinarli,  ci  sembrano posteriori al Samese filosofo, non sono più
del divino. Noi esporremo qui estesamente le ragioni che  ci  addussero a questa persuasione. La prima si è che,
trattandosi d' interpretare la mente di un filosofo, di cui  ci  rimangono solo pochi frammenti, vuol tenersi gran conto
qual pura mente, priva di ogni concrezione corporea; e  ci  rimangono ancora di lui alcuni versi, nei quali dopo aver
Platone. Seguita dunque così: [...OMISSIS...] Su di che  ci  si presentano a fare diverse importanti considerazioni.
venute fino a noi intorno alla dottrina di Empedocle,  ci  dicano nulla di somigliante. Due dei più grandi uomini, di
niente affatto che venga dalla mente nostra, esso  ci  si cangia appunto in un assurdo. Poichè niuno dirà che un
primo dei Metafisici, e suona così: [...OMISSIS...] Che se  ci  rivolgiamo ad interpreti più recenti della mente di
physeis» (4). Clemente Alessandrino poi, ed altri,  ci  conservarono un verso di Empedocle, che si riferisce alla
qualità ignea quasi forma accidentale (4). E così infatti  ci  attesta uno scrittore antico, dicendo espressamente che
contraddizioni, che presentano gli antichi, i quali ora  ci  fanno gli elementi di Empedocle eterni, semplici, eguali,
Ora una critica, che non dimentica queste vedute più ampie,  ci  assicura: I) Primieramente, che la scuola alessandrina non
organizzazione, nè armonia. 5) Plutarco, ed altri antichi,  ci  dicono che Empedocle come ammetteva due mondi, così
l' altra (3). 6) Finalmente dagli stessi frammenti, che  ci  rimangono, si raccoglie che Empedocle ammetteva un «kosmos
affatto la questione (4). VI) Ammonio (4) e Tzetzes (6)  ci  conservarono quei versi, che citammo di sopra, nei quali
avesse composto l' anima di elementi materiali, non  ci  sarebbe stato bisogno di spiegare com' ella si unisca al
Pitagora, del quale, come abbiamo veduto, Diogene Laerzio  ci  assicura che faceva dell' anima una emanazione del fuoco
a lui esclusivamente apparteneva. Platone nel Menone  ci  attesta che lo stesso Empedocle faceva che dai corpi
la cosa. Ma considerando ciò che egli ne dice nel Timeo,  ci  riuscirà indubitato che per lui questa natura era lo
per lui questa natura era lo spazio, e il rilevar questo  ci  riuscirà non poco utile, e ridonderà in lode non piccola di
che da tutta l' antichità fu consentito, e di cui noi  ci  siamo giovati in quest' opera: « il movimento dei corpi
i corpi lontani; e dai fenomeni del moto attivo, pel quale  ci  avviciniamo ai corpi lontani. Ora la teoria di questi
a sè stessi o alle proprie modificazioni, nè per vero  ci  pensano. Ma non sapendo come rispondere direttamente al
di Parmenide: «to gar auto noein esti te kai einai». -  Ci  si dirà: « Per voi non esiste se non ciò che conoscete ». -
di tutti gli atti che si fanno fare all' Io. E dove  ci  fosse una tale ragione, che determina l' Io a tutti gli
che appartengono esclusivamente a Schelling, è uopo che  ci  tratteniamo ancora qualche istante. Essi sono attinti al
filosofi tedeschi, incominciata con Kant; nè ella è finita;  ci  resta a parlare dell' ultimo anello, di Hegel. HEGEL. - I
è il pensiero stesso, a cui il filosofo si appella, che  ci  dice: 1) Che egli può bensì astrarre, negare, passare da un
questi deliranti, ecco il frutto maturo del soggettivismo;  ci  pensino bene i nostri italiani religiosi soggettivisti. Fra
noi pervenuti dallo Stagirita si contiene, la quale ancora  ci  manca. Quanto a me, io non dubito che le ingiurie fatte a
investigare che pensasse veramente Aristotele, il che  ci  è affatto impossibile, bensì solamente ciò che contengono
noi abbiamo fatto nel « Nuovo Saggio ». Dalla spiegazione  ci  risultò che la percezione intellettiva è « il reale
la natura, l' indole, la condizione di questo spirito che  ci  avviva, ci nobilita, e ci innalza fino al soglio di Dio;
l' indole, la condizione di questo spirito che ci avviva,  ci  nobilita, e ci innalza fino al soglio di Dio; cui si gloriò
condizione di questo spirito che ci avviva, ci nobilita, e  ci  innalza fino al soglio di Dio; cui si gloriò d' ignorare
a cui, come ad addentellato, raggiungeremo ciò che a dire  ci  rimane. E a questa ripetizione deputiamo i due capitoli
queste due serie nella mente nostra, quando l' una  ci  si presenta, ella serve a richiamarci in memoria l' altra,
richiamarci in memoria l' altra, e così la serie de' suoni  ci  fa l' ufficio di risvegliarci i pensieri. Ed avviene per
solo da sè, ma tutto il contesto de' suoni insieme legati,  ci  renda chiaro il significato di ciascheduno. Egli è per
deve essere associata alla serie delle idee, perchè quella  ci  possa servire a rammentarci di questa. Ora che cosa è che
non abbiamo nella vita presente la percezione, ciò che  ci  conduce ad affiggere il significato a quei vocaboli non
vengono sottoposti a' nostri sensi, nel medesimo tempo che  ci  si fa udire il suono delle voci, perchè questi abbiano
uomo. E io sono di quest' avviso che una tale osservazione  ci  può indicare una traccia che ci conduca a formarci qualche
che una tale osservazione ci può indicare una traccia che  ci  conduca a formarci qualche idea della lingua primitiva, ben
avviene che, non senza scoprirvi delle sublimi dottrine,  ci  abbatteremo a quel racconto ove Dio stesso si fa a imporre
queste cognizioni, cioè ai segni o simboli naturali. Or qui  ci  giova alquanto trattenerci, ricercando in che modo questa
qualche cosa di soprannaturale e divino, e le quali per ciò  ci  prestino una cognizione efficacissima di Dio, se non altro,
di cui fatta menzione. E a trovare questa spiegazione  ci  farà la via quel luogo di S. Tommaso col quale egli toglie
nel libro precedente. Comechessia, la dottrina tradizionale  ci  assicura della signorìa dei demonii circa i corpi e
dell' uomo non era nella umana natura. E se a noi non  ci  fosse noto, nati e allevati come siamo nel cristianesimo, e
e però se non conoscessimo il sistema della redenzione, non  ci  potrebbe cadere in animo che ci rimanesse pur una via, per
della redenzione, non ci potrebbe cadere in animo che  ci  rimanesse pur una via, per la quale potesse ancor salvarsi
assai facile il dire a noi stessi: Nella umana natura non  ci  ha più principio di salute per le ragioni dette; in Dio
principio di salute per le ragioni dette; in Dio neppure  ci  ha, perciocchè è lontanato dall' uomo e sdegnato con lui,
questi gradi e dell' ufficio e natura di questi segni ora  ci  cade qui di dover brevemente ragionare. [I segni adoperati
istruttivi in classi, primieramente due principali generi  ci  si presentano, quello delle parole e quello delle cose. Ora
primieramente col senso esteriore. In secondo luogo esse  ci  vengono rappresentate anco dalla imaginazione, essendo il
da sè stessa. L' Apostolo S. Paolo, a ragion d' esempio,  ci  dichiara nascondersi una legge simbolica in quella nella
registra i simboli e li spiega, mette innanzi gli enimmi e  ci  dice che sono tali, chiamandoci a penetrarne il senso
in cielo, e le grazie che di colassù i ministri di Dio  ci  riportano. 6. Lotta coll' angelo . - Giacobbe, che lotta
i Re Egiziani è il tipo della schiavitù del demonio da cui  ci  libera Gesù Cristo figurato in Mosè. Già ho accennato come
bue accoppiato insieme coll' asino (2). S. Paolo medesimo  ci  spiega l' emblema di questa legge dicendo ai Corinti:
Or raccogliendoci a contemplare quei simboli in massa, non  ci  sarà difficile il conoscere quali maniere di cognizioni
oggetto qualche cosa di sussistente e di reale, ma questo  ci  è piuttosto indicato al vedere della mente che offerto da
istruttivi, gli avvenimenti, le cerimonie, le visioni.  Ci  rimane a dire del quarto genere, ossia della « lingua
nella formazione e nel perfezionamento delle idee, non  ci  sarà difficile d' intendere come la parola, a poter
la necessità de' simboli, ma quello che abbiamo detto  ci  lastrica la via di giungere a conoscere questa necessità.
