profondo e buio che era l'apertura del condotto. Mi catapultai avanti slittando di qua e di là senza piú farci caso, buttai le braccia con pila e tutto
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misi a saltare e a gridare a squarciagola: - Il tesoro! Guic guic! - Guic guic! - gridò anche Ippolita, buttando in aria le braccia e saltando cosí che
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ragionevole che faceva cascare le braccia. Tutto questo non durò molto. Pareva di sí, al momento, perché il tempo si era messo a passare col rallentatore, come
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mattina, mentre tirava la bici a forza di braccia su per la rampa di scalini che portava al viale del parco. (C'era un dislivello, perché il castello
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