alzò in Roma a’ Celesti» e di qualunque dei grandi Maestri del bello. Eppure non è egli mero caso il nascer bello? e non ho conosciuto io molta gente con
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esistente con magica somiglianza, come è bello veduto dalla tua tolda! E come è bello quando increspato dalla brezza, dolcemente tu gonfi l’eburnee tue ali
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bello, franco, eretto che nulla trova di arduo nel mondo e grida sempre Avanti! nelle imprese più arrischiate. Tale è l’inglese e tale è anche lo
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ma non ci riuscirono. Il bello, il grande, il sublime ancor più sublime comparisce in mezzo alle loro miserie! Giulia, la bellissima figlia d’Albione
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Bergamo, una delle più squisite individualità che la rivoluzione abbia dato all’Italia, bello, giovine, ricchissimo e d’una delle prime famiglie di
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amava ogni giorno di più vedendolo crescere vispo, robusto e bello come un Adone. Egli non tornava mai a casa senza portare al suo caro qualche cosa che
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allorché, uscito improvvisamente dalle nubi, ti colpisce lo sguardo e ti abbarbaglia. Com’è bello il valoroso che si slancia in soccorso del debole! Come
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trionfo, e contento di sé, passeggia da dominatore nella folla, colui che senza merito proprio ebbe dalla natura forme prestanti e forse bello spirito
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curioso dall’uno all’altro, dal bellissimo volto di Giulia al non men bello di Clelia, si dirigeva verso la stalla per mugnere la vaccarella ed offrire
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con cui i preti sì spudoratamente beffeggiano le ingannate moltitudini. Molti artisti innamorati del bello avrebbero potuto gridare allo scandalo, al
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Roma ella avea scelto il suo domicilio, in Roma avea trovato il pascolo necessario al sommo suo genio, all’immenso amor suo del bello. In Roma avea
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invaghite delle mie forme (ed era veramente bello il nostro Tito) mi carezzavano sempre e mi colmavano di gentilezze. Vi lascio pensare: che traccie di
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estasi! Essa per la prima volta divideva quella scena campestre in mezzo a quei cari e simpatici compagni che erano il bello ideale della sua
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quell’insieme alla Michelangelo che abbiam descritto, quel bello e marziale aspetto che natura qualche volta prodiga ad un individuo colla sua
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, un maestro dell’arte del bello chi sa cosa avrebbe dato, per poter ritrarre in quel marziale aspetto il simbolo della forza, del coraggio e dell
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. Quante volte durante la narrazione non era essa stata sul punto di esclamare: il mio Attilio anch’esso è bello, valoroso, degno d’essere amato di un simile
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