ve ne ha solitamente una che primeggia sull' altre, che più  ci  colpisce e tira tutta a sè la nostra attenzione: e suol
sua grandezza, la sua forma o altra qualità quella che più  ci  muove, ma l' acutezza della sua luce. Indi denominandolo,
alle nostre piccole forze, nè manco al picciol tempo che  ci  rimane da dedicare agli studii. Noi non porremo qui
dopo il peccato perchè gli fossero mezzi di perfezione. Ora  ci  bisogna parlare de' segni effettivi o sia de' Sacramenti; e
in quello dell' ordine, Cristo sposo nel matrimonio. Ma  ci  tornerà ancora il bisogno di ritoccare quanto qui vogliamo
divine Scritture senza eccezione da Giudei a Gentili (3).  Ci  voleva adunque un altro principio, argomenta S. Paolo, da
qual sarà quella strada legittima che a tanto lieto fine  ci  scorga? forse quella de' fatti nostri? non già, ma quella
per quella parte che si percepisce, ma per l' altra che  ci  rimane impercetta. Tale è lo stato del' uomo in grazia nel
sulla croce, e viene crocifisso in noi nel Battesimo che  ci  applica il merito della passione di Cristo: [...OMISSIS...]
doveva essere attuata e addotta a perfezione. E questo  ci  prepara la strada a dichiarare il terzo carattere ed
cristiana secondo S. Paolo [...OMISSIS...] - E la Scrittura  ci  mostra esser serrate tutte le cose sotto « il peccato,
al divino culto fu la circoncisione (1). La Scrittura  ci  rappresenta espressamente la circoncisione come segno del
E tutto ciò vogliamo ora provar noi coi documenti che  ci  somministra l' ecclesiastica tradizione. I. Il carattere
il lume della ragione che sta nell' anima quando nasciamo,  ci  fa capaci di ricevere qualsivoglia altra cognizione che ci
ci fa capaci di ricevere qualsivoglia altra cognizione che  ci  venga da un maestro insegnata; o a quel modo onde il lume
insegnata; o a quel modo onde il lume primo della ragione,  ci  fa capaci di riflettere poi sopra lo stesso lume e per essa
e il carattere della Confermazione è un altro lume che  ci  sopraggiunge. Come dunque non intenderebbe un discorso
con sommo rispetto al gravissimo teologo che egli è) noi  ci  discostiamo dall' opinione del venerabile Bellarmino, il
siamo segnati, segnandoci, cioè imprimendoci il carattere,  ci  avea donata altresì la grazia. Egli è manifesto che S.
di lui (6). S. Paolo chiama altresì lo Spirito Santo che  ci  ha segnati, secondo la Volgata, « pegno della celeste
ragione dell' esser noi segnati questa, che un tal segno  ci  fa possenti a mantenere la grazia; il che mostra appunto
gloria. Spiegando quelle parole di S. Paolo « quegli che  ci  unse e segnò« (1) » Teofilatto dice, che [...OMISSIS...] .
ordinatamente e brevemente: e con questa recapitolazione  ci  studieremo di aggiungere qualche nuovo lume alle medesime.
stato di santità in cui l' uomo viene costituito. E qui  ci  sia permesso aggiungere a conclusione di quanto esponemmo
c' infonde solamente la grazia verbi7forme, cioè quella che  ci  fa conoscer Cristo; ma sì bene la grazia triniforme, come
mente è irraggiata da un trino raggio, il quale vieppiù  ci  attacca a Cristo, dal quale a noi venne. S. Giovanni
dice che per tale testimonianza si sente che Iddio  ci  ha dato la vita eterna (la quale comincia nel Battesimo), e
di questo che incontanente avviene; tuttavia niente  ci  proibisce di considerare l' effetto negativo e poscia il
ed io in voi«: » ecco la riflessione che lo Spirito Santo  ci  fa fare sopra noi stessi, e ci fa intendere come noi siamo
che lo Spirito Santo ci fa fare sopra noi stessi, e  ci  fa intendere come noi siamo nel Verbo, e il Verbo in noi: «
dell' uomo spirituale. Al che in vece di molti testimonii  ci  valga colui che si può chiamare il Teologo per eccellenza,
nella sua lettera decretale dice espressamente, che ciò che  ci  rende pieni cristiani è lo Spirito Santo che noi riceviamo
co' suoi doni, l' affermar poi ch' egli nel Battesimo non  ci  viene non può avere altro significato che quello di voler
avere altro significato che quello di voler dire che non  ci  viene colla persona. E pel contrario affermando che viene
quando dice del Sacramento della Confermazione che  ci  fa partecipi della sacratissima comunione, la quale è
comunione, la quale è quella dello Spirito Santo, che  ci  congiunge al divino Spirito, che ci fa percepire nell'
Spirito Santo, che ci congiunge al divino Spirito, che  ci  fa percepire nell' anima la santa e deifica società del
Per conseguente egli è questo un dire, che il Battesimo  ci  genera infatti e la Cresima ci fa adulti e perfetti. Quindi
un dire, che il Battesimo ci genera infatti e la Cresima  ci  fa adulti e perfetti. Quindi è che« illuminazione« (1) si
altro operi in noi con pienezza, giacchè l' uno e l' altro  ci  comunica tutte le cose. Il Verbo dice: « Io vi ho fatto
[...OMISSIS...] Qui parlasi chiaramente del carattere, che  ci  segna col segno del Cristo e ci mette nel dominio di
del carattere, che ci segna col segno del Cristo e  ci  mette nel dominio di Cristo. Più ancora si rende manifesto
fosse potuto essere al contatto di tutti gli uomini non  ci  avea bisogno alcuno di Sacramenti; i quali sono istituiti
cominciò se non dopo la Pentecoste, questa necessità non  ci  fu mai per gli Apostoli, perocchè dopo aver ricevuto lo
Il divino Autore di tanto mistero illustri a noi la mente e  ci  conduca la penna, acciocchè collo scrivere nostro fedele
Scritture; pure qui il testo di S. Matteo e di S. Marco non  ci  permettono tale interpretazione, leggendosi espressamente,
ed alla tradizione. La prima difficoltà dunque, che  ci  si affaccia, si è quella di non saper comporre la
e soprannaturalmente nella Eucaristia. S. Luca  ci  descrive Cristo che dopo la Risurrezione mangia co' suoi
avviene in noi. Per altro tanto è lontano, che le Scritture  ci  faccian credere che nella comestione di Cristo risorto il
a noi, e lo stato glorioso de' nostri corpi al presente, e  ci  mette in più stretta e famigliare conversazione colle cose
per suo infinito diletto. Pur troppo egli avviene, che noi  ci  formiamo de' corpi gloriosi un concetto arbitrario e che
non istà tutta la quantità dell' aria, ma quella parte che  ci  sta è però aria, n' ha la natura e niente manca a questa
il pane quant' egli ce n' ha al mondo, ma bensì quello che  ci  sta ha la natura di pane e tutta la natura di pane; così
mica tutta la grandezza del corpo di Cristo; ma quello che  ci  sta è vero corpo di Cristo, e vi ha tutta la natura, ed è
non però la stessa quantità di esso corpo; nè tuttavia  ci  manca cosa alcuna; perocchè quella quantità la quale non ci
ci manca cosa alcuna; perocchè quella quantità la quale non  ci  sarebbe in virtù del Sacramento, non manca mai in virtù
era quello ch' era nel mondo, ma un vino nuovo che non  ci  era; così il pane ed il vino si convertì nella sostanza del
si convertì nella sostanza del corpo di Cristo, senza che  ci  sia bisogno dire, che si convertisse nelle particelle
nutrizione ineffabile e soprannaturale. Questa difficoltà  ci  pare aver noi già dissipato quando notammo l' errore di
essere creato è perito, ma solo immensamente nobilitato.  Ci  si dica di grazia, supponiamo si facesse l' inventario di
cosa succeda nel luogo dell' altra distrutta » purchè però  ci  sia «« una certa connessione fra il cessare di una e il
viene in suo luogo? niuna connessione reale vi ha più, e se  ci  avesse una connessione prima di essere annichilata, nel
la forza che annichila non sarà mai quella che produce:  ci  vogliono a queste due azioni forze diverse, o più tosto,
quella che fa cessare, ma un sottraimento di forza. Non  ci  può dunque essere connessione alcuna fra l' annichilamento
in luogo di lui il corpo di Cristo; nè conversione  ci  potrebbe essere, ma solo successione, sostituizione o altro
un corpo di molle creta io pongo un dito, l' incavo ch' io  ci  fo è ad un tempo distruzione della precedente figura, e
quando avesse voluto darci sè stesso in cibo, che uopo  ci  poteva egli avere di distruggere un essere da lui creato,
errore del nostro. E a rendere chiaro il concetto appunto  ci  può valere l' esempio dell' incarnazione del Verbo nel seno
da questi: perocchè se l' avessero così concepito nè  ci  aveva ragione di somigliar quello a questi; e tacerne la
vino più di prima, e un serpente che prima non era. Qui non  ci  ha nulla di assurdo e d' inconcepibile. Or è bensì vero che
se Iddio lo distrugge non si può trasmutare (1). Ma or non  ci  basta nè della confessione degli avversari, i quali
con una vana sottigliezza il nome di annichilazione; nè  ci  sta di aver provato, che il concetto di vera
il principio unificante, il principio nostro formale; pure  ci  sono state aggiunte delle parti, che non avevamo; il nostro
Noi abbiam detto che le nostre cognizioni intorno al corpo  ci  vengono per due modi: 1 pel sentimento fondamentale
sta in questo sentimento, o certo da questo sentimento  ci  è immediatamente fatta percepire, consistendo questa
l' essenza del corpo; sotto le specie sacramentali non  ci  sarebbe più il vero e real corpo di Cristo mancandone l'
guari ancor conosciuto da tali istorici. Che se noi  ci  restringiamo a considerare quai pensieri fece sollevare
sollevare nelle menti lo spettacolo dell' umana perversità,  ci  sarà facile rinvenire i due estremi, tra di cui quelli
generazione; 2. Dunque non esiste la grazia con cui Iddio  ci  santifica, o ci aiuta a' singoli atti della perfetta virtù,
Dunque non esiste la grazia con cui Iddio ci santifica, o  ci  aiuta a' singoli atti della perfetta virtù, cioè un bene
e conservare la giustizia; 2. Che il pregare Iddio perchè  ci  aiuti a vincere le tentazioni e a praticare la giustizia
più male morale«, indurrebbe sempre la conseguenza che non  ci  dovesse esser più bisogno assoluto che tutti gli uomini
sono in tale stato pel proprio libero arbitrio, pel quale  ci  vogliono stare. Ma se lo stato di peccato di tali demonii
che è natura non potesse essere volontario, e niun mezzo  ci  avesse fra la mera natura irrazionale e la volontà. L'
suo proprio e naturale, che è quello dell' Autore medesimo,  ci  par utile di premettere un compendio della dottrina
2. E per seguire qualche ordine nel riepilogo che  ci  proponiamo di fare, parleremo in primo luogo dell' origine
negare sostanzialmente il detto peccato? (2). Giacchè come  ci  può essere un vero peccato senza dannazione, sotto un Dio
dalla bocca di Pelagio quell' altre d' un teologo, che  ci  dimanda: [...OMISSIS...] . Poichè anche Pelagio negava il
sono dunque le cose da spiegarsi, l' una come nel bambino  ci  sia qualche cosa che abbia ragion di peccato, sebbene
che il genere del peccato abbia due specie, cioè che  ci  sono peccati che s' incorrono per una libera trasgressione
dei divini precetti, e unde liberum sit abstinere, e che  ci  sia un' altra specie che si subisce, come pena, per via di
stato causa ed autore. Tali sono le distinte nozioni che  ci  dà S. Tommaso in queste parole: [...OMISSIS...] . Sulle
di quelli che non arrivano ad intenderla, e gioverà che  ci  facciamo ad esaminare le loro obbiezioni. Costoro adunque
adunque per riconfondere di novo il peccato colla colpa  ci  oppongono che S. Tommaso al passo da noi citato soggiunge,
è chiaro che negli agenti naturali, o negli artistici, non  ci  può essere colpa, e però il male e il peccato non s'
non è il medesimo il peccato e la colpa. Il testo che  ci  si oppone convalida la distinzione. c ) Di più, S. Tommaso
e colpa diventano la stessa cosa. Ma nei bambini non  ci  sono atti volontari : il peccato da lor contratto non è un
può accadere che dove c' è l' abito peccaminoso, ivi non  ci  sia la colpa corrispondente: ed anzi la maggior parte dei
dalla colpa e dimostrare che quello, e non però questa,  ci  può essere in una persona, senz' opera di sua libera
togliere l' equivoco delle parole, e invece di negare che  ci  possa essere un peccato formale , necessario, è da negarsi
essere un peccato formale , necessario, è da negarsi che  ci  possa essere una colpa formale rispetto alla persona che
una tale autorità al tutore, sia perchè tutela non  ci  può essere finochè i pupilli stessi non esistono. In che
e allora bisogna dire qual ragione di giustizia  ci  aveva di spogliare il bambino innocente di quella veste, e
da Adamo. Ma riguardo ai bambini, che non hanno peccato,  ci  dicano come sia giusto il privarneli. Negano che abbiano in
ingiusto Iddio perchè puniva i bambini senza che in essi  ci  avesse alcuna materia d' imputazione: [...OMISSIS...] , che
ancora per conseguenza, come vedemmo, che nel secondo  ci  fosse un peccato, perchè a costituire un peccato non basta
E per rispetto al pelagianismo (giacchè del giansenismo  ci  riservammo di parlare all' articolo seguente) dicemmo che
sussistenti tra cui eleggere. 62. Dimostrato adunque che  ci  sono nell' uomo due specie di moralità, l' una dipendente
assolvesse negli atti del libero arbitrio. E veramente se  ci  può essere una moralità inerente e appartenente alla
per via di generazione, dunque è tolto ogni assurdo che  ci  sia qualche cosa di morale che si possa trasmettere insieme
conoscere la condizione del peccato d' origine, di cui  ci  siamo proposti trattare in questo paragrafo. 64. a ) Se
accidentale: i Manichei all' incontro pretendevano, che  ci  fosse una natura che non fosse già corruttibile nella sua
fin li distrugge. Al qual fine di constatare un tal fatto,  ci  gioverà risalire alla fonte, e discuoprire l' occasione,
quand' anco me l' avesser giurato egregie persone, che  ci  covasse sotto un impegno di molti congiurati alla
irreligioso sistema: alla possibilità di questo fatto non  ci  avevo pensato mai. Laonde, allorchè a' miei orecchi
dal convenevole, non era stata l' opera dell' impostura, nè  ci  covava alcun reo disegno. Ma andò fallita la mia speranza.
le sveli, e quasi le denunzi a' pastori della Chiesa.  Ci  danno poi occasione d' innalzare questo terzo grido ai
di fede; ed io rigetto tutte in fascio quelle ch' essi  ci  appongono, perchè non ve n' ha forse una sola che non sia
scuole! Per più sicurezza adunque, che non gli sguizziamo,  ci  fa sapere, che quand' anco noi avessimo parlato, com' egli
. Il sospetto è grave. Ma via, che poche linee appresso,  ci  fa grazia soggiungendo che è affatto improbabile che noi
modo sembra chiaro, che, come in ogni discendente di Adamo,  ci  ha un peccato proprio , così dee esserci un volontario
in genere, prescindendo dalla effettiva libertà. Certo non  ci  vuole una gran testa a capire, che se non si fa ciò, non si
appunto da essi tutta quella prosperità e felicità che noi  ci  possiamo procacciar da noi stessi (aiutati da Dio) in
spessissimo favellare di atti volontarii7liberi; e non  ci  apponiamo questa parola liberi per brevità, contentandoci
traggono argomento a conchiudere, che in essi stessi  ci  dee avere un peccato non certo commesso con libera volontà,
la colpa del primo padre a loro resa comune? Che giustizia  ci  avrebbe qui? [...OMISSIS...] , dirò anch' io con S.
naturalmente seco anche il fisico. Aggiungerò una prova che  ci  somministra la ragione teologica. S. Tommaso, e dopo lui un
è la morte: [...OMISSIS...] , le quali ultime parole  ci  richiamano all' origine, cioè esprimono la congiunzione de'
che dico del maestro si può applicare a' discepoli. Egli  ci  adopra autorità e ragioni. Quanto alle autorità, egli ne ha
presente dell' umanità, e quello in cui la divina scrittura  ci  dipinge costituito l' uomo da Dio a principio; e 2 sì dal
a ciò Alfonso Muzzarelli: [...OMISSIS...] (2). Il Zorzi  ci  rimanda ancora in fine del suo articolo all' opera di
è un atto dell' affetto; nè niuno di noi certo dirà che  ci  fu ne' bambini un atto compiuto di tal sorte. E pure di
dal moderno sistema intorno al peccato d' origine, che  ci  vogliono vendere per antico, e a provarlo esporrò qui il
i dogmi della Chiesa, se le vostre forze intellettive non  ci  arrivano? Non è ella forse questa la ragione, per la quale
all' uom tanti doni, quasichè anche dopo il peccato non  ci  si trovino nella nostra natura le vestigia di un Creator
»Ora questa sconvenienza o c' è, o non c' è: mezzo non  ci  ha. Se una tale sconvenienza c' è, la prova rigorosamente
ma Iddio il rese peccato col suo decreto! Se non che  ci  sarebbe senso nel dire, che un decreto con cui Dio decretò
perchè mai non passerebbe il peccato? Forse perchè non  ci  sia in Adamo la volontà prevaricatrice? No. Forse che la
l' originale vizio ne' posteri e peccato e colpa, due cose  ci  vogliono acciocchè trapassi coll' una e l' altra qualità: 1
peccato ne' posteri, se avesse stimato che in questo non  ci  avesse niente di positivo, ma fosse una mera privazione de'
reato tolto coll' acque battesimali. Che cosa dunque resta,  ci  dicano, i nostri Anonimi? Nel loro sistema non resta più
eguaglianza della giustizia (2). Ma qui gli avversarii  ci  fanno un mondo di obbiezioni, alle quali tutte noi vogliamo
limitazione della natura, non un peccato. Risposta .  Ci  sono de' difetti, cioè delle mancanze che conseguono
specie di peccati [...OMISSIS...] . Così l' obbiezione che  ci  si faceva rimane annullata. A conferma poi della stessa
dell' Angelico, si consideri, che l' obbiezione, che  ci  fa, parla d' una concupiscenza, colla quale l' uomo non
Dove la volontà non entra affatto con atti disordinati, non  ci  può essere immoralità: ogni immoralità supponendo qualche
vecchio, e della vestizione del nuovo. Che uomo vecchio  ci  sarebbe a deporre, se la natura non ha alcun male in se
contro i Pelagiani (6). S. Atanasio: [...OMISSIS...] .  Ci  si dica, quando volessero dire solamente che nell' uomo ora
di cui sono un documento gli ultimi opuscoli anonimi. Noi  ci  faremo ad esaminare di nuovo la questione in tutta la sua
il male morale da evitarsi dall' umana libertà, che se non  ci  fosse, la colpa non sarebbe possibile) [...OMISSIS...] ;
questa risposta supporrebbe quello che si nega, cioè che  ci  fosse un male da evitare; mentre si sostiene, che l' uomo
in ciascuno de' quali si verifica la definizione, perocchè  ci  ha peccato di natura quando la natura devia dal suo fine,
ha peccato di natura quando la natura devia dal suo fine,  ci  ha peccato di arte quando l' arte devia dal suo fine, ci ha
ci ha peccato di arte quando l' arte devia dal suo fine,  ci  ha peccato di volontà quando la volontà devia dal suo fine.
modo come l' atto della natura e dell' arte, dove non  ci  può esser libertà, è malo o buono secondo che è diritto o
. Dunque (ecco la conclusione) col peccato libero  ci  sono due inordinazioni, l' una quella della volontà , che è
il pretendere, come fanno i teologi razionalisti, che non  ci  sia un male morale necessario, e che ogni male morale sia
inordinazione della volontà? Chi mai potrà disconfessarlo?  Ci  ha dunque un male morale diverso dal demerito; un male
la dottrina dell' Estio sul demerito degli abiti; tuttavia  ci  gioverà riportarla. Conciossiacchè ella contiene una serie
nel proprio arbitrio: e pare che solo un raggio superno  ci  abbia insegnato a conoscere il segretissimo e copiosissimo
giustificazioni, dandoci Iddio lume a ciò sufficiente,  ci  convinceremmo di più, che Iddio sempre mosso dalla sua
attribuisce ai dottori cattolici la sentenza, che non  ci  sia differenza alcuna tra gli uomini battezzati e non
medicinale, giacchè non può esservi medicina dove non  ci  ha malattia; una sufficienza, una integrità, una
a' dottori della Chiesa, ed alla stessa Chiesa. Laonde  ci  dicono francamente, che, quando si tratta passar dai primi
mala qualità e disposizione dell' anima di cui la coscienza  ci  manca e in cui il peccato originale risiede; stringendo
(2). S. Agostino rispondeva, che il sentimento è quello che  ci  rende consapevoli della concupiscenza; ma non è la
e soddisfarsi nel bene della natura umana come se altro non  ci  fosse al di là, e a questa tendenza originaria, a questa
della volontà e delle leggi che ad essa presiedono; egli  ci  accusa (1) di negare la libertà , che pure in tanti luoghi
o no è il medesimo) se ne deve dare la gloria! Iddio  ci  preservi da dottrine che cotanto alimentano l' umana
in un argomento sì tristo, come quel de' riti cinesi; e  ci  basta avere solo accennato di nuovo quale sia la prole
la Patria. La Patria è la nostra casa: la casa che Dio  ci  ha data, ponendovi dentro una numerosa famiglia, che ci ama
Dio ci ha data, ponendovi dentro una numerosa famiglia, che  ci  ama e che noi amiamo, colla quale possiamo intenderci
da certi dati che si hanno, varie nuove notizie, ma  ci  conduce a trovare dei dati nuovi del tutto, mediante nuovi
è alla Pedagogica, che noi abbiamo v“lti i pensieri: poco  ci  move la vaghezza di esporre, mediante sottili ricerche,
di scorta pel vasto e pericoloso campo dell' ammaestrare;  ci  stringono i loro lamenti, le loro sparse fatiche; ci move
ci stringono i loro lamenti, le loro sparse fatiche;  ci  move l' affetto della cara gioventù e la carità verso il
a sì importante materia: e alla peggio, quand' anche nulla  ci  fosse in quanto dirò, da giovarsene il mondo, quelli che
osservare puntualmente quel metodo, quando invece di tante  ci  varrebbe quell' una; e con una fedele applicazione di essa
guadagnerem tant' altezza, piuttosto che di noia e fatica,  ci  riuscirà di ricreamento e diletto in riguardare gl' immensi
ricreamento e diletto in riguardare gl' immensi piani che  ci  stan sotto, i quali abbraccerem d' uno sguardo nel loro
ai più elevati ammaestramenti. Ed è questo appunto, che noi  ci  proviamo di fare o di tentare; e per farlo più speditamente
proviamo di fare o di tentare; e per farlo più speditamente  ci  consigliammo di proporci a dirittura il problema seguente:
e così via fino alle più remote. Ognuno si accorge, che  ci  troviamo sul terreno dell' ideologia, e che è da questa
la classe delle Adelaidi a de' confini, che prima non  ci  poneva. Veniamo ora al terzo passo; io m' ingegnerò di
come prima di conoscere la Saffo egli opinava, che non  ci  avesse, che la sola classe delle Adelaidi, e però ripose
al sapere. Quello che abbiamo detto del classificare  ci  fa tuttavia strada a vedere in generale l' ordine che segue
e impedirebbe nel suo svolgimento. Un altro esempio  ci  porrà in chiaro la verità che vogliamo stabilire, che cioè
lo fa cessare e ad ogni modo soddisfa al bisogno. Qui non  ci  sono ancora oggetti: non ci sono che sensazioni che si
soddisfa al bisogno. Qui non ci sono ancora oggetti: non  ci  sono che sensazioni che si associano: è sempre un
viene alla mente, che avendo il bisogno animale, che  ci  muove a operare, ne' primi istanti per suo termine e scopo
qualità o proprietà speciale. Il soggetto sa solamente, che  ci  è un ente agente, e sente , ma non sa , come agisca. Ben
che prova l' animale, e di cui ben presto diviene avido,  ci  ha quello dell' agire . L' attività porta molti speciali
al suo concetto imaginariamente qualche elemento di vita,  ci  può ben essere caro per l' utilità, ma non possiamo amarlo
la nostra coscienza, la quale non è formata nel bambino; e  ci  riesce estremamente difficile l' intendere quel misterioso
per esempio, viene da bianco . Gli antichissimi scrittori  ci  offrono un' altra prova di ciò che affermiamo. Le lingue
l' italiana favella sì perchè l' imbratto del vernacolo che  ci  ha lordati fin da bambini, e divenuto a noi naturale,
non possono darci quel che non hanno. La sola ortografia  ci  fa logorare gran tempo ad apprenderla; e pure noi la
fino da bambinelli a udir battere colla lingua da chi  ci  parlava i raddoppiamenti delle lettere dove van posti.
res : ella s' applicava a tutto (2). Un' altra osservazione  ci  convincerà del medesimo. Perchè è un pregio così difficile
Si vuole sempre far troppo; la nostra presunzione  ci  conduce a formarci delle opinioni con precipitazione; e
sapere che cosa possiamo pretendere, che il fanciullo  ci  dia colla sua volontà, e non esigere da lui di più, ciò che
credenza volontaria, la volontaria adesione a ciò che altri  ci  afferma. Non solo noi possiamo credere arbitrariamente a
solo noi possiamo credere arbitrariamente a ciò che altri  ci  dice, ma noi n' abbiamo altresì l' inclinazione, ed è
una disposizione alla immoralità pel tempo avvenire. Noi  ci  proponevamo oltracciò un' altra questione, se il bambino
ella è una legge costante di tutta la natura umana: e  ci  torneremo sopra. Ora ci basta di chiedere: Perchè non
di tutta la natura umana: e ci torneremo sopra. Ora  ci  basta di chiedere: Perchè non aiutiam dunque gli avviamenti
aiutiam dunque gli avviamenti di questa natura? Perchè non  ci  facciam dunque discepoli alla providenza che ha costituita
L' amore di noi stessi è di questa seconda specie: noi  ci  amiamo non già per le belle qualità che abbiamo, ma perchè
oggetto della nostra attuale osservazione, egli facilmente  ci  sfuggirebbe, sia perchè quel primo atto d' un ordine
second' anno a segnare il principio della quarta età di cui  ci  proponiamo a parlare in questa sezione, perchè nel terz'
applicherà a tutte le età successive della vita che ancor  ci  restano da percorrere. Laonde quando anche il fanciullo
è a volerlo percorrere e rilevarne il disegno. E posciachè  ci  recherebbe troppo a lungo il dar qui un esempio di ciascuna
giunge a concepire la dualità degli oggetti, noi facilmente  ci  accorgeremo che non può il fanciullo giungere a tanto se
E veramente nel primo ordine d' intellezioni non  ci  sono che percezioni e idee imaginali. Le percezioni non
e di amare ciò che è bello, animato e intelligente: e  ci  vorrà una violenza, qualche cosa che la pervertisca,
pure con un medesimo passo da questo. Ripeto che qui  ci  covano dei misteri, nei quali non voglio io ora entrare, ma
più profondi e più maravigliosi del cristianesimo. Noi  ci  riserbiamo a dire su di ciò ancora una parola, quando il
delle azioni nostre: riferiamo queste a noi stessi, perchè  ci  abbiam percepiti e continuamente ci percipiamo. Applichiamo
a noi stessi, perchè ci abbiam percepiti e continuamente  ci  percipiamo. Applichiamo dunque per analogia all' operar del
il solito errore: la fonte delle tante contraddizioni che  ci  sembrano scorgere nelle infantili azioni. Quanto è stato
nell' intendimento, delle nuove affezioni nella volontà.  Ci  basta di averne avvertito il lettore: avvertenza che deve
« « il sentimento è come la scena sulla quale gli oggetti  ci  compariscono e ci si rendono visibili » » (1). Non cancello
è come la scena sulla quale gli oggetti ci compariscono e  ci  si rendono visibili » » (1). Non cancello quest' ultima
incompleto; se bastasse a se stesso, nulla cercherebbe, non  ci  sarebbe in lui attività di moto, ma solo attività di stato.
per contraddire al suo pensiero e per dirgli: tu erri, se  ci  credi tutto l' ente. Le parole della madre finiscono per
Iddio qual supremo legislatore. Il Cristianesimo  ci  apre un arcano: egli ci assicura, che l' anima dell'
legislatore. Il Cristianesimo ci apre un arcano: egli  ci  assicura, che l' anima dell' infante, che viene battezzato
razionale e dell' attività animale del bambino; ma questo  ci  condurrebbe troppo a lungo senza immediato vantaggio al
de' fatti umani. E` l' osservazione più imparziale, che  ci  mostra nel fanciullo questo vero mirabile e consolante, che
intime leggi della sua natura produce a sè, tuttochè non  ci  rifletta poi sopra, nè lo si sappia dire, nè esprimere
facciamo qui ben notare questa differenza, perocchè ella  ci  conduce meglio a stabilire le norme o principŒ morali, che
nella sua vita morale, e ben merita che noi vi  ci  fermiamo a farvi sopra alcune riflessioni. Primieramente si
riflettere, che l' uomo è un essere reale, e che perciò  ci  tende ancora a dei godimenti reali. Benchè adunque il suo
Due adunque sono i mobili dell' istinto umano: l' uno  ci  porta verso l' entità in se considerata, l' altro verso l'
tutto intellettiva a fissarsi nella cosa in se considerata  ci  stacca dalla realità, che le riesce del tutto inutile; la
tutto inutile; la tendenza a godere della realità a questa  ci  rimena. Indi avviene, che quando il fanciullo immagina
agente reale, e giudichiamo dover essere quello appunto che  ci  apparisce. Questa illusione è perfetta ne' sogni, nei quali
nei quali non dubitiamo punto della realità delle cose, che  ci  si rappresentano, perchè la loro rappresentazione, cioè la
Nella veglia stessa se l' imagine è viva e presente,  ci  illude e a mal grado del ragionamento, che vorrebbe trarci
non in questo, che la spontaneità dell' operar soggettivo  ci  conducesse colla sua violenza ad operare contro l' esigenza
la vita; amavamo esseri che ce la facevano cara e che  ci  supplicavano di cedere: tutti gl'impulsi del nostro cuore
nei tempi a noi più vicini, i documenti più innegabili  ci  mostrano aumento d'attività produttrice e di capitali, non
sieno, che io avrò dette a voi »(Jo. XIV, 26) ». - Ma,  ci  obbietteranno, le cose sono diverse dalle parole; e Cristo
« Nel principio era il Verbo » »? - Rispondo che in questo  ci  sarebbe difficoltà, se dalle parole di Giovanni si dovesse
per significare questa sopraeminenza del Verbo divino,  ci  propose lo stesso Verbo senza quell' aggiunta »(1) ». Di
« « Nel principio era il Verbo » ». - Egli è uopo che noi  ci  fermiamo ancora meditando e ricercando, per quanto ci è
noi ci fermiamo ancora meditando e ricercando, per quanto  ci  è dato di potere, che cosa sia il Verbo, il divino Verbo,
che, quantunque unico, tuttavia unisca in sè tutto ciò che  ci  dà l' intuizione e tutto ciò che ci dà l' affermazione,
in sè tutto ciò che ci dà l' intuizione e tutto ciò che  ci  dà l' affermazione, senz' essere precisamente ne l' una nè
notare fra il verbo umano e il Verbo divino, acciocchè  ci  formiamo di questo, quanto ci sia possibile, un esatto
e il Verbo divino, acciocchè ci formiamo di questo, quanto  ci  sia possibile, un esatto concetto, e non mescogliamo con
noi stessi, ma è l' idea ossia l' essenza dell' essere che  ci  rende noti. All' incontro la sussistenza divina è anche
da noi posto ostacolo, un effetto morale in noi, pel quale  ci  santifica. E perocchè il morale abbraccia l' umiliazione,
lo stesso Santo Spirito quando in quella grazia egli  ci  si rivela come persona. Tutte le verità speciali che
1 O si conosce ciò unicamente perchè di fatto tali verità  ci  servono a conoscere qualche cosa della natura divina e
di là portarcelo perchè possiamo udire e fare quello che  ci  è prescritto? Ma egli è un sermone molto vicino a te, nella
Paolo, illuminato dallo spirito di Gesù Cristo già venuto,  ci  fa sapere che pei cristiani quel luogo di Mosè acquistò
più e nello stesso tempo il dottore parlante. E come tale  ci  venne dato in Cristo, come tale ci è annunziato in questi
parlante. E come tale ci venne dato in Cristo, come tale  ci  è annunziato in questi luoghi dell' Evangelio: « Unigenitus
freddo ed inefficace a muoverci come la nuda idea, nè egli  ci  muove parzialmente verso qualche essere finito a
qualche essere finito a pregiudizio di qualche altro; ma  ci  muove ad aderire all' Essere assoluto, e di conseguente a
quale deve procedere la scienza cristiana. E S. Giovanni  ci  conduce tosto al Padre dicendo: « « e il Verbo era appo Dio
Dio stesso. Avendo dunque detto che il Verbo era appo Dio,  ci  ebbe posto in mano il principio da cui cavare la
si direbbe mai che la medesima stèsse appo se medesima, nè  ci  sarebbe bisogno alcuno di dirlo. Che se entrambi sono Dio,
nel qual luogo si dice che noi stessi viviamo, noi stessi  ci  moviamo, noi stessi siamo, con che viene indicata l'
dirò così esterna, ma nello stesso tempo dice che viviamo,  ci  moviamo e siamo in Dio, perchè nel Verbo siamo creati,
» », secondo la forza della parola greca «choris autu»,  ci  venne a dire altresì che tutte le cose sono fatte nel
assoluta signora della sua propria vita. Ora S. Giovanni  ci  dice, che questo appunto accade del Verbo, dicendoci che in
e tre le divine persone. Dopo aver noi veduto, per quanto  ci  è dato, quale sia la vita che è nel Verbo, domandiamoci
sia vita, tuttavia è stato fatto a noi vita, perchè egli  ci  vivificò giusta quello ai Romani: « Siccome tutti muojono
morte. Perocchè, in un modo ineffabile e misterioso di cui  ci  verrà forse altrove occasion di parlare, l' umanità
bene in noi, attribuendone a lui solo la gloria di cui egli  ci  fa partecipi (5); vuol dire di gloriarsi non della nostra
rigenerato fra lui e quel rimasuglio d' uomo vecchio che  ci  rimane, fra lo spirito e la carne. Solamente che l' uomo
umanità fossero appieno appagati, e posciachè fra questi  ci  aveva quella di dominare i suoi nemici, di esser fatta
vita eucaristica, della qual misteriosa vita forse altrove  ci  accadrà di parlare più estesamente. Ma lasciando per un
Cristo medesimo ce l' abbia in parte svelato. Gesù Cristo  ci  dice che egli si comunica agli uomini in forma di cibo: che
secondo la vita naturale ed adamitica. Il che importa che  ci  abbia un' azione, un effetto dell' eucaristia al di là di
e nell' Ordine sacro; conviene ancora aver la grazia che  ci  rende membro vivo di quel corpo. Perocchè Cristo disse: «
svela e la nostra vita occulta si manifesta: ingresso che  ci  fu aperto col sangue di Cristo, e del quale la carne
ad investigare in che consistano i veli che di presente  ci  avvolgono il cibo eucaristico, e qual cangiamento nasce in
nasce in noi alla remozione di tali veli; prima che  ci  facciamo a cercare quanto di questo sublime argomento sia
è prezzo dell' opera che noi tocchiamo quello che  ci  insegnano le divine lettere sul progressivo incremento
adunque della vita umana7divina di Cristo noi  ci  trasformiamo nella stessa imagine di Cristo, ci
Cristo noi ci trasformiamo nella stessa imagine di Cristo,  ci  trasformiamo in qualche modo in Cristo, diveniamo in un
persona divina) ha per oggetto Cristo umanato, quale  ci  è proposto dalla fede; onde il Signore soggiunge al « quia
filiorum Dei expectantes, redemptionem corporis nostri ,  ci  avvisano che anche in questo luogo S. Paolo parla dell'
colassù in Cielo palese, dico primieramente che i veli che  ci  nascondono al presente il corpo e il sangue glorioso di
sunt (2). » Ma egli conviene che noi esponiamo, per quanto  ci  è dato, in che modo Cristo col suo Spirito produca in colui
esisteva nel Verbo anche l' umanità di Cristo. Ma qui non  ci  ha ancora l' incarnazione, non ci ha l' unione ipostatica:
di Cristo. Ma qui non ci ha ancora l' incarnazione, non  ci  ha l' unione ipostatica: altramente il Verbo sarebbe stato
La prima, che secondo una tale dichiarazione non  ci  avrebbe nell' Eucaristia tutto il Corpo di Cristo. A cui si
sapere e di quella di contribuire all' altrui sapere, noi  ci  eravamo accinti animosamente a quella impresa e avevamo
giustizia sociale. 1) E da questo principio appunto noi  ci  proponemmo dedurla. La giustizia è eterna, impersonale,
rappresentata da chi avrà il potere legislativo. Non  ci  rimarrà adunque rispetto a questo altro da dire se non
della società. Sono adunque quattro i problemi che noi  ci  proponiamo da sciogliere in quest' opera: 1 Quale debba
facilità di quella onde porta giudizio degli altri, non  ci  sarebbe certo quel bisogno universalmente riconosciuto di
Dovendo adunque noi adesso trattare di questa regolarità,  ci  è necessario di sostenere due fatiche egualmente rilevanti;
chiarezza, con quella estensione e con quell' impegno che  ci  poteva avere il particolare loro rappresentante e
il diritto di entrare nelle amministrazioni pubbliche, non  ci  sarebbe ragione perchè queste eccellenti qualità non
spontanea come è la presente. Indarno e fuor di proposito  ci  si oppone che l' amministrazione anderà male perchè fatta
meno di attaccamento alla stessa vita. Finalmente, che  ci  si propone? di dare solo ai non proprietarŒ una voce, onde
è questa. Su quale supposizione discorrono quelli che  ci  propongono d' introdurre i non proprietarŒ nell'
dei medesimi? Sulla supposizione che questi lavorino; che  ci  sia quindi nella società da lavorare; che perciò questo
nella medesima stoltezza. Ma l' obbiezione stessa non  ci  si presenta in tal modo. Essa non dice, che le basi dell'
dette relazioni naturali, e non si alterino punto: e quando  ci  sia il caso per levare gli abusi delle medesime, si debbono
tanto la natura delle cose, quanto le menti degli uomini  ci  si sieno aggirate d' intorno: queste per formarsene l' idea
ingiustizie. Così in fatto troviamo nella storia. Questa  ci  presenta da per tutto Amministrazioni che operano con gran
alla natura delle cose. Io ho cercato un sintomo che  ci  faccia conoscere quando venga leso il diritto in un uomo; e
Amministrazione, o di avere un' Amministrazione in cui  ci  sia il detto squilibrio, e perciò di conservare nella
saranno imbarazzate a governar con sapienza; poichè  ci  vuol una sapienza sovraumana a regolare la modalità di
adunque è precisamente l' opposto di quello che Rousseau  ci  reca in prova della sua teoria; e la differenza sta quì:
proprietarŒ. Dopo di ciò è facile sciogliere l' esempio che  ci  recano in favore della rappresentanza personale di un
è un materializzarlo di soverchio. Noi crediamo che  ci  sia a questo proposito due errori opposti assai perniciosi:
potere civile debb' essere equilibrato colla proprietà. Già  ci  si accorge che io parlo del feudalismo. Ecco come parla di
quella finzione di proprietà di cui parliamo. Ma ben presto  ci  si accorse che quella finzione di proprietà, che quel
la proprietà stessa: era governatore e non possessore. Nè  ci  si opponga che noi confondiamo la proprietà di diritto e di
come una instituzione atta a rendere forte la corona.  Ci  valga a provar ciò l' esempio dell' Inghilterra, nella
le espressioni equivoche, la vestiamo delle espressioni che  ci  verrebbero suggerite da una legislazione più lucida e più
fra la proprietà ed il potere, resta una difficoltà che  ci  si può fare: Come mai i popoli più saggi che hanno
L' errore di cui parliamo rende ragione del fatto che  ci  si oppone, ed in questa maniera fa sì che quel fatto si
tranquillità per lungo tempo, che un' immensa ricchezza che  ci  tenga sempre nell' angoscia di perderla, e di cui godiamo
nulla di simile nelle instituzioni de' popoli, tuttavia  ci  somministri la confortante speranza che non solo sia
(ripetiamo questa frase perchè nulla di ciò che è vero  ci  dispiace ripetere onde che ne provenga): è un fatto
i pubblici istituti che quella della forza fisica,  ci  facessero l' obbiezione, che tale Tribunale non potrà
una grande. Finalmente vi saranno fors' anco di quelli che  ci  opporranno il segreto di stato; che mediante questo
chiamiamo spirito d' intelligenza non è già solo quello che  ci  conduce a desiderare delle nuove idee, ma bensì ancora
sapere e di quella di contribuire all' altrui sapere, noi  ci  eravamo accinti animosamente a quella impresa e avevamo
giustizia sociale. 1) E da questo principio appunto noi  ci  proponemmo dedurla. La giustizia è eterna, impersonale,
rappresentata da chi avrà il potere legislativo. Non  ci  rimarrà adunque rispetto a questo altro da dire se non
della società. Sono adunque quattro i problemi che noi  ci  proponiamo da sciogliere in quest' opera: 1 Quale debba
facilità di quella onde porta giudizio degli altri, non  ci  sarebbe certo quel bisogno universalmente riconosciuto di
Dovendo adunque noi adesso trattare di questa regolarità,  ci  è necessario di sostenere due fatiche egualmente rilevanti;
chiarezza, con quella estensione e con quell' impegno che  ci  poteva avere il particolare loro rappresentante e
il diritto di entrare nelle amministrazioni pubbliche, non  ci  sarebbe ragione perchè queste eccellenti qualità non
spontanea come è la presente. Indarno e fuor di proposito  ci  si oppone che l' amministrazione anderà male perchè fatta
meno di attaccamento alla stessa vita. Finalmente, che  ci  si propone? di dare solo ai non proprietarŒ una voce, onde
è questa. Su quale supposizione discorrono quelli che  ci  propongono d' introdurre i non proprietarŒ nell'
dei medesimi? Sulla supposizione che questi lavorino; che  ci  sia quindi nella società da lavorare; che perciò questo
nella medesima stoltezza. Ma l' obbiezione stessa non  ci  si presenta in tal modo. Essa non dice, che le basi dell'
dette relazioni naturali, e non si alterino punto: e quando  ci  sia il caso per levare gli abusi delle medesime, si debbono
tanto la natura delle cose, quanto le menti degli uomini  ci  si sieno aggirate d' intorno: queste per formarsene l' idea
ingiustizie. Così in fatto troviamo nella storia. Questa  ci  presenta da per tutto Amministrazioni che operano con gran
alla natura delle cose. Io ho cercato un sintomo che  ci  faccia conoscere quando venga leso il diritto in un uomo; e
Amministrazione, o di avere un' Amministrazione in cui  ci  sia il detto squilibrio, e perciò di conservare nella
saranno imbarazzate a governar con sapienza; poichè  ci  vuol una sapienza sovraumana a regolare la modalità di
adunque è precisamente l' opposto di quello che Rousseau  ci  reca in prova della sua teoria; e la differenza sta quì:
proprietarŒ. Dopo di ciò è facile sciogliere l' esempio che  ci  recano in favore della rappresentanza personale di un
è un materializzarlo di soverchio. Noi crediamo che  ci  sia a questo proposito due errori opposti assai perniciosi:
la proprietà stessa: era governatore e non possessore. Nè  ci  si opponga che noi confondiamo la proprietà di diritto e di
come una instituzione atta a rendere forte la corona.  Ci  valga a provar ciò l' esempio dell' Inghilterra, nella
le espressioni equivoche, la vestiamo delle espressioni che  ci  verrebbero suggerite da una legislazione più lucida e più
fra la proprietà ed il potere, resta una difficoltà che  ci  si può fare: Come mai i popoli più saggi che hanno
L' errore di cui parliamo rende ragione del fatto che  ci  si oppone, ed in questa maniera fa sì che quel fatto si
tranquillità per lungo tempo, che un' immensa ricchezza che  ci  tenga sempre nell' angoscia di perderla, e di cui godiamo
nulla di simile nelle instituzioni de' popoli, tuttavia  ci  somministri la confortante speranza che non solo sia
(ripetiamo questa frase perchè nulla di ciò che è vero  ci  dispiace ripetere onde che ne provenga): è un fatto
i pubblici istituti che quella della forza fisica,  ci  facessero l' obbiezione, che tale Tribunale non potrà
una grande. Finalmente vi saranno fors' anco di quelli che  ci  opporranno il segreto di stato; che mediante questo
chiamiamo spirito d' intelligenza non è già solo quello che  ci  conduce a desiderare delle nuove idee, ma bensì ancora
della sua sfera d'analisi; - come noi medesimi, che qui  ci  aduniamo in nome della scienza viva, non tutti ancora